305°-L’ACCORDO CHE C'ERA STATO TRA I SOVRANI DI ERBAM E DI TULRES

Ad est dei Monti dell’Oblio, oltre il Bosco degli Inganni, si allungava nel territorio degli Aceski una lunga lingua di mare, la quale era navigabile e sfociava nell’Oceano dei Draghi. Nell’estesa massa oceanica, a molte miglia dalla costa aceskina, sorgeva dalle acque tempestose una vasta isola, che era denominata Kraut. Essa, eccetto qualche isolato rilievo situato qua e là, si presentava pianeggiante e, per la maggior parte, era cosparsa di estese macchie. Da tempo immemorabile, il popolo dei Bruvos e quello dei Cimmuz si erano trapiantati sopra tale isola. Essi di continuo se ne erano contesi il dominio, sebbene la regione insulare avesse una estensione così grande, da poter offrire un confortevole ricetto all'uno e all'altro popolo. A tale riguardo, ciascuno di loro aveva insistito ad asserire che era sbarcato per primo su Kraut; ma non aveva mai potuto esibire delle prove incontestabili che lo comprovassero. Per tale motivo, sovente essi erano ricorsi alle armi, dal momento che ognuno dei due popoli intendeva far valere con la prepotenza la propria tesi. Ogni volta, però, bilanciandosi le loro massicce forze, si erano ottenuti risultati nulli dall’una e dall’altra parte. In verità, seppure raramente, le due etnie insulari avevano conosciuto anche fette di tempo dedicate alla distensione. Grazie alla quale, erano venuti ad instaurarsi tra di loro dei rapporti di tipo diverso, come quelli di ignorarsi a vicenda oppure di sopportazione reciproca. Ma bisogna anche far presente che non erano mancati dei periodi di pace, durante i quali i Bruvos e i Cimmuz si erano confrontati nei tornei a vari livelli, soprattutto in quello attinente alle armi. Così, nel corso delle gare, si era assistito a scontri individuali e collettivi, i quali si erano tenuti alternativamente nell’arena delle due città in questione. A proposito della coppia di tali città, esse avevano per nome Erbam, quella dei Bruvos, e Tulres, quella dei Cimmuz. La prima si distingueva per l’armonia delle sue forme stilizzate; mentre la seconda si caratterizzava per il suo profilo tozzo ed austero. In relazione al numero dei loro abitanti, nei due grandi centri urbani essi risultavano pressoché duecentomila ed erano dediti principalmente ad attività di tipo artigianale e commerciale. A questo punto, avendo dato le prime notizie sui popoli dei Bruvos e dei Cimmuz, occorre informarci della vicenda che ci interessa maggiormente conoscere. La quale aveva visto l’eroico Oksur cadere in disgrazia presso il suo re e ne aveva pure cagionato la cacciata dalla sua città.

Come già accennato, tali popolazioni lottavano da molti secoli per dominare l’isola di Kraut; ma noi ci rifaremo ad un tempo abbastanza recente. Di preciso, prenderemo in considerazione quel pezzo di storia, il quale aveva visto come protagonista principale l’eccezionale personaggio, di cui ci stiamo occupando nella nostra attuale storia, non potendo fare altrimenti. Ebbene, al tempo del nostro racconto, il re della città di Erbam era Guvop, presso la cui sfarzosa corte vi trascorrevano la giornata alcuni dignitari ed una pletora di cortigiani, i quali la tenevano animata dalla mattina alla sera. Il sovrano, siccome era un mecenate di vocazione, era abituato a circondarsi delle persone più valide del suo regno. Per cui in continuazione se le andava scegliendo tra quelle che eccellevano nelle diverse branche del sapere, come l’astronomia, l’astrologia, la filosofia, la medicina, la matematica e le arti maggiori. Ma anche la musica, la poesia, la tragedia e la commedia suscitavano il suo vivo interesse, alla stessa stregua della pittura, della scultura e dell’architettura. Oksur, invece, frequentava la corte per il suo alto valore dimostrato nel campo militare e per la sua notorietà di insuperabile maestro d’armi e di arti marziali. A dire il vero, l’insuperabile guerriero vi era giunto, quando non era ancora famoso; anzi, era stato lo stesso re Guvop a volerlo a corte. Il motivo? Egli era entrato nelle sue grazie, dopo che lo aveva salvato da un tranello, il quale gli era stato teso dai Cimmuz. In seguito a tale episodio, il sovrano gli aveva consentito di vivere a corte, nominandolo perfino suo consigliere militare. Ma prima di proseguire oltre nel nostro racconto, ci sarà utile apprendere i fatti che erano accaduti nella circostanza che aveva fatto trovare il monarca in una situazione di grave disagio. La quale stava mettendo in serio pericolo la sua vita, se non fosse intervenuto Oksur a trarlo dai guai e a salvarlo da un gruppo di assalitori, che avevano deciso di uccidere.

