320-IL DIO IVEON SI PRESENTA A TIONTEO

Finalmente Iveonte, Tionteo, Speon e gli altri uomini del convoglio avevano ripreso per l'ennesima volta il loro viaggio, il quale aveva come obiettivo il raggiungimento della costa che si affacciava sul Mare delle Tempeste. Da quel luogo, mediante un mezzo di fortuna, sarebbe stato il solo nostro eroe a veleggiare alla volta di Tasmina, la famigerata Isola della Morte. Grazie alle utili indicazioni dello spettro di Arsia, il gruppo dei Lutros, guidato da Iveonte e dal suo amico terdibano, era riuscito a ritrovare la strada maestra, che adesso stava percorrendo di buona lena. A tale riguardo, si era deciso di evitare ulteriori perdite di tempo durante il lungo cammino, che li avrebbe condotti alla loro sospirata meta. Infatti, Iveonte aveva manifestato l'intenzione di pervenirvi al più presto possibile, senza più votarsi all'altruismo. Fatti di rilievo, considerati in termini di pericolosità, non si erano verificati in alcuna occasione. La loro mancanza, per certi aspetti, aveva reso il viaggio affatto movimentato; invece esso era stato tranquillo e, di conseguenza, piuttosto tedioso. Per fortuna, non era venuta meno la consuetudine di organizzare gare di gruppo ed individuali, le quali si svolgevano nel campo, dopo ogni terna di giorni di faticosa avanzata. Perciò ogni volta il quarto giorno era stato dedicato interamente al riposo e al diporto. In questo modo, il loro corpo e il loro spirito avevano potuto ritemprarsi, prima di intraprendere il nuovo ciclo di marce, per renderle meno affaticanti e spossanti, come sempre finivano per essere.

Ritornando al presente dei nostri tre personaggi, che ci sono diventati familiari, va chiarito che erano trascorsi una decina di giorni e si era già all'undicesimo, da quando essi avevano ripreso con il loro seguito il cammino per la strada maestra. A notte inoltrata, Iveonte, poiché si mostrava stanco morto per l'enorme fatica sostenuta durante il giorno, era sul punto di coricarsi per godere di una bella dormita, allorché la diva Kronel gli apparve davanti ed incominciò a parlargli come appresso:

«Eccoci di nuovo insieme, mio eroe! Come vedi, ogni tanto capita anche a me di cercarti e di farti qualche mia sorpresa. Ma stanne certo che non mi sarei presentata a te, se qualcosa non bollisse in pentola! Purtroppo, ciò che vi bolle non è affatto digeribile, per cui ti risulterà alquanto spiacevole! Comunque, non devi preoccuparti, poiché si tratta di un fatto né già accaduto né tale da non potervi porre riparo da parte tua. Sono venuta da te, appunto per permetterti di ovviare a ciò che di tremendo sta per succedere altrove, se non si interviene al più presto, facendo in modo che ogni cosa ritorni ad essere senza più pericoli!»

«Dici davvero, Kronel, che qualche serio pericolo minaccia qualcuno a me caro, il quale si trova lontano dal nostro campo? Se il mio sospetto dovesse essere giusto, per favore ti affretti a chiarirmi da chi oppure da che cosa la minaccia gli proviene? Dimmelo senza esitazione!»

«Come hai già compreso, Iveonte, non è questo posto che è minacciato da un pericolo. Per il momento, esso è tranquillo e resterà tale per diversi giorni avvenire. Perciò non devi temere per nessuno dei tuoi amici e dei tuoi uomini, che vivono con te in questo tuo accampamento.»

«Allora, Kronel, vuoi dirmi chi sta correndo qualche rischio ed ha bisogno del mio aiuto? Inoltre, dove egli si trova in questo istante? Se stavolta ho visto bene, l'uomo o la donna che è in pericolo può essere soltanto una persona a me molto cara! Non è forse vero che è così?»

«Francide, il tuo amico fraterno, per amore della sua amata Rindella, si è messo in testa di tentare una impresa temeraria, la quale è impossibile ad ogni essere umano, tranne che a te, che sei protetto dall'anello di mio padre. Per questo, Iveonte, se non lo fermiamo in tempo e non affronti tu il mortale cimento al posto suo, tra breve egli potrà essere considerato spacciato! Ecco quanto bolle in pentola, mio eroe!»

«Per quando è prevista la sua pericolosa prova, dolce Kronel? Inoltre, essa dove dovrà avvenire? Mi tocca conoscere ogni particolare su di tale cimento, se voglio prepararmi a correre in suo soccorso!»

«La prova è prevista per domani al tramonto, mio Iveonte. Francide dovrà affrontarla nella città dove è diventato re da poco, precisamente nei pressi del tempio del dio Matarum.»

«Se la città è Actina, Kronel, mi dici come farò a trovarmici in tempo, ossia per quell'ora?! Mica sono in grado di volare! Lo hai forse scordato che non sono fornito del dono del volo, non essendo io un uccello?»

«Al posto tuo, non ne sarei tanto sicuro, Iveonte. Comunque, adesso sorvoliamo su questo argomento e pensiamo ad altro più importante. Ebbene, come ti ho permesso di viaggiare attraverso la fascia temporale di Kosmos, allo scopo di aiutare gli Stucos; così adesso ti farò viaggiare allo stesso modo, ma nello spazio. In questo modo, ti farò arrivare in tempo per soccorrere il tuo amico Francide e salvarlo da morte certa! Ti senti ora rassicurato, mio caro protetto, dopo questa mia proposta?»

«Hai proprio ragione, Kronel! Ma perché prima non ci sono arrivato da solo e mi sono lasciato invece sfuggire un fatto così logico? Subito avrei dovuto pensare alla nostra compenetrazione, siccome soltanto essa ci potrà permettere di essere ad Actina in tempo utile!»

«Esatto, Iveonte! Ma potrebbe avvenire anche qualcos'altro, intanto che ci daremo a percorrere lo spazio alla massima velocità!»

«Avevo immaginato anche questo, mia graziosa diva, come ho inteso che nella Città santa bisognerà rifare lo stesso giochetto della volta scorsa, quando sono stato costretto ad attraversare l'Arco della sacralità, sempre per aiutare il mio amico fraterno: non ho forse ragione? Se ricordo bene, dovrò ancora assumere la sua fisionomia e gabbare i sacerdoti del tempio: nevvero? Se sono in errore, correggimi!»

