318-IVEONTE E KRONEL NEL PASSATO DEGLI STUCOS
Iveonte, dopo aver lasciato i suoi amici Tionteo e Speon, aveva percorso appena qualche centinaio di metri, allorquando si sentì alleggerire del peso della sua spada. Di lì a poco, gli apparve anche davanti la divina Kronel, la quale era circondata da un nimbo luminoso. Ella, dopo essersi presentata a lui come era solita fare, ossia con un'apparizione istantanea e senza preavviso, gli si espresse con le seguenti parole:
«Come vedo, Iveonte, sei già pronto ad affrontare il tuo viaggio nel tempo passato per compiervi la tua nuova impresa. Essa sarà a favore di quei popoli che sono oramai deceduti, per essere rimasti vittime dei Tercipi. A questo proposito, desidero che tu sappia che ti accompagnerò con immenso piacere nel recente passato dei tribolati Stucos!»
«Kronel, vuoi dirmi perché ti piace farmi da guida nel mio viaggio, che tra breve intraprenderemo a ritroso nel tempo? Puoi anticiparmi qualcosa in merito, visto che ne sono completamente ignaro?»
La domanda del giovane, che non era stata prevista da lei, mise in imbarazzo la giovane diva e la fece perfino arrossire. Ma poi ella, allo scopo di nasconderlo agli occhi di lui, pensò di distrarlo, intervenendo a fargli la seguente succinta affermazione:
«Lo comprenderai a tempo debito, mio valoroso eroe. Per la precisione, lo scoprirai durante il viaggio che stiamo per intraprendere insieme per condurci nel recente passato dei conterranei di Arsia!»
Iveonte evitò di approfondire l'argomento, non volendo accrescere l'improvviso stato di disagio che si era avuto nella diva. Perciò, ritenendo giusto non insistere ad avere una risposta subitanea da parte di lei, decise di non farci caso. Inoltre, pur di rimetterla nella condizione di sentirsi di nuovo a suo agio, preferì rivolgerle la seguente domanda:
«Prima di immergerci nella dimensione temporale, affabile Kronel, vorrei sapere da te se tutte le divinità possono ripercorrere il sentiero del passato oppure transitare attraverso quello del futuro, come tra poco faremo noi due per una ragione molto seria. Ma immagino di sì, mia amabile diva! Non è forse come ho pensato oppure sono in errore?»
«Invece, Iveonte, la tua ipotesi è del tutto errata! Fatta eccezione di qualcuna, il viaggiare nella fascia temporale, sia essa passata o futura, non è consentito alle altre divinità! Neppure mio zio Locus, l'eccelso dio dello spazio, può ripercorrere i sentieri del tempo, quando vuole solcarlo a ritroso oppure intende seguire il percorso che lo porta al suo futuro.»
«Posso sapere allora chi lo tiene questo grande privilegio, oltre a te, Kronel? Non mi è difficile rendermi conto che tu fai parte di quei pochi che ne sono dotati; altrimenti non me lo avresti proposto, come hai fatto in questa circostanza. Mi sbaglio ancora a ragionare così?»
«Invece adesso sei nel giusto, Iveonte. Una prerogativa del genere appartiene solo a mio padre e ai suoi figli; in questi ultimi, però, essa è stata acquisita per ereditarietà. Le altre divinità possono solo scrutare il proprio e l'altrui tempo trascorso, ma non sono in grado di pervenirvi realmente, allo scopo di cambiarvi il proprio destino e quello altrui. Ecco perché, come figlia del dio del tempo, io posso condurti nel passato del popolo stucosino e permetterti così di mutare in parte quanto appartiene al suo destino. Riguardo al futuro, alle altre divinità non è consentito neppure sondarlo con la mente, per leggervi gli umani destini! Adesso ti ho fatto conoscere pure il rapporto che tutte le divinità hanno con il tempo nelle sue tre fasce, che sono il presente, il passato e il futuro.»
«A questo punto, Kronel, non ho altre domande da porti, per cui ci conviene metterci subito in viaggio ed abbandonare il nostro presente. Quindi, attendo da te le istruzioni atte a prepararmi per l'arcano mio tuffo nel passato. Esso ha già incominciato a tenermi tantissimo in ansia, poiché non vedo l'ora di aiutare i poveretti Stucos a salvarsi!»
«Certo, Iveonte: sono qui appunto per questo! Prima, però, è mio dovere metterti al corrente di alcune cose essenziali, la cui conoscenza ti è indispensabile per darti al tuo viaggio insieme con me nel tempo passato e in quello futuro. Esse ti aiuteranno ad affrontarlo senza disturbi di sorta. Perciò adesso ti prego di starmi bene in ascolto!»
