344°-LA DIVA KRONEL INTERCETTA LA PREGHIERA DI SUELMA

In una circostanza precedente, siamo venuti a conoscenza del rapporto esistente tra Kronel e la Spada dell’Invincibilità, della quale era entrato in possesso il nostro eroe. Allora abbiamo appreso che la diva, quando si trasformava in immagine visibile, doveva cessare di rappresentare l'arma fatata del suo protetto. Inoltre, mentre fungeva da spada, ella non era costretta ad esistere in simbiosi con essa; ma poteva benissimo condurre la propria esistenza altrove e prendere altre iniziative, senza che esse implicassero la vita del suo pupillo. In tal caso, però, esistendo disgiuntamente dalla sua spada, la quartogenita del dio Kron era in grado di partecipare alla realtà del giovane, unicamente se veniva a trovarsi nelle sue vicinanze. Altrimenti ella era obbligata ad estraniarsene del tutto, senza potergli essere di nessuno aiuto. In una simile evenienza, però, c'era l'anello a soccorrerlo più e meglio di lei, se fosse stato necessario. Un fatto del genere ci induce a pensare che Iveonte, tutte le volte che Kronel si oggettivava e diveniva la sua arma, non poteva sapere quali fossero i momenti della coesistenza dello spirito divino di lei con la sua spada portentosa. A meno che non fosse ella stessa a metterlo al corrente della propria presenza nell'arma.

Rispolverato questo particolare di notevole importanza, il quale aveva riguardato la divina Kronel, adesso ci viene consentito di seguire l'episodio contemporaneo in cui ella era stata coinvolta. Ma per stare dietro ad esso senza difficoltà, ci toccherà evidenziare rapidamente due accenni che sono stati fatti in situazioni diverse. Il primo si è avuto, a proposito della diva; al secondo, invece, si è ricorso, in relazione alla spada in cui la stessa si concretizzava. In precedenza, Iveonte non ha fatto eseguire lo studio del dio Kustoz dalla sua protettrice, poiché era consapevole che ella si trovava altrove. In seguito, sempre per lo stesso motivo, non gli era stato possibile affidarsi alla sua spada, al fine di distruggere i tre esseri semidivini, i quali erano rappresentati dai feroci Anacundios. Anche se poi essa avrebbe potuto fare ben poco contro di loro. Adesso, però, spieghiamo subito i motivi, a causa dei quali la diva Kronel era dovuta allontanarsi dal suo protetto. In caso contrario, qualche lettore non si darà pace, finché essi non gli saranno stati chiariti.

Ebbene, non si sa come fosse accaduto, ma alla divina figlia del dio del tempo era pervenuta una notizia, che le aveva arrecato parecchio dispiacere. In una parte del pianeta, stava per soccombere un intero popolo, quello dei Ducesi. Esso, da tempo immemorabile, si era sempre mostrato devoto alle divinità benefiche, sacrificando a tutte loro ogni mese una giovenca, un capretto e un agnello. L'umile dono dei pii Ducesi doveva servire perché il loro occhio benigno vigilasse su di loro, preservandoli da malattie e da calamità naturali. Invece, al posto delle une e delle altre, erano intervenuti a martoriarli degli esseri, che si presentavano ai poveretti sotto forma di Ombre Vaganti Maligne. La loro regione di residenza era la Mikodia, che stava agli antipodi della terra degli Zeiv.

Proprio mentre Iveonte era alle prese con il dio Kustoz e con i suoi Anacundios, la divina Kronel aveva intercettato la preghiera di Suelma, la quale era la figlia del capo dei Ducesi. Ella si stava rivolgendo alle divinità benigne, esprimendosi in questo modo: "Dèi e dee dell'universo, che esistete unicamente per consolare gli animi degli esseri umani e preservarli anche da mali peggiori, perché vi mostrate indifferenti verso la nostra immane sventura? Da quando le Ombre Vaganti Maligne hanno cominciato a tenere il nostro villaggio sotto il loro dominio, per noi non esiste più pace; mentre una strana morte si è data a fare numerose vittime fra i nostri conterranei. Esse si divertono a farci morire, incutendoci il massimo spavento, quello che il nostro cuore non riesce a sopportare, per cui muore per il forte schianto. Per favore, entità divine, se avete un briciolo di pietà verso di noi, intervenite a salvarci da tali ombre che, quando appaiono a qualcuno di noi, gli procurano un infarto."

