39°-IL DIO IVEON AFFRONTA LA DEIVORA E LA DEBELLA

Poco più tardi il divino eroe era già in volo verso quella parte di Kosmos, nella quale la Deivora stava avanzando con innegabile protervia. Attraversando lo spazio cosmico, egli andava ripassando i principali poteri che uno degli anelli gli metteva a disposizione. Essi erano i seguenti: 1) illimitata potenza energetica della migliore qualità; 2) capacità di trasformarsi in una qualunque specie di energia; 3) facoltà di spostarsi nell’ambito del tempo, sia passato che futuro; 4) coscienza sempre vigile e lucida, oltre che inattaccabile da qualsiasi fattore di natura emotiva e di altro genere. Invece, con suo sommo rincrescimento, erano sconosciute le potenzialità energetiche insite nella sua avversaria. Inoltre, si ignorava fino a che punto esse avrebbero potuto contrastare i poteri prodigiosi dell'anello in suo possesso, pur ammettendo che ciò fosse stato loro possibile. Ma ciò che faceva preoccupare maggiormente il divino Iveon, di cui non erano riusciti a rendersi conto neppure gli autorevoli gemelli di Luxan, era l’assoluta incapacità di una divinità di uscire dal nucleo della Deivora, dopo esservi stata trascinata a forza.

In un certo senso, veniva compresa la sua impossibilità ad opporsi alla entità aliena, mentre questa l’attirava a sé, considerato che era la sua psiche modificata a renderla impotente di fronte ad essa. Non si era però in grado di comprendere perché mai una divinità, pur esistendo in seguito come puro spirito, ugualmente non compiva sforzo alcuno per allontanarsene e ritornarsene in Luxan oppure in Tenebrun, dal momento che avrebbe dovuto poterlo fare. Perciò il dio dell’eroismo, prima ancora di accedere al nucleo della forza aliena, intendeva risolvere quel rebus incomprensibile. Se non ci fosse riuscito o avesse tardato a farlo, c'era il rischio di andarci di mezzo anche lui, essendo purissimo spirito!

In effetti, che cosa succedeva ad una divinità, dopo essere stata sequestrata e spogliata dalla Deivora della sua componente psichica trasformata? Ebbene, una volta subite entrambe le coercizioni da parte della sua catturatrice, la divinità si ritrovava a vivere una esistenza allo stato puro, ossia come se vivesse in Luxan o in Tenebrun. Allora la logica induceva a pensare che più nulla le vietasse di abbandonare quel luogo e di andarsene per i fatti suoi. Invece come mai ciò non accadeva? Cos’altro, che non si conosceva ancora dell'aliena, a un tratto le impediva di allontanarsi dal suo nucleo? Era quanto voleva appurare il dio Iveon, prima di cimentarsi con la sconosciuta entità apparsa all'improvviso in Kosmos. Per pervenire a tale risultato, però, occorreva che egli approntasse subito un efficace piano che gli consentisse di compiere al più presto l’impresa che si era prefissata. Ebbene, grazie alla sua mente geniale, egli ne elaborò uno che si sarebbe dovuto dimostrare all’altezza della situazione, pur prevedendo che dopo esso non sarebbe stato di facile applicazione. Lo scaltro dio pensò di entrare nel suo nucleo, dopo essere diventato una energia identica a quella della Deivora. In quel modo, egli non avrebbe destato alcun sospetto nella mostruosa creatura, intanto che ne studiava l’essenza nelle sue peculiarità.

Quando poi ebbe finito di mettere a punto il suo intelligente piano, il divino Iveon aveva già percorso l’intera area influenzata dall’entità aliena e si stava immettendo nel suo corpo, come se ne costituisse parte integrante. Perciò adesso egli puntava direttamente sul nucleo dell'avversaria; intanto che alcuni campi di forza, che avevano la parvenza di radi banchi di nebbia, si agitavano intorno a lui, si rincorrevano e producevano nel suo animo mille sensazioni infernali. Infatti, in tale massa pallidamente nebulosa, erano presenti dei lampeggiamenti policromatici di diversa tonalità. Questi ultimi si presentavano frammisti a sordi rumori somiglianti a tuoni che si rotolavano nel circostante spazio aereo, che appariva assai pregno di umidità. Mentre avanzava, il dio dell'eroismo prendeva coscienza che il corpo della Deivora aveva già assunto delle proporzioni immani e la sua massa attualmente poteva stimarsi superiore a quella di venti stelle giganti messe insieme. Inoltre, si rendeva conto che erano già parecchie le divinità che, dopo essere cadute nella insidiosa rete della Deivora, venivano risucchiate dal suo nucleo. Da un suo calcolo, il quale era da considerarsi approssimativo, la maggioranza di loro erano divinità malefiche. Esse, probabilmente, un tempo avevano dimorato sopra un pianeta che era appartenuto all’ex Impero dell’Ottaedro, il quale aveva smesso di esistere da poco tempo.

