308-I CONTINUI MASSACRI DI TOUK ALLARMANO NERPUS
Touk, avendo galoppato l'intera mattinata con un'andatura non sempre sostenuta, era pervenuto nella Valle senza Tempo, quando il sole aveva raggiunto la sua massima altezza. In quel momento, i morsi della fame avevano iniziato a farsi sentire, allorché aveva avvistato sul suo lato destro una fattoria. Allora aveva deciso di raggiungerla, intenzionato a chiedere ai coloni che l'abitavano un pasto per sfamarsi. Il nobile guerriero, una volta nella casa colonica, non aveva dovuto ricorrere all'uso della forza per avere da mangiare, siccome la coppia di contadini che vi aveva trovata si era dimostrata disponibile ad ospitarlo e a far fronte al suo grande appetito. Tra quelli che erano seduti a tavola, i quali non superavano il numero di tre, non c'era stato alcun tipo di discorso; però non erano mancati nel loro atteggiamento vari gesti di cordialità e alcuni sorrisi sinceri. Questi erano serviti almeno ad attenuare l'apparente clima di freddezza, che era venuto ad instaurarsi tra di loro, fin da quando lo sconosciuto si era presentato ai padroni di casa.
Dopo circa un'ora, Touk stava per alzarsi da tavola e ringraziarli, poiché aveva stabilito di togliere il disturbo, allorquando era provenuta dal difuori una gazzarra indiavolata. A tale baccano di persone, i due giovani contadini e il loro ospite all'istante si erano riversati all'esterno del modesto fabbricato. Così vi avevano scorto un centinaio di soldati mornutesi, i quali stavano appena smontando da cavallo. Era loro intenzione fare irruzione nella casa colonica, farvi razzie e magari anche stuprarvi le donne, come erano abituati a fare nelle loro scorrerie. Dal canto suo, il formidabile guerriero, subito dopo averli scorti, aveva stabilito di tarpare le ali alle azioni illecite che essi si preparavano a compiere a danno dell'impaurita famigliola. In un attimo, perciò, li aveva assaliti con la furia del ciclone e si era dato a strapazzarli come fuscelli in balia della sferzante tempesta. Anzi, lo si era scorto imperversare su di loro con colpi fulminei, con movimenti scattanti e non intercettabili, con infilzature inattese ed invisibili, oltre che con assalti improvvisi ed imprevedibili. Soprattutto li aveva assaliti con balzi tigreschi, che sopprimevano la vita, senza pietà e senza esitazione. Al termine della sua furia scatenata, che era durata all'incirca un quarto d'ora, tutti i soldati mornutesi giacevano al suolo trafitti a morte, con gli sguardi che si proiettavano nel nulla eterno, dopo avere superato la loro fase di terrore.
Una volta consumata l'immane strage, Touk, facendosi dare una mano dal contadino, aveva caricato i numerosi cadaveri sui loro stessi cavalli, sistemandoli sulla loro groppa in posizione prona, ossia con le due gambe penzolanti da un lato e con la testa e le braccia dall'altro. Legate poi le bestie in fila indiana, egli le aveva portate via con il loro carico di morte. Si era arrestato soltanto presso l'orlo di un profondo precipizio, che egli già aveva notato poco prima, a breve distanza dalla casa colonica. In quel luogo, dopo aver mozzato la testa a ciascuna salma, aveva gettato i tronchi dei soldati decapitati nella profonda cavità. Infine, servendosi di un legaccio di vimine, il cavaliere vendicatore aveva legato la chioma di ogni testa mozza al collo del rispettivo cavallo. Al termine anche di quella seconda operazione disgustosa, Touk aveva guidato le bestie equine per un buon tratto di strada, precisamente fino a quando non era giunto in vista della città. A quel punto, egli le aveva spinte al galoppo in direzione di essa, perché se ne ritornassero da sole alla ciclopica costruzione di pietra. Quando infine le bestie l'avevano raggiunta, dall'interno era stato subito aperto il portone per farle entrare con il loro carico di teste umane, che pendevano dal loro collo.
