332°-OBLUZ, LA NUOVA GUIDA DEI GIOVANI TARDUNESI

Obluz era sempre stato intimo amico di mio figlio Lurpes, almeno fino a quando non venne in contrasto con lui, il quale lo aveva spinto ad ucciderlo. Comunque, egli non è vissuto sempre in Tardunuk. Tra poco passerò a spiegarvi meglio sia la sua lontananza dal nostro villaggio sia il motivo che gli ha fatto ammazzare il compagno di infanzia. Ma innanzitutto preferisco farvi presente che i suoi genitori, che si chiamavano Urkov ed Efelda, prima di morire, erano stati dei nostri simpatici conoscenti. Inoltre, essendo vicine di casa, le nostre famiglie si erano sempre trattate con stima e rispetto vicendevoli. In seguito, però, quando il loro unigenito Obluz aveva appena cinque anni, l’esiguo nucleo familiare abbandonò il nostro villaggio per motivi di sopravvivenza. Infatti, il mestiere praticato dal capofamiglia, che faceva l’armaiolo, non gli consentiva di guadagnare quel tanto che avrebbe dovuto fargli portare avanti la famiglia senza stenti e in modo decoroso. Per la quale ragione, ogni giorno era costretto a fare i salti mortali, pur di riuscire a sfamare sé stesso e gli altri due membri della famiglia. Anzi, qualche volta, sia lui che i suoi familiari, erano stati obbligati perfino a saltare la cena a turno.

Ebbene, era stato per tale motivo che egli aveva dovuto esercitare la professione del venditore ambulante, intanto che commerciava nelle armi bianche. Ma sovente, ossia quando gli veniva richiesto, l'uomo si dava anche ad aggiustarle. In riferimento alla regione, dove Urkov preferì darsi al commercio delle armi e alla loro riparazione, fin dall’inizio, essa fu la confinante Berieskania. Nella quale, non ebbe mai modo di lamentarsi di alcunché, siccome gli affari, per sua fortuna, avevano iniziato ad andargli per il verso giusto. Per questo, ogni due anni, siccome finalmente se lo poteva permettere, l’emigrata famigliola rimpatriava. Così si rifaceva viva nel suo villaggio natio e vi restava anche qualche paio di mesi, prima di ripartire per la confinante regione. Durante i loro periodi di soggiorno in Tardunuk, i nostri figli maschi continuarono ad essere degli ottimi amici e a volersi bene come due fratelli. Oramai l’infanzia aveva scavato dentro il loro animo solchi profondi di una sincera amicizia. Per cui essa giammai si sarebbe cancellata in entrambi, se non fossero intervenute a frangerla delle ragioni molto serie! Ogni qualvolta che si rincontravano, essi scoppiavano dalla felicità e si tenevano abbracciati a lungo l'uno all'altro, dimostrandosi un affetto molto profondo.

Da parte mia, non vedevo di buon occhio la loro amicizia, nonostante essa si andasse rinsaldando sempre maggiormente tra i due ragazzi. La contrariavo per il semplice fatto che, quando faceva ritorno nel nostro villaggio, scorgevo in Obluz un giovane sempre più trasformato in senso negativo. Difatti il suo corredo di difetti, specialmente di quelli peggiori, si incrementava di anno in anno. Notavo che in lui attecchivano i vizi più brutti, ossia quelli che spaventavano, solo a sentirli nominare! Perciò temevo che mio figlio col tempo potesse venirne influenzato e finisse per diventare uguale a lui. L’ultima visita dei nostri ex vicini di casa ci fu, quando i nostri figli erano entrambi ventenni. Da allora e per nove anni consecutivi, non avemmo più notizie dei nostri vicini di casa. Le ragioni del loro lungo silenzio ci furono rivelate un anno fa dal loro stesso figliolo, essendo ritornato in Tardunuk, da solo e per sempre. In quella occasione, Obluz ci mise al corrente delle disavventure a cui era andata incontro la sua famiglia, quando egli aveva compiuto ventiquattro anni. Inoltre, egli ci riferì alcune vicende, le quali gli erano capitate nelle vicinanze di Geput, quelle che tra poco vi farò apprendere.