«Sono tutt'orecchi ad ascoltarti, Kronel; quindi, puoi iniziare a fornirmi ogni informazione in merito al nostro viaggio, da tutti ritenuto paradossale! Non immagini neppure quanto io sia impaziente di percorrere a ritroso il tempo, poiché tale evento mi permetterà di fare una nuova esperienza, oltre che aiutare per l'ennesima volta il mio prossimo!»
«Devi sapere, Iveonte, che due divinità, anche se sono dello stesso sesso, a volte si compenetrano. Con la compenetrazione, una divinità, ossia quella ospitata, entra a far parte di un'altra divinità, la quale è quella ospitante. Una volta che si sono compenetrate, le due divinità iniziano a comportarsi come se fossero una sola divinità, per cui esse agiscono e decidono con la stessa mente. La quale, in una circostanza simile, è quella della divinità ospitante, che può prendere decisioni ed operare di conseguenza. Invece l'entità ospitata resta immobile, proprio come se fosse in sua balia, per cui si lascia guidare pedissequamente dall'altra che la ospita. Comunque, pure essa, durante la compenetrazione, viene a godere dei medesimi benefici che provengono alla sua partner dominante, dopo che c'è stata la loro immedesimazione psichica e spirituale. Fino adesso ti sono stata chiara, mio nobile eroe?»
«Più esplicita di così non potevi essere, Kronel! Ma mi dici anche quali sono le ragioni che spingono due divinità a compenetrarsi fra di loro, la quale azione, come mi hai fatto presente, può avvenire anche tra divinità del medesimo sesso? Io non riesco a comprenderle e ad ipotizzarle. Per questo vuoi essere tu a chiarirmele nel modo che mi attendo?»
«Le ragioni possono essere diverse, Iveonte. Tra due divinità di sesso opposto, di regola il motivo principale della compenetrazione è quello di consumare esclusivamente un atto sessuale. In questo caso, però, è la divinità di sesso maschile ad ospitare quella di sesso femminile. Quando invece si compenetrano due divinità del medesimo sesso, siano esse dèi oppure dee, sono sempre altri gli scopi della loro compenetrazione. Ad esempio, essa può essere attuata per eliminare un malessere psichico esistente in una di loro. Quest'ultima allora, con l'intento di liberarsene, decide di farsi ospitare dalla parte attiva della compenetrazione. Infatti, non appena tra loro due si attua l'atto compenetrativo, scompare all'istante ogni male psichico esistente nella parte passiva di esso. Ecco: ora hai conosciuto pure quest'altro particolare!»
«Può esserci, Kronel, anche una compenetrazione tra una divinità ed un essere umano? Poiché la risposta sarà senz'altro affermativa, vuoi spiegarmi anche in che modo essa viene ad attuarsi tra loro due? Sto aspettando che tu me lo spieghi per bene, prevedendolo più difficile da comprendersi da parte mia! Oppure ciò che suppongo non è vero?»
«Desideravo tanto che tu mi facessi una domanda del genere, mio caro pupillo! Ebbene, appunto perché una simile compenetrazione è possibile, come anche tu hai immaginato, diventa anche fattibile la tua andata nel passato degli Stucos e il tuo ritorno da esso. Infatti, se prima non ci compenetriamo, non mi sarà possibile farti viaggiare con me nel tempo passato per condurti nel loro villaggio prima dell'arrivo degli oppressori Tercipi. Adesso ti è stato chiaro a sufficienza il mio linguaggio?»
«Certo che mi è stato assai chiaro, Kronel! Ma in una compenetrazione di questo tipo, cioè tra un essere divino e un essere umano, senza avere come fine l'atto sessuale, mi dici chi dei due fa la parte ospitante? Oppure lo possono fare entrambi, lasciando così all'altro di avere la funzione di parte ospitata? Mi riferisci ora su questo nuovo particolare?»
«In un atto eterocompenetrativo, Iveonte, perché è così che si suole definire quello tra due esseri di diversa natura, nel nostro caso divino l'uno ed umano l'altro, esso diventa attuabile, a patto che sia la divinità ad ospitare l'uomo o la donna, a seconda del suo sesso. Di conseguenza, nella compenetrazione che ci sarà tra poco fra noi due, dovrai essere tu il mio ospite durante il tragitto temporale. Perciò, quando viaggeremo nel passato, incomincia a capacitarti che verrai soggiogato da me nella misura e nel modo che io vorrò! A tale riguardo, devi sapere ancheā¦»
A quel punto, la diva fece seguire una pausa di silenzio alla sua ultima frase, avendola interrotta subito dopo averla cominciata. Allora, essendosi accorto della sua palese perplessità a continuarla, il giovane, pur di forzarla a dirgli ogni cosa, compreso ciò che era stato da lei omesso nel suo discorso, intervenne a domandarle:
«Cosa dovrei sapere ancora, Kronel, sull'argomento che mi stavi delucidando? Mi attende forse qualcosa di brutto, per cui hai evitato di farmelo presente? In verità, in questo momento, non riesco a comprendere se sei imbarazzata a riferirmi qualcosa da te ritenuto scabroso oppure hai da comunicarmi qualche fatto spiacevole che riguarda la mia missione! Dovrai essere tu a specificarmi l'una o l'altra cosa!»
