341°-IVEONTE DECIDE DI AIUTARE GLI ZEIV

Quando ebbe terminato il suo drammatico racconto, che aveva riguardato il suo popolo e la divinità che lo stava vessando da oltre un secolo, facendo trasparire dal volto una pena inesprimibile, per cui non erano assenti le lacrime, il narratore zeivino concluse:

«A questo punto, nobile ed eroico Iveonte, avrei finito, se non ci sono da parte tua altre domande da farmi sull’argomento e non hai bisogno di ulteriori dilucidazioni. Perciò i miei fratelli ed io, dopo quanto hai udito dalla mia bocca, vorremmo sapere cosa ne pensi e se possiamo aggrapparci alla più fievole speranza per una svolta positiva del nostro futuro. Ammesso che sia tu la persona alla quale si era voluto riferire il nostro conterraneo Otuios, andando incontro ad una morte atroce!»

«Certo che sono io, Ekuob, colui che vi salverà dal perfido dio Kustoz e dalla sua prole sanguinaria. Perciò tu e i tuoi germani potete iniziare ad essere certi che presto ve ne ritornerete nel vostro villaggio, senza più il tremendo incubo che oggigiorno vi proviene da loro. Vi prometto che gli Anacundios e il loro genitore hanno i giorni contati, poiché a breve scadenza essi smetteranno di fare i gradassi nel vostro villaggio. Così cesserà di esserci, da parte della malefica divinità, la pretesa di sacrifici umani a carico di bambini innocenti. I quali, mensilmente, affliggono e tormentano tante famiglie zeivine, facendole precipitare in un baratro di sofferenze e di terrore!»

«Iveonte, la tua è una bellissima promessa che ci fai, poiché essa ci rincuora oltre ogni immaginazione. Ma potremmo sapere come farai a liberarci dai nostri persecutori? Puoi anticiparci qualcosa in merito, per favore, per farci sentire più sicuri? Se lo vuoi sapere, ci preoccupa l’invisibilità dei figli semidivini del dio, i quali potrebbero ucciderti senza farsi vedere! Come farai a difenderti da loro, se non potrai né avvistarli da lontano né scorgerli da vicino, mentre ti assalgono con i loro intenti maligni? Probabilmente essi saranno pure invulnerabili, a tuo discapito!»

«Di questo non ti devi preoccupare, Ekuob.» intervenne a rassicurarlo Tionteo «Essendo egli protetto dalle divinità benefiche più potenti che ci sono, per il mio amico non esistono difficoltà di sorta, anche se esse dovessero derivargli da qualche dio iniquo! Devi convincerti che gli sono consentite cose che agli altri umani sono categoricamente impossibili. Adesso comprendi il motivo, per cui non potete attendervi da lui che un pieno successo, quando si darà a combatterli, dal momento che egli è anche un invincibile guerriero?»

«Se le cose stanno come hai detto, Tionteo, io e i miei germani ci sentiamo assai tranquilli. Ma se non gli dispiace, vorremmo anche le rassicurazioni del tuo eroico amico che quanto hai affermato corrisponde al vero! Soltanto dopo che ce lo avrà confermato lui stesso, ci mostreremo più disposti a credere nella sua invincibilità e nella sua sicura vittoria sul dio Krouz e sui tre macellai, che sono i suoi Anacundios!»

«Senza meno potete credere al mio amico, Ekuob,» gli asserì Iveonte «siccome egli non ha esagerato in nessuna cosa; ma vi ha espresso solamente la pura verità. Quanto alle mie eccellenti prerogative che mi permetteranno di stravincere nella mia lotta contro i tormentatori della tua gente, esse non hanno limiti e mi rendono imbattibile anche nei confronti di quelle forze occulte che sono fornite di straordinari poteri, fossero esse anche delle potenti divinità! Per tale motivo, nel frattempo cercate di essere sereni al massimo, al pensiero che presto sarete liberi insieme con tutti i vostri conterranei!»

«Iveonte, adesso possiamo sapere quando avresti intenzione di intraprendere l'aspra contesa contro coloro che ci opprimono e se il nostro popolo, intanto che la condurrai, correrà dei seri rischi reali? Ci teniamo a conoscere da te anche questo importante particolare, se non ti chiediamo troppo! Ma sono convinto che comprenderai questa nostra preoccupazione e non la riterrai una pedante esagerazione, da parte nostra!»

