312°-LO SPETTRO DI ARSIA CHIEDE AIUTO AD IVEONTE E TIONTEO

Oramai erano trascorsi non meno di una decina di giorni, da quando Iveonte, Tionteo e Speon, con gli altri uomini del convoglio, si erano allontanati dalla fortezza di Ecton ed avevano ripreso il viaggio verso il Mare delle Tempeste. Il tragitto, in quella stagione estiva, si era svolto senza che ci fossero stati fatti significativi. Per questo non era stato soggetto a rallentamenti oppure a soste motivate. Per dovere di cronaca, bisogna soltanto far presente che, in quelle giornate afose, non era mancato un caldo eccessivo con un alto tasso di umidità. Il quale, durante le ore diurne, aveva reso il percorso insopportabile, in quanto era stato fonte di intensa sudorazione da parte di tutti. Al contrario, le notti, con il loro fresco dovuto al subentrato calo termico, non avevano costituito alcun problema per ognuno di loro. Al momento attuale, sia Iveonte che gli altri procedevano a zonzo, a causa del recente straripamento di un fiume in piena. Esso aveva messo sottosopra la precedente geografia locale, cambiando del tutto il volto alla parte fisica della regione. Difatti la grande esondazione, che di recente si era avuta i quei luoghi, aveva cancellato per svariate miglia la via maestra, quella che era conosciuta da Speon e che conduceva fino al Mare delle Tempeste. Il qual fatto rendeva difficile ai nostri viaggiatori la prosecuzione del loro cammino verso la nota meta ed impediva agli stessi di ricongiungersi al restante troncone della strada seguita fino a quel momento.

Una mattina Iveonte, Tionteo e Speon si mossero dal loro campo con l’intenzione di ritrovare la continuazione della via che stavano seguendo in precedenza. La quale, per un lungo tratto, era venuta meno per la ragione menzionata. Così, una volta che l’avessero trovata, dopo si sarebbero incamminati di nuovo per essa con il resto degli uomini. Invece alcune ore di ricerche affannose non erano risultate bastevoli a raggiungere lo scopo che si erano prefissati. Ciò, perché quell’ampia zona aveva seguitato a presentarsi un luogo irriconoscibile e quasi inospitale, essendo stata trasformata profondamente dalle acque fluviali che erano traboccate dai loro fiumi. Esse, come già è stato fatto presente, con il loro impetuoso scorrere, avevano stravolto in modo marcato l’aspetto idrogeologico del suolo, apportando ingenti e gravi disordini anche all’intero ecosistema ambientale. Adesso il sole faceva registrare la sua massima altezza, essendoci stato da poco mezzogiorno, quando i tre giovani sospesero la loro perlustrazione della zona per accogliere i reclami dei loro stomachi vuoti. Ma prima essi si diedero a procacciarsi della cacciagione aviaria da strinare e cuocere allo spiedo, allo scopo di ricavarne un pranzo soddisfacente. Mentre si saziavano con le carni dei tre grossi volatili appartenenti ad una specie mai da loro cacciata prima di allora, Tionteo ruppe il silenzio, esprimendosi con le seguenti parole:

«Chissà se ce la faremo a ricongiungerci alla via maestra, amici miei! Osservando l’immane dissesto del terreno, mi viene da pensare che per noi sarà una impresa ardua arrivare ad essa in breve tempo! A meno che dopo non ci assisterà la fortuna e ce la farà ritrovare in un tempo minore di quello che prevediamo adesso! Tu invece che ne dici, Speon?»

«Tionteo, tutto dipende dall’ampiezza del fenomeno dell’inondazione.» il Borchiese gli precisò «Se esso è stato ridotto, in giornata potremmo anche ritrovare il suo auspicato ricongiungimento. Ma nel caso che il calamitoso evento fosse stato di grandi proporzioni in questa regione, interessando perciò vaste aree di essa, le cose cambierebbero senz’altro. In tal caso, infatti, ci occorrerebbero almeno tre giorni, prima di ritrovarla e di portare a termine la nostra attuale missione!»

«Non preoccupatevi di ciò, amici miei!» Iveonte intervenne a tranquillizzarli «Vedrete che, prima o poi, la prosecuzione della via maestra salterà fuori da qualche parte! Essa allora ci permetterà di proseguire il nostro viaggio in tutta serenità e con una certa sicurezza! Vi garantisco che assai presto sarà come vi ho annunciato, dal momento che non potrà essere altrimenti!»