«Devo contraddirti, Iveonte, poiché nell'attuale circostanza, che si presenta insidiosa per il tuo amico, non sarà così. Non ci sarà bisogno che si ricorra a tale espediente, considerato che la difficile prova non avverrà in pubblico, davanti ai sacerdoti. Si tratta di una faccenda più complicata della volta scorsa; ma di essa ti parlerò durante il viaggio.»

«Va bene, Kronel, mi spiegherai ogni cosa, mentre viaggeremo attraverso lo spazio. Adesso, però, dovresti dirmi quando è prevista la nostra nuova partenza con destinazione la città di Actina!»

«Partiremo domani, alle prime luci dell'alba, Iveonte. Dopo esserci compenetrati di nuovo nel modo che ti ho insegnato l'altra volta, ci alzeremo in volo in direzione della remota Edelcadia. Così la raggiungeremo in brevissimo tempo. Perciò dovrai essere pronto per domattina.»

«Se le cose stanno come mi hai fatto presente, Kronel, devo andare a metterne subito al corrente il mio amico Tionteo, malgrado l'ora sia inopportuna! Nella giornata di domani, infatti, a causa della mia improvvisa ed inattesa partenza, dovrà essere lui ad assumere la guida della nostra carovana! Non ti pare che dovrò farlo in questo momento?»

«Certo, Iveonte! Allora vai pure ad avvisare il tuo amico, visto che non puoi dispensartene. Noi due, invece, ci rivedremo direttamente all'alba del prossimo giorno! A domani, mio pupillo!»

Pochi minuti dopo, il giovane eroe si trovava già nella tenda dell'amico, il quale si era coricato da molto tempo. Egli, vedendoselo davanti a quell'ora di notte, ossia quando il sonno già spadroneggiava in lui, se ne meravigliò abbastanza. Per cui non perse tempo a chiedergli:

«Perché mai, Iveonte, sei venuto da me nottetempo? Ci sono forse delle novità di una certa gravità, che devo conoscere a qualsiasi costo, nonostante la tarda ora? Mi auguro che tutto proceda bene nel campo!»

«Non ti sbagli, Tionteo! Poiché dovrò assentarmi dal nostro campo per l'intera giornata di domani, sono venuto ad affidare a te la guida della carovana per tutto il tempo che starò via. Ad ogni modo, so per certo che non ci saranno problemi per voi tutti durante la mia assenza. Quindi, potete restarvene cheti, anche senza la mia presenza!»

«Perché dovrai lasciarci, amico mio? E per recarti dove? Ma non potevi avvertirmi domani stesso, prima della tua partenza?»

«Invece non avrei potuto avvisarti domattina, siccome la mia partenza è prevista prima dell'alba. Quanto alle altre notizie che mi hai chieste, Tionteo, ora passo a parlartene. La mia destinazione è Actina; invece il motivo del mio viaggio riguarda la vita del mio amico fraterno, che anche tu hai conosciuto, quando è stato il tuo sovrano. Dovrò correre a salvarlo senza indugio da un pericolo imminente, il quale potrebbe anche procurargli la morte! Questa è la brutta novità del giorno!»

«Naturalmente, Iveonte, ti riferisci al re Francide! Chi, se non lui, vale per te più di un fratello? Perché mai il re di Actina tra poco dovrebbe trovarsi in serio pericolo? Lo sai benissimo che anch'egli è in gamba quanto te, per non riuscire a salvaguardarsi da esso senza problemi! Allora mi vuoi spiegare meglio ogni cosa, amico mio?»

«Si tratta proprio di lui, Tionteo! Entrambi siamo cresciuti insieme fin dalla fanciullezza, proprio come due fratelli. Perciò non esiste cosa che non farei per lui! Egli, purtroppo, si trova di nuovo in una situazione difficile. Per uscirne, non bastano né il coraggio né la forza; invece gli occorre lo stesso intervento divino dell'altra volta, che solo io potrò fornirgli! Dovresti rammentarti come allora riuscii a trarlo fuori dai guai!»

«Certo che me lo ricordo, Iveonte! Adesso che ci penso, mi spieghi come farai a condurti alla remota Actina e a ritornare da essa, in un solo giorno? Per farcela, a mio avviso, non ti basteranno neppure un paio di ali! Dunque, vuoi darmi la spiegazione ad un fatto del genere, che considero impossibile da attuarsi da qualunque persona?»

«La tua domanda, Tionteo, mi palesa che hai già dimenticato il mio recente viaggio nel passato. Dovresti essere al corrente che la divinità, che me lo ha permesso, mi consentirà adesso anche di viaggiare velocemente nello spazio. Vedrai che me lo farà attraversare con una tale rapidità, da farmi arrivare puntuale al mio appuntamento. Così potrò salvare il mio amico Francide, che ha deciso di affrontare una impresa che nessun uomo può compiere. Sostituendomi a lui, gli eviterò il mortale rischio, che incoscientemente sta per correre!»

«Hai proprio ragione, Iveonte! Come faccio a dimenticare ogni volta che hai al tuo fianco un nume protettore, il quale ti permette di ottenere perfino l'impossibile? Perciò scusami, amico mio! Ma ti faccio solenne promessa che in avvenire non mi capiterà mai più di scordarlo, poiché me ne rammenterò per sempre!»

«Non essere così sciocco, Tionteo! Adesso, però, mi ritiro nella mia tenda, poiché domani dovrò essere in piedi alle prime luci dell'alba, pronto per la nuova partenza e per la nuova impresa. Buonanotte, amico mio! Che degli splendidi sogni vengano a farti visita!»

«Anche a te auguro una notte serena, Iveonte! Che il tuo viaggio di domani ti risulti gradevole! Inoltre, quando sarai ad Actina, ti prego di salutarmi il re Francide ed Astoride, il mio amico di infanzia.»


Il giorno dopo, Tionteo si svegliò di buon mattino, poiché ci teneva ad incontrarsi con l'eroico amico, prima della sua partenza. Ma essendo già tardi, non gli riuscì né di rivederlo né di salutarlo. Siccome non ne avevano parlato nel loro incontro notturno, adesso avrebbe voluto domandargli come si sarebbe dovuto comportare durante la sua assenza. Cioè, intendeva apprendere da lui se bisognava andare avanti nel loro cammino oppure era meglio attenderlo nell'ampia radura, dove non ci sarebbero stati pericoli di sorta, come anch'egli gli aveva assicurato. Ma non avendo potuto chiederglielo, decise di non fare rimuovere l'accampamento, lasciandovi gli uomini a ciondolare per l'intera giornata.