Il raccapricciante spettacolo offerto dai cavalli si era rivelato una sgradita sorpresa per tutti gli abitanti di Ramnek; però esso era risultato ancora più preoccupante al loro capo Nerpus. La decapitazione dei suoi cento soldati lo aveva fatto ritornare con la mente al turpe misfatto, che molto tempo addietro egli aveva ordinato ai suoi soldati a danno dei mille Bankur suoi ospiti. Allora, intanto che se ne rammentava, aveva considerato quell'episodio un chiaro atto minatorio. Perciò dopo egli appariva più intimorito che risentito. Anzi, finì per perdere la trebisonda e il controllo delle proprie manifestazioni emotive, le quali parvero essere saltate. Secondo il capo dei Mornut, per uccidere cento dei suoi soldati, gli avversari perlomeno dovevano essere stati il doppio, ossia duecento. Ciò voleva dire che bisognava dare la caccia ad un gruppo di forestieri formato da altrettanti soldati, se non di più. Inoltre, considerato il tipo di mutilazione arrecato ai loro corpi, di certo non si trattava di fuorilegge dediti a ruberie o ad altro di illegale. Punendoli con la decapitazione, qualcuno aveva voluto fargli giungere l'evidente monito che la sua vendetta nei suoi confronti era appena iniziata.
Ma chi poteva avere interesse a vendicare i mille Bankur, che egli aveva fatto decapitare molti anni addietro nel suo villaggio, se non qualcuno che si fosse sentito offeso personalmente da quel massacro da lui ordinato? Poi, facendo scorrere i molteplici ricordi nella sua mente, si era ricordato che l'ultimogenito del primiur Sartok, cioè Temos, era sfuggito alla carneficina fatta eseguire nel suo palazzo. Per questo, essendo il terzogenito del defunto capo dei Bankur divenuto il principale indiziato, egli aveva incominciato a farlo ricercare dappertutto, sebbene il primo indiziato non avesse alcun volto. Comunque, le varie perlustrazioni operate nella zona dai suoi soldati non avevano dato alcun risultato concreto, siccome nessun gruppo di uomini equivalente a quello a cui davano una caccia spietata era stato avvistato in qualche parte della valle. Durante le loro ricerche, però, non erano mancati altri episodi analoghi al primo tra i soldati che vi erano impegnati. Per cui si erano visti ancora rientrare in Ramnek dei cavalli senza cavalieri, i quali portavano appesa al collo le teste tronche dei loro ex cavalcatori. Allora quegli episodi avevano fatto accrescere di più la preoccupazione di Nerpus; anzi, lo avevano spinto a trincerarsi dietro stuoli di armati perfino all'interno del proprio palazzo, volendo evitare delle brutte sorprese.
Oramai erano già cinquecento i soldati che erano andati incontro alla medesima morte, ossia trucidati e decapitati, che il capo dei Mornut continuava ad attribuire allo stesso gruppo di ribelli. I quali, seguendo il solito rito, gli avevano rimandato indietro le sole teste di quanti erano stati assaliti ed uccisi. Quelle morti, visto che seguitavano ad esserci mediante decapitazione, lo avevano reso alquanto nervoso, nonché suscettibile e permaloso. In un certo senso, poteva affermarsi che Nerpus era divenuto perfino insofferente della propria ombra. Anzi, tali uccisioni gli avevano perfino reso il sonno agitato e inframmezzato da incubi spaventosi, durante i quali egli veniva assalito da centinaia di teste private del loro tronco. Esse, dopo essersi avvicinate a lui, gli indirizzavano torvi sguardi e gli facevano anche degli antipatici sberleffi, terrorizzandolo come non lo era mai stato e procurandogli una insonnia terribile.
