40°-LE DIVINITÀ BRUST E KATFUR VENGONO CATTURATE DAL DIO iVEON

Essendo stato scongiurato il grande pericolo della Deivora, la totalità delle divinità di Kosmos, sia quelle positive che quelle negative, potevano considerarsi fortunate. Per opera del dio Iveon, esse l’avevano scampata bella, per cui adesso per loro non si profilava più all’orizzonte la terribile minaccia che si era intravista prima. Dopo aver stritolato la Deivora, l'entità aliena che aveva impensierito perfino le due eccelse divinità di Luxan, l'eroico debellatore divino si era dato a sfrecciare per l’immenso spazio cosmico. Egli non vedeva l’ora di porre piede sul proprio pianeta, dove lo attendevano con ansia la moglie Annura e i suoi amici più affezionati, a cominciare dal dio Vaulk e dai suoi familiari.

Mentre percorreva l'immenso tratto di spazio che lo separava dalla galassia di Procal, il dio Iveon si riportava con la mente a ciò che era accaduto alla pericolosa creatura. Tenendosi a debita distanza da essa, a un tratto, egli l’aveva vista esplodere e trasformarsi in una grande massa di luce. Essendo poi il dirompente scoppio provenuto dall’interno del suo nucleo, esso l’aveva squarciata in moltissimi punti, sbrindellandola e riducendola in triti energetici, che erano grandi quanto un granello di sabbia. Di lì a poco, era seguita nello spazio una specie di corrente d’aria, la quale, mettendosi a soffiare in modo onnidirezionale, li aveva disseminati nelle più remote regioni di Kosmos. Ma era stato un immenso falò a dare inizio alla sua distruzione, poiché esso, spargendo in ogni luogo la miriade di luminose scie policrome, si era irradiato in tutte le direzioni. Solo dopo un breve tempo, il buio originario era ritornato ad imperare in ogni angolo di Kosmos, per cui adesso quest'ultimo non subiva più alcuna influenza negativa della Deivora. In verità, siccome essa si era dispersa in ogni parte dello spazio cosmico, sembrava pure che vi si fosse volatilizzata interamente e per sempre.

In riferimento alle divinità, che in qualche modo ne erano rimaste implicate, il loro coinvolgimento non era stato di uguale misura per tutte. Perciò neppure i danni provocati all’essenza psichica di ciascuna erano da stimarsi della medesima gravità. Essa era risultata proporzionale alla loro distanza dalla Deivora e dalla sua parte nucleare. Le divinità, che al momento dell’esplosione si trovavano nel nucleo della Deivora, erano state le più danneggiate. Esse, avendo subito uno shock psichico che gli aveva arrecato una considerevole labilità esistenziale, si presentavano con una seria menomazione a livello di coscienza. Invece le altre, cioè quelle che si trovavano nei vari strati del corpo deivorino e a diverse distanze dal nucleo, avevano riportato danni non di poco conto, siccome erano stati proporzionati alla loro lontananza da esso. Solo quelle che si erano trovate più distanti dal nucleo centrale della Deivora erano ancora in grado di condurre una vita regolare e autonoma in Kosmos, poiché erano risultate affette da malesseri di lieve entità.

Le sole divinità, che durante lo scoppio erano in balia dell’entità aliena, senza avere ancora raggiunto il suo corpo, potevano considerarsi le meno sfortunate, non essendo andate incontro a danni di una certa gravità. Esse si erano viste all’improvviso liberate dal risucchio, che la despota aliena stava conducendo su di loro in maniera determinata e sistematica. Per tale ragione, alcune di loro, fossero esse positive oppure negative, adesso se ne ritornavano alle loro vecchie dimore, al fine di riprendervi la quotidianità di sempre. Le divinità negative, essendo state in precedenza coinvolte nello scontro con quelle positive, erano dirette a Tenebrun, non riuscendo più a tollerare la realtà cosmica. Difatti vi si conducevano, manifestando molta fretta ed evitando di soffermarsi più del dovuto su qualsiasi cosa che riguardava Kosmos. Spesso era capitato al dio dell’eroismo di imbattersi in qualche divinità da lui liberata. Quando poi la medesima si rivelava benefica, egli volentieri attaccava discorso con essa per scambiare quattro chiacchiere. Così gli riusciva più facile ammazzare la grande noia in mezzo a quel silenzio assoluto, che in quella circostanza imperava nello spazio cosmico.

Al momento attuale, il dio Iveon si trovava a volare nella galassia di Bariut, allorché scorse in un angolo del suo spazio una terna di divinità. Egli si rendeva conto benissimo che, delle tre, una risultava prigioniera delle altre due, siccome essa veniva trascinata da loro con coercizione e senza riguardo. A tale spettacolo, il quale non si presentava affatto edificante, il dio positivo immediatamente decise di approfondire meglio la situazione. Se poi fosse stato necessario dare una mano a qualche vittima della prepotenza, egli non avrebbe esitato a farlo di cuore. Anzi, se fosse stato il caso, volentieri avrebbe punito coloro che si stavano macchiando di una simile colpa. Perciò il divino eroe si diede ad inseguire il piccolo gruppo di divinità, allo scopo di accertarsi della verità sul compito di ciascuna. Quando lo ebbe raggiunto, egli si piazzò davanti ad esso e lo bloccò. Soltanto allora egli si rese conto che due dei tre componenti del terzetto divino erano divinità maggiori negative di sesso maschile. Il terzo, che era invece una divinità minore positiva di sesso femminile, era stato catturato dalle due divinità malefiche maschie.

