327°-KRONEL ED IVEONTE LIBERANO LA DEA ANNURA

Quando le due divinità ed Iveonte giunsero in prossimità del pianeta Oblungus, questo stava effettuando il pieno di energie che gli veniva concesso dalla propria stella. Nello stesso tempo, vi dava luogo all’attivazione dei processi trasformatori, che avevano lo scopo di potenziare la natura della Monotriad. Grazie a tali due attività che si svolgevano in superficie, ossia il rosseggiante magma che lo ricopriva e il fascio luminoso emesso dalla stella, il paesaggio del pianeta, che di solito appariva orrido, adesso si presentava impressionante. Perciò coloro che sorvegliavano l'aliena se ne stupirono incredibilmente e non riuscivano a spiegarsi da cosa potesse avere origine quello strano fenomeno. Ma per il momento, tenendosi appartati ad una certa distanza, essi si diedero solo alle loro riflessioni. Le quali non furono poche e li tennero occupati, fino a quando non ebbe fine l’evoluzione dello strabiliante fenomeno luminoso. Una volta che esso ebbe termine, i tre sorveglianti si tranquillizzarono ed iniziarono a porre in atto quanto avevano ideato per liberare la dea Annura, la quale doveva trovarsi in un ambiente abbastanza scomodo. Infatti, lo spettacolo offerto dalla superficie di Oblungus, che si mostrava ardente a causa della massa magmatica che vi gorgogliava in superficie, di certo non era bello a vedersi. Adesso il pianeta, dal punto di osservazione dove si trovavano il dio Iveon, la diva Kronel ed Iveonte, appariva una gigantesca palla da rugby situata in un involucro di lava ribollente. La sua forma quasi ovale, con rotazione intorno al suo asse maggiore, lo faceva comparire come un corpo spento unico nella sua specie, non potendosi rinvenire qualcosa di simile sia in Parakosm che in Kosmos. Forse era stata l’influenza esercitata dalla stella su di esso a renderlo affusolato; ma un tale fenomeno, ammesso che fosse stato vero, sarebbe avvenuto in un tempo assai lungo. Comunque, era noto che la meccanica celeste tendeva a far diventare sferici i corpi celesti e non a conferirgli una marcata fusiformità. Come appunto era accaduto al quinto dei pianeti che orbitavano intorno alla stella Irideab, nel quale essa si riscontrava in modo esclusivo.

Mentre loro tre si davano ad osservare silenziosi il fermento magmatico che si aveva sopra il pianeta oblungusino, l'eroe divino fu il primo ad esprimere la propria opinione, in merito allo strano fenomeno a cui essi stavano assistendo, in un certo senso alquanto delusi. Ad un certo momento, come se volesse muoverle un appunto, egli si rivolse alla divina figlia del dio Kron e le fece presente:

«Ehi, Kronel, quando ci hai parlato di questo astro spento, mica ci hai fatto presente che esso si trovava nelle condizioni in cui ci appare in questo momento! Mi domando perché non ce lo hai riferito!»

Allora, mostrandosi in un certo senso risentita, la spigliata diva non tardò a rispondergli con un tono tutt’altro che pacato:

«Iveon, se non l’ho fatto, è stato per una ragione molto semplice! Quando l’ho tenuto sotto osservazione, Oblungus non si presentava come lo scorgiamo adesso! Secondo me, avresti dovuto pensare ad una cosa simile, prima di darti a rimproverarmi! A ogni modo, sono sicura che esso presto ritornerà ad essere come è di solito!»

Iveonte, essendosi accorto che il botta e risposta fra le due divinità era avvenuto in modo per niente cordiale, ma al limite della polemica, cercò di rasserenare il clima, che per un attimo era divenuto tempestoso nel loro gruppo. Perciò, con il proposito di calmare i loro animi dediti ad un evidente scontro, egli intervenne a proporre ad entrambi:

«Amici, se siete d'accordo anche voi, suggerisco di allontanarci da Oblungus, ma solamente per il tempo necessario.»

