349°-SI RAFFORZA L'AMICIZIA TRA ZURLOF E IL MAGO GHIRDO

Dalla fine dei festeggiamenti inaugurali erano trascorsi quasi tre mesi, quando il mago Ghirdo si era rifatto vivo a Keuatok. Zurlof lo aveva accolto molto cordialmente nella sua dimora. Ma poi egli aveva cercato di rendersi conto di che pasta fosse colui che gli aveva proposto di diventare amici e se il personaggio da lui rappresentato gli andasse davvero a genio. Ciò, perché il Mago dei maghi non intendeva concedere la sua amicizia ad un tizio qualsiasi, solo perché gli era stata fatta una simile richiesta dal protetto di un cugino del padre. Magari egli lo aveva fatto soltanto per secondi fini, i quali per il momento non si lasciavano ancora intravedere. Comunque, secondo il parere del signore di Tasmina, tale protezione gli dava modo di presentarsi a lui con delle ottime referenze. Ma lo stesso egli intendeva giudicare di persona il sedicente mago, per assicurarsi con i fatti che la sua frequentazione in seguito non gli sarebbe risultata tempo sprecato. La qual cosa gli sarebbe rincresciuta moltissimo. Così, dopo averlo fatto accomodare nel locale adibito al ricevimento degli ospiti, il mago Zurlof gli si era mostrato in modo garbato, come non aveva fatto la volta precedente, dandosi a chiarirgli:

«Ghirdo, prima di andare avanti nella nostra conversazione, voglio precisarti che potremo essere dei veri amici, soltanto dopo che ciascuno di noi avrà appreso dell'altro ogni cosa che lo riguarda. Perciò sei disposto a raccontarmi di te in modo amplissimo? In particolare, ci terrei a sapere in quale occasione hai conosciuto il mio parente Sartipan e quali sono gli attuali rapporti che vi legano l'uno all'altro.»

«Se è ciò che desideri apprendere da me, Zurlof, non ho difficoltà ad esaudire il tuo desiderio, trovandolo più che legittimo da parte tua. Anzi, voglio farti presente che anch'io la penso alla tua stessa maniera sull'amicizia. Perciò ho apprezzato tantissimo quanto mi hai appena dichiarato con grande schiettezza.»

«Bene, Ghirdo, questa tua precisazione ci faciliterà il compito di allacciare la nostra amicizia, all'inizio in via provvisoria, e di coltivarla in seguito in modo definitivo. Perciò adesso puoi darti a ragguagliarmi sulla tua esistenza passata, dal momento che avere notizie di essa mi farà assai piacere! Evita, però, di essere prolisso nella tua narrazione ed evita di ricorrere ad una prosa sciatta, mentre mi parli di te!»

«Quando io ero un uomo qualunque, ossia uguale a tutti quanti gli altri ed oberato dai loro stessi problemi, peccando di presunzione, mi ritenevo un provetto mago. Beninteso, Zurlof, la mia magia era da considerarsi solo qualcosa di artigianale. Perciò essa non era per niente paragonabile a quella tua, la quale si dimostra l'insuperabile prodotto di un professionismo superiore ed unico nel campo della magia.»

«Ti ringrazio per il tuo complimento, Ghirdo; però potevi farne a meno, dato che sono alieno dalle adulazioni! Inoltre, se risulto eccellente, lo sono né per i vanti che mi faccio da solo né per quelli che mi provengono dalle divinità mie conoscenti; al contrario, lo sono unicamente per il fatto che dimostro di esserlo! Adesso ti prego di proseguire nel tuo curriculum vitae, il quale è ciò che mi interessa di più!»

«Me ne rammenterò per l'avvenire, Zurlof. Intanto riprendo a riferirti sulla mia autobiografia, come da te preteso. Ebbene, un giorno mi intestardii nel volere procurarmi a qualunque costo l'eternità con le mie orribili misture. Le quali, però, mi procacciavano soltanto dolori e malesseri di ogni specie. In verità, come mi corresse in seguito il mio protettore, io cercavo semplicemente l'immortalità, considerato che neanche le divinità erano eterne, ad eccezione di Splendor, dal quale sono provenute tutte le altre divinità, tanto quelle positive quanto quelle negative. Solo allora mi resi conto che, come mago, non valevo una cicca; insomma, mi rivelavo una vera schiappa! Per questo te ne sarò riconoscente, se un giorno vorrai insegnarmi qualcosa importante in merito alla magia, avendo compreso che soltanto la tua è quella autentica!»

«Ammiro la tua sincerità, Ghirdo. Comunque, se i nostri colloqui ci faranno diventare veri amici, non è escluso che un giorno ciò possa accadere, dandoti l’aiuto necessario per farti diventare almeno un modesto mago; ma non di più. Intesi? Ma ora vai avanti nella tua descrizione autobiografica, evitando altre digressioni inutili, alle quali, come mi sono accorto, sei solito darti. A volte, senza che ce ne sia neppure bisogno!»