Vedendosi arrestare all'improvviso nella loro celere volata, colui che era il dio malefico più anziano si mostrò risentito per l'atteggiamento assunto dalla divinità positiva sopraggiunta. Nello stesso tempo, con alquanta burbanza, gli domandò:

«Cosa vuoi da noi, dio positivo sconosciuto? Non sai che la tua arroganza, anche se sei una divinità maggiore, potrebbe costarti cara? Perciò cerca di non intrigarti dei fatti nostri, se vuoi continuare a trascorrere una esistenza tranquilla! In concreto, ciò vuol dire che ci devi lasciare in pace, se non vuoi andare incontro a grossi guai!»

«Credi che la prepotenza possa tornarti utile, dio negativo?» gli replicò il dio Iveon «Invece non è così! A ogni modo, ti metto al corrente che sono qui soltanto per rivolgere alcune domande alla vostra prigioniera, dal momento che è una dea positiva. Magari ella potrebbe essere una mia parente, che non rivedo da moltissimo tempo!»

«Non hai messo in conto, dio positivo, che potremmo anche ricusarci di farti parlare con lei? Essendo adesso alla nostra mercé, ella non può muovere neppure un dito, se non siamo noi a consentirglielo! Ti sono stato sufficientemente chiaro?»

«Invece il vostro rifiuto non servirebbe proprio a nulla, poiché lo stesso le rivolgerei le mie domande, con o senza il vostro consenso! Se non lo sapete, sono intollerante di ogni tipo di sopraffazione, specialmente quando essa è rivolta ad una divinità della mia stessa natura! Per il tuo bene, ti consiglio di prendere nota di quanto ti ho appena detto, dio malefico, se dopo non vuoi pentirtene! Mi sono spiegato abbastanza oppure te lo devo ripetere ancora una volta?»

«Sai, sfrontato dio positivo, che sei un bel tipo? Non sei mai venuto a conoscenza di quel proverbio degli umani, il quale mette in guardia dallo stuzzicare il cane che dorme? Chi lo fa corre il rischio di trovarsi in grosse grane, potendo egli venire azzannato dall'animale domestico che si sta godendo la sua bella dormita. Se non sei stupido, certamente avrai compreso l'antifona senza sforzo alcuno!»

«Secondo te, dio negativo, nel nostro caso, voi due sareste il cane ed io sarei colui che lo sta molestando? Non ti sei chiesto che potrebbe essere il contrario? Nell'esempio da te riportato, nel quale voi verreste ad essere il cane, allora, al vostro confronto, non posso che ritenermi un lupo, che è pronto a ridurvi in cibo per le mie zanne!»

«Finalmente abbiamo capito, dio positivo, a cosa miri. È solo la dea a farti ringalluzzire, allo scopo di entrare nelle sue grazie! Mi dici a cosa ti serve atteggiarti a zerbinotto, se ella adesso appartiene a noi e giammai potrai averla? Comunque, sei davvero fortunato a trovarci in questo istante inclini alla generosità. Quindi, sbrìgati a farle le tue domande; ma dopo dovrai sparire da qui per sempre, prima che ci ripensiamo e te le diamo di santa ragione! Intesi?»

Ritenendo inutili e ridicole le ultime parole del suo interlocutore, anche se avevano voluto avere un evidente sapore di minaccia, il dio Iveon non diede alcun peso ad esse. Invece poco dopo, come se il suo interlocutore non le avesse proferite, egli si rivolse alla dea con l'intenzione di parlarle. Così incominciò a chiederle:

«Chi sei, dolce dea, e perché queste due losche divinità malefiche ti hanno fatto prigioniera? Ti prego di essere molto schietta con me, senza aver paura dei due dèi balordi che hanno stabilito di approfittare di te, dopo averti catturata con turpe infamità!»

«Sono Realb, dio sconosciuto, la dea della consolazione; mentre la mia dimora si trova sul pianeta Tornup. Esso, insieme con Liron, orbita intorno alla stella Ufas, che si trova nella galassia di Gedoan. Poco tempo fa, mi stavo dirigendo sul pianeta Liron, dove c’è la mia cara amica Akles, la dea della persuasione, quando mi sono vista risucchiare da una forza misteriosa. La quale non mi permetteva di divincolarmi da sé, ma seguitava a trascinarmi verso un luogo ignoto. A un certo punto, c’è stata una potentissima esplosione in Kosmos, non troppo vicina al luogo dove mi trovavo io. È stato allora che mi sono sentita di nuovo libera, ma solo per poco tempo, poiché sul mio cammino per Liron ho avuto la sventura di imbattermi in queste due divinità negative. Esse mi hanno catturata senza un motivo, trascinandomi appresso a loro con la prepotenza. Il mio racconto finisce qui, filantropico dio positivo! Adesso, se non sarai in grado di liberarmene, con molte probabilità il mio destino sarà quello di fare da loro vittima per lunghissimo tempo.»

