346°-LA VITA DEL MAGO ZURLOF SUL PIANETA MARTE

Si può sapere chi era in realtà Zurlof, il quale, con alquanta presunzione, amava definirsi il Mago dei maghi? Aveva anch'egli una propria storia personale che, dopo averla appresa, ci consentirà di conoscere tutte le sue caratteristiche, positive o negative che fossero? Ma ne varrà poi la pena, da parte nostra, approfondire la sua vita misteriosa ed apprendere così quante più notizie possibili sul suo conto? Ebbene, allo stesso modo di tutti gli esseri umani e divini che riuscivano a distinguersi più degli altri loro simili nel bene o nel male, anche il nostro mago di Tasmina, in qualità di semidio straordinario, aveva una propria storia. In relazione alla sua valutazione, di certo non desidero essere io ad esprimere un giudizio su di essa in modo soggettivo. Invece voglio che sia soltanto il lettore a decidere con quali parametri intenderà giudicarla, dopo che ne sarà venuto a conoscenza in ogni suo particolare. Premesso quanto dovuto in merito alla nuova storia su cui stiamo per documentarci, possiamo occuparci delle notizie biografiche inerenti al prossimo personaggio di turno, che è in arrivo. Esse, come saremo messi al corrente tra poco, avevano costituito il fulcro della storia del signore dell'Isola della Morte. Per questo ce lo illustreranno nella maniera più esauriente possibile, mettendoci in agitazione, già prima di apprenderle.

L'esistenza di Zurlof non poteva essere calcolata in anni e neppure in secoli, siccome essa durava da diversi millenni; ma non perché egli era un semidio. Nel qual caso, la sua vita al massimo sarebbe durata cinquecento anni. Invece la sua longevità dipendeva da qualcosa, di cui verremo a conoscenza in seguito. Per la precisione, i suoi albori risalivano a circa sette migliaia di anni prima, ossia quando sul nostro pianeta Geo gli insediamenti etnici erano intenti a trascorrere ancora la loro età della pietra. Era stato a quel tempo, infatti, che il nostro mago aveva emesso il suo vagito iniziale tra le braccia di colei che lo aveva appena messo alla luce. La madre era stata l'umana Keuà ed era morta il giorno stesso della sua nascita; mentre il padre era una divinità negativa tutt’altro che antipatica. Egli era Dupros, il quale era il dio della magia. Adesso però, avendoci ripensato, prima di proseguire nella conoscenza dell'interessante storia di Zurlof, intendo soddisfare subito la già fremente curiosità del lettore circa la sua longevità. Ebbene, a tale riguardo va precisato che essa, allo stesso modo dei suoi poteri prodigiosi, non dipendevano dall'essere una entità semidivina, poiché i semidei, come già fatto presente, campavano appena cinque secoli. Invece tali sue doti speciali, che ci apprestiamo a conoscere, erano dovute a qualcos'altro, che presto ci si rivelerà una grande sorpresa.

Ritornando all'ibrido connubio divino-umano, esso era stato voluto dalla divinità negativa, senza che la sua partner umana neppure ne fosse a conoscenza. Ella, mentre il dio la possedeva, non era mai riuscita a vederlo in faccia, siccome egli aveva consumato ogni volta i suoi rapporti sessuali con la donna, quando era già notte fonda e in una grotta interamente al buio. Da parte sua, Keuà aveva sempre accolto con favore i suoi lussuriosi contatti fisici, dal momento che essi le trasmettevano delle sensazioni assai gradevoli. Le quali le infondevano anche un grandissimo godimento, come non le succedeva in nessun’altra circostanza della sua tapina esistenza. Essendo poi morta la madre del piccolo, a causa di una sopravvenuta infezione ingravescente post partum, il dio Dupros, dopo aver dato al neonato semidivino il nome di Zurlof, lo aveva portato via con sé. La sua destinazione era stata la Terra degli Incantesimi, la quale era situata sul pianeta Quartior, che per noi rappresentava Marte. Il nome gli derivava dalla sua posizione nel sistema eliosino o solare, visto che esso risultava quarto in ordine di vicinanza alla stella Elios, altrimenti detto Sole. Nel luogo marziano or ora indicato, ci stava costruito il castello della provetta maga Taler, la quale era da considerarsi sorella a metà del dio maggiore Dupros.

