334°-IVEONTE E TIONTEO NEL VILLAGGIO DI TARDUNUK

Dopo che Mendus ebbe terminato il suo racconto, Iveonte e l'amico Tionteo si ritrovarono senza più l’umore allegro di prima, siccome ne erano rimasti molto scossi ed intossicati. L’avere appreso da lui che esisteva una gioventù diametralmente opposta ad una parte di quella boiosina e normukese di certo non li aveva resi felici. L'ingente quantità di crimini, ai quali essa si dava quotidianamente, li aveva scioccati e fatti sentire come se avessero ricevuto una mazzata alla nuca. Inoltre, i due amici non avrebbero mai immaginato che i giovani di un intero villaggio avessero preferito darsi ad attività criminali, le quali erano contrarie alla morale e alla religione. Secondo il loro pensiero, essi si sarebbero dovuti lasciare coinvolgere soltanto nelle cose belle che la vita metteva a loro disposizione! Soprattutto i giovani Tardun avrebbero dovuto cullare nell'intimo gli ideali più puri e più nobili che appartenevano all’umana esistenza, se intendevano non essere scambiati per autentiche bestie! Comunque, erano stati i nefandi delitti di tale gioventù, la quale si mostrava in preda al traviamento più feroce e turpe, a scombussolare di più il loro animo, immergendolo in un qualcosa di tremendamente assurdo e preoccupante. Ad entrambi era parso come se una tenebra avesse oscurato il luminoso sole e che i loro occhi potessero avvistare intorno a sé soltanto l’oscurità più assoluta, priva di ogni spiraglio di luce benefica.

Il primo intervento, dopo il triste racconto dell’anziano Tardun, fu quello di Iveonte, il quale tese a far presente al loro anziano ospite:

«Come vedo, Mendus, se si considera la situazione del tuo villaggio da ogni angolazione possibile, essa non presenta nulla di cui sentirsi fieri e potersi rallegrare! Il fenomeno della criminalità, sia quello occasionale dei delinquenti comuni sia quello mirato delle bande malavitose, oramai vi si è radicato in modo generalizzato. Per la quale ragione, sono del parere che esso opporrà una forte resistenza, prima di venire debellato da un potere legiferante. Da parte mia, sono convinto che il negativo fenomeno, che vi si è attecchito da tempo, tirerà fuori le unghie, pur di non lasciarsi sopraffare dai valori positivi. Mi riferisco a quelli che disciplinano i rapporti umani esistenti in una sana convivenza civile!»

«Ciò che attesti, Iveonte,» gli fece eco Mendus «è tutto vero e ti viene dettato dalla saggezza, per cui bisogna considerare il mio popolo definitivamente perduto! Per questo, essendomi già rassegnato in merito, sto cercando altrove la serenità, della quale sono stato privato nel mio villaggio da lunghissimo tempo. Ma se ci sarò costretto, sarò obbligato a pazientare, fino a quando io ed essa non ritorneremo ad essere i buoni amici di una volta. Comunque, sono convinto che ciò potrà avvenire solamente in un villaggio diverso dal mio, il quale mi darà la soddisfazione di sentirmi suo abitante felice e orgoglioso di esserlo!»

In quella conversazione, anche il giovane Terdibano si ritenne in obbligo di esprimere la propria opinione in relazione all'argomento. Egli vi prese parte, cercando di recare una nota di incoraggiamento e di fiducia, a beneficio di colui che aveva perduto ogni speranza di vedere il proprio villaggio ritornare ad essere quello del tempo trascorso nella legalità. Perciò, rivolgendosi al disperato Tardun, cominciò a dirgli:

«Coraggio, Mendus! Anche se a volte le cose prendono una brutta piega, ciò non vuol dire, allo stesso tempo, che esse non potranno assolutamente avere una conclusione positiva. L’eventualità che qualcuno possa riportarle allo stato originario, ossia quello privo di pecche, può sempre sbucare da dietro l’angolo! Bisogna soltanto aver fiducia in essa e sperare così che la medesima venga fuori da un momento all'altro.»

«Non puoi pretendere, Tionteo, che io creda che un fatto del genere possa verificarsi là dove il bene è morto per sempre ed è stato anche seppellito! In vita mia, non ho mai avuto fede nei miracoli; né voglio iniziare ad averla alla mia tarda età! Sono convinto che il mio villaggio è irrimediabilmente naufragato nel marasma totale, senza più possibilità di recupero! Nessuno me lo potrà mai togliere dalla testa!»

«Invece dovrai farlo, Mendus, visto che ti è capitato di incontrare noi due. Per la verità, più che a me, intendevo riferirmi al mio amico Iveonte. Egli, se decidesse di aiutarvi, risolverebbe tutti i vostri problemi, poiché neppure mille Obluz gli farebbero impressione oppure gli darebbero il minimo fastidio: così grande è il suo valore!»

Alle promettenti asserzioni di Tionteo, che gli lasciavano aperte le porte alla speranza, il Tardun domandò al suo amico:

«A tale riguardo, Iveonte, tu cosa puoi dirmi? Sul serio devo prendere in considerazione il tuo compagno, il quale, come vedo, ti stima talmente tanto, che di più non è possibile? Oppure egli, avendo avuto compassione di me, con le sue parole ha voluto unicamente risollevarmi ed infondermi un certo coraggio? Se non ti dispiace, attendo una tua sollecita risposta, per favore! Altrimenti seguiterò a restare nella mia terribile sofferenza pluriennale!»