Di risposta, la diva Kronel, mostrandosi con un volto erubescente, soltanto allo scopo di tranquillizzarlo, si diede a precisargli:
«Non ti devi preoccupare di niente, Iveonte. Intendevo metterti al corrente che, durante la nostra compenetrazione, potrei approfittare di te e costringerti ad un rapporto intimo, anche senza il tuo consenso. Ma se tale mia intraprendenza dovesse spaventarti, potrei farne a meno! Quindi, in tale circostanza, lascerò a te ogni decisione in merito!»
«Se il male dovesse consistere in questo, Kronel, mi colpisca pure un mare di simile sofferenza, da parte tua! Anzi, non immagini neppure quale felicità essa mi darebbe! Così avrei l'opportunità di disobbligarmi con te, per tutto quanto hai fatto e continui a fare a mio favore! Penso che la mia risposta dovrebbe risultarti benaccetta. Non è forse così?»
La diva, sorridendogli amabilmente, esclamò al suo eroe:
«Ehi, Iveonte, mi pare che qui ci stiamo solo perdendo in chiacchiere; invece faremmo meglio ad iniziare a compenetrarci! Perciò ora làsciati dirigere da me e fai tutto quello che tra poco ti suggerirò. Alla fine, come constaterai, avvertirai di essere in me, ma unicamente per vivere una realtà da sogno. Infatti, vivrai conformemente ai miei pensieri, ai miei desideri, alle mie aspettative e alle mie fantasie più consolatrici!»
«Sono ai tuoi ordini, Kronel! Ti darò retta in ogni cosa che mi dirai di fare, proprio come uno schiavo ubbidisce alla sua padrona! Fai pure di me ciò che più ti aggrada, siccome da questo momento in avanti mi metto a tua completa disposizione, essendo un mio preciso dovere!»
Ricevuti l'assenso e il compiacimento del suo protetto, la diva ne fu parecchio soddisfatta. Per il quale motivo, con un tono che in quella occasione risultava flebile, mellifluo e suadente, ella incominciò a sussurrargli teneramente a fior di labbra:
«Ti invito a rilassarti, mio grande eroe, e a lasciarmi guidare la tua mente nella serenità più assoluta e più piacevole. Non concederti alla distrazione; ma immergiti nel mio io, secondando la mia traboccante voglia di sentirti in me e di inebriarmi insieme con te. Intanto lenisco i tuoi pensieri, trasporto il tuo spirito in una beata oasi, dove l'incanto della bellezza e la magia della dolcezza riusciranno a donargli una nuova esistenza. In tal modo, essa potrà essere permeata solo di tenerezza e di gradevole affabilità. Da parte tua, Iveonte, inizia ad entrare in me. Anzi, già ti avverto, mentre vai occupando ogni mia parte psichica e spirituale: quasi mi travolgi con il tuo ardore irresistibile e coinvolgente! Avverto già che mi investi con incantevoli sensazioni, le quali rapiscono il mio animo e lo avviluppano in una euforia ineffabile. Il piacere e il gradimento, ad un tratto, entrano a far parte del mio spirito, facendolo esaltare e darsi ad un tripudio di emozioni mirabolanti ed incontrollate! Tra breve, la nostra unione diverrà finalmente integrale e stupenda!»
Iveonte, intanto che si attuava la magica compenetrazione, la quale consisteva nella fusione delle loro psichi, si lasciava trasportare con sublime sensazione dai consigli ammaliatori della cordiale diva. Nel momento stesso che li ascoltava, il giovane le estrinsecava ciò che stava provando e le rivelava le sue dolci impressioni; ma esse potevano farsi sentire da lui soltanto fantasticamente positive, non potendo essere altrimenti. Perciò ascoltiamole anche noi, mentre le parlava così:
«Kronel, è meraviglioso trovarmi alla tua mercé, poiché l'esistenza mi sta diventando dilettevole in ogni senso. Seguire i tuoi suggerimenti, da parte mia, è come appropriarmi di una realtà nuova, la quale non dispensa angosce; al contrario, essa va generando nel mio corpo rasserenanti angoli di giubilo e di spensieratezza. Mentre ci resto, vivo bene la nuova realtà e ne godo immensamente, nonostante la mia presenza in essa sia del tutto passiva ed acquiescente, essendo impossibilitato ad apportarvi il mio contributo mediante interventi attivi. L'insinuarmi in te è come sentirmi gratificato da una valanga di sensazioni, le quali vanno pullulando in me tripudianti, estasianti ed avvincenti. Sento nel mio animo la massima soddisfazione, poiché una percezione inebriante lo appaga in modo sovrumano e gli trasmette l'acme della felicità. Qualcosa di indefinibile armonizza i miei pensieri e le mie idee, mi riempie di gaio entusiasmo, rende inutili tutti gli altri miei desideri, mitiga in me la nostalgia delle persone più care, elettrizza i miei impulsi ad agire, suscita nel mio spirito delle traboccanti tenerezze. Non potrei sentirmi meglio, dal momento che mi ritrovo all'apogeo di un gaudio beatificante!»