Nel frattempo dove era finito Touk? Di sicuro non aveva lasciato la Valle senza Tempo, siccome la sua vendetta era appena alla sua fase iniziale. Eliminati e mutilati alla stessa maniera già cinque centinaia di soldati mornutesi, adesso il figlio adottivo di Oksur andava cercando il modo di entrare nella fortezza senza destare sospetti. Infatti, le guardie, che erano addette alla sorveglianza dell'ingresso e dell'uscita della gente, avevano ricevuto l'ordine categorico dal loro capo di lasciar passare soltanto i suoi soldati. Alla fine Touk era riuscito ad infiltrarsi in uno dei drappelli di cavalleggeri che era stato inviato per l'ennesima volta a perlustrare le campagne circostanti la città e ne stava ritornando dopo la sua lunga perlustrazione. Avendo ucciso l'ultimo di loro senza farsene accorgere dagli altri, ne aveva poi indossato l'uniforme. Così, frammisto agli altri, era potuto entrare liberamente nella fortificata cittadella del suo nemico giurato. Avvenuto così il suo ingresso in città, egli si era dato a studiare il modo di riuscire ad avvicinare la moglie e i figli di Nerpus per decapitarli, come aveva fatto prima con i suoi soldati. Secondo il rapporto del mago Giroz, i Bankur decapitati nel sonno erano stati i suoi due genitori e i mille soldati che li avevano scortati. Per questo anch'egli doveva privare della loro testa altrettanti Mornut, oltre che il numeroso nucleo familiare di Nerpus. Esso era composto da ventidue membri, dato che la prole del capo mornutese era formata da venti figli. Allora, con un paziente e meticoloso lavoro, Touk era stato in grado di individuarli tutti, appuntandosi nella sua memoria fotografica le loro abitazioni e le loro abitudini. Quindi, secondo i suoi calcoli, gli restavano da decapitare ancora cinquecento soldati e i ventidue membri della famiglia dell'odiato assassino dei suoi genitori e dei suoi fratelli.
Mentre i giorni trascorrevano come al solito, l'imbattibile guerriero non aveva smesso di assottigliare il numero dei soldati con incursioni notturne, irrompendo all'improvviso nel luogo dove un drappello di gendarmi vi faceva la ronda di notte. Con un repentino attacco imprevisto, li spiazzava, ne abbatteva ogni difesa, li attaccava e li colpiva senza alcuna compassione, proprio come se stesse avendo a che fare con bestie da macello. In ultimo, passava a decapitarli con un reciso colpo di spada alla base del collo, poggiando sul petto di ciascuno la relativa testa. Le nuove uccisioni e decapitazioni compiute contro i suoi soldati da Touk, le quali adesso erano cominciate ad esserci nottetempo e nella stessa Ramnek, si erano date ad instillare molto malessere in Nerpus. Egli non riusciva a capacitarsi come avesse fatto l'ingente numero di ribelli a penetrare nella sua città, pur essendo esso così consistente. Ma oramai la crescente quantità dei suoi uomini decapitati continuava ad accrescere e a sconvolgerlo, portandogli via la pace. Ogni giorno, infatti, al mattino gli recavano la notizia che in una strada c'era stato nella notte ancora un numero cospicuo di soldati ammazzati e resi acefali. Ma non era servito a niente, da parte sua, l'aver fatto smettere ai suoi soldati la ricerca dei ribelli all'esterno delle mura, incrementando invece la sorveglianza all'interno di esse. La loro esistenza rimaneva ugualmente avvolta nel più fitto mistero, poiché si era impotenti a rinvenire in qualche parte della città le tracce dei responsabili delle feroci decapitazioni. Nessuno sapeva riferirgli qualcosa su di loro: né chi erano realmente né come si muovevano nelle strade cittadine. Nel frattempo, essi si muovevano, scovavano ed uccidevano, quasi fossero persone invisibili!
Dopo dieci giorni di stragi notturne, il numero dei soldati decapitati finalmente era salito a mille. Soltanto a quel punto, Touk aveva risparmiato uno dei soldati assaliti e lo aveva rimandato a Nerpus con il seguente messaggio: "I soldati bankurini fatti decapitare da te vigliaccamente nel sonno, uomo scellerato ed imbelle, furono mille. Perciò altrettanti soldati mornutesi sono stati sottoposti alla medesima mutilazione punitiva. Adesso, però, tocca ai tuoi familiari subire la medesima sorte, cosa che avverrà molto presto. Dunque, prima che succeda anche a te, prepàrati al tragico evento, dal momento che esso è imminente!"