«Invece puoi aver fede in ciò che egli dice, Mendus. Inoltre, ti do la bellissima notizia che ho deciso di intervenire nel tuo villaggio per ricondurlo al livello di vivibilità di prima, quello che esisteva all’epoca del tuo capo Krouz. Sei contento di questa mia decisione, la quale è del tutto favorevole al tuo popolo? Già, come potresti non esserlo?»

«Lo sarei senza meno, Iveonte, se tu fossi davvero in grado di fare qualcosa del genere per i miei conterranei. A volte non bastano i buoni proponimenti a perseguire gli ideali più nobili, se poi non si hanno il coraggio e la forza per condurli a buon fine. Mi dici, perciò, come farai a prendere di petto tanti giovani scalmanati, che si sono votati agli atteggiamenti più dissacranti e alle azioni più delittuose? Sono convinto che i giovani Tardun non ti daranno neppure l’opportunità di iniziare la tua opera di bonifica morale e religiosa. In un primo momento, ti prenderanno per un mentecatto e successivamente si daranno a farti passare un brutto quarto d’ora, se essi stabiliscono di non farti fuori in quattro e quattr'otto, come è accaduto con tante altre persone del villaggio!»

«Sai che mi fai veramente ridere, Mendus, quando parli in questo modo?» lo contestò Tionteo «Come puoi pensare che quei giovani scapestrati possano far passare dei brutti momenti al mio amico? All’opposto, sarà Iveonte a metterli in serie difficoltà, se essi non righeranno dritto e non rinsaviranno in tempo! Prima o poi, te ne convincerai pure tu con tuo grande sollievo! Perciò, anziché preoccuparti per la salute di Iveonte, preòccupati per gli svitati giovani di Tardunuk!»

«Tionteo, voglia il cielo che il torto sia dalla mia parte e la ragione dalla tua! In tal caso, non avrei più bisogno di cercarmi un nuovo villaggio di adozione, allo scopo di trascorrervi in santa pace l'ultimo scampolo della mia esistenza. La quale, come sapete, adesso risulta disgraziatamente avvelenata e scontenta di tutto quanto mi è capitato!»

«Ti assicuro, Mendus, che non sarà necessario che tu ti imbarchi in una simile avventura,» Iveonte intervenne a garantirgli «senza avere neppure la certezza che essa poi appagherebbe sul serio il tuo vivo desiderio. Vedrai che la fine dei tuoi giorni ci sarà nel tuo villaggio, mentre ti stai godendo la pacatezza della tua ritrovata esistenza di una volta. Infatti, essa non sarà più scombussolata dai malvagi capricci di giovani, che hanno perduto ogni speranza sia nei propri confronti sia verso gli altri! Te ne do la massima assicurazione!»

«Sentirlo dire da te, Iveonte, mi diventa più facile crederci e fare affidamento su quanto affermi. In me avverto come se tu fossi il dominatore delle varie situazioni, senza che ce ne sia qualcuna che possa crearti dei problemi. Sono convinto che pure quella del mio villaggio potrà essere gestita da te in modo vittorioso. Ti ringrazio, assennato ed eroico giovane, per esserti proposto generosamente di venire in soccorso del mio popolo, il quale ha tanto bisogno del tuo aiuto salvatore!»

«Vedo, Mendus,» si compiacque Tionteo «che hai fatto presto a renderti conto di chi è realmente il mio compagno e di ciò che egli sia capace di ottenere dagli altri. Non ti sei sbagliato a considerare Iveonte un grandissimo eroe in grado di superare qualunque difficoltà, dal momento che non esistono per lui ostacoli insormontabili. A questo punto, perciò, ci resta unicamente attendere la sua proposta in merito alla vostra ostica questione. Ma sono sicuro che egli ce l’ha già in serbo e desidera farcela conoscere al più presto!»

«Esatto, Tionteo, è come hai pensato!» gli confermò l'amico «Vivendo accanto a me, hai imparato a leggermi nel pensiero. Tra poco, sottoponendola al vaglio di voi due, appagherò la vostra curiosità ed avrò anche il vostro parere in merito alla vicenda in questione.»

«Hai proprio ragione, amico mio. Noi siamo ansiosi di conoscerla; naturalmente, non per vagliarla, come hai asserito! So per esperienza, Iveonte, che ogni cosa tu decida di fare essa è sempre ponderata nei minimi particolari, direi al millimetro. Oramai so che fa parte del tuo carattere essere meticoloso al massimo in ogni decisione. Dunque, mettici a conoscenza di come intendi risolvere il problema!»

«Ebbene, Tionteo, è mia intenzione non presentarci in Tardunuk insieme con Mendus. In questa faccenda, ho deciso di muovere i primi passi senza la sua compagnia. Io e te dovremo apparire nel villaggio due forestieri, che vi sono capitati per caso. Almeno inizialmente, voglio evitare un impatto traumatizzante con la realtà locale dei giovani. Invece, ammesso che ci sarà consentito, desidero che esso non avvenga bruscamente e con un tono subito allarmistico. Ti sono stato chiaro?»

