333°-ANARCHIA E DISPOTISMO DOMINANO IN TARDUNUK

In quest’ultimo anno, con l’ascesa di Obluz al vertice della delinquenza, nel nostro villaggio si sono avuti e continuano ad esserci dei tempi molto torbidi. In esso, perciò, stando all’interno di una cosca, ognuno si sente libero di agire nella maniera più perversa e pervertita che gli aggrada, dando sfogo ai suoi latenti impulsi repressi di natura massimamente trasgressiva. In Tardunuk, ad ogni modo, è il clan di Obluz che ha sempre dominato sopra le altre bande criminali, riuscendo a fare man bassa di ogni azione illecita, come se i componenti di tale cosca dicessero a tutti gli altri malviventi: "Depredate pure chi volete di ogni loro avere, siccome dopo ci comporteremo allo stesso modo nei vostri confronti. Naturalmente, con i nostri ringraziamenti più sinceri e sentiti!" Per la verità, ciò si verifica soltanto rare volte, poiché la prassi comportamentale delle varie cosche, che adesso pullulano numerose nel nostro villaggio, si fonda principalmente sul motto "Vivi e lascia vivere!", fermo restando il clima di omertà esistente tra di loro. Ma viene riconosciuta da tutte le cricche l’autorevolezza di colui che, più degli altri, si è saputo imporre nel criminoso stato di cose vigente nel nostro villaggio, ossia dell’autorevole e prestigioso Obluz. Egli, pur essendo entrato per ultimo a far parte nell’intrallazzo delinquenziale, lo stesso è riuscito a cavalcare la tigre con i suoi metodi subdoli, prepotenti ed ambiziosi, che i capi delle altre bande hanno sempre temuto. Si tratta di un dato di fatto, il quale è dovuto soprattutto alla insuperabile valentia che egli ha sempre dimostrato sia nell’uso delle armi sia nella lotta libera, la quale ha finito per procurargli un riverito rispetto da parte di tutti i capibanda.

In passato, prima ancora che venissero alla luce tali sue doti, c’è stato qualcuno che ha cercato di contrastare il passo ad Obluz ed ha osato perfino ribellarsi al suo strapotere. L'episodio risale ad alcuni mesi fa, cioè quando un certo Cleun, il quale si riteneva pure lui un tipo duro, stabilì di non sottomettersi più a nessuno. Non tollerando l’ingerenza dell’amico di mio figlio in ogni traffico di malaffare, decise di farlo tacere una buona volta per sempre. Perciò, a capo della sua combriccola, la quale pure contava una decina di brutti figuri, egli lo appostò e lo sorprese in un momento in cui il rivale non era spalleggiato da nessuno dei suoi scherani. Vedendosi circondare da quella masnada di scagnozzi pronti a tutto, Obluz sul principio non se ne diede per inteso. Quando poi li vide impugnare armi bianche di ogni sorta, dopo un breve traccheggio, passò fulmineamente all’azione. Così non ci mise neppure cinque minuti ad assalirli, a creare in mezzo a loro lo sbando generale, a trafiggerli e a mutilarli, facendoli infine pentire delle loro ostili intenzioni. La scherma, di cui aveva fatto uso, si era contraddistinta per la sua alta professionalità e per la sua tempestività sia nella difesa che nell’offesa. Per cui i miserabili avversari, sperimentandola a loro spese, non avevano avuto modo a loro volta di difendersi e di essere offensivi, secondo gli schemi tradizionali. Era parso che una caterva di colpi ineludibili e micidiali si fossero abbattuti massacratori sui loro corpi, seppellendoli sotto una valanga di strazio.