In realtà, quale significato dare ad un'affermazione del genere? Ebbene, ci diamo a spiegarlo subito. Suo padre Sernuz, il quale era il dio degli incantesimi ed aveva sposato la dea Olkel, non l'aveva avuta dalla propria consorte, come era avvenuto con il fratello consanguineo Dupros. Ella era risultata figlia adulterina, dal momento che era stata partorita dall'umana Zaeles, dopo che questa era stata ingravidata dal seme del dio. Volendo specificarlo meglio, fra le divinità si usava l'espressione "fratello o sorella a metà", quando il dio o la dea tradiva il proprio partner con un Materiade; mentre l'adulterio, che avveniva tra due divinità, dava regolarmente luogo a fratelli consanguinei od uterini e non ai cosiddetti fratelli a metà, come lo era appunto la maga Taler nei confronti del dio Dupros.

Il dio della magia, quindi, aveva consegnato il piccolo Zurlof alla sorella semidea, raccomandandole di allevarlo nella sua dimora con le migliori attenzioni possibili. In tale occasione, entrambi avevano stabilito che la zia avrebbe dovuto rappresentare per il piccolo la vera madre e che gli sarebbe stato sempre nascosto il loro rapporto di fratellanza. Egli, insomma, avrebbe dovuto considerarli entrambi suoi genitori e non solo lui, proprio come se essi fossero marito e moglie. La madre putativa, a sua volta, aveva affidato l'infante alla nutrice Ulcen, la quale risultava fresca puerpera, affinché lo nutrisse con il suo latte e lo svezzasse. Così la donna si era data anima e corpo alla cura del piccolo semidio, per cui egli aveva trascorso la sua puerizia in un clima di gioia e di spensieratezza, senza che nessuna amarezza lo investisse. Ma quando il ragazzo aveva compiuto sette anni, la zia Taler aveva voluto interessarsi personalmente della sua educazione, tenendolo nella bambagia fino alla sua età critica. Allora per Zurlof gli anni della fanciullezza e dell'adolescenza si erano rivelati molto preziosi. Infatti, essi avevano gettato le fondamenta della sua futura vita da adulto, siccome essa era venuta a svilupparsi interamente all'insegna della seducente magia. Così egli aveva incominciato a prediligerla fra tutte le altre cose esistenti.

A proposito dell'epoca, nella quale il figlio del dio Dupros si era ritrovato a vivere i suoi primi due millenni sopra il pianeta Quartior, essa corrispondeva al nostro Medioevo, con la sola differenza che tale periodo aveva avuto sul pianeta Marte una durata quasi doppia del nostro oscurantismo medievale. Forse c'era stato un fatto del genere a causa dell'assenza su di esso di spiriti geniali, che sulla nostra Terra invece non sarebbero mancati in nessuna nazione. Ad ogni modo, nonostante ci fosse stato un allungamento del suo periodo oscuro, il cammino della civiltà di Marte aveva precorso quello della Terra di tre millenni. Il quale vantaggio era durato, fino a quando il suo alto progresso tecnologico nella fabbricazione di armi nucleari non aveva condotto il pianeta rosso alla propria autodistruzione. Adesso, però, occorre riprendere il discorso che abbiamo aperto sul conto del nostro mago di Tasmina, anche perché il lettore non aspetta altro.

Presso il castello della zia maga, Zurlof si era trovato totalmente a suo agio. Infatti, fin dalla sua tenera età, ella lo aveva iniziato alla magia, per la quale egli si era dimostrato particolarmente versato. Era riuscito perfino a superare la madre adottiva nella preparazione di pozioni taumaturgiche e nella effettuazione di pratiche alchemiche efficienti e strabilianti. Alla fine, avvalendosi di formule magiche variamente elaborate, egli era stato in grado di ottenere la onniap, ma non per le sue capacità che dimostrava nel campo della magia. A proposito di essa, si trattava di un preparato liquoroso, il quale non era da considerarsi il prodotto di un potere magico; bensì era esso stesso a fare realizzare i migliori risultati alla magia, anche quelli che chiaramente esorbitavano da essa. Per le sue peculiarità, la onniap superava di molto anche la fantomatica pietra filosofale, nonché la cosiddetta quintessenza delle cose oppure delle astrazioni. Grazie alla quale, Zurlof aveva la facoltà di concretizzare ed ottenere qualsiasi contenuto esistente nei suoi desideri. Per tale motivo, la sua magia era diventata davvero qualcosa di molto sofisticato, considerato che gli permetteva di conseguire dei risultati indubbiamente eccellenti e mirabolanti in ogni campo, rispetto a quelli che ottenevano tutti gli altri comuni maghi del pianeta.

