321°-IVEONTE E LA DIVA KRONEL INCONTRANO IL DIO IVEON

La sera era già diventata notte, quando Iveonte fece notare la propria presenza nel loro campo. Allora fu salutato con gioia e stima da quei Lutros che per primi ebbero la fortuna di incontrarlo, mentre vi si aggirava. Anzi, il giovane eroe si stava conducendo a fare visita al suo amico Tionteo, volendo metterlo al corrente del suo ritorno da Actina. Nel vederlo entrare nella sua tenda, anche il Terdibano, al pari dei Lutros incontrati, ne gioì moltissimo. Perciò subito gli andò incontro e lo abbracciò con grande affetto. Quando infine si fu smorzata in lui l’effusione gioiosa del momento, non perse tempo a domandargli:

«Iveonte, sei riuscito a recare al nobile re Francide il tuo aiuto, facendogli evitare il serio pericolo che stava correndo? Ma sono sicuro che ce l’avrai fatta senz’altro, togliendo dai guai il tuo amico fraterno!»

«Infatti, Tionteo, è stato proprio così! Ad Actina sono riuscito a mettere le cose a posto, senza alcuna difficoltà! I sacerdoti del tempio gli avevano ancora creato un caso difficile da risolvere, ovviamente esiziale come il precedente, quello che anche tu conosci. Così il pericolo che minacciava il mio amico di infanzia è stato da me scongiurato. Perciò egli non dovrà più temere altre ingerenze incresciose da parte loro!»

«Mi fa piacere per lui, Iveonte, che la cosa si sia risolta per il meglio! Ma davvero il sovrano di Actina stava correndo un pericolo così pernicioso, che avrebbe potuto costargli la vita, se non fossi intervenuto tu a trarlo dai guai? Avresti la cortesia di dirmi pure per quale motivo egli si era ritrovato nella nuova grave situazione?»

«Su questo non ci piove, Tionteo! Quanto poi alle cause che lo avevano spinto nella pericolosa faccenda, essendo una storia lunga, per il momento preferisco soprassedere; ma ti prometto che in seguito lo farò senza meno, solo perché si tratterà di contentare te. Adesso, però, vorrei che tu mi dicessi come è trascorsa la vostra giornata al campo, in mia assenza. Ma prima che tu mi risponda, ti faccio presente che hai fatto bene a sospendere il cammino, mentre ero assente dal campo. Ieri notte volevo suggerirtelo anch'io; invece poi, essendomi sfuggito di mente, mi sono scordato di fartelo presente! Comunque, devo ammettere che la tua è stata un'ottima idea!»

«Puoi dirlo forte, Iveonte, che la mia è stata una saggia decisione a non continuare il viaggio. Se la nostra carovana avesse seguitato ad andare avanti, al tuo ritorno di sicuro ci avresti trovati tutti morti! Anzi, sarebbe meglio dire divorati dai mostruosi Saltisauri! Avresti dovuto vederli, amico mio, come erano enormi e famelici quei mostruosi bestioni! Essi mi hanno perfino spaventato tantissimo, non appena li ho scorti!»

«Ma ti senti bene, Tionteo? Mi assicuri che non hai avuto alcun colpo di sole durante la tranquilla giornata di oggi? Vorrei proprio sapere da dove sono sbucati fuori questi Saltisauri! Probabilmente, sarà stata la tua immaginazione a farteli vedere, visto che dei mostri simili non sono mai esistiti, almeno se prendiamo in considerazione le parti della terra dove risiediamo noi. Te lo possono confermare tutti in questa regione!»

«Altro che frutti della mia fantasia, Iveonte! Essi sono, anzi erano, dei rettili mastodontici dalla presenza orrenda. Me ne sono apparsi davanti una trentina, durante la mia escursione nella radura. Al contrario, tu mi avevi garantito che durante la giornata non ci sarebbe stato alcun problema a scombussolare la nostra esistenza! Come mai, questa volta, non avevi previsto dei pericoli in agguato per tutti noi? Allora vuoi rispondere a questa mia domanda, se non ti dà disturbo farlo?»

«Non credo proprio, Tionteo, che ci siano stati tali mostri! Al campo, come ho potuto notare al mio ritorno, ogni cosa è proceduta nella normalità. Nessuno dei Lutros tiene scolpito sul volto il terrore, per essere stato spaventato dai Saltisauri, ai quali tu hai fatto riferimento! Oppure puoi dimostrarmi il contrario? Comunque, io non lo credo affatto!»

