307°-IL MAGO GIROZ RIVELA A TOUK LE SUE ORIGINI

Dopo aver rinvenuto il piccolo Temos sopra un cavallo ed essersi accertato che la donna da lui creduta sua madre era stata uccisa da sconosciuti, Oksur non aveva esitato a prendersi cura di lui. Così lo aveva portato con sé nella propria dimora, la quale distava parecchie miglia da quel luogo. Egli aveva anche voluto dare un nome al trovatello. Perciò, in memoria del suo unigenito che era morto insieme con la madre suicida, lo aveva chiamato Touk.

L’abitazione dell’eccellente maestro d’armi era formata da una spaziosa ed accogliente capanna, la quale era situata tra i Monti dell’Oblio. Per esattezza, essa era stata costruita in mezzo ad un pianoro, che risultava costituito da un’area per la maggior parte prativa. Invece la zona montana, che la circondava in gran parte, era ricoperta da boschi di conifere. Nei quali crescevano in prevalenza il pino, l’abete, il cedro, il larice; nonché alcuni tipi di cipressi e rari ginepri. In verità, tra quei monti incontaminati, Oksur non aveva condotto una vita interamente dedicata all’isolamento. Poco tempo dopo, infatti, in quel posto aveva rincontrato il mago Giroz, il quale un tempo era stato grandissimo amico del padre putativo Selun. L'esperto di magia era andato a trovarlo di tanto in tanto, sia per scambiare quattro chiacchiere con lui sia per dargli modo di sfogarsi dell’immane ambascia, che ancora si teneva conservata nell’animo. Ad ogni modo, egli continuava a frequentarlo, ma soltanto raramente. Ossia, le sue visite avvenivano, quando altri impegni non lo tenevano occupato e si sentiva anche libero di farlo.

Nutrito fino ad un anno con il latte di capra, in seguito l’alimentazione del piccolo Touk aveva dovuto seguire una dieta più sostanziosa. Perciò essa era stata adeguata alle sue capacità di digerire e di metabolizzare gli alimenti che gli si davano, onde prevenirne talune carenze vitaminiche e minerali. Soltanto a divezzamento avvenuto, il bambino aveva iniziato ad alimentarsi con pasti regolari; ma questi gli erano stati integrati con l’estratto della corteccia di una pianta rara, il quale era stato consigliato al padre putativo dall'amico Giroz. Secondo l’avveduto mago, esso gli avrebbe reso più soda la pelle, più potenti ed adamantini i muscoli, nonché più gagliarde le membra. In quel modo, si sarebbero incrementate nel suo organismo la forza fisica e la resistenza alle fatiche più stressanti. Crescendo con quelle prerogative rafforzate, per Touk erano trascorsi molti anni, durante i quali egli era diventato prima bimbo e ragazzo, poi adolescente e giovane, infine un uomo maturo. Mentre il trovatello passava da una fase evolutiva all’altra della sua vita, Oksur lo aveva allevato in maniera ottimale, seguendolo in ogni istante della sua crescita con una premura e con un affetto da reputarsi davvero lodevoli.