«Hai ragione, Iveonte! Ma se saranno i giovani tardunesi a rendercelo fin dall’inizio inconciliabile e burrascoso, senza permetterci di dialogare, come ci comporteremo in una simile circostanza?»

«In quel caso, Tionteo, ci confronteremo con loro, usando il loro stesso metro! È inutile farti presente che essi si pentiranno di non averci dato altra scelta, ossia quella del dialogo e della riconciliazione! Comunque, domani pomeriggio staremo a vedere quale sarà il loro atteggiamento nei nostri confronti, dopo che ci saremo presentati a tutti loro!»


Il giorno successivo, due ore dopo mezzogiorno, Iveonte e Tionteo fecero la loro prima comparsa in Tardunuk. Mendus, invece, era stato lasciato presso l’abitazione di un suo amico, la quale distava un paio di miglia dalla periferia del villaggio. Essi avevano ritenuto che quella fosse la cosa più giusta da farsi, se volevano evitare che la loro missione avesse, fin dall'inizio, un input errato e per niente costruttivo con la permalosa gioventù locale. Entrati così nel popoloso villaggio, si meravigliarono per averlo trovato quasi deserto, pur risiedendovi una popolazione abbastanza numerosa. Inoltre, le poche persone che si aggiravano nelle sue strade non si mostravano spensierate e felici. Camminando, esse si davano ad affrettare il passo, come se qualcuno le stesse pedinando oppure avesse paura di fare dei brutti incontri, i quali non erano affatto rari. Questi, come si sapeva, potevano presentarsi in ogni angolo di Tardunuk, quando uno meno se lo aspettava. Era insolito anche il fatto che non si avvistavano in nessuna parte né gli artigiani dediti alla loro attività febbrile né i venditori di una qualsiasi merce, fosse essa alimentare o di altro genere. Gli uni e gli altri, infatti, erano stati costretti a chiudere i battenti, per aver subito in passato un numero esagerato di rapine oppure di taccheggi. Inoltre, per le strade non si scorgevano persone anziane e vecchie, siccome esse, pur di non sottoporsi alle crudeli impertinenze giovanili, preferivano restarsene nelle loro case e scansare in quel modo qualunque rischio.

Solo quando essi si furono avvicinati di più al centro, Iveonte e Tionteo si resero conto che i giovani e gli adolescenti erano gli unici a brulicare per le vie del villaggio. In continuazione, essi vi si agitavano, si inseguivano, chiassavano, sfoggiavano gaglioffaggini ed improntitudine senza alcuna moderazione, recando molto scompiglio dappertutto. In definitiva, il quadro rappresentato dall'intero villaggio non faceva affatto pensare ad una località amena e solatia. Al contrario, esso faceva intendere che si stava di fronte ad un luogo in pieno tumulto e succube del massimo turbamento. Per questo in esso predominavano gli elementi della natura in preda alla loro ridda più indiavolata, poiché la tempesta sociale veniva a spingerli ad un totale sconvolgimento di esseri e di cose, dopo aver perduto completamente la calma. Né la si poteva intendere in altro modo, se si voleva essere obiettivi! Cammin facendo, ad un certo momento, i due giovani amici giunsero in mezzo ad una specie di piazza che aveva forma quadrata, sulla cui area perimetrale c’erano varie abitazioni prospicienti su di essa. In mezzo a tale spiazzo, si trovava un abbeveratoio, il quale invogliò i due giovani ad abbeverare i loro cavalli. Così, nel frattempo che le loro bestie equine si dissetavano e i rispettivi proprietari le seguivano nel loro rumoroso lappare, una banda di giovinastri, dopo essere apparsi da una via che vi confluiva con uno slargo, si avvicinò e li accerchiò. Qualche attimo dopo, il loro capo non perse tempo ad affrontarli e a venire subito al dunque, dicendogli:

«Voi due siete forestieri e non Tardun come noi! Si vede e si sente da un miglio, a causa del puzzo nauseabondo che emettete! Allora me lo confermate oppure no? Attendo la vostra risposta, se non vi spiace.»

«Devi essere di sicuro abbastanza sveglio, giovanotto,» gli rispose prontamente Tionteo «se, in men che non si dica, sei giunto a tale intelligente conclusione! Si vede benissimo che, quando eri bambino, ogni giorno i tuoi genitori ti hanno fatto fare delle scorpacciate di prestignoli! Non è forse vero quanto ti ho appena detto?»

Quello citato dal Terdibano era un alimento inesistente, essendo stato inventato da lui di sana pianta lì per lì, con il chiaro intento di prendere in giro il suo interlocutore. Il Tardun, a sua volta, incuriosito da quello strano alimento di cui non aveva mai sentito parlare in vita sua, volle apprendere cosa essi erano. Perciò gli domandò:

«Forestiero, cosa sarebbero questi prestignoli, dei quali non ho mai sentito parlare nel mio villaggio, tanto meno dai miei genitori? Allora mi chiarisci meglio cosa essi sono?»