Perfino il suo divino genitore non aveva avuto parole, nel trovarsi davanti alle straordinarie doti del figlio nell'alchimia e in quelle arti che riguardavano più specificamente la magia. In lui, come il padre osservava, non c'era stato un sincretismo di arti diverse, senza approdare ad un risultato concreto. Al contrario, si era avuta una fusione perfetta tra il divino, il magico e l'alchemico. Tale amalgama, prezioso com'era, gli faceva attuare la reale quintessenza di ogni valore astratto e ricavare dalle cose da lui toccate ciò che bramava. Inoltre, gli permetteva di trasformarle senza alcuna difficoltà in ciò che più gli faceva piacere, senza alcuna parsimonia. Dopo aver raggiunto nel proprio essere la coesione indefettibile tra la divinità, la magia e l'alchimia, in sintesi, il mago aveva il potere di subordinare a sé ogni fenomeno naturale. Volendosi essere più chiari nella spiegazione dello straordinario fenomeno, Zurlof, grazie alla onniap, era in grado di operare concretamente sui suoi elementi costitutivi e di interferire con i suoi processi atmosferici. Oramai niente più gli era negato, per cui gli stessi poteri dei genitori si rivelavano innocui nei suoi confronti, potendo egli privarli di efficacia, quando e come voleva, rendendoli delle mere congetture senza significato. Le quali cose non erano consentite neppure alle comuni divinità positive e negative, che pure riuscivano ad esprimersi con propri poteri di grande prestigio. Zurlof aveva quasi compiuto il suo secolo di vita, quando aveva raggiunto la portentosa bravura, di cui si è parlato poco fa; però si era ben guardato dal renderne consapevoli i genitori. Egli aveva evitato di farlo, unicamente perché prima aveva intenzione di burlarsi un po' di loro, non appena gli fosse capitata l'occasione giusta, come tra poco ci renderemo conto nel seguito della sua biografia.


La Terra degli Incantesimi era una selva molto vasta, dove nessuno ardiva porre piede, poiché tutti sapevano che chiunque avesse osato avventurarsi in essa avrebbe fatto una brutta esperienza, da definirsi traumatica, se non proprio mortale. Infatti, tutti coloro che nel passato vi si erano inoltrati impavidamente non ne avevano fatto mai più ritorno. Chi poi era riuscito a ritornarne, si era ritrovato con diversi handicap psichici. A causa di ciò, qualcuno aveva ventilato l'ipotesi che essi fossero stati trasformati in mostruosità dendroidi dalla terribile Megera Nera. Tale nome veniva affibbiato alla maga Taler, anche se nessuno mai l'aveva vista in faccia. Ma l’anonimo personaggio non si era sbagliato in merito, poiché la zia di Zurlof, pur essendo una maga, preferiva comportarsi come un’autentica strega, nei confronti della razza umana. Per la verità, ella inveiva contro le persone, esclusivamente quando esse sconfinavano nelle sue terre, le quali erano in continuazione sotto l'influsso ammaliatore dei suoi incantesimi e dei suoi malefici.

Consapevole del sadico trattamento che la madre amava riservare agli esseri umani, un giorno Zurlof aveva voluto prendersi gioco di lei, sfidandola sotto le mentite spoglie di un baldo cavaliere. Allo scopo di fare riuscire la sua burla a meraviglia, senza che ella lo scoprisse, egli si era rifatto alla perfezione pure il tono di voce per evitare che ella lo riconoscesse. Ebbene, una volta che aveva sconfinato nella Terra degli Incantesimi, la maga Taler all'istante lo aveva intercettato con la sua magica palla di vetro. La quale le permetteva di tenere sotto controllo l'intero suo territorio incantato. Allora, alla sua apparizione, ella prima aveva assunto un atteggiamento burbanzoso e poi si era messa a sghignazzare. Infine la megera si era data ad esclamare: "Quel cavaliere incosciente e presuntuoso non avrebbe dovuto sfidarmi! E giacché lo ha fatto, adesso lo costringerò a pentirsi di aver violato i miei territori!"

Così, alcuni attimi dopo, impugnato il suo scettro tempestato di smeraldi e di rubini, si era data a gridare: "Che l'intruso non arrivi mai davanti alle mura del mio castello! Gli alberi, che presto incontrerà ai suoi lati lungo il sentiero che conduce alla mia dimora, diventino dei mostri e gli si avventino contro aggressivi e famelici! Siccome è ciò che voglio, così dovrà essere, perché il mio desiderio venga all’istante appagato!"