Quando poi furono svegli pure gli altri e si fu consumata la frugale colazione, Tionteo, per prima cosa, affidò i pochi incarichi di scarso valore ai nove capigruppo della carovana. Subito dopo egli si allontanò dal campo per una breve cavalcata sui prati della zona vicina. Intanto che galoppava, il giovane incontrò sul suo percorso un gaio ruscello. Allora deliberò di sostare presso la sua sponda destra, mettendosi a sedere nelle sue adiacenze. Così facendo, oltre a permettere al suo cavallo di abbeverarsi a sufficienza, avrebbe potuto godere del magnifico panorama, il quale gli si dispiegava davanti elettrizzante e mozzafiato. Anzi, poco dopo, stando nella sua posizione seduta, Tionteo, mentre la osservava, si beava della lontana catena montuosa, che mostrava il suo profilo seghettato a denti difformi. Nel medesimo tempo, si rallegrava nel seguire i voli degli sparvieri e delle poiane. Esse disegnavano nel cielo una infinità di arabeschi, come se intendessero esprimere in quel modo il loro gaio appagamento.

Mentre era intento a contemplare la fragranza della natura, che riusciva a notare in ogni sua parte, il Terdibano scorse in lontananza, precisamente al di là del ruscello, anche la sagoma di un uomo. Essa, dirigendosi con passo sostenuto verso di lui, si avvicinava sempre di più dove egli era seduto. Quando infine fu da lui raggiunto, il pellegrino, dopo averlo salutato cordialmente, gli si pose a sedere proprio di fronte, però stando dall'altra parte del piccolo corso d'acqua. Egli aveva un volto smagliante e, in un certo senso, metteva pure una certa soggezione a guardarlo fisso. I suoi tratti somatici, invece, erano perfetti e, se li si approfondiva meglio, portavano ad immaginare la figura dell'amico, il quale era appena partito alla volta della Città Santa. Comunque, fu Tionteo il primo dei due a tirare fuori la lingua. Egli, non volendo smentire la sua abituale loquacità anche in quella circostanza, subito si preoccupò di domandargli con la sua avida curiosità:

«Se non ti disturbo, stanco viandante, posso chiederti da dove vieni? Mi dici anche cosa ci fai da queste parti, le quali almeno a me risultano molto remote? Questo posto selvaggio, dove non c'è neppure un pizzico di civiltà, non è adatto a persone dabbene, poiché suppongo che tu lo sia senz'altro. Se ti fa piacere conoscerlo, il mio nome è Tionteo.»

«Ti ringrazio per l'ottimo apprezzamento espresso nei miei confronti, Tionteo; ma devi sapere che non mi trovo in questa zona per una dilettevole escursione. Adesso vorrai che io ti riferisca anche il mio nome, considerato che gentilmente hai voluto farmi conoscere il tuo: non è vero? Ebbene, ti dico subito che esso è Noevi.»

«Forse mi sbaglierò, Noevi; ma scorgo in te una punta di tristezza! Ammesso che la mia impressione avuta nei tuoi riguardi sia giusta, mi dispiace moltissimo per te! Anzi, vorrei che tu me ne parlassi un poco per cercare di aiutarti alla meglio! Allora ti va di farlo?»

«Non ti sei sbagliato per niente, Tionteo. Forse hai voluto mitigare apposta la tua osservazione sul mio attuale stato d'animo. Devi sapere che in me la malinconia e la rabbia infuriano a guisa di una bufera che, dopo essersi scatenata in maniera terribile, adesso non intende assolutamente calmarsi! Ti sono stato chiaro almeno un poco?»

«Altro che, Noevi, anche perché me lo ero immaginato! Ora, se non consideri indiscreta la mia nuova richiesta, che non mi viene dettata dalla pura curiosità, vorrei conoscere il motivo che ti tormenta l'animo. Ma bisogna sempre sperare che le cose per noi cambino da un istante all'altro, se non desideriamo affliggerci di più. Perciò te lo consiglio!»

«Tempo addietro, Tionteo, unicamente per vendetta personale, mi fu rapita la mia diletta moglie Arunna da una entità aliena, la quale si considerava la mia peggiore nemica. A tutt'oggi, benché le abbia dato una caccia ininterrotta e spietata, non sono riuscito ancora a metterle le mani addosso e a liberare la mia consorte. Da poco sono anche venuto a sapere dove posso rintracciarla; ma nel posto in cui ella si trova adesso, mi risulta molto difficile raggiungerla. Inoltre, se anche ci riuscissi, non mi servirebbe a niente affrontarla da solo, considerata l'eccezionale natura della mia rivale! Dovremmo essere in tre a combattere contro di essa per poterla sconfiggere! Dopo che te li ho riferiti, Tionteo, ora sai quali sono i miei problemi. Ma essi non hanno soluzione alcuna!»

«Mi dispiace moltissimo per te, Noevi. A quanto pare, oggi sei proprio scalognato a non trovarmi in compagnia del mio eroico amico, il quale è dovuto partire proprio questa mattina. Egli avrebbe potuto aiutarti senza meno, siccome a lui nessuna cosa è impossibile. Posso garantirtelo, uomo sventurato! Comunque, egli tornerà stasera, nel caso che tu volessi chiedere aiuto a lui nel risolvere il tuo problema!»

«Invece devo deluderti, Tionteo. Se fosse stato presente, il tuo amico non avrebbe potuto fare nessuna cosa in mio soccorso; né potrà farla, quando ti raggiungerà. La vicenda è talmente complessa e confusa, che sfugge perfino a me stesso, pur avendo un milione di possibilità più del tuo compagno nel tirarmi fuori da qualsiasi impiccio! Ad ogni modo, ti ringrazio lo stesso per il tuo interessamento al mio caso sfortunato!»

«Parli così, Noevi, perché non conosci il mio prodigioso amico, come lo conosco io! Devi sapere che per lui non esistono ostacoli insormontabili, siccome egli riesce a superarli tutti quanti. A proposito di lui, posso farti una confidenza, forestiero, senza fraintendermi?»

«Puoi farlo, Tionteo, ma soltanto se la rivelazione che stai per farmi non lo danneggia per niente, dal momento che non gradisco i pettegolezzi! Altrimenti, restatene zitto e non sparlare di lui, come una comare! Mi sono spiegato per bene?»

