328°-IVEONTE DEBELLA LA MONOTRIAD, LIBERANDO IL DIO E KRONEL

Una volta venuta fuori dalla sua dimora, la creatura aliena, mostrandosi seccata, si era condotta nella parte di cielo dove aveva origine l’emissione di quella calura, la quale risultava davvero eccessiva. Allora in quel luogo, in presenza della piccola stella artificiale, si era resa conto che essa poteva essere soltanto opera di qualche divinità. Ma di chi, se non del suo divino inseguitore? A suo avviso, la brama del dio Iveon di liberare la moglie Annura era stata così forte, da spingerlo a sfidarla oltre Kosmos. Perciò gli aveva fatto attraversare il Varco Intercosmico, il quale veniva ad aversi periodicamente tra i due universi paralleli. Il dio dell'eroismo, però, era all’oscuro del fatto che le cose adesso erano del tutto cambiate, poiché nella nuova circostanza la sua rivale sarebbe stata la cacciatrice, mentre lui avrebbe fatto da preda! Ovviamente, essa non sarebbe stata in grado di distruggere il rivale; ma avrebbe ottenuto ugualmente il suo scopo. Infatti, lo avrebbe reso impotente ad agire, confinandolo in una parte di sé dove avrebbe condotto una esistenza che non lo avrebbe fatto più esistere in Kosmos in modo attivo. Così, non scorgendo il dio nelle vicinanze, ll Monotriad si era data a gridargli baldanzosa:

«Ehi, dio Iveon, dove ti sei nascosto? Perché non vieni a fare il gradasso con me in Parakosm, come lo hai fatto ogni volta in Kosmos? Ti prometto che non ricorrerò più né all’invisibilità né alla mia natura trinitaria. Invece ti affronterò a viso aperto, senza più eludere i tuoi attacchi; anzi, te li ricambierò con grande piacere! Dunque, ti decidi a manifestarti e ad affrontarmi, senza avere il timore di venire sconfitto da me?»

Alle parole di sfida della creatura aliena, il divino eroe immantinente si era fatto scorgere dalla sua avversaria, anche se si era tenuto ad una distanza cautelativa, ma soltanto per motivi di sicurezza. Benché la risolutezza della sua sfidante non lo avesse convinto al cento per cento, avendo una mezza idea che essa non stesse bleffando, egli ugualmente aveva stabilito di coprirsi le spalle e di non correre alcun rischio invano. Alla fine, perciò, mostrandosi alla sua rivale, che adesso sembrava abbastanza insuperbita, si era dato a risponderle:

«Eccomi qui, spavalda Monotriad! Sappi che non attendevo altro! Era da tempo che volevo saldare la mia partita con te; ma tu me lo hai sempre negato oppure impedito con la tua invisibilità. Non immagini nemmeno quanto io stia gioendo in questo momento, il quale è stato da me tanto atteso e desiderato per quasi una decina di secoli! Perciò ti sono molto grato, per avermene data finalmente l’opportunità! Spero che tu dica la verità e faccia sul serio, quando dici di volermi sfidare!»

«Non essere precipitoso nel ringraziarmi, divino Iveon! Si vede che ignori che stai per diventare la mia prima vittima, ruolo che invece volevo riservare alla tua consorte. Ma tu, proprio mentre ero sul punto di mettere in atto il mio proposito, mi hai richiamato fuori con il tuo espediente e non mi hai dato modo di portarlo a compimento. Allora vorrà dire che prenderai tu il suo posto! Contento che sia andata così? Tanto alla tua consorte posso pensare pure dopo. E lo farò con piacere!»

«Chi ti dà la certezza, Monotriad, che uscirai tu la vincitrice ed io il perdente dall’attuale nostro confronto? Fino ad oggi, hai cercato di evitarmi, ogni volta che sono riuscito a fiutare le tue tracce sopra qualche pianeta. Sopra di esso, ti sei comportata come un coniglio, che scappa davanti ad un lupo affamato in cerca di preda! Non cercare di negarlo!»