Nel frattempo che gli anni erano trascorsi, il fisico di Touk era divenuto eccezionale, conseguendo una integrità psicofisica senza difetti e rispondente a tutte le caratteristiche richieste da una sanità organica e mentale. L’ottimo maestro aveva curato anche la sua educazione etica ed intellettuale, fino a farne una persona proba e di sani principi morali. Egli lo aveva fatto diventare soprattutto un acuto ed attento osservatore dei tanti fenomeni naturali e dei diversi mutamenti della psiche umana. La ferrea disciplina, la quale aveva caratterizzato la sua crescita, lo aveva reso un uomo costituzionalmente solido e forte; psichicamente, riflessivo e capace di grandi emozioni; intellettualmente, accorto, profondo e scaltro; spiritualmente, ricco e saggio. A completamento della sua formazione, si poteva notare in lui quanto segue: moralmente, era divenuto altruista, virtuoso, incorruttibile ed incline a difendere gli oppressi; ideologicamente, si presentava sostenitore della giustizia ed infervorato da uno spirito democratico. Caratterialmente, invece, si rivelava poco loquace, sprezzante dell’ignavia, pacato ed amante della vita spensierata. Ma l’impronta dell’indomito guerriero era stata trasmessa a Touk dall’apprendimento di un uso ineccepibile delle armi e delle arti marziali. In esse, egli aveva raggiunto una preparazione di massimo livello. Le une e le altre avevano trovato in lui un terreno fertile, per cui le aveva acquisite in maniera perfetta. A tale riguardo, Oksur aveva dovuto riconoscere che, come era avvenuto a lui di mostrarsi nel passato superiore al suo maestro Selun; così adesso anche il suo prodigioso allievo, sebbene in una forma lieve, era riuscito altrettanto a superarlo. Comunque, quel particolare non lo aveva reso affatto geloso. Al contrario, gli aveva procurato un immenso piacere, poiché lo aveva inorgoglito parecchio, essendo stato lui a formarlo così egregiamente. Una sostanziale differenza, la quale si era potuta rilevare tra i due straordinari personaggi, stava unicamente nel modo di concepire la vita. Touk, rispetto al suo maestro, si mostrava più interessato agli altri suoi simili e ai loro problemi; perciò si sentiva maggiormente un paladino degli oppressi. Per il quale motivo, egli aveva giurato a sé stesso che avrebbe sempre orientato la sua condotta verso l’aborrimento di ogni tipo di vizio. Inoltre, avrebbe combattuto tutte le prepotenze e gli abusi che fossero stati perpetrati dai più forti a danno dei più deboli e dei derelitti.

Spesso e volentieri, Touk, in groppa al suo baio purosangue, aveva lasciato il pianoro ed era sceso nella vasta pianura. Nella Valle senza Tempo, spesso gli era capitato di imbattersi in soldati mornutesi, mentre erano intenti a compiere atti di prepotenza e di vessazione nei confronti di qualche famiglia di contadini. Allora egli era intervenuto in soccorso dei poveretti, dando ai prepotenti vessatori la lezione che si meritavano. Così facendo, il giovane si era guadagnata l’immensa stima e la sentita riconoscenza, da parte dei coloni maltrattati. I quali, ogni volta che lo vedevano arrivare, lo accoglievano festosi e lo salutavano come il "Cavaliere senza macchia e senza paura". Ma un giorno che non era potuto andarsene in giro per la verdeggiante vallata, a causa della pioggia che si era messa a tamburellare a dirotto, Touk aveva detto al suo genitore:

«Vuoi spiegarmi, padre mio, perché non ho mai conosciuto colei che mi ha generato? Tu stesso non ti sei mai soffermato a parlarmi di lei! Eppure, in una famiglia normale, come ho avuto modo di rendermi conto nel frequentare i contadini della valle, accanto ad un padre c’è anche una madre a curare i loro figli, siano essi pochi oppure numerosi! Mi farebbe molto piacere che tu mi rispondessi a tale riguardo!»

«Non hai tutti i torti, Touk. Comunque, la risposta è piuttosto semplice: neanche io sono il tuo genitore naturale! Ti trovai tutto solo durante una mia passeggiata, quando avevi meno di un anno. Nelle ricerche da me effettuate, ebbi modo di incontrare una donna massacrata da poco a furia di botte; ma non posso affermarti se ella era stata tua madre oppure la tua nutrice. Quanto al nome che porti adesso, devi sapere che, trovandomi allora nella impossibilità di conoscere il tuo, ti diedi il nome del mio piccolo Touk. Egli mi era stato sottratto da poco dal crudele destino, insieme con la mia sfortunata consorte.»

«Da quanto hai asserito, padre, allora non c’è possibilità che io venga a conoscenza dei miei genitori naturali. Peccato! La qual cosa può soltanto rattristarmi, poiché mi viene vietato di recargli il mio aiuto, se ne avessero bisogno! Non ti sembra che io abbia ragione?»

«Non ti sbagli, figlio mio. Comunque, sarebbe come cercare un ago in un pagliaio, visto che ignoriamo ogni cosa sul loro conto! Perciò ti toccherà rinunciare al tuo generoso intento, il quale ti fa tanto onore!»