«Gli uomini del nostro campo sono tranquilli, Iveonte, per il semplice fatto che i giganteschi rettili non sono riusciti ad arrivare fino a loro! Per questo né Speon né un solo Lutros ha potuto vederli e rimanerne terrorizzato. Ecco come si spiega la loro attuale calma! Al contrario, se quei mostri da me scorti li avessero raggiunti, qui ci sarebbe stata una tranquillità ancora maggiore, poiché non avresti trovato neppure i loro corpi dilaniati, essendo stati divorati dagli ingordi Saltisauri! Te lo assicuro!»

«Vorresti asserirmi, Tionteo, che tu li hai fulminati tutti e trenta con il tuo sguardo tremendo, prima che essi raggiungessero il nostro campo e lo invadessero? Se è stato come ho detto, non ti nascondo che mi sarebbe piaciuto vederti in azione, mentre li facevi fuori, mediante le tue torve occhiatacce! Afférmami che è stato così, amico mio!»

«Mi spieghi come avrei potuto ucciderli, Iveonte, come hai detto? Non ti sembra che la tua è stata una esagerazione? A quanto vedo, tu hai soltanto voglia di burlarti di me. Ad ogni modo, non fa niente, se la voglia di burlarmi mi proviene da te.»

«Se non sei stato tu ad ucciderli, Tionteo, allora sarà stato qualcun altro a distruggerli, prima che arrivassi io! Perciò vuoi riferirmi chi è stato ad ammazzarli, al posto mio? Sono molto curioso di saperlo!»

«È stato il dio Iveon, amico mio! Per una volta, come vedi, non sei stato tu a proteggerci da un reale pericolo, poiché è intervenuto a difenderci un altro più potente di te! Egli, venendo in mio soccorso, li ha uccisi tutti con i suoi raggi disintegratori. Avresti dovuto vedere il mio divino protettore come ha fatto presto ad eliminarli, l’uno dopo l’altro!»

«Ma sei sicuro di stare bene, Tionteo? E dove sarebbe, in questo momento, il dio che ti ha salvato, che considero unicamente frutto della tua immaginazione? Mi pare che la mia assenza dal campo ti abbia proprio ridotto maluccio, amico mio! La prossima volta ci penserò due volte, prima di lasciarti nel campo privato della mia compagnia, per non ritrovarti dopo così psichicamente malconcio!»

«Non so riferirti, Iveonte, dove il dio Iveon possa trovarsi adesso! Mica mi ha detto dove sarebbe andato, prima di congedarsi da me! Magari sarà in giro per il campo, se non si vede qui vicino. A proposito, egli vuole incontrarsi con te e con la tua diva protettrice. Mi ha perfino palesato che ci tiene tanto a fare la vostra conoscenza!»

«Hai detto la mia diva protettrice, Tionteo!? Ma chi gliene ha parlato?! Possibile che gli altri sappiano sul mio conto ciò che neppure a me è dato di conoscere? Questa cosa mi giunge nuova! Ma sono sicuro che è stato qualcun altro a riferirglielo improvvidamente!»

«Spiacente, Iveonte; invece sono stato io a parlargliene. Quindi, ti chiedo scusa, se ho agito male, per essere stato indiscreto!»

«Mi chiarisci chi lo aveva rivelato a te, Tionteo? Io non di certo!»

«C’ero arrivato da solo, Iveonte, grazie a certe tue imprese! Per cui non c’era bisogno di essere un’arca di scienza per comprendere determinate cose, che apparivano così patenti a me e agli altri!»

«Ho capito, Tionteo, mi accorgo che stasera hai voglia di dare i numeri! Stando così le cose, non mi resta che salutarti e lasciarti qui da solo, in compagnia delle tue varie fantasticherie! Buonanotte!»

La conclusione affrettata del colloquio voluta da Iveonte, la quale aveva lasciato intravedere un’ombra di fastidio e di risentimento verso l’amico, venne a mortificare non poco Tionteo. Egli non si aspettava da lui una reazione simile; ma ormai la pietra era stata lanciata e non si poteva più farla tornare indietro! Bisognava solamente attendere che al venerato compagno passasse il suo passeggero rincrescimento. Dopo, secondo lui, le cose tra loro due avrebbero ripreso il loro corso regolare di sempre, ossia nella più piena serenità, non potendo essere altrimenti!

A questo punto, però, prima di procedere oltre nel nostro racconto, bisogna chiarire un particolare per soddisfare qualche lettore, il quale su di esso si sarà già posto un interrogativo. Ebbene, Kronel, per trasformarsi in immagine visiva, doveva smettere per il tempo necessario di essere spada, dal momento che non poteva rappresentare entrambe le cose in simultaneità. Ogni volta che fungeva da arma, il suo essere soprannaturale non necessariamente doveva trovarsi in simbiosi con essa. Infatti, quando aveva il desiderio di farlo, ella poteva benissimo trasferirsi altrove, vicino o lontano che fosse. Nel qual caso, non essendo in grado di controllare la realtà che veniva a svolgersi intorno al suo protetto, ella non poteva essergli utile in qualche modo. Invece Iveonte, durante l'oggettivazione della diva in spada, non poteva avvertirne la presenza. Anzi, egli ignorava il momento esatto in cui lo spirito della diva coesisteva con la sua prodigiosa arma. Chiarito questo lato dubbio della nostra diva Kronel ed appagato il nostro lettore, possiamo andare avanti nella nostra storia.