«Non hai torto, Mago dei maghi, per cui la riprendo senza indugio. Un giorno, come avevo fatto tante altre volte, io ritentavo inutilmente di diventare un essere immortale. Infatti, mi trovavo nella caverna da me scelta come dimora, nella quale era mia abitudine condurre i miei esperimenti di magia, allorché il divino Sartipan venne a farsi udire da me con voce di petto. In quella circostanza, mi avanzò una sua proposta. Se fossi stato disposto ad immolargli un bambino ogni mese, egli mi avrebbe garantito l’immortalità, che invano cercavo di procurarmi da anni attraverso i miei ridicoli intrugli. Inoltre, mi avrebbe fatto dono anche dei seguenti tre requisiti, dei quali in seguito puntualmente il dio mi fece concessione: 1) possibilità di tramutarmi in un mostro invulnerabile ed invincibile; 2) idoneità a muovermi nello spazio come un volatile; 3) capacità di trasformarmi nell’essere che volevo, umano o animale.»

«Naturalmente, mago Ghirdo, tu acconsentisti, senza neppure pensarci due volte! Infatti, la proposta del dio Sartipan ti si presentava molto allettante, per non accettarla, poiché veniva ad essere un affarone per te! Anzi, essa ti offriva cose che non avresti mai potuto sperare durante l'intera tua esistenza! Né potresti negarlo!»

«Perciò non la rifiutai, Zurlof, anche perché avevo sempre sognato di divenire un essere immortale. Sarei stato un vero stolto, se mi fossi lasciato sfuggire l'ottima occasione, che allora mi si presentava! Oltre a fornirmi l'immortalità, essa mi avrebbe dotato di altre tre prerogative dai poteri inimmaginabili, che ti ho appena fatto presenti!»

«Hai ragione, Ghirdo. Al posto tuo, nel caso che non fossi stato l'invidiato mago che mi ritrovo ad essere oggi, anch’io avrei accettato, senza farmelo ripetere la seconda volta. Ma se non ti dispiace, mi riferisci in cosa consiste il sacrificio, che il mio divino parente pretende da te, in cambio delle speciali doti da te menzionate?»

«Ogni fine mese, dopo aver rapito un bambino, devo portarglielo nell'Antro delle Brume Rosse, dove si trova la sua dimora. In quel luogo, gli permetto di libare il tiepido sangue, mentre stilla dal taglio da me praticato sulla parte anteriore del collo della vittima, dopo averla narcotizzata. Come puoi renderti conto, Zurlof, si tratta di un lavoro da niente, grazie al quale mi si permette di godere di favori eccezionali, di cui tutti gli esseri umani vorrebbero fruire! Non è forse vero quanto affermo?»

«In un certo senso, hai ragione, Ghirdo. Ma come fai a reperire tanti bambini che, facendo un po' di conti, risultano essere dodici all'anno? Possibile che tu riesca sempre a farla ai loro genitori, dal momento che non te lo impediscono? Trovo strano anche il fatto che mai nessuno di loro si sia accorto dei tuoi sistematici rapimenti!»

«Mica vado a chiedere i bambini direttamente a coloro che li hanno messi al mondo, Zurlof! Dovresti aver compreso che li rapisco furtivamente, quando non sono in compagnia dei loro genitori. A volte mi basta promettere dei balocchi agli ingenui bambini, dopo che mi sono presentato come giocattolaio. Allora il loro rapimento avviene senza fatica; ma mai dove li incontro, non essendo possibile rapirli in quel posto!»

«Il tuo espediente è alquanto ingegnoso, Ghirdo, per cui posso assicurarti che almeno in questo tuo particolare lavoro ti dimostri abbastanza originale! Secondo me, il divino cugino di mio padre sapeva con chi stava avendo a che fare, quando si rivolse a te per proporti l’accordo che avrebbe fruttato ad entrambi. Riguardo al tuo compito, ossia quello che hai pattuito con il tuo protettore, sono curioso di apprendere da te quanti piccoli esseri umani ti è toccato ammazzare fino alla data odierna. Se ne sei al corrente, vuoi essere così gentile, da soddisfare anche quest'altra mia nuova curiosità, che mi farebbe piacere?»

«Zurlof, sono disposto a rispondere a tale tua domanda, la quale per me non è neanche da considerarsi un vero favore! Ebbene, risultando essi dodici all'anno, centoventi in un decennio e milleduecento in un secolo, ebbene, sono più di diecimila i bambini da me sgozzati ed offerti in sacrificio al mio divino protettore Sartipan.»

«Non ti è mai capitato, Ghirdo, di esserti mancata l'opportunità di incontrare dei bambini da soli, quando oramai il mese volgeva al termine e il tempo stringeva? Se la tua risposta è affermativa, mi spieghi come hai fatto in quella circostanza a rimediare la tua vittima sacrificale? Ci tengo a sapere come in quei giorni te la sei cavata!»