«Neanche se ci rivolgessimo al tuo amico mago, padre, potremmo ottenere qualcosa nella nostra ricerca, al fine di avere notizie sulla mia famiglia? Oppure, secondo te, egli potrebbe esserci utile in qualche maniera? Senza meno dovresti già sapere fin dove sarebbe in grado di arrivare la sua modesta magia! Secondo me, possiamo sempre chiederglielo, senza rimetterci alcunché! Non sembra anche a te?»

«Forse sì e forse no, Touk. Ma solamente lui può darci in merito la giusta risposta! Non essendomi mai posto questo problema, poiché rifuggivo dalla magia, non ho neppure avvertito la necessità di chiedergli qualcosa sulla tua vita passata, prima che io ti trovassi. Adesso, però, considerato che ci tieni a risolvere questo tuo rebus, non appena Giroz si rifarà vivo presso di noi, non ci asterremo dal rivolgergli le domande che preferisci fargli. Occorre però attendere la sua nuova visita.»

Il mago era andato a trovarli, una settimana dopo che c'era stato tale discorso fra loro due. Allora Oksur, come promesso al figlio adottivo, aveva approfittato di un momento favorevole postprandiale per darsi a rivolgergli una lunga sfilza di domande. Con esse, egli aveva teso a trargli di bocca ciò che stava tanto a cuore al suo figliolo. Così, senza troppi preamboli, si era messo a fargli presente:

«Anche tu, Giroz, sei al corrente che Touk non è mio figlio naturale, poiché fu trovato da me, quando era molto piccolo. Se un giorno ebbi a dirtelo, sai pure che egli era stato abbandonato in balia di sé stesso da una donna, la quale stava scappando da coloro che poi l’avevano massacrata di botte, fino ad ucciderla. Anche il suo nome, perciò, non si è mai saputo. A quel tempo, invece, egli era da considerarsi un infelice orfano a tutti gli effetti!»

«Certo che me lo riferisti, Oksur, nel nostro incontro che avemmo un mese dopo che ti eri imbattuto in lui! Se ricordo bene, allora eri anche contrario ad informarlo in seguito del fatto che non eri il suo vero padre. Invece adesso vedo che hai reso Touk consapevole che prima egli aveva avuto un’altra famiglia. Mi spieghi il motivo della tua nuova decisione?»

«La sua curiosità, mio caro Giroz, lo ha portato a chiedermi come mai egli non ha una madre, come ce l'hanno tutti i bambini delle tante famiglie contadine da lui incontrate. Allora gli ho risposto che neppure io ero suo padre, raccontandogli così anche come lo avevo trovato. Ma oltre al fatto che egli non è mio figlio naturale, non ho potuto riferirgli niente altro, non conoscendo alcuna cosa del suo passato. Per questo, se è in tuo potere aiutarlo in merito ai suoi genitori naturali, ti chiedo gentilmente di metterti alla loro ricerca. Devi sapere, amico mio, che ciò è quanto egli intende conoscere oggi!»

«Proverò a consultare la mia magica palla di vetro, Oksur, dalla quale potrebbero derivarmi delle notizie utili sulla sua vita trascorsa, cioè prima che tu lo trovassi, e sulla sua famiglia. Per farlo, però, avrò bisogno di una sua ciocca di capelli. Altrimenti non sarà permesso ad essa di avviare la sua ricerca sul conto di Touk. Dal quale, come constato, sei stato capace di ricavare un modello di guerriero davvero inimitabile. Te ne do atto, amico mio!»

«Allora l’avrai senza meno, Giroz. Sarà mio figlio stesso a porla nelle tue mani, dopo che l’avrà tagliata dalla sua folta chioma. Ti raccomando di fare un ottimo lavoro, nel ricercare le sue origini, fino a risalire ai suoi genitori naturali! Sebbene io nutra dei forti dubbi sulla loro salute, speriamo almeno che essi siano ancora vivi!»