«Se ce lo assicuri tu, Iveonte,» si rincuorò Tionteo «possiamo stare abbastanza tranquilli. Rammento che, ogni volta che hai affermato qualcosa sull'argomento che stavamo trattando, il tempo non ha mai smentito la tua fama di preveggente. Per questo sono certo che quanto prima accadrà ciò che ci stai garantendo adesso!»

Dopo che Tionteo ebbe parlato nel modo che abbiamo ascoltato, siccome aveva ritenuto giusto farlo, il giovane eroe lo ringraziò per il suo intervento a proprio favore. Ma poi, rivolgendosi all’amico borchiese, non si astenne dal domandargli:

«Sai dirci, Speon, se hai almeno una vaga idea del posto in cui ci troviamo attualmente? Oppure ti riesce ancora assai arduo avanzare perfino qualche ipotesi riguardo ad esso? Su, cerca di farci sapere cosa ne pensi, in merito a questo che per noi risulta un ignoto territorio!»

«In verità, Iveonte, all’attuale stato delle cose, non mi sento di pronunciarmi in nessuna maniera sul luogo in cui ci troviamo. Soltanto dopo che ci saremo ricongiunti alla strada maestra, potrò riappropriarmi della mia competenza sulla conoscenza di questa regione. Devi sapere che alcuni posti, per lo più quelli che non la costeggiano, mi sono sconosciuti, non avendo avuto l'opportunità di frequentarli con mio padre!»

«Speon, ciò vuol dire che dobbiamo affrettarci a ritrovare tale strada, se vogliamo proseguire il viaggio con le idee ben chiare. Allora dopo pranzo ci ridaremo alla nostra accurata ispezione dei luoghi circostanti per riuscire a saperne di più. Per fortuna la lieve tramontana, che da stamani sèguita a soffiare sulla regione, ha reso l’aria meno afosa e più respirabile. Sono convinto che se ne avvantaggerà molto il nostro organismo, quando tra poco riprenderemo le nostre affannose ricerche!»

Così Iveonte, Tionteo e Speon dedicarono l'intero pomeriggio a perlustrare le contrade viciniori; però la perlustrazione non consentì al terzetto di amici di ottenere dei risultati concreti. Non si riuscì neppure a rilevare un particolare noto a Speon, il quale avrebbe potuto agevolarlo nella individuazione della smarrita strada maestra. Quando poi sospesero le loro nuove ricerche, il sole si scorgeva al suo tramonto. Perciò dopo, siccome mancava il tempo materiale per ritornare al loro accampamento, i tre giovani amici cercarono un posto riparato per accamparsi e trascorrervi la notte. Ma già prima della loro partenza dal campo, Iveonte aveva fatto presente ai Lutros che sarebbe potuta esserci anche una eventualità di quel genere. Per cui, nel caso che essa si fosse verificata, per quella volta essi avrebbero dovuto arrangiarsi da soli nel disbrigo delle faccende, che erano soliti svolgere nel loro campo al calare delle tenebre. Tra le quali, era compresa la preparazione della loro cena.

La notte non trascorse allo stesso modo per tutti e tre gli amici. Mentre Iveonte e Speon furono colti da un profondo sonno, Tionteo si ritrovò ad essere vittima dell’insonnia. Non gli veniva di addormentarsi nel modo più assoluto, pur cercando di prendere ad esempio i suoi due compagni, i quali riuscivano a dormirsela beatamente. Ora, pur essendo mezzanotte passata, il Terdibano, stando disteso sopra un soffice letto erboso, si mostrava stranamente agitato. Proprio come se avesse litigato con il sonno ristoratore, per cui esso, per dispetto, non gli si offriva con benevolenza. Da una parte, la sua mente si dava a divagazioni di ogni genere, intervallate da qualche caro ricordo del passato. Dall’altra, invece, i suoi occhi non riuscivano a fare a meno di affondare nel buio pesto della boscaglia, dalla quale gli provenivano stridii di insetti e versi lugubri di animali notturni. Nel frattempo, però, egli si andava pure domandando se quel luogo fosse abitato da qualche popolo inospitale e se fosse proprio il caso di guardarsi bene da quelli che ne facevano parte.