All'ordine perentorio della zia, che per lui rappresentava la sua madre naturale, Zurlof era stato tempestivo ad impartire il suo contrordine alle mostruose creature, che stavano per prendere vita. Perciò esse, prima che venissero fuori dalle due siepi laterali costituite dalla vegetazione composita, quasi a dispetto della basita maga, si erano trasformate in autentiche oche starnazzanti. Allora, scorgendo quei ridicoli gallinacei, i quali per giunta le erano risultati sempre antipatici, la maga si era irritata a non dirsi. Inoltre, non aveva gradito l'idea che qualcuno sul suo pianeta potesse rivelarsi più potente di lei nella magia, nella quale il primato non poteva che spettarle di diritto! Nello stesso tempo, ella si era domandata chi potesse essere quello strano cavaliere, contro il quale il suo intervento magico si era tradotto in un vero buco nell'acqua.

Comunque, lungi dall'arrendersi, la maga si era affrettata ad esibirsi in un’altra dimostrazione, per cui il suo successivo grido era stato il seguente: "Che le fiamme lo circondino, lo arrostiscano e lo inceneriscano!" Ma anche questa volta Zurlof aveva contrapposto il suo ordine a quello materno, per cui, anziché delle lingue di fuoco, c'era stato un nugolo di farfalle svolazzanti. Naturalmente, a quella nuova sgradita sorpresa, la Megera Nera si era arrabbiata tremendamente, poiché non sapeva spiegarsi come mai i suoi poteri magici stessero perdendo colpi e si dimostrassero fasulli. Ad ogni modo, non voleva ammettere che qualche altro mago più esperto di lei stava contrastando la sua magia con esito positivo! Al contrario, aveva voluto credere di più alla tesi, secondo la quale la sua arte magica inspiegabilmente stava accusando una carenza inspiegabile. Non sapeva, però, a cosa attribuire la strana deficienza, che si stava rivelando consistente nelle sue esibizioni. Tale assurda evenienza, però, ugualmente non l'aveva fatta rinunciare ai suoi perfidi propositi. Perciò, di lì a poco, già la si era vista adoperarsi per un ulteriore portento magico, sperando di non fallire anche la terza volta. Così gli aveva dato avvio con il seguente nuovo ordine: "Che si apra sotto i suoi piedi un baratro profondo, dimodoché le viscere della terra se lo inghiottiscano e lo facciano sparire per sempre!"

Questa volta la terza magia attuata dalla madre sul serio aveva messo in difficoltà Zurlof, per il semplice fatto che egli si era visto precipitare all'improvviso e non aveva avuto né l'equilibrio né il tempo di reagire ad essa. Ma poi, pur essendo ostacolata dalla precipitosa caduta, la sua reazione non aveva tardato a farsi valere. Perciò, mettendo mano alla sua contromagia, il semidio alla fine si era ritrovato alla sommità di un colle. Da esso si poteva scorgere perfino il castello materno, il quale si trovava ubicato ad un miglio di distanza dal posto in cui era.

Avendo fatto ancora cilecca, poiché l'umano avversario preso nel mirino dalla sua nequizia ne era uscito di nuovo incolume ed imbattuto, la maga Taler si era infuriata ancora di più. In un primo momento, ella si era riempita di gioia satanica, siccome aveva scorto il suolo squarciarsi e il cavaliere piombarvi dentro con un brutto capitombolo. In seguito, invece, aveva dovuto abbassare la cresta, avendo visto spuntare dal suolo un modesto colle con sopra l'insuperbito cavaliere. Ma il suo malessere era accresciuto ulteriormente, solo quando lo aveva visto anche volare in direzione del suo castello in groppa al suo cavallo, il quale nel frattempo era diventato alato e si dimostrava un ottimo volatore.

Per la verità, anche nella nuova circostanza che non la premiava, per cui era stata colta da un immenso scoramento, la maga gli aveva inviato contro tre terribili draghi. Essi, senza mai smettere, seguitavano a vomitare fiammate dalle loro enormi bocche spalancate e le scagliavano in ogni direzione. Alla loro comparsa, Zurlof, ricorrendo ai suoi poteri di gran lunga superiori a quelli della parente stretta, glieli aveva rimandati tutti e tre indietro. Prima, però, egli aveva obbligato ciascuno di loro ad emettere dalle sue fauci dei grossi spruzzi d'acqua. Raggiunta infine la parte aerea sovrastante il castello, i draghi erano diventati di consistenza terrea e si erano frantumati. Disfacendosi, essi avevano dato origine ad una pioggia di detriti, i quali erano poi finiti sull'imponente fortezza.