Verso sera, dopo essersi fatto consegnare dal giovane un po’ dei suoi capelli inanellati, il mago era ripartito alla volta della propria dimora, la quale era molto distante. Al momento del congedo dall’amico e da suo figlio, egli aveva promesso al giovane che sarebbe ritornato presto con il risultato della ricerca effettuata sulla sua famiglia e su di lui.

Nel frattempo che il mago Giroz non era andato a trovarli di nuovo, Touk si era mostrato più assiduo nelle sue escursioni nella Valle senza Tempo. Girovagando, egli era venuto a sapere della presenza in essa di una mastodontica fortezza abitata dal popolo dei Mornut. Costoro erano riusciti ad impadronirsene mediante l’inganno, uccidendo prima quelli che l'abitavano, i quali erano i Bankur, e poi divenendone i padroni. Del popolo bankurino, i conquistatori avevano risparmiato i soli contadini, poiché essi, oltre a non costituire una concreta minaccia per loro, avrebbero dovuto allevare il bestiame e lavorare la terra per tutti i Mornut conquistatori. Inoltre, una buona porzione di quella brutta faccenda era rimasta sepolta nel più fitto mistero, poiché gli stessi campagnoli non ne erano mai venuti a conoscenza per farlo poi circolare nei dintorni. I poveretti, quindi, non avevano saputo dargli delle indicazioni più conformi al vero sull’argomento da loro accennato. Al loro posto, invece, sarebbe intervenuto il suo amico mago a raccontare quella sporca storia del passato in tutte le sue fosche sfaccettature, fornendogli i tasselli mancanti del mosaico che era in suo possesso.


Dopo un lungo mese di assenza per ragioni ignote, finalmente il mago Giroz si era ripresentato a casa di Oksur, portando con sé le notizie che Touk aveva tanto bramato. Così il suo dettagliato resoconto sui primi sei mesi di vita del figlio adottivo dell'amico, il quale a quel tempo risultava il bambino Temos, era stato il seguente:

"Dalla mia palla di vetro, amici miei, l'amara e tragica verità sul remoto passato di Touk, quello che risale al suo primo semestre di esistenza, è saltata fuori senza difficoltà. In essa, ho visto scorrere anche i vari abominevoli episodi che si sono succeduti, i quali portarono alla distruzione totale la sua sventurata famiglia e il suo tribolato popolo. Nella Valle senza Tempo, per un certo periodo di tempo, due popoli agguerriti si contesero i suoi territori: i Bankur, il cui capo era Sartok, e i Mornut, che erano comandati da Nerpus. I primi abitavano nella loro inespugnabile città di Ramnek; mentre i secondi erano venuti da fuori e lottavano per diventare i nuovi signori della fortezza e della valle. In seguito i due capi addivennero ad un accordo: i Bankur avrebbero permesso ai Mornut di stabilirsi nella Valle senza Tempo e questi ultimi avrebbero rinunciato all’idea di voler scacciare i nativi del luogo dai loro territori. Sembrò che Sartok e Nerpus fossero divenuti anche grandi amici. Almeno così lasciò credere il capo mornutese a quello bankurino. Costui, considerandolo un fratello, iniziò a fidarsi ciecamente di chi credeva un amico sincero, anziché una vipera viscida e velenosa, qual era.

Come suo terzo figlio, Sartok ebbe Temos, ossia quello che per noi adesso rappresenta Touk. In occasione della sua nascita, egli invitò nella sua città l’amico Nerpus, il quale vi partecipò con la moglie Geren ed una sua scorta. Poco dopo anche il capo dei Mornut divenne nuovamente padre, essendogli nata la figlia Eldev. Per la lieta circostanza, anche Nerpus invitò il capo dei Bankur e sua moglie Evaen ai festeggiamenti che dovevano tenersi nel suo villaggio. Per l’occasione, egli ci tenne che Sartok si presentasse alla cerimonia con un migliaio dei suoi uomini, tutti vestiti in pompa magna. Durante il banchetto, però, agli ospiti bankurini fu versato vino drogato, il quale in breve tempo li fece addormentare come ghiri. Così, nella notte, mentre i poveretti erano immersi in un profondo sonno, gli stessi furono disarmati, svestiti e decapitati senza alcuna pietà da quelli che li ospitavano. Il giorno dopo, nel primo mattino, mille guerrieri mornutesi, indossate le uniformi e le armi dei loro ospiti massacrati vigliaccamente, si presentarono davanti alle mura della città. Allora le sentinelle, che erano di guardia alle porte d’ingresso e che si mostravano sveglie per minima parte, scambiandoli facilmente per i loro commilitoni di ritorno dal villaggio dei Mornut, spalancarono le porte ai loro nemici. Dopo di loro vi entrò anche l’intero esercito mornutese, il quale già si era trasferito in precedenza nel vicino bosco. Esso attendeva solo il segnale convenuto per riversarsi nella città bankurina e darsi in essa a ogni tipo di razzia, com'era stato appunto premeditato.