L'una dopo l'altra, quindi, le ore piccole, cioè quelle che costituivano il cuore della notte, procedevano a rilento, allorché Tionteo assistette ad una strana visione. All'improvviso, gli apparve la larva di una bellissima fanciulla, la quale, con un gesto della sua mano destra, lo invitò a seguirla; anzi, continuò ad esprimersi in quel modo per alcuni minuti. Egli, dal canto suo, esitava a darle retta, siccome si rendeva conto che ella non poteva essere una persona reale. A suo parere, si trattava di uno spettro luminescente, la qual cosa gli faceva anche sospettare che ella potesse essere il frutto di un autentico sogno. A un certo punto, però, la ragazza fantasma, vedendo che il giovane non era disposto ad assecondarla per i motivi noti pure a lei, decise di allontanarsi, scomparendo tra la vegetazione. Dopo che ella si fu eclissata tra il folto fogliame del bosco, Tionteo riuscì finalmente a chiudere occhio e ad addormentarsi come un ghiro. Così il poveretto fece in tempo a farsi almeno un paio di ore di sonno, prima che l'alba sopraggiungesse celermente a svegliarli.

Al mattino, mentre Iveonte e Speon apparivano ben riposati, il Terdibano si presentava ancora sonnacchioso e fiacco. Lo davano ad intendere i suoi frequenti sbadigli e i suoi occhi, che facevano fatica a tenersi aperti. La qual cosa dissuadeva i suoi amici dall’avere una buona impressione di lui. Perciò Iveonte, nello scorgerlo così spossato e in preda ad una grande svogliatezza in pari tempo, mostrando una finta compassione per lui, intervenne ad affermargli con tono scherzoso:

«Tionteo, ho la sensazione che questa notte, anziché darti beatamente ad un bel sonno, come abbiamo fatto io e Speon, tu te ne sia andato in giro a cercare lumache! Almeno puoi dirci se ne hai trovate in quantità tale, da bastare per tutti e tre? Spero proprio di sì, poiché pure noi due ne andiamo ghiotti, come anche tu sai benissimo!»

Il Terdibano, dopo aver fatto un ennesimo sbadiglio, gli rispose:

«Scherza pure con la mia sonnolenza, Iveonte! Dopo una nottataccia trascorsa interamente in bianco, avrei voluto vedere te risvegliarti al mattino presto, con gli occhi che si sono chiusi due ore fa e non ne vogliono proprio sapere di stare spalancati! Mica ho anch'io i protettori come ce li hai tu! In un caso analogo al mio, essi, come ben ricordo, coinvolgendo anche me e Speon, ti hanno permesso di dormire fino a mezzogiorno, senza lasciarti disturbare né da noi due né da qualcos'altro che ti sarebbe potuto risultare di incomodo!»

«Mi dici, Tionteo, cosa ti ha impedito di prendere sonno stanotte? Hai forse fatto indigestione di qualche cibo oppure temevi un pericolo, il quale sarebbe potuto diventare reale? Qualcosa ci sarà stato senza meno a procurarti l'insonnia! Ne è convinto anche Speon!»

«Invece, Iveonte, ieri sera ho digerito benissimo il cibo da me divorato. Inoltre, di cosa avrei dovuto aver paura? Con te al fianco, mi sarebbe stato impossibile averla! Si è trattato esclusivamente di una casuale insonnia, una di quelle che ci sorprendono all'improvviso, quando meno ce l’aspettiamo! In quel caso, non ci resta che accettarla con pazienza, senza scomporci neppure un poco o piangerci sopra. Non è forse così che si fa in una simile circostanza? Io penso di sì!»

«Ti comprendo, Tionteo. L'importante è che, durante le tue ore insonni, non ti abbia importunato anche qualche fantasma! In quel caso, sul serio ci sarebbe da preoccuparsi parecchio per te! Ma sono convinto che almeno esso non ci sarà stato a darti fastidio! Oppure mi sbaglio?»

«Non ho compreso bene, Iveonte, a cosa ti sei voluto riferire poco fa, a proposito dei fantasmi. Comunque, se ti affermassi che stanotte mi è capitato di vederne uno, intanto che tu e Speon dormivate, mi crederesti per davvero? Ma dubito che questa sarebbe la tua reazione!»