Era da qualche anno che i Cimmuz tentavano di sorprendere il re Guvop in uno stato di svantaggio, con l'obiettivo di avere ragione di lui e di assassinarlo. Ma non essendoci mai stata l’occasione buona per raggiungere il loro scopo, essi avevano pensato di attirarlo in una trappola mortale. La quale si sarebbe dovuta tendere da parte loro sullo stesso territorio bruvosino. Infatti, siccome si era a conoscenza che il sovrano di Erbam ogni settimana era solito andare a caccia nel bosco vicino, portandosi dietro soltanto una esigua scorta, tale sua abitudine aveva spinto i Cimmuz ad appostarsi proprio in quel luogo per dare concreta attuazione al loro tranello. Essi avevano intenzione di farlo ritrovare in mezzo ad un numero preponderante dei loro armati, i quali sarebbero giunti in tale luogo travestiti da mercanti. In quel modo, lo avrebbero accoppato senza alcuna difficoltà.

Al contrario, nonostante il loro audace piano fosse stato ben congegnato, agli attentatori era andato tutto di traverso. Infatti, quando essi avevano dato l’assalto al sovrano erbamese, era sbucato fuori dal nulla un cavaliere solitario. Egli, senza tante cerimonie, si era dato a dargliele di santa ragione e a sbaragliarli con grandissima valentia. Lo sconosciuto guerriero si era dimostrato un vero prodigio, intanto che li falcidiava e faceva calare sempre di più il loro numero, il quale all’inizio contava duecento uomini. I suoi colpi di spada, che non conoscevano sosta e non sapevano essere clementi con nessuno, con prodezze incredibili mutilavano ed ammazzavano gli avversari cimmuzesi, sebbene essi si accanissero nella lotta come iene fameliche. Alla fine egli, ricorrendo alle arti marziali, se l’era sbrigata in gran fretta nel fare fuori i restanti assalitori. Così aveva liberato il sovrano dalla trappola che gli era stata tesa dai nemici e gli aveva evitato di essere ucciso. Allora, il re Guvop, essendo stato stupito dalla somma maestria dimostrata dal suo salvatore nella perizia d’armi e nelle arti marziali, innanzitutto aveva voluto ringraziarlo per il suo provvidenziale intervento. Dopo era passato a fargli una serie di domande personali, attraverso le cui risposte egli aveva appreso molte cose sulla sua vita privata. Le quali tra poco diverranno anche di nostro dominio, non potendo noi fare a meno di conoscerle.