Dopo che le varie fasi preparatorie della compenetrazione furono completate con efficienza, la quale adesso poteva definirsi solo esaltante, la diva Kronel si preoccupò di informare il suo protetto di quant'altro doveva sapere sul loro imminente viaggio temporale. Perciò, mentre erano già in preda alla massima estasi, ella si diede a parlargliene:
«Ora che ci siamo compenetrati, mio grande eroe, tieniti pronto, poiché stiamo per effettuare il grande balzo nel tempo passato! Non lasciarti impressionare dalle inevitabili sensazioni iniziali, le quali, almeno all'avvio, potrebbero crearti qualche problema. Comunque, cercherò di alleviartele alla meglio, ma esclusivamente a modo mio!»
Pochi istanti dopo, Iveonte avvertì intorno a sé come un vuoto gigantesco. Subito dopo seguì un movimento vorticoso, il quale si diede a risucchiarselo nella dimensione temporale. Così facendo, esso lo trascinava in un cunicolo, il quale pareva venisse scavato al momento in una fitta nuvolaglia grigioverde. Inoltre, egli fu assalito da un lieve frastornamento e da una specie di nausea. In verità, l'uno e l'altra non lo mettevano a proprio agio, intanto che il vortice impazzava terribilmente intorno a lui. Esso, frastornandolo in modo incredibile, lo faceva inabissare in quella che gli appariva una cavità buia e molto profonda. Allora la diva intervenne a sottrarlo a quei disturbi, che gli risultavano per niente piacevoli, tenendolo impegnato in qualcos'altro di più allettevole. Esso avrebbe dovuto distrarlo da ciò che si presentava repulsivo in quel viaggio, il quale gli stava facendo superare una distanza di tipo temporale. Alla fine, senza pensarci due volte, in quel suo provvisorio frangente, Kronel innescò i preliminari che preludevano ad un vero atto sessuale. Perciò Iveonte, ad un tratto, si vide alleggerire di ogni gravame molestatore, che gli proveniva dalla risucchiante spirale del tempo.
Venuto meno in lui tale disturbo, egli si rese conto che adesso si andavano accendendo dentro di sé i noti stimoli, che potevano essere solo di preludio alla passione amorosa. Dopo, infatti, il giovane fu invaso da una valanga di dolci sensazioni, le quali si diedero ad instradarlo verso vari appetiti libidinosi. Anche Kronel, essendo oramai all'apice del desiderio sessuale, si diede a concedersi al suo eroe poco alla volta, pure essendo lei a creare per lui quel paradisiaco clima di bramosia dei sensi. Intanto che vi si addentrava e lo conquistava, la diva lo andava stimolando sessualmente e gli somministrava la massima brama di possederla e di fare di lei l'appagatrice dei propri istinti sessuali. Ella si faceva percepire dal suo protetto come un corpo caldo ed incredibilmente eccitante al tatto: ora sfuggente e sgusciante, ora consenziente ed avviluppante. Con tale manovra, veniva ad infondere un senso di libidine incontrollata ed ineludibile nel corpo del giovane. I cui lascivi bollori già galoppavano nella sfera della passione, per cui agognavano ad appagarsi soltanto di lei, in un amplesso sfrenato ed ingordo. Il quale molto presto gli avrebbe procurato un godimento piacevole e interminabile.