Ricevuta dal gendarme risparmiato l'ambasciata di colui che gli aveva ucciso e decapitato mille uomini, Nerpus era saltato su tutte le furie. Inoltre, non potendo fare altro, si era scatenato contro i suoi soldati, visto che essi si mostravano incapaci di arginare il gruppo dei ribelli. I quali, come egli si rendeva conto, indisturbati e senza sosta, non smettevano di massacrare i suoi uomini, quando e dove volevano. Infine, dopo essersi arrovellato l'animo ed essersi sfuriato, il capo dei Mornut aveva chiesto al soldato, che aveva fatto da messaggero a Touk:
«Almeno mi sai dire, Stroup, quanti erano più o meno i ribelli che sono stati in grado di trucidare tanti miei soldati, quasi fossero essi dei pavidi agnellini? Te ne sarai pure reso conto, intanto che combattevi insieme con i tuoi camerati contro i vostri infami assalitori!»
«Invece, capo Nerpus, dopo che ti avrò risposto, rimarrai molto deluso. Secondo i tuoi ordini, noi cercavamo un gruppo ingente di nemici. Al contrario, ogni volta è stato sempre un solo guerriero a fare strage dei nostri commilitoni. Egli, dimostrandosi ogni volta una vera macchina da guerra, facilmente ha avuto sempre ragione di loro!»
«Tu farnetichi, buono a nulla, poiché non è possibile che un solo uomo sia stato capace di uccidere mille dei miei soldati, benché a volte essi formassero un gruppo considerevole! Anche durante la scorsa nottata, se non sbaglio, eravate in molti! Mi dici allora come egli ha fatto a massacrare tanti tuoi compagni d'armi senza alcuna difficoltà, come se fossero delle belle statuine? Ecco cosa mi interessa apprendere da te!»
«Stanotte, capo, il nostro drappello si aggirava sulle sessanta unità. Ma il nostro avversario lo stesso l'ha avuta vinta contro di noi. Egli si dimostra qualcosa di fenomenale nel maneggio della spada e del pugnale. Anche i suoi spostamenti terrestri ed aerei, quando combatte, si rivelano qualcosa di incredibile mai visto prima: direi un vero prodigio! In un attimo, balza da una parte all'altra, proprio come se volasse, e così disorienta i suoi avversari. Dopo li fulmina con i suoi colpi, i quali non danno ai loro destinatari il tempo di intercettarli e di pararli. I suoi disgraziati rivali riescono ad avvertirli, soltanto quando i loro occhi si vanno calando nel mondo dell'ignoto e vengono tragicamente meno alla loro esistenza frantumata. Insomma, non avevo mai visto niente di simile in vita mia, per cui giustamente ne sono rimasto quasi scioccato!»
L'apoteosi del misterioso guerriero solitario, che era stata fatta dal suo soldato con trepidazione ed ammirazione insieme, non era garbata al capo dei Mornut, per il qual motivo non aveva voluto rivolgergli altre domande. Anzi, mostrandosi indispettito e collerico al tempo stesso, lo aveva licenziato in tronco, appunto per lasciare sbollire la propria stizza.
In Ramnek, nel frattempo, era giunto il tempo del torneo, durante il quale ogni anno i migliori guerrieri mornutesi si affrontavano e mettevano in mostra le loro capacità combattentistiche. I primi cinque figli maschi di Nerpus ogni volta avevano primeggiato su tutti i loro concittadini, dando così prova di un insolito ardimento e di un valore militare ammirevole. Perciò il loro genitore andava fiero del fatto che essi avessero ereditato dal padre quei pregi che, a suo giudizio, si addicevano ad un vero guerriero. Tra le doti, che egli era riuscito ad inculcare in loro, spiccavano il grande coraggio, una forza straordinaria, la determinazione, la spregiudicatezza, la freddezza in una situazione difficile, l'ottimo uso delle armi, la scaltrezza ed una buona dose di cinismo.
Come si stava riportando prima, durante le suddette competizioni annuali, che spesso finivano per diventare cruente, i figli del capo avevano sempre fatto il pieno di trionfi e di trofei nell'arena. La quale era situata nella parte centrale della fortificata cittadella, la cui cinta muraria aveva un perimetro di cinque chilometri. Questa volta, però, Nerpus era preoccupato per il torneo, essendo convinto che ad esso avrebbe preso parte anche il misterioso guerriero. Egli aveva già dimostrato di essere di gran lunga superiore ai suoi cinque figli campioni, che combattevano sempre in gruppo, nonostante essi fossero rimasti imbattuti in tutti i tornei che si erano svolti in precedenza. Riguardo al torneo, c'è da fare presente che esisteva una legge dei Mornut, quella che neppure il loro capo poteva violare. Secondo la quale, nessun partecipante alle gare poteva essere arrestato e perseguito per crimini da lui commessi prima delle competizioni e durante il loro svolgimento. Inoltre, nell'arena erano permessi sia i colpi bassi che le carognate. Perciò ognuno poteva infischiarsi dell'onore, poiché l'importante era uscirne vincitore, indipendentemente dal modo con cui si procurava la vittoria.