«Ekuob, non credo che gli Zeiv andranno incontro a qualche pericolo durante la mia lotta contro il dio Kustoz e i suoi figli semidivini, poiché non faccio parte della vostra tribù e rappresento un normale forestiero giunto per caso nelle vostre terre. Inoltre, prenderò i dovuti provvedimenti perché essa si svolga fuori del vostro villaggio. Magari suggerirò al popolo zeivino qualche altra scappatoia, prima che abbia inizio il mio scontro con loro. Così nessuno dei suoi abitanti verrà coinvolto nel nostro prossimo conflitto. Nemmeno per qualche mio errore imprevisto!»

«L’aver deciso di affrontare i nostri oppressori lontano dal nostro villaggio, Iveonte, è senz’altro una nobile e generosa opera da parte tua, che inizia a tranquillizzarci molto di più. Ma non mi hai ancora palesato quando intendi dare il via alla tua difficile lotta in nostra difesa. Credi forse di non poterci ancora rispondere in merito, essendo assai prematura la tua apertura delle ostilità nei confronti di chi ci angaria quotidianamente senza un briciolo di umanità? Attendo una tua sollecita risposta a tale riguardo, siccome avverto la necessità di conoscerla.»

«Ti premetto, Ekuob, che non posso trattenermi a lungo da queste parti, siccome mi attendono altri impegni ben più importanti ed indilazionabili, se posti sul piano personale. Perciò mi toccherà intervenire contro il dio Kustoz e i suoi perversi figli prima possibile, ossia non appena avrò esperito i mezzi necessari per il buon esito della mia impresa. Il mio intervento, quindi, dipenderà dal tempo che impiegherò a portare avanti la mia ricognizione, allo scopo di vagliare alcune circostanze; ma soprattutto i vari comportamenti dei miei avversari, oltre che i luoghi nell’ambito dei quali essi dovranno attuarsi. Quindi, soltanto successivamente potrò ingaggiare l’arduo combattimento che mi attende; ma voi tre non dovrete allarmarvi. Io non correrò pericoli di alcun genere, mentre mi darò ad indagare sul dio dei vulcani e sui suoi Anacundios!»

«Come ho potuto comprendere dalle tue parole, Iveonte, esso si prevede imminente, siccome hai fretta di lasciare queste terre per giustificate ragioni personali! Ciò ci tranquillizza e ci fa sperare bene.»

«Non ti sei sbagliato, Ekuob! Ma ti faccio presente che, già da stamattina, inizierà la mia ricognizione sul tuo villaggio e vi cercherò gli Anacundios. Essi, come sai, hanno anche un conto in sospeso con me, per avere ucciso tre dei miei uomini. Sarà più difficile invece indagare sul loro divino genitore; però sono certo che, una volta che i guai saranno cominciati per i suoi figli, sarà egli stesso a farsi vivo. Perciò, prima di tutto, mi interesserò esclusivamente della sua prole, della quale intendo studiare i modi di agire e le abitudini. Inoltre, baderò a testarne la potenza, le abilità e le capacità intellettive, considerato che in seguito dovrò far basare la mia offensiva, tenendo presenti tutti questi fattori. La cui conoscenza mi risulterà indispensabile nella mia lotta contro di loro e nella mia vittoria sugli stessi.»

«A mio avviso, Iveonte, il loro studio, da parte tua, richiederà da te due cose importantissime: 1) che tu riesca ad avvistarli; 2) che tu possa seguirli nei loro spostamenti aerei. Ma per fare entrambe le cose, dovrai essere in grado sia di neutralizzare la loro invisibilità sia di volare allo stesso modo loro. Del resto, non c’è bisogno che io ti faccia presenti tali cose, poiché le conosci benissimo pure tu. Ad ogni modo, se esse non ti procurano alcuna preoccupazione, ciò significa che per te non costituiscono alcun problema, essendo certo di poterle superare con molta facilità. Allora, sempre per gentilezza, vuoi dirmi se il mio ragionamento fila oppure sono in errore, perché tradito da qualche cosa a me ignota?»

«Invece è proprio come hai pensato, Ekuob. Le tue argomentazioni si sono basate su fatti concreti, dai quali non si poteva assolutamente prescindere. Per cui ad esse seguono le mie rassicurazioni che sono in grado di volare e di privare gli Anacundios della loro invisibilità. Ciò dovrebbe attestarvi che non incontrerò alcun problema nel perseguire gli scopi che mi sono prefisso, non potendo essercene neppure uno!»