«Si tratta di una varietà di suffrutici molto buoni e teneri. Essi nelle persone che se ne cibano, oltre ad accrescere l’intuizione, fanno imparare le cose alla svelta. Si comportano più o meno come gli spinaci, i quali però fanno aumentare la forza nei loro divoratori. Sono sicuro che tua madre te ne avrà fatti mangiare una quantità eccessiva, se la tua argutezza si presenta qualcosa di sbalorditivo!»

«Forestiero, per la verità non ricordo se in passato io ne abbia mai mangiati. Almeno mi dici se essi hanno un buon sapore? Se la tua risposta è affermativa, dirò alla mamma di continuare a cucinarmeli. In questo modo, diverrò ancora più sveglio!»

«Certamente, giovanotto! Il loro sapore, più o meno, somiglia a quello dei broccoli. A proposito, quest'ultimo ortaggio ti risulta gustoso oppure ti fa un po' schifo, come tutti ammettono?»

«Mi avvedo che ti stai burlando di me, forestiero imprudente! Per questo adesso ti faccio vedere che cosa capita a chi osa fare il burlone con il sottoscritto. Ma prima di passare a concretizzare le mie minacce, voglio interessarmi dei miei affari. Perciò sbrigatevi a cederci i vostri cavalli, come doveroso tributo per aver messo piede in Tardunuk! Dopo, come promesso, seguirà il resto! Vi sono stato abbastanza chiaro?»

Allora intervenne Iveonte a contrapporglisi, rampognandolo così:

«Balordo di un Tardun, adesso non ti sembra di pretendere troppo da noi? Credi che bastino i tuoi venti scagnozzi ad intimorirci? Mi dispiace contraddire il mio amico, ma la sua precedente diagnosi fatta su di te è stata del tutto errata. In età puerile, tua madre ti avrà rimpinzato solo di tardignoli, anziché di prestignoli, se ti mostri così tardo nel prendere atto del grave pericolo che stai correndo!»

«Vedo che anche tu, forestiero, ti stai comportando come il tuo stupido amico! Bene, adesso riceverete entrambi la lezione che vi meritate! Tu, però, poiché mi hai offeso più gravemente di lui, sarai il primo a cui dimostrerò di cosa è capace Urgot, che sarei io in persona, in qualità di braccio destro di Obluz! Così imparerai per sempre ad esprimerti in modo meno offensivo nei miei confronti! Allora prepàrati alla mia lezione, che sto per darti con molto piacere!»

Parlando in quel modo, il giovane tardunese in un attimo impugnò la spada ed assalì Iveonte, con l’intenzione di passarlo da parte a parte; ma il giovane eroe naturalmente non glielo consentì. Invece, con una contromossa rapida ed impercettibile all’occhio umano, egli prima lo disarmò, poi lo sollevò da terra con le sue braccia ed infine lo scaraventò al suolo, quasi fosse un sacco di patate. Urgot, dopo essere stato atterrato bruscamente dall’avversario, mentre si lagnava per la rottura di alcune ossa, incitò i componenti della sua banda ad assalirlo selvaggiamente. Allora, accogliendo l’incitamento del suo capo, uno di loro subito gli scoccò contro una freccia. Iveonte, però, senza alcuna difficoltà, la intercettò e l’arrestò con la sua mano destra. Di lì a poco, usando il medesimo organo che la teneva stretta, egli rispedì al suo mittente l’appuntita saetta, la quale lo colpì in pieno petto e gli si conficcò profondamente nelle costole. Dopo essere stato ferito in modo grave, il birbante offensore stramazzò al suolo agonizzante. L’intervento del forestiero contro il loro capoccia aveva già fatto rimanere di stucco i giovani banditi, i quali non avevano mai visto niente di simile. Quando poi lo videro far mostra anche della sua valentia nel riuscire ad arrestare il dardo lungo la sua traiettoria e durante la sua velocità di lancio, essi si strabiliarono in maniera iperbolica. Non credevano ai loro occhi, né avrebbero mai immaginato che nella realtà si potesse operare un portento del genere. Perciò si trattennero dallo sferrare l'assalto brutale. In verità, il nuovo episodio aveva lasciato interdetto pure Urgot, che non se la sentì più di mandare i suoi compagni allo sbaraglio e condannarli a morte certa. Allora Iveonte, scorgendoli disorientati, si diede a parlare a tutti loro in questo modo:

«Vedo che vi è passata la voglia di fare i prepotenti con noi. A tale riguardo, vi faccio presente che avete preso una saggia decisione. Altrimenti vi avremmo fatti fuori in un batter di ciglio! Stando così le cose, vi esorto a prendere con voi il vostro malconcio capo e a ritornarvene nello stesso luogo da dove siete venuti. E siccome vi capiterà senza meno di incontrare Obluz, con il quale abbiamo dei conti da regolare, non dimenticate di riferirgli che lo stiamo aspettando in questo posto, dove adesso ci vedete!»