Non appena ebbe fatto rientro nella sua tenda, Iveonte si preoccupò di discingersi la spada; però subito si avvide che l’arma non si trovava più al suo fianco. Allora comprese che la sua diva protettrice era lì presente con il proprio simulacro e la propria voce. Ormai egli era al corrente che ella, quando decideva di fargli la sua improvvisa apparizione, smetteva di essere spada e si trasformava nel personaggio femminile che già conosceva. Ma prima che il suo pupillo si desse ad effettuare una ricognizione nelle vicinanze, con il chiaro intento di scorgerla in qualche parte della sua tenda, la diva si sbrigò a dirgli:

«Sono alle tue spalle, Iveonte! Se mi trovo qui da te, è perché ho necessità di parlarti.»

Dopo che il giovane si fu girato verso di lei, ella gli soggiunse:

«In primo luogo, Iveonte, voglio ringraziarti per avermi resa immensamente felice anche durante la recente compenetrazione. Non avresti potuto fare di meglio nel procurarmi il massimo godimento! In secondo luogo, mio malgrado, dovrò farti subire una mia paternale. Vuoi conoscerne il motivo? Non voglio celarti il mio disappunto per come te la sei presa con il tuo caro amico, maltrattandolo ingiustamente. Invece non avresti dovuto farlo, essendo la ragione dalla parte sua e non tua!»

«Sei certa che ho trattato Tionteo in modo sconveniente, Kronel? Se ciò è successo, come hai affermato, in verità non me ne sono neppure accorto! Allora, non appena lo incontrerò, dovrò scusarmi senz’altro con lui! Sei contenta adesso, visto che lo farò?»

«Mi dici ora quale torto egli ti ha arrecato, ipotizzando la nostra relazione? Da parte mia, non ci ho visto nulla di strano! Né ci voleva tanto, da parte sua, a comprenderlo, come anch’egli ti ha dichiarato!»

«Invece, Kronel, non mi è piaciuta la sua indiscrezione! Inoltre, che bisogno c’era di spiattellare il nostro rapporto a quel sedicente dio, ammesso che egli esista e non sia stata una sua invenzione, come tutto il resto? È stato proprio questo fatto che mi ha ferito maggiormente, facendomi uscire alla fine dai gangheri! Adesso sono riuscito a motivarti la mia ira nella maniera che volevi? A considerare la tua espressione del volto, neppure un poco!»

«Sappi, Iveonte, che il dio Iveon esiste sul serio, poiché egli è una divinità che merita il massimo rispetto! Quando trascorrevo il mio tempo su Luxan, che è la dimora degli dèi, tutti parlavano di lui e delle sue memorabili gesta contro le perverse divinità malefiche. A tale riguardo, devi sapere che il dio Iveon è il tuo omologo tra le divinità positive. Se tu sei il supereroe tra i mortali, egli è il supereroe tra gli dèi immortali. Per concludere, voglio farti presente che l'eroe divino, in qualità di dio navigato, non ci avrebbe messo molto a comprendere ciò che c’è stato e continua ad esserci tra noi due! Quindi, da quanto ti ho riferito, si evince quale dovrà essere domani il tuo primo dovere, non appena il sole si sarà alzato ad oriente. Perciò eviterai di venir meno ad esso, se vorrai farmi cosa gradita! Sei d'accordo con me, mio pupillo?»

«Ho captato bene il tuo messaggio, Kronel! Dal momento che scioccamente mi sono adontato proprio con il mio carissimo amico Tionteo, senza esserci stato un valido motivo nei suoi confronti, dovrò correre da lui e presentargli le mie scuse! Non è vero che da me desideri questo?»

«Esatto, Iveonte! Subito dopo, però, te ne ritornerai nella tua tenda, poiché vi dobbiamo ricevere l’eroico dio. Egli, come il tuo amico ti ha già rapportato, ha intenzione di incontrarsi con noi due. Forse Iveon avrà bisogno del nostro aiuto, a causa di un problema che non può risolvere da solo, per cui avrà bisogno del nostro indispensabile appoggio!»

«Se parli sul serio sul conto del dio Iveon, Kronel, mi risulta strano quanto asserisci per le ragioni che conosci! Come può l'eroe divino necessitare dell’aiuto di noi due? Mi sembra una cosa impossibile!»