A quanti si erano trovati presenti ed avevano assistito allo scontro, il figlio del defunto armaiolo era apparso un vero fenomeno. Da quel giorno, perciò, il prestigio di Obluz salì alle stelle tra l’insidiosa ed empia gioventù tardunese. Soprattutto si andò fermentando tra i capi di ogni cosca un senso di riverenza nei suoi confronti, dimostrandogli il loro pieno rispetto e la loro cieca obbedienza. Essi avevano compreso in maniera inequivocabile chi era l'indiscusso capo dei capi in Tardunuk. Si erano resi conto a chi in particolar modo non dovevano permettersi di arrecare qualche loro sgarbo o sfregio, se intendevano continuare a vivere senza pensieri ed evitare di dormire di notte con un occhio solo!

Tre mesi or sono, il vegliardo Vopest, dimostrandosi un temerario e sfidando la gioventù locale, si diede ad urlare in pubblica piazza: "Abitanti di Tardunuk, come fate a tollerare tanto marciume morale, che ha minato alle basi ciò che di positivo ci stava un tempo nel nostro villaggio? Insorgiamo contro questa gioventù traviata, poiché essa si va macchiando ogni giorno dei peggiori crimini! Ripristiniamo la legge del contrappasso, introdotta dal nostro defunto capo Krouz ed abrogata dopo dall’incosciente suo figlio Pluson! Sia inflitta al colpevole la pena collegata alla sua colpa commessa! Egli ha rubato? Che gli venga troncata una mano! Ha stuprato? Che gli vengano strappati con le tenaglie l’organo copulatore e gli annessi! Ha ucciso? Che venga pure lui soppresso con l’impiccagione! Vi garantisco che unicamente in questo modo rimetteremo le cose a posto nel nostro villaggio, restaurando l'ordine e le leggi che avevamo prima!" A quelle sue esortazioni, ci furono soltanto una cinquantina di persone anziane a reagire, le quali, dandogli ascolto, si accodarono a lui nella protesta. Tra i dimostranti, ci fu anche chi se la prese direttamente con Obluz, per cui impavidamente gli gridò contro: "Figlio dell’armaiolo Urkov, ritornatene a Geput e lasciaci in pace! Non rovinare ancora di più i nostri figli e i nostri nipoti, i quali affogano già nella depravazione più vergognosa! Che sia maledetta l'intera tua stirpe, se non te ne andrai via da questo nostro villaggio!"

Il mattino seguente, la totalità di quelle persone che avevano protestato per l’intero pomeriggio del giorno precedente, avevano cessato di vivere. Durante la notte, infatti, esse erano state tutte trafitte ed uccise, mentre si godevano il beato sonno, senza che se ne accorgessero neppure i loro familiari conviventi. Comunque, i loro parenti non la presero con filosofia, poiché essi rimasero assai turbati a causa della loro morte. I medesimi, però, pur conoscendo i loro uccisori notturni, furono costretti a tenersi nell'intimo il loro dolore e la loro indignazione, ad evitare di fare, dall'oggi al domani, l’identica fine dei loro cari consanguinei. Ma cinque giorni dopo che c’era stata la protesta fomentata da Vopest, ci fu nel nostro villaggio un altro episodio deplorevole, il quale pure ci gettò tutti nello sconforto. Mentre Obluz cavalcava per una via di Tardunuk con un gruppo dei suoi fedelissimi scagnozzi, l’attempato Etorp, senza avere peli sulla lingua, si diede a riprenderlo duramente:

«Se i tuoi genitori erano delle persone dabbene, Obluz, tu perché ti sei trasformato in un essere così abietto ed insolente? Sono sicuro che tuo padre e tua madre si staranno rivoltando nella tomba, per colpa della tua condotta criminale! Sappi che la pestilenza, al tuo confronto, riesce ad incutere meno terrore tra le persone oneste del nostro villaggio! Se invece ti emendassi, riportando i nostri giovani sulla via della redenzione e della rettitudine, sono sicuro che ci guadagneresti in ogni senso, principalmente in stima e in tante altre cose positive. Ti garantisco che la tua coscienza ne ricaverebbe il maggior profitto! Magari potremmo anche eleggerti nostro nuovo capo ed erigere un giorno una statua commemorativa a tua immagine!»