Fu così che, alle prime luci dell’alba, tutti i Bankur di Ramnek furono sorpresi nel sonno e trucidati. La stessa fine fecero anche i due figli più grandi di Sartok; ma ciò non avvenne per il piccolo Temos, poiché la sua nutrice Imbra lo aveva portato via in tempo dalla sua casa. Durante la fuga, la donna, essendosi accorta di essere inseguita da un drappello di soldati mornutesi, sistemò per bene il piccolo sopra il cavallo e fece allontanare la bestia senza una meta. Quando poi fu raggiunta dai Mornut, la poveretta preferì farsi picchiare a morte, anziché riferirgli dove aveva nascosto il piccolo."

Dopo che il mago Giroz aveva terminato di raccontare quanto appreso dalla sua magica palla di vetro, Touk si era adirato immensamente. Ma poi si era infuriato e si era messo a scagliare minacce contro gli autori dell’eccidio della sua famiglia e del suo popolo. Infine, sempre in preda all'ira, aveva affermato con tono deciso:

«Da oggi in avanti, baderò solo a vendicarmi del torto subito dalla mia famiglia e dalla mia gente, da parte dei Mornut. Non permetterò al loro capo Nerpus di farla franca, dopo essersi macchiato di simili crimini efferati a danno dei miei familiari. Anche il popolo mornutese, compreso il loro capo, avrà di che lamentarsi, una volta che mi sarò adoperato per dargli filo da torcere. Giuro a voi, che mi ascoltate, che un giorno mio padre, mia madre, i miei fratelli e tutti i Bankur assassinati saranno vendicati da me!»

Pur di vederlo calmato almeno un poco, allo scopo di farlo ragionare, per primo gli aveva parlato il mago Giroz. Per non fargli commettere qualche follia, egli gli si era espresso con queste parole:

«Senz’altro, Touk, ti è stato arrecato un imperdonabile torto da malfattori della peggiore specie, per cui a ragione parli di vendetta. Ma da solo, sei sicuro di riuscire ad attuare quanto ti sei prefisso? Io non credo che tu, senza qualche aiuto, sia in grado di condurre la tua battaglia contro un intero popolo e vincerla allo stesso tempo. Perciò ti conviene accettare questa mia considerazione in chiave realistica, ossia come un fatto che nasce dalla realtà e non è frutto di un'assurda fantasia!»

«Invece, Giroz, sono convinto che porterò a termine la mia vendetta, per cui sono deciso a condurla avanti fino alla fine. Perciò ti garantisco che nessuno sarà capace di impedirmelo o di dissuadermi da essa!»

«Allora, Touk, se vuoi conseguire degli ottimi risultati, dovrai proporti un unico obiettivo, cioè l’eliminazione fisica di Nerpus; però solo dopo aver sterminato l’intera sua famiglia mediante decapitazione. Prima di ammazzarlo come un cane rognoso, il perfido uomo dovrà piangersi la morte, uno per volta, di tutti i membri della sua numerosa famiglia, ad iniziare dalla moglie. Prima dovrai ammazzare un numero sufficiente di soldati mornutesi. Ti suggerirei di farne fuori la stessa quantità di Bankur che furono decapitati nel villaggio dei Mornut per ordine del loro capo. Perciò, da domani in poi, potrai cominciare a vendicarti nel modo che ti ho suggerito poco fa, se vuoi fare un eccellente lavoro! Ma continuo a dubitare che tu, da solo, possa riuscire nella tua ardua impresa!»