«In tanti secoli, Zurlof, un fatto del genere mi è successo solamente una decina di volte, poiché non è stato mai un problema trovare dei bambini da soli presso le loro fattorie, nel frattempo che i loro i genitori si dedicavano ai lavori dei campi. Ebbene, in quelle poche evenienze, trovandomi alle strette, ho dovuto trasformarmi nel mostro a cui ti ho accennato prima. Così, dopo aver eliminato i familiari che si opponevano, ho portato via il bambino che era di mio interesse!»

«Ghirdo, voglio pure che tu mi dica se ti è mai accaduto di rapire qualche bambino in un villaggio oppure in una città. In caso affermativo, mi dici se in questi posti il rapimento ti è risultato più facile o più difficile che in aperta campagna? Secondo me, in quei posti avrai avuto senz'altro difficoltà! Non è stato forse come ti ho asserito?»

«In verità, Zurlof, ho sempre evitato sia l'uno che l'altra, come luoghi dei miei rapimenti, poiché essi avrebbero potuto crearmi tantissime complicazioni. Alcune volte, però, ci sono stato ugualmente costretto ad operare sia in un villaggio che in una città. In entrambi i casi, vi sono entrato sempre provvisto di un sacco abbastanza capiente, nel quale ho nascosto la mia piccola vittima rapita, dopo averla tramortita, senza che nessuno se ne accorgesse.»

«Come vedo, Ghirdo, non hai mai avuto dei grossi problemi nel procacciarti i bambini da sacrificare al tuo divino protettore! Ad esserti sincero, non avrei mai immaginato che il cugino di mio padre potesse avere tale vizietto, che non saprei neppure come definirlo. Comunque, non mi importa affatto saperlo, dal momento che non mi interessa!»

«Esatto, Zurlof: mi è sempre andato tutto liscio come l'olio! Spero che anche nell'avvenire il mio lavoro continuerà ad essere così semplice, se non voglio perdere la mia immortalità! Adesso che ti ho riferito parecchio sulla mia vita, visto che non saprei cos'altro dirti di me, ti sarei grato, se tu facessi altrettanto con me. Anch'io sono interessato a conoscere ogni cosa inerente alla tua esistenza!»

«Non preoccuparti, Ghirdo, che non mi sottrarrò al mio dovere, considerato che cominci a piacermi sul serio. Infatti, dopo quanto ho udito da te, posso già dichiararti in modo disinteressato che ti trovo un mago alquanto simpatico, come pure ti considero un tipo di ottima compagnia! La qual cosa mi fa un sacco di piacere e mi ispira a considerarti amico!»

«Grazie, Zurlof! Le tue parole mi lusingano e mi aprono l'esistenza ad orizzonti meno noiosi e più promettenti. Adesso sono tutt'orecchi ad ascoltare l'interessante racconto della tua biografia, che potrà senz’altro stupirmi moltissimo! Perciò comincia pure a raccontare, poiché sono già pronto ad ascoltarti con un’ansia incredibile!»

Era stato così che il mago Zurlof si era messo a narrare a Ghirdo i fatti più significativi della sua esistenza plurimillenaria. Ma qui si eviterà di riportarli, poiché noi già ne siamo venuti a conoscenza in precedenza. Invece di qualche altro fatto di una certa rilevanza sarà meglio parlarne a tempo debito. Ad ogni modo, alla fine della loro narrazione da parte del figlio del dio della magia, Ghirdo gli aveva esclamato:

«La tua storia, Zurlof, è tanto straordinaria quanto fantastica. Essa ha dell'incredibile e ti dà il diritto di proclamarti il Mago dei maghi! Per tale motivo, se un domani deciderai di farmi dono della tua preziosa amicizia, andrò fiero di essa e ne sarò orgoglioso per sempre! Ma spero che ciò avverrà quanto prima, poiché lo sogno e lo agogno già adesso. Probabilmente, mi sto illudendo di essere già tuo amico!»

«La mia amicizia ti viene accordata all’istante, mio caro Ghirdo. Da oggi in avanti, potrai venire a trovarmi tutte le volte che lo desidererai, poiché sono sicuro che la tua compagnia mi farà trascorrere dei giorni sereni e senza affogare nell'accidia oppure in una tediosa esistenza! Potrai anche chiedermi ogni favore che vorrai, siccome sarò sempre felice di esserti utile nel modo che ti necessita, amico mio: rammentalo!»

«Grazie, Zurlof! Ti confesso che pure per me i giorni che trascorrerò in tua compagnia costituiranno dei magici momenti della mia esistenza. Ma come potrebbe essere altrimenti per noi due, che ci nutriamo e viviamo di magia con uguale immenso ardore, anche se con risultati abbastanza diversi? Quindi, mi appresto ad esultare: “Viva la nostra amicizia! Che essa duri per sempre e non ci faccia mai litigare!”»