Quando infine si accorse che Iveonte aveva raggiunto la massima eccitazione, intanto che cercava di abbrancare il suo corpo per farne la fonte del suo piacere, unicamente a quel punto Kronel gli permise di abbracciarla, perché egli facesse di sé lo sfogo dei suoi capricci passionali. Difatti fu in quel modo che il giovane poté iniziare a possederla e a travolgerla nella sarabanda dei suoi assalti lussuriosi. I quali senza sosta iniziarono a bersagliarla, a strapazzarla e a colmarla del compiacimento più bramato e più gradito. A dire il vero, quel suo comportamento era esattamente ciò che la diva si attendeva da lui, avendolo desiderato da tempo con una voglia smaniosa. Anche perché quella era la sua prima esperienza sessuale, per cui diventava per lei ancora più incantevole ed irrinunciabile. Per questo talune indimenticabili sensazioni venivano ad investirla per la prima volta, accendendola di uno straordinario benessere psichico. Quest'ultimo, ripercuotendosi intensamente nella sua sfera spirituale, la costringeva ad esistere in una sensazione di piacere e di gioia mai gustata prima di quel magico momento. Entrambi i partner, in quell'intrigante rapporto intimo, adesso si ritrovavano a vivere attimi di intensa passionalità, quella che ardeva nei loro corpi, bruciava nei loro animi ed esplodeva nei loro spiriti. Essa sembrava una fiamma, che sapeva soltanto generare degli impeti amorosi focosi al massimo. Per la quale ragione, i loro corpi si avvinghiavano, si agitavano, fremevano, rappresentavano la forza dirompente del loro esplosivo rapporto, sovreccitandosi nel contempo nella maniera più appagante.
La diva, durante il loro atto sessuale, aveva dotato la sua effigie incorporea di un corpo seducente, affinché il suo amato Iveonte avesse l'impressione tattile di stare con una donna del tutto reale. Soltanto in quella maniera, come già abbiamo appreso in precedenza, una divinità poteva accoppiarsi con un essere umano e trarre godimento, insieme con lui, dai gustosi frutti del gaudioso amplesso. Appunto ciò stava avvenendo tra i due, mentre ella amoreggiava con il suo protetto, da lei considerato il paladino dei deboli e degli oppressi. In quella circostanza, però, Iveonte rappresentava colui che stava facendo di lei la diva più fortunata e beata, permettendole di appagarsi sia psichicamente che spiritualmente, come non era mai avvenuto in lei. La stessa deflorazione, essendoci stata in un rapporto con un Materiade, più precisamente con un essere umano, era stata avvertita da lei come un fatto consistente e tangibile. Esso le aveva fatto accusare perfino la lacerazione dell'imene, la quale si era espressa con una leggera fitta e con qualche stria di sangue. Infine la fase orgasmica, la quale si ebbe in entrambi in contemporaneità, terminò assai meravigliosamente. I loro corpi e i loro spiriti, mentre erano accomunati da un ardore e da uno slancio passionali che si rivelavano identici, visto che procedevano in sintonia, raggiunsero insieme la vetta del piacere.
Sia Kronel che Iveonte, nel loro beatificante rapporto sessuale, si erano lasciati prendere dall'altruismo. Per questo ciascuno di loro aveva badato soltanto perché il suo partner godesse oltre ogni misura, senza inibizione e senza risparmiarsi. Ma al termine del gratificante amplesso che c'era stato tra la diva e il suo protetto, ci fu pure la fine del loro viaggio nel passato. Per cui venne meno tra di loro la compenetrazione, poiché essa non aveva più ragion d'esserci. Allora Kronel senza indugio si trasformò subito in spada del suo eroe, il quale si ritrovò così nei pressi del villaggio degli Stucos, già pronto per la nuova missione che si accingeva a compiervi.
Si era sul fare del giorno, quando Iveonte si ridestò dalla sonnolenza che lo aveva sorpreso, non appena era avvenuto il passaggio dal tempo presente a quello passato; ma adesso lo si poteva anche considerare dal tempo futuro a quello presente. All'inizio essa lo aveva costretto a chiudere subito occhio e ad addormentarsi sopra il tappeto di erba, dove c'era stato il cambio del tempo. Esattamente, egli aveva avuto poco più di tre ore per riprendersi dal suo tragitto temporale, che la diva Kronel aveva voluto rendergli piacevolmente defatigante. Il giovane, però, preferì non alzarsi immediatamente dalla soffice erba, allo scopo di dirigersi alla volta del villaggio stucosino. Invece volle soffermarsi a ripensare a quanto era accaduto tra lui e la diva poco prima. Ma più tardi il propagarsi prorompente dei raggi solari in ogni parte del bosco, i quali si erano sparsi perfino sopra il suo corpo, lo sollecitò a raggiungere il vicino villaggio degli Stucos, dove avrebbe dovuto far visita al genitore di Arsia.