«Lo ammetto, dio Iveon. Ma tu ignori che, in quelle rare occasioni che ci siamo incontrati, non ero in grado di batterti; adesso invece sono certa di poterlo fare! Anche tu te ne convincerai tra poco, ossia non appena ti avrò detto che adesso sono diventata identica alla mia genitrice, per cui ho anche acquisito le sue medesime prerogative. Ecco perché posso bloccare le divinità di Kosmos ed assimilarne la componente psichica. Essa, come ti è noto, mi è necessaria per potenziare la mia struttura organica e il mio patrimonio energetico!»

Quella notizia, che gli aveva comunicato la Monotriad, aveva messo in allarme il dio dell'eroismo. Se la sua affermazione fosse risultata vera, per lui non sarebbero potute esserci delle possibilità di vittoria. Infatti, la sua avversaria era in grado di metterlo nella impossibilità di difendersi e di attaccarla. Per questo motivo, egli non doveva darle modo di attuare su di lui i suoi disegni malvagi. Così, dopo essere riuscito a sfuggirle, avrebbe fatto intervenire contro la creatura aliena l’eroe umano, considerato che contro di lui i suoi poteri perniciosi avrebbero immancabilmente fallito. Per sua sfortuna, però, il dio Iveon, quando non aveva ancora conseguito il suo scopo, repentinamente si era sentito intrappolare nella rete energetica della Monotriad. La quale, tramite la sua trappola avvinghiante, all'istante aveva iniziato a trarlo a sé, ma con moderata velocità. In contemporaneità, pure la stella artificiale, la quale era stata generata dal divino eroe, si era spenta ed aveva smesso così di inviare sul pianeta Oblungus il suo calore. Ad ogni modo, l’energia catturatrice delle divinità, che veniva emessa dalla creatura aliena, poteva raggiungere una distanza assai considerevole. Ecco perché la diva Kronel, non appena si era trovata fuori dall’appostat, si era sentita pure lei trasformarsi in un essere impotente, per cui si era vista trascinare verso colei che rappresentava la nuova Deivora. Per la qual cosa, le erano mancate la forza di reagire e la capacità decisionale per chiedere aiuto.

Ritornando adesso al presente, Iveonte e la dea Annura, i quali in quell'istante la stavano seguendo dall’appostat mentre si allontanava da loro, dopo qualche minuto si avvidero della sua situazione precaria. Infatti, essi presero coscienza che il suo volo nello spazio era stato arrestato all’improvviso da una forza arcana, svigorendo qualsiasi impeto nel suo movimento. Inoltre, l’intralcio, il quale le impediva di proseguire e di prendere una qualche decisione, dal momento che aveva agito subito, di sicuro non doveva essere di poco conto. Allora, assai spaventata, la dea Annura prese coscienza che le cose si stavano mettendo male per tutti, come già era successo al consorte e alla diva. Per tale motivo, si sentì in dovere di gridare al giovane umano:

«Iveonte, la Monotriad si è già data alla sua opera iniqua e distruttiva. Come vedi, la sua macchinazione ha raggiunto pure Kronel. Sono sicura che mio marito non naviga in acque migliori, poiché anch’egli si trova impotente a fare i conti con la sua energia risucchiatrice. A questo punto, solo tu puoi salvare entrambi, sconfiggendo la creatura aliena e mettendola nella impossibilità di nuocere ad ogni altra divinità. Perciò, senza perdere tempo, corri ad affrontarla, dimostrandoti all’altezza della situazione e degno della tua fama! Ti scongiuro di correre immediatamente in loro aiuto, se non vuoi che sia troppo tardi per entrambi!»

Iveonte, senza proferire parole, appena ebbe ricevuto dalla dea l'invito ad agire, si lanciò scattante fuori dal loro rifugio e raggiunse la diva Kronel, la quale gli fece presente:

«Mio pupillo, devi affrettarti, se vuoi liberare me ed Iveon. Attacca al più presto la nuova Deivora e sconfiggila in modo definitivo, senza dare ad essa la possibilità di riprendersi e di mettere in atto il suo progetto abominevole contro le divinità di Kosmos. Su, vai, mio impavido eroe, e non fare rischiare al dio dell'eroismo ciò che mai più potrebbe recuperare nello spazio di Kosmos! Sii te stesso nell'ardua lotta!»