Un simile episodio, com'era da prevedersi, aveva fatto cadere la semidea nella disperazione più folle ed incontrollata. Quando infine il misterioso ed inattaccabile cavaliere era rimasto sospeso nell'aria a pochi metri dai merli anteriori della fortezza, la maga aveva deciso di uscire allo scoperto. Essendo intenzionata a fare varie domande al suo sfidante, ella aveva raggiunto la cortina centrale del castello, quella che faceva da copertura al portone d'ingresso. Da quel posto, secondo lei, le sarebbe stato più facile dialogare con il suo valente rivale. Così, rivolgendosi a lui, che se ne restava con la visiera abbassata, la padrona del castello gli aveva domandato:

«Vuoi dirmi, sconosciuto, chi sei e come mai hai sconfinato nelle mie terre, ignaro di metterti in guai seri? Oppure sapevi già che la mia magia non ti avrebbe arrecato alcun danno, come regolarmente è avvenuto? Su, rispondimi e soddisfa le mie domande, se vuoi essere un vero cavaliere, il quale gentilmente è portato a servire la sua dama!»

«Dirti chi sono non ti servirebbe a niente, Megera Nera. Quanto ai guai seri a cui sarei dovuto andare incontro nei tuoi territori e dei quali ero consapevole, mi pare di non averne incontrati neppure uno. Oppure non me ne sono accorto? Anzi, neanche in seguito mi capiterà di imbattermi in essi, avendoti dimostrato che la tua magia si presenta fatua ed obsoleta, come tu stessa hai constatato dopo ogni tua esibizione!»

«Quindi, spavaldo cavaliere, è questo il concetto che ti sei fatto sul mio conto, in qualità di maga, senza avere neppure un po' di comprensione per me? Allora ti tengo a precisare che fino alla data odierna sono sempre stata una maga insuperata ed imbattuta!»

«Certo, megera avvizzita; ma non potrò avere di te un concetto migliore, se lo vuoi sapere! Secondo me, quando imparerai a vincere la forza di gravità, allo stesso modo che sto facendo io in questo momento, potrai considerati una maga di tutto rispetto. Soltanto in quel caso, mi sentirò in dovere di ammirarti come una maga di grande stima!»

«Se devo esserti sincera, cavaliere, in passato ho tentato di ottenere un risultato del genere, ma non ci sono mai riuscita. Un giorno ho rischiato perfino di rompermi l'osso del collo, nel precipitare nel vuoto sottostante! Ma tu come diavolo fai a non lasciarti influenzare dalla forza di gravità? Unicamente durante il volo, sono in grado di sorreggermi nell'aria, senza che la forza di gravità mi faccia cadere al suolo. Comunque, adesso sono convinta che anche tu sei un mago e che hai assunto le sembianze di un cavaliere, con l'unico scopo di mettermi alla prova e di misurare così il mio grado di magia. Non osare negarlo, per favore!»

«In un certo senso, hai ragione, maga Taler. Io sono il più potente dei maghi, ossia il Mago dei maghi, e nessuno può superarmi nella pratica dei sortilegi. Poco fa te l'ho dimostrato nel modo migliore, pur avendo usato la minima parte della mia formidabile magia! Vorresti forse tu non riconoscerlo, soltanto per invidia oppure per sola gelosia?»

«Senza dubbio sei bravissimo, sconosciuto, e sono pronta a riconoscertelo! Nello stesso tempo, però, ti considero presuntuoso, poiché non potrai mai essere superiore a mio fratello Dupros, il quale è il dio della magia! Contro di lui capiteresti davvero male, se osassi sfidarlo spavaldamente, come hai fatto con me! Te lo garantisco!»

«Maga di scarso pregio, se fossi in te, ne dubiterei! I miei poteri magici sono diventati illimitati e di massima qualità, per cui neppure una divinità è in grado di superarmi nella mia pratica di magia!»

«Mi prendi in giro, mago senza nome? Nessuno esperto di magia può possedere simili poteri. Prima o poi, ogni mago si ritrova a fare i conti con i propri limiti, quelli che gli segnano il confine invalicabile tra il possibile e l'impossibile, tra il conoscibile e l'inconoscibile, tra il naturale e il sovrannaturale. Anche tu dovresti saperlo, se hai un po’ di cervello nella zucca! Perciò evita di fare il saputello con me!»