Raggiunto così l'abitato rurale poco prima di mezzogiorno, Iveonte si fece accompagnare da un abitante del luogo alla capanna del suo capo Agerio. Ma fuori di essa trovarono Arsia, la quale si intratteneva a parlottare con una sua amica. Probabilmente, le due ragazze si stavano raccontando a vicenda le esperienze da loro vissute, in seguito a qualche loro avventura galante avuta con i rispettivi fidanzati la sera precedente. Quando poi Iveonte fu vicino alla figlia di Agerio, il suo accompagnatore si affrettò a farle presente:
«Arsia, questo forestiero, del quale non conosco il nome e non so dirti niente, dopo che è entrato nel nostro villaggio, mi ha chiesto di accompagnarlo subito da tuo padre. Per favore, adesso puoi incaricarti tu di presentarglielo, dal momento che ho varie faccende da sbrigare?»
«Tra poco me ne occuperò personalmente, Vestion, provvedendo a condurlo in presenza del mio genitore. Perciò puoi ritornatene a portare a termine le tue cose, senza perdere altro tempo! Comunque, grazie!»
Una volta che il suo giovane conoscente e l'amica li ebbero lasciati, essendo andati via entrambi, la ragazza, dopo averlo annunciato al padre, fece accomodare il forestiero nella loro abitazione. Essendo figlia unica ed orfana di madre da qualche anno, Arsia adesso viveva sola con il padre, accudendolo con grande amore filiale e senza risparmiarsi. Quando poi Iveonte gli fu davanti, Agerio non indugiò a domandargli:
«Mi dici con chi ho l'onore di parlare, giovane forestiero, visto che non sei del nostro villaggio? Se mi hai cercato, è indubbio che un motivo ci sarà senza meno! Perciò vuoi farmelo conoscere?»
«Per adesso, Agerio, diciamo solamente che sono uno che ha fame e che ti chiede di sfamarlo, se ti è possibile.» gli rispose il giovane eroe «Dopo, cioè durante il pranzo, mi presenterò e parleremo di fatti importantissimi! Ad ogni modo, posso anticiparvi che il mio nome è Iveonte e non c'è bisogno che mi diciate i vostri, per il semplice fatto che già li conoscevo, ancor prima di porre piede nel vostro villaggio! Dopo vi riferirò anche su questo particolare, il quale forse vi ha stupiti.»
«Se hai deciso così, Iveonte, oltre ad ospitarti nella mia casa, mi dichiaro rispettoso della tua volontà. Siccome ce lo hai chiesto, da noi sarai saziato a sufficienza. Tra poco mia figlia, al fine di soddisfare la tua fame e anche quella mia, ci preparerà delle gustose pietanze. Sono convinto che esse sapranno stuzzicare entrambi i nostri appetiti!»
Rivolgendosi poi alla figlia, la quale si era messa già a fantasticare sul forestiero e sulla sua venuta al loro villaggio, chiedendosi perfino da dove egli fosse arrivato, aggiunse:
«Arsia, come hai intuito, a mezzogiorno dovrai aggiungere a tavola un coperto in più. Il nostro ospite, che è di sicuro una persona rispettabile, poiché lo si comprende da come si presenta e parla, pranzerà insieme con noi, onorando la nostra mensa con la sua gradita presenza! Perciò dovrai provvedere in tal senso, figlia mia! Mi sono spiegato?»
«Sono contenta, padre, di aver permesso al forestiero di restare con noi a pranzo! Anch'io sono convinta che il nostro ospite è una persona davvero eccezionale, oltre che di riguardo! Egli mi ispira tantissima fiducia e parecchia stima, come nessuno mai me ne ha ispirata fino a quest'oggi! Sono certa che egli le merita entrambe, insieme con le mie appetibili pietanze!»
«Sono grato sia all'anfitrione padre che alla gentile sua figlia, per i giudizi positivi che hanno espresso sulla mia persona.» il giovane eroe li ringraziò entrambi «Comunque, abbastanza presto avrete le prove che non vi siete sbagliati sul mio conto, siccome vi risulterò di una utilità che in questo momento non potete neppure immaginare! Ve lo garantisco! Adesso, però, è meglio darci a pranzare con grande appetito!»
Nel frattempo che la ragazza serviva il pranzo, senza mai staccare gli occhi dall'ospite, come se vi fossero incollati, suo padre incominciò a rivolgere al giovane ospite le seguenti domande:
«Allora, Iveonte, vuoi dirci da quale villaggio vieni e cosa ti ha spinto a raggiungermi nella mia casa? Oppure dobbiamo attendere ancora altro tempo, prima di apprendere da te le notizie che ti ho chiesto? Magari dopo che ci saremo ristorati abbastanza! Non è forse così?»
«In verità, Agerio, ciò che mi hai domandato non è affatto semplice da spiegarsi. Le mie parole vi risulteranno assurde ed io potrò essere considerato un impostore da te e da tua figlia. Invece, se mi promettete che mi riterrete una persona affidabile, anche dopo che vi avrò riferito determinate cose difficili da accettarsi come vere, soltanto in quel caso aprirò bocca con voi. Diversamente, la terrò cucita, fino a quando non si presenterà la circostanza che mi indurrà ad intervenire a vostro totale favore, come appunto è già stato previsto da me!»