La risposta di Obluz, la quale giunse immediata, oltre che mortale, al suo concittadino, fu la seguente:

«Tu devi avere il cervello fuso, Etorp, per parlarmi in questo modo! Hai forse dimenticato che già lo sono di fatto il capo di Tardunuk, dove posso fare e disfare ogni cosa che mi pare e piace? L’anarchia è il mio ideale; mentre i latrocini e i fatti di sangue forniscono ossigeno alla mia esistenza. Quanto a te, per avere osato nominare i miei defunti genitori, di sicuro non la passerai liscia, poiché tra poco ti spedirò a fargli compagnia. Per questo prepàrati a morire, miserabile allocco, visto che hai un cervello bacato, per aver voluto parlarmi come hai fatto!»

Un istante dopo, il carnefice fece mettere da uno dei suoi sgherri un laccio intorno al collo del disgraziato. Dopo, restando a cavallo e tenendo legato al proprio tronco l’altro capo, iniziò a tirarselo dietro per varie strade del villaggio, facendogli sfracellare il corpo sulla terra battuta. Il suo sadico divertimento continuò, anche dopo che la sua vittima ebbe smesso di vivere e di soffrire. A causa di quest'altro suo delitto, fummo in molti a dolerci, ad amareggiarci e ad imprecare in silenzio contro il torturatore del povero ribelle Etorp. In tale delitto, ancora una volta, la disumanità di Obluz non aveva conosciuto limiti. Al contrario, si era protratta oltre ogni umana immaginazione ed aveva messo noi tutti in una contrapposizione di ostilità. La quale non si era mai espressa in noi insostenibile come quella volta, prima che avvenisse quell’orrendo episodio da voltastomaco. Soltanto il cerretano Amulf osò rinfacciare ad Obluz i suoi crimini spaventosi, facendogli presente che quel suo modo di comportarsi non era degno della persona umana. Comunque, egli non andò incontro ad una delle sue solite reazioni, che in passato erano state sempre cruente. Probabilmente, il poveretto fu risparmiato soltanto perché, essendo un venditore ambulante di medicine portentose, si spacciava allo stesso tempo anche per un indiscusso guaritore.

Mio figlio Lurpes seguitava ad essergli l’amico fraterno di sempre, per cui trascorreva molte ore della giornata in sua compagnia. Durante le quali, essi passavano il tempo a rimembrare i vecchi ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza, rallegrandosene insieme. Obluz gli era così affezionato, che non permetteva a nessuno di offenderlo oppure di maltrattarlo. Verso chi osava farlo, egli diventava una belva feroce ed era anche capace di accopparlo, pur di vendicare il compagno. Perciò il mio unigenito maschio spesso doveva intervenire a calmarlo e a non farlo reagire contro i propri offensori in quel modo irascibile. Egli era a conoscenza che il suo amico per la pelle diventava pericoloso esclusivamente in tale stato di arrabbiatura. Invece i rapporti di Obluz con la mia primogenita Edal, pur non essendo sposati, erano quelli di marito e moglie, ossia convivevano more uxorio nell’abitazione che era stata dei suoi genitori. Tra di loro non c’erano litigi, poiché il loro sentimento amoroso risaliva alla loro età puberale. Ad ogni modo, tra i due ragazzi, esso era seguito alla profonda simpatia che era sbocciata ai primi anni della loro infanzia. Ma un mese fa, nonostante la sua amicizia fraterna con mio figlio e la sua convivenza con la mia primogenita, Obluz, non facendosi alcuno scrupolo di coscienza, lo stesso osò arrecare alla nostra famiglia un grave sgarbo. L’episodio avvenne, come adesso ve lo riporto.