Dopo l'intercettazione della preghiera formulata dall'afflitta ragazza, la diva immediatamente aveva deciso di soccorrere i Ducesi e si era preparata a raggiungere il loro villaggio. Lo aveva fatto, dopo averne informato il suo pupillo, promettendogli che sarebbe stata di ritorno, prima che egli affrontasse la sua impresa sull'isola di Tasmina. Da parte sua, Iveonte le aveva augurato un viaggio sereno, oltre che celere, senza farle mancare un abbraccio intenso e caloroso. Il quale era stato gradito dalla diva in modo particolare, nonché aveva rappresentato per lei un motivo per caricarsi di immensa gioia. Subito dopo, alla figlia dell’eccelso Kron era bastato poco tempo per raggiungere la remota Mikodia e presentarsi alla sedicenne Suelma nelle vesti del solito Uldor, il fantomatico viaggiatore dello spazio. Una volta che le era apparsa all'improvviso, aveva cominciato a dirle:

«Buongiorno, dolce fanciulla! Mi dici cosa ci fai qui tutta sola in questo angolo di bosco, dove fai scorrazzare la tua mente tra pensieri mesti e meditabondi, i quali si estraniano totalmente dal resto del mondo? Comunque, il mio nome è Uldor. Tu invece come ti chiami?»

«Se non mi sbaglio, signore, non sei delle nostre parti; perciò devo considerarti un forestiero. Ma come mai non ti ho visto arrivare, prima di apparirmi davanti? Visto che lo vuoi sapere, io mi chiamo Suelma e sono la figlia del capo del villaggio, il cui nome è Umon. Mio padre sposò mia madre Zivian diciassette anni fa. Siccome non ho fratelli, risulto essere l'unigenita della famiglia. Il mio villaggio conta quasi ventimila abitanti; ma pur non essendoci una denatalità, in esso la nostra popolazione va diminuendo di giorno in giorno.»

«Si vede, Suelma, che nel tuo villaggio ci sono tante malattie a fare stragi fra la popolazione. Per questo essa, anziché aumentare di numero, finisce per subire un continuo decremento.»

«Invece, Uldor, qui le malattie non c'entrano per niente. La sua anomala mortalità è dovuta ad altre cause, le quali non hanno niente a che vedere con cataclismi, con le guerre e con le malattie! Ti sembrerà strano; ma nel nostro villaggio la situazione è esattamente questa!»

«Allora, adorabile fanciulla, mi è permesso sapere che cos'è che nel tuo villaggio causa una infinità di morti, se non ci si ammala, se viene evitato ogni conflitto bellico e se non si viene colpiti da calamità naturali? Qualcosa deve pur esserci che vi provoca un esagerato numero di morti! Ebbene, è proprio questo fatto che intendo conoscere da te.»

«Uldor, a cosa mi serve accontentarti nella tua richiesta, se dopo per il mio afflitto popolo tutto resterà uguale a prima, senza un miglioramento della situazione? Al posto tuo, cercherei di non comprenderlo!»

«Invece le cose potrebbero cambiare positivamente per i Ducesi, sfiduciata Suelma. Questo atteggiamento pessimistico ti deriva dal fatto che hai perso ogni fiducia nelle divinità benefiche. A tale proposito, non credi che io possa essere un inviato delle massime divinità dell'universo, il quale intende risolvere i vostri problemi? Per questo rivelami cosa o chi vi trasforma le giornate da belle a brutte, da speranzose ad avvilenti, da radiose a fosche, facendovi così soffrire in maniera brutale. Per quanto mi sarà possibile, farò in modo che la felicità ritorni a sorridere sui vostri volti, sconfiggendo il male che vi angustia e vi uccide. Se avrai fiducia in me, ti garantisco che in seguito non te ne pentirai!»

«Allora, Uldor, se sul serio sei colui che è stato inviato dagli dèi per venirci in soccorso, non posso non fidarmi di te. Perciò adesso comincio a raccontarti il fenomeno che ci capita nelle ore notturne, il quale causa tra la nostra gente una infinità di vittime tramite un brutto spavento.»

«Brava, Suelma! Inizia pure a farmi il resoconto di ciò che vi succede di notte. Io ti ascolterò attentamente per avere l'esatto quadro della situazione e per agire di conseguenza. Vedrai che non ti deluderò e non ti farò pentire di esserti fidata di me!»