«Dimentichi che ci sono anch’io, Giroz!» lo aveva contraddetto Oksur «Io e mio figlio Touk possiamo tener testa anche ad un intero esercito e provocare la sua disfatta! Se poi volessi darci pure tu una mano, che ci risulterebbe sicuramente preziosa, noi l’accoglieremmo con sommo piacere. In virtù anche dei tuoi sortilegi, dei quali lo renderesti vittima prescelta, il nemico sarebbe sconfitto molto prima! Ne sono certo!»

«No, padre,» gli si era opposto Touk «né tu né il nostro amico prenderete parte alla mia vendetta personale contro i miei nemici. Inoltre, voglio portarla avanti a modo mio! Così sono sicuro che essa darà i frutti sperati. Ti ringrazio per esserti offerto di darmi il tuo validissimo aiuto; ma sono sicuro di bastare da solo, per come intendo condurre la mia guerra privata contro i Mornut e il loro capo Nerpus. Nello stesso tempo, mi dichiaro grato all'amico Giroz, per essersi impegnato egregiamente e con successo a reperire le notizie che gli avevamo chiesto e che io desideravo ardentemente di apprendere!»

«Non voglio contrariarti, figlio mio.» gli aveva risposto il padre adottivo «Se è questo che desideri, intraprendi pure da solo l’iter della tua vendetta. Tanto so che sei all’altezza di poterlo fare, considerata la tua somma professionalità sia nelle armi che nelle arti marziali. Adesso però, prima che me ne dimentichi, voglio chiederti se intendi riappropriarti del tuo vero nome, quello che ti diedero i tuoi genitori naturali. In caso affermativo, anche se mi costerà parecchio la tua decisione presa, dovrò incominciare ad abituarmi a chiamarti con il nuovo nome, poiché esso dopo verrà ad essere Temos.»

«Invece, padre, il mio nome continuerà ad essere Touk per tre motivi: primo, perché mi sono affezionato all’attuale mio nome in modo morboso e non intendo rinunciare ad esso; secondo, il nome Temos non mi piace per niente; terzo, mai farei un torto a chi si è dedicato a me più di un genitore, facendomi da padre e da madre. A tale riguardo, devi sapere che è mia opinione non considerare veraci genitori le persone che mettono al mondo dei bambini. A mio avviso, possono essere dichiarati tali solo coloro che li crescono e ne fanno degli autentici uomini, come tu ti sei comportato nei miei confronti. Infatti, non hai mai smesso di sacrificarti per me e di dedicarmi l'intera tua esistenza, pur di rendermi uguale a te in tutto e per tutto!»

«Ben detto, grande Touk!» pieno di ammirazione, aveva approvato il mago Giroz «Quanto hai dichiarato sul rapporto genitori-figli non può che farti onore, avendo tu parlato con la bocca della verità! Ragionassero pure tutti gli altri figli naturali come hai fatto tu, nel riferirsi ai genitori che li hanno fatti nascere! Soltanto in questo modo, l’umanità sarebbe salva, poiché saremmo certi di attenderci da loro, una volta che si sono fati grandi, degli uomini degni di questo nome!»

Oksur non se l’era sentita di rispondere al figlio adottivo, poiché un nodo alla gola, dovuto ad una forte ed improvvisa emozione, glielo aveva letteralmente vietato. Invece si era lanciato ad abbracciarlo, come se egli fosse sangue del suo sangue e carne della sua carne. Tenendosi poi stretti in un abbraccio intenso, essi si erano trasmessa una carica affettiva incontrollabile e dalle immani proporzioni.