La mia secondogenita Licaen, essendo andata a trovare la sorella maggiore, la trovò impegnata in un rapporto sessuale con il compagno. Allora Obluz, minacciandola di morte con un pugnale, la costrinse a soggiacere alle sue brame voluttuose insieme con la sorella. Restando spudoratamente insensibile alle lagnanze della cognata, egli prima la deflorò e poi la stuprò per due volte consecutive, davanti agli occhi esterrefatti della sua Edal. Il fattaccio non tardò a venire alla luce nella nostra casa, quando eravamo tutti presenti, essendo quella l'ora del pranzo. Nell’apprenderlo, il loro fratello fu preso da un’ira furibonda e giurò che si sarebbe vendicato, appena gli fosse capitata l'occasione buona. Invece le mie afflitte figliole, tenendosi abbracciate alla madre Dolia, piangevano e si disperavano senza smettere. Qualche ora più tardi, però, esse uscirono insieme di casa e si condussero rapidamente nel vicino bosco, dove presero la decisione di suicidarsi, mangiando delle bacche velenose. Allora lo stupro di una di loro e il suicidio di entrambe ridussero me e mia moglie in uno stato terribilmente pietoso, il quale non sfuggì al nostro Lurpes. Per cui esso gli rafforzò la voglia di vendetta contro l'infame, che aveva cessato di essere il suo amico fraterno. La qual cosa aggravò ulteriormente la nostra pena, poiché eravamo convinti che nostro figlio, nel cercare di ucciderlo, si sarebbe scavata la fossa con le proprie mani. Infatti, egli non poteva competere con l'ex suo amico Obluz, il cui prestigio nelle armi e nella lotta era fuori discussione. Per cui nessuno poteva superarlo e batterlo, pur ricorrendo a qualche tipo di inganno oppure a qualche tranello bene orchestrato.

In merito alle malefatte dei giovani, le quali sono seguitate ad esserci nel nostro villaggio, ci sarebbero da scrivere rotoli e rotoli di papiro, siccome ogni giorno essi ne combinano tantissime! Le ruberie, gli scippi, i ricatti, le violenze carnali, gli scontri tra le opposte fazioni per il controllo del territorio, oltre ad altre forme delinquenziali atipiche fortemente aberranti, sono all’ordine del giorno. Non sono neppure rari taluni maltrattamenti operati sui vecchi, i quali vengono spesso svestiti ed obbligati a girare nudi per le vie del villaggio, ridicolizzandoli al massimo. Allora gli sventurati, essendo impotenti a reagire ai loro soprusi, restano con il danno morale e con la beffa. A volte anche le notti si presentano non meno turbolente delle giornate, poiché dei giovani incoscienti hanno la leggerezza di commettere azioni dalle gravi conseguenze. Spesso gli capita di bruciare delle capanne, senza curarsi delle persone che ci sono dentro a dormire, ma con il solo gusto di trovarsi davanti ad un bel falò, che emana luce. Al mattino, perciò, il loro rogo spento mette in mostra il cadavere carbonizzato di un nostro conterraneo. Si tratta di qualche disgraziato rimasto divorato dalle fiamme durante il sonno, la cui identità alla fine risulta sempre nota. Altri giovani, invece, pretendono dai venditori e dagli artigiani di pagargli il pizzo, il quale, nella migliore delle ipotesi, corrisponde ad una esosa tangente. Quando essi, incuranti delle loro minacce, si rifiutano di corrispondergli le somme richieste, gli estorsori non ci pensano su due volte e si danno ad incendiare ai renitenti la loro bottega oppure il loro negozio. Ci sono anche di quelli che non si fermano alla distruzione della loro merce o dei loro arnesi di lavoro; ma intervengono anche a riempirli di botte, scappandoci sovente il morto. In questi ultimi tempi, i briganti di strada sono proliferati come funghi e tutti vogliono sostentarsi e spassarsela a spese degli altri. Da parte sua, Obluz fa la parte del pesce in barile; però, tramite i suoi uomini fidati, pretende poi da loro la percentuale, nella misura pattuita con le varie bande che hanno il permesso di darsi a ruberie.