«Puoi dirlo forte, Tionteo, che non ti darei retta! A meno che non sarà stato un vero incubo a fartelo vedere come se fosse vero! Gli spettri non esistono, poiché essi rappresentano unicamente dei prodotti mentali di persone facili a suggestioni oppure non completamente sane di mente! Ecco come la penso io! Perciò facciamo a meno di parlarne!»

«Invece stanotte mi è capitato di scorgerlo veramente, Iveonte! Ti posso assicurare che non si è trattato né di un incubo, visto che non dormivo, né di una suggestione. Io ero del tutto sveglio ed esso, che si trovava a poca distanza da me, era reale!»

«Allora scommetto, Tionteo, che è stata un’avvenente fanciulla ad apparirti questa notte! Altrimenti, non si spiegherebbe la tua lunga insonnia! Devo dedurre che tu, anziché dormire come noi, sei rimasto ad ammirarla per tutte le ore della notte!»

«È stato proprio così, Iveonte! Ma mi dici come fai a saperlo? Trovo strano il fatto che tu ne sia a conoscenza! Non eri mica sveglio pure tu stanotte, per cui l'hai scorta allo stesso modo mio? Ti prego di essere sincero con me su tale fatto, amico mio!»

«Mi chiedi come faccio a saperlo, Tionteo? La cosa è molto semplice. In una simile circostanza, ad un uomo, il quale non vede una donna da parecchio tempo, può apparire soltanto una graziosa ragazza che lo invita ad andare con lei, magari con modi suadenti. Per questo evita di congetturare che anch'io potessi essere sveglio a quell'ora di notte! Se lo vuoi sapere, mi sono fatto unicamente guidare dalla logica!»

«Iveonte, ella mi ha perfino invitato a seguirla, come tu hai supposto; ma non so riferirti assolutamente se per un incontro galante oppure per qualcos’altro. Comunque, sono persuaso che non eri sveglio, mentre scorgevo il mio fantasma, siccome tu e Speon non la smettevate l'uno di ronfare e l'altro di russare. Anzi, adesso che ci penso, insieme formavate un duetto bene assortito: tu come basso e lui come baritono!»

«Mi dici, Tionteo, perché mai hai rifiutato il suo invito e l’hai lasciata andare da sola? Un cavaliere gentiluomo non si comporterebbe mai come hai fatto tu durante questa nottata, se devo muoverti un appunto! Perciò avresti dovuto seguirla ed appagarla secondo il suo desiderio!»

«Pure questo è vero, Iveonte! Mi sembra che tu abbia assistito proprio ad ogni cosa che mi è capitata nelle ore notturne! Vuoi ancora farmi sospettare che tu non dormissi e che il vostro concertino fosse soltanto una finzione? Ma mi rendo conto che ciò è senz’altro da scartarsi, non potendo essere possibile un fatto del genere!»

«Certo che dormivo, Tionteo; né intendo farti pensare altrimenti! Sei stato tu a farmelo immaginare, quando ci hai riferito che non hai compreso cosa ella volesse realmente da te. Invece, se tu l’avessi seguita, adesso potresti raccontarci anche perché la ragazza ti aveva invitato ad andare insieme con lei! Non è forse così?»

«Non hai affatto torto, amico mio. Anzi, sono stato uno sciocco a non pensarci prima! E poi, se ho evitato di seguirla, è stato perché la fanciulla mi è apparsa vuota dentro, cioè senza un proprio corpo materiale. Mi sai dire a cosa mi sarebbe servita una come lei, la quale era costituita di solo spirito? Caso mai avrei avuto bisogno di una donna reale, con tutti i suoi attributi concreti, quali sono appunto il suo corpo e le sue forme, quelle che esprimono il massimo di sé e ti fanno venire davvero la voglia di averla tra le braccia e di fare l’amore con lei!»

«Adesso che ci penso, Tionteo, non hai affatto torto. Se l’avessi trovata come mi hai fatto presente, anch’io avrei agito come te ed avrei fatto a meno di accettare il suo insistente invito! Perciò hai fatto benissimo a non seguirla e a farla andare per i fatti suoi!»

«Sono convinto, Iveonte, che tu non credi ad una sola parola di quanto ti ho riferito sull'apparizione della ragazza, la quale è avvenuta la notte appena trascorsa. Si vede chiaramente che la consideri una mia pura esperienza onirica. Ma non fa niente, se la pensi in questo modo!»

