324°-KRONEL INDIVIDUA IL RIFUGIO DELLA MONOTRIAD

Dopo che si fu accomiatata dal dio Iveon e dal proprio protetto, dandosi a sfrecciarvi ad una velocità incredibilmente impressionante, la diva Kronel sprofondò nello spazio profondo di Kosmos. Allora neppure la luce riusciva a starle dietro, poiché questa si vedeva distaccare da lei sempre maggiormente. In quel modo, ella veniva a creare tra sé e il fascio luminoso una distanza quasi incolmabile ed irraggiungibile. La figlia del dio Kron voleva trovarsi prima possibile sul pianeta Celiop, dove poi avrebbe effettuato la sua immersione nel tempo passato, fino a cogliervi l’arrivo della perfida Monotriad. Ella, comunque, sarebbe stata attenta a non farsi avvistare dalla creatura aliena; ma l’avrebbe soltanto spiata, sottraendosi alla sua vista e tenendosi a debita distanza da essa. Atterrata infine sulla superficie del pianeta kenustino, la protettrice del nostro eroe si ritrovò in prossimità del luogo che le aveva indicato il dio Iveon. A quel punto, ella si diede ad immergersi con la massima celerità nel passato di Celiop, per attendervi l’arrivo della Monotriad.

Prima di andare avanti nell’attuale parte del racconto, è d'uopo precisare qualcosa, intorno a cui probabilmente più di un lettore esigente si sarà già fatte varie domande, come quelle che vengono riportate qui di seguito. Qual era la velocità con la quale le divinità, ovviamente quelle che erano in grado di farlo, potevano percorrere una fascia temporale? Inoltre, si faceva attraversare più rapidamente quella che si immergeva nel tempo passato oppure quella che si protraeva nel tempo futuro? Ebbene, per avere entrambe le risposte, non saremo costretti a ficcarci in alcun ginepraio complicato; né tantomeno ci metteremo ad almanaccare le più assurde congetture. Perciò passeremo ad avere l'una e l'altra, senza molta fatica e senza alcuno sperpero di energie intellettuali.

La seconda risposta ci mette a conoscenza che la velocità di avanzamento nella fascia temporale era la medesima, sia quando ci si inabissava nel tempo passato sia quando si effettuava la risalita verso quello futuro. In riferimento alla prima risposta, invece, essa ci palesa che la divinità dotata di tale prerogativa poteva transitare attraverso la qualità temporale con una velocità mille volte maggiore di quella che le consentiva di attraversare lo spazio cosmico. A tale riguardo, però, si fa presente che il fenomeno viene da noi considerato secondo un parametro, il quale è in stretto rapporto con la percezione umana. E non potrebbe essere altrimenti! Per la verità, l’immersione nel sentiero del tempo non faceva impiegare alcuna parte di esso; al contrario, lo faceva perdere, se ci si immergeva nel passato, oppure lo faceva guadagnare, se lo si percorreva andando verso il futuro. Nel primo caso, però, il tempo era da considerarsi negativo; invece nel secondo caso andava stimato positivo. Infatti, procedendosi a ritroso nella qualità temporale, si recuperava un tempo già trascorso nello spazio; ma si perdeva quello che si era guadagnato prima, per cui esso andava ritenuto negativo. Perciò, quando la diva si ritrovò sul pianeta nel momento esatto che vi era arrivata la Monotriad, per la precisione il dio Iveon ed Iveonte la stavano precedendo in Kosmos di tre secoli.

Kronel, quindi, ripartì da Celiop, prima che vi giungesse il dio Iveon, siccome la figlia della Deivora abbandonò il pianeta, non appena vi ebbe lasciato i suoi mostruosi Rospibur, dovendo essi insidiare l'arrivo del suo accanito inseguitore, che era il dio dell'eroismo. Nel darsi all’inseguimento della creatura aliena, Kronel si andava ponendo varie domande specifiche. Iniziamo dalle prime due, le quali erano le seguenti: Come mai la Monotriad era stata in grado di fare prigioniera la consorte del dio Iveon? Era mai possibile che un essere immateriale, dotata di una natura inferiore, avesse avuto il potere di imporsi ad un essere fatto di puro spirito? Secondo il suo perspicace parere, l’unica spiegazione plausibile, la quale soddisfaceva entrambe le domande, era quella che la metteva al corrente che l'aliena, allo stesso modo della madre, agiva sulla parte psichica di una divinità, fosse essa benefica oppure malefica. Di conseguenza, la medesima riusciva a costringere anche la parte spirituale dell’essere divino a subire i suoi effetti lesivi.