«Iveonte, sarà lui a dichiararci se è veritiera o meno la mia supposizione. Per questo non serve metterci ad approfondire adesso la faccenda, che riguarda il dio dell’eroismo! Inoltre, hai dimenticato che è in tuo possesso l’anello, il quale è opera di mio padre e di mio zio? Infatti, esso ti rende possibili cose che non riescono a fare neppure le più potenti divinità. Adesso che hai ricevuto la mia risposta, ti saluto, mio eroe.»

Sparita la diva, Iveonte si diede ad un sonno profondo. Ma al suo risveglio, senza perdere un attimo di tempo, egli si recò dall’amico Tionteo e gli fece le proprie scuse, a causa dello sgarbo che gli aveva fatto nell’ultimo loro incontro, avvenuto la sera precedente. Quando poi ritenne di essersi messo in pace con la propria coscienza, il giovane se ne ritornò nella sua tenda, dove era previsto il suo incontro e quello della sua protettrice con il famoso dio Iveon. Anche Kronel vi fece la sua comparsa, non appena il suo protetto vi mise piede. Dopo rimase con lui ad aspettare l'eroe degli dèi. Da parte sua, l'eroico dio non si fece attendere molto ad arrivare e si presentò nelle sembianze con le quali si era manifestato a Tionteo. Nell’accedere alla tenda di Iveonte, egli salutò la diva e l’umano con calda cordialità, come due cari amici. Quando poi anch’essi fecero lo stesso con lui, egli iniziò a parlare ad entrambi così:

«Tionteo, essendo un tipo loquace, mi ha parlato tantissimo di voi, riferendomi anche cose che mi hanno sorpreso abbastanza, per cui ho voluto fare subito la vostra conoscenza. Ma prima di approfondire quelle che mi hanno sbalordito, innanzitutto ritengo giusto presentarmi a voi due. Ebbene, come già sapete, io sono il dio Iveon.»

Indicando poi l’essere mortale presente nella tenda, aggiunse:

«Tu, invece, devi essere l’eccezionale Iveonte: non è vero?»

«È proprio così, divino Iveon!» gli rispose il giovane «Comunque, sono onorato di fare la tua conoscenza! Essa, inoltre, mi fa anche un grandissimo piacere, avendo sentito parlare di te molto bene!».

«Eroico Iveonte, ti rendo grazie, per come ti sei espresso nei miei confronti! Ringrazio anche la tua divina protettrice per averti parlato di me nel migliore dei modi, come mi hai dimostrato.»

Un istante dopo, il dio, rivolgendosi alla divina Kronel, le asserì:

«Quanto a te, graziosa diva, dovrai essere tu a dirmi chi sei, anche se ho già qualche vaga idea sulla tua origine e sulla tua famiglia. Me la sono fatta, in base alle cose che sei stata in grado di fare, le quali mi sono state raccontate sempre da Tionteo, quando l’ho incontrato nella mattinata di ieri! Allora mi confermi quanto sospetto su di te?»

Poiché la diva temporeggiava nel rispondergli, il dio le aggiunse:

«Secondo ciò che mi ha riferito il fedele amico di Iveonte, amabile dea, tu riesci a viaggiare anche nel tempo, sia in quello passato sia in quello futuro. Inoltre, riesci a farlo non soltanto con il pensiero, ma con tutte le tue componenti esistenziali. Allora avalli tale asserzione fatta su di te oppure la smentisci? Attendo una tua risposta in proposito, prima che inizi ad esserci la nostra conversazione a tre!»

«Tionteo non ti ha detto il falso, Iveon, visto che è quanto vuoi sapere da me! Ebbene, sono in grado di viaggiare nel tempo, anche se ti apparirà assurdo. Ma un dio del tuo stampo, dopo avere avuto da me la conferma, non ci metterà molto a trarre le debite conclusioni! Perciò adesso sai pure chi sono e a quale famiglia appartengo.»

«Ovviamente, intelligente dea! Ad ogni modo, ignoravo che l’eccelso Kron avesse avuto, oltre ai tre figli maschi, anche una dolce figlia come te, di cui però non ho avuto ancora il piacere di conoscere il nome. Perciò per me sarebbe un grande onore, se lo apprendessi direttamente dalle tue labbra! Allora mi è concesso contarci?»

«Mi chiamo Kronel, glorioso dio,» subito lo accontentò la figlia del dio del tempo «e sono la quartogenita della sua prole. Dopo che furono sorti degli screzi tra me e mio padre, lasciai Luxan e me ne andai girovagando attraverso Kosmos come divinità latente, fino a quando non giunsi su Geo. Tu invece, Iveon, come mai sei capitato da queste parti? Né voglio sentirti dire che ti andava di fare una semplice passeggiata, poiché non ci crederei! Allora ci riferisci le vere ragioni, che ti hanno spinto a venire proprio su questo pianeta?»

