358°-I BERIESKI CATTURANO TIONTEO E I LUTROS ACCOMPAGNATORI

Una decina di giorni dopo che Iveonte era partito per l’isola di Tasmina, Tionteo e gli altri avevano visto irrompere nel loro campo un paio di centinaia di armati a cavallo. Gli invasori, rapidamente e senza colpo ferire, lo avevano invaso, mettendo nella impossibilità di reagire la totalità degli uomini che in esso erano intenti a vari lavori. A Tionteo non era convenuto resistere in qualche modo agli intrusi per due motivi molto semplici: 1) essi erano dilagati per l’accampamento, evitando ogni spargimento di sangue; 2) dando ordine ai suoi uomini di opporsi, nella condizione in cui essi si trovavano, egli avrebbe solamente cagionato la loro morte, avendo già il coltello alla gola. In verità, più che di una resa, si era trattato di una desistenza dall’opporre una valida difesa contro coloro che già lo avevano occupato di fatto. Stando così le cose, il Terdibano aveva preferito attendere che si presentasse a parlargli colui che li comandava. Così gli avrebbe spiegato le ragioni per cui essi si trovavano in quelle terre. In pari tempo, egli aveva sperato che essi fossero Berieski e non componenti di una banda di autentici masnadieri, senza né patria né religione. In questo secondo caso, a suo parere, per tutti loro la situazione non sarebbe risultata affatto felice.

Dopo era trascorso poco tempo, da quando c'era stata l'invasione del loro campo da parte degli intrusi, allorché il più autorevole di loro si era fatto avanti, chiedendo a gran voce:

«Voglio sapere chi di voi svolge le funzioni di capo in questo campo, poiché ho bisogno di rivolgergli alcune domande. Spero che egli abbia delle risposte convincenti da darmi, se non vuole andare incontro alla mia stizza. Essa potrebbe anche non risultare salutare a tutti coloro che vi sono attendati! Glielo garantisco senza meno!»

«Puoi rivolgere a me le tue domande, cavaliere, dal momento che attualmente faccio io le veci del nostro capo!» era intervenuto a rispondergli Tionteo «Devi sapere che egli si è dovuto assentare per un numero imprecisato di giorni, avendo impegni improcrastinabili altrove. Perciò parla pure a me, poiché risponderò a tutte le tue domande!»

«Chi mi assicura che tu non mi stai mentendo, capo ad interim? Ti avverto che, qualora tu cercassi di prendermi in giro, ci sarebbero guai molto seri per te e per i tuoi uomini! Mi sono spiegato per bene?»

«Ti deve bastare la mia parola di gentiluomo, cavaliere. Se per te essa dovesse essere insufficiente, non potrei farci niente, visto che non ci sarebbe un altro modo di convincerti della mia buonafede! Se poi hai pazienza, puoi sempre attendere l'arrivo del nostro capo; ma non posso indicarti la data esatta del suo ritorno, non conoscendola neppure io!»

«Chi sarebbe, forestiero, questo vostro fantomatico capo, il quale proprio adesso risulta assente? Vuoi dirmi anche il motivo della sua assenza dal campo, se non ti dispiace?»

«Egli è un mio caro amico, cavaliere. Appena sarà ritornato, leveremo immediatamente le tende e ce ne andremo via da questo luogo, se noi ci troviamo sui vostri territori e voi, mostrandovi inospitali, non intendete consentirci di restarvi! Circa il motivo che lo ha spinto a condurci sui vostri territori, sono sicuro che non servirebbe farvelo presente. Comunque, se volete che ce ne andiamo adesso stesso da qui, siamo pure disposti a farlo!»

«Invece voi tutti rimarrete su queste terre, fino a quando non sarò io a permettervi di lasciarle! Mi sono spiegato abbastanza, forestiero? Anzi, vi metto in guardia dall’allontanarvi, per il vostro bene, poiché chi tenterà di lasciare il campo avrà vita breve!»

«Ah, ah, cavaliere, mi stai facendo scompisciare dalle risate! Se al ritorno del mio amico oserai usare questo linguaggio e questo tono con lui, scommetto che anch'egli ti riderà in faccia, come sto facendo io adesso! Credi davvero che tu possa intimorirlo con le tue minacce? Neanche se voi foste il doppio o il triplo di quanti siete voi adesso, riuscireste ad impressionarlo minimamente! Da solo, vi farebbe fuori tutti senza alcuna difficoltà! Non sto mica scherzando!»