A quel punto, ne conseguì la seguente terza domanda: Perché l'entità aliena non si era imposta pure sul dio Iveon? Probabilmente anche questo particolare poteva essere spiegato a rigore di logica. A suo giudizio, la rapitrice di Annura per il momento risultava potenziata per aver ragione soltanto delle divinità minori. Assai presto, però, come prevedeva il dio dell’eroismo, ella sarebbe stata in grado di avere in sua balia perfino una divinità maggiore. Se poi la Monotriad fosse diventata una mostruosità identica alla sua genitrice, in quel caso l’intera popolazione divina residente in Kosmos avrebbe iniziato a vivere gli stessi terribili momenti che aveva vissuto al tempo della Deivora. La quale, per loro fortuna, grazie al padre Kron, allo zio Locus e all’eroe Iveon, era stata definitivamente debellata e fatta sparire dallo spazio cosmico. Un quarto interrogativo di Kronel riguardò invece il suo stato latente, il quale le faceva chiedere se esso sarebbe riuscito a nasconderla anche alla creatura aliena. Ma la diva era impossibilitata a dare una risposta a tale sua nuova domanda, almeno fino a quando non lo avesse sperimentato direttamente, ossia esponendosi alla sua vista. E poiché fare tale esperimento significava mettere a repentaglio la sua missione, oltre a quella dei suoi amici, concluse che era meglio farne a meno per il momento, evitando di correre il rischio di compromettere la loro intera missione.

Per ultimo, Kronel decise di occuparsi anche dell’invisibilità della Monotriad; ma constatò che essa senza dubbio le sarebbe costato un quantitativo di energie non indifferente. La qual cosa la obbligò a rinunciare, volendo farne uso esclusivamente in casi eccezionali, ossia quando voleva sfuggire ad un pericolo imminente che la minacciava da vicino. Così, partita da Celiop, senza che Kronel la perdesse mai di vista, la creatura aliena si ridiede alla sua folle corsa attraverso lo spazio di Kosmos. I pianeti, che si susseguirono lungo la sua rotta cosmica, scelti da lei come tappe intermedie del suo lungo percorso, furono altri cinque, il terzo dei quali fu Farvup. Esso orbitava intorno alla stella Kulmas, la quale era situata nella galassia di Espram. Sulla superficie di tale astro spento, la diva, mentre la sua sorvegliata si mise a riposare per rifarsi della fatica del volo, decise di fare una breve escursione.

Nel villaggio dei Trusdi, allora ella ebbe modo di assistere ad una esecuzione capitale. Esattamente, si stava propagginando il condannato a morte, mentre la folla inferocita lo circondava ed inveiva contro di lui. Alla fine, quando il reo sospetto fu calato interamente nella fossa a testa in giù, si cominciò a versare in essa la stessa terra che in precedenza vi era stata estratta. Quando poi la buca risultò completamente colma, la diva agì in modo che il condannato ne uscisse con uno scatto rapido. Così, permettendogli di muoversi all’indietro celermente, lo fece ritrovare in posizione eretta accanto al fosso. In seguito al prodigioso fenomeno, i Trusdi smisero subito di lanciare contro di lui le loro invettive velenose. Anzi, dopo essersi prosternati umilmente davanti alla sua persona, iniziarono ad adorarlo, come se all'improvviso il condannato fosse diventato un’autentica divinità.