«Non hai torto a parlare così, maga Taler. La tua affermazione, però, è valida, solo se ti riferisci agli altri maghi del tuo stampo ed escludi me dal loro novero, dal momento che la mia magia non ha limiti di alcuna sorta! Come te lo devo far capire, una buona volta per sempre?»

«Perché dovresti distinguerti da tutti gli altri maghi ed avere dei poteri superiori a loro? Vuoi dirmi, saccente mago, da dove provieni? E chi sarebbero i tuoi genitori?»

Alle sue domande, il semidio aveva deciso di manifestarsi a lei. Così, dopo essersi alzata la visiera ed avere riacquistato il suo tono di voce, le aveva risposto divertito:

«Sono diverso dagli altri maghi, madre mia, perché sono tuo figlio! Non è questo un buon motivo, per considerarmi superiore ad ogni mago esistente sul nostro pianeta?»

A quella sua rivelazione, confermata dal suo aspetto e dalla sua voce, Zurlof aveva fatto rimanere di stucco la madre, che in verità era sua zia. Ella, al momento, non sapeva se gioirne oppure indispettirsi, a causa dello scherzo da lui subito in precedenza. Ma poi era stata l'eccezionale sua bravura di mago a farla stupire enormemente, facendole ignorare la burla messa in atto dal nipote ai suoi danni. La quale l'aveva fatta passare come maga di seconda categoria. Per alcuni attimi, essa l'aveva perfino privata addirittura della sua nomea di maga perfida ed inesorabile, che non la faceva passare liscia a nessuno degli esseri umani che capitavano nelle sue terre: neppure al più miserabile di loro! Prendendo poi la sua burla con filosofia, gli aveva detto:

«Adesso cosa aspetti, figlio mio, a porre fine alla tua esibizione magica e ad entrare con me nel castello? Oramai mi hai strabiliata oltre ogni misura e mi basta per oggi! Su, vieni dentro con me, dove ti prometto che ti farò gustare una mia tisana, la quale è davvero la fine del mondo! Lo riconoscerai anche tu che quanto dico corrisponde al vero.»

Zurlof, avendo stabilito di accettare l'invito della madre, subito aveva fatto sparire il suo cavallo alato ed era ritornato ad essere privo di armatura e di armi. Dopo l'aveva accompagnata per i lunghi corridoi della fortezza fino alla sua grande sala rotonda, dove ella trascorreva la maggior parte della giornata. In essa, la maga Taler teneva pure conservata la sua magica palla di vetro, la quale le rendeva visibile l'intera zona che circondava il suo castello. Mentre poi attraversava i vari anditi del castello, egli aveva affissato la mente su una frase, la quale era uscita dalle labbra materne e riguardava il padre. Poco prima, riferendosi a lui, la madre lo aveva citato come fratello, anziché come consorte. Come mai? Doveva forse pensare che la relazione dei suoi genitori fosse incestuosa? Ammesso pure che essa fosse stata tale, perché il padre e la madre gliel'avevano tenuta nascosta? Secondo quanto gli risultava, l'incesto era ritenuto del tutto normale dalle divinità, specialmente da quelle negative. Ad ogni modo, almeno per il momento, egli aveva deciso di soprassedere su quell'argomento; però, alla prima occasione che glielo avesse consentito, avrebbe messo senz’altro in chiaro la cosa con l’uno e con l’altro genitore, per avere da loro la risposta giusta.

Poco dopo, nel frattempo che sedeva sopra un confortevole sofà rivestito con tessuto che riproduceva dei bellissimi motivi floreali, era arrivata anche la madre, la quale gli portava il prezioso infuso, quello che gli aveva promesso prima. E siccome ella ne aveva portato anche una ciotola per sé, Zurlof, servendosi del suo potere mentale, facilmente aveva sostituito il contenuto dei due piccoli recipienti di terracotta. La maga Taler, mettendosi a sedere accanto al prodigioso nipote, gli aveva esclamato alquanto orgogliosamente:

«Adesso, figlio mio, sono sicura che troverai la mia infusione una vera delizia, anzi la migliore tra quelle che hai assaggiato fino ad oggi! Se lo vuoi sapere, si tratta di una mia ricetta, la quale ha più di tremila anni! In passato, mi sono astenuta dal fartela assaggiare, poiché non ti ritenevo ancora capace di gustarla, come essa meritava!»