«Non scaldarti così tanto, forestiero, perché non siamo ancora arrivati fra di noi ad un clima di ostilità. Non l'ho voluto ancora, soltanto perché tu mi ispiri una certa fiducia! Ad ogni modo, visto che lo vanti così tanto il tuo compagno, hai suscitato in me una gran voglia di misurarmi con lui. A tale riguardo, sappi che non è ancora nato il guerriero che possa battermi! Te lo dimostrerò, non appena il tuo amico sarà rientrato nel vostro campo! Adesso te l’ho fatto sapere!»

«Se ti fa piacere crederlo, cavaliere senza una bandiera, fai pure, siccome non posso impedirtelo. Ma ti garantisco che saranno i fatti a convincerti del contrario, siccome essi ci saranno immancabilmente, quando egli ci raggiungerà e tu oserai sfidarlo!»

«Io e i miei uomini, forestiero, invece abbiamo una nostra bandiera, come tra poco apprenderai. Riferendomi poi all’altro discorso, considerato che l’interessato è assente, per il momento lasciamolo da parte e badiamo ad altro. Siccome non conoscete le ragioni per cui abbiamo sconfinato dalle nostre terre e siamo arrivati fin qui, occupando il vostro campo, adesso passo a rivelarvele. Oppure già le conoscete e furbescamente fingete di non esserne al corrente? In verità, anche ciò potrebbe essere possibile; ma lo verificheremo in un secondo momento!»

«Perché dovremmo conoscerle, cavaliere? Se lo vuoi sapere, oltre ad esse, ignoriamo perfino chi voi siete e da dove provenite! A questo punto, non ti sembra che sia giunta il momento di presentarvi e di rivelarci il vostro luogo di origine? Penso proprio di sì!»

«Hai perfettamente ragione, forestiero! Ti chiedo scusa per l’inadatta mia domanda. Noi siamo Berieski e abbiamo oltrepassato di poco i nostri territori, i quali sono quelli della Berieskania. Vuoi conoscerne il motivo? Stiamo inseguendo una banda di predoni, che ha fatto razzia in un nostro villaggio, uccidendovi una cinquantina dei nostri connazionali con barbara ferocia. Ecco: adesso ti ho riferito ogni cosa di noi, compreso il motivo che ci ha spinti a sconfinare e ad invadere il vostro campo!»

«Ti capisco, Beriesko. Mi dispiace per i tuoi connazionali e ti dico subito che la loro è stata una vigliaccata, per cui è giusto che tutti gli appartenenti a tale banda vengano puniti con il sangue! Ma vuoi dirmi cosa c’entriamo noi con loro? Se poi cercate di avere da noi notizie in merito a tali persone, non essendoci capitato di incontrarle, non possiamo aiutarvi neppure un poco. Ci dispiace di non poter esservi utili, come avreste bisogno!»

«Se mi venisse da sospettare, forestiero, che potreste essere proprio voi a rappresentare la banda di predoni che stiamo cercando, cosa mi risponderesti? Come sai, tutto è possibile in questo mondo!»

«In quel caso, Beriesko, staresti lontano dalla verità mille miglia! Fino ad oggi, abbiamo sempre combattuto il male e i soprusi; come pure abbiamo fatto trionfare la giustizia là dove essa veniva calpestata da persone senza scrupoli. A proposito, poiché non lo abbiamo fatto ancora, perché non ci presentiamo e ci chiamiamo con i nostri nomi? Comincio io a dirti il mio, il quale è Tionteo. Invece il tuo sarebbe?»

«Io mi chiamo Leruob e sono del borgo di Geput, come lo sono tutti gli uomini al mio seguito. Il tuo modo di esprimerti, Tionteo, mi ha quasi convinto che non potete essere stati voi a depredare il villaggio beriesko e a commettervi i cinquanta assassini. Ma dato che hai affermato che è vostro costume difendere certi valori della condotta umana, cosa veramente lodevole da parte vostra, devo supporre che, per farlo, dobbiate avere anche un’ottima preparazione nelle armi. Perciò vorrei che tu me lo dimostrassi. Il nostro non sarà un combattimento all’ultimo sangue, siccome per adesso non ci sono i presupposti per cui io debba sentirmi spinto ad ucciderti. Voglio soltanto saggiare la tecnica della tua scherma per dare ad essa una mia personale valutazione. Hai forse qualcosa in contrario a questa mia iniziativa, che dovrai considerare solamente una semplice curiosità da parte mia? Spero proprio di no, simpatico Tionteo, se non vuoi contrariarmi, facendomi pensare male di voi!»