Divenuti amici per la pelle quel giorno stesso del loro secondo incontro, i due maghi avevano trascorso i successivi venti giorni insieme in Keuatok, durante i quali essi erano apparsi felici e spensierati. In molte serate, avevano pure fatto a bisboccia e si erano divertiti un mondo, a dispetto di quell'amara solitudine, la quale sovente li teneva con l'animo sospeso in un vuoto esistenziale pauroso! Giunta poi l'ora del distacco, in entrambi c'erano stati un forte dispiacere ed una profonda malinconia. Così l'uno e l'altra li avevano fatti ripiombare in un profondo amareggiamento. Ad ognuno dei due, in un certo senso, era sembrato che una parte di sé si fosse staccata dal proprio corpo ed avesse preso il volo, lasciando il compagno in un'accorata nostalgia. Invece poco dopo ciascuno di loro già poneva mente con gioia al giorno in cui si sarebbe ancora rivisto ed abbracciato con l'amico, dandosi alla massima gioia.

Con i successivi incontri, i quali si erano avuti con scadenza annuale e con durata ogni volta pressoché identica, Zurlof e Ghirdo avevano consolidato sempre di più la loro amicizia, essendosi dati a scandagliare ulteriormente le loro coscienze. Così avevano messo a nudo l'intero campionario dei loro pregi e dei loro difetti, il quale era rimasto a lungo celato nel loro animo, ciascuno rendendo l'altro compartecipe di esso. Quella loro confessione da subito era risultata liberatoria per ognuno dei due maghi, siccome lo aveva messo nella condizione di non dover più nascondere all'altro qualunque cosa potesse farlo vergognare o metterlo in seria difficoltà, psicologicamente e moralmente parlando. A dirla in breve, tra i due maghi erano iniziate ad aversi una serena armonia, parecchia disinvoltura, una calda familiarità; ma soprattutto una perfetta sintonia di pensieri e di sentimenti. Difatti si era avuta una piena libertà di comportamento, che li faceva vedere come degli autentici fratelli. Le quali cose potevano essere rinvenute unicamente in una coppia di fatto che dimostrava di essere in assoluto accordo, senza esserci tra i suoi componenti né screzi né attriti.


Nel frattempo che i secoli se ne andavano per la loro strada, dirigendosi prima verso il loro crepuscolo e scomparendo dopo nella loro notte arcana, i due maghi amici avevano continuato a frequentarsi in un clima di affettuosa cordialità. Quando si incontravano e si abbracciavano, entrambi provavano la massima soddisfazione e i loro occhi si accendevano di un gaudio da definirsi indescrivibile. Un giorno, però, nell'ennesima visita che gli aveva fatto il protetto del cugino paterno, l'atmosfera non era stata per nulla festosa, siccome egli si era presentato a Keuatok con una faccia da funerale. Allora Zurlof all'istante aveva intravisto nello sguardo di Ghirdo una mestizia, la quale faceva preoccupare molto. Per cui si era affrettato a domandargli con una certa ansia:

«Amico mio, mi dici cosa ti è successo e perché dal tuo volto trapela un'accoratezza non di poco conto? Ghirdo, tu mi devi mettere al corrente della disgrazia che ti è accaduta! Dopo averlo fatto, cercherò di aiutarti, ammesso che mi sarà possibile farlo! Allora vuoi sfogarti con me?»

«L’altro ieri sera, Zurlof, il mio divino protettore è venuto a recarmi delle brutte notizie, le quali non mi hanno reso affatto felice! Ma esse, amico mio, come avrebbero potuto rallegrarmi, se mi annunciavano delle cose tremende, che hanno poi seguitato a frastornarmi la mente durante la notte? Dimmelo tu come avrei potuto!»

«Parli sul serio, Ghirdo? Mi dispiace per te! Ma cosa mai di grave il tuo protettore Sartipan ha potuto comunicarti, per ridurti in questo stato miserabile, che può essere scorto fin da un miglio di distanza? Permettimi di dirtelo, amico mio: pensandoci bene, hai uno sguardo proprio da fine del mondo! Allora ti metti a raccontarmi ogni cosa, per favore?»

«Il dio Sartipan è venuto a comunicarmi che il giorno prima, leggendo nel mio futuro, vi aveva trovato qualcosa che non quadrava. Secondo la sua interpretazione, un essere umano in avvenire avrebbe messo in pericolo la mia immortalità. Ecco cosa mi ha messo in apprensione, Zurlof, facendomi preoccupare moltissimo e spingendomi ad affliggermi che non ti dico! Per me, se lo vuoi sapere, tale comunicazione significa più che la fine del mondo! E tu mi comprenderai!»