«Invece non si tratta di una cosa brutta contro di lui, Noevi, per cui sono certo che la mia indiscrezione non lo discrediterà per niente. Anzi, ne aumenterà ai tuoi occhi il credito in maniera che neppure immagini! Perciò posso parlartene liberamente.»

«Se è come dici, Tionteo, inizia a farmi la tua confidenza, poiché ti ascolterò volentieri. Anche perché in questo momento, prima di ripartire, posso dedicarti un po' del mio tempo libero!»

«A volte, Noevi, ho la sensazione che il mio amico sia protetto da qualche divinità benefica. Non intendo togliere nulla al suo valore militare, il quale è senza dubbio ineguagliabile. E poi chi non è al corrente che noi umani non possiamo superare determinate difficoltà, senza che ci sia anche un aiuto divino? Ebbene, nobile forestiero, egli è riuscito sempre ad avere il sopravvento anche su quelle! Tu come te lo spieghi un fatto del genere? Io, in verità, non riesco a spiegarmelo!»

«Voglio sperare, Tionteo, che tu non abbia alcuna invidia, anche minima, nei confronti del tuo amico! Se così fosse, mi vedrei costretto a troncare qui il mio discorso con te! E non solo su di lui! Anzi, non ti rivolgerei mai più la parola! Magari mi vedrei perfino costretto a punirti nel modo dovuto, se fosse davvero necessario!»

«Certo che non sono invidioso del mio amico, Noevi! Al contrario, lo venero come se fosse un autentico dio! Devi sapere che egli mi ha salvato la vita più di una volta! Dunque, perché dovrei invidiarlo, come ingiustamente hai supposto? Perciò non fraintendermi!»

«Allora sono propenso a crederti, Tionteo; però sono convinto che stai esagerando un po' sul conto del tuo amico! Se mi riferisci alcune delle cose fatte da lui e che tu ritieni attribuibili solo ad una divinità, ti saprò dire io con sicurezza se il tuo giudizio è stato giusto oppure sballato, come penso! Quindi, sei disposto a parlarmi di tali cose?»

«Ad esempio, Noevi, il mio amico stamani all'alba è partito per Actina, la città che tutti sanno che è protetta dal dio Matarum, lasciandomi detto che sarà di ritorno in serata. Mi sai tu dire quale uomo, partendo da qui senza neppure un cavallo, riuscirebbe a compiere un tale viaggio in una sola giornata? Come vedi, la distanza è immensa, perché un essere umano possa superarla in un solo giorno! Te lo posso assicurare!»

«Senza dubbio, Tionteo, la Città Santa è molto distante da qui, perché qualche essere umano, almeno di questo pianeta, possa pervenirvi e ritornarne in una sola giornata! Dunque, sarei disposto anch'io a credere che qualche divinità lo stia aiutando in tale viaggio. Ma ne sei proprio certo dell'esistenza del suo viaggio con meta Actina e del suo ritorno da essa entro stasera? Secondo me, potresti aver capito male, mentre ti parlava del suo viaggio. Magari egli si è voluto prendere gioco di te!»

«Non preoccuparti, Noevi, perché è quanto lui mi ha assicurato! Per me, ciò che dice il mio amico è certezza matematica! Ultimamente, egli ha dovuto compiere una impresa davvero fenomenale, che considero ancora più impossibile ad un essere umano, rispetto al suo viaggio intrapreso nella giornata odierna! Te lo garantisco!»

«Davvero dici, Tionteo? Allora sono molto curioso di conoscerla. Perciò datti a parlarmene, poiché non voglio perdermi una cosa simile!»

«Il mio amico si è trasferito addirittura nel passato di un popolo, che è quello degli Stucos. Questi, a causa di certi alieni, si trovavano in fin di vita. Ebbene, giunto nel loro villaggio, ne ha eliminato gli oppressori assassini, modificando il corso della loro storia. In quel caso, il suo viaggio di andata e ritorno è durato appena tre giorni, anche perché egli ha dovuto combattere contro i cattivi, come ti ho fatto presente, fino alla loro totale distruzione! Allora che ne dici di questo nuovo viaggio?»

«Adesso devo contrariarti, mio caro Tionteo. Anche se egli fosse stato aiutato da qualche dio o dea, il tuo amico giammai avrebbe potuto viaggiare attraverso il tempo, siccome neppure le divinità sono in grado di farlo! Perciò una simile impresa non è potuta esserci stata da parte sua! In questo caso, egli ti ha riferito solo fandonie! Te lo garantisco!»

«Sei sicuro, Noevi, che a nessuna divinità è possibile una impresa del genere? Probabilmente ce ne sarà qualcuna che tu non conosci, la quale può farlo benissimo! Dovresti essere al corrente che nessun essere umano può conoscere ogni cosa nella vita!»

«Soltanto l'eccelso Kron, che è il dio del tempo, e i suoi tre figli hanno una simile facoltà. Ma dubito che qualcuno di loro si sia messo a disposizione del tuo amico senza mai abbandonarlo, dovunque egli vada. Per la quale ragione, Tionteo, devo dedurne che quanto hai asserito non è potuto essere possibile! Ciò deve convincerti che il tuo amico non ha potuto fare il viaggio, di cui mi hai parlato poc'anzi!»

«Secondo i miei sospetti, Noevi, deve essere una diva a proteggere il mio amico. Quando ha da prendere delle decisioni di una certa portata, egli si apparta e si incontra con lei, allo scopo di esporle il suo problema. Ho anche la certezza che è nato fra loro due un certo feeling! Che ne dici a tale riguardo? Può essere vero ciò che ho ipotizzato su di lui?»

«In questo caso, Tionteo, il tuo amico è protetto da una dea. E siccome tra la prole del dio Kron non c'è alcun figlio di sesso femminile, l'impresa che tu ascrivi a suo merito, ti ripeto, non può essere avvenuta! Te lo posso garantire senza il minimo dubbio!»

«Con rispetto parlando, Noevi, credo di più al mio amico che a te! Egli, devi sapere, non mi ha mai dato modo di dubitare delle sue affermazioni! Ogni volta che ha asserito qualcosa, dopo c'è stata sempre la sua dimostrazione con dei fatti concreti e convincenti! Mi comprendi?»