«Invece, Leruob, sono a tua completa disposizione, se ciò ti aggrada. Ma prima voglio farti presente che non c’è da fare alcun paragone tra il mio amico e me, siccome nessun uomo può paragonarsi a lui nelle armi, neppure lontanamente! Ho voluto essere abbastanza esplicito in merito, ad evitare che tu ti faccia di lui un concetto errato, se dovessi battermi.»

«Lo terrò senz'altro presente, Tionteo! Nel frattempo che egli non ritorni, mi limiterò a verificare la perizia schermistica che il tuo amico ti ha trasmesso con le sue lezioni. Allora, se sei già disponibile a farlo, possiamo pure cominciare a batterci!»

Il combattimento con le spade aveva avuto un inizio, il quale aveva visto ciascuno dedicarsi allo studio dell’altro. A tale proposito, va chiarito che entrambi avevano preferito che esso si svolgesse senza cavallo. Secondo loro, stando in groppa a tale bestia, il duello spesso era condizionato dalle prestazioni del quadrupede equino. Per questo esso non risultava gratificante; inoltre, finiva per essere alquanto limitante, allo scopo di avere una scherma più prestigiosa.

La fase di reciproca conoscenza delle potenzialità insite nell’avversario non aveva avuto una durata esagerata; ma si era sbloccata dopo appena tre minuti di sondaggio. Più precisamente, essa era stata interrotta da un affondo di Tionteo; il quale, però, non aveva avuto alcun successo. Infatti, l’accorto Beriesko lo aveva schivato, spostandosi semplicemente sulla destra, sebbene il colpo di spada fosse stato vibrato in modo impeccabile. Ma una volta eseguita la mossa di scansamento, Leruob si era affrettato a contraccambiare la cortesia. Perciò, con una rotazione del braccio, aveva teso a far trovare la spada dell’avversario impigliata alla propria, per poi fargliela saltare di mano e disarmarlo con facilità. Da parte sua, il Terdibano, ricorrendo ad una rapida cavazione, aveva liberato la sua arma da quella del Beriesko. Dopo si era tenuto pronto a sostenere i suoi successivi attacchi, i quali si erano dimostrati scaltri e mirati, ma non tendenti alla conclusione dello scontro.

In seguito a quelle prime schermaglie, la tenzone aveva assunto un tono più vivace; ma anche aveva preteso dai due contendenti un maggiore impegno e più ardimento. Per cui i duellanti avevano iniziato ad esprimersi con il meglio delle loro strategie e delle loro capacità. Combattendo in quel modo, con il loro intelligente giostrare, essi avevano evidenziato due tecniche di scherma assai differenti tra di loro; ma entrambe molto valide, dal punto di vista offensivo e difensivo. Leruob, però, riusciva ad applicare la sua tecnica, mettendone in pratica le caratteristiche con una percentuale netta. Tionteo, da parte sua, l’applicava con una percentuale ridotta, non avendo ancora raggiunto una preparazione di alto livello, come quella posseduta da Iveonte e dal suo amico re Francide. Perciò lasciava a desiderare nelle sue prestazioni e nel tentativo di dare ad essa un effetto concreto. Della tecnica del suo avversario, al formidabile Beriesko non erano sfuggite la precisione di attacco, la validità di difesa e l’opportunità di talune sfumature, le quali si presentavano capziose e concomitanti. In pari tempo, aveva ammirato certe avvedutezze schermistiche che non aveva mai conosciute prima. Esse ne mettevano in risalto l’eccezionale efficienza e l'indubbia capacità offensiva sul piano tattico. Principalmente, Leruob aveva preso coscienza che chi la metteva in pratica non riusciva ad esprimerla con un’adeguata competenza e con una percentuale piena, come egli era in grado di esprimere la propria. Ma trovando difficile capire con quale percentuale il suo avversario stava mettendo in pratica la tecnica da lui espressa, non si poteva conoscere neppure il grado di perizia schermistica dello stimabile maestro che gliel'aveva trasmessa.