«A mezzanotte in punto, Uldor, nel nostro villaggio si danno a vagare tre ombre, da noi denominate Ombre Vaganti Maligne, il cui unico scopo è quello di terrorizzare a morte tre dei suoi abitanti. Per riuscirci, ciascuna di loro assume le forme mostruose più terrifiche e non smette di perseguitare la sua vittima, fino a quando non la vede crollare a terra senza vita, essendo stata colpita da un infarto fulminante. E poiché non possiamo colpirle e difenderci da loro in nessun modo, essendo esse vuote dentro, noi Ducesi ogni notte siamo costretti a subire le loro torture e le loro uccisioni. Le quali avvengono a scapito di persone di qualsiasi età, siano esse bambini, adulti, anziani o vecchi. Un altro loro particolare è il seguente: le medesime non scompaiono alla nostra vista, neppure quando chiudiamo gli occhi oppure li copriamo con le nostre mani. Invece nostra unica consolazione è che ognuna di loro procura la morte ad una sola persona per notte.»

«Bene, Suelma, dopo avere appreso da te quanto dovevo sapere su tali ombre assassine, questa notte mi darò da fare per approfondire la loro natura e le ragioni che le spingono ad aggirarsi per le vie del tuo villaggio, mai sazie di mietere una terna di vittime fra la tua gente. Allora ci rivedremo qui domani alla stessa ora per riferirti ciò che avrò scoperto su di loro e cosa si potrà fare per neutralizzarle.»

Dopo essersi appartata in un posto tranquillo, la diva Kronel si era data a fare due ipotesi sulle Ombre Vaganti Maligne. La prima delle quali la portava a credere che esse fossero delle autentiche divinità negative, il cui obiettivo era quello di fare prima tribolare degli esseri umani e poi di procurargli la morte. La seconda ipotesi, invece, faceva ritenere che fossero l'opera di un mago del villaggio a crearle e a farle andare in giro con l'intento di ammazzare dei suoi conterranei, probabilmente per un torto da loro subito. Comunque, se non fosse giunta la notte e non le avesse studiate da vicino, non avrebbe potuto avere la certezza di niente sulle Ombre Vaganti Maligne. Per questo bisognava attendere la mezzanotte, prima di pronunciarsi senza errori su di loro, per poi procedere alla risoluzione del grave problema che avevano i Ducesi.

Il giorno dopo, quando si era presentata alla figlia del capo ducesino Umon, la diva, con un'aria soddisfatta e con il sorriso sulle labbra, aveva incominciato a spiegarle:

«Lo sai, Suelma, che nel villaggio avete un mago molto bravo? Solo che egli mette la sua magia al servizio del male! Sì, è lui che riesce a creare le ombre con l'unico scopo di farle risultare nocive ai suoi conterranei, naturalmente per vendicarsi di qualcosa da lui subito da loro.»

«Uldor, ti riferisci forse a Tasuk? Se è così, adesso capisco perché, quando il mio genitore andò a chiedergli aiuto per farlo intervenire contro le ombre assassine, egli gli rispose che il fenomeno andava oltre le sue capacità, per cui non poteva fare nulla contro di esso. Perciò bisognava accettarlo a vita con rassegnazione. Questo fatto, che ci fu venti anni fa, ossia quando le Ombre Vaganti Maligne iniziarono a manifestarsi nel nostro villaggio, un giorno mi è stato raccontato da mia madre.»

«Certo che mi sono riferito a lui, Suelma! Adesso ti rendo noto anche perché egli si comporta così nei confronti dei suoi conterranei, siccome ignori un episodio che avvenne nel tuo villaggio venticinque anni fa.»

«Se riguarda Tasuk, davvero non lo conosco, Uldor, poiché nessuno me ne ha mai parlato. Per questo mi farebbe piacere apprenderlo, essendo desiderosa di apprendere cosa indusse poi il mago a vendicarsi, come mi hai fatto presente. Quindi, raccontamelo, perché ti ascolto!»

«A quel tempo, il tuo genitore non era ancora il capo del villaggio, poiché lo scettro del comando era nelle mani di tuo nonno Rusep. Il quale era un tipo assai puntiglioso e pretendeva dai suoi sudditi il rigoroso rispetto delle leggi. Ebbene, nel villaggio un giorno la gente cominciò a lamentarsi del fatto che il mago Tasuk trascorreva molte ore insieme con i loro bambini, facendoli interessare alle sue magie. La qual cosa li distraeva dai loro impegni che erano più importanti, come imparare a leggere, a fare i conti e a tirare d'arco, dovendo essi diventare anche dei provetti cacciatori. Comunque, nessuno di coloro che protestavano aveva il coraggio di affrontare il mago e di dirgli apertamente che egli doveva smettere di distrarre i loro bambini. Alla fine essi decisero di fare intervenire il loro capo Rusep nella vicenda, affinché egli gli intimasse il tassativo ordine di sospendere immediatamente ogni relazione che aveva con i ragazzi del villaggio, poiché i loro genitori erano contrari che essi lo frequentassero.»