«In ciò hai proprio ragione, Tionteo! Solo se tu mi avessi detto di averla vista in pieno giorno, in quel caso avrei potuto fare un piccolo sforzo e crederti senza esitazione. Difatti, se ella è uno spirito reale, non avrà difficoltà a mostrarsi a te anche alla luce del sole, come ha fatto nella nottata trascorsa. Te lo posso garantire!»

«Forse è come affermi tu, Iveonte. Ma ti prometto che, se un fatto di tale sorta dovesse ancora accadermi, ti sveglierò e te ne informerò immediatamente. Dubito però che un tale fenomeno possa succedermi di nuovo. Per questo è meglio, se non ne parliamo più!»

«Anch'io, Tionteo, sono del parere che una simile eventualità non si avvererà mai più. Sono pronto a scommettere qualunque cosa! A meno che ella non sia una dea che abbia deciso di interessarsi a te per una ragione qualsiasi! Comunque, dubito anche di quest’altra mia ipotesi!»

«Davvero lo dici, Iveonte?! Possibile che una dea si metterebbe a corteggiare me, che sono un essere umano? A mio avviso, affermare una cosa di questo tipo è più assurdo che credere nei fantasmi! Tu puoi pensarla nel modo che ti pare, amico mio, ma questa è la mia opinione, a tale riguardo! E giammai riuscirò a pensarla diversamente!»

«Sappi, Tionteo, che le divinità sono esseri reali. Gli spettri, invece, fanno parte della fantasia di quegli uomini, i quali si presentano con una mente facilmente suggestionabile. Nessuna persona estinta può resuscitare, neppure sotto forma di fantasma, come tanti sostengono! Una volta che siamo morti, ti garantisco che non possiamo più essere vivi in alcun modo e in nessuna forma! Tienilo bene a mente!»

«Vuoi spiegarmi, Iveonte, perché una dea dovrebbe scegliere me e non te, che sei un eroe, anzi il più grande degli eroi esistenti sulla terra? Avanti, dai una risposta qualsiasi a questa mia logica domanda, se sei in grado di darmene almeno una che sia convincente!»

«Per il semplice fatto che io potrei già essere impegnato con un’altra dea. In questo caso, Tionteo, la tua dea per nessuna ragione si permetterebbe di fare un affronto o uno sgarbo a quella che già mi protegge! Ti ha soddisfatto questa mia risposta?»

«Parli, Iveonte, come se ciò che asserisci corrispondesse al vero! Ma io non sono così stupido da crederti sul serio! Ad ogni modo, se ripenso a talune cose che ti sono accadute in passato, amico mio, potrei anche essere tentato di prendere per oro colato quanto hai asserito poco fa. Insomma, Iveonte, vuoi dirmi se hai davvero una dea come tua amante? Se non ti dispiace, vorrei proprio apprenderlo! Probabilmente, sarei uno stupido a credere che tu me lo diresti, nel caso che fosse vero!»

A quel punto, il giovane eroe decise di troncare immediatamente la discussione, allo scopo di eludere la risposta che avrebbe dovuto dare alla nuova domanda dell'amico terdibano. Per questo, anziché soffermarsi a rispondergli con sincerità, egli preferì rivolgersi a lui e all'altro suo amico, che era Speon, dandosi ad esclamare ad entrambi:

«Mi sembra, amici, che qui stamattina le chiacchiere stiano abbondando più del dovuto. E anche scioccamente! Eppure ci attende ancora parecchio lavoro di ricerca, prima che riusciamo a ritrovare la strada maestra! Quindi, dopo aver fatto una veloce colazione, ci rimetteremo alla sua ricerca, senza perdere altro tempo!»

Tionteo comprese subito che l’amico non intendeva essere costretto ad affrontare un argomento che non gli andava. Con molte probabilità, non lo gradiva, solo perché c'era del vero nella faccenda dell’amante divina. Per questo, rinunciando ad insistere su di esso, il giovane accondiscese a quanto egli aveva espresso qualche attimo prima.