Il pianeta, sul quale la Monotriad effettuò la sua ultima fermata di riposo, fu Gelp. Esso si trovava suppergiù all’inizio della galassia di Trespan ed orbitava intorno alla stella Velias. Il nuovo astro spento non si presentava attraente sotto ogni punto di vista. Difatti in ogni sua parte si scorgevano delle regioni brulle, la cui scarsa vegetazione ne faceva dei paesaggi privi di vita e molto monotoni. Su tale superficie planetaria, la diretta discendente della Deivora si decise finalmente a liberare la sua prigioniera dalla celitina. Si trattava di una sostanza che, oltre a renderla invisibile rispetto alle altre divinità, non le permetteva di osservare intorno a sé tutte le cose esistenti. Inoltre, la poveretta continuava a restare bloccata da un tipo di energia che non le avrebbe consentito di muoversi, se avesse voluto allontanarsi dal luogo in cui si trovava. Allora la diva Kronel, favorita da quella circostanza favorevole, poté scorgere la consorte del divino Iveon e studiare il suo volto, che visibilmente appariva davvero molto provato. I segni della sofferenza vi si scorgevano come scolpiti ed evidenziavano la sua disperazione interiore, che si rivelava di notevole entità. I suoi occhi si mostravano totalmente assenti alle cose che la circondavano; ma anche erano tormentati dal suo presente senza speranza. Essi erano affissati su un remoto passato, il quale aveva costituito la parte migliore della sua esistenza, per averlo vissuto in un clima di massima partecipazione affettiva e passionale. Perciò ella in quel momento stava rivolgendo l'estasiata sua mente a colui che non smetteva mai di amare con sommo ardore, per avergli riservato le sue cure affettuose, nonché i suoi pensieri più dolci e sublimi.

Nelle prime ore pomeridiane, quando sulla superficie del pianeta il torrido caldo incalzava irresistibile a danno dei pochi animali che l’abitavano, la Monotriad si allontanò da quel luogo. Circa i motivi che l’avevano spinta a farlo, essi risultavano ignoti. Ad ogni modo, Kronel approfittò della sua temporanea assenza per avvicinarsi alla dea Annura ed intrattenersi con lei, con il solo scopo di confortarla e rivolgerle alcune domande. Anche la consorte del dio Iveon ne avrebbe fatte a lei, ovviamente tutte che avrebbero riguardato il marito. Non appena ebbe scorto Kronel davanti a sé, la dea le chiese:

«Come mai, girovaga diva, ti trovi su questo sperduto pianeta della galassia di Trespan? Inoltre, mi dici chi sei, dal momento che non ho mai avuto il piacere di conoscerti nel tempo andato? Avanti, mettiti subito a parlami di te, se vuoi farmi un grandissimo favore!»

Dopo, essendo stata assalita da un frastornamento, le aggiunse:

«Prima, però, mi devi assicurare che sei una dea reale e che io non sto affatto delirando.»

«Certo che sono una divinità vera, Annura!» le rispose la diva «Il mio nome è Kronel e sono l'ultima figlia del dio del tempo. Ti occorre sapere qualcos'altro su di me?»

«Intendi dire la figlia dell’eccelso Kron, giovane e graziosa dea?! In verità, non ho mai saputo che egli, oltre ai suoi tre figli maschi, avesse avuto pure una diva, come facente parte della sua prole! Di sicuro egli ti avrà avuta dopo il mio rapimento!»

«Certo che è così! Altrimenti di quale altra divinità poteva trattarsi, amabile moglie del divino eroe? Il dio del tempo è uno solo ed io rappresento la sua quartogenita figlia, essendo nata dopo i miei tre fratelli! Adesso sei venuta a saperlo anche tu, Annura! Sei contenta?»

«Hai proprio ragione, Kronel! La prigionia mi ha resa perfino sbadata, come puoi vedere! Provo un grande piacere nello scorgerti qui, intenta a rivolgermi la parola!»

«Grazie, Annura! Lo so che sei sottoposta ad una sofferenza immane, la quale a volte può anche non farti ragionare! Ti esorto, però, a non avvilirti, dal momento che la tua liberazione è prossima. Abbi ancora un poco di tolleranza e vedrai che alla fine per te ogni cosa si risolverà per il meglio. Te ne do la massima assicurazione!»