«Perché mai questo tuo suggerimento, Iveonte?» gli chiese il dio «A mio parere, siamo già ad una distanza ragionevole da esso, la quale non può farci scoprire dalla nostra rivale! E poi necessario per cosa? Oppure era un altro il motivo della tua proposta, che non ho inteso in modo esplicito, per cui vorrei che tu me lo chiarissi meglio!»

«Non hai torto, divino Iveon, se ti riferisci alla nostra lontananza dal pianeta! Ma se ci tieni a saperlo, sono preoccupato per qualcos’altro, il quale non ha nulla a che vedere con la nostra distanza da Oblungus! Peccato che tu non abbia compreso l'antifona, essendo stato distratto da cose che non c'entravano affatto! Sarà per la prossima volta!»

«Ah, ah!» la diva si diede a ridersela di gusto «Adesso ho capito anch'io ciò a cui Iveonte si è voluto riferire! Egli non avrebbe potuto riprenderci più appropriatamente! Ammiro la sua arguzia!»

«Per favore, volete spiegarlo anche a me,» incuriosito, il divino Iveon si rivolse agli altri due interlocutori «dal momento che continuo a non comprenderci un bel niente? Allora vi decidete a farlo?»

«La sottigliezza dell’umano eroe, Iveon, ha inteso solo invitare noi esseri divini a rigare diritto e senza surriscaldarci troppo, come appunto ci stava succedendo con il nostro botta e risposta, senza accorgercene! Adesso non c'è bisogno che ti aggiunga altro, perché tu comprenda!»

«Perché mai, Kronel, non stavamo facendo il nostro dovere? Sei certa che Iveonte ha voluto rinfacciarci una cosa del genere? Egli potrebbe non avere affatto pensato a quanto hai immaginato!»

«Ne sono convintissima, Iveon! Secondo lui, i nostri precedenti interventi hanno avuto un sapore di battibecco. Allora egli, con tono scherzoso, ha voluto imputarlo al calore che si sprigiona dal pianeta. Il quale, in un certo qual modo, avrebbe fatto accendere te di disappunto e me di risentimento. Se non mi credi, può confermartelo lui stesso. Basta chiederglielo ed averne la riprova di quanto ti ho detto! Ma ti assicuro che non può essere stato altrimenti!»

«Esatto!» acconsentì Iveonte «Kronel ha colto perfettamente il significato delle mie parole. Voi due dovreste rendervi conto che in questo momento dobbiamo badare unicamente a come tirare fuori la sventurata dea Annura dalla dimora della creatura aliena. Perciò tra di noi dobbiamo evitare disappunti e risentimenti di qualsiasi tipo, se vogliamo conseguire il nostro obiettivo senza problemi!»

«Allora scusaci, Iveonte, se Kronel ed io ti abbiamo dato almeno per un attimo tale impressione, la quale, forse solo per una minima parte, è stata come tu l’hai intesa. Ma adesso, come ci hai esortati a fare, pensiamo ad agire con il massimo impegno e cerchiamo di liberare al più presto la mia sofferente consorte! Ti prometto, insuperabile eroe umano, che ciò non accadrà più tra me e la tua cara protettrice! Tanto si vede che c'è del tenero fra voi due, anche perché la graziosa Kronel non riesce a nasconderlo, quando si rivolge a te e quando tu le parli!»

Cambiando poi discorso, siccome intendeva esserne messo al corrente, egli domandò alla diva, la quale era arrossita dopo le precedenti considerazioni del dio dell’eroismo:

«Kronel, mi dici se hai ancora individuato la dimora della Monotriad oppure essa continua a risultarti irrintracciabile?»

«Invece non ci sono ancora riuscita, Iveon, poiché sulla superficie di Oblungus il magma ha modificato ogni sua parte ed ogni suo angolo. A causa di ciò, sto pensando al modo di superare la fase lavica del pianeta, essendomi venuta già una idea a tale riguardo.»

«Come vorresti ottenere una cosa simile, Kronel? Invece io ti stavo proponendo di eliminare l’intera massa magmatica dal suolo di Oblungus. Ma poi, ritenendo che una tale rimozione potrebbe mettere sul chi va là la nostra avversaria, ho lasciato cadere la mia proposta. Mi auguro che tu non sia orientata a risolvere il problema come volevo fare io. Se così fosse, dovremmo starcene ancora con le mani in mano, ad evitare di mandare a monte la nostra missione!»