Allora Zurlof, inviandole un sorrisetto, il quale faceva intendere che la sapeva lunga, ed annuendo nello stesso tempo con la testa compiaciuto, le aveva affermato:

«Non ho dubbi, madre, che questa tisana sia la migliore esistente sul nostro pianeta! Perciò, come prevedo, essa ci delizierà entrambi al massimo! Così potremo solamente esultare a chi l'ha inventata, permettendoci di gustarla con molto gradimento!»

Al suo primo sorso, la maga, sobbalzando per l'inattesa sorpresa, si era messa a gridare:

«Questo non è l'infuso preparato da me, Zurlof! Qui gatta ci cova, figlio mio! Comunque, devo riconoscerlo, lo trovo decisamente più gradevole di quello che sono solita preparare io!»

Avendone poi bevuto un altro sorso, ella gli aveva asserito:

«Zurlof, vedo che continui ad umiliarmi! Anzi, lo fai senza alcuna moderazione e senza avere un po’ di compassione per tua madre, che oggi stai umiliando spietatamente!»

«Non intendevo mortificarti con il nuovo scherzo, madre mia! Facendoti assaggiare la tisana più squisita al mondo, intendevo soltanto farmi perdonare gli scherzi che ti ho fatti in precedenza. Devi sapere che essa ha anche ottime proprietà analettiche, per cui ti faranno sentire, come se ti fosse ritornata la giovinezza!»

«Allora hai il mio perdono, diavoletto mio! In cambio, però, mi devi garantire che mi insegnerai a prepararla al più presto, siccome non voglio che essa manchi nella mia scorta di infusi. Fammi la promessa, burlone Zurlof, che un giorno esaudirai questo mio piccolo desiderio, se vuoi farmi veramente contenta! Posso contarci?»

«Te lo prometto senz'altro, madre mia, ma unicamente per compiacerti. E siccome ogni promessa è debito, come si suole dire, stanne certa che farò in modo di sdebitarmi con te, quando meno te l’aspetti! Adesso devo lasciarti, grande maga, poiché avrei alcune cose da sbrigare per conto mio, avendole tralasciate già da parecchio tempo.»

Il tempo trascorreva molto velocemente, portandosi dietro i mesi, gli anni e i secoli. A Zurlof non era passata per niente la voglia di prendersi gioco di colei che aveva sempre creduta la sua madre naturale. Difatti un giorno essi erano usciti insieme a spasso per la Terra degli Incantesimi. Al loro ritorno a casa, però, c'era mancato poco che alla zia non venisse un colpo apoplettico, per non aver trovato più il suo castello nel luogo in cui sarebbe dovuto essere. Al suo posto, invece, si scorgeva un laghetto con dentro uno splendido cigno. Il pennuto, mostrandosi fiero del suo candido piumaggio, galleggiava superbamente sulle placide acque lacustri, le quali lo facevano rispecchiare nitidamente. Avendoci poi riflettuto, la maga si era resa conto che una sparizione di quel tipo poteva essere stata opera soltanto del giocherellone nipote, il quale non aveva perso il vizio di scherzare. Per questo subito gli aveva esclamato:

«Vedo che seguiti ancora a burlarti di me, Zurlof. Mi domando quando la smetterai di farlo! Adesso mi dici cosa devo fare per riavere il mio castello, dopo che lo hai fatto sparire apposta? Mica hai voglia di privarmene per sempre, figlio mio burlone!»

«Madre,» le aveva risposto il giocoso nipote «devi soltanto ordinare al cigno di ridarti ciò che è tuo! Vedrai che esso appagherà all'istante la tua legittima richiesta, essendo molto desideroso di ubbidirti. Ma unicamente perché sei la mia carissima genitrice!»

Dopo che la maga Taler ebbe fatto come Zurlof le aveva suggerito, la sua dimora era ricomparsa nella stessa ubicazione di prima. Allora la semidea era rimasta sommamente felice, avendo temuto di non riaverla mai più indietro. Aveva perfino ringraziato il figlio, per avergliela fatta recuperare senza alcuno sforzo; ma ella non si era soffermata per niente sul fatto che era stato lui a farglielo sparire qualche tempo prima.