«Certo che non mi azzardo, Kronel, a darti la risposta a cui hai accennato! Invece dei motivi molto seri mi hanno costretto ad affrontare questo mio viaggio senza meta. Non so neppure quanto tempo dovrà ancora trascorrere, prima di giungere al suo termine! Ma mi metterò a parlare di me, dopo che avrò appreso qualcosa di più sul vostro conto. Ho deciso in questo modo, soltanto perché il mio racconto vi risulterà abbastanza lungo, non potendo essere altrimenti.»

«Allora, Iveon, se ci dici cosa vuoi sapere di noi due, io e il mio protetto non avremo problemi di sorta a risponderti e ad accontentarti, siccome ci troviamo qui per metterci a tua completa disposizione! Se poi tu avessi bisogno anche della nostra collaborazione nel portare a buon fine qualche tua ardua impresa, saremmo orgogliosi di offrirtela. Puoi essere certo che essa potrà risultarti soltanto fattiva e molto utile!»

«Vi ringrazio entrambi, per la vostra preziosa offerta; ma conviene procedere con ordine. Prima voglio conoscervi meglio e poi potremo parlare delle altre cose e decidere su di esse. Perciò comincia prima tu a parlarmi di te, Kronel. Io desidero conoscere benissimo i miei futuri collaboratori, nel caso che in seguito, essendovi costretto per necessità, dovrò avervi come miei compagni di lotta!»

«Sono pronta a parlarti di me, Iveon; però ad una condizione. Vorrei che tu ti astenessi dal farmi domande su alcuni nomi e fatti, che appositamente ometterò oppure non approfondirò di proposito nel mio racconto, poiché non voglio che si sappiano. Inoltre, intendo evitare che si getti discredito su delle divinità innocenti, le quali non hanno avuto alcuna colpa di quelle che potrebbero sembrare delle loro vere mancanze! Allora, dio dell'eroismo, ci stai a questa mia condizione, perché io continui a parlare e a raccontarti di me?»

«Puoi stare tranquilla, Kronel, che mi asterrò da ogni domanda da me considerata indiscreta oppure inopportuna; inoltre, riterrò pacifico quanto su cui vorrai sorvolare. Comunque, è ovvio che mi darò da solo le risposte aderenti ai vari particolari di quei fatti, i quali saranno appositamente sottaciuti da te! Dunque, comincia a parlarmi di te, senza ulteriore indugio, intelligente diva!»

Seguì così, da parte della figlia del dio del tempo, una sintetica cronistoria di alcune vicende della sua vita passata, cioè di quelle che noi già abbiamo conosciuto nella parte finale del terzo libro.


"Anche se fui cresciuta nell’utero di Ebla, che è l’attuale consorte di mio padre, il mio concepimento avvenne nell’utero di un’altra dea. Ti assicuro che non ci fu seduzione da parte del mio genitore, come pure non ci fu alcuna accondiscendenza della mia genitrice alla sua voluttà. Egli, approfittando di una compenetrazione che gli era stata richiesta per motivi molto seri, con l’inganno riuscì ad accoppiarsi con lei. Lo so a cosa stai pensando, Iveon, cioè al fatto che una dea non può restare incinta, se non è lei a volerlo. Ebbene, mia madre lo desiderò con tutta sé stessa, convinta che durante il rapporto amoroso con mio padre fosse il suo vero marito a possederla. Egli, come dio del tempo, in quella compenetrazione chiesta per altra ragione, la riportò ad un suo amplesso precedente avuto con il proprio consorte, durante il quale ella aveva manifestato vivamente il desiderio della gravidanza. Per questo non mi ritengo neppure una figlia adulterina, considerato che non ci fu adulterio, almeno da parte di mia madre! Semmai il solo mio padre dovrebbe essere additato come adultero, se ci fu premeditazione nello stupro e non un improvviso raptus di folle libidine nello stuprarla! Adesso che alcuni dubbi ti sono stati dissipati, eroico Iveon, posso andare avanti con la restante parte del racconto della mia trascorsa esistenza, anche se in verità la rievoco malvolentieri.