«Non pensarlo neppure, Realb, poiché ora ci sono io a proteggerti! Vorrà dire che ti trarrò dai guai per la seconda volta e lo farò con immenso piacere! Perciò i due burberi dèi malefici non ti condurranno in nessuna parte, come pure non ti faranno alcunché di male. Tra breve verrai via con me; al contrario, quelli che ti hanno sequestrata saranno da me puniti con severità!»

«Ne sei proprio sicuro, mio nobile protettore, che riuscirai a fare ciò che mi hai promesso? Devi sapere che i due dèi che mi tengono prigioniera, sono divinità negative molto potenti e ritengo improbabile che tu da solo possa farcela contro di loro, almeno con tutte e due contemporaneamente. Ma vorrei sapere quando è stata l’altra volta che mi hai aiutata, dal momento che non lo rammento, se devo esserti sincera!»

«Come potresti ricordarlo, Realb, se ci siamo incontrati soltanto in questa occasione per la prima volta?»

«Allora mi chiarisci meglio, dio positivo, come hai fatto a largirmi il tuo aiuto prima di adesso, senza presentarti a me? Non ti sembra un po' assurdo quanto affermi?»

«A dire la verità, Realb, oltre a te, ho liberato tante altre divinità, comprese quelle negative. Mi rammarico soltanto di aver liberato anche questa coppia di vermi schifosi, i quali, come constato, non hanno tardato a darsi di nuovo alle loro azioni riprovevoli! Ti garantisco che la loro libertà e le loro malefatte oggi sono giunte al capolinea!»

«Non riesco a seguirti, nobile dio, dopo che hai dichiarato di aver salvato molte divinità positive e negative. Vorrei sapere da chi le avresti salvate. Trovo anche questo fatto davvero paradossale! Per favore, quindi, mi fai comprendere ogni cosa, in merito alla tua affermazione, che non smetto di considerare parecchio ambigua?»

«Realb, non hai asserito che, mentre ti recavi dalla tua amica Akles, all’improvviso ti sei sentita attirare da una forza oscura, senza che tu potessi opporti ad essa?»

«Certamente, dio sconosciuto della mia stessa natura! Non sai che spavento mi sono presa, vedendomi totalmente impotente a contrastarla! Mi domandavo che cosa mai mi stesse succedendo, in quei momenti terribili e frastornanti per me!»

«Ebbene, quella forza oscura era la Deivora, la quale si era autocreata e si mostrava ghiotta di essenze divine. Pensa che essa riusciva ad attrarle anche a distanza enorme! Sono sicuro che anche i tuoi due oppressori qui presenti erano finiti nelle maglie della terribile creatura aliena. Poi essi si sono visti liberati, allo stesso modo tuo, dal mio provvidenziale intervento. Una evenienza favorevole che non avrei mai voluto che fosse stata anche per loro due!»

«Adesso comprendo, mio nobile protettore, ciò che mi stava capitando, in quella circostanza da me temuta! Ma mi dici dove è finita la nostra mostruosa nemica?»

«Se in questo istante sei libera da essa e non più sotto la sua influenza malefica, Realb, è perché io, dopo averla affrontata, sono riuscito a distruggerla. Quell'immenso bagliore, che hai scorto nello spazio, l’ha messa a tacere per sempre!»

«Allora, nobile dio, se è conforme a verità quanto mi hai dichiarato, non dovrò più temere questi miei due catturatori e posso anche iniziare a sperare che presto sarò libera di andare dalla mia cara amica! Non potrebbe essere altrimenti!»

«Puoi esserne certa al cento per cento, Realb! Vedrai che presto farò pentire questi due dèi malandrini, per avere avuto l’ardire di catturarti e di privarti della tua libertà!»

Udite le asserzioni del divino Iveon, il dio negativo, che aveva parlato prima, innanzitutto s'infuriò come un ossesso. Subito dopo gli esclamò:

«Non ho mai incontrato un dio più mentitore di te! Vedo che vai forte a raccontare frottole! Ma puoi darle a bere solo ad ingenue dee positive, come la nostra prigioniera. Quanto poi alle tue minacce, sappi che saremo noi a farti pentire di avercele rivolte! Si vede che non sai con chi stai avendo a che fare, imprudente dio positivo. Perciò, visto che ci stai obbligando a farlo, tra breve cattureremo pure te, come abbiamo fatto da poco con la diva!»

«Dimmi, dio negativo: il tremore è d’obbligo, quando si viene minacciati da te? Oppure posso risparmiarmelo? Con il tuo gentile permesso, si intende! Invece sappi che non sono abituato a tremare di fronte a niente e a nessuno. Mi ripugna perfino il pensiero di doverlo fare adesso, davanti ad autentici babbei quali mi apparite voi due!»

«Continua pure ad esagerare in spavalderia, dio positivo, come lo stai facendo molto bene, perché tra un attimo ti aggiusteremo per le feste! Anzi, riceverai da noi un servizio coi fiocchi, inducendo a stupirsi perfino la credulona dea positiva, la quale ha creduto ad ogni tua balla!»

Alla frase minatoria del dio negativo, la dea Realb, si intromise di nuovo nel discorso, domandando a chi le aveva promesso di liberarla dai propri aguzzini:

«Mi farebbe molto piacere conoscere il tuo nome, nobile dio positivo. Almeno dopo saprò a chi dovrò essere riconoscente per tutta la mia esistenza, per avere egli preso le mie difese con grandissima generosità, riscattandomi dalla mia odierna prigionia!»