«Un fatto, però, mi preoccupa ugualmente, Iveonte. Se gli Anacundios si rifaranno vivi nel tuo accampamento, dopo che te ne sarai allontanato, chi ci difenderà da loro? Non credi che noi e i tuoi uomini diverremo le loro potenziali vittime? Allora che cosa puoi rispondermi a questo proposito, grandissimo eroe, ad evitare di farci preoccupare anche minimamente di una tale possibile loro minaccia?»

«Dopo che sarò partito di qui, Ekuob, stanne certo che non vi lascerò indifesi in questo campo; ma vi resterete come se foste in una vera botte di ferro. Nessuno potrà farvi del male, se osasse procurarvelo, neppure il dio Kustoz; ma avrete soltanto meno libertà di muovervi. Infatti, lo spazio dei vostri movimenti sarà abbastanza ridotto, venendo esso ristretto entro i confini del nostro accampamento. Questo è tutto, non avendo altro da dirvi sull'argomento!»

«In cambio della nostra incolumità, Iveonte, accetteremo volentieri l’impossibilità di trasferirci al di là dei confini del campo. E poi chi avrebbe il coraggio di allontanarsi da questo luogo? Per noi sarà importante sapere che il restarvi dentro ci eviterà la morte per mano dei terribili figli del dio Kustoz! E ciò per noi vuol dire tantissimo!»

«A questo punto, Ekuob, non essendoci altro da dirci, poniamo termine alla nostra conversazione e prepariamoci a predisporre ciò che ci occorre per assolvere i nostri futuri compiti. In mia assenza, come è stato sempre, sarà il mio amico Tionteo a prendere le redini del comando nell'accampamento e ad impartire gli ordini necessari.»


Più tardi, Iveonte, affidate le varie mansioni ai suoi uomini e ordinato al suo anello di racchiudere la zona da loro occupata in un campo di forza invalicabile anche dalle essenze divine di grado maggiore, si allontanò a piedi dal suo campo e scomparve nell’ammanto boschivo. Poco dopo egli proseguì il cammino, dandosi ad un volo radente. Intanto che volava, impartì altre disposizioni al suo anello, tra le quali quella di rendergli visibile tutto ciò che si presentava invisibile agli occhi degli umani, compresi gli ologrammi con cui le divinità erano solite manifestarsi ai Materiadi in certe circostanze. Per adesso, il nostro eroe intendeva raggiungere al più presto il villaggio degli Zeiv, essendo desideroso di avere un colloquio con il loro capo. Perciò, dopo che ebbe raggiunto la sua meta, in quel luogo non perse tempo ad informarsi dell’ubicazione della sua capanna e a cercare di raggiungerla al più presto. Una volta che si fu fatto ricevere dall’autorevole personaggio, presso la cui capanna era stato accompagnato da un abitante del villaggio, iniziò a parlargli così:

«Salve, Seruk, capo degli Zeiv! Se sono venuto qui da te, non è soltanto per fare la tua conoscenza; ma soprattutto perché noi due dobbiamo parlare di cose molto importanti! Perciò dovrai spendere un po’ del tuo tempo ad ascoltarmi. Sei disponibile a farlo?»

«Come mai, forestiero, ti è già noto il mio nome, benché non ci siamo mai visti fino ad oggi? Mi dici chi te ne ha messo al corrente? Ma che sciocco che sono! Ma sono sicuro che, a riferirtelo, sarà stato colui che ti ha condotto alla mia dimora! Sei poi certo che noi abbiamo delle cose in comune e anche di una certa rilevanza, come hai affermato?»

«La tua osservazione, Seruk, è stata giusta; però non ho appreso il tuo nome nel villaggio, come hai pensato. La persona, la quale mi ha messo al corrente di esso, mi ha anche comunicato altre cose che riguardano il tuo popolo, siccome mi ha anche parlato della sua travagliata vicenda. Comunque, prima di inoltrarci maggiormente nella nostra attuale conversazione, desidero farti presente che mi chiamo Iveonte e che tu dovrai adoperare tale nome, quando ti rivolgerai a me nel seguito di essa. Mi sono spiegato, capo degli Zeiv?»

