304°-NERPUS SI IMPADRONISCE DI RAMNEK CON L'INGANNO

Quale enigmatico personaggio rappresentava il forte guerriero Touk e qual era la sua provenienza? È quanto giustamente si starà chiedendo il lettore. Infatti, egli è ansioso di conoscerne al più presto la vita dalle sue origini fino al presente della nostra storia. Ma egli non dovrà attendere molto per avere soddisfatta appieno la propria curiosità, la quale, dopo essersi accesa in lui, si è data a farsi strada nella sua mente, facendosi avvertire in modo eccessivo. Ormai il racconto della vita di questo personaggio straordinario sta per srotolarsi nelle arcane pagine del tempo, allo scopo di farcelo seguire con il nostro massimo interesse, siccome egli se lo merita a pieni voti, come ci accerteremo tra breve.

Cominciamo col dire che gli albori della sua nascita si erano avuti tra i Monti dell'Oblio. Questi si trovavano a cinque giornate di galoppate da Ecton e vi si perveniva, seguendo un tortuoso e disagevole percorso, il quale era diretto verso est. In mezzo all’arcuata catena montuosa, si estendeva una vallata ridente e lussureggiante, detta Valle senza Tempo. Tanto il nome assegnato alla vallata quanto quello dato ai monti che la cingevano quasi tutt'intorno, avevano un loro significato, senza dubbio ambedue carichi di positività. Ebbene, il nome del circolare ed esteso rilievo tettonico stava ad indicare che le sue montagne facevano dimenticare a chi vi si trasferiva i diversi momenti negativi della propria esistenza. Invece quello della vallata voleva essere una garanzia, per chi ve la trascorreva, che egli giammai sarebbe andato incontro all'usura del tempo. Perciò era come se l'età della giovinezza perdurasse nel suo organismo per sempre, senza che potesse esserci per essa il rischio di giungere al tramonto, che corrispondeva alla sua vecchiaia.

Se tale era la credenza dei popoli stanziati nei territori limitrofi, noi non staremo a sindacarla oppure ad indagarne la veridicità per renderci conto fino a che punto in quella remota epoca essa potesse essere considerata veritiera. Per noi, invece, ciò che risulta importante per il momento è venire a conoscenza quanto prima del nuovo eccezionale personaggio, che è Touk. Il quale starà già facendo fremere il lettore, poiché egli non vede l’ora di apprenderne la fantastica storia. A suo parere, essa ci si presenterà eccezionale, sbalorditiva e galvanizzante, allo stesso modo, se non di più, di quella delle altre figure eroiche incontrate finora nel corso del nostro epico poema. Approfittiamo per rammentare, fra tali figure eroiche, alcuni personaggi del calibro di Kodrun, di Nurdok, di Tio e di Godian, il padre sfortunato di Francide. Sono convinto che il medesimo lettore si starà pure domandando, con qualche perplessità ovviamente, quali risvolti avrà la sua vicenda, dal momento che essa sta per incrociarsi con quella del nostro insuperabile eroe principale. Allora, anziché avere soddisfatta da noi la sua curiosità all'istante, anche perché non sarebbe giusto, egli è invitato a pazientare ancora per poco e a seguire, in piena tranquillità e con il dovuto ordine, l’evolversi degli eventi del racconto, come si è comportato fino a questo momento.

Iniziamo col dire che Touk era rimasto orfano di entrambi i genitori, quando aveva avuto appena sei mesi. Per cui l'uomo, il quale si era preso cura della sua educazione, allevandolo in modo eccellente, a quel tempo non era stato a conoscenza delle persone, che erano oppure erano state suo padre e sua madre. Naturalmente, da parte nostra, procederemo in modo ordinato nella narrazione, riandando prima ai fatti inerenti alla sua famiglia e poi a quelli relativi alla sua avvincente biografia. Così facendo, non avremo difficoltà a seguire gli uni e gli altri, senza perderci nelle molte fila della sua trama.