«Iveonte, se è vero che le tue parole ci si riveleranno di sapore arcano, è altrettanto vero che la tua nobile figura ci porta a credere che giammai saresti capace di raccontarci delle fandonie. Per questo, se ci chiedi una fiducia incondizionata nei tuoi confronti, perché tu possa parlarci di te e dei motivi che ti hanno spinto a venire da noi, ebbene, te la concediamo, essendo sicuri che non ce ne pentiremo! Allora ti basta questa nostra rassicurazione per convincerti a riferirci ogni cosa, senza temere il nostro totale scetticismo?»
«Agerio, grazie della vostra incondizionata fiducia che mi concedete, pur non conoscendomi! Così mi facilitate il compito di parlare con voi e di aiutarvi, senza avere timore di essere frainteso da voi. Nonostante ciò, devo confessarvi che continuo ad avere dei dubbi sul fatto che dopo manterrete la parola, che mi avete appena data senza esitazione!»
«Perché dovresti darci il tuo aiuto, Iveonte? E contro chi o che cosa? Fino ad oggi, non ci risulta che un pericolo ci minaccia! Forse tu ne hai previsto qualcuno che, macchinando nell'ombra, intende in seguito coinvolgerci in qualche grave sciagura? Su, riferiscici ogni cosa!»
«Molto presto, Agerio, si presenteranno nel vostro villaggio un centinaio di esseri strani. Gli alieni, però, pur non apparendovi tali, possiedono un alto grado di civiltà. Il loro scopo sarà quello di impadronirsi dei vostri corpi. Essi, prima di farvi morire per sempre, per un breve periodo di tempo, vi consentiranno di vivere soltanto con lo spirito. Vi faranno divenire delle nude larve umane simili a spettri, per cui potrete solo vedervi e parlarvi; ma non sarete in grado di toccarvi. Adesso mi dici se sono riuscito a farti capire qualcosa oppure no? Altrimenti mi toccherà ripeterti tutto daccapo!»
«In parte, ce lo hai fatto comprendere, Iveonte. Ma chi sarebbero tali esseri e da dove arriveranno? Inoltre, non ti sembra che contro cento di loro potremo bastare già noi da soli a difenderci dagli stessi? Perciò, di grazia, ci spieghi meglio ogni cosa sulla loro venuta nel nostro villaggio, considerato che sono riuscito a comprendere ben poco di quanto mi hai appena raccontato? Sto aspettando che tu lo faccia!»
«Si tratta dei Tercipi, Agerio, i quali provengono dalla dimora delle stelle. Oltre ad avere una forza immane, essi hanno un corpo invulnerabile, per cui le vostre armi non potranno trafiggerli. Essi dispongono di aggeggi sofisticati, grazie ai quali potranno rendervi la vita molto difficile. Adesso sei ancora convinto che il tuo popolo non dovrebbe temere gli strani esseri, dei quali ti ho annunciato l'imminente arrivo?»
«Ci dici, Iveonte, come sei venuto a conoscenza di queste cose, che nessuno conosce ancora in questi luoghi? Sei forse un indovino? Con molta franchezza, quanto ci hai affermato un attimo fa ci appare sul serio, a dir poco, un vero paradosso!»
«Se ti dessi la risposta alla tua nuova domanda, Agerio, essa sorprenderebbe parecchio te e tua figlia. Perciò volete proprio che vi risponda, facendomi correre il rischio di essere preso per un matto da voi due? Allora cosa ne pensate? Ditemi che mi crederete!»
«Dacci la risposta, Iveonte, senza paventare alcuna nostra reazione negativa! Non ti abbiamo forse già fatto la promessa che, qualunque cosa tu ci avessi riferito sulla tua presenza tra noi, anche quella più inconcepibile, ti avremmo lo stesso creduto sulla parola? Perciò puoi parlare tranquillamente, fidandoti di me e di mia figlia!»
«Se le cose stanno in questi termini, Agerio, allora posso benissimo sbilanciarmi con voi. Ma prima desidero che tua figlia Arsia smetta per un po' il suo daffare e venga a sedersi con noi a tavola, considerato che quanto sto per rivelarvi riguarderà principalmente lei! Anche se la cosa possa sembrarvi strana, ella ha avuto un ruolo importante nella faccenda, che mi ha spinto a venire da voi!»