Il suo nome era Oksur e proveniva da una coppia di contadini, che avevano messo al mondo sedici figli, dei quali egli era risultato il dodicesimo nato. Costretto da difficoltà economiche, il padre lo aveva venduto ad una attempata coppia di forestieri. I quali, in passato, non avendo avuto figli, avevano imputato la loro mancata nascita alla sterilità della donna, senza affatto prendere in considerazione che la persona sterile poteva essere stata anche il maschio della coppia. Un giorno i due coniugi, essendosi fermati a riposare nei pressi dell’abitazione del contadino, avevano deciso di adottare uno dei suoi numerosi figli, i quali venivano mal nutriti per carenza di cibo. Così, dopo una spedita rassegna della copiosa prole, i due coniugi avevano scelto proprio lui, ossia Oksur. Volendo essere precisi, era stato l’uomo a preferirlo a tutti gli altri fratelli, avendo ravvisato nel ragazzo delle ottime qualità psichiche ed intellettive, sebbene avesse solo dieci anni. In merito al cinquantenne uomo adottante, bisogna chiarire che si trattava di Selun, il quale a quel tempo era stimato dal suo popolo come il più grande maestro d’armi e di arti marziali. Ma si diceva anche che egli fosse un buon conoscitore di magia bianca e capace di praticarla. L'uomo era un Bruvos che, dopo una vita piena di grandi soddisfazioni, aveva deciso di uscire dalla ribalta e di ritirarsi a vita privata in campagna insieme con la moglie Micta, allo scopo di godersi la quiete agreste. Nella località in cui i due consorti erano andati ad abitare, la loro dimora si trovava in mezzo ad una piccola radura, dove crescevano diverse specie di fiori.

Entrato a far parte della nuova famiglia, Oksur aveva dovuto seguire i suoi genitori adottivi e trasferirsi nella loro casa. Essa, trovandosi assai lontano, era stata raggiunta dopo circa tre giorni di galoppate. Allora il grande maestro e mago non aveva perso tempo a sottoporre il ragazzo da lui adottato ad una rigorosa disciplina: essa era volta a sviluppare nel piccolo allievo tanto la componente psicofisica quanto quella spirituale. Da parte sua, la moglie Micta si era dedicata al figlio adottivo, unicamente per elargirgli le sue cure affettuose e per preparargli degli ottimi dolci, ottenuti con la pasta di mandorle. La donna era abbastanza brava ad ottenerli, usando come ingredienti anche i vari frutti di bosco. Così, in venti anni di duro ammaestramento, alla fine Selun aveva fatto del suo figlio adottivo uno straordinario esperto d’armi e di arti marziali. Secondo lui, l’allievo era perfino riuscito a superare il proprio maestro, essendo diventato un’autentica macchina da guerra. Per quanto atteneva all'arte della magia, il giovane si era ricusato di apprendere perfino i suoi rudimenti. Egli l’aveva avversata, fin dai primi tentativi del padre putativo di insegnargliela. Il quale, considerandola alcune volte abbastanza utile, non aveva mai voluto rinunciare a tale suo intento.