«Invece, Iveon, il mio pensiero è rivolto a ben altro, ossia come tra poco mi darò a spiegarti.»

«Se non lo hai ancora immaginato, dio Iveon,» volle prevenirla l’eroe umano «Kronel ha posto mente ad un nuovo viaggetto nel tempo! Così, riportandoci al tempo in cui la lava risulta assente, ce la farà sparire senza indurre la Monotriad ad insospettirsi.»

«Esatto, Iveonte: hai colto nel segno ancora una volta!» acconsentì la diva «Intendevo appunto far ritornare il pianeta al suo precedente stato, ossia com'era alla mia prima visita. Ma per ottenere ciò, occorrerà una nuova compenetrazione a tre per risalire o ridiscendere la china temporale, fino a quando non avremo trovato il pianeta completamente privo di lava. Non sembra un'ottima idea pure a te, Iveon?»

Dopo la conferma dell'intraprendente quartogenita del dio del tempo, la quale lo aveva stupito, il dio dell’eroismo, palesando una punta di gelosia, si espresse così alla coppia:

«Vorrei proprio sapere come fate voi due a leggere ogni volta l'uno i pensieri dell'altra e viceversa! Ho constatato che ognuno di voi indovina sempre ciò che pensa l’altro. Scommetto che neanche fra due gemelli affiatati si verificherebbe una telepatia così efficiente, quale appunto mi risulta la vostra! Come è possibile che vi accada un fatto del genere?»

Con il solo scopo di scherzarci sopra, la diva Kronel gli rispose:

«Se avviene quanto hai notato, Iveon, è perché Iveonte ed io siamo giovani. Perciò ce la intendiamo a meraviglia, come se fossimo compenetrati in continuazione! Invece ai matusa come te, essendo lenti di riflesso ed avendo una memoria corta, non può capitare una cosa simile. Devi ammetterlo, dio dell'eroismo, se vuoi essere sincero con noi!»

«Al contrario, ti sbagli, Kronel! La stessa cosa capita anche a me e alla mia Annura, quando stiamo insieme. Quindi, sarà la reciproca passione a permetterlo ai partner di una coppia! Inoltre, vorrei farti presente che non sono ancora un vecchio bacucco, come ingiustamente mi hai dipinto! Menomale che è assente la mia consorte! Ella si sarebbe potuta offendere, alle tue ingiuste parole offensive nei miei confronti!»

«Certo che non lo sei, Iveon! Da parte mia, si è trattato esclusivamente di una innocua facezia. Pur prescindendo dal tuo eroismo rifulgente, il quale ti viene invidiato da tutte le divinità maschie, devi sapere che di dèi aitanti come te ce ne sono pochissimi in Kosmos e in Luxan! Se tu fossi un dio libero ed Iveonte per me non esistesse, accetterei volentieri il tuo corteggiamento! Con questo, credo di averti chiarito il concetto che ho di te, il quale ti ha chiarito che prima scherzavo!»

«Non potevi farlo meglio, Kronel! Adesso sì che hai dimostrato di essere una diva intelligente, la quale sa valutare con saggezza le divinità residenti sia in Luxan che in Kosmos!»

Poco dopo, essendo stata accolta la proposta della scaltra quartogenita del dio Kron, si effettuò il breve viaggio temporale nel recente futuro. Così le due divinità ed Iveonte si ritrovarono di nuovo insieme ad ispezionare la superficie di Oblungus, il quale adesso si presentava identico a come era apparso alla diva in precedenza. Infatti, il pianeta, che essi stavano esaminando con meticolosità, ora si mostrava nel suo stato normale, per il semplice fatto che su di esso il fenomeno magmatico non era in esecuzione. La qual cosa permise a Kronel di individuare l’ingresso della dimora della Monotriad. Mentre la indicava ai suoi due interlocutori con l'indice della mano destra, ella esclamò all’uno e all’altro:

«Eccola, amici! La riconosco da quei due spuntoni che si ergono lateralmente alla bocca del cratere, avendoli memorizzati assai bene! A questo punto, dunque, dobbiamo soltanto verificare che all’interno di essa ci sono Annura e la sua malvagia rapitrice. Dopo che ce ne saremo accertati, agiremo di conseguenza senza perdere tempo!»