Iveonte, sempre restando in silenzio, si affrettò a gettarsi sulle tracce della ribalda Monotriad, allo scopo di darle il benservito e di tirare fuori dai guai i suoi due amici divini. In verità, anche la dea Annura, nel caso che Iveonte avesse fallito, abbastanza presto sarebbe andata incontro ad un orrendo destino, quello che stava avvolgendo ineluttabilmente nelle sue spire inesorabili il proprio coniuge e la giovane ultimogenita del potente dio del tempo. Invece, di lì a poco, l’umano eroe raggiunse la creatura aliena, quando il dio Iveon non era ancora divenuto suo pasto psichico. Egli, però, stava per diventarlo con una moderata velocità, dal momento che lo separava dalla sua predatrice poco spazio, la quale distanza era da considerarsi oramai minima. Allora la sua presenza incoraggiò l’eroe degli dèi; anzi, lo spinse anche a gridargli forte:

«Attaccala, supereroe Iveonte, senza alcuna remora e senza darle tregua! Inoltre, alla prima occasione buona, schiacciala come un insetto e falla crepare per sempre!»

Sentendo il dio esortare con tutto il suo vigore la nuova entità sopravvenuta, spronandola perfino ad assalirla, la Monotriad non ci comprese più niente. Dentro di sé, si andava chiedendo cosa stesse succedendo realmente; però alla fine ne conseguì una prima considerazione, risultando essa per lei la più ragionevole. Poiché il sopraggiunto essere non era divino, lo faceva pensare il suo corpo refrattario all’energia risucchiante da lei emessa, come mai egli si sarebbe dovuto dimostrare più in gamba di un dio del valore di Iveon? Avendo poi appurato la natura umana di colui che stava per attaccarla, essa si chiedeva ancora come avrebbe fatto un uomo a competere con la sua potenza. Inoltre, pur venendo assalita dal dubbio che la sua invisibilità potesse non rivelarsi efficiente con lui, la Monotriad lo stesso non se ne fece un problema. A suo giudizio, anch’egli era un candidato alla sconfitta per mano sua, sebbene in modo differente. Quanto alle restanti considerazioni, ammesso che ci fossero state in lei, prima che in sé venissero espresse a livello di pensiero, furono troncate dall’intruso umano. Egli, distraendola da esse, intervenne a rimbrottarla con decisione e con grande foga:

«Monotriad, adesso sei in mia balia e presto ti accorgerai che nulla puoi contro di me! Ti tratterò come ti meriti e seppellirò, qui nel Parakosm, i tuoi spudorati disegni e le tue insulse pretese! Alla fine libererò anche i miei due amici divini, i quali mi sono molto cari! Dunque, comincia a tremare, essere spregevole, visto che la tua fine è ormai imminente; né tu potrai ostacolarla, intanto che la faccio avverare in te!»

Iveonte era intenzionato a seguitare nel suo solenne rabbuffo, allorché la creatura aliena gli fece pervenire la sua prima offensiva. Essa si esplicitò con l’invio contro di lui di un centinaio di mostruose creature, che erano i Ragni Immobilizzatori, i quali avrebbero dovuto prima legare il loro destinatario con delle corde energetiche e poi farlo suo prigioniero. Il giovane eroe, però, mettendo in mostra varie acrobazie spaziali che lo rendevano imprendibile, riuscì a centrarle tutte con il suo anello, disintegrandole sul colpo l’una dopo l’altra. Allora le esplosioni, che ne derivarono, furono possenti e a largo raggio, scombussolando lo spazio per migliaia di miglia. All'inattesa reazione del giovane, la Monotriad tentò la rivincita con una seconda offensiva, cercando questa volta di non fallire nel suo proposito distruttivo. Esattamente, pensò di scaricare addosso all’umano avversario una carica energetica della massima catastroficità. Così la sua natura, caduca e deperibile com’era, non avrebbe retto all’immane deflagrazione; anzi, disgregandosi in mille pezzi, sarebbe morta per sempre, senza più costituire per lei alcun tipo di problema. Invece, all’arrivo del pacco energetico della Monotriad, l’anello all’istante badò alla protezione di colui che lo possedeva, facendolo trovare all’interno di una campana costituita di energia. La quale sarebbe stata capace di contrastarlo e di azzerare i danni di natura fisica e psichica che fossero potuti provenirgli da esso.