«Il mio nome è Iveon, dolce dea. Ti avverto che in seguito non pretenderò da parte tua alcuna eterna riconoscenza! I miei interventi a favore degli oppressi sono del tutto doverosi e a titolo gratuito, essendo abituato a farli per mia natura! Adesso ti senti più risollevata, dopo avere appreso chi sono realmente?»

A quel nome, la dea sussultò per la gioia e gli si espresse così:

«Davvero sei Iveon, l’eroico dio di cui parlano tutte le divinità benefiche?! La tua fama è giunta in ogni angolo di Kosmos, unitamente alle tue memorabili gesta. Sono sicura che essa non è sfuggita neppure alle divinità malefiche qui presenti! Perciò posso ritenermi fortunata di averti incontrato, nonché onorata di aver fatto la tua conoscenza! Dopo che ti sei rivelato, di certo i miei catturatori avranno già iniziato a tremare, essendo convinta che anch'essi conoscono la tua celebrata fama!»

«Invece, dea positiva, noi non stiamo tremando, come hai asserito!» la contraddisse il dio negativo, che era solito fare da interlocutore «Se Iveon è un dio maggiore, pure io e il mio amico lo siamo. Inoltre, lo scettro in mio possesso è opera di Buziur, il nostro Imperatore delle Tenebre. Essendo egli una divinità massima con iperpoteri secondari, il dio dell'eroismo sarà da noi sconfitto facilmente! Per questo inizia a disperare della tua salvezza, oltre che di quella di chi invano ti ha promesso mari e monti! Questa è la pura verità!»

«Non ditemi che voi due siete proprio le divinità, a cui ho dato la caccia fino a poco tempo fa!» esclamò l'eroico dio giubilante «Qualora ciò dovesse risultare vero, per me sarebbe una fortuna insperata avervi incontrati. Anche voi, dèi birbanti, lo sapete benissimo!»

«Perché, chi pensi che siano loro due, illustre Iveon?» la dea gli chiese incuriosita «Magari posso aiutarti io ad identificarli, avendo avuto modo durante il nostro viaggio di apprendere i loro nomi!»

«Essi possono essere unicamente Brust e Katfur, le due ignobili divinità negative che hanno fatto tanto male a un divo positivo, ossia al secondogenito del gerark Vaulk. Non sai, Realb, quale grande favore farò al mio eminente amico, quando consegnerò entrambi nelle sue mani! Tra poco, infatti, li catturerò e li condurrò da lui sul pianeta Zupes, con o senza il loro volere! Essi, però, come mi rendo conto, non ne sono tanto convinti!»

«Non ti sei affatto sbagliato, eroico Iveon!» gli fece presente la dea Realb «Essi sono proprio Brust e Katfur, poiché li ho sentiti chiamarsi con tali nomi in più di una occasione, mentre si parlavano oppure discutevano di varie loro faccende.»

«Adesso che lo sai, Iveon,» lo provocò il dio della distruzione «cambia forse qualcosa nei nostri rapporti? Se un cambiamento di cose avverrà tra noi, esso sarà soltanto a tuo discapito. Infatti, presuntuoso dio dell'eroismo, sono sicuro che non l’avrai vinta in nessun modo, quando ti cimenterai con noi! Te lo posso garantire!»

«Invece, infame Brust, non ho intenzione di causarvi alcun danno! Questa iniziativa la lascerò prendere al mio gerark Vaulk. Io mi limiterò esclusivamente a farvi miei prigionieri e, dopo che vi avrò condotti su Zupes, vi consegnerò a lui. Soltanto egli deciderà quale punizione decretare contro di voi, divinità farabutte!»

«Ah, ah! Mi dici come farai a catturarci, Iveon? Invece sarai tu ad assaggiare i risultati deleteri che ti recherà lo scettro del nostro imperatore, i quali avranno su di te un effetto immediato. Perciò prepàrati a condurre una esistenza travagliata per l’eternità. Essa sarà il nostro ringraziamento, per averci salvati dalla Deivora!»

Dopo aver parlato in quel modo, il dio Brust pose mano allo scettro che era in suo possesso, allo scopo di azionarlo e di farlo agire contro il proprio avversario. Il divino Iveon, però, non gli diede una opportunità del genere. Anticipandolo, in un attimo fece partire un raggio dall’anello che teneva infilato al dito medio della mano destra. Esso allora si diresse verso il prezioso oggetto che il dio negativo stringeva nella mano sinistra. Quando lo ebbe colpito, lo frantumò in tantissimi pezzi, come se si fosse trattato di un oggetto di argilla. A quell’episodio sconcertante, sia il dio Brust che il dio Katfur divennero lividi nel volto per la grandissima stizza; mentre la dea Realb avvertì dentro di sé una immensa gioia, intanto che il suo volto manifestava una grande esultanza. Nello stesso tempo, ella si rese conto che non era più prigioniera delle due divinità negative, poiché la loro campana energetica aveva smesso di tenerla relegata dentro l’angusto suo campo di forza. Per cui, grazie al suo famoso protettore, poteva andarsene libera per i fatti suoi!