La stagione invernale era da considerarsi ormai alle porte, allorché il carro dei tre nativi di Tardunuk si era ritrovato nei pressi di tale località. Si trattava del borgo beriesko più importante, poiché esso era ed è rimasto ancora la residenza del superum, che impersona la massima autorità della Berieskania. Essendo mezzogiorno, i tre familiari tardunesi vi avevano sostato per ristorarsi. Da parte sua, Obluz, dopo aver consumato il pasto, aveva sciolto il terzo cavallo, ossia quello che si conducevano appresso legato nella parte posteriore del carro, e vi era montato sopra. Poi, salutati i suoi genitori e promesso loro che non si sarebbe attardato molto, era volato subito via in direzione del borgo di Geput, essendo molto ansioso di incontrarsi con i tanti amici che vi risiedevano. Egli si era allontanato da poco, quando la madre Efelda era stata assalita e punta da uno sciame di calabroni. Allora le punture dei più velenosi dei vespidi, procurandole uno shock anafilattico, le avevano arrecato la morte in pochi minuti. Durante il nefasto evento, il marito Urkov non aveva potuto fare altro che assistere impotente alla sofferenza della moglie morente, la quale lo stava lasciando definitivamente. Avvenuto infine il decesso della sfortunata consorte, al poveruomo non era rimasto altro da fare che tumularne la salma e condursi a Geput in cerca del figlio. Quando lo aveva trovato presso un amico del luogo, gli aveva comunicato l’incidente mortale, del quale era rimasta vittima la sventurata madre. Nello stesso tempo, gli aveva manifestato l’intenzione di far ritorno al suo villaggio di Tardunuk. Egli aveva deciso di stabilirsi in esso in modo permanente, essendogli venuta meno la carissima moglie.

Il giorno dopo, mentre i due congiunti erano ospiti del geputino Damnes, il quale era un altro amico di Obluz, nel borgo era scoppiato un forte temporale. L'armaiolo, siccome il giovane ospite gli aveva espresso il desiderio di conoscere le sue ultime creazioni nel campo delle armi, non aveva voluto curarsi del tempo minaccioso. Perciò, non badando all’acquazzone che si stava scatenando sul borgo, era corso al proprio carro per prelevarvi i suoi ultimi modelli di spada. Invece, nel rifare il tratto di strada che andava dal carro alla dimora di colui che l'ospitava, all’improvviso era stato folgorato da un fulmine, il quale era stato attirato dalle armi. Allora, colpito dalla nuova disgrazia, Obluz aveva pianto la morte del genitore senza lesinare sulle lacrime; ma dopo aveva voluto seppellirlo accanto alla tomba della madre. Una volta rimasto privo di entrambi i genitori, il giovane tardunese aveva accolto l’invito dei suoi amici di Geput, i quali gli proponevano di restarsene per sempre nel loro borgo. Egli aveva accettato la loro proposta disinteressata, anche perché in quel luogo si sentiva più vicino ai genitori estinti, i quali vi erano morti da poco e vi erano anche stati sepolti, l'uno accanto all'altra.

A quel tempo, il superum della Berieskania era, come continua ad esserlo tuttora, il nonagenario Nurdok. A tutt’oggi, il mitico capo dei Berieski è considerato il più eroico di tutti coloro che lo hanno preceduto nella prestigiosa carica. Come già vi ho fatto presente prima, anche il culto della giustizia e la magnanimità d'animo in lui hanno sempre rappresentato dei pregi ammirevoli. L'uno e l'altra lo hanno fatto tenere in gran conto dall'intero popolo beriesko, il quale non ha mai smesso di amarlo e di venerarlo come un grande eroe.