Quando infine la banda dei giovani tardunesi si fu allontanata veloce, essa non si smembrò strada facendo. Invece pervenne nella sua interezza in quella località, che poteva essere ritenuta il loro quartier generale, considerato che anche il loro capo vi aveva fissato la sua stabile dimora. Difatti ora Obluz rappresentava il capo indiscusso di coloro che erano alla guida delle varie bande esistenti nel villaggio. I quali, tra l'altro, in Tardunuk avevano il compito di far lievitare senza sosta ogni forma di delinquenza giovanile, attraverso l’arruolamento nelle loro bande di giovani delinquenti che si dimostravano più quotati in quel mestiere criminoso. Così se ne sarebbero serviti per spingerli a commettere quei reati aventi una prospettiva assai lucrosa, dovendo essi fare accrescere i loro introiti attraverso azioni criminali su commissione. La decima parte dei quali finiva nelle tasche di Obluz, che corrispondeva alla quota che ciascun capobanda, per contratto, era tenuto a versare al capo dei capi, se ci teneva a vivere di ladrocinio nel proprio villaggio.


Vedendolo rientrare alla base ridotto così male, da farsi trasportare addirittura a braccia dagli uomini che erano alle sue dipendenze, Obluz domandò al suo luogotenente:

«Cosa ti è successo, Urgot? Sei forse inciampato in una delle fosse, delle quali sono piene le strade del nostro villaggio? Ma non lo credo, siccome il tuo stato di salute si presenta ancora peggio! Su, raccontami ogni cosa di quanto ti è accaduto poco fa nel luogo dove ti davi al tuo fruttuoso lavoro, se non vuoi farmi stare in pensiero!»

«Puoi dirlo forte, Obluz, che non è stata una buca a ridurmi come mi scorgi! Ti faccio presente, a tale riguardo, che non è bello essere sollevato dal tuo avversario alla massima altezza che gli è consentita e venire poi gettato a terra da lui come un peso morto, quasi fossi stato io una balla di fieno! Se capiterà anche a te di sperimentarlo, allora dopo saprai dirmi come ti sentirai fisicamente! Ti garantisco che non te ne verrebbe alcun beneficio, se davvero ti succedesse! Ed è quanto è capitato a me poco fa presso l’abbeveratoio!»

«Sul serio sei rimasto vittima di un fatto del genere, Urgot? Mi dici allora cosa stavano facendo i tuoi uomini, nel frattempo che ti succedeva quanto mi hai riferito? Forse si godevano l'accattivante spettacolo, senza degnarsi di darti il loro prezioso aiuto, del quale abbisognavi tantissimo in quella circostanza a te sfavorevole?»

«È stato proprio così, Obluz! Essi si sono limitati soltanto ad assistere alla scena e a stupirsene come non mai. Soltanto quando gli ho impartito l’ordine di attaccare come belve feroci il mio fortissimo rivale, mostrandosi quasi mogi, hanno cercato di reagire.»

«Ma almeno, Urgot, dopo i tuoi compagni sono riusciti a vendicarti in modo appropriato oppure hanno combinato ben poco nella vostra faccenda? Mi interessa conoscere molto questo particolare!»

«In verità, Obluz, solo lo spilungone Piskut ha tentato di intervenire per primo contro di lui, scagliandogli contro una freccia, con la chiara intenzione di ucciderlo. Ma non è servito a niente, poiché il forestiero non ha avuto alcuna difficoltà ad arrestarla e ad afferrarla in volo, cioè prima di venirne trafitto. Subito dopo, usando la stessa mano intercettatrice, gliel’ha rilanciata indietro, colpendolo in mezzo al petto ed ammazzandolo sul colpo! Allora essi sono rimasti talmente stupiti, che non hanno più avuto la voglia di assalirlo. In verità, anch'io sono stato del loro stesso parere, per evitare una nostra carneficina da parte sua.»

«Urgot, dici sul serio che il forestiero è stato in grado di fare ciò che mi hai appena riferito? Oppure lo hai sognato, mentre ritornavi al nostro campo, solo per giustificarti? Sappi che non ho mai udito qualcosa del genere in vita mia! Né lo credo possibile in questo momento!»

«Eppure egli si è dimostrato capace di farlo, Obluz! Te lo possono confermare tutti gli altri componenti della banda che si trovavano con me. Ovviamente, tranne il poveretto Piskut, il quale è rimasto freddato dalla saetta, che egli stesso gli aveva lanciato contro! Anzi, è stato questo secondo episodio a sconsigliarci dall’andare fino in fondo con i due forestieri. Infatti, esso ci ha invogliati più a darcela a gambe levate, che non ad affrontarli con nostro successivo pentimento!»

«Possibile, Urgot, che i forestieri non si siano preoccupati per niente di inseguirvi con i loro cavalli per darvi una lezione, ma vi hanno permesso di scappare liberamente? Se lo vuoi sapere, trovo assai inverosimile anche quest’altro dettaglio!»

«Al contrario, Obluz, sono stati proprio i due forestieri ad esortarci a farlo, se non volevamo rimetterci la pelle. Noi gli abbiamo ubbidito subito, anche perché la cosa ci risultava abbastanza conveniente! Non pare pure a te che abbiamo agito nel modo giusto?»

«Altro che giusto, Urgot! Invece devo rinfacciarti che tu e gli altri non ci avete fatto mica una bella figura di fronte a loro! Nonostante foste una ventina di armati, ugualmente avete avuto paura di loro due! Invece, se ci fossi stato io presente, le cose sarebbero andate altrimenti. Te lo posso garantire, senza il minimo dubbio, mio indegno vice!»

«Se ti stai disperando di non esserti trovato al posto nostro e di aver perso l'occasione di prendere di petto i due forestieri a modo tuo, Obluz, puoi farne a meno! Logicamente, un motivo c'è, se mi permetto di parlarti in questa maniera, mio capo!»