Il dio Iveon, dal canto suo, manifestando un tono beffardo nei confronti delle due famigerate divinità negative, seguitò ad indirizzare le sue parole al dio della distruzione, parlandogli in questo modo:

«Mi dici cosa ti è successo, Brust? Hai forse smarrito la tua arma miracolosa? Noto che essa non rappresentava per voi due un ottimo asso nella manica, come avevate creduto! Ricòrdati che non bisogna mai fare affidamento su prodotti obsoleti, se si vuole evitare di raccogliere delle brutte sorprese! Il vostro caso ne è un classico esempio eclatante! Adesso è giunto il tempo della vostra cattura ed io, per la soddisfazione del gerark Vaulk, la eseguirò all’istante! Anzi, lo farò con sommo gradimento, divinità che rappresentate la feccia di Tenebrun!»

Il dio Brust non ribatté più il suo avversario e rivolse il capo verso il dio dell’infamia. Le due divinità negative allora si intesero con gli occhi, poiché in entrambe era balenata l’idea della fuga. Così, un attimo dopo, i due perfidi amici cercarono di allontanarsi il più rapidamente possibile. A nessuno dei due, però, riuscì di scappare, poiché l’uno e l’altro, dopo il primo tratto di volata, si sentirono immobilizzare da una potentissima energia, quella che il dio dell’eroismo gli aveva scaraventata contro. Quando poi li ebbe recuperati, il dio Iveon li rinchiuse nella campana energetica, la quale era stata ideata ed attuata apposta per loro, poiché non offriva a nessuno dei due la possibilità di una scappatoia. In quella maniera anch’essi finalmente sperimentavano ciò che si provava a restare reclusi a lungo in un posto del genere. A quel punto, al nostro divino eroe non rimase altro da fare che salutarsi con la dea Realb e rimettersi in viaggio alla volta di Zupes, il suo pianeta natio, trascinandosi dietro i suoi due maligni prigionieri. Ma la bella divinità volle a qualunque costo che la loro separazione avvenisse con un caloroso abbraccio di riconoscenza e di perenne gratitudine.

Mentre lasciamo il dio dell’eroismo seguire il suo percorso spaziale che lo condurrà in patria, noi ce ne ritorniamo all’interrotta storia dei divi Ukton ed Elesia. I quali, siccome la loro divinità protettrice doveva andare a misurarsi con la Deivora, erano stati condotti da essa sul pianeta Eknod, dove sarebbero poi stati recuperati dal gerark Vaulk.

Ebbene, l'uno e l'altra, mostrandosi molto fiduciosi e sereni, avevano atteso il Vurk che sarebbe andato a prelevarli in quel luogo. Alla fine, quando oramai la noia aveva incominciato a soggiogarli, era arrivato il velocissimo antimostro. Alla cui guida ci stavano il figlio maggiore del gerark, in qualità di comandante; come suo secondo, c’era l'amico Istol, che era il dio della notte. Entrambi si erano distinti splendidamente durante il recente conflitto che aveva visto contrapporsi le divinità dei due imperi in stato di guerra. Invece a bordo viaggiavano il padre e il divo Iovi. Costui, grazie anche alla collaborazione della diva negativa, non aveva avuto difficoltà ad intercettarli e a trovarli nell’infinito Kosmos.

Dopo essere avvenuto il loro recupero, c'era stato all'interno del Vurk un incontro commovente, tra infiniti e protratti abbracci di gioia e di commozione. Quando infine si erano rimessi in viaggio verso il loro pianeta, tra il gerark e il figlio ritrovato, erano continuate ad abbondare le effusioni paterne da una parte e quelle filiali dall'altra. Esse non avevano conosciuto interruzioni e si erano andate esprimendo con il massimo del calore e in forma intimamente sentita. Elesia, pur partecipandovi con il desiderio, lo stesso era riuscita a cogliere quegli istanti incantevoli. In che modo? Facendosi trascinare dalle proprie sensazioni interiori ed immergendosi in pari tempo in una estasi, che si dava a coinvolgerla emotivamente e pateticamente. Ricorrendo a quel modo inusuale, anch’ella era riuscita così ad assaporare la loro medesima felicità.

Il Vurk non era ancora entrato nell’Impero del Tetraedro, allorquando un bagliore intenso e diffuso era esploso in Kosmos e lo aveva illuminato totalmente. Esso era parso espandersi per l’intero suo spazio immenso ed accenderlo di quintilioni di faville. A quella luce folgorante, l’equipaggio si era messo a gridare: "Evviva! Il grande Iveon è riuscito a battere la Deivora, forzandola ad esplodere. Alla sua esplosione è seguita anche la sua distruzione! Perciò essa non potrà più costringerci a rifugiarci in Luxan, anche se per noi sarebbe stata la dimora della delizia!"