Il nuovo intervento della Monotriad, sebbene il potenziale offensivo insito nella sua carica esplosiva fosse stato di una selettività eccellente, invece si dimostrò un’autentica bolla di sapone. Eppure esso sarebbe dovuto rivelarsi un suo sfogo apocalittico, dalle incredibili deflagrazioni. Infatti, dopo essere stata fatta brillare a breve distanza dal giovane, la sua seconda carica energetica non fu neppure in grado di scalfire in qualche modo la persona, alla quale per suo espresso desiderio avrebbe dovuto arrecare delle lesioni irreversibili e mortali. Nel giovane, però, la vista, l’udito e tutto il resto appartenente alla sua sfera biopsichica rimasero senza alterazioni, neppure di quelle più lievi, e conservarono la loro integrità in ogni senso. Per questo, dopo la nuova offensiva dell’avversaria, restando impassibile, Iveonte le fece presente:

«Lo sai, Monotriad, che sei riuscita a farmi solo il solletico? Oppure eri convinta di procurarmi qualcosa di più serio e di più molesto? Ora però tocca a me farti assaggiare la mia reazione, facendoti intraprendere un viaggio interminabile attraverso le contrade sconfinate di Parakosm! Tra poco, non appena mi sarò deciso a farlo, te ne renderai conto da te stessa! Perciò prepàrati a ricevere la mia dura controffensiva!»

Ipso facto, Iveonte passò a puntarla con il suo anello, al quale si rivolse, esclamando: "Rinchiudila prima in una imperforabile sfera energetica e dopo farai in modo che essa compia un viaggio senza meta e senza soste attraverso l'universo parallelo di Kosmos, lasciandola sprofondare desolatamente nel grigiore dell’eternità! Lungo il suo periplo infinito, inoltre, dovranno accompagnarla la tenebra della mente, l’angustia dell’animo e l’angoscia dello spirito!"

All’ordine imperioso di Iveonte, subito partì dall’anello un raggio nerastro, il quale raggiunse la Monotriad e l’avvolse in un buio involucro di forze. Esse, nel loro tetro avvolgimento, non ammettevano reazioni di sorta, da parte di chi ne veniva avviluppato ed oppresso in maniera permanente. Per cui decretarono la rovinosa fine dell’essere immateriale, che si trovava incastrato in mezzo a loro. A quel punto, la creatura aliena smise di mostrarsi la sfidante senza rivali e venne a subire il crollo dell'intero suo essere, oltre ad avvertire dentro di sé che la propria alterigia si andava annichilendo totalmente. Essa, che aveva mirato a conquistare Kosmos, volendo superare perfino le gesta della madre Deivora, invece si ritrovò ad occupare un piccolo e cieco angolo di Parakosm. Nel quale non poteva neppure sgranchirsi per pochi attimi, intanto che i suoi pensieri affogavano in uno sconforto infinito!

Dopo che la Monotriad fu costretta ad intraprendere il perenne viaggio senza ritorno, essendo stata strappata alla sua volontà e alle sue ambizioni di conquista, il divino Iveon e la diva Kronel si ritrovarono di nuovo liberi di muoversi e di agire. Essi ritornarono ad essere padroni di sé stessi e capaci di autodecisioni; ma soprattutto risultavano affrancati dal condizionante dominio della perfida creatura aliena. Quando poi si rincontrarono con l’eroe umano e vennero a sapere come egli aveva castigato la figlia della Deivora, si rallegrarono con lui della punizione esemplare che le aveva inflitta. Ma le due divinità vollero congratularsi con il loro amico soprattutto per come aveva saputo gestire il suo scontro con la Monotriad e per l’ottimo esito che ne aveva fatto provenire.

Il divino eroe, inoltre, prima di fare ritorno all’appostat insieme con la diva Kronel ed Iveonte, ci tenne a distruggere sia il pianeta Oblungus che la sua stella Irideab. L’uno e l’altra, infatti, se sul pianeta fosse capitato per caso qualche altro Simbios, sarebbe potuto essere il potenziale autore di una nuova creatura infernale, come lo erano state la Deivora prima e la figlia Monotriad da poco. Agendo in quel modo, il divino eroe, a suo giudizio, aveva preservato definitivamente Kosmos da ulteriori incursioni fameliche, da parte di altre divoratrici dell’essenza psichica delle divinità in esso esistenti. Nel farlo, egli si mostrò assai soddisfatto. Ma bisognava soltanto vedere se nel futuro le cose sarebbero andate secondo tale sua convinzione oppure qualcun altro avrebbe tentato la medesima impresa. Magari superando di molto la stessa disastrosità messa in campo dalla prima divoratrice di essenze divine!