Nei giorni che erano seguiti, Touk aveva incominciato a predisporre i preparativi della sua partenza, la quale avrebbe dovuto condurlo lontano dal padre Oksur, il quale si era prodigato tantissimo per lui. In un certo senso, egli si sentiva quasi in colpa, all’idea di doverlo lasciare a vivere in solitudine, privo di quella sua compagnia che gli risultava affettivamente assai preziosa. Ma il corso della sua vita, purtroppo, non gli lasciava altra scelta; per cui doveva seguirlo, come il supremo destino veniva a proporglielo. Naturalmente, in lui non sarebbero mancati né il rammarico né il cordoglio, a causa della decisione che aveva dovuto prendere. In verità, un pensiero aiutava il giovane ad affrontare il viaggio con molta serenità, il quale lo faceva essere convinto che il genitore adottivo era un uomo dalla tempra adamantina e dal carattere coriaceo. Le quali doti non lo avrebbero fatto abbattere di fronte a qualsiasi avversità della vita, superandola con animo sereno e con grande eroismo. In un certo senso, Touk non aveva tutti i torti a pensarla in quel modo sul conto del padre putativo; però il giovane ignorava una cosa fondamentale. In fondo al suo cuore, quella specie di solida quercia si rivelava assai fragile e facilmente attaccabile dai venti impetuosi soffiati dall’assenza improvvisa di una persona cara, che si amava con tutto sé stesso.

Oksur, in verità, anche se non lo dimostrava, neppure intendeva farlo apparire sul proprio volto, quando il figlio si sarebbe congedato da lui. Nel proprio animo egli si sentiva triste, essendo maltollerante dell’imminente partenza del figlio, la quale per lui sarebbe risultata come se gli avessero asportato un pezzo di sé. L'eccellente uomo d'armi volentieri lo avrebbe accompagnato nel suo viaggio e gli avrebbe offerto il suo appoggio. Così non ci sarebbe stato alcun distacco fra loro; ma avrebbe continuato a tenerselo vicino, a mostrarsi fiero di lui, per essere stato l’artefice della sua formazione. Touk, al contrario, non aveva voluto permetterglielo soltanto per un motivo di orgoglio, nonché per dimostrare a sé stesso e agli altri che egli era in grado di poter fare da solo ciò che voleva, senza il bisogno di avere al suo fianco l'illustre genitore. Costui, perciò, aveva dovuto piegarsi alla volontà del fato. Ma anche se in seguito non ci sarebbe stato il figlio a renderglielo più accettabile e più motivato, com'era avvenuto ogni volta fino a quel momento, si era dato a guardare con minore pessimismo all’ignoto futuro. Esso, però, già cominciava ad affacciarglisi all'orizzonte meno roseo e più offuscato.

Per l’angosciato Oksur, il tempo era trascorso celermente, poiché aveva visto sopraggiungere il giorno della partenza del figlio come un lampo, senza accorgersi degli altri giorni che lo avevano preceduto. Essi gli erano sfuggiti dalla sua conta giornaliera ed era sembrato che non si fossero mai presentati nello scorrere del suo tempo infinito. Ovviamente, egli non lo aveva accolto di buon grado; ma gli si era mostrato avverso nell’animo e nello spirito. Touk, da parte sua, desiderando che quel fatidico giorno giungesse al più presto, lo aveva atteso con ansia e con il livore dentro il suo animo. Per questo, contrariamente all’impressione avuta dal padre, la sua apparizione aveva tirato un po’ troppo per le lunghe, essendosi presentato dopo parecchio tempo. Oramai egli si era già predisposto al suo bel viaggio, il quale lo avrebbe condotto alla vendetta, e non vedeva l’ora di attuarla efficacemente. Così l’ultimo atto della sua permanenza nella casa paterna era stato il forte abbraccio avuto con il suo commosso genitore, dai cui occhi adesso pendevano due calde lacrime, che gli andavano rigando le gote come due strie bagnate. Si era trattato di un abbraccio intenso, possente e assai caloroso quello che c’era stato tra i due insuperabili guerrieri. In quel modo, essi avevano cercato di farlo durare il più a lungo possibile. Avvenuto infine il commovente commiato tra padre e figlio, Touk si era messo in cammino verso la Valle senza Tempo, fortemente intenzionato a dar luogo in essa alla sua tremenda vendetta. La quale avrebbe arrecato ai suoi nemici Mornut terrore e morte, sofferenza e disgrazie, fino a trasformarli in esseri senza più pace e senza più serenità.