«Va bene, Iveonte, se ciò ti aggrada! Anch'io trovo senz’altro giusto che sia così, poiché il termine generico di forestiero non piaceva neppure a me! Se però non è stato nessuno di quelli che vivono nel nostro villaggio, vuoi farmi sapere quale altro mio conterraneo ti ha fatto il mio nome, dal momento che non può essere altrimenti? Non mi viene in mente neppure qualcuno di loro che, dopo aver abbandonato il nostro villaggio, sia poi riuscito a sopravvivere! Secondo quanto ci risulta, tutti sono andati incontro a morte violenta e mai nessuno dei nostri fuggitivi è stato in grado di farla franca! Gli scaltri Anacundios, ma dubito che tu ne sia a conoscenza, non si lasciano fregare da nessuno! Essi sono i tre perfidi figli di un dio malvagio, che sono sempre disposti a massacrarci!»

«Invece, Seruk, devo ancora contraddirti, poiché almeno tre di loro sono sopravvissuti nel darsi alla fuga dal loro villaggio. Essi sono gli stessi che mi hanno messo al corrente delle vostre traversie, le quali durano da un secolo. Mi riferisco ad Ekuob e ai suoi due fratelli. Da loro ho appreso ciò che vi sta accadendo da decenni per colpa del dio dei vulcani e dei suoi figli, obbligandovi a dei sacrifici umani a danno dei vostri bambini, tre dei quali gli vengono immolati ogni mese.»

«Dici davvero, Iveonte, che essi sono ancora vivi? Stamani la malefica divinità, dopo un paio di giorni che i nostri tre conterranei erano scappati, si è presentata a me e mi ha dichiarato che i tre Zeiv fuggiaschi erano stati giustiziati senza pietà dai suoi Anacundios. Inoltre, egli ha preteso da me che mi facessi portavoce della loro uccisione presso la mia gente. In questo modo, la notizia avrebbe scoraggiato gli altri miei sudditi dall’avventurarsi nella medesima impresa, se non volevano essere puniti come tutti gli altri.»

«Invece le cose sono andate diversamente, Seruk. Nel cuore della scorsa notte, tre dei miei uomini, essendo stati scambiati con gli Zeiv fuggiaschi, sono stati intercettati e massacrati dagli Anacundios. Così i poveretti, per loro sfortuna, hanno subito la punizione destinata ai tuoi conterranei! Ecco come si sono svolti i fatti la scorsa notte!»

«Mi dispiace per i tuoi uomini, Iveonte; ma mi viene spontaneo rallegrarmi per la buona sorte toccata ad Ekuob, a Versut e a Busus. Essi rappresentano tre persone che meritano tutto il mio rispetto. Il primo, che è un mio grande amico, mi aveva già anticipato le sue intenzioni di abbandonare il villaggio con i suoi due germani minori, non volendo più essere succube di colui che prova piacere a renderci l’esistenza un inferno. Ma egli era spinto alla fuga anche da un altro movente specifico. A suo parere, le parole del defunto Otuios potevano anche avere presagito il vero circa il nostro destino. L’ottantenne zeivino, infatti, prima che venisse punito dagli Anacundios a causa delle sue veggenti notizie, ci aveva informati che dalle nostre parti stava per passare un eroe fuori del comune, che era benvoluto dalle divinità benigne. Egli, se fossimo riusciti a contattarlo e a metterlo al corrente della nostra sventura, sarebbe venuto in nostro aiuto e ci avrebbe liberati da coloro che ci tiranneggiano da lungo tempo con ferocia e senza pietà. Ekuob mirava appunto a raggiungere tale nobile scopo, per il bene del suo sventurato villaggio! Egli è forse stato in grado di raggiungere il famoso eroe?»

«Tu, Seruk, come la pensi a tale proposito? Secondo te, i tuoi conterranei sono riusciti nel loro nobile intento oppure è stata inutile la loro fuga dal villaggio? Così pure vorrei sapere da te come mai i famigerati figli del dio Krouz erano stati del tutto all'oscuro della loro fuga e non li hanno fermati, prima della loro partenza!»