«Ti ringrazio per le tue parole di conforto, Kronel! Ma mi dici come fai ad essere al corrente del mio nome e di quello di mio marito? La tua giovane età non dovrebbe metterti in condizione di conoscerci! Se non ti rincresce, sarei ansiosa di saperlo. In verità, vorrei apprendere anche altre cose in merito alla tua presenza su questo sperduto pianeta!»

«Annura, ho appreso i vostri nomi dal tuo eroico consorte. Egli mi ha parlato di sé, di te e della vostra sventura. Ecco perché mi trovo qui!»

«Davvero, hai visto il mio adorato Iveon, dolce diva?! Allora vorresti farmi la cortesia di rivelarmi dove egli si trova adesso? Oppure non sei in grado di dirmelo, lasciandomi alquanto dispiaciuta??»

«Ho lasciato il tuo consorte su Geo, Annura. Si tratta di un pianeta che si trova nella galassia di Lactica, a trecento anni di distanza da noi! Egli sta aspettando che gli rechi alcune informazioni sulla tua maligna catturatrice, poiché abbiamo deciso di attaccarla.»

«Che dici mai, Kronel! Vuoi burlarti di me? È impossibile ciò che affermi! Se tu avessi parlato di lucet, avrei potuto crederti! Ammetti che hai sbagliato ad esprimerti!»

«Non mi permetterei mai, Annura, di prendermi gioco di te! Se sono qui, è per avere tue notizie; ma soprattutto per seguirti fino al luogo in cui la Monotriad ti condurrà. Abbiamo ragione di credere che probabilmente ella ti porterà nella sua dimora, che si trova nel Parakosm, dove verremo a liberarti. Ma prima abbiamo intenzione di dare una sonora lezione alla creatura aliena. Così le impediremo di diventare quella che un tempo è stata la sua genitrice Deivora, di cui hai già sentito parlare!»

«Siete sicuri di riuscire nell’ardua impresa, Kronel? Questa Monotriad non si lascia sconfiggere facilmente; si dimostra un grosso problema, quasi come la madre! La sua natura trinitaria a tempo parziale, che ella può gestire in modo saltuario e subdolo, mette in difficoltà chiunque si trovi ad affrontarla. Già successe, ahimè, al mio povero Iveon, il quale, ad un certo punto, dovette rinunciare alla sua cattura e alla mia liberazione, per evitare di farmi del male involontariamente!»

«Lo so, Annura. Perciò abbiamo deliberato di muoverle contro in tre. In questo modo, la creatura aliena non potrà sfuggirci, pur ricorrendo alle sue ingannevoli immagini, le quali a volte danno luogo ad una pseudotrinità. Tuo marito, io ed Iveonte le daremo il benservito che si merita, dandole alla fine uno splendido scacco matto!»

«Chi sarebbe questo dio Iveonte, Kronel? Egli ha un nome che assomiglia a quello di mio marito! Mi dici qualcosa di tale divinità, della quale non ho mai sentito parlare?»

«Annura, ti faccio presente che, se il tuo consorte rappresenta l’eroe delle divinità benefiche, Iveonte è l’eroe incontrastato degli esseri umani! Perciò, contrariamente a quanto hai immaginato, egli non è affatto un dio, ma è solo un essere mortale.»

«Non può essere ciò che asserisci, Kronel! Mi dispiace dirtelo, ma trovo strano pure il fatto che tu abbia potuto viaggiare nel tempo passato, arrivando fino a me! Oltre all’eccelso Kron, a nessun’altra divinità positiva è permesso compiere un viaggio del genere. Me lo ha garantito il mio Iveon, il quale sa sempre quello che dice!»

«Tuo marito, Annura, pur essendo a conoscenza di questo particolare, distrattamente ha dimenticato di dirti che pure la progenie del dio Kron è dotata di questa prerogativa. Perciò, facendo io parte della sua prole, sono stata in grado di farlo senza alcuna difficoltà! Adesso ti ho chiarito le tue idee, le quali non corrispondevano al vero?»