Non prendendo in esame le capacità combattentistiche che ognuno dimostrava di possedere, in Leruob si registravano in misura maggiore la scioltezza nei movimenti, la spregiudicatezza negli assalti, la solidità nella difesa, la risolutezza nel colpire e nel reagire agli altrui colpi. Tali doti, di cui egli faceva grande mostra, lo avvantaggiavano a dismisura, rispetto ad un Tionteo, il quale non le possedeva ancora nel grado e nella forma più soddisfacenti. Le lacunose imperfezioni e le esistenti imprecisioni accusate dal Terdibano, dal punto di vista della scherma, prima o poi lo avrebbero costretto a farne le spese, pur opponendo una strenua resistenza al suo antagonista con uno spirito da valoroso combattente. Perciò già si prevedeva che il poveretto non era destinato a vincere l'incontro in atto con il Beriesko. Infatti, dopo avere esaurito le sue energie e le sue risorse combattive, la sua scherma alla fine aveva cominciato a vacillare e a fare acqua da tutte le parti. Era stato a quel punto che Leruob ne aveva approfittato, disarmandolo con un magistrale fendente, il quale non aveva avuto difficoltà a fargli staccare la spada dal pugno della sua mano. Dopo quel previsto disarmo da parte del Beriesko, il combattimento era cessato; ma tra i due combattenti coetanei, la ripresa della disputa si era avuta solo verbalmente. Il primo di loro ad aprire bocca sull'avvenuto duello, era stato il vincitore. Egli, anziché mostrarsi tronfio, si era complimentato con il vinto, dicendogli:

«Senza dubbio, Tionteo, te la cavi molto bene con la spada e chiunque dei miei uomini qui presenti non potrebbe reggere al tuo confronto! Un fatto del genere significa che hai avuto un validissimo maestro. Perciò ci terrei ad affrontarlo ad armi pari, esclusivamente per valutare quale delle nostre due tecniche si presenta superiore all'altra. Tu cosa ne pensi a tale riguardo? Secondo te, risulterei io il vincitore o il tuo amico, se avessimo uno scontro armato per decidere le nostre sorti?»

«Leruob, se per te la tecnica migliore è quella che fa vincere chi l'applica, allora quella del mio amico è superiore alla tua. Egli non avrebbe alcuna difficoltà a batterti, essendo il massimo dei campioni sul nostro intero pianeta! Se non fosse così, non starei qui a vantarlo, come sto facendo! Ti ho risposto con molta franchezza.»

«Lo dici, Tionteo, come se tu ne avessi la certezza! Eppure non mi hai ancora conosciuto a fondo, poiché non mi sono mostrato nei tuoi confronti con il cento per cento delle mie reali possibilità, dal momento che, combattendo contro di te, non è stato necessario applicarmi con tutto me stesso! Almeno di questo ti sarai reso conto pure tu. Ma verrà dai futuri fatti la verità, che io già conosco!»

«Te lo ripeto, Leruob: il mio amico è il migliore in assoluto nelle armi! Le sue leggendarie imprese, facendolo risultare in vetta alla classifica dei campioni, convincono chiunque che egli è il primo degli eroi e nessuno può sconfiggerlo! Un giorno, dopo che lo avrai conosciuto, la penserai allo stesso modo mio! Te lo assicuro! Quanto alla verità, che dici di conoscere già, essa è falsa e fa acqua da tutte le parti.»

«Anch’io, Tionteo, non ho trovato ancora un avversario che sia stato capace di sconfiggermi nelle armi e nelle arti marziali. Se tu sapessi a quanti sacrifici sono dovuto andare incontro per diventare l'invincibile guerriero che mi ritrovo ad essere oggi, non parleresti così. Nella mia scuola, la quale vanta i migliori maestri di armi e di arti marziali, negli ultimi tre tornei sono risultato il numero uno. Ho frantumato ogni primato precedente in tali professioni, superando perfino i miei prestigiosi maestri. Non dirmi che il tuo amico conosce benissimo anche le arti marziali! Sai, ne sarei molto meravigliato!»

«Certo che le conosce, Leruob! Nessuno lo supera anche in quelle, se ci tieni a saperlo! Anzi, si mostra un vero fenomeno in esse, quando si dà a metterle in pratica!»