In seguito, quando Oksur aveva trent’anni, il padre gli aveva consigliato di lasciarli e di andare a rifarsi una vita nella città di Erbam, prima che per lui fosse troppo tardi. Il giovane, però, ripensando a ciò che i suoi genitori adottivi avevano fatto per la sua persona, non se l’era sentita di abbandonarli soli nella loro casa. Perciò, oltre a non seguire l’altruistico consiglio paterno, egli non ne aveva voluto neppure sentir parlare. Comunque, a sei mesi dalla proposta paterna, un tragico episodio lo aveva costretto a seguirla ugualmente. Infatti, durante un improvviso temporale che era scoppiato mentre egli era assente da casa, un fulmine si era abbattuto sulla loro capanna ed aveva folgorato entrambi i suoi anziani genitori adottivi. Al suo rientro dalla caccia, Oksur aveva fatto subito la macabra scoperta. Così, constatata la loro morte, egli si era preoccupato di dare ad entrambi una degna sepoltura. Al termine della quale, essendo memore del consiglio del padre Selun, lo aveva voluto seguire senza indugio, intraprendendo il suo viaggio verso la splendida Erbam. Durante il suo cammino, l'ineccepibile guerriero serbava ancora dentro di sé il fresco dolore che gli proveniva dal tragico incidente, del quale erano rimaste vittime entrambi i suoi genitori, poiché esso continuava a rattristargli l’animo e ad immalinconirlo. Procedendo poi solitario per la sua strada, era pervenuto nel bosco che era situato nei pressi della città. In quel luogo, quasi fosse stato guidato dalla mano del destino, il formidabile giovane si era imbattuto opportunamente nel re Guvop e nei pochi soldati che costituivano la sua scorta. Essi, in quella circostanza, venivano assaliti da un numero consistente di Cimmuz. Allora egli, senza pensarci due volte e senza sapere neppure a servizio di chi stava mettendo la sua ineguagliabile scherma, era intervenuto in loro aiuto, salvandoli dai prepotenti nemici. Riguardo al suo eroico gesto, come abbiamo avuto modo di apprendere, esso lo aveva fatto entrare nelle grazie del sovrano di Erbam. Costui, in un primo momento, lo aveva voluto a corte, dove lo aveva nominato capo della milizia reale. In seguito, invece, il re gli aveva conferito l'alta carica di comandante supremo dell’esercito bruvosino. Secondo il parere del sovrano, fra tutti gli alti ufficiali del suo stato maggiore, Oksur, per le sue spiccate doti di insuperabile stratega, era il più degno a ricoprire tale prestigiosa carica.

Durante il suo soggiorno a corte, il figlio adottivo del defunto Selun aveva conosciuto la bella Sarnel, della quale si era innamorato perdutamente a prima vista, venendone riamato con altrettanta passione. La ragazza era la figlia di un alto dignitario di corte, ossia del saggio Radron, che il re Guvop aveva preposto all’amministrazione della giustizia. Il suo fidanzamento con la figlia di chi aveva tale importante compito nella città di Erbam era stato visto di buon occhio anche dal monarca suo protettore. Per questo il padre di lei aveva accolto favorevolmente il reciproco sentimento d’amore, che era venuto a sbocciare tra i due giovani. Per cui ben presto essi si sarebbero anche sposati. Ad ogni modo, se i favori del re dei Bruvos erano continuati a piovere su Oksur, ciò non era dipeso sempre dal suo atto di riconoscenza iniziale, per avergli il suo protetto salvato la vita. Invece la sua fortuna era dipesa anche dal fatto che egli, con il suo saper fare e con la sua impareggiabile perizia d’armi e di arti marziali, aveva calamitato su di sé l’interesse di tutti i frequentatori della corte. Costoro avevano iniziato a stimarlo come pochi. Perfino i soldati lo ammiravano e gli tributavano un’accoglienza trionfale; ma esclusivamente per motivi militari, ossia quelli che adesso ci daremo ad elencare qui di seguito.

Da quando l’esercito bruvosino era passato sotto il comando del formidabile Oksur, esso era riuscito a vincere tutti gli scontri armati avuti contro i nemici Cimmuz. Ciò non succedeva da anni, esattamente dal giorno in cui il re Guvop aveva perso un occhio sul campo di battaglia. Difatti, dopo tale menomazione del loro comandante, i Bruvos erano stati obbligati ad andare incontro a varie disfatte, le quali li avevano sempre messi in fuga e fatti riparare nella loro città. Essa, per fortuna, era ben fortificata e vaccinata contro qualsiasi assedio. Ma anche durante gli anni di armistizio e di relativa calma tra i Bruvos e i Cimmuz, Oksur, come tra poco apprenderemo, aveva seguitato a collezionare ingenti trionfi, che gli avevano fatto accrescere la sua già nota popolarità.