«Riguardo ai due quesiti che mi hai posti, Iveonte, ti dico subito che al primo non so cosa risponderti. Quanto al secondo, non è difficile darti una risposta. Siccome nessuno dei tre Anacundios può spiare gli Zeiv all’interno delle loro capanne, avendo ognuno di loro una mole mastodontica, essi non poterono ascoltare le parole di Ekuob, quando mi espresse la loro intenzione di abbandonare il nostro villaggio. Altrimenti, per lui e per i suoi fratelli, le cose davvero si sarebbero messe molto male! Ma sono sicuro che i figli del dio Kustoz non smettono mai di sorvegliare il mio villaggio, allo scopo di impedire che qualcuno della mia gente se la svigni di nascosto, cercando di fregarli. Invece, Iveonte, mi meraviglio del fatto che essi non ti abbiano individuato, mentre entravi armato nel nostro villaggio, e non siano intervenuti contro di te! Devi sapere che il dio Kustoz ci ha proibito di andare in giro muniti di armi, minacciando di morte tutti i trasgressori. Ovviamente, ci pensano i suoi tre figli ad ucciderli in modo feroce e subitaneo.»

«Oggi, Seruk, quando sono giunto nel tuo villaggio, non c’era un solo Anacundios a sorvegliare la tua gente, per cui sono arrivato qui senza problemi. Sono convinto che qualcosa di assai importante li starà tenendo occupati altrove, se non sono in questo luogo ad effettuare la sorveglianza su di voi, come hanno sempre fatto.»

«Hai scordato, Iveonte, che essi sono invisibili e che tu non potevi avvistarli? Sono certo che Ekuob te lo avrà già fatto presente, quando ti ha parlato degli Anacundios! Ma adesso che ti hanno visto entrare nel nostro villaggio e condurti alla mia dimora, non ti permetteranno di allontanartene e di ritornare al tuo luogo di provenienza!»

«Invece, Seruk, i figli del dio Kustoz davvero non ci sono a controllarvi. Diversamente da voi, la loro invisibilità con me non è in grado di funzionare, per cui essi non possono nascondersi alla mia vista! Se poi mi avessero scorto ed avessero tentato di punirmi, per essere armato, sappi che sarebbero stati loro a pentirsi per averci provato. Ecco come stanno realmente le cose!»

«Da come ti sei espresso, Iveonte, devo pensare che tu sia l’eroe, a cui si era voluto riferire il nostro Otuios! Inoltre, mi fai credere che il mio amico Ekuob e i suoi fratelli siano arrivati in tempo per incontrarti e per parlarti di noi! Voglia il cielo che sia così! Perciò mi sento già ebbro di gioia, nel sentirti parlare in questa maniera. Ossia, come un vero eroe, che non ha paura di niente ed è pronto a sfidare ogni pericolo!»

«Esatto, Seruk! Il vostro chiaroveggente aveva visto giusto, nel prevedere il mio arrivo da queste parti. Per questo non vi abbandonerò al vostro ingrato destino e mi adopererò in ogni modo per riscattarvi da esso. Ti prometto che da oggi, in seno alla tua gente, non ci saranno più sacrifici di bambini senza colpe ed uccisioni ingiuste di persone adulte. Per questo forzerò chi pretende i primi e chi perpetra le seconde a porre fine ai loro assurdi maltrattamenti nei vostri confronti! Stanne certo che sarà proprio così, come adesso ti sto facendo presente!»

«Sei sicuro di quello che dici, Iveonte? Sai davvero con chi avrai a che fare nella tua rischiosa lotta? Può darsi pure che riuscirai ad uccidere i tre Anacundios; ma mi sai dire come farai a liberarci del loro divino genitore? Ho sempre saputo che le divinità sono indistruttibili, anche da parte di altre essenze come loro, per quanto potenti possano essere! Come tu, dunque, in qualità di essere mortale, potrai liberarcene? Non credi di esserti sopravvalutato nel nuovo cimento, di cui ti stai facendo carico? Non vorrei che per te finisse male e che per noi la situazione si aggravasse ulteriormente!»

«Non temere per me, Seruk, perché so quello che dico e ciò che intendo fare; né devi preoccuparti per la mia salvezza, considerato che non esiste pericolo che possa comprometterla! Se non fosse come ti sto dicendo, il vostro Otuios vi avrebbe forse parlato di me, come il vostro sicuro liberatore? Piuttosto comincia ad esultare per i benefici che, grazie alla mia opera, inizieranno a piovere sul tuo popolo! Adesso, però, devo lasciarti, poiché mi aspettano i miei uomini. Ma stanne certo che mi rifarò vivo a missione compiuta!»