«Tionteo, vuoi dirmi quale scuola d'armi e di arti marziali il tuo amico ha frequentato, per diventare così in gamba, come tu affermi? Se me lo dici, te ne sarò grato!»

«Leruob, non mi risulta affatto che egli e l'amico Francide siano stati assidui frequentatori di qualche palestra. Se fosse stato così, ne avrei sentito parlare da lui.»

«Tionteo, vuoi farmi credere che entrambi sono nati già imparati? Lo comprendi anche tu che una cosa simile non può essere possibile! E chi sarebbe poi questo Francide? Non mi dire che egli è un altro supereroe con le medesime prerogative del fenomenale tuo amico! Questo non lo posso accettare nel modo più assoluto!»

«Il re Francide non è un eroe come il mio amico; ma stanne certo, Leruob, che anche lui, come guerriero, è superiore a te. È secondo soltanto al suo amico di infanzia, il quale per lui è come un fratello! Ti eri forse già illuso di occupare il secondo posto nella graduatoria mondiale dei guerrieri più forti? Invece dovrai rinunciarci!»

«Allora, Tionteo, stando così le cose, io sarei il terzo guerriero più forte, se essi occupano il primo e il secondo posto nella classifica dei campioni! È esattamente questo che vorresti farmi intendere con il tuo discorso elogiativo a loro favore?»

«Ciò non te lo so dire, Leruob. Posso soltanto mettere la mano sul fuoco che essi sono i primi due sulla terra. Invece potrebbe essere qualcun altro, che noi non conosciamo, ad occupare la terza posizione! Non ti pare? Se poi mi affermi che non la pensi allo stesso modo mio su come giudicare i grandi campioni, in quel caso ugualmente non ti servirebbe a niente giustificarti!»

«Un giorno, Tionteo, ti farò ricredere dell’attuale opinione che hai di me. Così dopo imparerai ad apprezzarmi come merito: te lo assicuro! Ma adesso mi dici che fine ha fatto il tuo eroico amico? Magari egli sarà andato a compiere un’altra delle sue epiche imprese, lasciandovi in questo posto abbandonato del tutto soli ed indifesi!»

«Puoi dirlo forte, Leruob! Anzi, ci hai proprio azzeccato! A tale riguardo, ti devo far presente che è la prima volta che egli sta compiendo una impresa, la quale finalmente favorirà sé stesso. Tutte le altre imprese passate sono state sempre condotte a termine da lui a beneficio degli altri, prodigandosi ogni volta per loro con raro altruismo. Alla fine ne è uscito sempre vincitore, con la felicità di coloro ne sono stati difesi!»

«Allora sentiamo di cosa si tratta, Tionteo, se è lecito saperlo, sperando che niente su di lui sia una tua invenzione, come sembrerebbe, ad una mia prima valutazione!»

«Stavolta il mio amico è dovuto andare nell’isola di Tasmina per problemi suoi, avendo appreso che può risolverglieli solo il mago Zurlof, il quale è il padrone dell'Isola della Morte. Probabilmente, egli dovrà costringere il mago a fare quanto pretende da lui, se lo troverà maldisposto ad appagare la sua richiesta! Il mio amico, però, non è il tipo che facilmente si tira indietro, anche quando ha davanti a sé un insormontabile ostacolo!»

«Mi stai prendendo in giro, Tionteo? Solo i folli si recano nella stregata isola di Zurlof! Chi vi sbarca si autocondanna a morte certa, come è già successo in passato!»

«Ti ho detto la verità, Leruob! Perché dovrei dirti una cosa per un'altra? E poi che bisogno ci sarebbe mentirti? Il mio amico è andato davvero dal Mago dei maghi a farsi dire ciò che vuole sapere! Se sarà costretto, egli l'obbligherà a farlo con la forza, volente o nolente! Vedrai che egli ritornerà vincitore dall’isola maledetta!»

«Se non si tratta di una menzogna, Tionteo, allora puoi dire addio in modo definitivo al tuo amico! In passato, ogni persona sbarcata nell'Isola della Morte, non ne ha mai fatto più ritorno. Anche mio zio Deloz, nonostante il parere contrario del padre Nurdok, che è mio nonno, volle tentare l’impresa con un pugno di uomini. Intendeva dimostrare così ai suoi conterranei che egli non aveva paura di affrontare e di sfidare l’ignoto dell’isola. Ma non riuscì più a salparne, poiché da allora non si è più rifatto vivo tra i propri parenti. Prima di lui, il mago Zurlof aveva già dato una sonora batosta ad un intero esercito, quello degli Scanudi, per aver cercato di invadere la sua isola. Pensa che, a quel tempo, i morti si contarono a migliaia sulla livida superficie del mare!»