La ragazza, la quale si era già incuriosita moltissimo del fare misterioso del forestiero, non appena si sentì chiamare parte in causa nella vicenda, smise ogni mestiere e si affrettò a sedersi a tavola con i due uomini, senza neppure attendere l'invito paterno. In verità, ella stava già agognando un invito del genere e non vedeva l'ora di sedere accanto all'aitante forestiero, essendo desiderosa di ascoltare da vicino le sue convincenti parole. Così, una volta che anche la figlia del capo degli Stucos si fu seduta al desco, già pronta ad ascoltare ogni cosa, Iveonte si ridiede a prendere la parola:
«Dovete sapere che io non appartengo al vostro tempo, ma provengo dal vostro futuro. Per la precisione, la mia realtà precorre la vostra di quasi un anno. Se poi sarà qualche giorno in più o in meno, ciò non inciderà sul mio racconto! Ebbene, durante le mie ricerche con due amici miei in questa zona, Arsia, nelle vesti di un fantasma, ci ha avvicinati e si è messa a raccontarci l'allucinante storia che stava vivendo il vostro popolo, ossia quella che tra breve ascolterete dalle mie labbra.»
A quel punto, Iveonte si diede a raccontarla ai due frastornati ascoltatori. Ovviamente, noi, conoscendola già integralmente, non staremo qui a risentirla daccapo. Per il qual motivo, riprenderemo il nostro racconto dal punto esatto in cui essa ha avuto fine, da parte del nostro eroe. Perciò mettiamoci comodi e ritorniamo a seguirlo, come se non ci fosse stata alcuna interruzione tra esso e la rievocazione dei fatti da parte del giovane!
Quando Iveonte pose termine alla sua narrazione, Agerio e sua figlia restarono sconcertati e silenziosi per un certo tempo, poiché non sapevano come esprimersi in merito ad essa. Le domande, che avrebbero voluto rivolgere a tale proposito al loro ospite, erano tantissime; però, stravolti com'erano, non riuscivano a formularne nessuna. Di fronte all'incredibile storia raccontata dal giovane forestiero, essi si mostravano confusi e psichicamente traumatizzati. Ma pur nella sua assurdità, la cronistoria presentava dei particolari che li spingeva a dar credito ad essa. Alla fine Agerio, continuando a restare fiducioso in lui, non si astenne dal chiedere al loro ospite:
«Noi ti crediamo, Iveonte; ma se tu potessi esibirci almeno una piccola prova che convalidi la tua storia, per noi sarebbe molto meglio. Allora cosa puoi dirci per indurci a crederti di più? Nel caso che ti fosse impossibile accontentarci come ti ho detto, per noi fa lo stesso, poiché la fiducia che adesso abbiamo in te non diminuirebbe.»
«Ora che ricordo bene, Agerio, siccome tua figlia non poteva avere un vestito addosso quando ci ha incontrati, ho notato che ella aveva sotto l'ombelico una voglia di colore brunastro, che pareva riprodurre il disegno di un pesce. Voi due potete asserire il contrario, dicendomi che Arsia non ha alcuna macchia sopra la parte addominale indicata?»
«Invece mia figlia ed io non lo neghiamo, Iveonte, considerato che risulta vero quanto da te affermato. Ma secondo te, quando dovrebbero farsi vivi i Tercipi nel nostro villaggio? Puoi indicarci una data approssimativa, affinché essa possa permetterci di difenderci da loro? Presumibilmente, quindi, quando gli alieni dovrebbero fare la loro comparsa presso di noi? Se hai voluto anticiparci ogni cosa su di loro, ciò sta a significare che conosci anche la data esatta del loro arrivo qui! Oppure sono in errore, poiché non puoi ragguagliarci in merito?»
«Non te lo so dire con certezza, Agerio; comunque, la loro venuta ci sarà a giorni. Forse anche domani, se mi è stato permesso di trovarmi oggi presso di voi! Ma sarò io a difendervi da loro, visto che voi potete fare ben poco contro gli alieni invasori! Per questo ve ne resterete buoni buoni e nessuno di voi morirà. Mi sono spiegato?»
«Dovrò mettere a conoscenza di ciò anche il mio popolo, Iveonte? Oppure è meglio tenerlo all'oscuro di ciò, almeno per il momento? Farò esattamente ciò che tu mi avrai suggerito!»
«Agerio, ritengo più giusto di no. Non c'è alcun bisogno di metterlo al corrente dell'arrivo dei Tercipi, anche perché la cosa riguarderà soltanto me. Quando gli alieni si presenteranno alla tua capanna, io starò al tuo fianco. In quell'istante, mi regolerò come comportarmi con loro e cosa decidere. Per il momento, ci conviene soltanto attendere la loro venuta nel vostro villaggio. In seguito, quando mi troverò faccia a faccia con gli alieni, prenderò le decisioni più opportune e adatte alla circostanza, cioè quelle che mi permetteranno di affrontarli da sicuro vincitore! Questo è tutto!»