Iveonte fece ritorno nel suo accampamento, quando era già passato da poco mezzogiorno. Vi fu accolto dagli amici Tionteo e Speon con un caloroso abbraccio. Da parte sua, lo zeivino Ekuob, mostrandosi alquanto ansioso e ghiotto di notizie inerenti al suo villaggio e a colui che ne era al comando, si affrettò a fargli le seguenti domande:

«Allora, Iveonte, adesso che hai avuto modo di fare la conoscenza degli Anacundios, essi che impressione ti hanno fatto? Non credo proprio che i boia della nostra gente ti siano risultati degli esseri simpatici, considerato che essi sono dei mostri orrendi e crudeli. I quali suscitano solo terrore e non propendono per la compassione e per la misericordia!»

«Mi dispiace, Ekuob; ma per il momento non posso risponderti in merito a loro, visto che oggi i tre odiosi germani non c’erano a vigilare sul vostro villaggio. Ma dovrò ritornarci domani, sperando di trovarceli almeno allora. In compenso, però, ho potuto scambiare quattro chiacchiere con il tuo capo Seruk, il quale è stato assai felice di apprendere che tu e i tuoi fratelli siete ancora vivi. Nel vostro villaggio vi davano tutti già per morti, come il dio Kustoz aveva riferito al loro capo, ingannato dall'errata notizia avuta dai figli, i quali si erano convinti di avere ammazzati voi e non tre dei miei Lutros!»

«Sul serio, Iveonte, hai parlato con il nostro capo, che è anche mio grandissimo amico? Lo supponevo che i nostri conterranei ci avrebbero dati per morti, dopo che i mostruosi figli del dio Kustoz hanno fatto strage dei tuoi uomini, scambiandoli per noi. Adesso vuoi renderci edotti delle cose che vi siete dette, durante il vostro colloquio a quattr'occhi? Ci terrei a saperlo, se proprio non ti pesa molto farlo!»

«Gli ho comunicato, Ekuob, quelle cose di cui avevamo parlato noi due prima, ossia che sono io l’eroe preconizzato dal vostro Otuios e che mi sono proposto di dare una mano al vostro popolo a liberarsi da chi lo angaria. Gli ho fatto anche presente che tu e i tuoi due fratelli l’avete scampata per miracolo, però facendoci andare di mezzo tre dei miei accompagnatori. Beninteso, non per un vostro atto volontario!»

«In questo istante, Iveonte, mi sta sorgendo un dubbio. Esso mi fa chiedere se gli Anacundios non ci fossero davvero a fare la guardia sul nostro villaggio o se invece sei stato tu a non vederli da quelle parti, a causa della loro ben nota invisibilità!»

«Ekuob, se non sono stati scorti da me, è perché essi non c’erano; altrimenti mi avrebbero assalito, essendomi mostrato a tutti armato: non ti sembra? Invece essi avranno avuto un impegno alquanto importante presso il padre. Ma convinciti che domani farò la loro conoscenza e saprò come comportarmi con tutti e tre! A questo punto, poiché qui non si è ancora pranzato, ci conviene farlo immediatamente, siccome avverto un languore allo stomaco!»

Il giorno successivo, come aveva promesso ad Ekuob, l’eroe dorindano si condusse di nuovo nel villaggio degli Zeiv, essendo convinto che questa volta vi avrebbe trovato i loro tormentatori. La sua convinzione non rimase disattesa dagli eventi, poiché egli riuscì ad avvistarli in volo e a studiarli da vicino, ma senza dare ai mostruosi esseri l’impressione di vederli. Gli Anacundios non potevano sospettare che Iveonte fosse proprio l’eroe di cui avevano discusso con il genitore, considerato che essi non erano stati ancora messi al corrente della sua identità dall’intervento paterno. Inoltre, ora il prestigioso Dorindano si era presentato disarmato presso il popolo zeivino, volendo allontanare da sé ogni sospetto. Egli, ritenendo probabile che il dio Kustoz avesse potuto avvisare la propria prole, permettendo ad essa di identificarlo, di continuo stava sul chi va là e si teneva pronto a prendere delle tempestive contromisure idonee a trarlo dai guai, se gli fossero piovuti addosso all’improvviso. Ma una volta avute le informazioni che gli interessavano sulla famigerata famiglia, parte divina e parte semidivina, Iveonte ritornò al suo accampamento, quando mancava poco tempo a mezzogiorno. Così, in presenza dell’amico Tionteo, egli si incontrò di nuovo con i suoi ospiti zeivini. Allora, oltre a ragguagliarli su ciò che era stato in grado di apprendere sugli orribili esseri che perseguitavano il loro popolo, gli comunicò pure che il giorno successivo si sarebbe buttato a capofitto nella lotta contro i medesimi.