Il mese scorso si presentò nel nostro villaggio Furpoz, un venditore ambulante di nostra conoscenza, il quale, di tanto in tanto, veniva da Geput a vendere la sua frutta secca presso la nostra gente. Senza dubbio, i suoi prodotti commestibili erano da considerarsi di prima scelta. Egli, decantandone le qualità e il prezzo accessibile, riusciva a farli apparire ancora migliori, attirando vicino al suo carretto un sacco di compratori. Allo stato attuale delle cose, però, in Tardunuk non c’era nessuno da imbonire, poiché tutti vivevano nella precarietà economica e nell’incertezza della sopravvivenza, a causa del lerciume sociale esistente. Ecco perché Furpoz, sebbene ricorresse al suo appassionato imbonimento, non scorgeva le solite persone uscire dalle loro case ed affollarsi intorno al suo carro, che si presentava carico di noci, di nocciole, di castagne, di fichi e di altre specie di frutta secca. Al contrario, l’allettante imbonitore questa volta si vide circondare da una decina di giovinastri balordi. Dopo, il loro spavaldo caporione si mise a fargli presente:

«Visto che hai saputo elogiare così bene la tua gustosa merce, forestiero, io e i miei amici abbiamo deciso di venirti incontro, prelevandola tutta quanta per noi. Così non dovrai ritornartene ancora sovraccarico nel luogo da cui provieni, facendo affaticare di nuovo la tua povera bestia. Sei contento di questa nostra decisione?»

«Mille grazie, giovanotti, per la vostra gentilezza, che si presenta più squisita della mia merce. Ve ne sono immensamente grato! Ma intendete sul serio comprare l'intera mia frutta essiccata a forfait, pagandomi con il corrispettivo pecuniario? Oppure ho sentito male?»

Il venditore non ricevette alcuna risposta da lui, sebbene gli apparenti compratori avessero iniziato a trasbordare l’intera sua merce alimentare dal piccolo carro, sistemandola in cinque grosse ceste che portavano con loro. Quando poi il suo veicolo con le due sponde fu completamente svuotato dei suoi eccellenti prodotti commestibili che vi erano aggiustati sopra, Furpoz, un po' perplesso, tornò a domandare al suo silenzioso interlocutore, che si mostrava attivo nello scaricare il carretto:

«Mi assicurate che avete abbastanza denaro per pagarmi l'intera merce, di cui vi siete impossessati? Oppure dovrò rivolgermi alle autorità locali per costringervi a pagarmi quanto mi è dovuto? Comunque, se proprio non vi basta il denaro da voi posseduto, possiamo anche metterci d'accordo, praticandovi un sostanzioso sconto!»

Allora l’interpellato, essendo stato innervosito dalle sue ultime parole, non perse tempo a rispondergli in malo modo:

«Senti, scocciatore, se continui ad insistere nella tua richiesta di denaro e a minacciarci con i tuoi reclami, qui finisce davvero male per te! Se proprio ci tieni a saperlo, ci obblighi a rimunerarti a suon di legnate! Parola di Cedruf! Adesso vuoi dirmi se mi sono spiegato nel modo giusto, ad evitarmi di ripetertelo? In caso contrario, sarà peggio per te!»

Invece il venditore, il quale non si mostrava disposto a cedere alla loro estorsione, seguitò a pretendere dai suoi rapinatori il denaro che gli era dovuto. Allora i giovani, alle sue insistenti proteste, le quali continuavano ad esserci senza volere smettere, stabilirono di rendere reali le loro minacce. Perciò, dopo avergli ucciso il cavallo e bruciato il carro, lo malmenarono talmente a lungo, che alla fine il disgraziato non riusciva neppure a rialzarsi da terra. In seguito, nessuno volle rendersi conto se egli fosse soltanto gravemente ferito oppure già morto; anzi, se ne stettero tutti alla larga per non essere coinvolti nel pestaggio.