Quando infine raggiunse il suo famigerato nucleo, il dio si dedicò ad un'approfondita ispezione della Deivora, perché gli desse modo di esaminarla nel suo esistere e divenire, oltre che nei suoi rapporti con le divinità che andava catturando. Allora egli notò che la sua essenza risultava costituita di una energia alquanto diversa da quella delle divinità, che erano state originate da Splendor. Essa non possedeva più una purezza spirituale come la loro, in quanto era da definirsi immateriale ed immortale. Comunque, non era chiaro come facesse la forza aliena a rendersi cosciente sia di sé che del suo operato nello spazio cosmico. In parole povere, nessuno dei suoi atti faceva scommettere che la Deivora avesse una propria coscienza, la quale, nei suoi vari propositi e provvedimenti, si dimostrasse capace di intervenire in maniera selettiva. Ciò nonostante, essi vi accadevano ugualmente e senza il minimo errore. Ogni sua parte lasciava intendere che la sua esistenza si evolvesse nella realtà cosmica, seguendo un istinto particolare. Il quale, a modo suo, si presentava altamente specializzato nella sua funzione di conservazione e in quella di continuo accrescimento. Ma quest’ultima si poteva realizzare, unicamente a scapito di entità similari.

Quanto ai suoi rapporti con le divinità catturate, per la maggior parte negative, in un certo senso, li abbiamo già conosciuti in precedenza. Per questo ci resta solo da apprendere come faceva la Deivora a sostituire con un proprio succedaneo la parte che prediligeva, ossia la psiche, dopo averla estratta da ciascuna di loro. Così facendo, oltre a tenere perennemente avvinte a sé le divine prigioniere, le privava della loro coscienza, la cui assenza costituiva in esse la causa principale del loro mancato ritorno alla precedente esistenza. Dunque, valutando le cose sotto il nuovo aspetto, adesso ci rendiamo conto di una grande verità. Esclusivamente da quel surrogato psichico provenivano alle divinità in sua balia l’incapacità di prendere il largo e quella loro forma di esistenza passiva o quasi inesistente, a seconda come la si volesse intendere. Anzi, era proprio quest'ultima che sottraeva le entità divine sue prigioniere alla loro coscienza e alla loro realtà cosmica.

Venuto a conoscenza di come faceva la Deivora a trattenere le divinità in stato di prigionia, il dio Iveon si adoperò per scoprire il punto vulnerabile esistente all’interno del suo nucleo. Il motivo? Il suo intento era quello di distruggerla almeno nella sua capacità di recare danno alle divinità di Kosmos. Essendo essa immateriale, non poteva che risultare indistruttibile al cento per cento. Allora occorreva che egli fosse in grado di smembrarla in maniera tale, da renderla inoffensiva verso tutte le divinità che vi erano ancora libere.

Durava da poco tempo la sua permanenza nel nucleo della Deivora, vestendo il suo nuovo abito energetico, allorché il dio dell'eroismo cominciò ad avvertire una certa insofferenza verso di esso. Per tale ragione, egli temette di essere stato scoperto dal suo fattore pensante e che ora essa si fosse data a rendergli la vita impossibile, se proprio non aveva la facoltà di eliminarlo. Se davvero le cose si erano messe come da lui sospettato, gli conveniva uscire al più presto allo scoperto e competere con la sua avversaria ad armi pari. Prima l’avveduto dio elaborò per sé una speciale energia, la quale avrebbe dovuto fare da antidoto al surrogato psichico proveniente dalla Deivora. Così avrebbe evitato di diventarne il perenne succube, come già stava succedendo alle altre divinità catturate. Soltanto in quella maniera, egli si sarebbe sentito sicuro di affrontare la temibile entità aliena e di darle il benservito che si meritava, quello che si attendevano da lui anche le due eccelse divinità.