«Credi che le tue parole mi spaventino, Leruob? Te lo puoi sognare, se lo pensi davvero! Anche questa volta, come è sempre accaduto, il mio amico avrà successo e ritornerà vittorioso. Per questo otterrà dal mago, con le buone o con le cattive, il favore che intende chiedergli! Non ci sono dubbi in merito: te lo posso dare per certo!»

«Posso sapere, Tionteo, il motivo che lo ha spinto a condursi a Tasmina? Spero almeno che sia per una giusta causa, se non vuole farsi reputare da me un vero tonto!»

«Quando era ragazzo, il mio amico rimase vittima di un’amnesia, la quale gli spazzò via dalla mente il ricordo dell’intera vita vissuta fino a quel momento. Perciò la prima grave conseguenza che gli derivò da essa fu la perdita della sua famiglia, la quale fu cancellata dalla sua memoria, insieme con tutte le vicende passate che l’avevano riguardata. Avendo appreso che il mago Zurlof poteva risolvergli il problema delle sue origini, ad ogni costo egli ha voluto raggiungerlo. Io mi sono offerto di accompagnarlo nel suo lungo viaggio, che è durato assai di più a causa del suo ammirevole filantropismo. Egli, essendo sensibile alle altrui sofferenze e disgrazie, si è voluto imbarcare nelle tante rischiose avventure che gli si sono presentate sul suo cammino. Ogni volta, pur di recare il proprio aiuto a qualche vittima della violenza o del sopruso, egli ha procrastinato il raggiungimento della sua meta. La quale, come ti ho fatto presente durante il nostro attuale discorso, è l'Isola della Morte!»

«Come vedo, Tionteo, se non ti sei inventato alcuna cosa su di lui, il tuo amico, sempre per amore del prossimo, ha avuto una esistenza abbastanza movimentata. Temo che egli, proprio adesso che si sta adoperando per beneficiare sé stesso, va a finire che non avrà fortuna. Sono più che convinto che la sua avventura isolana gli andrà totalmente storta, per non essersi reso conto che egli si stava avventurando in una impresa più grande di lui! Perciò desideri che ti anticipi le mie condoglianze, siccome in questo momento ti si convengono?»

«Al contrario, Leruob, sbagli a pensare una cosa simile sul suo conto! Non esiste una vicenda avventurosa, dalla quale il mio amico non possa uscire con la palma della vittoria. Quanto prima, lo rivedremo fare ritorno dall’isola di Tasmina, dopo aver conseguito il suo obiettivo. Gli leggeremo perfino negli occhi la raggiante gioia di aver ritrovato finalmente i suoi genitori e gli altri membri della sua famiglia, ammesso che gliene siano ancora rimasti!»

«Visto che vuoi essere ottimista, Tionteo, nessuno te lo vieta, a meno che io non decida di ucciderti! Ma ciò che non mi hai ancora detto di voi è il vostro luogo di provenienza, in merito al quale mi hai solo accennato che esso si trova molto lontano. Allora vuoi soddisfare anche quest'altra mia curiosità, se non ti pesa troppo?»

«Noi veniamo dall’Edelcadia, Leruob. Io sono della città di Terdiba; invece il mio amico è cittadino di Dorinda. La quale città si trova nella parte più occidentale della regione edelcadica, cioè la città più distante da queste terre! Ecco: adesso te l'ho fatto sapere! Ma perché ci tenevi tanto a saperlo, se ne sei oltremodo lontano?»

«Tionteo, ho sentito parlare molto dell'Edelcadia, essendo la culla di una fiorente civiltà! Il mio nonno paterno Nurdok è stato ad Actina e a Dorinda. Lo sai che mia zia Elinnia, che non ho mai conosciuta, andò in sposa a Cloronte, il re di Dorinda? Ella è la tredicesima ed ultima figlia del nonno. Chissà adesso come se la passano essi laggiù e se hanno avuto dei figli, i quali sarebbero poi miei cugini! Mi entusiasma parecchio sapere che ho dei cugini principi! Spesso ho pensato di visitare l’Edelcadia ed andare a trovare la mia zia regina; ma poi la lontananza mi ha dissuaso da tale proposito. Su, dimmi qualcosa della tua regione e di Dorinda in particolar modo, Tionteo! Lo sai che adesso cominci a diventarmi simpatico, mentre prima mi eri un po' antipatico? Ma solo perché vantavi esageratamente il tuo amico!»