Intanto si avvicinava il tempo che avrebbe visto i due amici fraterni venire ai ferri corti. Mio figlio Lurpes non era stato in grado di togliersi dalla mente lo stupro subito dalla sorella Licaen, da parte di colui che aveva sempre considerato un vero fratello. Obluz, inoltre, con il suo gesto ingiustificabile, aveva anche arrecato un grave affronto all’altra sorella, che era la sua convivente. Per cui entrambe, qualche giorno dopo, avevano anche deliberato di togliersi la vita. In verità, era stato proprio il loro suicidio, più che il torto da loro patito, a determinare l'insanabile strappo, che si era avuto tra i due amici. La morte congiunta delle due sorelle aveva suscitato nel loro germano un dolore pazzesco e un rancore implacabile, i quali non si sarebbero più spenti in lui, se non con la vendetta oppure con la propria morte annunciata. Dopo che le sorelle erano state rinvenute cadaveri, a parte l’esasperante afflizione provata dalla mia consorte, il mio povero figliolo aveva perso la ragione. Inoltre, si era sentito lacerare il cuore, per cui aveva votato la propria esistenza interamente alla vendetta. Eppure egli era consapevole che ciò avrebbe significato darsi al suicidio!

Sul luogo, dove erano stati ritrovati i due corpi esanimi, Lurpes aveva serrato i pugni ed aveva fatto di tutto per contenere lo sdegno, che gli stava rodendo dentro atrocemente. Invece, una volta che si ritrovò tra le mura domestiche, la sua reazione era stata ben altra. Egli si era messo ad imprecare contro chi, in quel momento, rappresentava il suo peggiore nemico, giurando eterno odio e tremenda vendetta contro di lui. Perciò, dopo essersela legata al dito, aveva atteso il momento propizio per vendicarsi senza fare sconti. L’handicap di mio figlio, nel proporsi di portare a termine la sua azione vendicativa, era stata la sua difficoltà a velare appropriatamente i suoi sentimenti interiori. Perciò lo scaltrito Obluz non ci aveva messo molto a leggergli sul volto il sentimento di odio, che l'amico covava nell’animo verso di lui. Esso, secondo lui, prima o poi lo avrebbe spinto a vendicarsi. Sulla base di tale sospetto, aveva ordinato a due suoi uomini fidati di seguirli di nascosto, ogni volta che usciva da solo con Lurpes. Essi dovevano tenersi pronti ad intervenire, nel caso che l'amico avesse tentato di ucciderlo a tradimento, colpendolo alle spalle. Tale evento, a suo parere, ci sarebbe stato molto presto.

Così, ad un mese esatto dalla morte delle due sorelle suicide, ossia tre giorni fa, mio figlio ha creduto che fosse arrivato per lui il momento opportuno per uccidere l’odiato ex amico e portare a termine la sua agognata vendetta. Infatti, essendo andati insieme a caccia nel bosco, ad un certo momento, Obluz si è piegato sopra l’acqua di un ruscello per dissetarsi. Allora il mio Lurpes, dopo avere impugnato rapidamente la sua spada, ha cercato di assestargli un colpo mortale alla schiena. Ma non appena egli ha sollevato il braccio che reggeva l’arma, è rimasto stecchito da due frecce, le quali lo hanno raggiunto alla schiena e all’occipite. Esse erano state lanciate da quelli che li stavano seguendo furtivamente, come da ordine ricevuto dal loro avveduto ed astuto capo.