In passato, sempre a causa della suaccennata credenza, che attribuiva alla Valle senza Tempo il potere di non fare invecchiare chi vi dimorava, erano stati parecchi i popoli che avevano cercato ad ogni costo di stanziarsi in quella valle, come suoi padroni incontrastati. Per tale motivo, nella regione in questione, per quasi un millennio, c’erano state numerose guerre tra le varie popolazioni che vi si erano avvicendate. Ciascuna di loro, dopo averla occupata e fatta di essa la propria stabile dimora, in poco tempo ne era stata cacciata da quella che l'aveva seguita nella valle per lo stesso motivo. Per cui mai nessuna di loro era riuscita ad avere il sopravvento sulle altre per lungo tempo. Infatti, ogni volta era sopraggiunta da fuori una nuova etnia più agguerrita, costringendola ad andare via dalla stupenda valle, che aveva appena conquistata. Quindi, come ci si può rendere conto, nella Valle senza Tempo si erano alternati vari popoli dalle più incredibili consuetudini. I quali, dopo essere apparsi dal nulla ed essersi stanziati in essa per un breve periodo di tempo, erano stati poi costretti a sloggiare e ad eclissarsi, a causa dell’arrivo di nuovi popoli in quella valle, che ambivano ad averla come loro residenza a vita. Ciò era avvenuto, solo perché gli ultimi arrivati si erano dimostrati più bellicosi o erano stati comandati da ottimi strateghi, che non avevano avuto alcuna difficoltà a sconfiggere i loro nemici.

Tre secoli prima della nostra storia, erano giunti nella Valle senza Tempo i Bankur. Si trattava di un popolo dalle mille risorse, il quale era anche molto bene organizzato militarmente. Esso se la cavava anche in altri settori, che non avevano nulla a che vedere con la guerra, per cui riusciva a gestire la propria sopravvivenza senza troppi problemi. Inoltre, non incontrava difficoltà di sorta nel difendersi da altri popoli, nell’attaccarli e nello sbaragliarli con facilità. Provenuti via mare da terre sconosciute, i Bankur avevano costretto il popolo dei Volkus ad andarsene via dalla Valle senza Tempo. Dopo vi si erano stanziati al loro posto. Anzi, nel giro di una ventina d’anni, essi vi avevano anche costruito una città, che doveva ritenersi una vera fortezza inespugnabile. La ciclopica costruzione, alla quale era stato dato il nome di Ramnek, era ubicata al centro della vallata. In seguito al loro insediamento, nessun altro popolo, dopo essere stato preso dall’ambizione di fare la propria stabile dimora la Valle senza Tempo, era riuscito ad avere ragione dei valorosi Bankur. Questi, infatti, ogni qualvolta che una nuova popolazione aveva tentato l’ardua impresa, non avevano avuto dei problemi a dissuaderla con determinazione da essa, debellandola in proporzione alla sua prepotenza e alla sua arroganza. La loro invincibilità era dovuta anche al fatto che i Bankur avevano avuto dei sagaci governanti, i quali erano denominati primiur, la cui carica corrispondeva al nostro governatore. Costoro si erano sempre dimostrati sia degli eccellenti combattenti sia degli strateghi di tutto rispetto. Il valoroso Soruok era stato il primiur che per primo aveva guidato i Bankur nella Valle senza Tempo e vi aveva fatto costruire Ramnek, la splendida ed imprendibile città, della quale già abbiamo appreso il nome. Comunque, anche gli altri primiur, che gli erano succeduti negli oltre tre secoli della loro permanenza nell'ubertosa vallata, si erano distinti per audacia, per fierezza e per magnanimità d'animo. Per la verità, essi erano stati avvantaggiati particolarmente dalla loro grande propensione per la strategia militare, che mettevano in pratica con schemi logistici originali, i quali avevano sempre ridotti all'impotenza i diversi popoli avversari.