«Ti spieghi meglio, Urgot? C’è forse qualcos’altro, che dovrei ancora sapere e che non mi hai ancora detto? Se è come penso, sbrìgati a ragguagliarmi su ogni cosa da te sottaciuta fino a questo momento. Sto aspettando che tu lo faccia al più presto. Intesi?»

«Non hai torto, Obluz, a pensarla così! I due forestieri mi pare che sappiano chi tu sei, visto che ti conoscono benissimo! Mi hanno affermato perfino che essi hanno dei conti in sospeso con te e che intendono regolarli prima possibile. Perciò ti stanno aspettando presso l’abbeveratoio principale del villaggio. A quanto pare, essi ti hanno concesso la possibilità di affrontarli e di conciarli per bene, proprio come mi hai affermato poc'anzi!»

«Se i forestieri ti hanno dato questa ambasciata per me, Urgot, mi precipito a scontrarmi con loro senza nessuna esitazione, anche se dovrò fare a meno di te, per come adesso risulti conciato. Ad ogni modo, mi farò accompagnare da un manipolo di giovani arditi, i quali siano già veterani di audaci scorrerie al seguito del sottoscritto! Così vedremo chi sarà a spuntarla nella nostra lotta, che ci sarà tra breve nella piazza dell'abbeveratoio! Vedrai che sarò un fulmine a radunare gli uomini e a partire! Quando poi ne sarò ritornato, apprenderai da me come avrò ridotto quei due bastardi forestieri! Anzi, ti porterò le loro teste!»

Nel frattempo, Iveonte e Tionteo avevano aspettato Obluz presso l’abbeveratoio, essendo convinti che egli sarebbe andato a trovarli molto presto. Ora che ritorniamo presso di loro, la loro attesa li stava facendo spazientire, non potendo dedicarsi in quel posto ad una differente occupazione. Infine era trascorsa ancora mezzora di attesa, allorquando i due giovani amici scorsero un centinaio di giovani scavezzacolli che, montando dei focosi cavalli, non la smettevano di fare baccano. Essi urlavano, strepitavano, sghignazzavano, facevano baldoria e minacciavano chiunque potesse guardarli e sentirli. Ma una volta arrivati nello spiazzo, i molti cavalieri si diedero ad avanzare nella loro direzione. Quando li ebbero raggiunti, fecero assumere alle loro bestie una posizione di accerchiamento. Li guidava un giovane, il quale mostrava all'incirca tre anni meno di loro. Egli, dopo essersi presentato ad Iveonte e a Tionteo, si rivolse ad entrambi, domandando:

«Siete voi i due intriganti forestieri, che hanno chiesto di me? Vorrei sapere soprattutto come fate a conoscere il mio nome, dal momento che non mi pare affatto di esserci incontrati qualche volta, prima di adesso! Allora vi sbrigate a chiarirmi quanto vi ho domandato?»

«Il nome di Mendus non ti dice niente, Obluz?» si affrettò a rispondergli Iveonte «Certo che sì, siccome gli hai distrutto l’intera famiglia, parte di persona e parte indirettamente! Ora sai chi ci ha parlato tantissimo di te. Naturalmente, malissimo, non essendo tu uno stinco di santo! A questo punto, puoi anche immaginare perché siamo qui!»

«Dunque, forestiero, è stato lui a farvi il mio nome e a raccontarvi ogni cosa di me, per cui mi è tutto molto palese! Allora tu e il tuo compare saprete pure che suo figlio Lurpes era il mio migliore amico, per cui lo consideravo come un fratello! Ad ogni modo, ho dovuto difendermi da lui, poiché egli si era messo in testa di ammazzarmi, giungendo perfino a provarci invano a tradimento! Perciò ho dovuto farlo uccidere da chi mi guardava le spalle. Per questo motivo, il mio omicidio, almeno adesso, va considerato di legittima difesa. Non pare pure a voi?»

«Per te, Obluz, trattare un amico fraternamente significa arrecargli l’offesa più grave e rovinargli l’esistenza a tal punto, da fargli desiderare la tua morte? Ecco in che modo ti sei curato del tuo amico fraterno! Quindi, dovresti vergognarti, per tutto il male che gli hai arrecato! Del resto, hai fatto idem con la sua famiglia, ignorando le ottime relazioni che avevano con te! Anche questa tua schifosa azione puoi giustificare in maniera ragionevole? Io non riesco a capirlo in nessun modo!»

«Forestiero, io non sono abituato a ritornare sui miei passi: ciò che è stato è stato! Se poi qualcuno ci ha rimesso le penne, peggio per lui! Ma ora veniamo a noi. Mi è stato detto dal mio secondo che avete dei conti in sospeso con me e che volete regolarli. Posso sapere, di grazia, a quali conti vi siete riferiti, dei quali resto completamente all'oscuro?»

«Obluz, essi riguardano una nostra promessa che abbiamo fatto al simpatico Mendus, prima che ci recassimo in questo villaggio. Perciò, essendo uomini di parola, intendiamo mantenerla senza meno, se non ti dispiace! E non sarai tu ad impedircelo!»