Ritornando al nostro Obluz, egli aveva trascorso nell'importante borgo beriesko cinque anni della sua vita, ossia fino all’età di ventinove anni. L’immigrato Tardun aveva vissuto tale periodo di tempo intensamente, poiché aveva avuto modo di dedicarsi a talune attività, che non aveva potuto esercitare prima. Infatti, durante il tempo che era stato intento a girovagare con i suoi genitori da un borgo all’altro della vasta regione berieska, egli non aveva potuto fare altro che scorrazzare per le feconde campagne. Adesso invece il giovane orfano aveva cominciato a frequentare sia le palestre ginniche che quelle di altro tipo, dove si veniva preparati alla lotta e all’uso delle armi, conseguendovi degli eccellenti risultati. Lo dimostrava il fatto che, in tutti i diversi tornei che avevano riguardato le suddette discipline, Obluz riusciva sempre a classificarsi primo. Volendo essere obiettivi, la sua scaltrezza e la sua acutezza d’ingegno lo avevano fatto primeggiare ogni volta sui suoi antagonisti, che egli provava molto gusto ad umiliare davanti alla platea dei numerosi spettatori. Per il qual motivo, tranne che ai suoi compagni, l’atleta tardunese era divenuto inviso alla maggioranza dei frequentatori delle palestre e delle arene. Nelle quali egli non smetteva di gloriarsi di essere il campione imbattuto. Oramai la sua fama di ottimo lottatore e di schermidore insuperabile si era divulgata nell'intero borgo di Geput; ma essa non veniva accolta con particolare simpatia dai suoi abitanti, poiché lo consideravano un tipo presuntuoso e prepotente. Un giorno, però, c'era stato pure il suo turno di soccombere davanti alla bravura del suo avversario; ma per sua fortuna, non ne era stato ammazzato, per la bontà del suo vincitore. Il nuovo rivale gli aveva fatto mangiare la polvere senza alcuna difficoltà. Perciò mi affretto a farvi conoscere i vari particolari dello scontro che lo aveva umiliato. Esso aveva reso immensamente felici la maggior parte dei Geputani presenti.

In quella circostanza, Obluz stava affermando in pubblica piazza che egli, se fosse stato della medesima generazione del loro leggendario capo Nurdok, quando si combatteva per diventare il superum dei Berieski, non gliel’avrebbe data per vinta e sarebbe stato lui a meritare la prestigiosa carica. Lo dimostrava il fatto che non c’era nessuno dei suoi figli e nipoti che potesse batterlo. A suo parere, neppure uno di loro avrebbe avuto mai il fegato di sfidarlo e di contendergli la supremazia nelle armi. Egli era anche pronto a giurarlo sui suoi genitori defunti! Ma l’amico di mio figlio aveva appena proferito quelle sue insane asserzioni di fronte a quanti lo stavano ascoltando, allorché si era fatto avanti un guerriero a cavallo, il quale dimostrava di avere la sua stessa età. Per la verità, nessuno degli astanti, pur chiedendoselo, aveva saputo darsi una risposta sull’identità del cavaliere sopraggiunto in quel momento. Perciò, alla fine, tutti si erano convinti che poteva trattarsi unicamente di un forestiero, che si trovava a passare dalle parti di Geput. Poco dopo, però, essi avevano anche visto il serioso sconosciuto scendere dal suo cavallo e rivolgersi allo spavaldo Tardun, parlandogli con tono alquanto tagliente. Egli, infatti, senza preamboli, mentre la folla lo ascoltava, si era messo a riprenderlo abbastanza criticamente, affermandogli:

«Il tuo mestiere è forse quello di metterti a fare lo sbruffone davanti alla gente, offendendo perfino coloro che non sei degno di nominare? Io ti consiglio di non sciacquarti la bocca sul conto del mitico Nurdok e dei suoi familiari, come pure di non accusare i suoi discendenti in linea retta. In caso contrario, potresti trovare qualcuno, tra quelli da te nominati, disposto a lisciarti il pelo e a tagliarti quella lingua pestifera, la quale ti fa solamente parlare a casaccio! Mi hai inteso bene oppure devo ripetertelo, a causa della tua manifesta ottusità?»