Volendo essere obiettivi, Iveonte, se aveva ottenuto molte notizie sugli Anacundios, la stessa cosa non si poteva asserire sul conto del loro genitore, la cui natura divina lo aveva ostacolato nell’approfondirlo come avrebbe voluto. Egli non si era potuto rivolgere alla sua diva protettrice per perseguire un simile obiettivo, perché ella si era dovuta assentare da quel luogo, per impegni personali importanti. La sua partenza di preciso c'era stata la sera precedente l’uccisione dei suoi uomini da parte dei tre mostruosi semidei, essendo essa avvenuta nella notte successiva. Perciò il giovane era stato dell’idea che presto sarebbe stato lo stesso dio malefico a manifestarsi a lui nelle sue reali fattezze, non appena avesse deciso di aggredirlo. In tale circostanza, con l’appoggio dell’anello, egli sarebbe ricorso ai provvedimenti più appropriati, al fine di incastrarlo e di renderlo inoffensivo per una durata di tempo talmente lunga, da non poter essere neppure quantificata.

Così il mattino seguente, dopo aver reso il suo campo inattaccabile perfino da essenze divine ed aver salutato quanti vi bivaccavano, in special modo gli amici Tionteo e Speon, il nostro eroe si diede a volare alla volta del villaggio zeivino. Giunto sopra di esso, con volo planante iniziò a discendere per atterrarvi. Molti Zeiv assistettero alla sua apparizione nel cielo e al suo movimento discendente che vi eseguiva, facendo invidia perfino ai più provetti pennuti volatori. Mentre egli si avvicinava al suolo, gli sbalorditi abitanti del villaggio non sapevano spiegarsi quello strano fenomeno. Essendo convinti che un uomo non poteva volare, essi furono dell'idea che potesse essere solo un dio quell’essere dalle sembianze umane che proveniva dall’alto. Ma il loro capo, avendo riconosciuto in lui Iveonte, rassicurò i suoi sudditi che egli era l’eroe umano annunciato dal loro conterraneo Otuios. Egli si era proposto di liberarli dalla gravosa tirannia del dio negativo Kustoz e dei carnefici suoi figli.


Perché mai gli Anacundios avevano disertato il loro luogo di sorveglianza, proprio quando il nostro eroe si era recato nel villaggio degli Zeiv? Egli vi era andato soprattutto con l’intento di rendersi conto con quali esseri abominevoli avrebbe avuto a che fare, prima di intraprendere la sua lotta contro di loro. Anche perché essi avevano già massacrato tre dei Lutros al suo seguito. A dire il vero, si era trattato di una pura coincidenza, poiché i tre mostruosi gemelli semidivini erano stati richiamati dal loro genitore per una riunione di famiglia. Nell’ambito della quale, il dio malefico aveva voluto metterli al corrente di fatti urgenti di una certa rilevanza. Perciò affrettiamoci a conoscere anche noi l’integrale contenuto della loro riunione, il quale, allo stesso tempo, ci si rivelerà senz'altro sorprendente ed abbastanza utile. Ebbene, il dio Kustoz, dopo aver radunato in gran fretta la sua prole presso la loro dimora, aveva incominciato a parlare così:

«Figli miei, comincio a credere che lo zeivino Otuios avesse avuto ragione, quando annunciò ai suoi conterranei l’arrivo in queste terre di un eroe umano dalle prerogative prodigiose. Egli, che adesso si trova accampato con i suoi uomini a poche miglia dal villaggio degli Zeiv, è un Materiade umanoide diverso dagli altri, per cui bisognerà ben guardarsi da lui. Dopo avere avuto modo di studiarlo da vicino, mi sono reso conto che egli è davvero formidabile e non so ancora fino a che punto potremmo aver ragione di lui, se tentassimo di liquidarlo. Per adesso, vi consiglio di non permettere agli Zeiv di raggiungerlo e di metterlo a conoscenza della situazione in cui versa il loro popolo. Se qualcuno di loro ci riuscisse, lo coinvolgerebbe nella loro vertenza, che da ormai un secolo il suo popolo tiene aperta nei nostri confronti. Naturalmente, le mire degli Zeiv sarebbero quelle di vedersi sgravare da lui dell’insostenibile peso dei loro sacrifici mensili, ai quali vengono costretti da me con la forza, servendomi di voi tre.»