«Allora mi devi scusare, Kronel! Ma non capisco come possa un essere umano combattere insieme con voi, che siete delle divinità, contro la Monotriad. Sono convinta che la creatura aliena inizierà proprio da lui a reagire, eliminandolo in un battibaleno! È possibile che non abbiate trovato un’altra divinità benefica a darvi manforte nell’impegnarvi seriamente contro la Monotriad, allo scopo di sconfiggerla e di liberarmi?»

«Invece, Annura, sarà proprio l’umano Iveonte ad avere il ruolo più importante nella nostra impresa. Infatti, sarà grazie a lui e non a tuo marito oppure a me, che la creatura aliena riceverà la meritata punizione, consentendoci così di salvarti! Ovviamente, non essendo tu al corrente dei vari fatti, non puoi comprendere quanto ti ho anticipato. Ma le cose stanno esattamente così, se lo vuoi sapere!»

«Non riesco a crederci per niente, Kronel! Vorrei apprendere da te perché mai, nelle mani di un essere umano e non in quelle tue oppure in quelle di mio marito, dovrebbero esserci dei poteri così straordinari! Nessun’altra divinità positiva ci crederebbe mai!»

«Ti ricordi, Annura, che il tuo Iveon, prima di andare ad affrontare la Deivora, ricevette dagli eccelsi Gemelli un anello dai poteri incommensurabili? Ebbene, attualmente quell’anello è in possesso proprio di Iveonte, per cui esso gli permette qualunque cosa. Come puoi immaginare, gli consentirà perfino di avere la meglio sulla odiosa Monotriad, la quale ti sta facendo soffrire da un tempo interminabile!»

«Adesso che ho compreso tutto su questo Iveonte, Kronel, sono convinta che le cose andranno come mi hai fatto testé presente. Perciò non potranno esserci altri dubbi in me!»

Un attimo dopo, la diva si preoccupò di fare alla dea delle domande che erano pertinenti alla sua intimità, essendo desiderosa di conoscerle. Così iniziò a chiederle:

«Come è stata la tua esistenza, Annura, durante questi secoli, senza la compagnia del tuo amato Iveon e sotto la tirannia della perfida Monotriad? Non oso neppure figurarmi le pene alle quali sei andata sicuramente incontro, a causa della tirannia dell’aliena! Del resto, continui ancora a patirle nell’intimo, come mi rendo conto!»

«È proprio come hai detto, Kronel! Poteva mai essere bella e priva di sofferenza la mia esistenza, mentre ero in balia della vendicativa Monotriad? Mi sono sentita come se in me la psiche si dilatasse esageratamente, fino a fratturarsi in più pezzi, facendo andare a rotoli l’intera mia essenza. Mi sono vista sgretolare come una barchetta sbattuta dai marosi, i quali tentavano di farne lo sfortunato giocattolo della loro baldanza rovinosa. Nei tanti momenti terribili di quei secoli interminabili e spinosi, mi sono avvertita come inchiodata a situazioni macabre e martellanti. Esse non mi concedevano tregua alcuna e mi davano in pasto ad un delirio traumatizzante e deprimente. Quest'ultimo, inoltre, mi induceva a sragionare e a traballare, mentre le mie angosciose richieste di aiuto trovavano difficoltà a giungere fino al mio Iveon e si smorzavano nell’impotenza più assoluta! Ecco qual è stata la mia vita nel frattempo!»

«Quindi, Annura, per la maggior parte, il tuo travaglio turbinoso ti proveniva e continua a derivarti dal fatto che non c’era con te l'amato tuo consorte a renderti il protrarsi del tempo meravigliosamente idilliaco, oltre che rapito dalla passione. Oseresti negare questa mia osservazione, la quale può essere soltanto veritiera?»