«Ovviamente potrà rendersene conto il solo Iveonte con il suo anello.» fece presente il divino eroe «Gli basta ordinargli di rendere visibile la sua parte interna ed esso eseguirà in un attimo il suo comando, facendocela così perlustrare da cima a fondo!»

«Hai ragione, Iveon!» la diva concordò con il dio proponente «Ed è quello che il mio pupillo farà, dopo che lo avremo invitato a farlo!»

Rivolgendosi poi all'umano eroe, aggiunse:

«Adesso, Iveonte, fai scandagliare quell’angolo del pianeta dal tuo anello. Così il suo fascio di luce rischiaratrice penetrerà la roccia fin dove lo vorrai. Ti basterà che glielo ordini, fornendogli anche le indicazioni precise! Perciò affréttati ad ingiungerglielo, senza esitare nel tuo comando, poiché siamo ansiosi di conoscerne il risultato. Comunque, esso dovrebbe renderci visibile il fondo del cratere.»

Il giovane, senza perdere tempo, fece partire dal suo anello il raggio luminoso che doveva effettuare la ricognizione sul suolo del pianeta. Esso, dopo aver raggiunto la superficie di Oblungus, assunse una forma circolare avente il diametro di un chilometro. Poi, conservando la sua estensione, iniziò la penetrazione dello spesso strato roccioso, facendolo divenire trasparente. Allora l’alone espanso, già a cinquecento metri di profondità, fece rilevare a chi aveva interesse a saperlo la dimora della Monotriad. All’interno della quale furono notate la presenza sia della creatura aliena che della dea Annura. A quel punto, Iveonte, essendo stato invitato a farlo dalle due divinità, pose fine alla perlustrazione di quella parte del pianeta nella quale era situata la dimora della loro rivale, non essendoci più bisogno di essa. Ma poi domandò ad entrambe:

«Poiché ci siamo accertati che la dea Annura è nella dimora della Monotriad, insieme con la sua catturatrice, qualcuno di voi due mi rende edotto di ciò che ha da farsi adesso?»

«Come mossa iniziale,» fu la risposta del dio dell’eroismo «bisognerà liberare la mia Annura. Per farlo, però, occorrerà prima indurre la Monotriad ad allontanarsi dalla sua dimora, in modo che la mia consorte venga a trovarsi completamente sola in essa.»

«In che modo vorresti ottenerlo, Iveon?» la diva Kronel gli domandò. Ma poi, senza attendere la sua risposta, aggiunse:

«Secondo me, se prima non si ricorrerà ad un espediente ingegnoso, senza farle sospettare qualcosa di losco da parte di qualcuno, per noi non sarà facile distrarre l’aguzzina della tua Annura, attirandola fuori dalla sua caverna. Ne sono certa!»

«Ne sono convinto anch’io, Kronel.» le diede ragione il dio «Perciò mi sto già scervellando abbastanza, pur di trovare il modo di riuscirci! Secondo me, dovrò ricorrere a qualche straordinario fenomeno da fare avverare nelle vicinanze. Esso dovrà risultare tale, da incuriosirla e da spingerla ad uscire dalla sua dimora. La curiosità, come sappiamo, è prerogativa specifica dell’universo femminile! Ebbene, quando avrò ottenuto ciò, tu ed Iveonte correrete subito a liberare la mia Annura.»

«La tua è una idea eccellente, Iveon!» l’umano eroe gli espresse la sua approvazione «Qui ci vuole proprio uno stratagemma coi fiocchi, se si desidera suscitare nella Monotriad lo stimolo che la spingerà a rendersene conto. Se invece lo strano fenomeno le risulterà irrilevante e non la farà diventare sospettosa, la discendente della Deivora se ne infischierà ed eviterà di uscire dalla sua nascosta dimora!»