Nel passato, non erano mancati dei casi in cui un duellante, dopo essere stato disarmato e risparmiato dall'avversario, lo aveva poi colpito vigliaccamente alle spalle. Il vile atto era avvenuto, mentre il vincitore ringraziava il pubblico che lo applaudiva, per il suo alto valore e per la sua magnanimità dimostrata verso il vinto. Nell'arena un fatto del genere poteva anche avvenire, poiché presso il popolo dei Mornut, in un certo senso, la legge del torneo garantiva ad ogni partecipante i seguenti due benefici: 1) l'impunità per tutti i suoi reati commessi in passato, la quale era senza limitazioni e partiva fin dalla sua iscrizione al torneo, come pure concedeva l'amnistia degli stessi reati, se fosse uscito vincitore da esso; 2) egli, pur di giungere alla vittoria, poteva ricorrere a qualsiasi mezzo ed assumere qualunque condotta subdola e malvagia nei confronti del proprio rivale. Difatti tale sua condotta era tollerata e perfino lodata da quanti assistevano agli scontri. Quindi, in virtù dei privilegi che gli derivavano da tale legge, Touk poteva benissimo partecipare alle gare del torneo, senza correre alcun pericolo di venire punito per le sue innumerevoli uccisioni passate. Allo stesso modo, poteva darsi a massacrare altri Mornut, sempre senza andare incontro a punizioni. Comunque, egli doveva prima riuscire ad iscriversi alle gare, senza farsi arrestare; altrimenti non gli sarebbe stato possibile avvantaggiarsi di tale preziosa legge del torneo.
I due vantaggi, i quali venivano assicurati ad ognuno dei partecipanti al torneo, avevano messo sul chi va là Nerpus. Costui, per tale ragione, aveva intenzione di sospendere le gare, nonostante esse fossero già in corso di allestimento. Ma prima aveva voluto parlarne con il suo luogotenente Ebriuz e i suoi cinque figli, i quali erano sempre risultati vincitori assoluti nei precedenti tornei. Allora il primo ad opporsi recisamente alla sua proposta era stato il veterano uomo d'armi. Egli, non condividendola, aveva fatto presente al suo capo:
«Se sospendi le imminenti gare, Nerpus, dichiarerai palesemente al tuo nemico che lo temi. Un fatto del genere non si conviene ad un capo di rispetto, quale tu sei e ti sei sempre dimostrato! Inoltre, chi ti garantisce che egli sia l'unico autore dell'uccisione di tantissimi nostri soldati? Secondo me, i loro massacratori potrebbero essere anche più di uno!»
«A dar credito al soldato Stroup, non ci sono dubbi che si tratti di un solo guerriero! Perciò, Ebriuz, a costo di inimicarmi l'intero mio popolo, devo assolutamente far sì che questo torneo nei prossimi giorni non si svolga. Altrimenti, saranno i miei figli a farne le spese, poiché soccomberanno sotto i suoi colpi micidiali! Ne sono certo!»
«Che dici mai, padre? Da te non me lo sarei mai aspettato!» lo aveva ripreso il suo primogenito Ulsep «Dove è finito il tuo valore di prode ed astuto guerriero, il quale in passato non ha mai avuto rivali? Per questo anch'io sono contro la sospensione delle gare!»
«Comunque, padre, nessuno e niente ci potrà vietare di affrontarlo insieme nell'arena, come è sempre avvenuto.» gli aveva fatto osservare il suo secondogenito Delsun «Così gli daremo molto filo da torcere! Non è forse vero quanto ho asserito? Oppure temi che ciò non ci possa bastare ad avere la supremazia sul tuo nemico, il quale adesso è diventato anche il nostro?»