«Vi ha forse il padre di Lurpes commissionato la mia uccisione? Se si tratta di questo, forestiero, non posso che deludervi. Vi informo che vi sarà molto difficile farmi la pelle per i seguenti due motivi: primo, perché sono un osso duro; secondo, perché sono spalleggiato dai miei cento uomini più in gamba! Per questo sarà più facile che siate voi a morire, al posto mio! Voi dovreste averne già preso atto, se non siete dei babbei rincitrulliti! Ma chiaritemi cosa volete da me, prima di farci guerra!»

«Mendus è un vero galantuomo, Obluz, per affidarci un incarico così abietto; mentre noi non siamo dei sicari per tua fortuna! L’anziano uomo non è un vendicativo e non vuole la morte di nessuno, neppure la tua. Egli desidera che le cose in Tardunuk riprendano a funzionare con il loro verso giusto per potervi morire serenamente. Ecco perché gli abbiamo promesso che ce ne saremmo incaricati noi ed avremmo appagato i suoi desideri ad ogni costo. Adesso sta a te decidere cosa intendi fare, dopo il nostro chiarimento, che non può essere frainteso.»

«Vuoi dirci, forestiero, cosa Mendus pretende da noi, quando parla di cose che dovrebbero proseguire secondo il loro verso giusto? Se lo vuoi sapere, non ci ho capito un accidente di quanto egli pretende da noi! Allora vorresti aiutarmi tu a comprenderlo meglio con un linguaggio diverso, in modo che io ne venga a conoscenza senza fraintendimenti?»

«Obluz, il maturo tuo conterraneo si riferisce al ritorno della legalità nel vostro villaggio. Perciò dovranno ritornare a coesistervi la giustizia e la legge, le quali, a loro volta, metteranno al bando l’anarchia ed ogni sorta di azioni delittuose. Ti è tutto abbastanza chiaro adesso? Oppure, facendo apposta lo gnorri, pretenderesti una ulteriore spiegazione? In quel caso, sarei disposto a darti ben altro, precisamente qualcosa che ti spegnerebbe perfino l’esistenza!»

«A questo punto, forestiero, sono riuscito ad intenderti benissimo! Ma mi dici come farete voi due, da soli, ad imporci la giustizia e la legge nel nostro villaggio? Non vi sembra di esagerare un poco? Dovete prendere atto che sarà impossibile che possiate mantenere la promessa fatta al pazzoide Mendus. Unica vostra magra consolazione sarà quella di non dovervi vergognare dell'insuccesso che vi attende, dal momento che non sopravvivrete ad esso! Ve lo garantisco!»

«Mi avvedo che pure a te piace fare i conti senza l’oste, Obluz! Per sentirsi i vincitori di una lotta, bisogna prima meritarsi la palma della vittoria. Invece tu ne sei ancora privo e ti prometto che mai l’avrai!»

«Certo, forestiero, che è come dici; ma sono convinto che tra poco verrete schiacciati come vermi dai miei uomini. Allora potremo ben ritenerci i vincitori indiscussi e gloriarcene per la restante nostra esistenza! Tra poco, vedrete, ve ne daremo l'annunciata prova!»

Nel medesimo istante che terminava la sua frase, Obluz si era armato del suo arco ed aveva fatto partire la sua freccia contro il suo interlocutore; ma Iveonte l’arrestò con la sua mano destra. Questa volta, però, egli preferì spezzare il dardo e buttarlo via; anziché rispedirlo al suo mittente, come aveva fatto in precedenza con il suo uomo. A lui, invece, ritenne opportuno far pervenire il seguente messaggio:

«Adesso, Obluz, se ti rifiuti ancora di accondiscendere ai desideri di Mendus, dovrai difendere con la spada il tuo fermo diniego, poiché sono intenzionato a farti sputare sangue, nel caso che tu non voglia cedere! Comunque, sono ancora disponibile ad evitare ogni spargimento di sangue tra i giovani tardunesi e a negoziare un accordo con loro, se essi dichiarano di non essere contrari. Gli offro una notte intera per pensarci e per darmi la risposta domani in mattinata, in questo stesso posto!»

Obluz, il quale in un primo momento aveva deciso di scontrarsi con Iveonte, vedendolo poi operare il portentoso fenomeno della freccia, non si sentì più sicuro di batterlo. A suo parere, soltanto un grande combattente della portata del suo maestro Leruob poteva riuscire ad arrestare una freccia in volo. Anzi, neppure a lui lo aveva mai visto fare! Perciò cercò di sconfiggere il forestiero in modo diverso, cioè senza scontrarsi con lui in un combattimento ad armi pari. Questo fu il vero motivo per cui egli accettò la proposta dell’eroico giovane, il quale consigliava a tutti loro di approfittare della durata di una nottata per pensarci sopra e decidersi di conseguenza. In verità, egli lo avrebbe trascorso a meditare su come fare cadere il forestiero e il suo amico in una vera trappola mortale, la quale sarebbe dovuta risultare ad entrambi senza uscita e senza scampo.