«Possibile, padre,» si era stupito il figlio Lukut «che un essere umano possa metterti in una simile inquietudine? Un uomo non potrà mai competere con una divinità e neppure con dei semidei, quali siamo io e i miei fratelli! Se ci dai il consenso, andremo subito nel campo dei forestieri e ne faremo un enorme sterminio. Anzi, il primo ad essere ucciso da noi sarà proprio l’eroe umano! Con la sua uccisione, ti dimostreremo che a torto ti stai preoccupando di lui, come invece non dovresti fare. Allora possiamo esprimerci come ti abbiamo detto, senza che ci provenga da te nessun divieto assoluto?»

«Invece, senza che io ve l’ordini o ve lo suggerisca, Lukut, voi vi asterrete da qualunque rappresaglia contro i forestieri. Fino a quando non sarò sicuro che il loro capo è pane per i vostri denti, intendo evitare di mettere a rischio la vostra pelle! Fino a quel momento, quindi, starete alla larga da lui il più possibile e non vi farete avvistare in alcun modo neppure sul villaggio zeivino! Mi sono spiegato per bene, figli miei?»

«Forse dimentichi, padre,» era intervenuto anche il figlio Empus «che la nostra invisibilità metterà in grandissima difficoltà questo sedicente eroe umano, al quale ti sei riferito? Essa ci consentirà di colpirlo, senza che egli neppure si accorga di noi in qualche maniera. Perciò i tuoi timori sono infondati e fai molto male a parlarci così, nel riferirti a lui come ad un supereroe invincibile!»

«Non trinciare giudizi, Empus! Mi dici come fai ad essere certo che l’umano, che si presenta con caratteristiche straordinarie, non è pure in grado di scorgervi nel cielo, mentre agite contro di lui? Se fosse come affermi, la sua straordinarietà andrebbe a farsi friggere ed egli non sarebbe diverso dagli altri umani! Non ti pare? Invece, se è stato annunciato anche con un vaticinio, ciò vuol dire che questo personaggio ha davvero delle doti singolari. Per cui non possiamo scartarne qualcuna, se non vogliamo attenderci da lui delle spiacevoli sorprese! Quindi, occorre stare attenti da tale essere umano!»

«Stando alla tua affermazione, padre,» c’era stato infine l’intervento di Froet «non dobbiamo neppure escludere che egli possa volare come noi, benché il volo non sia una prerogativa degli esseri umani! Comunque, la nostra natura, a differenza dalla sua, è semidivina. Come tale, è inattaccabile da ogni arma dei comuni mortali!»

«Rispondendo alla tua prima considerazione, Froet, fino a prova contraria, non possiamo escludere in lui l’attitudine al volo, la stessa di cui siete dotati tu e i tuoi fratelli. Da un essere come lui, che le circostanze ci fanno ritenere prodigioso, dobbiamo aspettarci di tutto. Quanto poi alla vostra invulnerabilità, in linea di massima essa dovrebbe garantirvi l’incolumità contro ogni arma umana che tentasse di ferirvi oppure di colpirvi a morte. Solo che la spada dell’eroico forestiero mi sembra che non sia opera umana, per cui mi risulta difficile prevedere il reale potere che essa potrà avere sulla vostra condizione di esseri invulnerabili. Questo, figli miei, è un altro punto oscuro, il quale in nessun modo dovrebbe farvi precipitare ad avere uno scontro diretto con lui. Comunque, da parte mia, continuerò ad adoperarmi attivamente, perché io abbia dell’eroe in questione maggiori notizie possibili. Con il mio studio di lui, intendo evitare che un giorno vi ritroviate ad affrontarlo, senza conoscerlo in maniera approfondita!»

Una volta ricapitolati i punti essenziali della discussione che si era avuta nell’ambito familiare fra i tre Anacundios e il loro genitore, adesso ci è consentito procedere nel nostro racconto. Così lo riprenderemo dal secondo tentativo di Iveonte di studiare da vicino i suoi prossimi avversari. Essi, a prima vista, dovrebbero apparirgli oltremodo temibili.