«Può darsi, Ghirdo, che il mio divino parente si sia totalmente sbagliato. Ne hai tenuto conto? Perciò non ti conviene cominciare a rattristarti già da adesso! Secondo me, sarebbe come fasciarsi la testa, prima di spaccarsela! Per questo motivo, ti esorto vivamente a non pensare a niente e a distrarti a più non posso nel mio castello, se vuoi stare davvero tranquillo! Te lo consiglio da vero amico!»

«Ma il dio Sartipan mi ha fatto anche il nome di colui che minerà la mia esistenza immortale! Lo capisci, Zurlof, che la cosa è molto seria, se la valutiamo con la dovuta considerazione? A me dispiacerebbe soprattutto il fatto che dopo dovrei lasciarti tutto solo nella tua isola, senza un amico che ti faccia compagnia e ti rallegri, come già sta avvenendo!»

«Chi sarebbe costui, Ghirdo? E chi gli avrebbe fornito i poteri per distruggerti? Non credo assolutamente che egli li abbia ereditati dalla nascita! Comunque, stiamo parlando di qualcuno che è un comune mortale, contro il quale si possono prendere tutte le iniziative possibili, se ci tieni a saperlo! Perciò datti coraggio, amico mio!»

«Zurlof, si sa solo che si chiamerà Iveonte e che egli sarà un principe; ma si ignora tutto il resto che riguarderà la sua vita futura, la quale già inizia ad istillarmi parecchio malessere. Non sopporto l'idea che un semplice umano mi rovinerà l'esistenza, senza che una divinità malefica possa toglierlo dalla circolazione per sempre!»

«Ghirdo, allora ti prometto che, quando sarà il momento, ti darò anch'io una mano ad averla vinta contro il tuo potenziale nemico. Ti garantisco che egli non la spunterà con noi e tu potrai seguitare a goderti la tua immortalità. Anch'io ci guadagnerò dalla sconfitta del tuo rivale, poiché così potrò continuare a fruire della tua stupenda amicizia! Quindi, su con la vita, amico mio, e non disperarti, come adesso stai facendo!»

«Grazie, Zurlof, per il tuo appoggio morale e per la tua concreta promessa che, a tempo debito, mi darai il tuo aiuto. Speriamo solo che il principe Iveonte non ci si mostrerà in seguito un osso così duro, da non potersi rosicchiare e stritolare facilmente con i nostri denti, proprio secondo le nostre intenzioni! Ma staremo a vedere!»

Rinfrancato dalle incoraggianti parole di Zurlof, il mago Ghirdo si era alquanto risollevato. Esse gli avevano fatto trascorrere tutto il soggiorno presso il castello dell'amico nella spensieratezza più completa. Perciò egli aveva potuto divagarsi insieme con il compagno mago come tutte le altre volte, ridendosela e spassandosela a tutto andare. Divertendosi in quella maniera, alla fine per loro due erano trascorse tutte le venti giornate e le venti nottate che avevano a loro disposizione. Allora il mago Ghirdo aveva dovuto congedarsi dall'amico semidio per ritornarsene di nuovo nell'Edelcadia. In tale regione, infatti, erano situate la sua dimora e quella del suo divino protettore, a favore del quale egli già doveva iniziare a cercare la vittima sacrificale da immolargli. Ma per lui non costituiva un problema procurarselo senza difficoltà e alla svelta.


Altro tempo era ancora volato via inarrestabile, quando il mago Ghirdo era riapparso a Keuatok per effettuarvi la sua visita di routine all'amico Zurlof. Ma adesso il suo volto era apparso più raggiante del solito, come se egli all’improvviso fosse stato baciato dalla fortuna. Il padrone del castello, il quale oramai lo conosceva come le sue tasche, si era accorto all’istante del suo nuovo stato d’animo. Perciò se ne era rallegrato. Volendo poi conoscerne il motivo, gli si era espresso così:

«Oggi, Ghirdo, è facile scorgere sul tuo volto un'aria di festa! Inoltre, una gioiosa emozione, intanto che ti domina interiormente, davvero pare che ti venga fuori dai pori! Vuoi spiegarmi a cosa sono dovute l'una e l'altra? Ma prevedo che il tuo protettore ti avrà dato delle ottime notizie, sempre per quanto riguarda il tuo noto nemico.»

«In merito a ciò che hai affermato su di me, Zurlof, le apparenze ti hanno fatto inquadrare l'esatta situazione, poiché da ieri mi sento piuttosto giubilante in ogni parte del mio corpo. Ti paleso che la felicità, la quale mi pervade totalmente, è così grande in me, che non riesce a starmi tutta dentro! Non ti sei sbagliato neppure sul tuo divino parente e a proposito del mio rivale, amico mio!»

«Ghirdo, hai forse appreso qualcosa sul conto di Iveonte, il tuo nemico? Gli è forse successo qualche disgrazia, per cui non potrà più ledere la tua immortalità? Su, raccontami ogni cosa su quell'antipatico essere umano, che ho cominciato a non digerire pure io!»