Secondo il parere del dio Iveon, il punto debole della Deivora si identificava con la sua mente oppure con qualunque altra cosa che la rendesse cosciente di sé e del suo operato in Kosmos. Per questo bisognava innanzitutto agire contro quella sua parte, se la si voleva ridurre all’impotenza. Ma se si intendeva intervenire nei suoi confronti con intenzioni punitive, per prima cosa occorreva localizzarla all'interno del nucleo, ammesso che essa vi esistesse effettivamente e vi fosse reperibile in qualche modo. Altrimenti il problema sarebbe rimasto insoluto. A tale scopo, egli si diede a cercarla con una indagine diretta e minuziosa, rovistando da cima a fondo l’intero suo nucleo. Quando poi credette di avere individuato in esso una specie di nicchia, dove veniva svolta di fatto una certa attività selettiva ed organizzativa, l’eroico dio si determinò a studiarla e ad approfondirla come meglio poteva. Invece il suo chiaro proposito in questo caso, non essendo garbato a qualcuno o a qualcosa pensante, partì dall'ignota fonte un'azione tesa ad ostacolarlo con ogni mezzo e in qualsiasi maniera. Infatti, il dio Iveon si vide assalire da piccoli essere mostruosi che, mentre gli si avventavano contro, gli scaraventavano addosso cariche energetiche aventi effetto soporifero, appunto per indurlo al sonno. Egli allora, con l'aiuto prodigioso dell’anello, se ne liberò rapidamente e senza difficoltà alcuna, facendosi investire da esso da sostanze refrattarie al sonno.

Vanificate le intenzioni dei mostriciattoli, l'eroico dio si convinse che, se voleva intraprendere un’azione energica e risolutiva contro la Deivora, era chiaro che doveva effettuarla proprio in quella nicchia. Ma come poteva mettere in pratica validamente la sua azione e quale potenza assegnarle per conseguire una sicura vittoria? Secondo lui, ricorrendo all’anello, si sarebbe procurato il più distruttivo potenziale energetico esistente, facendo in modo che esso in seguito esplodesse in quella parte del nucleo, dove risultava esserci la mente della Deivora oppure ciò che ne faceva le veci. Solo che egli non doveva trovarsi al centro di tale esplosione, mentre essa deflagrava, poiché era persuaso che, se vi si fosse trovato nel mezzo durante il suo scoppio, non avrebbe fatto una gradita esperienza! Allora come riuscire a fare brillare la sua carica esplosiva al centro del nucleo dell'avversaria, senza che ciò avvenisse? Il dio Iveon intendeva portare di persona nella sua mente l’ordigno da lui confezionato. Così facendo, essa non se ne sarebbe accorta che al momento dell’esplosione. Ciò, perché non si fidava di farglielo pervenire da lontano, non sapendo quante probabilità di bloccarlo la Deivora avrebbe avuto, prima che si verificasse il suo scoppio.

Di fronte a tale dubbio, l’accorto dio positivo decise di risolvere la questione con un'altra sua trovata ingegnosa. Egli pensò di catapultarsi nel futuro, ovviamente quello più vicino al suo presente, per il tempo necessario per portare a termine la sua missione. In seguito, prima che si avesse il brillamento, egli sarebbe ritornato nel presente, che dopo veniva a rappresentare il passato del futuro da cui proveniva. Con ciò, intendeva assolutamente evitare di trovarsi in presenza del rovinoso evento, che ci sarebbe stato poco dopo. Anzi, solo quando l’esplosione non era ancora entrata nel suo presente e si era data a fare i danni irreparabili all’interno della Deivora, il dio Iveon avrebbe raggiunto una ragguardevole distanza. Di lì, poi, avrebbe atteso l'esplosivo e catastrofico avvenimento, il quale sarebbe avvenuto, grazie all'ordigno energetico da lui confezionato ed innescato in precedenza.

Come aveva previsto il dio Iveon, il suo piano funzionò alla perfezione, per cui la entità aliena, dopo essere stata vittima al suo interno della disastrosa potenza esplodente, si smembrò in un numero infinito di parti, le quali si dispersero in uno spazio cosmico di vastissime proporzioni. Ognuna risultò rivestita di una particolare pellicola energetica, che non le permetteva alcuna forma di espressione in senso sia qualitativo che quantitativo. In quel modo, la Deivora fu per sempre sconfitta dall'eroe delle divinità positive ed egli subito dopo poté riprendere il viaggio di ritorno verso il suo remoto pianeta Zupes.

Mentre vi si dirigeva, il dio Iveon era manifestamente soddisfatto del lavoro svolto a vantaggio di tutte le divinità positive di Kosmos, essendosi assicurato che esse non correvano più alcun pericolo da parte dell’immateriale creatura allogena. In quella circostanza, egli volle ignorare il fatto che dalla propria opera avessero tratto giovamento anche le divinità negative, che dimoravano nello stesso spazio cosmico. Anzi, quell’aspetto della vicenda non lo aveva minimamente interessato, dal momento che era stato un altro l'obiettivo principale a cui egli aveva mirato in quella missione, che era stata prevista abbastanza rischiosa. Quanto a noi, che l'abbiamo seguita da vicino, possiamo immaginarcelo benissimo, per averci essa messi sul chi va là in maniera preoccupante!