Durante i periodi di sospensione delle armi si era soliti bandire dei tornei, i quali vedevano scontrarsi i guerrieri più in gamba di entrambi gli eserciti; inoltre, i combattimenti avvenivano all’ultimo sangue, per cui si assisteva anche alla morte dei vinti. Il solo Oksur non aveva mai perso uno scontro in nessuna delle gare ed aveva sempre strabiliato la platea degli spettatori. La sua prodigiosa scherma e l’esecuzione delle fenomenali sue arti marziali non avevano mai fallito. Così gli avevano ogni volta consentito di riscuotere dei meritati successi, facendogli ottenere la palma della vittoria. Per questo si era pure guadagnato l’appellativo di "eroe invincibile", il quale gli veniva riconosciuto perfino dai suoi nemici cimmuzesi. Anche se costoro, durante le gare, ben se ne guardavano dall'osannarlo, come facevano i Bruvos che assistevano al torneo. Comunque, pure per i Cimmuz il condottiero dell’esercito rivale era diventato un simbolo, la cui presenza in guerra significava sbaraglio ed enorme eccidio tra le loro schiere. Le quali, per merito suo, continuavano a subire pesanti sconfitte, finendo per decimarsi. Egli, dopo essere penetrato a mo’ di cuneo nelle falangi nemiche, riusciva a seminare in mezzo a loro centinaia e centinaia di vittime. Anzi, trasformava i loro corpi in veri tranci umani, che schizzavano sanguinolenti nella polvere e, in un batter d'occhio, la facevano diventare di colore vermiglio.

Dato un rapido sguardo alla vita pubblica di Oksur, la quale si era svolta carica di eventi gloriosi, adesso cerchiamo di conoscere meglio i vari particolari della sua vita privata, ossia quelli che avevano riguardato la sua famiglia. La cui conoscenza, a causa di alcuni suoi spiacevoli episodi di particolare drammaticità, ci coinvolgerà emotivamente. Anzi, dopo sarà difficile che la nostra mente possa perderli di vista anche per una piccola frazione di tempo, magari per pura distrazione.

L’amore, che lo legava alla sua amata Sarnel, giorno dopo giorno, era andato crescendo a dismisura: esso era esploso in tutte le sue espressioni più colorite e fantastiche! Anche la ragazza non si era comportata da meno nel prodigargli il proprio amore, poiché glielo manifestava in modo genuino e passionale, dedicandosi a lui con premura e devozione. Nei bellissimi momenti che Oksur e Sarnel potevano trascorrerla insieme, la loro esistenza veniva a bearsi di attimi sublimi, che ne rendevano il cuore un fremito di calde palpitazioni; inoltre, allietavano il loro animo ed inebriavano il loro spirito. Insomma, l’universo intero, pur nella sua grandiosità e bellezza, veniva a sparire intorno a loro, senza che ne restasse neppure una briciola. Per cui esso non riusciva a farsi notare dall’uno e dall’altra. Il loro immenso amore, dando origine ad una passione sovrumana, lo cancellava ai loro occhi e non lo faceva avvertire neppure dai restanti quattro sensi. Nei due fervidi innamorati, si verificava il blackout di tutte le sensazioni provenienti dall’esterno, come se il mondo intorno a loro, sia naturale che umano, non fosse mai esistito oppure si fosse perso nelle inconsistenti regioni del nulla. Era così che Oksur e Sarnel vivevano la loro passione amorosa, la sentivano e la godevano, dedicandosi ad essa senza mai saziarsene. Per tale motivo, tutti la elogiavano e gliela invidiavano; inoltre, la citavano anche come qualcosa di stupendo da imitarsi. In un certo senso, mentre ne gioivano, si amareggiavano perché non ne potevano vivere una identica, essendo impossibile avere una fortuna sfacciata come la loro.