Una volta che c’era stata l’uccisione dell’amico per mano dei suoi due fedeli guardaspalle, Obluz ne ha caricato la salma sulla groppa del suo cavallo ed è venuto a portarcela fino in casa. Dopo avercela consegnata, ci ha raccontato come si erano svolti i fatti, concludendo che nostro figlio, il quale era il suo migliore amico, se l’era meritata la barbara fine che aveva fatta. Al termine della sua concisa esposizione dei fatti, mia moglie, essendosi imbestialita, gli si è scagliata addosso e gli ha graffiato il volto, urlandogli: "Assassino dei miei figli, che tu sia maledetto per sempre e che la costernazione non ti dia mai tregua!"

Allora, per tutta risposta, il feroce Obluz ha reagito, impugnando la spada e trafiggendola a morte. Ma prima di lasciare la mia casa, egli mi ha gridato: "Sono stato sempre al corrente delle tue idee antianarchiche, Mendus! Se non ho mai inveito contro di te, come ho fatto con gli altri, è stato solo perché stimavo tuo figlio come un fratello. Adesso, però, non intendo più tollerare il tuo atteggiamento avverso ai giovani del villaggio. Perciò, se è tua intenzione continuare a vivere, ti ammonisco a lasciare Tardunuk per sempre, prima del sorgere del sole. Se invece nella giornata di domani dovessi incontrarti ancora nel nostro villaggio, nonostante la mia ammonizione, mi vedrei costretto a sopprimerti all'istante, senza dolermene per niente!"

Le minacce di Obluz non mi hanno spaventato, dal momento che non avevo più nulla da perdere con la mia morte. Al contrario, essa mi avrebbe fatto ricongiungere ai miei quattro familiari, i quali oramai non vivevano più in questo mondo. Perciò mi sono deciso a rimanere, volendo accogliere la fine della mia esistenza dalla spada del figlio dell’armaiolo, come già era accaduto un attimo prima alla mia sventurata moglie. Ma la notte mi è stata saggia consigliera e mi ha fatto vagliare la situazione sotto una diversa prospettiva. Cioè, mi sono convinto che non serviva farmi ammazzare da chi provava gusto a farlo, anche perché non mi andava di morire senza né uno scopo né un ideale. Al contrario, mi conveniva abbandonare il villaggio ed andare incontro a migliori stili di vita che esistevano in altre regioni, come la Berieskania, dove venivano applicati dalle loro popolazioni con la massima soddisfazione. Così li avrei fatti anche miei, ricevendone la forza per ricominciare a sognare e l’impulso a rifarmi una nuova esistenza. Essa sarebbe dovuta essere, secondo i canoni di una morale che non ammettesse prevaricazioni di sorta e si uniformasse ad una legalità intenta a fare trionfare la giustizia.

Durante quella stessa nottata, mi sono allontanato da Tardunuk ed ho intrapreso il mio viaggio verso altri luoghi, quelli che mi promettevano il meglio dei miei desideri. Sono andato avanti per ore e senza mai fermarmi, né per riposarmi né per ristorarmi. Venivo preso soltanto dalla voglia di liberarmi da quell’atmosfera asfittica, dove le nobili virtù avevano cessato di esistere da parecchio tempo. Inoltre, bramavo nuove realtà, le quali potessero offrirmi le migliori garanzie, in termini di vivibilità sociale, morale e religiosa. Da quel momento, perciò, fino a quando non sono arrivato nel vostro campo sfinito ed affamato, non ho fatto altro che proseguire assiduamente nel mio lungo cammino, sperando che un giorno avrei incontrato l'archetipo di mondo da me a lungo vagheggiato. In quella mia struggente disperazione, ero alla ricerca della mia nuova patria, dove potere esprimermi in piena libertà e dove le malefatte impunite degli uomini avrebbero dovuto rappresentare per me unicamente un brutto ricordo! A dire il vero, dubitavo che un fatto del genere si sarebbe potuto verificare a mio favore; ma sebbene in me il dubbio la facesse da padrone, lo stesso mi sono dato alla ricerca del mio agognato mondo, che fosse fondato sulla giustizia e sulla legalità.