«Non posso negarlo, Kronel, perché è come tu hai affermato. Anche se il mio stato di prigionia risultava terebrante per l'angosciato mio spirito, era la mancanza del mio Iveon a cagionarmi il male peggiore, il quale non era paragonabile a nessun altro! Costretta a stare lontana da lui e deprivata della sua affettuosa cura, quella che mi aveva sempre aiutata a superare i momenti più provati del mio essere esistente, non potevo che penare e considerarmi la vittima più bersagliata dal fato. Il mio Iveon, avendo rappresentato per me l’universo dei miei sogni, il realizzatore dei miei desideri, il trasformatore di ogni mia tristezza in gioia verace e davvero sentita, non poteva essere dimenticato da me facilmente, allo stesso modo che ci si dimentica di una lite banale oppure di una vicenda di nessun valore, che ci è capitata per puro caso! Strano a dirsi, ma la fonte della mia consolazione, paradossalmente, finiva per diventare la causa delle mie disgrazie. Essendo esistente ma lontano da me, il mio coniuge veniva a procurarmi il tormento più atroce ed insopportabile, come non mi era mai capitato in precedenza!»

«Ti comprendo, simpatica Annura. Per questo ti dichiaro anche che, per nessuna ragione al mondo, in questi secoli avrei voluto trovarmi nei tuoi panni! Adesso, però, è giunto il momento di lasciarti, poiché, da un istante all’altro, la Monotriad sarà di ritorno in questo luogo. Io voglio evitare che essa mi sorprenda qui con te, mandando a monte la tua liberazione, che stiamo preparando con grande accortezza e diligenza!»

Kronel ebbe appena raggiunto la distanza minima di avvistamento, da cui ella era solita intercettare la rapitrice della dea Annura, allorché la creatura aliena ritornò presso la sua prigioniera. Ma fu solo verso sera che la vigile diva la vide rimettersi in cammino verso la sua meta prestabilita. Allora ella si ridiede a seguirla di soppiatto.


Standole dietro, Kronel la scorgeva sfrecciare determinata attraverso lo spazio cosmico, il quale veniva divorato via via dalla sua corsa frenetica. Era logico che la Monotriad non voleva perdere il suo appuntamento con l’arcano fenomeno. Esso si attuava ogni volta nel medesimo luogo appartenente alla galassia di Trespan, dove i due universi paralleli diventavano catastroficamente comunicanti. Procedendo nella sua rapida volata, ad un certo punto, la discendente della Deivora vi si trovò nel mezzo nel momento esatto in cui Kosmos e Parakosm, dopo la compressione reciproca e la conseguente spaccatura, mettevano in atto delle situazioni intercosmiche assai precarie e, a dir poco, apocalittiche. Allora, come era da aspettarselo, essi vennero a lasciare anche nella figlia del dio del tempo un solco orrido ed indelebile. Infine ci fu pure il superamento dell’enorme e spaventevole galleria interspaziale, la quale si rivelava anch’essa produttrice di altre incredibili evenienze. Perciò la nostra diva dovette continuare a sorbirsele, fino a quando non ne fu uscita completamente e non si fu ritrovata nello spazio parakosmico. Comunque, ella notò che il nuovo universo si presentava con le identiche caratteristiche che si riscontravano in Kosmos. Ma esse, per giunta, riproducevano al suo interno la copia perfetta della totale evoluzione cosmica, la quale era da considerarsi a livello sia di meccanica celeste che delle sue leggi universali. Così creava tra i due universi una somiglianza stupefacente, poiché l'uno risultava la copia dell'altro.

Dopo l’estenuante traversata del cunicolo di comunicazione, la guardinga Monotriad stabilì di fare una breve sosta sopra il primo pianeta da lei incontrato. Kronel lo denominò Ruber, per il fatto che la sua arida superficie era ricoperta da un leggero strato di sabbiolina rossa. A tale riguardo, occorre far presente che un pianeta omologo, di nome Rossik, si trovava pure nella galassia di Trespan. Quest’ultimo, però, apparteneva a Kosmos e non era arido, poiché in esso era la vegetazione a presentarsi rosseggiante. Ma una volta ripartita da tale astro spento, la creatura aliena si diresse verso una galassia, la quale in lontananza appariva verdognola. Per il quale motivo, la diva la soprannominò Verdania. Quando poi vi fece il proprio ingresso, la figlia della Deivora compì una larga virata sulla sua sinistra, ritrovandosi sulla rotta che conduceva ad una stella, dalla quale provenivano senza cessazione iridescenze violette. In realtà, la perfida abitante di Parakosm non puntava proprio su quella stella, che continuava a circondarsi di enormi esplosioni violacee. La sua corsa, invece, la faceva dirigere verso uno dei suoi dieci pianeti, la cui orbita ellittica veniva effettuata in un campo gravitazionale distante da essa oltre trecento milioni di chilometri.