«Temo anch’io, Kronel, quanto è stato fatto presente da Iveonte.» concordò il dio «Per cui mi toccherà mostrarmi all’altezza della situazione nell’escogitare l’escamotage più confacente al caso! Vi garantisco che non vi deluderò, amici miei!»

Prima di andare avanti nel nostro racconto, bisogna chiarire un particolare rilevante, dal momento che si è omesso di farlo finora. In tale circostanza, Iveonte, grazie al suo prodigioso anello, non vedeva come un essere umano. Egli ora possedeva una vista identica a quella delle divinità, per cui i suoi occhi gli permettevano di scrutare lo spazio cosmico fino a distanze enormi. Fatto tale chiarimento, possiamo ritornarcene dal dio Iveon, che già aveva trovato lo stratagemma adatto.

«Ora vediamo se sarò in grado di distrarre la Monotriad!» egli stava dicendo alla diva e ad Iveonte «Mentre io vado a mettere in azione la mia mossa tattica, voi resterete qui a sorvegliare l’odiosa aliena. Perciò, non appena essa sarà uscita dalla sua dimora per rendersi conto dello strano fenomeno da me generato all'esterno, voi vi precipiterete a liberare la mia consorte, senza ritardare di un attimo il vostro intervento!»

Rivolgendosi subito dopo all'eroe umano, il dio Iveon aggiunse:

«Tu, Iveonte, quando sarai all’interno dell’antro, sai quello che devi fare. Ricòrdati che nessun essere e nessuna cosa può resistere alla potenza del tuo anello! Perciò, se lo riterrai indispensabile, ne farai uso con la massima sollecitudine, risultando una sorpresa alla Monotriad!»

Avendo poi ricevuto assicurazione dall’uno e dall’altra che il loro intervento sarebbe stato tempestivo e proficuo, il divino eroe si allontanò come un bolide da quel luogo. Nel congedarsi da loro, egli apparve con un volto abbastanza sereno, essendo convinto che l'uno e l'altra non avrebbero deluso le sue aspettative. Quanto poi al suo espediente, il divino Iveon aveva deciso di fare surriscaldare, almeno entro il raggio di un chilometro a partire da essa, la porzione del pianeta dove era ubicata la dimora della loro rivale. Perciò, raggiunta un’altezza che non era più soggetta alla sua gravità, egli vi generò una specie di piccola stella artificiale. Questa, a sua volta, attraverso un fascio di raggi energetici che sprigionavano solamente calore, iniziò a convogliare l’intera sua scorta di energia calorica nella zona dove le aveva indicato il dio, che l'aveva generata. Comunque, se il consueto magma si teneva ogni volta a debita distanza dalla dimora della Monotriad, durante i periodici fenomeni ai quali la stella sottoponeva il pianeta, adesso il nuovo calore non faceva eccezione per essa. Nello spazio, in cui si trovava ad operare, lo si scorgeva investire indistintamente ogni strato di roccia, ogni anfrattuosità ed ogni buca profonda. Così la temperatura andò via via accrescendo nel luogo designato, al centro del quale si trovava la dimora della figlia della Deivora. Per questo neppure essa veniva risparmiata dalla dilagante massa calorica, che si dava ad entrarvi e a propagarvisi.

In un primo momento, la Monotriad sembrò non avvedersi dell’insolito fenomeno. In seguito, però, quando il calore ebbe raggiunto un livello elevato, essa si allarmò e fu assalita da alcuni interrogativi. Possibile che la stella avesse iniziato ad irradiare di nuovo il pianeta, dopo averlo appena concluso? A suo parere, tale fenomeno non poteva verificarsi dopo così poco tempo! Inoltre, come mai le sue misure di sicurezza, adottate cautelativamente a difesa della sua dimora, non stavano funzionando, per cui anche in essa il caldo diveniva sempre più eccessivo? Le sue pareti interne sembravano diventare incandescenti, avendo esse già assunto un colore rosseggiante! Infine la Monotriad, siccome non riusciva a spiegarsi in nessun modo quell’inconcepibile fenomeno che si stava avendo all’esterno della sua dimora, decise di lanciarsi fuori e di andare a rendersi conto direttamente del suo insolito manifestarsi. Mentre usciva dalla sua dimora, palesava determinazione e stizza; ma soprattutto non smetteva di manifestare una grandissima apprensione.