«Figlio mio,» gli aveva risposto il padre «la mia esperienza mi dice che ugualmente il nemico della nostra famiglia vi obbligherebbe a fare la brutta fine, che di sicuro avrà già decretato nei vostri confronti! Il misterioso guerriero, che ritengo sia Temos, il terzogenito di Sartok che sfuggì alla nostra strage, ha già dimostrato di essere un campione senza pari, un vero demone infuriato. Il Bankur sopravvissuto al nostro sterminio è capace di cavarsela, anche quando ha contro centinaia di forti rivali. Ciò dovrebbe insegnare qualcosa a te e ai tuoi fratelli, non essendo voi all'altezza di competere con lui!»
«Nerpus,» era ancora intervenuto Ebriuz «avrei invece una proposta da farti, la quale potrebbe interessarti molto, potendo essa rivelarsi utile a te e ai tuoi cinque figli!»
«Mi dici qual è, Ebriuz? Se essa tende a salvaguardare la mia vita e quella dei miei familiari, allora sbrìgati a farmela, poiché non vedo l'ora di conoscerla e di valutarla!»
«Tu lascerai procedere regolarmente i preparativi del torneo, visto che tutti i Mornut non aspettano altro per uscire dalla loro quotidiana monotonia. Ad esso, però, al posto dei tuoi figli, faremo partecipare altrettanti Kulten, che io stesso mi preoccuperò di invitare a Ramnek. Così, dietro il compenso di una lauta somma in monete d'oro, li faremo intervenire durante le gare contro chi attualmente ti odia a morte. Ma tutti dovranno credere che siano i tuoi figli a combattere contro di lui nell'arena. Questa è la mia idea del momento!»
«Chi sarebbero questi Kulten e dove possiamo trovarli, Ebriuz, per invitarli qui a Ramnek? Già il loro nome mi infonde coraggio e mi invita ad avere un sacco di fiducia! Perciò fammi un rapporto su di loro!»
«I Kulten sono dei guerrieri imbattibili, Nerpus, perché hanno un modo di combattere tutto diverso dal nostro, il quale ne viene superato significativamente. Essi, infatti, operano nell'ombra, usano armi da getto infallibili e mortali, si muovono con l'agilità di un volatile, usano spada e pugnale meglio di tutti gli altri. Quanto alla loro dimora, essa si trova ad un centinaio di miglia da qui, precisamente tra i Monti del Silenzio. Durante la giornata, in quel luogo essi si danno ad esercitarsi in tecniche di combattimento molto sofisticate, con le quali le nostre non hanno niente a che vedere. Quelli che hanno la fortuna di assistere ai loro combattimenti si sbalordiscono e ritengono tali guerrieri dei veri portenti! Allora hai inteso bene le mie parole, che sono state intente a farne l'apoteosi, mio caro Nerpus?»
«Certo che le ho intese bene, Ebriuz! Ma quanti Kulten dovremmo assumere, per essere sicuri di fermare Temos e di sbarazzarci di lui? Non voglio assolutamente correre il rischio che essi falliscano, a causa del loro numero esiguo! Lo sai pure tu che non mi posso permettere di lesinare sulle spese, specie adesso che c'è di mezzo la mia pelle e quella di tutti i miei familiari!»
«Secondo me, Nerpus, uno solo di loro sarebbe già in grado di batterlo e di eliminarlo, come ho fatto presente prima. Ma considerato che la prudenza non è mai troppo, ti consiglierei di assumerne almeno cinque, cioè tanti quanti sono i tuoi figli che dovrebbero prendere parte al torneo. In questo modo, poiché essi sono abituati a combattere con il passamontagna, gli spettatori facilmente li scambierà per la tua prole!»
«Allora, Ebriuz, visto in questi termini, il torneo si svolgerà normalmente. Nelle gare, quindi, saranno i Kulten ad affrontare il mio nemico, al posto dei miei figli. Anzi, se essi accetteranno, li assumerò anche come mia scorta personale, fino a quando il torneo non avrà avuto inizio. Perciò precìpitati subito da loro ed assumine quanti abbiamo stabilito. Dopo farai in modo che essi giungano in tempo in Ramnek!»