La ripresa delle ricerche cominciò in una radura ben ventilata e si seguiva un percorso che, a detta del sagace Iveonte, avrebbe dovuto rivelarsi perpendicolare alla strada maestra. Perciò, se l’alluvione non fosse giunta anche nel punto di intersezione del loro percorso e non l’avesse ricoperta con i suoi sedimenti trasportati, prima o poi, essi avrebbero dovuto incontrarla. Ecco perché si procedeva a spron battuto in quella direzione. Ma sebbene avessero seguitato a galoppare in quel senso per alcune ore, a mezzogiorno i tre perlustratori non erano ancora riusciti ad intersecare la via maestra ipotizzata. Allora fu deciso di effettuare la pausa del pranzo, la quale, nel medesimo tempo, li avrebbe fatti anche ristorare e riposare. Scelto così l'angolo giusto per consumare il loro pasto e per godere di un buon riposo, Iveonte, Tionteo e Speon si adoperarono per effettuarvi entrambe le cose. Quindi, smontati da cavallo, essi si sistemarono sul tappeto d’erba situato all’ombra di un gigantesco acero. Il quale, con la sua amplissima e folta chioma, dispensava in quel luogo da loro scelto una modesta frescura.

I tre giovani amici si erano appena seduti, allorché si accorsero che gli otri erano completamente privi di acqua. Per fortuna, poco prima avevano incontrato sul loro tragitto un ruscello, il quale gli poteva permettere di rifornirsene in gran quantità e in brevissimo tempo. Comunque, fu Tionteo ad incaricarsi di eseguire il rifornimento del prezioso liquido da bere, recandosi sul posto dove in precedenza esso era stato visto scorrere con la sua acqua fresca e cristallina. Il Terdibano, una volta raggiunto il piccolo corso d’acqua, volle prima dissetare sé stesso e il suo cavallo. Solamente dopo egli badò a riempire gli otri vuoti. Quando infine ebbe sistemato i recipienti di pelle sul proprio cavallo, Tionteo vi salì anch’egli sopra per ritornarsene al più presto presso gli amici. Essi, infatti, non vedevano l’ora di bere il prezioso liquido, dovendo dissetarsi e favorire l'ingestione del cibo.

Fu a quel punto che gli ricomparve di nuovo davanti la larva della medesima fanciulla, che gli aveva fatto visita durante la scorsa notte. Adesso ella gli sorrideva, mentre gli si mostrava con atteggiamenti garbati e gentili. La medesima, presentandoglisi con una immagine più sbiadita di quella notturna, gli manifestava il bisogno di trascorrere qualche ora insieme con lui, volendo parlargli e sfogarsi di qualcosa che la opprimeva dentro. Allora, visto che il suo spettro continuava a mostrarglisi in quel modo, Tionteo, mosso a pietà di lei, si affrettò a chiederle:

«Vuoi dirmi chi sei e che cosa vuoi da me, dolce fanciulla? Come mai te ne vai vagando priva del tuo corpo? Non mi dire che sei una dea, la quale ha voglia di prendersi cura di me! Se lo vuoi sapere, giammai crederei a delle parole simili, se uscissero dalla tua bocca!»

«Non sono un essere divino, come posso apparirti, simpatico Tionteo. Invece rappresento una creatura sventurata, la quale ha bisogno di un aiuto che nessuno può darle! Ma tu non puoi comprendere!»

«Come fai a conoscere il mio nome? Già, lo avrai sentito di sicuro dai miei compagni, mentre mi chiamavano o conversavano con me! Ma prima di trasmetterci altro, vorrei sapere come ti chiami, poiché così mi troverò meglio a rivolgermi a te, chiamandoti con il tuo nome.»

«Tionteo, puoi chiamarmi Arsia, quando ti rivolgi a me. Ritornando poi a noi due, sono tante le cose di cui vorrei parlarti, se hai da dedicarmi un po' del tuo tempo! Allora sei disposto ad accontentarmi?»

«Adesso non se ne parli nemmeno, Arsia, perché i miei amici stanno aspettando il mio ritorno con l’acqua, per cui non ho tempo di stare qui ad ascoltarti. Potresti però dare delle risposte alle mie prime domande. Inoltre, se si tratta di una cosa breve, vorrei conoscere qualcosa che ti riguarda. Allora inizi a riferirmi quanto ti ho appena chiesto?»

«Come hai immaginato, Tionteo, ho appreso il tuo nome dai tuoi amici, quando ti chiamavano. So pure che loro due si chiamano Iveonte e Speon. Io appartengo al popolo degli Stucos. In riferimento alle altre due risposte, esse richiedono molto più tempo. Perciò potrò dartele, dopo che ci saremo appartati nella caverna qui vicina. Allora sei disposto ad avere un incontro con me, anche se non proprio in questo momento? Lo lascio decidere a te, se e quando vorrai. Quindi, posso contarci?»