«Grazie, Leruob, per la tua simpatia nei miei confronti! Comunque, è preferibile che io non ti parli della città di Dorinda. Non vorrei toccare un tasto delicato, il quale finirebbe per arrecarti un immenso dispiacere, dopo quanto mi hai rivelato!»

«Che dici mai, Tionteo! Se è successo qualcosa alla famiglia di mia zia, a maggior ragione me lo devi riferire! Io ho diritto di saperlo. Ma di più dovrà apprenderlo mio nonno, il quale saprà poi cosa decidere in merito, nonostante adesso sia ultracentenario!»

«Hai ragione, Leruob, a pretendere che io ti racconti ogni cosa dei tuoi lontani parenti scalognati. Ma ti posso assicurare che non potrai più fare qualcosa per loro, ammesso che siano ancora vivi, tranne che averne pietà e rattristarti! Rammentalo! Allora lo stesso desideri che te ne parli, dopo tale mio chiarimento?»

«Tu dimmi di cosa si tratta, Tionteo; al resto ci penserò io. Se essi sono caduti in disgrazia, sarà sempre possibile trovare un modo per aiutarli! Mio nonno la pensa alla mia stessa maniera! Sono convinto che egli sarà disposto a mandare un esercito nell’Edelcadia, se verrà a sapere che sua figlia e suo genero sono rimasti vittime di un tradimento da parte degli altri sovrani dell'Edelcadia! Perciò raccontami ogni cosa di loro due, se ci tieni a fare una buona azione!»

«Invece non potrà esistere alcun modo, Leruob, e tu dovrai rassegnarti. Tanti anni fa, ad eccezione del solo sovrano di Actina, gli altri sette re dell’Edelcadia proditoriamente si impadronirono della città di Dorinda e spodestarono il re Cloronte dal suo trono. Poi lo rinchiusero nella prigione della città insieme con la moglie. A breve scadenza, gli stessi re si spartirono i territori dorindani, nei quali cessò di esserci la sovranità del magnanimo figlio del re Kodrun. Dei loro figli, invece, secondo quanto mi risulta, non si è saputo mai più niente e forse sono stati anche uccisi, durante la presa della città.»

«Non posso crederci, Tionteo! Come è potuto succedere che in una regione civile, come l'Edelcadia, si commettessero simili tradimenti? Un fatto del genere è contro natura; rivela la perfidia più infame, l’iniquità più selvaggia, l’ingiustizia più assurda. I sovrani edelcadici, i quali se ne macchiarono vilmente, non devono assolutamente passarla liscia, dovranno essere puniti come si meritano. E senza sconti! Dello stesso parere sarà pure mio nonno, quando ne verrà a conoscenza! Anzi, si affliggerà perfino tantissimo!»

«Mi sai dire in che modo, valoroso Leruob? Con quali mezzi riuscireste a sconfiggere i loro sette eserciti, che sono pure bene agguerriti? Infatti, è questo che bisogna fare, prima di giungere a tali sovrani ed infliggergli una equa punizione! Come vedi, vi sarà senz'altro impossibile intraprendere una guerra contro quei re farabutti.»

«Non posso risponderti adesso, su due piedi, Tionteo. Ma posso anticiparti che sarà mio nonno Nurdok, il mitico capo dei Berieski che fece già tremare i re edelcadici, a trovare una soluzione al caso. Comunque, non ci sono dubbi che egli saprà trovarla ed indicarla al suo popolo! Per questo motivo, non vedo l'ora di parlargliene, riferendogli l'intera tragica vicenda toccata alla famiglia della sua ultimogenita. Così apprenderò da lui le varie sue decisioni a tale riguardo, visto che ne saranno prese!»