Non appena la carceriera della dea Annura uscì dalla sua dimora e si mosse anche da Oblungus, essendo desiderosa di venire a sapere cosa stesse accadendo a quell’altezza del pianeta, anche Iveonte e la diva intrapresero il volo, lasciando il loro posto di osservazione. Essi, però, facevano il contrario della loro avversaria, poiché si dirigevano verso lo spento corpo celeste dalla bizzarra forma. Dopo che vi furono pervenuti, entrambi raggiunsero la dea per liberarla. La poveretta si trovava intrappolata all’interno di una campana energetica, per cui non aveva alcuna possibilità di uscirne con le proprie forze. Allora, prima che ella si accorgesse di loro due in modo improvviso, Kronel le gridò:

«Annura, siamo venuti a liberarti e a farti lasciare quest'antro che ti tiene prigioniera! Mancano soltanto pochi attimi, prima di renderti libera dalla Monotriad! Prepàrati a venire con noi alla svelta!»

La dea, strano a dirsi, all'inizio non apparve entusiasta, alle parole rassicuranti della diva. Al contrario, sembrò che la propria liberazione non le importasse più di tanto. Ma in seguito, mostrandosi terribilmente preoccupata per un particolare che adesso conosceremo, non poté fare a meno di chiedere alla quartogenita figlia dell’eccelso Kron:

«Kronel, mi dici perché mai il mio Iveon non è venuto a liberarmi insieme con voi, come giustamente mi sarei aspettato?! Mi dici dove si trova egli in questo momento?!»

Poi, soffermando il suo sguardo sbalordito sul giovane umano, si diede a dirgli:

«Tu puoi essere solo Iveonte, l’eroe degli uomini: non è vero? Come mai somigli al mio Iveon? Me lo spieghi? Di questo particolare Kronel non mi aveva mica parlato!»

«È proprio così, divina Annura! Ma adesso non ho tempo di dirti altro di me, poiché dobbiamo procedere alla tua liberazione e lasciare al più presto questo luogo! Dopo ti porteremo in un posto sicuro, dove la Monotriad non potrà più recarti alcun nocumento. Perciò ti toccherà avere ancora un po' di pazienza, prima di fare le tue domande! Mi prometti che mi ubbidirai? Comunque, sono certo che mi darai ascolto!»

Un istante più tardi, Iveonte ordinò all’anello di distruggere la forza costrittiva che imprigionava la dea. Allora partì da esso un raggio di colore rubino, il quale andò ad avvolgerla e a disintegrarla, senza arrecare alcun male ed alcun disturbo alla dea Annura, la quale vi stava dentro proprio come una reclusa. Avvenuta poi la liberazione della dea della temperanza dalla barriera energetica della Monotriad, la diva e il suo pupillo non vollero trattenersi neppure un attimo in quel posto; ma badarono unicamente ad abbandonarlo. Quando vennero fuori dal ricetto della creatura aliena, tutti e tre insieme lestamente si levarono in volo, prendendo il largo. Ma dopo essersi allontanati dal pianeta, essi rientrarono alla base. A proposito di quest’ultima, la quale aveva la forma di un parallelepipedo ed era ampia quanto bastava, essa risultava un ambiente abbastanza confortevole. Tale rifugio, il quale veniva denominato appostat, era stato approntato per l’occasione dal divino Iveon nello spazio parakosmico. Egli, la diva ed Iveonte, infatti, vi dovevano trascorrere la loro breve permanenza, fino al termine della loro missione; inoltre, vi dovevano svolgere il loro accurato appostamento alla Monotriad. Le principali sue caratteristiche erano l’invisibilità ad hoc e l’orbita controllata. Grazie alla prima, oltre ai loro abitatori, nessun altro poteva avvistarlo; invece, in virtù della seconda, esso veniva ad assumere alcuni utili movimenti studiati. Essi lo facevano restare nello spazio, mantenendo in continuazione la sua posizione frontale, rispetto alla vicina dimora della loro rivale Monotriad.