Alla fine della corsa, l'antimostro aveva raggiunto il pianeta Zupes. Allora, mentre il dio Istol e il divo Iovi se ne erano ritornati presso i loro familiari, i restanti quattro passeggeri dell'antimostro erano pervenuti alla fortezza del dio Vaulk. In essa, la dea Gedal, insieme con il figlio Biuk, li stava aspettando con un'ansia incredibile, intanto che un gaudio incontenibile la pervadeva. Una volta che i cinque familiari ed Elesia si erano riuniti presso la loro dimora, c’erano stati altri commoventi abbracci tra Ukton e sua madre. Ella aveva voluto accogliere tra le sue braccia anche la diva Elesia, la quale ne era rimasta immensamente soddisfatta. La divina consorte del gerark era stata già messa al corrente molto prima dell’arrivo del suo secondogenito, il quale finalmente era stato sottratto alla sua lunga odissea di disavventure. Per ovvie ragioni, adesso il nuovo incontro era stato di una pateticità unica ed inesprimibile. La copiosa pioggia di sentimenti, che da esso erano derivati schietti ed indescrivibili, aveva invaso per intero la loro sfera psichica. Così l'aveva fatta ritrovare nello splendore di una gioia senza limiti e nella magia di emozioni mai assaporate! In attesa che vi giungesse pure il proprio consorte, la dea Annura era andata a felicitarsi con la famiglia del gerark, nella cui casa ella era stata accolta come una ospite speciale e massimamente gradita. Per la dea della temperanza, il marito rappresentava l'amore suo grande che mai sarebbe tramontato nel suo intimo. Al contrario, esso vi avrebbe dominato assoluto ed eterno, allo stesso modo che il fulgore di Splendor si esprimeva in Luxan!


Adesso, cioè nel presente della nostra storia, intanto che il dio Iveon era diretto a Zupes con i due prigionieri, il dio Vaulk e la consorte Gedal, i quali ospitavano ancora la dea Annura, si ritrovavano a colloquiare nel loro appart. I due coniugi apparivano pacati e rasserenati, avendo ritrovato il loro secondogenito. Invece non si poteva dire la stessa cosa della dea della temperanza, la quale si mostrava alquanto preoccupata. Poiché il suo Iveon tardava a ritornare, ella dava l’impressione di essere assai abbacchiata. Ma il suo stato d’animo non sfuggì alla madre di Ukton. Allora ella avvertì l'obbligo morale di infonderle quanto più coraggio possibile, pur di rassicurarla e di tranquillizzarla. Così, facendo uso di un singolare tatto, cominciò a parlarle in questo modo:

«Ehi, Annura, vuoi chiarirmi perché mostri quella faccia? Da cosa ti proviene l'ipocondria, che in questo momento ti traspare attraverso il volto? Non dirmi che stai temendo per il tuo eroico Iveon! Se è ciò che ti fa sentire così male, puoi farne a meno! Al posto tuo, me la dormirei tra due guanciali! Possibile che tu non conosca ancora il valore del tuo insuperabile consorte? Iveon è l’eroe divino tanto osannato dalle divinità positive, quanto temuto da quelle negative. Tutte sanno che egli riesce sempre a cavarsela da qualunque situazione scabrosa. Quindi, amica mia cara, su con la vita e pensa solo al fatto che tra poco anche tuo marito sarà qui in mezzo a noi!»

«Grazie, Gedal, per le tue parole di conforto e di incoraggiamento a non disperare del rientro del mio Iveon. Ma riguardo alle mie preoccupazioni, non riesco a farne a meno. Io ci tengo moltissimo a lui, per cui esse mi bersagliano ogni volta che egli parte; anzi, mi spingono ad avere paura che gli possa accadere qualcosa di terribile!»

«Adesso esageri, Annura!» intervenne a rincuorarla anche il gerark di Zupes «Nessuno mai potrebbe mettere in ginocchio il mio amico Iveon! Perfino gli eccelsi gemelli sono ricorsi a lui per liberarsi della pericolosa Deivora! Ciò sta a dimostrare quanto grande risulta il suo valore anche ai loro occhi! Tale fatto dovrebbe rassicurarti!»

«Questo è vero, Vaulk. Ma l’entità aliena mi preoccupa e mi avvilisce! Tutti abbiamo visto l'immensa esplosione che si è avuta in Kosmos, la quale proveniva più o meno dalle parti in cui essa si trovava. C’è forse qualcuno che possa dichiarare con sicurezza perché l’esplosione c’è stata e da chi è stata provocata? Voi, con una certa faciloneria, l’avete giustificata con la vittoria di mio marito sulla Deivora, considerandola da lui distrutta per sempre. Ammesso pure che le cose siano andate nel modo che avete voluto credere, mi sapete allora giustificare il suo ritardo nel rifarsi vivo presso di noi? Esso, facendomi riflettere non poco, continua a recarmi ansietà ed ambascia!»

«Lo sai anche tu, mia cara,» le spiegò la dea Gedal «che Iveon è sempre pronto a soccorrere qualche vittima della prepotenza. Perciò è possibile che egli si sia imbattuto in un caso analogo e si sia adoperato per risolverlo da giustiziere. Ciò giustificherebbe il suo differito ritorno in mezzo a noi! Sono sicura che il suo ritardo è dovuto a qualcosa del genere, per cui esso assolutamente non ti deve fare preoccupare.»

«Forse hai ragione tu, Gedal! A questo particolare prima non avevo affatto pensato. Perciò ti ringrazio per avermi aperto gli occhi e per aver riportato la serenità nel mio animo angustiato. Allora, certa che le cose saranno andate come hai detto, non mi resta che attendere il suo trionfante e glorioso ritorno sopra il nostro pianeta!»