«Se tu venissi a sapere chi realmente sono io, Tionteo, dopo ti ricrederesti nei miei riguardi e smetteresti perfino di preferire il tuo amico a me! Tienilo bene a mente!»

«Al contrario, ciò non accadrà mai, Noevi! La fiducia, che ho nel mio amico, è sempre stata e continuerà a restare illimitata! Se lo vedessi morto, neanche crederei al suo decesso, siccome egli riesce a sconfiggere perfino la morte! Se già lo ha fatto con gli altri, facendoli resuscitare, perché non dovrebbe salvare pure sé stesso dalla morte?»

«Può darsi che il tuo amico lo abbia fatto, Tionteo; però quello che ignori è che io potrei annientarlo in un attimo, se lo volessi, nonostante sia protetto da una dea. Diversamente da lui, sono fornito di poteri che egli non può avere nel modo più assoluto. Sarei in grado di dimostrartelo in modo concreto e convincente, se tu mi chiedessi una cosa simile! Adesso ti sei reso conto di quanto valga io, al suo confronto?»

«Non devi dimostrare a me i tuoi poteri, Noevi, ma al mio amico! Intanto voglio confessarti una cosa che ti riguarda personalmente. Se all'inizio mi sei risultato molto simpatico all'istante; adesso invece cominci a starmi sullo stomaco, per la tua sfacciata sfiducia che mostri nei confronti del mio amico, senza neppure conoscerlo!»

«Tionteo, prima ti ho accusato di provare invidia per il tuo compagno; mentre adesso vado scoprendo che tu lo adori, come se fosse una vera divinità. Allora sai cosa ti dico? Egli inizia a diventare simpatico pure a me! Perciò non vedo l'ora di fare la sua conoscenza! Magari diventeremo pure amici, se egli lotta a favore della giustizia!»

«Così mi piaci, Noevi! Parlando in questo modo, ritorni ad essermi molto simpatico, per cui possiamo anche continuare a conversare!»

«Se ti rivelassi che sono una divinità, Tionteo, come reagiresti? Mica mi prenderesti per un impostore? Spero proprio di no, poiché mi offenderei! Non gradirei tale ingiusto appellativo da parte tua! Allora vuoi farmi sapere come la prenderesti?»

«Ti chiederei solo di dimostrarmelo, Noevi, senza mettermi ad azzardare dei giudizi avventati nei tuoi confronti! Per questo, se vuoi che io creda alla tua divinità, visto che mi stai affermando che sei un dio, devi solamente dimostrarmelo! Ti va di farlo per convincermi?»

«Certo, Tionteo! Allora vedi quel platano che fiancheggia il ruscello a cento metri da noi? Se lo desideri, posso disintegrarlo in un istante! Così dopo esso non ci sarà più in quel posto, poiché cesserà di far parte dell'esistenza delle cose! Secondo te, ti sembra poca roba quanto intendo fare, pur di dimostrarti che sono un autentico dio?»

«Ma pure il mio eroico amico, Noevi, riesce ad ottenere un fatto del genere, anche se non è un dio! Ti giuro che gliel'ho già visto fare in passato! Quella volta, con quel suo prodigio, egli mi ha davvero impressionato tantissimo, se lo vuoi sapere!»

«Allora mi dici che cosa devo fare, Tionteo, per convincerti che sono un dio? Suggeriscimi tu qualcosa che gli esseri umani, compreso il tuo osannato amico, giammai potrebbero fare! Vedrai che a me invece non sarà impossibile ottenerlo, contro le tue convinzioni! Sto aspettando che mi giunga la tua richiesta, umano incredulo!»

«Noevi, dovresti sparire e riapparire rapidamente davanti ai miei occhi per dieci volte consecutive. Credi di poter fare una cosa del genere? Soltanto in questa maniera mi convinceresti senza ombra di dubbio che sei un vero dio! Avanti, prova a farlo, se ne sei capace!»

«Ti basta così poco, Tionteo, per considerarmi un dio? Allora ti accontento subito! Ma ti faccio presente che quanto mi hai chiesto riescono a farlo pure alcuni maghi umani, facendo stupire le altre persone!»

Dopo che il viandante gli ebbe dimostrato quanto da lui chiesto, Tionteo gli confermò:

«Se il tuo non è stato un gioco di prestigio, Noevi, per me sei un dio a tutti gli effetti! Ma come hai detto pure tu prima, mi piacerebbe vederti applicare in azioni ben più serie per soddisfarmi ancora di più! Ti è possibile appagarmi pure in questo?»

«Presto lo sarai, simpatico Tionteo. Ti do la mia parola!»

«In che modo, Noevi, hai deciso di sbalordirmi? Me lo dici?»

«Devi sapere che in questo momento si sta avvicinando un grande pericolo, Tionteo. Se non ci fossi io, metterebbe a repentaglio la tua vita e quella degli uomini della vostra carovana. Invece il mio tempestivo intervento ve ne libererà! Perciò ti invito a non spaventarti, quando esso tra breve si presenterà in questi paraggi! Intesi?»

«Ma il mio amico, Noevi, contrariamente a quanto hai previsto tu, mi ha garantito che per noi non ci sarebbero stati problemi! Come è possibile che egli si sia sbagliato? Non può essere vero!»

«La diva, che lo ha messo al corrente, Tionteo, non ha commesso alcun errore nel prospettargli una cosa simile, poiché nelle sue previsioni era implicito che ci sarei stato io a togliervi dai guai. Ma anche questo particolare mi sorprende molto! Per dargli una garanzia del genere, ella si è dovuta immergere nel vostro futuro per la durata di qualche giorno, rendendosi così conto che nulla vi sarebbe successo. Anche se non so spiegarmi come ci sia riuscita, incomincio a credere che ella sia dotata della prerogativa di viaggiare nel tempo! Presto ne appurerò la verità!»

«Te lo dicevo, divino Noevi, che il mio amico non mi racconta mai frottole, per cui posso fidarmi ciecamente di lui! Dovresti fare anche tu lo stesso nei suoi confronti!»

«Probabilmente, hai ragione, Tionteo, considerato che la sua diva protettrice è molto speciale e comincia a sorprendermi parecchio! Per questo motivo, prima che il tuo amico, desidero tantissimo conoscere lei. Lo sai perché, essere umano? Te lo dico subito. Voglio servirmi di lei per giungere alla mia Arunna. Anche se poi ugualmente avrei difficoltà a liberarla, per una ragione che non puoi giustamente conoscere!»