A questo punto facciamo un bel salto in avanti nella storia del popolo dei Bankur e passiamo direttamente a quei fatti salienti, i quali li avevano coinvolti in modo tragico. Essi erano avvenuti durante il periodo, che era andato da quando Touk era ancora nell’utero materno fino a sei mesi dopo la sua nascita. Per questo il piccolo, data la sua tenera età, non si era potuto rendere conto dell’immane sventura che aveva portato alla rovina prima la sua famiglia e dopo il suo popolo. A quell’epoca, ossia quindici anni prima della nascita di Touk, era da poco divenuto primiur dei Bankur il ventisettenne Sartok. Egli era stimato dalla sua gente come saggio governante e come capo militare di grande talento. Anzi, essa lo stimava, in assoluto, il migliore dei primiur che lo avevano preceduto, sebbene fossero stati anch'essi eccezionalmente in gamba. Durante il suo eccellente primiurato, Sartok era riuscito ad averla vinta su una decina di popoli barbari che erano provenuti dal nord, i quali, sempre con il solito modo aggressivo, avevano cercato di sistemarsi stabilmente nella Valle senza Tempo. Ma egli, l’uno dopo l’altro, li aveva ogni volta sonoramente battuti. Così li aveva costretti a mutare i loro bei progetti in merito alla loro definitiva sistemazione nella valle da tutti bramata e a cercarsi in altra regione la loro nuova dimora.

Erano trascorsi dieci anni da quando Sartok era a capo del suo popolo, quando nella Valle senza Tempo era giunto il popolo dei Mornut. Esso, che proveniva dall’ovest, si presentava molto più agguerrito dei precedenti ed era guidato da Nerpus, il quale era un capo anche molto preparato nell’arte della guerra. Dal punto di vista umano, invece, egli si rivelava una persona viscida, irascibile e priva di scrupoli: in definitiva, inaffidabile. Pur di raggiungere uno scopo dal quale si attendeva un grande giovamento, il capo mornutese era disposto a calpestare la propria dignità, a spergiurare, a rimangiarsi la parola data e ad accoppare la propria genitrice, se proprio fosse stato necessario. Sul suo conto, infatti, si diceva che, al fine di diventare capo del suo popolo, egli non aveva esitato a far fuori il padre e i suoi due fratelli maggiori. Per ovvie ragioni, tutto era avvenuto all’ombra dell’inganno e del tradimento, perché nessuno potesse accusarlo dei tre orribili delitti a lui ascritti. Essi, essendo stati perpetrati nel proprio ambito familiare, senza dubbio sarebbero stati considerati dal suo popolo una vigliaccata ancora maggiore e doppiamente punibile dalle loro leggi in vigore.

All’arrivo dei nuovi barbari, Sartok non aveva tardato a marciare contro l’ennesimo popolo invasore con un grande esercito, siccome era intenzionato a chiudere la partita pure con loro in brevissimo tempo. Egli voleva estinguere sul nascere la sua velleità di potersi stabilire facilmente nella Valle senza Tempo, sostituendosi a quello che già c’era stanziato. Questa volta, però, contrariamente al passato, le cose non erano andate per il verso giusto, poiché il capo dei Bankur si era ritrovato a guerreggiare contro un popolo bellicoso e temibile, che aveva erroneamente sottovalutato. Inoltre, il nuovo esercito invasore vantava un capo molto astuto e per niente digiuno in fatto di battaglie campali. Ecco perché il comandante mornutese era riuscito a metterlo in serie difficoltà, dopo che gli si era rivelato una vera sorpresa nell’improvvisare nuove strategie militari. Difatti l’avversario aveva costretto il suo esercito a trovarsi in una cattiva situazione; ma che poco dopo egli era riuscito a cavarsela con un fulmineo ripiegamento del proprio esercito. Il quale, così, si era trasformato in una fuga larvata dei propri soldati verso la loro città, dove erano rientrati assai malconci e con i segni evidenti della batosta ricevuta. Allora la sua ammessa leggerezza nell’intraprendere quella battaglia contro i suoi attuali nemici era servita di lezione a Sartok, per cui in seguito egli aveva deciso di affrontare i Mornut con le dovute precauzioni.