«Non occorre ringraziarmi, Annura! Anche tu hai fatto tantissimo per me, quando il mio Ukton veniva trattenuto lontano ed io mi struggevo dal dolore. Inoltre, non potremo mai disobbligarci con il tuo eroico marito, per quanto ha fatto per noi. Iveon si è prodigato per il mio secondogenito senza sosta e con tutto sé stesso!»

La conversazione era giunta a quel punto, quando il dio Volc apparve nell’appart ed annunciò a quanti vi stavano discorrendo che il dio Iveon era sul punto di rientrare alla base. Inoltre, egli fece loro presente che l'indiscusso eroe si stava portando dietro, come sue prigioniere, due divinità negative, delle quali però si ignorava la identità. All’annuncio del dio Volc, che era suonato come note festose alle orecchie della consorte dell’eroico dio, la divina Gedal si affrettò ad esclamare alla sua preziosa ospite:

«Hai sentito, Annura, che tuo marito è sta per rientrare? Te lo dicevo che ti stavi preoccupando senza alcuna ragione! Come vedi, non ho avuto torto, neppure quando ti ho accennato al fatto che egli potesse essersi fermato per prestare soccorso a qualche bisognoso di aiuto e a punire le divinità negative che lo stavano facendo soffrire!»

«Sì, Gedal, quanto hai pensato prima è risultato tutto vero! Le divinità malefiche, da lui fatte prigioniere, comprovano che eri nel giusto!»

Dopo, spinta dalla curiosità, la dea della fermezza si rivolse al marito e gli fece la seguente domanda:

«Vaulk, chi potranno essere le due divinità catturate dal nostro eroe? Sono così curiosa di saperlo, che sto aspettando la tua risposta con molta pazienza! Tu riesci a fartene una idea, caro?»

«Come faccio a risponderti, Gedal, se non ero presente, quando il nostro Iveon le ha fatte prigioniere? Per quanto ne sappia io, il nostro Iveon potrebbe catturare pure un esercito di divinità negative; ma non credo che poi le condurrebbe nella mia dimora! Se esse sono due ed egli le sta portando proprio da me, ciò dovrebbe significare che le due divinità possono essere soltanto Brust e Katfur, i due perfidi torturatori del nostro secondogenito! Tra poco sapremo se ci ho azzeccato!»

Quando il dio Iveon pose piede sul patrio suolo e si recò dal suo gerark, costui si rese conto che non si era sbagliato, circa la identità delle divinità fatte prigioniere da lui. Ma non appena se lo vide davanti, egli se lo abbracciò come un caro fratello, manifestandogli la sua immensa riconoscenza. A ogni modo, il valoroso dio ebbe anche un fugace abbraccio con la dea Gedal, al quale seguì quello più intenso e profondo con la moglie Annura. Costei, mentre lo teneva avvinto a sé, si dava ad una gioia incommensurabile e si lasciava prendere dalla calda passione, anche se con una certa riservatezza.

Dopo che si furono spente le effusioni calorose tra sé e la moglie, soltanto per il momento naturalmente, il divino Iveon si diede a narrare ai suoi tre ascoltatori come i due prigionieri gli fossero capitati per caso lungo il suo viaggio di ritorno. Dovette anche raccontare loro la disavventura della dea positiva Realb, che egli aveva liberata dalle due ignobili divinità negative, le quali erano state poi catturate da lui. Riguardo ai suoi due prigionieri, egli precisò al suo gerark:

«Vaulk, avrei potuto punire direttamente questi due malandrini all’istante, esattamente dove ho fatto il loro incontro e stavano perpetrando il loro ennesimo misfatto a danno di una nostra dea; però mi sono astenuto dal farlo. Essi, essendo stati coloro che hanno causato tantissimo male al tuo Ukton, in quel momento ho ritenuto più giusto che fossi tu a punirli, secondo quanto ti avrebbe dettato la coscienza. Non credi anche tu che io abbia agito nel modo migliore?»

«Ti ringrazio, amico mio Iveon, per le attenzioni che mi hai riservate anche in questa vicenda, per cui apprezzo il tuo amichevole gesto. Ma non ho alcuna intenzione di sporcarmi le mani con divinità del genere, essendo esse della peggiore risma! Anche perché ogni mio provvedimento preso contro di loro sarebbe interpretato come una mia vendetta. Invece, in qualità di dio positivo, voglio che essi vengano giudicati secondo giustizia. Per questo rimetterò al giudizio delle due eccelse divinità ogni decisione in merito ai due farabutti. Così sarà emesso nei loro confronti un verdetto equo ed appropriato!»

«Vaulk, se credi che questa sia la cosa più giusta da farsi, ti comprendo benissimo. Dunque, rispetto ed apprezzo la tua nobile scelta, che considero sia stata molto onesta!»

«Adesso, eroico dio, parlaci della malvagia Deivora! Rassicuraci che l’hai messa fuori combattimento per sempre e mettici al corrente di come è avvenuta la sua distruzione. Devi capacitarti che noi, in questo istante, desideriamo apprendere da te esclusivamente ciò che riguarda la sua cessazione definitiva in Kosmos!»

«Certo che la Deivora è stata per sempre distrutta da me, Vaulk! Grazie ai poteri degli anelli messi a mia disposizione dal dio del tempo, sono riuscito a ridurla in modo tale, che essa non ci darà più fastidio per l’eternità. Ma è pure vero che ho dovuto agire con astuzia con l'entità aliena per coglierla in contropiede. Per cui alla fine sono riuscito ad incastrarla e a debellarla a dovere. In caso contrario, avrei corso il rischio di fare la stessa fine che prima avevano già fatto le altre divinità da essa risucchiate! Sono convinto che nessun'altra divinità ce l'avrebbe fatta!»