«Dubito che il leggendario Nurdok, data la sua tardissima età, vorrà muovere di nuovo guerra agli Edelcadi, allo scopo di vendicare l’onta subita dalla figlia, dal genero e dai nipoti. Se la distanza che separa la Berieskania dall’Edelcadia non fosse quella che è, egli sarebbe anche disposto a togliersi i sassolini dalla scarpa. Invece, stando così le cose, con in mezzo una distanza sterminata, non credo proprio che tuo nonno sia dell’idea di intervenire contro i sette ignobili monarchi! Ma non posso darlo per scontato!»

«Staremo a vedere, Tionteo! Tu non conosci mio nonno, come io lo conosco. Anche alla sua tardissima età, egli non teme di prendere decisioni di una certa portata, come la guerra ai sovrani traditori che hanno spogliato dei suoi possedimenti il marito di Elinnia. Ella è la figlia che ha sempre tenuto nel suo cuore ed ha amato più di tutti gli altri figli. Io sarei disposto a stare al comando dell’esercito beriesko, se mio nonno me lo chiedesse, dal momento che non potrà farlo personalmente, a causa della sua vecchiaia!»

«Io non so cosa dirti, Leruob. Immagino che adesso vorrai lasciarci con i tuoi uomini, essendo grande il tuo desiderio di correre da tuo nonno e riferirgli le cattive notizie che hai appena apprese da me sui tuoi lontani parenti. Perciò, a questo punto, non ci resta che salutarci con una forte stretta di mano, come due veraci amici!»

«Ma che dici, Tionteo! Adesso tu e gli altri uomini del campo verrete con noi a Geput, dove ci presenteremo insieme dal nonno e gli racconterai tutto quanto mi hai riferito poco fa. Dunque, non se ne parli neppure di lasciarvi andare per la vostra strada, dopo quanto mi hai raccontato! Purtroppo per voi, non ci sono alternative!»

«E se non fossi d’accordo, Leruob? Lo sai pure tu che stiamo aspettando il mio amico di ritorno da Tasmina! Oppure oserai condurci via con la forza? Dopo ne dovresti rispondere a lui e non so fino a che punto ti converrebbe! Mi capisci?»

«Se non mi dai altra scelta, Tionteo, anche se adesso mi sei diventato simpatico, al diavolo il tuo amico, sarò obbligato a farlo. Voi non sarete in grado di fermarci, poiché i tuoi uomini sono alla mercé dei miei, come puoi constatare! Basterebbe un mio ordine e li vedresti trafitti senza possibilità di difendersi! A prescindere dal loro numero, che è la metà di quello dei miei guerrieri, non credo che gli uomini del campo siano degli ottimi combattenti, dopo che ho avuto l’opportunità di studiarli per bene. La paura si legge nei loro occhi più che in quelli di un cerbiatto inseguito da una tigre. Ma tu li conosci meglio di me! Allora verrete con noi di vostra spontanea volontà o volete costringermi ad usare le maniere forti, sebbene non lo condivida, specialmente con persone come voi? Attendo la tua risposta, mio caro Terdibano!»

«Se proprio non ci lasci altra scelta, Leruob, io e miei uomini siamo obbligati a cedere malvolentieri alla vostra imposizione. In cambio, però, permettimi di chiederti un favore, che dovresti esaudire senza alcuna difficoltà! Allora sei d’accordo?»

«Certo che lo sono, Tionteo! Perciò fai pure la tua richiesta e sarai accontentato all'istante, a patto che essa non abbia lo scopo di contrapporsi al vostro trasferimento nel mio borgo di Geput. Il quale è stato da me stabilito in via definitiva! Va bene?»

«Vorrei che un mio uomo venisse lasciato qui ad attendere l'arrivo del mio amico per spiegargli il perché della nostra assenza e riferirgli anche dove potrà trovarci.»

«Ti è accordato, Tionteo, siccome lo trovo giusto. Scegli tu stesso l’uomo che vuoi che resti qui a tale scopo! Comunque, ti premetto che egli aspetterà invano in questo luogo il ritorno del tuo amico da Tasmina. Dopo mi darai sicuramente ragione!»

Il Terdibano, come era da prevedersi, aveva scelto Speon per assolvere tale compito, prima di partire con tutti gli altri alla volta di Geput. Ad ogni modo, per evitare una loro fuga furtiva, essi erano tenuti di continuo sotto stretta sorveglianza dai loro accompagnatori berieski, come se si fosse trattato di autentici prigionieri di guerra.