Anche Nerpus, il capo mornutese, aveva preso atto che il suo rivale non era affatto lo sprovveduto stratega che era apparso durante il primo scontro. Per tale motivo, dopo essersi ricreduto sul suo giudizio iniziale sull’avversario, si era convinto che, contrariamente alle sue previsioni, tempi abbastanza lunghi e duri attendevano pure il suo popolo nella guerra contro i residenti Bankur. Essi, infatti, avrebbero difeso la loro valle con tutte le risorse a loro disposizione. Quindi, essendo quella la reale situazione, era seguito un triennio, durante il quale le battaglie non avevano conosciuto soste; ma si erano susseguite aspre e violente, svolgendosi tutte le volte con scontri terribili e sanguinosi. Nell’affrontarsi, i soldati dell’una e dell’altra parte si erano dimostrati coraggiosi al massimo, pugnando con strenuo valore e con indomita fierezza. Soprattutto i loro comandanti avevano dato il meglio di sé stessi in ardimento, in scaltrezza, in strategia e logistica militari, oltre che in improvvisazioni geniali sul campo di battaglia. Se vogliamo essere obiettivi, tali doti a nessuno dei due validi strateghi erano risultate bastevoli, al fine di fargli conseguire la supremazia sull’altro. Ma avevano solo consentito a ciascuno di loro di non essere costretto dall’avversario ad una clamorosa sconfitta oppure di non rinunciare per sempre alla Valle senza Tempo. La quale continuava ad essere assai agognata da tutti i popoli che ne avevano sentito parlare, anche se poi avevano dovuto rinunciarci.

Quando poi tra i Bankur e i Mornut si era al quarto anno di conflitto, il quale li vedeva ancora combattersi in completa parità sul piano militare, era venuta a delinearsi una svolta nella guerra tra i due popoli avversari. Infatti, Sartok si era finalmente deciso a fare una concessione ai Mornut, permettendogli di stabilirsi a tempo indeterminato nei territori occidentali della valle. Come contropartita, però, egli avrebbe preteso dai Mornut la rinuncia definitiva a diventare gli unici padroni della Valle senza Tempo. L’incontro tra Sartok e Nerpus, al quale avrebbero dovuto partecipare anche i rispettivi stati maggiori, sarebbe dovuto esserci dopo la sospensione delle ostilità. L’armistizio richiesto dal capo dei Bankur sarebbe dovuto avvenire in un luogo sicuro per gli uni e per gli altri partecipanti, perché esso non potesse prestarsi in alcun modo ad imboscate da parte delle forze nemiche. La proposta dell’autorevole Bankur all'istante aveva trovato accoglimento da parte del suo rivale, non scorgendo anch’egli, almeno per l'immediato futuro, un’altra via di uscita per sbloccare quella difficile situazione di stallo. Così c'era stata la pace tra i due popoli. Dopo tali patti, almeno all’apparenza, erano venuti a crearsi anche dei rapporti cordiali tra Sartok e Nerpus, che erano i capi dei due popoli. Essi si erano andati consolidando con uno scambio di visite, che avevano visto a volte il primo recarsi nel villaggio mornutese, altre volte il secondo condursi nella superba città bankurina.