Quando mia madre si accorse di essere in stato interessante, invocò mio padre perché le evitasse lo scandalo. Allora egli fu costretto prima ad avere un nuovo rapporto con lei, durante il quale prelevò il feto dal suo grembo, e poi ad averne un altro con la consorte, allo scopo di deporle nell’utero la nascitura, senza farle sospettare l’inganno. Ovviamente, la dea della fertilità, ossia la sua consorte, sospettò fin dall'inizio qualcosa, per cui non volle mai credere che io fossi una sua figlia naturale. Nonostante ciò, ella si affezionò a me più che agli altri suoi tre figli, i quali erano tutti maschi. Anche mio padre mostrava una palese predilezione per me; mi preferiva perfino alla sua cara moglie. Ma quest’ultima, a causa di tale sua preferenza, non dimostrò mai in qualche modo di essere gelosa di me. Si dice che non tutte le ciambelle riescono con il buco. Anche nel mio caso, come vedrai, il detto ci azzeccò a puntino. I miei genitori, pur avendo preso tutte le loro precauzioni possibili per non fare gridare allo scandalo, alla fine ugualmente si ritrovarono ad ammettere il fattaccio proprio a colei che, più di ogni altra divinità, non avrebbe mai dovuto venirne a conoscenza, ossia Ebla. Perché mai capitò ciò? Lo apprenderai, dopo che avrai ascoltato il seguito della mia storia.

Ero un’adolescente, quando incontrai nell’Intersereno un divo, il quale era poco più grande di me, essendoci andati entrambi per smaltire una nostra arrabbiatura. In quel posto, ci sentimmo subito attrarre a vicenda e, prima di allontanarcene, ci innamorammo l’uno dell’altra e ci giurammo così eterno amore. Inoltre, deliberammo pure che giammai avremmo ceduto all’opposizione dei nostri genitori, se gli stessi non fossero stati d’accordo con la nostra relazione. Ma sfortunatamente per noi e per loro, senza saperlo, il divo ed io eravamo fratelli uterini. Per questo mio padre e sua madre, quando seppero del nostro amore, fecero i diavoli a quattro e non vollero intendere ragione. Essi si opposero nel modo più reciso al nostro fidanzamento, anche se la mia madre ufficiale, che era da ritenersi adottiva, non si rendeva conto del perché l’uno e l’altra cercassero di ostacolare il nostro rapporto. Infine, senza fatica, comprese la verità da sola e corse dalla mia vera madre per chiederle spiegazioni in merito ed avere chiarito ogni cosa sulla scabrosa vicenda.

Una volta venuta a conoscenza della verità dalla sua amica, si alleò con lei per evitare che ci succedesse qualcosa di terribile da parte di mio padre. Il quale, ad ogni costo, non voleva che si venisse a sapere quanto era accaduto tra lui e la madre del mio divo. Perciò, senza fornirci delle valide motivazioni, premeva che noi rompessimo il fidanzamento. Anche le mie due madri desideravano la medesima cosa, essendo consapevoli che altrimenti si prospettava, nei confronti del solo mio fidanzato, una vendetta da parte dell’eccelso dio. Alla fine, anche contro la volontà del potente Kron, esse deliberarono di svelarci il motivo per cui non si voleva che continuassimo a restare fidanzati. Il loro intervento, però, risultò tardivo, rispetto al provvedimento punitivo già preso dal mio genitore, il quale si ritrovò ad effettuarlo esclusivamente per ripicca.

Così, dopo avere assunto le mie sembianze, con un abile stratagemma, fece credere al mio innamorato che andavo a gettarmi nell’Abisso dell’Oblio, intenzionata a farmi imitare da lui nel folle gesto. Ma sebbene avessi scoperto l’ingannevole marchingegno del mio genitore e mi fossi messa all’opera per frustrarglielo, giunsi anch’io troppo tardi. Riuscii appena a scorgere il mio amato divo, mentre si buttava nel regno di Inesist. In un primo momento, deliberai di seguirlo nell’ingrato destino; ma poi rimandai tale decisione, poiché prima volevo avvertire sua madre della fine che aveva fatto il figlio, in seguito all’inganno di mio padre. Dopo non avrei avuto difficoltà ad imitarlo, avendo deciso di terminare la mia esistenza in quel modo inglorioso per fare un dispetto al mio genitore. Fu in quella circostanza che la poveretta mi mise al corrente dei motivi del loro dissenso. Inoltre, mi pregò di non privarla pure della mia compagnia, dopo che il marito l’aveva abbandonata da tempo e il figlio si era autoeliminato poco prima! Allora, mossa a pietà di lei, mi risolsi a non suicidarmi più; ma volli ripagare mio padre con uguale moneta, cioè scomparendo per molto tempo alla sua vista. Nel contempo, feci solenne promessa a mia madre che, al mio ritorno in Luxan, sarei andata a vivere per sempre insieme con lei, poiché la poveretta mi meritava più di tutte le altre divinità.