Rientrati tutti e tre nell’appostat, la dea Annura seguitò a chiedere del proprio marito, poiché non vedeva l’ora di riabbracciarlo. Ella lo faceva con tale noiosa insistenza, da spingere alla fine l'intraprendente Kronel a rivolgersi a lei con queste parole:

«Mi dici, Annura, perché ti preoccupi tanto del tuo Iveon? Sai benissimo che in Kosmos non c’è nessuna divinità che sappia badare a sé stessa meglio di lui! Se non sta qui con noi, è perché egli si trova impegnato altrove. Hai scordato che tuo marito è il nostro eroe e che è ammirato anche dal mio eccelso genitore? Comunque, la sua assenza è dovuta al fatto che egli è occupato a creare per la tua rapitrice il diversivo, che l'ha spinta ad allontanarsi da te e ci ha consentito di liberarti.»

«Questo lo avevo già ipotizzato, Kronel! Ma lo stesso non riesco a stare tranquilla. Temo che la Monotriad possa ridurlo all’impotenza, senza che egli possa reagire e combatterla!»

«Un fatto del genere, Annura, non è possibile. Lo sai anche tu che la creatura aliena ha sempre cercato di sfuggirgli, ricorrendo ogni volta all’invisibilità. Ti ha perfino tenuta celata agli occhi del tuo consorte, per non permettergli di liberarti! Lo hai dimenticato? Eppure ciò è avvenuto più volte, mentre essa si dirigeva in questo luogo! Perciò non devi temere che qualcosa tramato dalla Monotriad possa danneggiarlo!»

«Quanto hai affermato, Kronel, corrisponde al vero. Ma adesso ci troviamo di fronte ad una Monotriad, la quale si presenta molto potenziata. Con l‘ultima irrorazione energetica ricevuta dalla stella, essa ha acquisito le stesse facoltà della madre Deivora. Per questo motivo, ora è divenuta temibilissima quasi come la genitrice e il mio valoroso Iveon potrebbe non reggere al confronto con essa! Allora mi sono spiegata?»

«Come fai a sostenere una roba del genere, Annura? Chi te l'ha riferita? Ad ogni modo, io non ci credo, poiché non è possibile che sia accaduto qualcosa del genere!»

«Kronel, è stata la Monotriad stessa a farmelo presente. Essa stava anche per ricavare da me il suo primo pasto psichico, quando il calore è venuto ad allarmarla e a distrarla da tale proposito! Devi sapere, figlia del potente Kron, che, quando il pianeta è stato irrorato di nuovo dalla sua stella, essa orgogliosamente mi ha palesato: "Da questo momento, dea Annura, possiedo tutte le qualità della mia genitrice. Perciò non fuggirò più davanti a tuo marito. Sarò io a dare la caccia alle divinità di Kosmos, a cominciare dal tuo spavaldo Iveon! Da ora in poi, anch’io, come la mia estinta madre, sono in grado di immobilizzare ed attrarre a me qualsiasi divinità residente in Kosmos. Vedrai che ne farò una enorme ecatombe! Ma proverò la soddisfazione più grande, quando farò soccombere anche il divino eroe!" Dopo queste mie parole, comprendi i miei timori, graziosa diva, che non sono affatto infondati? Anche noi tre siamo in pericolo, se continuiamo a restare in questa regione cosmica!»

«In un certo senso, Annura, ti capisco. Ma non dobbiamo demoralizzarci, poiché sono convinta che in qualche modo ce la caveremo contro la creatura aliena! Se un tempo mio padre invitò tuo marito ad accettare il mio aiuto e quello di Iveonte, siccome egli ci avrebbe incontrati durante la sua millenaria ricerca di te, vuol dire che ci sarà un modo che può giocare solo a nostro favore! Nel suo lungimirante pensiero espresso ad Iveon, ti garantisco che non fu prevista affatto la nostra disfatta!»

«Davvero, Kronel, è accaduto in passato quanto mi hai riferito? Ma voi avreste dovuto affrontare la Monotriad di allora, in quanto una e trina, prima che essa diventasse un'altra Deivora e non dopo che fosse divenuta la copia perfetta della sua genitrice!»