«Posso sapere chi sei, incauto sconosciuto, per rivolgerti a me con questo tono?» gli aveva risposto Obluz «Ma sappi che presto te ne pentirai, se non ti affretti a farmi le tue dovute scuse! Allora, se non lo sai, sto aspettando da te quanto mi è dovuto!»

«Sono uno dei cinquantasei nipoti del superum conosciuti nella Berieskania. Se ti avesse ascoltato mio nonno, nonostante già ultranovantenne, ti avrebbe strangolato con le sue stesse mani! Ad ogni modo, dal momento che hai chiamato in causa l’intera sua discendenza, sfidandola perfino con insulsa spavalderia davanti ai Geputani presenti, eccomi qui, gradasso, ad accettare la tua sfida e a darti la lezione che ti meriti!»

«Ah, ah! Lo sai che mi è piaciuta da morire la tua precisazione, riguardo ai nipoti di tuo nonno? Con essa, non hai fatto altro che affermarci che il tuo avo ha anche un numero imprecisato di nipoti nati da figli adulterini! Ebbene, parlando in questo modo, ti sei guadagnato la mia stima e il mio perdono!»

«Con il mio chiarimento, non intendevo affatto riferirmi a quanto hai malignato su mio nonno, considerato che, nell'intera sua vita, egli è stato sempre una persona integerrima, giusta ed irreprensibile. Lo sanno tutti i Berieski, dal primo all’ultimo, che le cose stanno come ti ho asserito. Tienilo a mente, essere immondo e indegno di nominarlo!»

«Allora vuoi aiutarmi a comprendere meglio il vero significato della tua frase, se non ti chiedo troppo? Perché hai voluto aggiungere "conosciuto", parlando personalmente di te? Come me, anche gli altri Geputani qui presenti vorrebbero aver chiarito questo particolare, che non si presenta per niente manifesto! Su, chiariscicelo!»

«Quello che non sai, viscido individuo, è che mio nonno ha avuto dalla propria defunta consorte Enker, ossia mia nonna, pure una figlia femmina, la quale risultò ultimogenita. Siccome mia zia Elinnia andò in moglie ad un re della remota Edelcadia, non abbiamo mai saputo quanti figli ella abbia dato a suo marito. Per questo ne ignoriamo il numero e tutto il resto. Adesso ti ho chiarito bene ogni cosa?»

A quel punto, staccandosi dal gruppo, si era fatto avanti un uomo anziano. Egli, dopo aver attestato quanto detto dal sedicente nipote di Nurdok, gli aveva domandato:

«Vuoi dirci, giovanotto, tu da quale dei numerosi figli del nostro insuperabile superum sei nato? Come mai nessuno dei presenti, me compreso, è stato in grado di riconoscerti, ciò che invece non avviene con tutti gli altri tuoi cugini che vivono in Geput? Ce lo vuoi spiegare, per favore, e farci comprendere chi è il tuo genitore?»

«Io nacqui da mio padre Celton, l’ottavogenito del glorioso Nurdok.» gli aveva risposto il giovane «Il mio nome è Leruob e fui il quinto dei suoi figli a venire al mondo. All’età di dodici anni abbandonai la mia famiglia per dedicarmi ai miei viaggi. Proprio in questo momento, dopo diciassette anni di vita errabonda, ne sto ritornando. Per fortuna, sono arrivato in tempo per dare una lezione a questo emerito millantatore, che stava offendendo la mia razza. Adesso ti è tutto chiaro, per averti dato le notizie che mi hai chieste?»

Avvenuto il chiarimento del nipote di Nurdok al vecchio Geputano, Obluz gli aveva aggiunto:

«Non te la prendere a male, Leruob, se sento il bisogno di festeggiare il tuo ritorno, infliggendoti una sonora batosta. Almeno così mi rifarò in parte dei termini spregiativi che mi hai affibbiati nel pronunciare ogni tua frase a me rivolta! Dunque, se non sei un vigliacco, impugna subito la spada e battiti con me da vero uomo. Così dimostrerai che alle chiacchiere sai anche far seguire i fatti, come faccio io ogni volta, quando mi vanto a tutto spiano davanti alla gente!»