L’incontro tra il dio Iveon e sua moglie Annura fu patetico ed emozionante, durante il quale i due divini coniugi si profusero in abbracci, baci e carezze. Essi non si fecero scrupolo della presenza di Kronel e di Iveonte, mentre largheggiavano sentitamente nel loro affetto reciproco e nelle loro intime effusioni. Quel loro atteggiamento fece rimanere un po’ a bocca aperta la diva e il campione umano. Entrambi, ad un certo momento, si sentirono il terzo e il quarto incomodo, per cui si affrettarono a sfrattare quel rifugio, allo scopo di farlo essere un luogo più adatto alla circostanza amorosa. Comunque, essi non potevano non comprendere il loro attuale comportamento, il quale rivelava l'intera loro passione non goduta fino allora, anche se a volte con sfumature licenziose. A giudizio dell'una e dell'altro, nell’estrinsecazione del loro amore prorompente e disinvolto, stava giocando un ruolo importante la lunga assenza in loro di tale sentimento. Essa era durata fin troppo, se mille anni trascorsi senza amarsi significavano qualcosa per tutti gli altri!

Avuta poi fine la passione amorosa tra i due coniugi divini, le tre divinità ed Iveonte, stabilirono di rientrare in Kosmos. Perciò, effettuato l’involo dal loro rifugio, il quale venne distrutto da loro nello stesso momento che se ne allontanavano, essi sfrecciarono alla volta del Varco Intercosmico. Ma per scorgerlo nella sua presenza attiva, ci fu bisogno di una compenetrazione a quattro e di un nuovo viaggio nel tempo passato. Dopo il quale, la piccola comitiva poté attraversare il passaggio che si era formato tra i due universi paralleli, pervenendo nuovamente nello spazio di Kosmos. Partiti da quel luogo, essi si diedero a viaggiare verso Geo, che era uno dei pianeti orbitanti intorno alla stella Elios, la quale era situata nella galassia di Lactica. Sul pianeta terrestre avvenne il commovente commiato dei due consorti divini dalla diva Kronel e da Iveonte. Congedandosi da entrambi, che giustamente apparivano commossi, il dio Iveon volle ringraziarli, dicendogli:

«Miei indimenticabili amici, senza il vostro aiuto avrei dovuto rinunciare per sempre alla mia Annura ed ella avrebbe dovuto fare altrettanto con me. Perciò io e lei vi siamo debitori per l’eternità e mai il vostro ricordo si affievolirà nella nostra mente! Quanto alla tua missione, mio carissimo Iveonte, non ci sono dubbi che la compirai in modo egregio, indipendentemente dall’anello taumaturgico dell’eccelso Kron. Adesso so quanto vali e di che tempra è fato il tuo coriaceo carattere. Sarebbe un insulto al tuo eroismo, se mi proponessi di darti il mio aiuto nella tua impresa, visto che hai tutte le qualità per trionfare su ogni essere umano ed ovunque ci sarà bisogno del tuo indiscutibile valore. Come stai immaginando, ho da farmi perdonare dalla mia Annura mille anni di amore mancato da parte mia, per non essere riuscito a liberarla dalla Monotriad in un tempo minore! A dirla col proverbio, però, meglio tardi che mai!»

Poco dopo, seguirono gli abbracci di addio tra i due divini consorti, che erano sul punto di partire alla volta del loro caro pianeta Zupes, e i loro nuovi due amici, i quali non potevano essere che Kronel ed Iveonte. Anche la dea Annura, da parte sua, desiderò ringraziare in modo particolare l’eroe umano, per quanto aveva fatto per lei e per l’amato marito.

Una volta partita la coppia divina, Iveonte domandò alla diva:

«Adesso come si fa, Kronel, a ritornare presso il nostro accampamento e presso il mio amico? Chissà quanto pensiero Tionteo si starà dando per me, dopo essermi assentato così lungamente! Ma siamo poi sicuri che egli e Speon saranno sempre lì ad attendermi?»