In verità, i suoi figli non avevano accolto di buon grado la decisione paterna di farsi difendere da guerrieri mercenari. Secondo loro, non era neanche giusto che essi fossero stati esonerati dal prendere parte al torneo. Comunque, pur protestando nei limiti loro concessi, lo stesso avevano dovuto piegarsi alla intransigente volontà del loro spaventato genitore. Ma il giorno dopo, essendo stato delegato dal proprio capo, nel primo mattino Ebriuz era partito alla volta dei Monti del Silenzio, allo scopo di andarvi a prezzolare i famosi Kulten, che gli aveva promesso. Così, giunto alla loro dimora, prima di assumerli, egli aveva preteso che gli straordinari guerrieri gli dessero un saggio della loro decantata bravura. I Kulten non si erano rifiutati; anzi, con la loro inappuntabile dimostrazione, lo avevano lasciato senza parole, fino a farlo apparire incredibilmente stupefatto. Perciò, dopo avere concordato la paga da corrispondersi a ciascuno di loro per le sue future prestazioni sia di guardia del corpo che di partecipazione al grande torneo, Ebriuz aveva intrapreso il viaggio di ritorno. Con lui viaggiavano pure i cinque formidabili guerrieri da lui assunti in nome del suo primiur.
I Kulten erano sul serio tanto bravi, come il luogotenente di Nerpus li aveva presentati? In verità, Ebriuz non aveva esagerato nei loro confronti, non avendo essi nulla di diverso dai ninja del nostro tempo. I Kulten si dimostravano senza dubbio dei guerrieri eccezionali, al cui paragone anche gli uomini di guerra più valorosi e temerari finivano per risultare dei pivelli, sia nell'uso delle armi che in strategie militari applicate sul campo. Essi indossavano una divisa nera, che era formata da una specie di salopette munita di maniche corte e da un passamontagna. Invece i loro calzari erano leggeri, ma ottenuti con materiale flessibile e resistente, per cui esso gli permetteva di muoversi agilmente su qualsiasi tipo di terreno. Tali straordinari guerrieri eccellevano in ogni forma di combattimento ed usavano armi costruite quasi sempre da loro stessi. Niente e nessuno riusciva ad intimidire oppure a spaventare un Kulten, per la quale ragione non esisteva il pericolo che potesse dissuaderlo da qualche impresa rischiosa, costringendolo a rinunciare al suo obiettivo. Inoltre, egli si era abituato a convivere con la sorella morte, poiché non la temeva nel modo più assoluto e l'attendeva in ogni momento della sua esistenza. I Kulten si spostavano nel loro luogo d'azione con il massimo silenzio e non facevano percepire i loro movimenti dai destinatari delle loro missioni punitive. Agivano furtivamente, colpivano in segreto e senza lasciare tracce di sé, portando a termine il loro lavoro sempre in modo pulito ed impeccabile. Così lasciavano credere che nessuno avesse operato nel recare la morte a qualche persona oppure nel danneggiare qualche cosa. Anzi, facevano credere che fosse intervenuta una natura accorta e misteriosa ad agire al posto loro.
Quando Ebriuz si era presentato a Nerpus con i cinque insuperabili guerrieri, anch'egli aveva voluto assistere ad un'azione dimostrativa delle loro capacità in fatti di armi e di arti marziali, essendosi mostrato assai desideroso di vedere in azione quelli che aveva assunto come sicari a caro prezzo. Così, allo stesso modo che era già successo al suo luogotenente, essi gli avevano fatto una ottima impressione, fino ad entusiasmarlo in modo sbalorditivo. Infatti, il loro modo di combattere aveva destato in lui un entusiasmo enorme, per cui esso gli aveva infuso una immensa fiducia nei cinque Kulten. Per questo aveva voluto assoldarli senza neppure pensarci due volte. Anche parecchio tempo dopo averli visti in azione, il capo dei Mornut andava rivivendo mentalmente la spettacolarità dei loro movimenti distanti dal suolo e dell'impiego delle loro armi da getto o da impugnarsi. Per la qual cosa, aveva stabilito all'istante di assumerli anche come sue guardie del corpo, affinché vegliassero sia di giorno che di notte sulla incolumità propria e di quella dei suoi numerosi familiari, avendone essi molto bisogno.