In seguito, essendo trascorsa la primavera del loro amore, esso era cominciato a maturarsi nell’estate di un matrimonio felice, fino a produrre il suo frutto in un autunno prospero e colmo di rosei raccolti, rappresentati dalla nascita del loro primo figlio. Il quale, per tale motivo, faceva ben sperare per l’avvenire. Invece, contrariamente alle loro aspettative, ci sarebbe stato per loro due un inverno rigido ed inclemente, che avrebbe spogliato il loro amore di ogni benessere e di ogni gioia. Anzi, lo avrebbe scaraventato nel sapore dell’asprezza e dell’amarezza, che mai più nessuna cosa avrebbe potuto più addolcire.

Parlando in senso realistico, Oksur e Sarnel, dopo aver fatto sbocciare il loro amore ed averlo vissuto nel loro intimo, avevano contratto un matrimonio molto felice. Dalla loro unione, oltre che la serenità e la spensieratezza, era provenuto ai due giovani coniugi anche un meraviglioso bambino, al quale avevano dato il nome di Touk. Il piccolo, appena entrato a far parte della loro famiglia, era diventato il loro bene più prezioso e faceva progettare ad entrambi un avvenire speranzoso. Al contrario, qualcosa già si preparava a guastare la loro festa e ad infrangere i loro candidi sogni, facendo abbattere sulla loro famigliola la scure di una grave calamità. La quale, prepotentemente e in modo inatteso, ben presto li avrebbe colpiti senza alcuna commiserazione, pur sapendo che essa si stava abbattendo su tre esseri meravigliosi che non meritavano un simile castigo.


In occasione di un torneo che c'era stato in Erbam, durante una sua pausa, i due sovrani Guvop e Profus avevano avuto un abboccamento, allo scopo di trovare una intesa circa un nuovo armistizio di pace più duraturo. A dire il vero, era stato il sovrano cimmuzese a richiederlo apposta al suo omologo del luogo. Perciò egli, dopo essersi appartato insieme con lui in un posto poco frequentato, gli aveva fatto presente:

«Come sai, Guvop, il nostro vecchio armistizio tra qualche mese scadrà. Allora perché non ne trattiamo un altro che risulti di più lunga durata? Esso farebbe felici sia i Bruvos che i Cimmuz, a cominciare da noi, che siamo i loro sovrani. Allora non trovi saggia questa mia proposta?»

«Se a te fa tanto piacere ciò che mi proponi, Profus, da parte mia non ho nulla da eccepire in merito. A patto, però, che non ci siano delle condizioni gravose per nessuno dei due popoli, poiché in questo caso mi opporrei recisamente alla tua proposta!»

«Certo che non ce ne dovranno essere, Guvop! Altrimenti che valore avrebbe il nostro accordo, se, durante la sospensione delle ostilità, procurassimo ai nostri due popoli dei gravami di altro genere? Se così fosse, il nostro accordo risulterebbe senza meno un controsenso. Anzi, in quel caso sarebbe inutile anche farlo!»

«Se proprio ci tieni a perseguire il benessere e la serenità del tuo popolo, Profus, potresti allora regalargli una bella pace a lungo termine. Io farei altrettanto con il mio. Perciò, anziché di un armistizio prorogato e rinnovabile di biennio in biennio, io suggerirei di stipulare tra noi due una pace duratura. Meglio ancora se essa risultasse definitiva! Allora che ne dici di questa mia sensata controproposta?»

«Forse hai ragione, Guvop. Comportandoci come hai suggerito, faremmo un regalo coi fiocchi tanto alla mia gente quanto alla tua. La pace, però, presuppone delle maggiori garanzie per entrambi i nostri popoli, affinché essa non venga violata da nessuno dei due, quando l’altro meno se lo aspetta. Per questo, al fine di evitarlo, toccherà a noi sovrani trovare il modo, perché una tale garanzia non manchi nel nostro prossimo trattato di pace! Non ti sembra?»

«Secondo te, Profus, una garanzia del genere come si può avere? Se ne hai già pensato qualcuna, farò di tutto perché essa ci sia nella nostra stipula! Per me, la pace è al di sopra di ogni altra cosa!»