«Invece, Iveonte, in questo momento l'uno e l'altro non possono pensare a te nel modo più assoluto!»

«Perché mai, amabile diva, dovrebbe essere come hai detto? Non mi dire che loro due non si trovano più tra i vivi! Se così fosse, ne morirei di dolore, anche perché ciò vorrebbe dire che non avrei più da cercare i miei genitori, essendo pure essi morti!»

«Infatti, Iveonte! Devi sapere che sono oltre quattromila anni che essi sono tutti morti su questo pianeta: i tuoi genitori, Tionteo, Speon e i Lutros vostri accompagnatori! Come pure vi hanno cessato di esistere tutti gli altri tuoi amici e conoscenti dell'Edelcadia!»

«Sul serio, Kronel, siamo così avanti nel tempo sul pianeta Geo? In questo caso, allora, molte cose avranno subito un radicale cambiamento, insieme con la mentalità delle persone che vivono sopra di esso! Non è forse come sto immaginando in questo momento?»

«Certo che è così, Iveonte! Se tu gli dessi una sbirciatina, ti accorgeresti quanto questo pianeta sia mutato, dal tempo in cui lo abbiamo lasciato! L’uomo, con la sua civiltà e il suo progresso, lo ha trasformato profondamente. Direi quasi che ora egli viva sulla Terra meglio di noi divinità! Ma la sua mentalità è peggiorata di molto. Oltre a non avere dimenticato di darsi alle guerre, egli le conduce senza sosta e con armi micidiali potentissime. Esse sono capaci di sterminare interi popoli in pochi attimi. Dovresti vedere quante stragi di innocenti egli vi compie con sadismo, come se la barbarie non lo avesse mai abbandonato lungo il suo infinito processo storico!»

«Allora, Kronel, sai cosa ti dico? A me non piacerebbe vivere in un mondo del genere; ma preferisco quello mio del passato! In esso, la malizia della gente è ancora sotto controllo, anche se non mancano malfattori degni del capestro. Perciò fammi ritornare nel mio tempo, dove vivono le persone a me più care, alle quali, nelle mie possibilità, posso generosamente elargire il mio affetto e il mio soccorso! Quindi, trasferiamoci in esso al più presto!»

Dopo l’espresso volere del suo pupillo, Kronel lo invitò a compenetrarsi con lei per fare il loro salto nel tempo passato. Nel frattempo, si riprometteva di addolcire il loro viaggio temporale a modo suo, ossia come già le era capitato di fare un paio di altre volte; però non senza il beneplacito del suo eroico pupillo! Così, intanto che erano dediti ai loro lussuriosi giochi amorosi, si calavano anche in quel tempo passato, il quale doveva riportare Iveonte nella sua tenda e fargli incontrare l’amico Tionteo. Quando poi la raggiunsero, essi avevano smesso da poco di dedicarsi alla loro passione amorosa, per cui Kronel si affrettò a diventare di nuovo spada del suo protetto.

Adesso, prima di riprendere il lungo ed avventuroso viaggio del nostro eroe verso la sua agognata meta, è doveroso seguire il ritorno del glorioso dio dell'eroismo e della sua consorte sul loro bramato pianeta Zupes. Da dove essi poi ripartiranno per raggiungere la dimora degli dèi, siccome nel Regno della Luce tutte le divinità benefiche non avevano più avuto notizie di loro due da una infinità di tempo. Così, a cominciare dalle due eccelse divinità di Luxan, le metteranno al corrente della loro lunghissima odissea e della loro liberazione dalla Monotriad, grazie all'intervento dell'intraprendente quartogenita del dio del tempo e dell'eroe umano Iveonte. A noi, invece, farà molto piacere vederli incontrarsi ed abbracciarsi con i loro grandi amici, prima fra tutti i divini Ukton ed Elesia. Con i quali essi si scambieranno le emozioni più vive e sentite, che faranno sussultare i loro spiriti. Soprattutto daranno ai singoli facenti parte del quartetto l'opportunità di deliziarsi come non era mai successo in tutti i loro anni trascorsi, a causa della speciale circostanza colma di intime emozioni, che non si potevano descrivere.