«Mi chiedi una cosa impossibile, Arsia, per un semplice motivo. Il tuo invito potrebbe celare qualche trappola. In tal caso, se decido di venirci dopo pranzo, sappi che non ci verrò senza la compagnia del mio amico Iveonte. Con lui presente, non potrò assolutamente temere alcunché di brutto. Ti sta bene così, simpatica ragazza?»

«Certo che mi sta bene, Tionteo! Con te puoi portare non solo Iveonte ma anche Speon, poiché essi per me non costituiscono alcun problema! Dal momento che non ho intenzione di tendervi alcuna insidia, posso parlare in presenza di tutti e tre senza difficoltà. Anzi, nel mio stato non potrei far del male neppure ad un moscerino. Comunque, vi parlerò di ogni cosa nell'antro dove dovrà esserci il nostro incontro.»

«Mi palesi, Arsia, la ragione per cui non vieni adesso insieme con me e ti presenti anche ai miei due compagni? In quel posto, potremo parlare all’aria aperta, senza esserci necessità di andare a rinchiuderci dentro un luogo tetro per scambiarci qualche parola! Vuoi chiarirmi questo particolare, che mi riesce difficile comprendere?»

«Invece ci sono due ragioni, Tionteo, se agisco così. In primo luogo, non posso trattenermi più a lungo all’aperto per non venire scoperta. Se ciò avvenisse, per me sarebbero guai molto seri. Perciò dobbiamo parlare dove nessuno ci possa vedere. Così non metterò a rischio neppure le vostre esistenze! In secondo luogo, al buio posso essere vista meglio da voi, ossia più nitida e meno sfocata di come mi scorgi adesso.»

«A tale riguardo, Arsia, devi tenere a mente una cosa: nessuno può arrecare del male al mio amico Iveonte! Invece sono tutti gli altri che lo devono temere, se osano provocarlo in un modo qualsiasi! Quindi, ti invito a non temere per noi nemmeno lontanamente! Ti sono stato chiaro, a tale proposito? Mi auguro proprio di sì!»

«Se è vero quanto affermi, Tionteo, allora la presenza del tuo amico nella caverna sarà indispensabile. Perciò vi aspetto tra un’ora esatta nel luogo che tra poco ti mostrerò. Lì parleremo con comodo, senza essere sorvegliati dagli occhi indiscreti, ai quali mi sono riferita poco fa. Devi sapere che essi possono controllarci, pur senza stare in loco, siccome sono in possesso di strumenti speciali in grado di permetterglielo.»

Alla fine, dopo essersi fatto indicare dalla smaterializzata ragazza la caverna in cui sarebbe dovuto avvenire il loro futuro incontro, Tionteo se ne ritornò presso i suoi amici assetati. Lì, dopo essersi scusato con loro del lieve ritardo, il giovane gli raccontò ciò che gli era successo presso il ruscello. Allora, dopo che l’amico ebbe terminato il suo racconto, Iveonte non si esimette dall’asserirgli:

«Quindi, Tionteo, questa notte non avevi visto la ragazza in sogno; ma la sua apparizione è stata del tutto reale. Ciò mi obbliga a farti le mie scuse, per non aver dato al tuo resoconto della notte la giusta considerazione. Ma devi convenire con me che chiunque, sentendo parlare di un essere con le caratteristiche di Arsia, sarebbe portato a ritenerlo il frutto di un sogno e non di un fatto reale. Inoltre, a proposito di lei, adesso sono convinto che non si tratta dello spirito di una defunta!»

«Te ne do atto, Iveonte. In un certo senso, anch’io mi ero persuaso che avevo vissuto una visione onirica, considerato il modo di essere e di manifestarsi della ragazza. Soltanto poco fa, mi sono dovuto ricredere. Tu, amico mio, cosa pensi di lei, adesso che Arsia, in un certo senso preoccupata, mi si è presentata anche di giorno, pur manifestandosi con le caratteristiche di uno spirito? Vorrei conoscere il tuo esatto giudizio sull’intera sua vicenda, dopo aver appreso da me i suoi primi dettagli.»