«Esatto, Zurlof! Si tratta proprio di colui che avrebbe dovuto attentare alla mia immortalità; ma che invece non potrà più nuocermi. Egli è rimasto vittima di una disavventura, la quale è stata pilotata dal divino Sartipan e da me, mediante una efficace azione congiunta. Così non ci sarà più alcun principe Iveonte in avvenire a rendermi l’esistenza angosciata ed io seguiterò ad essere immortale, come lo sono tuttora!»

«Sono contento per te e per me, Ghirdo! Ma vuoi mettermi al corrente dei fatti che hanno promosso questo meraviglioso evento, il quale poi si è rivelato del tutto a tuo vantaggio e a sfavore del principe tuo nemico? Su, inizia ad informarmi di tali cose belle per te e brutte per lui, poiché sono molto desideroso di apprenderle!»

«Adesso te le racconto senza indugio, Zurlof! Intanto ti ripeto che l'evento è stato opera per metà del tuo divino parente e per metà della mia sagacia. Devi sapere che riesco sempre a cavarmela in modo egregio, anche in quelle situazioni che possono presentarsi assai scabrose! Almeno questa dote l'ho avuta dalla nascita!»

«Naturalmente, amico mio! Ma sono certo che, nei vostri intrallazzi avvenuti negli ultimi tempi, il ruolo del dio Sartipan è stato di primo piano; mentre quello tuo è stato senz’altro secondario! Non sarebbe potuto essere altrimenti, siccome esiste una enorme differenza tra una divinità come lui ed un essere umano come te!»

«Hai proprio ragione, Zurlof! Ebbene, quattro giorni fa, egli ha inviato a Cloronte, che è il re di Dorinda, un sogno ad hoc e di difficile interpretazione. Per questo motivo, il sovrano dorindano è stato costretto a rivolgersi ai maghi e ai sapienti del suo regno con l'intento di farselo spiegare. Per fortuna, nella mattinata, io avevo già provveduto ad eliminare l'oniromante Virco, il quale era l'unico capace di spiegarglielo senza difficoltà. Ti stai chiedendo come avevo fatto? Dopo avere assunto le sembianze del servitore che era incaricato di portargliela in camera per fargliela bere, avevo versato un potente veleno nella tisana che il vecchio era solito bere la mattina. Così, alla fine della sua bella bevuta, l'oniromante era crepato per avvelenamento davanti a me!»

«Ottima mossa, Ghirdo, è stata la tua! Ma adesso parlami dei fatti successivi, poiché essi dovranno essere assai importanti.»

«Messa fuori gioco la sola persona che avrebbe potuto mettermi il bastone fra le ruote, mi sono presentato nella sala del trono del re Cloronte per spiegargli il sogno. In quel luogo, dove si trovava già una massa di fannulloni inconcludenti, ho dichiarato al sovrano che il significato del sogno da lui fatto poteva essere spiegato soltanto da me. Così, avendomi egli permesso di dargli la spiegazione esatta, mi sono affrettato a rivelargli in modo falsato il suo contenuto con delle dimostrazioni inattaccabili ed incontestabili.»

«Agendo in questa maniera, Ghirdo, alla fine sei riuscito a cambiare le carte in tavola senza sforzo alcuno, ingannando il re e tutti gli altri che erano nella sala del trono! Non è vero che è stato così?»

«Hai indovinato, Zurlof! Travisando il significato del sogno, ho obbligato il re Cloronte a mandare a morte il suo primogenito Iveonte, anziché il suo ultimogenito Nucreto, a cui il sogno si riferiva. Il giorno successivo, dopo essermi ripresentato alla reggia, mi sono fatto consegnare il suo cuore dal carnefice, che era stato incaricato di andare ad ammazzarlo nel bosco vicino. Subito dopo me ne sono ritornato a casa mia.»

«Come mai hai preteso tale organo vitale del principe Iveonte, amico mio Ghirdo? C’era forse un motivo per pretenderlo?»

«Secondo le disposizioni del dio Sartipan, dovevo andare a conservarlo nella Grotta della Perenne Conservazione per verificare se esso era davvero di Iveonte. Perciò ho fatto proprio come lui mi aveva detto, in osservanza alle sue direttive!»

«Quindi, Ghirdo, non esistendo più Iveonte, puoi trascorrere la tua immortalità senza problemi! È stato meglio così, se ci tieni a saperlo, poiché non mi andava di scorgerti con quella faccia da malato terminale! Ti posso garantire che essa mi faceva una tale pena, da farmi stare male che non ti dico! Perciò brindiamo alla tua immortalità, che ha smesso di essere in pericolo, dopo quanto mi hai raccontato!»

«Certo che adesso mi sono più che tranquillizzato, Zurlof! Dopo che Iveonte è morto, finalmente potrò bearmi di essa in modo duraturo, senza avere più l'incubo che un giorno il pericolo avrebbe potuto portarmela via di nuovo, da un momento all'altro!»