Poco dopo, attraversata la Nube Nera, mi misi in cammino attraverso le sterminate contrade di Kosmos. Vi viaggiavo allo stato latente, volendo evitare che mio padre mi intercettasse in qualcuna di esse. Mi erano compagne di viaggio la mia immensa disperazione e la mia afflizione, le quali restarono con me per lungo tempo, facendomi guardare in faccia una realtà cruda ed amara. Ma esse mi vennero meno, non appena mi misi a disposizione dei deboli e degli oppressi, che incontravo lungo il mio interminabile cammino, soccorrendoli nei loro vari bisogni. Perciò visitai molti pianeti abitati da vari tipi di Materiadi, arrecando ogni volta ai loro abitanti il mio aiuto provvidenziale, il quale risultava loro sommamente utile e gradito. Infine, stanca di percorrere Kosmos in lungo e in largo alla ricerca di nuovi pianeti compatibili con l’essenza vitale, stabilii di porre fine alle mie scorribande. In verità, fu questo pianeta a spingermi ad assecondare tali miei propositi. Oltre a risultarmi attraente, ero convinta che esso un giorno mi avrebbe dato modo di incontrare un giovane eccezionale che, per carattere e per indole, mi sarebbe somigliato moltissimo. Allora, in attesa della sua nascita, mi trasformai in Spada dell’Invincibilità per dargli la possibilità di impugnarmi e di permettergli così le numerose filantropiche imprese insite in lui.

Ero già spada del mio eroe Iveonte, quando Osur riuscì per caso a trovarmi, dopo cinquecento anni di ricerca. Egli era stato inviato da mio padre per invitarmi a ritornare su Luxan, temendo che potessi imbattermi in un pericolo assai serio, senza che lui potesse darmi il proprio aiuto. Infatti, viaggiando come divinità latente, il mio potente genitore non era in grado di seguirmi e di soccorrermi, nel caso che ne avesse avuto bisogno. Avendo però trovato in me una tenace oppositrice all’invito paterno, Osur consegnò ad Iveonte l’anello che puoi vedergli al dito, il quale ha dei poteri eccezionali. Grazie ad esso, il mio protetto, nonostante sia un essere mortale, non può essere attaccato neppure dalle divinità. Anche tu, Iveon, non riusciresti ad averla vinta con lui, grazie al suo anello! Inoltre, quando egli mi impugna, permette al mio genitore di vegliare su di me, facendolo intervenire direttamente contro colui che attentasse alla nostra incolumità. Un fatto del genere è già avvenuto più volte, rivelandosi una sorpresa al nostro comune nemico."


Terminato il suo stringato racconto, la diva Kronel disse al dio:

«Ecco, Iveon, ti ho riferito tutto ciò che avevi bisogno di conoscere sulla mia esistenza, ossia quella che c'è stata dopo la mia nascita. Spero che tu sarai stato soddisfatto appieno nell'apprenderla e non ti sarai fatto un pessimo concetto della mia famiglia!»

«Invece, Kronel, sei stata bravissima a parlare di te. Ma non sai che pena mi ha fatto il tuo fratello uterino, essendo il poveretto perito in quel modo per colpa dell’amore. Vorrei tanto che non gli fosse successa una simile disgrazia, graziosa dea, siccome essa dovette causarti una pena indicibile! Per tutto il resto, puoi stare tranquilla, che non ho osato criticare la tua vita e quella dei tuoi illustri genitori!»

«Invece, non c'è bisogno di costernarti e di preoccuparti per il mio germano, eroico Iveon. Egli oramai non si trova più in Inesist. Dopo essere ritornato in Luxan dalla madre, seppe anch'egli la verità sul perché i nostri genitori erano stati contrari all'impossibile nostro amore. Così mi ha raggiunto su questo pianeta, il quale è Geo, dove possiamo incontrarci spesso e vado a trovarlo, quando lo desidero.»

«Ma che dici, Kronel! Lo sai anche tu che nessuna divinità può tornare da Inesist, dopo che vi si è volontariamente buttata! Quindi, come è potuto accadere una cosa del genere al tuo germano? Adducimi le tue giustificazioni in merito, per favore!»

«Iveon, forse non conosci una cosa inerente ad Inesist. Devi sapere che, se un popolo di Materiadi decide di venerare una divinità e senza saperlo le dà il nome di una dea o di un dio che si era gettato nell’Abisso dell’Oblio, automaticamente tale dea o tale dio viene rigettato all'esterno da Inesist. Ed è quanto accaduto proprio al mio caro fratello uterino, grazie anche all'intervento di Iveonte! Così ti ho giustificato l’evento!»