Alla nuova provocazione di Obluz, il nipote dell’illustre stratega, dopo essersi armato di spada, si era dato a rampognare lo sfidante, esprimendosi a lui con tali parole:

«Credevi che mi sarei sottratto al mio dovere e non ti avrei dato piena soddisfazione, emerito fanfarone? Invece ti ho deluso! Inoltre, tra poco apprenderai in quale stato saprà ridurti uno dei discendenti dello straordinario mio nonno! Ricòrdati che è una promessa che riuscirò a mantenere facilmente, considerata la pappamolle che ho di fronte!»

«Fatti pure coraggio, Leruob! Ma quello che non sai, è che assai presto dovrai rifarti i connotati, se vorrai continuare a riconoscerti allo specchio! Sono due anni che nessuno mai è riuscito a battermi in Geput, dove sono ben quotato da tutti i Berieski. Se ci tieni a saperlo, ho dei fan pure nella discendenza del tuo leggendario nonno!»

«Fino adesso, presuntuoso da strapazzo, ti è andata bene, solo perché ero assente dal nostro borgo; ma ora che in esso c'è la mia presenza, dovrai porre fine alla tua alterigia. Imparerai anche tu a rassegnarti all’idea che non sei il giovane più forte in Geput, siccome ci sono io a superarti di gran lunga, come tra poco ti dimostrerò con i fatti!»

«Constato, Leruob, che riescono a convincerti soltanto le solide batoste, quelle che tra poco riceverai da me. Perciò smettiamola con le ciarle e veniamo a qualcosa di più concreto. Comportandoci così, comprenderai, nel modo migliore e una buona volta per sempre, come stanno realmente le cose tra noi due! Se ne renderanno conto anche tutti i presenti, i quali non aspettano altro, se lo vuoi sapere!»

Così dicendo, Obluz, volendo dimostrare al suo rivale che era lui il più forte, lo aveva assalito con una carica di colpi degni del suo nome, con i quali era convinto che avrebbe fatto dell'avversario carne da macello. Al contrario, egli non gli aveva causato né sbandamento né difficoltà a pararli. Si poteva affermare che il suo sfidante lo aveva lasciato fare senza scomporsi neppure minimamente. Nei suoi confronti, in un certo senso, il nipote di Nurdok era apparso come un gatto che giocava con un topo imprevidente, il quale osava aggirarsi tra le sue zampe, senza rendersi conto che poteva venirne divorato da un momento all’altro. Perfino quanti avevano assistito all’assalto del loro campione, avevano preso coscienza che egli questa volta aveva di fronte un grande combattente, che gli sarebbe risultato un vero osso duro. Anzi, egli gli avrebbe dato di sicuro parecchio filo da torcere. Quanto a Leruob, il giovane irrisoriamente si era dato a riprenderlo:

«Non mi dire che sta tutta qui la tua decantata bravura, buono a nulla! Se è così, mi hai proprio deluso, poiché avevo sperato di avere davanti un avversario, il quale si dimostrasse più alla mia altezza! Al contrario, mi tocca schiacciarti come un lurido pidocchio, senza che da te mi provenga il divertimento da me tanto sperato!»

Dopo avere schernito il suo rivale, Leruob era passato al contrattacco, aggredendolo in una maniera strabiliante. La sua fulminea aggressione era risultata qualcosa di fenomenale, alla quale non si era mai assistito prima in Geput. Con dei movimenti inavvertibili, che lo avevano fatto apparire come se volasse, egli aveva ottenuto in pochi istanti dei risultati stravolgenti. Alla fine lo aveva disarmato, atterrato e fatto trovare in una posizione davvero umiliante. Ossia, adesso il nipote del superum gli teneva un piede sul petto, mentre la punta della sua spada gli rasentava la parte anteriore del collo. Tenendolo poi inchiodato a terra in quella posizione avvilente, egli aveva incominciato a punzecchiarlo causticamente con i seguenti termini assai umilianti:

«Ti ho dimostrato, smargiasso, che non sei un campione; ma sei solamente un impostore e uno spaccone di cartapesta, il quale si spaccia per un provetto combattente. Da oggi in avanti, saprai cosa vuol dire essere un asso nella scherma e nella lotta! Adesso, se non ti rimangi subito le affermazioni fatte su mio nonno e sugli altri miei parenti, mi vedrò costretto a sgozzarti come un caprone. Allora, sei pronto a ritrattarle tutte, dalla prima all'ultima, senza eccettuarne nessuna?»

«Certo che no, Leruob, se prima non mi avrai promesso che dopo mi farai diventare tuo amico e mi farai da maestro nella scherma e nella lotta! Se devo restare il campione di coloro che sono completamente a digiuno di tali discipline, allora è meglio che mi squarci la gola e poni termine all’immensa mia vergogna! Quindi, come puoi constatare, ora sei tu che devi prendere una decisione seria e non io!»

Alla fine c’erano state sia la promessa da parte di Leruob sia la ritrattazione da parte di Obluz, le quali cose avevano consentito al Tardun di diventare l’ombra di colui che lo aveva sconfitto e graziato allo stesso tempo. Con quel suo comportamento, egli si era proposto di apprendere quante più cose possibili da chi gli aveva dato la dimostrazione di saperla veramente lunga nell’arte della scherma e della lotta. Ad ogni modo, fra i due giovani non si era mai avuta una vera amicizia, siccome l’arrogante Obluz non era mai andato a genio al nipote della massima autorità della Berieskania. Essendo molto differenti i loro caratteri, negativo quello del Tardun e positivo quello del Beriesko, nei tre anni che erano stati insieme, essi non erano mai andati d’amore e d’accordo neppure una volta. E le ragioni del loro ineliminabile contrasto si potevano immaginare senza difficoltà! Fra i due giovani, in continuazione c’era stato un rapporto di scontro, per il fatto che la moralità dell’uno non poteva amalgamarsi con l’immoralità dell’altro. Per questo ogni loro discussione si svolgeva sempre nell’attrito e sfociava nel disaccordo totale. Leruob, da parte sua, lo aveva sopportato per l’intero triennio, unicamente perché aveva inteso mantenere la promessa che gli aveva fatta, considerandosi un uomo di parola. Comunque, egli aveva cercato di non strafare con lui, nell’impartirgli le sue lezioni di scherma e di lotta libera. Inoltre, l’intrepido Beriesko aveva evitato di far sapere al Tardun che egli era anche un eccellente conoscitore di arti marziali, nelle quali si stimava secondo a nessuno. In quel modo, non gli erano state avanzate dal Tardun richieste di apprendimento anche in quel campo, allo scopo di apprenderle al massimo e farne così gran tesoro.

Al termine del terzo anno, quando aveva ritenuto che il suo compito fosse stato assolto appieno e che non gli dovesse più niente, Leruob lo aveva licenziato diplomaticamente. Con la scusa che aveva assunto impegni importanti con il nonno, i quali adesso non gli lasciavano più né tempo né spazio per occuparsi di altro, lo aveva invitato a dedicarsi ad una propria esistenza autonoma, senza più farsi guidare dagli altri. Allora Obluz, avendo capito l’antifona, prima che i loro rapporti divenissero tesi al punto tale da diventare conflittuali, aveva deciso di farsi da parte in buon ordine, senza cercare più di importunarlo e di correre il rischio questa volta di venirne ucciso. Così, dopo avere salutato gli amici del borgo beriesko, aveva voluto andarsene via da Geput, non riuscendo a farsene una ragione che in quel luogo ci fosse uno più in gamba di lui. Quindi, l’ambizioso Obluz, che era diventato disonesto e privo di scrupoli per sua libera scelta, era venuto ad abitare nel suo villaggio natio.