Una volta che Ghirdo aveva spiegato all'amico i vari retroscena che gli avevano procurato il positivo cambio di umore, entrambi si erano dedicati ad altre faccende. Così avevano trascorso altri venti giorni nella più spensierata allegria, senza mai stancarsi di quel loro modo di vivere, il quale li rendeva soddisfatti e beati come veri adolescenti.


Una ventina di anni più tardi, Ghirdo era andato incontro ad una tremenda sorpresa dello stesso tipo, la quale era ritornata ancora ad avvelenargli l'esistenza. Pure l'amico Zurlof subito se ne era accorto, quando egli era andato a fargli l'ennesima visita annuale. La quale, questa volta, era stata anticipata di un paio di mesi. Il protetto del dio Sartipan, naturalmente, era molto nero in volto e il suo pessimo umore era dovuto tanto alla stizza quanto all'angoscia. Allora il Mago dei maghi, scorgendo la sua psiche nuovamente alquanto malconcia, si era messo a dirgli:

«Che hai oggi, Ghirdo? Solo a guardarti, mi susciti molta sofferenza! Non mi dire che c'entra ancora Iveonte nel tuo attuale malumore! Sono sicuro che adesso mi sbaglio, poiché sarà qualcos’altro a farti penare. Il principe tuo rivale, infatti, non ha più niente a che vedere con esso, considerato che era stato messo fuori gioco da te e dal tuo protettore!»

«Invece il maledetto principe c’entra di nuovo, amico mio: eccome! Per questo egli continua a perseguitarmi e a rovinarmi l'esistenza! È mai possibile che devo soffrire così tremendamente per colpa sua? Cosa ho fatto di male per meritarmelo? Ma voglio sperare che un giorno la mia partita con lui finirà finalmente con la mia vittoria!»

«Non mi avevi detto, Ghirdo, che Iveonte, il tuo rivale numero uno, allora era stato condannato a morte ed ucciso, grazie alle tue menzogne e al tuo astuto espediente? Come mai egli adesso risulta ancora vivo? Vuoi aggiornarmi sui fatti che ti sono accaduti nel recente passato? Se lo farai, te ne sarò grato a non finire!»

«Colui che fu designato quale suo carnefice, Zurlof, non fece il suo dovere. Quella sera egli ingannò sia il suo sovrano sia me, che lo attendevamo nella sala del trono. Al posto del principino, egli aveva ammazzato un cerbiatto, consegnandomi poi il suo cuore. Eccoti informato del motivo della mia attuale collera, amico mio!»

«Come sei venuto a saperlo, Ghirdo? Te lo ha detto qualcuno che Iveonte è vivo, essendo sfuggito quel giorno all'uccisione? Già, chi poteva farlo, se non il mio divino parente!»

«Nessuno è venuto a dirmelo, Zurlof. Egli mi ha affrontato nel bosco vicino Dorinda per salvare la sorella dell'attuale re dorindano. Nonostante allora fosse il Talpok a rappresentarmi, Iveonte ugualmente mi ha messo in fuga. Se ci tieni a saperlo, non è stata la sua valentia di combattente a sconfiggermi, anche se non posso negare che essa si è dimostrata ineccepibile. Invece è stata soprattutto la sua spada, la quale, a mio parere, deve essere opera di qualche divinità benefica, che non smette di proteggerlo!»

«Chi ti ha dato la certezza, Ghirdo, che quell'imbattibile cavaliere era proprio Iveonte? Potrebbe essere che non sia stato lui ad affrontarti, ma un altro guerriero pure invincibile!»

«Dopo lo scontro, Zurlof, sono corso dal mio protettore ed insieme ci siamo accertati della sua identità. Il cuore, che tenevamo conservato dove sai, è risultato essere di un cerbiatto e non del mio dannato rivale, come avevamo creduto fino a quel giorno!»

«Dunque, Ghirdo, tu e il mio divino parente Sartipan, in tale circostanza, vi siete resi conto che in passato avevate preso una bella buggeratura, da parte del furbo carnefice del principe Iveonte. Ma purtroppo per te, in seguito sarai il solo a farne le spese!»

«Oramai non si può piangere sul latte versato, Zurlof, anche se è previsto, come hai detto, che sarò soltanto io a pagare il fio. Ma se ci sarà ancora qualche cosa che si possa fare per sconfiggere il mio nemico mortale, non me la farò sfuggire tanto facilmente. Tenterò il tutto per tutto, pur di non perdere la mia immortalità, il cui ottimo sapore mi spinge a non lasciarmela sfuggire di mano e a difenderla con le unghie!»

«A questo punto, Ghirdo, credi che ti restino ancora delle buone carte da giocare oppure cominci a dubitarne?»