«È un particolare, di cui non avevo mai sentito parlare dai miei genitori, Kronel! Ecco cosa vuol dire essere figlio o figlia dell’eccelso Kron! Significa venire a conoscenza di tante cose, che le altre divinità non sanno e non se le sognano neppure! Quanto al ritorno di tuo fratello tra di noi, sono contento per lui e per te, poiché sono certo che la serenità è tornata a brillare nei vostri animi non più angustiati. Come constatiamo, il suo destino era quello di non rimanere per sempre in Inesist!»

Esaurito il nuovo argomento, il dio Iveon si rivolse al pupillo della diva e gli disse:

«Adesso è giunto il tuo turno, Iveonte, di raccontarmi qualcosa della tua vita. Così anche di te saprò quelle cose importanti ed utili alla nostra prossima fattiva collaborazione. Se in te noterò delle lacune, naturalmente in merito allo scontro che presto avremo con il nostro pericoloso avversario, ci penserò io a colmartele. A tale riguardo, devo ricordarti che un combattimento tra due divinità è assai differente da quello che può esserci tra due esseri umani. È meglio che inizio ad anticipartelo!»

All’invito del divino Iveon, il nostro scaltrito eroe si diede a parlare di sé, cercando di essere esauriente al massimo, allo scopo di accontentare il più possibile il divino eroe. Il quale, se considerato sotto taluni aspetti, cominciava a diventargli abbastanza simpatico e ad essergli, in un certo senso, di una certa utilità.

"Avevo compiuto da poco i miei sette anni, quando fui colto da un improvviso vuoto di memoria, il quale cancellò da essa il mio passato vissuto fino allora. L’uomo, che si prese cura della mia educazione, mi aveva trovato addormentato nel cuore della foresta, dove lo sventurato era andato a vivere per autopunirsi. Per mia fortuna, il mio maestro era molto preparato in tutti i campi dello scibile e perfino nell’uso delle armi e nelle arti marziali. Così egli mi allevò in modo ineccepibile e fece di me un guerriero insuperabile. Il solo mio amico Francide, che è cresciuto anch’egli con me nella foresta ed ha fruito degli stessi insegnamenti, può quasi considerarsi un guerriero e un uomo acculturato alla mia portata. Quanto alla mia spada, la quale rappresenta la diva Kronel, di essa mi sono servito soltanto in quei casi che richiedevano palesemente un intervento divino. Alla stessa maniera, mi sono comportato con l’anello di suo padre, l’eccelso dio Kron. La sua battagliera figlia te lo può comprovare! Essendomi stati inculcati dei sani principi, sono stato sempre spronato a coltivare gli ideali del bene e della giustizia, per i quali mi sono battuto in continuazione, difendendoli a spada tratta ovunque è stato necessario. Perciò non ho mai smesso di dare la caccia ai soprusi e agli atti di prepotenza, eliminandoli dove essi si annidavano, a beneficio dei deboli e dei derelitti.

Un anno fa, sono venuto a sapere che, andando nell’isola di Tasmina, avrei potuto costringere il mago Zurlof a rivelarmi come venire a conoscenza dei miei genitori. Ed è quello che sto facendo. Si tratta di una questione che posso risolvere unicamente da solo, siccome nessuna divinità può essermi di aiuto per legge divina. Altrimenti, Kronel mi avrebbe risparmiato questo viaggio senza fine. In verità, non mi è dispiaciuto averlo intrapreso e mi piace continuare a farlo. Esso mi sta dando modo di tendere una mano a tanti perseguitati dalla sorte e mi permetterà di seguitare a farlo in avvenire. Con questa mia ultima precisazione, avrei finito, divino Iveon, non avendo altro da riferirti sulla mia persona."

Allora il dio, che si stava già affezionando a lui, gli fece presente:

«Iveonte, mi fa piacere apprendere che tu la pensi così, poiché questo tuo nobile comportamento ti fa somigliare a me in tutto e per tutto. Hai ragione a dire che noi dèi non possiamo esserti di nessuno aiuto nella ricerca dei tuoi genitori. Ma sono sicuro che, una volta giunto sull’Isola della Morte, saprai farti valere dal diabolico mago. Inoltre, intendo testare le tue capacità combattive. Se le troverò all’altezza del compito che ci aspetta, come prevedo, le integrerò con la conoscenza di un nuovo modo di combattere, il quale è proprio quello che avviene tra due divinità. Ti prometto che sarai preparato dal mio insegnamento in modo impeccabile, da superare qualunque altro dio, a parte me, s’intende!»

Subito dopo, la diva Kronel intervenne a ricordare al divino Iveon che, a quel punto, toccava a lui mettersi a narrare il lungo viaggio che aveva intrapreso nell'infinito Kosmos, al fine di scoprire la dimora dell’entità sua rivale e di liberare la propria amata consorte. Perciò egli, invitato da lei, si diede a raccontarlo senza indugio.