Zurlof era alle soglie del suo secondo millennio vissuto sul pianeta Marte, il quale periodo di tempo corrispondeva anche agli anni della sua esistenza, quando una sera si era ritrovato a cenare insieme con entrambi i genitori. Un evento del genere capitava molto raramente, considerato che il dio Dupros era sempre in giro, passando da un pianeta abitato all'altro. Non gli importava per niente se essi venivano a trovarsi quasi sempre in altri sistemi stellari della loro galassia, che poteva essere solamente la scialba Galactica. Allora Zurlof aveva approfittato della presenza anche del padre per chiarire la vicenda riguardante il rapporto di parentela esistente tra i suoi due genitori, oltre a quello di marito e moglie. Perciò, ad un certo momento, smettendo di mangiare per un attimo, egli domandò a colui che riteneva il coniuge maschio:

«Mi dici, padre, se è vero che mia madre ti è sorella? Qualche tempo fa, mi è parso di aver appreso questo particolare da certe parole pronunciate dalla tua consorte. Se mi sono sbagliato, confermamelo!»

«Certo che ella è mia sorella, Zurlof! Mi fa piacere apprendere che tu per caso ne sia venuto finalmente a conoscenza! Non era giusto tenerti celata la verità, anche dopo che è trascorso tantissimo tempo!»

«A quale verità ti riferisci, padre?! Forse alla vostra relazione incestuosa, la quale mi fa essere il frutto del vostro incesto? Oppure era altro che ti passava per la testa, quando mi hai risposto?»

«Ma cosa ti salta in mente, figlio mio?! Io e mia sorella non siamo sposati e non abbiamo mai avuto una relazione amorosa! Per non farti trovare a disagio, avevamo soltanto deciso che tu ci considerassi entrambi i tuoi veri genitori! Ecco a quale verità intendevo riferirmi!»

«Allora, padre mio, mi spieghi di chi sono figlio io, se non di voi due? Comunque, se sono sempre vissuto insieme con voi, di sicuro almeno uno di voi è il mio genitore naturale! Perciò vuoi essere così gentile, da rivelarmi se ho un padre oppure una madre naturale? Questo puoi palesarmelo, se vuoi farmi un grandissimo favore!»

«Io soltanto sono tuo padre naturale, Zurlof; mentre mia sorella Taler viene ad essere tua zia per te. La tua vera madre fu una donna del pianeta Terra, la quale morì il giorno dopo averti partorito. Dopo la sua morte, ti condussi qui su Marte e ti affidai alle premurose cure della mia sorella a metà, la quale ne fu molto lieta. Questa è la verità sulla tua nascita, figlio mio, e non ce n’è un’altra! Te lo posso garantire!»

«Ti assicuro che tuo padre non ti sta mentendo, Zurlof!» la zia era intervenuta a confermargli «Comunque, sei stato per me più un figlio che un nipote! Ti ho voluto bene, come se io fossi stata tua madre. E forse anche di più! Perciò non ho nulla da rimproverarmi nei tuoi confronti, se ci tieni a saperlo. Tu puoi darmene atto, avendolo constatato di persona in tutto il tempo che sei vissuto su Marte nella mia casa!»

«Ciò che hai detto sul nostro rapporto madre-figlio, zia, corrisponde senz'altro a verità! Per questo continuerò a considerarti come la mia vera madre. Nello stesso tempo, però, avverto dentro di me un irrinunciabile bisogno di trasferirmi sulla Terra, poiché voglio cercare di fare qualcosa anche per la mia povera madre naturale, la quale si trova lì abbandonata da tantissimo tempo. Io voglio conoscerla ad ogni costo!»

«Ma cosa dici mai, Zurlof?!» il dio Dupros intervenne a far ragionare il figlio «Sono duemila anni che tua madre Keuà è morta sopra il pianeta Geo! Le sue ceneri oramai sono irrecuperabili, dopo che gli elementi della natura le avranno disperse in ogni parte della sua superficie! Dopo quanto ti ho fatto presente, hai preso atto che chiedi l'impossibile dalla natura e dalle tue capacità di mago?»

«Ma io ci voglio andare ugualmente sulla Terra, padre mio, e tu mi accompagnerai nel punto esatto dove mia madre mi diede alla luce! Mi sono spiegato? Proverò a fare per lei ogni cosa che in quel momento mi sarà possibile! Mi sentirei molto triste, se non mi adoperassi con tutto il mio amore filiale per esserle utile in qualche modo. E poi come fai ad essere sicuro che non sarò capace di fare per lei anche l'impossibile?»

Il dio Dupros e la maga Taler avevano cercato in tutti i modi di convincerlo a non trasferirsi sul terzo pianeta; però non c'era stato verso di distoglierlo dal suo proposito, il quale per lui era diventato irrinunciabile. Alla fine era stato Zurlof a persuadere il divino genitore ad accondiscendere ad esso e ad accompagnarlo nell’antro della Terra dove la madre lo aveva partorito, ma morendo subito dopo.