«Questo non l'ho mai saputo, Uldor. Allora come si comportò mio nonno, alle loro lagnanze? A proposito, non mi dire che essi gli mossero anche accuse di pedofilia!»

«I genitori dei bambini lo fecero senza meno, Suelma, essendo convinti che solo con tale accusa avrebbero potuto fare intervenire il loro capo nella controversia che avevano con il mago. Anche perché Rusep aveva fama di essere un uomo tutto d'un pezzo. Allora tuo nonno, come suo capo, non esitò a mandarlo a chiamare nella propria dimora per chiarire ogni cosa sulla diatriba messa in piedi dai suoi accusatori.»

«Secondo me, Uldor, più che di un incontro tra loro due, dovette trattarsi di un vero scontro, nel quale ciascuno di loro tese a far prevalere le proprie ragioni. Difatti l'uno, dopo le accuse dei genitori denuncianti, mirava a fargli ammettere la sua pedofilia; invece l'altro, difendendosi strenuamente, negava ogni addebito in tal senso a suo carico.»

«Senza dubbio, Suelma, gli obiettivi di entrambi furono quelli da te citati. Il loro colloquio, però, avvenne in un clima molto disteso e pacato, come appunto aveva voluto il padre di tuo padre, siccome i genitori avevano querelato il mago, senza fornirgli delle prove concrete che convalidassero le loro malevole accuse infondate.»

«Devo dedurne, Uldor, che il mago Tasuk ne uscì con la faccia pulita, senza l'appellativo di pedofilo. Di conseguenza, egli non fu punito e non gli fu proibito di allettare i bambini per avviarli alla magia bianca, come aveva sempre fatto. Non è vero?»

«Non direi proprio che la cosa si risolvette così, Suelma! Il suo capo, pur di salvare capra e cavoli, logicamente a modo suo, evitò di punire il mago severamente; ma l'obbligò a lasciare il villaggio per un intero lustro, volendo dare il contentino pure ai genitori suoi accusatori. Lasciando il proprio villaggio, Tasuk dentro di sé giurò a sé stesso che in seguito si sarebbe vendicato non solo contro i suoi conterranei accusatori, ma anche contro tutti gli altri. Quando poi trascorse il tempo del suo ostracismo, egli rientrò nel proprio villaggio; però non vi trovò più il capo Rusep, che era morto da appena un mese. Adesso, alla guida dei Ducesi, c'era tuo padre Umon, il quale era anch’egli amato da tutti, poiché essi ne ammiravano sia i pregi che il coraggio. Così, memore del giuramento di vendetta che cinque anni prima aveva fatto a sé medesimo, escogitò il giusto modo di vendicarsi contro gli altri abitanti del villaggio. Esso si concretizzò con la creazione delle Ombre Vaganti Maligne.»

«A mio avviso, Uldor, la sua vendetta è durata fin troppo, senza tener conto che essa si portasse appresso una scia infinita di morti innocenti! Ma poi era stato vero che il nostro mago avesse la tendenza ad adescare i bambini, come sostenevano i loro genitori? Oppure si era trattato soltanto di una forma di gelosia, da parte loro?»

«Ad onore del vero, Suelma, i genitori, non sopportando più il fatto che il mago ci sapesse fare meglio di loro con i bambini, alla fine decisero di non farglielo più frequentare, ricorrendo ad una grave calunnia nei suoi confronti, senza curarsi che ci facevano andare di mezzo un innocente. Il quale, dopo avere espiato la sua pena ingiusta, decise di vendicarsi nel modo di cui sono venuto a conoscenza.»

«Se le cose stanno come hai scoperto, Uldor, cosa dobbiamo fare noi Ducesi perché venga meno nel nostro villaggio l'esistenza delle Ombre Vaganti Maligne? Se c’è un modo per distruggerle, me lo devi dire.»

«Niente di più semplice, Suelma! Una volta eseguita l'eliminazione fisica del mago, vi sarete anche liberati di tali ombre. Perciò fai presente a tuo padre quanto hai appreso da me sulla vostra triste vicenda, se volete risolvere il vostro problema. Adesso ti devo lasciare, ragazza, poiché mi attende altrove un altro lavoro da sbrigare.»

Dopo la partenza della diva dalla Mikodia, la figlia del capo era corsa dal genitore e gli aveva raccontato tutto quanto aveva appreso da Uldor, il viaggiatore dello spazio. Allora Umon, il capo dei Ducesi, aveva decretato l'immediata impiccagione del mago Tasuk. Così la sua morte li aveva liberati a tempo indeterminato dalle tre Ombre Vaganti Maligne.