«Come mai, divino Noevi, parli così? Si tratta forse di una divinità tua nemica molto potente? Oppure non sei un valido combattente, al fine di competere contro il rapitore della tua consorte? Eppure, in verità, tu mi dai tutt'altra impressione!»

«Non è questo il problema, Tionteo. Nessuna divinità mi supera per atti di eroismo. Come tu reputi il tuo amico tra gli uomini, così sono io considerato tra le divinità! Invece nel mio caso non si tratta di una questione di coraggio e di valore. Lo scoglio da superarsi presuppone ben altro, che non è affatto semplice ottenere!»

«Allora, divino Noevi, cosa ti impedisce di debellare il tuo avversario? Se per valore superi tutte le divinità, come hai affermato poco fa, come mai ti ritrovi poi impotente a fronteggiarlo? A che cosa ti si obbliga, perché tu possa sconfiggerlo?»

«Si tratta di un discorso che non potresti mai capire, Tionteo. Insomma, data la sua natura extracosmica e trinitaria, occorrono tre divinità in gamba per affrontarlo e debellarlo. Mi sono spiegato adesso almeno in parte? Altrimenti, non posso farci assolutamente niente, non essendoci un modo diverso per farti comprendere la cosa che ti ho appena riferita. Ad ogni modo, lasciamo da parte questo punto dolente!»

«Per quel poco o niente che mi hai riferito, divino Noevi, ti dichiaro che ho afferrato il concetto del tuo pensiero. Ma mi sono convinto anche di un altro fatto importante.»

«A quale fatto ti stai riferendo, Tionteo? Ti prego di spiegarti meglio! Se non lo sai, esso potrebbe interessarmi davvero, a patto che si verificasse una condizione! Ma non ci spero neppure che oggi possa avverarsi quanto mi annunciò l'eccelso dio Kron!»

«Al fatto che sei capitato al posto giusto, Noevi, e che adesso perciò potrai finalmente liberare la tua consorte. Tu, il mio amico e la straordinaria sua diva protettrice dovreste formare un formidabile terzetto vincente contro l'oscura entità, che ha rapito tua moglie! Infatti, tu sei l'eroe degli dèi, il mio amico è il supereroe degli esseri umani e la sua diva protettrice è in grado di farvi viaggiare nel tempo! D'altronde, ella lo ha già fatto con il suo protetto, che è il mio amico!»

«Ma sei impazzito, Tionteo, a propormi una cosa del genere?! Tu non sai con quale entità abbiamo a che fare. E pretendi che io l'affronti con una diva inesperta e con un comune mortale! Neppure a parlarne, se non voglio essere ritenuto un matto dalle altre divinità! A meno che l'umano non abbia il nome che penso!»

«Provare non costa niente, Noevi! Secondo me, è sempre meglio che restarsene in panciolle ed aspettare che gli eventi si risolvano da soli a nostro favore. Se sono in errore, correggimi! Ma sono convinto che io sono nel giusto e tu presto dovrai ricrederti, a causa del tuo evidente errore! Ora mi dici a cosa intendevi riferirti, quando hai asserito che il mio amico sarebbe stato l'uomo giusto, se avesse avuto un certo nome? Non ti pare che dovrà essere la sua persona a darti una mano?»

«In un certo senso, hai ragione, Tionteo; nel mio caso, però, esso è importante. Perciò vuoi dirmi come si chiama questo tuo benedetto amico, che non hai mai chiamato per nome? Oppure, dopo essere nato, è rimasto un individuo anonimo? Almeno così saprò pure come chiamarlo, quando questa sera lo incontrerò insieme con la diva!»

«Sì che egli ce l'ha un nome, dio Noevi! Esso è Iveonte. Non mi dire che è proprio il nome che speravi che fosse!»

Nel sentire pronunciare quel nome, il divino viandante, il quale era il dio Iveon, rimase sorpreso. Egli aveva già sentito fare quel nome in passato. Ma dove, quando e da chi? Cominciò allora a rovistare nel suo passato, finché non pervenne con la mente al tempo e al luogo, in cui lo aveva sentito nominare la prima volta da una divinità molto in alto. Allora cerchiamo di renderci conto di quale ricordo si tratta per esattezza. Ebbene, dopo avere affrontato vittoriosamente la Deivora, egli era ritornato in Luxan dall'eccelso Kron, con l'intenzione di restituirgli i due anelli da lui ricevuti, poiché essi in precedenza gli erano serviti per combattere contro l'entità aliena extracosmica e sconfiggerla. Mentre poi li riponeva nel palmo della sua mano destra, il fratello gemello, ossia il dio Locus, con l'intento di elogiarlo anche lui, gli aveva affermato:

«Sei stato stupendamente magnifico, mio egregio Iveonte! Quale altra divinità, più di te, poteva riuscire in una impresa simile, la quale richiedeva eroismo e temerarietà allo stesso tempo? Ti posso rispondere io immediatamente: nessun'altra!»

«Chi sarebbe questo Iveonte, eccelso Locus?» egli gli aveva chiesto, aggiungendo subito dopo: «Sono convinto che si sarà trattato senz'altro di un lapsus linguae!»

«Scusami, Iveon, se mi sbaglio ogni volta a pronunciare il tuo nome! Il fatto è che mi capita sempre e soltanto con te, se lo vuoi sapere! Ma ti prego di non farci caso!»

«Ma esiste poi qualche divinità positiva con questo nome somigliante al mio, eccelso Locus? Di regola, quando continuiamo a cadere nello stesso errore, sono certo che c'è sempre qualche ragione a farcelo commettere! Ne convieni anche tu, sublime dio dello spazio, oppure è soltanto una mia convinzione? Vorrei saperlo.»

«Non hai tutti i torti, valoroso Iveon!» gli aveva spiegato il divino Kron «In effetti, sarà un umano a portare questo nome. Il quale, ugualmente a te, sarà un grande eroe. Se lo vuoi sapere, Iveon, in un futuro molto remoto, tu e lui vi incontrerete in Kosmos. In tale circostanza, per quanto strano possa sembrarti, sarà lui a dare a te una mano che ti risulterà molto provvidenziale. Lo so che, ora come ora, non puoi assolutamente comprendere!»