«Guvop, è molto semplice avere tale garanzia! Basta volerla!»

«Allora, Profus, se hai già posto mente a qualche garanzia, non hai che da rendermela nota. Così dopo vedrò se quella da te suggerita sarà anche di mio gradimento. In caso affermativo, la pace sarà firmata in brevissimo tempo. Te lo garantisco! Adesso puoi parlare!»

«Che ne diresti, Guvop, se ciascun sovrano avesse nella propria città un centinaio di ostaggi dell’altro popolo, a garanzia che il trattato di pace da noi concluso non venga in seguito violato? Non sembra pure a te una eccellente idea la mia, siccome essa ci preserverà reciprocamente da brutte sorprese future? Io ne sono certo!»

«Ti rispondo all’istante, Profus, che il tuo suggerimento non è niente male. Ma poi quale ragionevole criterio dovremmo seguire nella scelta degli ostaggi? Spero che nessuno dei nostri familiari vi venga coinvolto. Altrimenti, ti dico già che non lo accetterò!»

«Se sei d’accordo, Guvop, un ostaggio dovrebbe essere indicato dal sovrano dell’altro popolo e gli altri novantanove potremmo sceglierli noi stessi a caso. Comunque, beninteso, sempre escludendo in tale numero i nostri figli e le nostre consorti!»

«Se ho arguito giusto, Profus, poiché i membri delle nostre famiglie dovranno essere esclusi dal fare da garanti, intenderesti fare entrare nel novero degli ostaggi un autorevole personaggio di ciascuna città.»

«Esatto, Guvop! Perciò sarà ciascuno di noi a scegliere l’ostaggio appartenente all’altra città, quello che egli riterrà più idoneo, senza che l'altro sovrano possa opporsi in nessun modo.»

«Profus, vorrei sapere quale personaggio onorevole vorresti scegliere a tua discrezione nella mia città? Intendo saperlo, prima di firmare la nostra pace! Ma già ti premetto che neppure acconsentirò, se hai pensato di pretendere come ostaggio il comandante in capo del mio esercito, ossia Oksur, che dovrai considerare anche lui intoccabile! Se te lo cedessi come ostaggio, più che una garanzia di pace, esso costituirebbe invece per te un buon motivo per riprendere le ostilità. Infatti, chi mi assicurerebbe che, una volta che Oksur fosse nella tua città come ostaggio, non cercheresti di toglierlo di mezzo, al fine di assicurarti le future vittorie, dopo aver ripreso la guerra contro di noi? Quindi, non potrai mai pretenderlo come ostaggio colui che rappresenta il mio campione!»

«Guvop, per me va bene qualsiasi personaggio residente in Erbam, se egli risulta particolarmente autorevole. Comunque, tranquillìzzati, poiché anche i comandanti supremi dei nostri due eserciti non potranno fare da ostaggi. Fra tutte le altre persone, però, potrà essere scelta da ciascuno di noi quella che più ci garba, senza che l’altro possa porre il proprio veto. Allora ti soddisfa questo criterio che ti ho citato?»

«Per quanto mi riguarda, Profus, non ho nulla da obiettare alla tua proposta, come me l’hai presentata, siccome la trovo ragionevole. Perciò l’accetto e passo immediatamente a farti il nome di colui che dovrà risultare a far parte dei cento ostaggi cimmuzesi. Si tratta di tuo cugino Ernet, poiché ho sempre saputo che egli conta per te più di un fratello! Perciò, a mio avviso, sarebbe per me un eccellente ostaggio.»

«Non contraddico la tua scelta, Guvop, non avendo motivo di farlo. Nello stesso tempo, voglio farti anch’io il nominativo di colei che dovrà apparire tra i cento ostaggi bruvosini. La mia scelta, invece, cade su Sarnel, la quale è la consorte di Oksur.»