«A tale riguardo, Zurlof, ti paleso che, da ora in poi, ogni cosa dipenderà da te, poiché la prossima volta dovrai essere tu a cimentarti con lui, al posto mio. Così vedremo come se la caverà contro la tua magia! Spero che egli non avrà alcun sopravvento su di essa, fortunato come si presenta! Tu cosa mi sai dire a tale riguardo?»

«Tu lo sai, Ghirdo, che i miei poteri sono invincibili soltanto sull'isola di Tasmina. Oltre la quale, diventano impotenti a combattere contro una divinità o contro un suo prodotto. Iveonte, a quanto pare, è dotato di un'opera divina che giammai potrei sconfiggere, se lo affrontassi in un posto che non sia la mia isola! Lo comprendi: vero?»

«Non preoccuparti, Zurlof, perché non intendevo fartelo affrontare sulla terraferma, ma sulla tua isola. Mi sono spiegato adesso? Non è forse vero che qui puoi ottenere tutto quello che vuoi, perfino a discapito delle divinità più potenti di Kosmos? Oppure mi sbaglio, per non averti compreso bene in passato, in riferimento a ciò?»

«Mi dici, Ghirdo, chi sarà a condurre con la forza il tuo nemico Iveonte a Tasmina? Sono convinto che egli non sarà così sciocco, da venirci di sua volontà! Per questo, restandosene egli lontano dalla mia isola, non potrò intervenire contro di lui e distruggerlo!»

«Zurlof, invece lo smemorato principe ci verrà di propria iniziativa, pur sapendo che vi potrà rischiare la vita! Posso garantirtelo! In quel caso, dovrai ridurlo davvero male!»

«Perché Iveonte dovrebbe farlo, Ghirdo? Vuoi spiegarmelo tu, dal momento che non riesco a comprenderlo da me? Prevedi forse qualcosa che l'obbligherà a trasferirsi sulla mia isola e a rivolgersi a me, a causa di un suo problema personale, del quale sono ancora all'oscuro? Chiariscimi questo particolare, che non conosco!»

«Sono convinto, Zurlof, che egli ignora chi sono i suoi genitori e presto vorrà conoscerli a qualunque costo. Allora verrà a sapere che solo tu potrai aiutarlo a venire a conoscenza dei loro nomi. La quale notizia lo spingerà a farti visita per chiederti l'aiuto che gli abbisogna. Nel caso di un tuo diniego, visto che lo conosco bene, sarà sua intenzione forzarti ad accondiscendere al suo ardente desiderio!»

«Ne sei proprio certo, amico mio, che le cose andranno come hai detto? Ebbene, se hai ragione, vedremo se questo Iveonte sarà capace di fare il prepotente con me qui sulla mia isola, sulla quale neppure le divinità possono scalfire la mia sovranità! Figuriamoci poi se sarà un essere umano a farmi paura! Anche se non te l’ho mai detto per distrazione, Ghirdo, devi sapere che sopra Tasmina le facoltà divine vengono annichilite dalle Forze Oscure, le quali si rivelano più potenti degli dèi!»

«Sei sicuro, Zurlof, che sulla tua isola riuscirai a neutralizzare la spada invincibile del mio antipatico nemico Iveonte? Come già ti ho riferito, perfino il mostruoso Talpok, che è un prodotto del dio Sartipan e nel quale posso tramutarmi in caso di necessità, si è dimostrato meno potente di essa! Perciò stento a credere che la sua arma possa essere neutralizzata da te, quando Iveonte verrà a Tasmina!»

«Invece te ne do la massima garanzia, Ghirdo! Il Patto di Landipur mi rende inattaccabile sulla mia isola da qualunque divinità esistente in Kosmos, indipendentemente dal suo grado, e da un suo prodotto aggressivo. Ecco quanto in passato è stato stabilito in merito nelle alte sfere, amico mio. Naturalmente a mio favore!»

«Mi dici che cos'è il Patto di Landipur, Zurlof, il quale già mi suona come qualcosa di straordinario? Vorrei venirne a conoscenza prima possibile, poiché mi interessa molto!»

Per accontentare l'amico Ghirdo, il dominatore di Tasmina si era dato a parlargli del poco chiacchierato Patto di Landipur. La cui storia aveva richiesto una lunga narrazione e i cui accordi vi erano rimasti ignorati perfino dalla maggior parte delle divinità esistenti. Noi non ci asterremo dall’apprenderli, per il semplice fatto che essi, dopo la loro conoscenza, ci faranno seguire meglio le tante controversie, che tra poco verranno ad aversi tra il mago Zurlof e il nostro eroe. Sono certo che tale patto starà già incuriosendo e facendo fremere i lettori, poiché sono ansiosi di saperne qualcosa di più. Essi, che oramai conoscono il luogo e le sue abitatrici, ossia le Forze Oscure, si staranno chiedendo perché mai tale patto c'era stato in passato e quali erano state le parti in causa che lo avevano sottoscritto. Per questo eccoci a soddisfare ancora una volta la loro infinita curiosità di sempre.