«È mai possibile, eccelso Kron, che in avvenire accadrà un fatto del genere? Mi appare completamente assurdo che un umano possa soccorrere un dio, il quale, per giunta, è anche considerato un grande eroe da tutte le altre divinità positive! Se fosse stato il contrario, avrei anche potuto capire benissimo, senza stupirmene!»

«Alla tua domanda non sono in grado di rispondere, dio dell'eroismo. So soltanto che ciò accadrà senza meno. Per questo puoi accettare come certo un fatto del genere, dal momento che così ha decretato l'ineluttabile Destino delle umane sorti!»

C'era stato un altro episodio, nel quale si era accennato ad un essere umano famoso. Anche se in quella occasione non era stato fatto il suo nome, egli era convinto che si trattava proprio di Iveonte. Perciò anche noi cerchiamo di rammentarlo, come allora si era svolto. Così potremo seguire meglio la futura trama della nostra storia.

Dopo il rapimento della moglie Annura, egli era andato a chiedere al dio Kron di aiutarlo a ricercarla in Kosmos. Ma l'eccelso dio, mosso a pietà di lui, gli aveva risposto:

«Valoroso Iveon, mi è dispiaciuto di non essere riuscito a darti nessun aiuto in ciò che mi hai chiesto, essendo risultate anche le mie ricerche del tutto infruttuose. Questa nuova entità, che ha rapito tua moglie, non si lascia controllare neanche da me, similmente ad una nostra dea allo stato latente. Quindi, toccherà a te ricercarla lì dove essa ha eletto la propria dimora. Sono sicuro che, prima o poi, ti capiterà di incontrarla. Allora dovrai ricorrere a tutte le tue risorse per sconfiggerla! Comunque, penso che ti sarà molto difficile batterla da solo, visto che la sua natura, che si presenta una e trina, ti creerà una caterva di problemi. Perciò, avendo tu bisogno di due validi fiancheggiatori nella lotta contro di essa, ti raccomando di non rifiutare il loro prezioso aiuto, quando essi ti si presenteranno e te l'offriranno con grande generosità! A tale riguardo, non chiedermi alcuna cosa, siccome non avresti da me alcuna risposta. Ti consiglio, invece, di metterti immediatamente in cammino alla ricerca di Annura attraverso Kosmos, il quale ti si potrà rivelare un luogo per niente privo di insidie e di inganni.»

Mentre lo sconosciuto dio era assorto in quei suoi remoti ricordi per lui estremamente importanti, estraniandosi dal presente, Tionteo, distraendolo da essi, gli disse:

«Ehi, divino Noevi, dove stai volando con la mente? Vuoi forse abbandonarmi, senza neppure salutarmi? Non puoi agire in questo modo, anche se non sono un dio!»

«Tionteo, io non mi chiamo Noevi. Il mio nome è Iveon e sono il dio dell'eroismo. Noevi è il mio nome scritto al contrario, che è Iveon. Dopo che mi hai svelato il nome del tuo amico, ho ritenuto giusto rivelarti anche il mio, senza continuare a mentirti. Lo stesso nome della mia consorte non è Arunna, ma Annura, anch'esso ricavato leggendolo alla stessa maniera. Adesso sai come stanno realmente le cose. Quanto al tuo amico Iveonte, egli è davvero il più eccezionale degli umani e mi è stato già preconizzato che un giorno avrei avuto bisogno di lui per liberare la mia consorte Annura. Probabilmente, proprio come hai detto tu, pure la sua diva protettrice dovrà prendere parte alla mia lotta contro il mio nemico, poiché essi stanno insieme. Si vede che anche lei è una dea straordinaria, se non è sfuggita all'attenzione dell'eccelso Kron. Anzi, dopo averci riflettuto bene, sono portato a credere che ella sia sua figlia, se è in grado di viaggiare nel tempo! L'eccelso dio l'avrà avuta, quando mi trovavo sul pianeta Treun per liberare i suoi abitanti dal malefico dio Trauz. Per il qual motivo non ne sono venuto a conoscenza. Se non erro, l'eccelso Locus a quel tempo accennò anche che l'umano Iveonte sarebbe stato amato da una sua nipote. Perciò chi sarebbe stata, se non la figlia del fratello Kron?»

Il dio Iveon aveva appena finito di dichiarare a Tionteo chi era realmente, quando giunse nella radura un branco di giganteschi e terribili rettili, i quali erano trenta in tutto. Essi erano lunghi una decina di metri e alti più di tre. Nonostante avessero una mole enorme, si presentavano molto agili e veloci. Anche se non li si erano visti ancora in azione, quei feroci rettili facevano supporre che fossero dei formidabili cacciatori carnivori, con una voracità e un'aggressività spaventose. Inoltre, riuscivano a balzare sulle loro prede con una impressionante agilità, rendendole impotenti a difendersi mentre le divoravano. Quegli enormi bestioni avevano un enorme cranio sopra un collo corto. In esso, si potevano notare dei potenti muscoli mandibolari e delle mascelle solide, che potevano allargarsi orizzontalmente, consentendogli così la deglutizione di una persona intera. Quanto agli ossi mascellari, essi erano forniti di denti seghettati e ricurvi, lunghi fino a venti centimetri. Le loro zampe anteriori, pur essendo corte e di sviluppo limitato rispetto a quelle posteriori, tuttavia erano massicce e grandi, dotate ognuna di quattro dita e di altrettanti artigli. Esse, nella forma, erano identiche a quelle di un'aquila. Invece le loro zampe posteriori, che risultavano anch'esse aquiline, venendo coadiuvate dalla lunga coda che faceva da contrappeso, permettevano a ciascuno di loro di correre rapidamente. Infatti, la loro velocità era in grado di superare addirittura quella di un cavallo.

Scorgendoli, Tionteo non poté fare a meno di spaventarsene immediatamente; ma subito dopo, riferendosi ad essi, si espresse al dio così:

«Che animali sono quelli, divino Iveon?! Non avrei mai creduto che ne esistessero di così smisurati sulla nostra terra! Non ti nascondo che tali creature terrificanti cominciano quasi a mettermi addosso parecchia tremarella! Perciò fai qualcosa per farmela passare, prima che essi ci raggiungano, arrecandomi la morte immediata e divorandomi!»