Iveonte e Tionteo rientrarono sul fare della sera nella dimora dell’amico di Mendus. Vedendoli varcare la soglia di casa ancora fisicamente integri, l’anziano Tardun ne fu assai felice. In un secondo momento, manifestando una grande gioia nel cuore ed una viva speranza nei suoi occhi lucidi, egli si diede a parlargli in questo modo:

«Vedo che siete riusciti a tornare indietro sani e salvi, giovanotti! Proprio un attimo fa, parlavo di voi al mio amico Tesofet, elogiandovi come due bravi giovani da additare ad esempio alla nostra gioventù tardunese. Ma adesso veniamo alle dolenti note e ditemi come è andata la vostra prima visita a Tardunuk e se avete avuto l'occasione di incontrare il prepotente Obluz. Sono ansioso di apprendere da voi ogni cosa sul vostro incontro, amici miei!»

Essendo stato rivolto ad entrambi dall’anziano Tardun l’invito ad esprimersi sulla situazione del villaggio, ad evitare confusione, Iveonte volle rispondergli lui, cominciando a dirgli:

«Avevi proprio ragione, Mendus, quando ci hai dipinto la gioventù del tuo villaggio con i colori più foschi! Essa ci è apparsa insostenibile ed inemendabile. La popolazione di Tardunuk trascorre una esistenza assente dalla realtà, è soggiogata dall’incubo che le proviene dallo strapotere dei giovani; ma soprattutto si è chiusa in una stoica rassegnazione. Del resto, cosa possono fare dei genitori e dei nonni, di fronte al vizio dilagante della corruttela, la quale nasce e si corrobora in seno ai loro stessi discendenti? Per questo motivo, essi si sentono impotenti ad impostare un diverso rapporto con le giovani generazioni. Così, anziché reagire energicamente a tutti loro, preferiscono diventarne dei veri succubi condiscendenti e piuttosto tolleranti.»

«Iveonte, mi stai forse confermando che nel mio villaggio tutto è perduto e che rinunciate all’incarico da voi assunto in precedenza? Se fosse così, il mio dolore sarebbe immenso, ma vi capirei!»

«Non è questo il nocciolo della questione, Mendus. Noi siamo più che determinati a mutare le cose tra la tua gente. E non c’è dubbio che vi riusciremo! Il vero problema, per noi, resta un altro: vorremmo farcela, senza essere costretti a mietere troppe vittime tra la gioventù tardunese. Ci comprendi ora? Vorremmo potere persuadere i giovani che la loro condotta è errata, avendola impostata su convinzioni che minano alla base la loro stessa sopravvivenza. Prima o poi, essi finiranno per scannarsi tra di loro oppure moriranno di inedia, non appena verranno meno anche le ultime persone anziane, le quali si danno ancora all’agricoltura e alla caccia per sfamarli! Il problema è tutto qui, preoccupato Mendus; ma noi ti garantiamo che cercheremo di risolverlo nel modo meno cruento possibile.»

«Se ne avete contattati alcuni, Iveonte, che impressione vi hanno fatto? Li avete trovati elementi da farci sperare che il futuro sarà migliore di questo malsano presente? Rispondimi con sincerità, per favore, e dammi il tuo obiettivo parere su di loro, specialmente su Obluz!»

«Penso che sia ancora presto per tirare le somme, Mendus. Ad ogni modo, siamo riusciti a contattare il loro capo e gli abbiamo fatto presenti i tuoi desideri, riguardo al villaggio di Tardunuk. Gli abbiamo aggiunto che siamo intenzionati ad appagarli, con o senza la loro approvazione. Perciò li avremmo costretti ad essere d’accordo con noi con le buone oppure con le cattive. Gli abbiamo dato l'intera nottata come tempo per riflettere sulla mia proposta e per decidere in merito ad essa. Quindi, domani mattina, quando ci rincontreremo, dovremo avere la loro risposta, se non ci saranno dei problemi ad impedirglielo.»

«Possibile, Iveonte, che Obluz abbia accettato il vostro diktat, senza opporsi ad esso? Io lo trovo incredibile! Sono convinto che egli vi sta preparando un micidiale tranello!»

«Sembrerebbe di sì, Mendus. Ma egli ha accettato di meditarci sopra questa notte. Così ci darà la risposta domani. Comunque, non è escluso che egli, come anche tu hai supposto, vorrà prepararci una trappola!»

«Allora, Iveonte, non prendetelo sul serio! Dovete guardarvi bene da lui, poiché Obluz è un individuo viscido e disposto ad ogni iniziativa subdola e disonorevole. Non si fa scrupolo di niente e di nessuno. Perciò vi invito ad una cautela di prima scelta, che vi vaccini con efficienza contro le sue insidie pericolose, le quali ci saranno senza meno!»

«Abbiamo messo in conto anche questa eventualità, Mendus, non essendo noi dei pivelli creduloni, che sono nati nella giornata di ieri. Perciò puoi tranquillizzarti che non cadremo in nessun caso in una sua trappola, di qualunque natura essa sia! Ma se dovesse prepararcela, potrebbe nuocere soltanto a sé stesso e ai suoi uomini!»

«Allora, Iveonte, essendo già calata la notte da molto tempo, non ci resta che cenare e metterci subito a dormire. Nel frattempo speriamo che la giornata di domani ci sorrida e ci si mostri munifica di avvenimenti positivi. I quali dovranno risultare molto vantaggiosi al mio sventurato villaggio, siccome esso ne ha una grande necessità!»