Quando giunse in Tardunuk, come era da aspettarselo, egli fece la sua prima visita al mio secondogenito Lurpes, il quale ne fu immensamente felice. Mio figlio lo accolse come un fratello, che aveva prima perduto e poi ritrovato. Perciò, senza neanche chiedermi il permesso, gli suggerì di alloggiare nella nostra abitazione. Ma Obluz, pur di non dipendere da nessuno, decise di andare ad abitare nella sua casa paterna, la quale era rimasta chiusa per lunghissimo tempo. Allora si proposero di rimettergliela in ordine le mie due figlie femmine, la maggiore delle quali, cioè Edal, aveva sempre avuto un debole per lui. Da parte sua, mio figlio, fin dal loro primo contatto, lo mise al corrente di qual era l’andazzo nel nostro villaggio. Così lo aveva messo a conoscenza che i giovani lo avevano fatto diventare l’opposto di quello che era Geput. Ad Obluz non dispiacque neppure un poco apprendere dall’amico i profondi cambiamenti che si erano avuti nel suo villaggio, i quali erano stati pretesi dalla gioventù, avendo essa stabilito di vivervi nella più totale anarchia. Al contrario, la sua spregiudicatezza gli fece vagheggiare delle strane idee, tra le quali ci fu anche quella di prendere in mano le redini del comando. Prima, però, egli doveva farsi conoscere come un campione nella scherma e nella lotta libera, dimostrandosi un vero marpione capace di districarsi dalle situazioni più difficili. Le quali cose gli erano tutte congeniali!

Conseguiti entrambi gli obiettivi, lo scaltro Obluz non ebbe difficoltà a farsi assumere nel comitato di base dei giovani avanguardisti. In tale organo, dopo un’opera di persuasione condotta nell’ombra, si fece pure eleggere prefetto, che era la carica di chi presiedeva quell’organo collegiale. In seguito, fu sua anche l’idea di ispirare nel figlio del capo Pluson l’uccisione del padre. In un certo senso, essa equivalse per alcuni ad una sua imposizione e per altri ad un larvato baratto. La maggioranza di loro, però, propendeva per un’altra versione dei fatti, secondo la quale Obluz gli avesse ventilato che, all’uccisione paterna, sarebbe seguita la sua nomina a capo della contestazione giovanile. Invece dopo, contro ogni sua ottimistica previsione, ad assumere tale ruolo fu scelto Obluz. Costui, a sua volta, cedette il suo incarico prefettizio al raggirato Ceriet, solo per dargli il contentino e per non farlo più sbraitare dappertutto e rinfacciargli l’evidente raggiro da lui subito. Ad ogni modo, ci volle meno di un anno perché l’amico di mio figlio, a forza di spintoni e spallate, si facesse la sperata nomea, alla quale teneva tanto. Dovunque intravide una buona occasione per un proprio tornaconto, egli ci si buttò a capofitto, pur di raggiungere lo scopo e di procurarsi il maggiore provento. Nessuno fu capace di tenergli testa nelle ruberie, nelle infamità, nei ricatti e negli assassini. Tali reati, oramai legittimati, gli fecero raggiungere in Tardunuk la vetta del successo.

Come obiettivo, Obluz aveva in serbo anche l’uccisione del figlio dell’ex capo Pluson, siccome la sua morte avrebbe scongiurato per sempre il probabile ritorno di un capo nel loro villaggio. Ecco perché una sera, tenendo il viso coperto, egli piombò all’improvviso nell’abitazione di Ceriet e lo freddò con un solo colpo di spada in pieno petto. Il suo assassinio, non essendo importato a nessuno degli abitanti del villaggio, passò sotto silenzio. Infatti, non una persona aveva voluto indagare sulla sua uccisione, proprio come se si fosse trattato della morte di uno spelacchiato cane randagio. Ma perché farlo, se quell'omicidio né era il primo né sarebbe stato l'ultimo nel villaggio dei Tardun? Oramai la gente si era abituata a quella nuova realtà, la quale vi dominava con preponderanza, essendo essa spinta a fare per abitudine orecchi da mercante.