In seguito, siccome nella propria città di Ramnek una strana forma di epidemia aveva provocato una grande mortalità tra le sole donne, Sartok aveva chiesto a Nerpus se poteva rimpiazzarle con altrettante persone di sesso femminile del suo villaggio. Logicamente, ci sarebbero state delle regolari unioni matrimoniali tra gli uomini di Ramnek e le donne mornutesi, escludendo nel modo più assoluto che queste ultime dessero a noleggio il proprio corpo, cioè prostituendosi a lungo termine. Nerpus, da parte sua, era stato lieto di accogliere la richiesta del primiur dei Bankur, della quale si avvantaggiava pure il suo popolo. Perché mai? A causa del precedente periodo bellico, nel suo villaggio era venuto ad aversi un esorbitante numero di vedove, che non riuscivano a trovare marito. Così nei due anni successivi, grazie pure a quei matrimoni tra persone appartenenti ai due popoli, i rapporti tra Sartok e Nerpus erano apparsi eccellenti a tutti quanti, fossero essi Bankur oppure Mornut. Infatti, considerato l’affetto caldo e profondo che in apparenza adesso li univa, chiunque di loro avrebbe giurato che tra i loro due capi era sorta una salda amicizia. Invece, prima di darsi ad un giuramento simile, una persona doveva esserne certa al cento per cento. Ma essa avrebbe avuto tale sicurezza, solo se si fosse calata nella mente dell’uno e dell’altro capo. Nel qual caso, la essa avrebbe scoperto che il solo primiur dei Bankur era sincero, in quel suo trasporto di amicizia e di filantropia nei confronti dei Mornut e del loro capo. Inoltre, si sarebbe convinta che l'atteggiamento di Nerpus verso Sartok era basato esclusivamente sulla falsità, sulla bugia e sull’insincerità. Quanto alla sua simulazione, la quale vestiva l'abito del buonsenso, essa celava due iniqui obiettivi, ossia la distruzione del popolo bankurino e il subentro ad esso dei Mornut nella Valle senza Tempo, oltre che nella stupenda città di Ramnek.

La fine del biennio era stata salutata dalla nascita del piccolo Temos, a cui in avvenire sarebbe stato dato il nome di Touk, ovviamente non dai suoi genitori naturali. Egli veniva a rappresentare il terzogenito di Sartok; mentre gli altri due figli del primiur, nati già da vari anni, erano Evion, di quindici anni, e Grundo, di otto anni. Allora, in occasione del lieto evento, nella città di Ramnek c’erano stati dei grandi festeggiamenti. Ai quali avevano preso parte anche Nerpus e la consorte Geren, accompagnati da una loro scorta. Nella città bankurina, erano state indette perfino gare e giochi di vario genere, allo scopo di vivacizzare ulteriormente il clima di festa che vi si stava vivendo. Difatti lo si respirava da parte di tutti senza parsimonia in ogni angolo delle vie cittadine, dove non si smetteva di divertirsi e di fare gazzarra.

Con l’avvento dell’estate successiva, pure Nerpus era diventato nuovamente padre, per cui l’ultimogenita figlia Eldev veniva ad essere la quindicesima dei fratelli. Allora il capo dei Mornut aveva invitato Sartok a partecipare alla cerimonia di escissione. L’intervento ai genitali della piccola neonata sarebbe stato effettuato, secondo l’antico rito praticato dalla popolazione mornutese. Per l'occasione, egli aveva mandato a dirgli di presentarsi alla festa in pompa magna e con una scorta composta per lo meno da un migliaio di uomini. Il capo mornutese aveva giustificato all’amico la sua richiesta di quell’apparato folcloristico e paludato, in quanto era sua convinzione che esso sarebbe stato di buon auspicio per la bambina neonata. Inoltre, non doveva preoccuparlo il fatto che poi le donne mornutesi per la circostanza avrebbero dovuto servire più ospiti ed avrebbero dovuto cucinare per più persone. Esse, trattandosi dei loro amici Bankur, lo avrebbero fatto di buon grado, senza badare all'esoso lavoro da affrontare.