«Profus, non puoi scegliere una donna maritata. Ella, per giunta, ha un bambino di appena un anno, il quale ha bisogno delle sue amorevoli cure! Per questo motivo, fammi il favore di sostituirla con un’altra persona, la quale sia possibilmente un uomo! Magari potresti scegliere suo padre Radron, il quale amministra la giustizia presso la mia corte.»

«Dimentichi che hai accettato la mia proposta, Guvop, e che non puoi più tirarti indietro? Ma se è il piccolo che ti preoccupa, ella potrà portarselo con lei. In tal caso, anch’egli sarà considerato un ostaggio a tutti gli effetti fra gli altri novantanove! Secondo me, la mia scelta è regolare e tu non puoi opporti ad essa in nessuna maniera!»

«Profus, se acconsentissi a questa tua scelta, il comandante in capo del mio esercito, una volta venuto a sapere un fatto del genere, non l'accetterebbe di buon grado; anzi, si opporrebbe energicamente ad essa. Tu sai chi è Oksur e di cosa sarebbe capace, pur di contrastarla! Egli sarebbe capace di creare dei problemi seri sia a me che a te!»

«Di ciò non mi interessa un fico secco, Guvop! Tu sei il suo sovrano ed egli è tenuto ad obbedirti, senza ostacolare le tue regali decisioni! Oppure la tua sovranità si dimostra incapace di piegare Oksur ai tuoi voleri? Sei o non sei il suo re, al quale egli deve obbedienza alla pari di tutti gli altri sudditi? Me lo sto chiedendo seriamente!»

«Possibile, Profus, che non puoi scegliere un altro ostaggio? Come già ti ho fatto presente, al posto della figlia, potrei mandarti il suo genitore Radron, il quale è senz’altro una persona di spicco in Erbam!»

«Il padre non mi aggrada, Guvop. Ma se proprio vuoi che io rinunci alla figlia Sarnel, allora dovrai sostituirla con la tua bella primogenita Edian. Questa è la mia alternativa, se ti sta bene così! Dimmi: sei disposto a fare tale sostituzione oppure no?»

«Si era deciso che i nostri figli andavano esclusi dagli ostaggi! Perciò, Profus, dovrai indirizzare la tua scelta ad altra persona, la quale non sia né un mio figlio né Sarnel, la moglie di Oksur!»

«Nessuno lo nega, Guvop! Ma adesso, siccome c’è stata da parte tua una obiezione alla mia prima scelta, puoi soltanto sostituirla con la tua figlia da me indicata. Ad ogni modo, puoi ripensarci e decidere di tenerti la bella Edian. In tal caso, però, dovrà restare come mio ostaggio principale la moglie di Oksur! Né puoi tirarti indietro!»

«Se non mi lasci altra alternativa, Profus, vorrà dire che Sarnel e suo figlio Touk saranno tra i cento ostaggi bruvosini. Essi presto raggiungeranno la tua città di Tulres. Quanto ad Oksur, egli, come giustamente mi hai fatto osservare, dovrà piegarsi alla mia decisione presa, se non vorrà rinunciare ai favori da me ottenuti fino ad oggi!»

«Bravo, Guvop! Così si comportano i veri sovrani, se non vogliono essere giudicati degli emeriti falliti! Adesso possiamo anche considerare concluso il nostro accordo, facendolo conoscere ai nostri sudditi!»

Una volta che si furono accordati nei termini anche da noi appresi, tra i due sovrani era stato ratificato il trattato di pace, al fine di garantire tra i loro popoli una non belligeranza di lunga durata.

Ma che cosa ne avrebbe pensato Oksur? Sarebbe stato egli favorevole a quanto da loro stabilito? Oppure, senza per niente curarsi che di fronte aveva due sovrani, avrebbe reagito alle decisioni che essi avevano preso, siccome le medesime venivano a danneggiare la sua famiglia? Tra poco, comunque, conosceremo la sua reazione, non appena gli sarà comunicata l’odiosa notizia.