«A dirti la verità, Tionteo, resto senza parole. Non avrei mai immaginato realmente esistente uno spirito, il quale se ne va in giro in pieno giorno! Comunque, saprò dirti di più sulla ragazza, dopo che mi sarò incontrato con lei di persona. Per il momento, resto della convinzione che ti ho espressa prima, anche se è meglio rimandare i nostri giudizi su questo fantomatico essere, dopo che da parte nostra ci sarà stato l’incontro che lei ci ha richiesto.»

«Sono d’accordo con te, Iveonte. Una volta che avremo conversato con la ragazza ed avremo appreso quanto ella desidera farci conoscere su di lei, ci sarà più facile giudicarla senza il minimo errore! Dunque, aspettiamo che si verifichi tale evenienza, prima di pronunciarci sulla sconosciuta senza il minimo errore! A tra poco allora!»

Dopo aver pranzato in quantità soddisfacente ed avere spento ogni residuo di fuoco, ad evitare di causare qualche incendio nella zona, i tre amici si condussero in fretta alla caverna nota soltanto a Tionteo. Essi desideravano essere puntuali all’appuntamento che il Terdibano, a nome di tutti e tre loro, aveva preso con il misterioso spettro di donna da lui incontrato. Giunti poi davanti al suo ingresso, essi entrarono senza esitazione nell’interno della profonda e buia cavità, dove trovarono la fanciulla, la quale già li stava aspettando con una certa trepidazione. La sua immagine, presentandosi svuotata di ogni consistenza materiale ed emettendo una vivida luminescenza azzurrognola, faceva uno strano effetto ai tre giovani, mentre la osservavano. A quella visione, essi non si rendevano conto come ciò potesse accadere. Poco dopo la ragazza, che prima aveva tirato un sospiro di sollievo nel vederli presentarsi all’appuntamento, rivolgendosi a loro tre, incominciò a dire:

«Grazie, forestieri, per essere venuti in questo luogo! Innanzitutto, mi scuso con voi per il posto che ho scelto per la nostra conversazione. Due motivi importanti mi hanno costretta ad invitarvi qui, anziché all’aperto. Il primo concerne la mia essenza spirituale, la quale, alla luce del sole, può dissolversi e sparire agli occhi delle persone normali. Il secondo riguarda la mia sicurezza, considerato che fuori potrei essere sorvegliata da coloro che hanno trasformato l’intero mio popolo in esseri privi di ogni concretezza, smaterializzandoli. Se mi vedessero parlare con voi, prima punirebbero me e dopo se la prenderebbero anche con voi. Dovete sapere che essi ci hanno proibito di mostrarci a quei forestieri che capitano dalle nostre parti. Ci hanno diffidato dal farlo, pena la fine anche della nostra attuale forma di esistenza, quella che essi ci hanno imposta con l’inganno, tradendo la nostra buonafede!»

«Posso sapere, gentile fanciulla,» le chiese allora Iveonte «chi sono i vostri oppressori e come hanno fatto a ridurvi in una specie di larve umane? In verità, ciò mi sembra un fatto incredibile e non me lo sarei mai aspettato! Allora sei pregata di dirci ogni cosa su di loro!»

«Prima di risponderti, Iveonte, ho da premettervi quanto adesso vi riferisco. Siccome sapete che il mio nome è Arsia e che anch’io conosco i vostri nomi, in seguito sarà meglio che ci chiamiamo con essi in questa nostra conversazione. In tal modo, ci sentiremo più a nostro agio nello scambiarci le rispettive vedute e nel trasmetterci i vari nostri pareri. Non ne sei convinto anche tu, giovane aitante?»

«Hai perfettamente ragione, dolce Arsia. Durante la discussione che sta per esserci tra di noi, non mancheremo di attenerci a quanto per obbligo ci hai proposto. Per questo adesso puoi andare avanti a soddisfare le domande che ti ho rivolte. Soltanto così dopo vedremo cosa possiamo fare per te e per il tuo popolo ridotto così male! Ti garantisco che ascolteremo attentamente il tuo racconto!»

Invitata da Iveonte a raccontare ogni cosa sulla sua gente e su coloro che la vessavano con spietatezza, Arsia diede subito il via alla sua narrazione, la quale, come tra poco constateremo, metterà a nudo una terribile realtà, che mai avremmo creduto potesse avverarsi. Essa, per il suo contenuto altamente drammatico e fortemente invitante alla commiserazione, senza meno ci si presenterà terrificante ed angosciante in modo tale, da mettere a dura prova l’intera nostra sfera emotiva.