«Hai ragione, Tionteo. Si tratta di animali mostruosi, i quali non dovrebbero esistere nel tuo tempo. Il loro nome è Saltisauri, essendo dei rettili dotati della capacità di saltare. Tali carnivori giganteschi esistevano diversi millenni fa ed assalivano perfino altri rettili molto più grandi di loro, facendone delle enormi stragi. Se quel gruppo di Saltisauri dovesse assalire un villaggio, farebbero fuori tutti i suoi abitanti in brevissimo tempo, divorandoseli con una ingordigia che neppure riesci ad immaginare, fedele amico di Iveonte!»

«Ben lo credo anch'io, divino Iveon! Ma come mai quei bestioni si trovano fuori del loro tempo? Me lo sai tu dire? Stavano proprio aspettando che giungessimo qui noi?»

«In questi paraggi, Tionteo, ci sarà stata una schiusa ritardata delle uova deposte da una loro femmina parecchi secoli fa. Finora questi rettili sono cresciuti indisturbati e senza nuocere a nessuno, al centro di una foresta vergine. Una volta divenuti adulti, essi hanno deciso di seguire il loro istinto, il quale è quello di predatore.»

«Adesso che non c'è Iveonte, dio Iveon, chi salverà da tali voraci mostri me, il mio amico Speon e tutti i Lutros che sono nel campo? Poveri noi, che siamo destinati a diventare il loro pasto!»

«Tionteo, hai già dimenticato chi sono io? Dovresti sapere che posso più del tuo amico, essendo una divinità maggiore e per giunta l'eroe incontrastato degli dèi! Non ti avevo già parlato di un pericolo in vista e che io lo avrei neutralizzato? Ecco, come vedi, questo è il momento di dimostrarti la mia divinità! Ti senti tranquillo adesso?»

«Hai ragione, divino Iveon! Sono stato uno sciocco a non pensare alla tua preziosa presenza! Avanti, fammi vedere adesso come riesci a distruggere quei tanti mostri antipatici, eseguendo un ottimo lavoro, che sia davvero della tua portata! Dopo te ne sarò immensamente riconoscente e grato, per avermi salvato da tutti loro!»

Aveva appena finito di scusarsi, quando il giovane terdibano scorse il dio allungare la mano destra verso il branco dei trenta Saltisauri. Poi, puntandoli uno per volta con l'indice che apparteneva ad essa, cominciò a colpire ciascuno con un raggio bluastro. Esso, dopo averlo raggiunto, lo faceva ritrovare circondato da rossastre fiamme, fino a provocarne la subitanea e totale disintegrazione, ogni volta con la felicità di Tionteo. Avvenuta infine l'eliminazione fisica dell'intero branco di Saltisauri, le cui caratteristiche li faceva somigliare agli allosauri noti ai nostri zoologi, il Terdibano, preso coraggio, si affrettò a ringraziare la divinità che lo aveva soccorso, affermandogli gioiosamente:

«Sei stato grande, divino Iveon! Adesso mi hai dimostrato di essere un vero dio ed hai fatto svanire in me qualche dubbio che ancora vi permaneva. A questo punto, però, conviene ritornarmene al mio campo e sarei felice se tu lo onorassi con la tua presenza! Così, al suo ritorno dalla Città Santa, conoscerai il mio amico Iveonte!»

«Certo che ci verrò, Tionteo! Hai già dimenticato che ci tengo ad incontrare il tuo amico e la sua protettrice, avendo intenzione di fare la loro conoscenza? Secondo il presagio dell'eccelso Kron, saranno loro due ad aiutarmi a liberare la mia Annura. Non sai quanto ella mi sia mancata in tutto questo tempo! Adesso tu puoi già avviarti in groppa al tuo cavallo, poiché io ti raggiungerò molto presto.»

Quando Tionteo raggiunse il suo accampamento, in quel luogo trovò già il dio Iveon che lo stava aspettando. Scorgendolo nel loro campo, egli se ne rallegrò infinitamente. Quando poi il dio dell'eroismo gli si avvicinò, egli si affrettò ad affermargli:

«Come vedo, Noevi, mi hai preceduto. Avrei dovuto attendermi da te uno scherzo del genere! Comunque, ci toccherà stare in paziente attesa, prima che Iveonte rientri da dove sai! La fine del giorno è ancora lontana per cui, se vogliamo che arrivi prima, dovremo dedicarci a qualche nostra faccenda che ci distragga. Se non facciamo come adesso ho suggerito, il tempo non passerà mai, almeno per noi esseri umani!»

«Tionteo, non la penso come te. Se lo desideri, posso farti arrivare alla sera in un attimo! Se non ci credi, te lo posso dimostrare!»

«In che maniera, di grazia, puoi darmene una dimostrazione?»

«Ti basta chiudere gli occhi per qualche istante, Tionteo. Vedrai che, quando li aprirai di nuovo, ti renderai conto che le tenebre sono già calate sul vostro campo!»

Il giovane, mostrando una grande ansia di verificarlo, si affrettò a chiudere gli occhi. Dopo averli riaperti, intorno davvero regnava il buio più assoluto. Allora domandò al dio:

«Come hai fatto, Noevi, a far giungere subito la sera? Non posso crederci! Mi pare impossibile! Anzi, sono spinto a pensare che si tratti di un autentico trucco operato da te!»

«Tionteo, è tutto vero! Tra poco faranno rientro al campo coloro che stiamo aspettando con ansia! Se hai cominciato a chiamarmi con il vecchio nome, ho compreso perché lo hai fatto. Altrimenti, tutti qui al campo ti avrebbero preso per un matto, se ti avessero sentito rivolgerti a me come ad una divinità! Perciò hai fatto la cosa più giusta, nel prendere una tale precauzione nei miei confronti.»

«Certo che è stato questo, dio Iveon, il motivo che mi ha spinto a chiamarti di nuovo Noevi. Devo palesarti però che, siccome il tempo è tesoro, è meglio trascorrerlo per intero, anziché abbreviarlo, come hai fatto tu! Sono convinto che esso per noi anche nella noia acquista un grande valore. A tale riguardo, do ragione al mio amico Iveonte, quando afferma che ogni ora di sonno è un'ora sottratta alla vita!»

«Sono persuaso, Tionteo, che tale massima gli è scaturita dalla sua intraprendenza e dalla sua volitività, alle quali egli non darebbe mai fine in tutte le ore del giorno, comprese quelle che voi esseri umani impiegate a dormire! Perciò ne devo dedurre che la sua vita risulta tutta uno slancio operoso, ininterrottamente rivolto a soddisfare le necessità degli altri, senza mai curarsi di quelle proprie!»