«Certamente, Annura! Ce lo ha riportato lo stesso tuo marito. Egli era andato a chiedergli di aiutarlo a ritrovarti e mio padre non poté offrirgli il suo aiuto; però gli diede il consiglio che adesso conosci anche tu. Io credo di averlo già dato il mio contributo in questa impresa! A questo punto, non ci resta che affidarci al valore dell’eroe umano! Secondo me, dea della temperanza, prima o dopo, non fa differenza! La Monotriad riceverà da noi tre la lezione che si merita, poiché è destino che ciò avvenga. Te lo prometto con certezza!»

«Non è assolutamente immaginabile, Kronel, che un Materiade della specie umana possa riuscire in una impresa in cui anche una divinità del calibro di mio marito è costretta ad arrendersi e a capitolare! A me appare un fatto oltremodo assurdo, se devo esserti sincera! Oppure sono in torto, dolce diva, per cause di cui non sono a conoscenza?»

«Come vedo, Annura, hai dimenticato un lato importante della nostra vicenda, il quale dovrebbe fartela considerare altrimenti, ossia in un modo a noi favorevole!»

«A quale ti riferisci, Kronel, se mi è permesso conoscerlo? Comunque, non ne vedo neppure uno a nostro favore e a svantaggio della nostra imbattibile nemica!»

«I poteri della Monotriad, ammesso che già li abbia e li possa gestire, fanno presa esclusivamente sulla componente psichica delle divinità di Kosmos. Perciò Iveonte, non avendo la nostra stessa essenza psichica, può combatterla e sconfiggerla senza alcuna difficoltà. Inoltre, l’anello di mio padre può fornirgli tutta la potenza che gli occorre per debellarla e distruggerla, senza correre il pericolo di esaurirsi.»

«Ciò è pure vero, Kronel. Le tue considerazioni iniziano a tranquillizzarmi, facendomi avere una immensa fiducia nell’eroe umano. Iveonte, neppure a farlo apposta, ha un nome e un aspetto somiglianti a quelli del mio Iveon! Ciò mi spinge ad avere fiducia in lui e a riconoscerlo come il predestinato a sconfiggere la Monotriad e a trarre dai guai noi divinità! Allora che sia lui il nostro liberatore!»

Non appena la dea Annura ebbe finito di esprimersi in quel modo, i tre ospiti dell’appostat videro spegnersi la piccola stella artificiale generata dal dio Iveon, per cui il pianeta Oblungus si liberò dall’effetto calorico messo in atto dai suoi raggi. A quello spegnimento improvviso, le due divinità ed Iveonte si domandarono se fosse stato il dio a far sparire la fonte luminosa, essendo venuti meno i presupposti perché essa continuasse ad esserci. Altrimenti, a loro parere, era sopravvenuta qualche altra causa che lo aveva costretto ad agire in quella maniera inspiegabile. La diva Kronel, mostrandosi assai rincresciuta per quell’episodio imprevisto, oltre che impaziente di venirne a capo, prese la decisione di andare ad accertarsene immediatamente. Ma prima di lasciare il loro rifugio, facendo trasparire dal suo volto molta ansia e premura, non si scordò di fare la seguente raccomandazione al suo imbattibile pupillo:

«Iveonte, se non mi vedrai ritornare insieme con Iveon in brevissimo tempo, vorrà dire che Annura potrebbe avere avuto ragione, riguardo alla Monotriad. In quel caso, senza indugiare oltre, dovrai venirci in soccorso per liberare le nostre esistenze divenute sue prigioniere. Ricòrdati che dovrai farlo, prima che la creatura aliena ci privi dell’essenza psichica e ci renda incompatibili con la realtà di Kosmos! Ma speriamo che a ciò non si arrivi!»

Adesso occorre informarci se c’era già stato lo scontro tra il dio Iveon e la Monotriad, in seguito al quale si era spenta la piccola stella, a cui aveva dato origine l’eroico dio. Nel medesimo tempo, in caso affermativo, bisogna vedere come si erano concluse le varie tensioni tra i due irriducibili contendenti. Così facendo, verremo anche a sapere in anticipo a cosa stava andando incontro la turbata diva Kronel.