Il pianeta in questione, il quale era il quinto in ordine di lontananza dalla stella, non aveva una forma sferica e neppure sferoidale. Di regola, avevano l'uguale forma quasi tutti i corpi celesti spenti che orbitavano intorno ad una stella o ad un altro corpo della sua stessa specie. Invece esso l'aveva completamente differente, siccome la sua forma, strano a dirsi, si presentava identica ad un fuso. Il qual fatto faceva supporre che, alla sua origine, esso non fosse stato un pianeta, ma un enorme asteroide, e che solo in un tempo successivo, ossia durante il suo transito in quella parte di spazio, l'astro spento fosse stato catturato dalla stella. Anche a tale pianeta Kronel cercò di dare un nome appropriato, cioè Oblungus; prima però aveva assegnato un nome adeguato pure alla stella posta a governo del nuovo sistema, nomandola così Irideab.

L'astro spento non si presentava con una superficie pianeggiante e ricoperta da sedimenti rocciosi oppure da terriccio; al contrario, vi si scorgevano solchi profondi e larghi un chilometro, i quali erano simili a dei canyon. Dalle loro pareti sporgevano rocce frastagliate e taglienti, cosparse di costoni e spuntoni quasi acuminati; inoltre, non erano assenti recessi e caverne. Essi avrebbero potuto consentire l’accesso ai soli volatili, se lo spento astro fosse stato popolato da esseri animali. Ad ogni modo, una nebbiolina fumigante fuorusciva da una delle tante bocche di origine vulcanica, le quali si scorgevano sulla sua superficie ed erano sparse lungo i due fianchi di ciascuna rientranza rocciosa. Essa faceva esalare negli spazi circostanti degli odori sulfurei, come se si fosse presso una mofeta. Allora la Monotriad, ad un certo punto, non esitò a buttarsi in tale cratere, all'interno del quale si rintanò con la sua prigioniera nella più tetra e malconcia delle sue grotte. Essa l'aveva scelta come sua dimora provvisoria, fin da quando, come essa stessa aveva affermato, era venuta fuori dalle vaganti ceneri materne.

Kronel, prima di ripartire e di ritornare dai suoi amici, ritenne cosa giusta accertarsi con sicurezza che Oblungus rappresentava la meta definitiva della Monotriad. Perciò, dopo avere controllato la creatura aliena per un tempo ragionevole, alla fine ella, non avendo alcuna perplessità in proposito, decise di intraprendere la via di ritorno verso l’attraente pianeta Geo. La prima parte del suo viaggio, il quale fu di natura spaziale, la riportò nei pressi della barriera, dove i due universi paralleli periodicamente divenivano comunicanti. Raggiunto tale luogo, Kronel si diede a viaggiare nel tempo passato, fino a quando non vide riaprirsi il tunnel che doveva riportarla in Kosmos. Invece, con un secondo salto nello spazio, la diva attraversò la spaccatura intercosmica e pervenne al remoto pianeta Geo. Ma per incontrarsi con il dio Iveon e il suo pupillo, ella fu obbligata a risalire la china temporale. Per l’esattezza, ella si diede a viaggiare nel futuro, fino a quando non si rimise alla pari con il tempo presente. Nel quale i suoi impazienti amici stavano trascorrendo la loro esistenza, in attesa che ella li raggiungesse, gli si presentasse e si desse a raccontare ad entrambi il suo viaggio spaziale e temporale.