«Ti capisco, Iveon! È stato per questo motivo che gli illustri Kron e Locus si sono rivolti a te per risolvere il difficile caso dell’entità aliena! Senza una divinità come te, validissima sotto tutti gli aspetti, anche i loro poteri avrebbero potuto correre il rischio di arenarsi e di non esprimersi al meglio delle loro potenzialità. In parole povere, senza di te, che sei stato il loro braccio, essi avrebbero potuto fare cilecca, lasciando le divinità di Kosmos in balia dell‘affamata creatura aliena, la quale si stava mostrando ingorda di psichi divine!»

«La cosa importante, Vaulk, è che io non abbia disatteso le loro aspettative ed abbia dimostrato che la fiducia da loro nutrita nei miei confronti era giustamente meritata! Ma ora, amico mio, io e la mia consorte vorremmo rientrare nella nostra casa e riposarvi a lungo. Perciò, se non hai altro di urgente da chiedermi da parte tua, prenderemmo volentieri commiato da te e dalla tua nobildea consorte. Nei prossimi giorni, continueremo a parlare di quanto mi spetta ancora fare.»

«Certamente, Iveon! Adesso ti lascio alla tua nobile Annura, augurandovi di concedervi insieme un lunghissimo e sereno periodo di riposo. Non c'è dubbio che ve lo meritate più di tutte le altre divinità positive esistenti in Kosmos! Ne sono certo!»

Una volta giunti nella loro abitazione, abbracciandoselo forte, la dea Annura esclamò al marito:

«Finalmente, mio Iveon, possiamo permetterci un po’ di riposo e di serenità! Non immagini quanto tu mi sia mancato e quanto io ti abbia desiderato, durante le tue lunghe assenze dal nostro pianeta! Non riuscivo più a stare senza di te e mi sentivo tormentata in ogni senso! Per fortuna, è tutto finito e possiamo goderci una inesauribile felicità!»

«Come potrei non farmene una idea, mia dolce Annura, se, come te, anch’io ho avvertito dentro di me la tua triste mancanza? Sì, ho sofferto e ti ho desiderata esattamente quanto tu hai penato e mi hai bramato! Siccome i miei pensieri sono volati a te in ogni attimo della mia assenza, sei stata in continuazione nel mio cuore. Non ho mai smesso di tenermi abbracciato a te con lo spirito e con la mente. Eri tu a sostenermi in ogni modo, mentre mi adoperavo per tirare fuori dai guai il divo Ukton!»

«Mi fa piacere sentirtelo dire, mio caro Iveon! Devi comportarti sempre così, quando mi sei lontano. In quei momenti angoscianti, ho bisogno di convincermi che stai pensando a me, che mi desideri e mi coccoli mentalmente in uguale misura. Se dovessi considerarti inesistente, anche io smetterei di esistere, non saprei più cosa fare della mia vita diventata oramai vuota. Indubbiamente finirei per immergermi per sempre nel nulla, senza avere più la voglia di sopravvivere a te e al tuo dolcissimo ricordo!»

«Ti ringrazio, tesoro mio, per il fervido amore che mi stai dimostrando con tutta te stessa. Me lo esprimi con le più belle frasi e me lo prodighi con i sentimenti più nobili! A ogni modo, ci attende una nuova prova, considerato che mi toccherà ancora ritornare nel Regno della Luce. Come sai, dovrò riportare all’eccelso Kron i suoi due anelli e accompagnare da lui anche Ukton, Iovi ed Elesia. Servendosi dei due divi, il dio del tempo vorrà studiare il fenomeno della telepatia, siccome intende appurare se è possibile applicarla pure alle divinità adulte. Quanto alla diva negativa, egli mi ha promesso che la esaminerà insieme con l'eccelso suo gemello. Se poi entrambi la troveranno degna della loro fiducia, il dio del tempo la condurrà dall’onnipotente Splendor, al fine di farle togliere il marchio dell’infamia dalla fronte e renderla così una diva positiva come noi. Ma tu già eri al corrente anche di queste due cose.»

«Sì, Iveon, avevamo già parlato del tuo nuovo viaggio per Luxan. Secondo me, Elesia merita tale favore, dopo quanto ha fatto per Ukton, mettendoci tutta sé stessa per aiutarlo! Inoltre, ella è una diva così affabile e giudiziosa, da fare perfino invidia a tante dive positive che conosco. Perciò facciamo bene ad esserle molto solidali!»

Quando smisero di parlare, i due coniugi divini non riuscirono a trattenersi dalle loro effusioni amorose, che avevano desiderato concedersi da un tempo infinito. La loro fu una compenetrazione incantevole ed indimenticabile, essendo nata da una moltitudine di ardenti desideri mai sopiti in loro; anzi, essi erano stati riscaldati di continuo dalla viva fiamma di una bruciante attesa. Così i due coniugi innamorati si diedero a fondersi e ad inebriarsi in un connubio eccezionale, il quale faceva contemperare nel trascendente la passione e la virtù della verecondia.