Ma perché Nerpus aveva preteso da Sartok di essere presente alla festa della figlia nel modo che abbiamo appreso? A cosa egli mirava? Sarebbe sembrato strano, se egli non lo avesse fatto per uno scopo ben preciso e se la sua richiesta fosse risultata un mero capriccio, senza occultare una sua azione empia. Comunque, tra poco ci sarà data la possibilità di comprendere chiaramente la vera ragione del perché essa c’era stata e quale larvata intenzione aveva spinto il capo dei Mornut a farla. Perciò stiamo a vedere in realtà cosa c'era sotto, cercando di seguirla con la massima attenzione.


Sartok si era presentato nel villaggio mornutese con la moglie Evaen e con un migliaio di soldati a cavallo, che formavano la sua scorta, esattamente come gli aveva richiesto Nerpus. Quanto alle vesti e alle armature dei cavalieri, esse si presentavano assai fastose, perché le une e le altre erano quelle che venivano indossate da loro nelle solenni cerimonie. Così, una volta pervenuti tra i Mornut, i Bankur erano stati ricevuti con tutti gli onori, come se fossero davvero loro fratelli. Per cui, a causa della speciale accoglienza che era stata loro riservata, Sartok, la moglie e la loro scorta non avevano presagito per niente quanto di infame stava per essere perpetrato a loro danno dal popolo ospitante. Si trattava di un fatto che presto si sarebbe palesato, a dir poco, sommamente riprovevole agli occhi di chiunque avesse una coscienza candida e giusta!

Dopo il rito dell’escissione, il quale era consistito nell’estirpazione del clitoride dal sesso della bambina, tutti si erano dati a banchettare lietamente in ogni angolo del villaggio. Dovunque si consumavano pasti succulenti e vini liquorosi. Ma gli ospiti bankurini, stando insieme con un numero equivalente di Mornut, banchettavano separatamente, ossia sul campo marzio del villaggio. In quella evenienza, nelle sole anfore di vino destinate a tali banchettanti, compresi quelli mornutesi, erano state versate delle sostanze soporifere, le quali avrebbero dovuto farli addormentare profondamente. Nerpus, nel suo inglorioso progetto, aveva voluto che anch’egli, insieme con i suoi uomini che banchettavano con i Bankur, si immergesse in un sonno pesante, non volendo destare alcun tipo di sospetto nei loro numerosi ospiti. Perciò, con molta disinvoltura, sia lui che gli altri Nerpus avevano bevuto lo stesso vino che trincavano i Bankur, servendosi dei medesimi boccali che lo contenevano. Così, già prima della fine del convito, in tale luogo tutti i banchettanti erano stati assaliti e vinti da un sonno insopprimibile. Esso, dopo averli privati delle loro varie facoltà psichiche e mentali, li aveva fatti crollare a terra russanti e privi del tutto di coscienza.

A quel punto, erano intervenuti dal vicino villaggio duemila soldati mornutesi, i quali, per prima cosa, si erano affrettati a svegliare Nerpus con spruzzi di acqua fredda. Dopo, sotto la sua direzione, avevano separato i corpi dei loro conterranei da quelli dei Bankur, spogliando questi ultimi delle loro belle uniformi e delle loro armi. In seguito si erano dati a decapitare tutti gli ospiti, ad iniziare dal loro primiur e dalla consorte di lui. I poveri disgraziati, mentre venivano privati delle loro teste con un taglio netto di scure, neppure potevano rendersi conto di ciò che gli stava succedendo, da parte delle sordide canaglie mornutesi. Così, quando i Mornut assopiti si erano destati dal loro torpore, la strage dei Bankur, da parte dei compagni incaricati, era stata già ultimata. Essa era stata attuata, secondo i piani di colui che l'aveva architettata nei minimi particolari, ovvero del loro capo. Le teste dei cavalieri bankurini, dopo essere state conficcate sulla punta di altrettante lance, venivano mostrate dagli euforici Mornut a cavallo, come trofei di guerra. Invece la parte restante di ogni spoglia mortale dei Bankur assassinati era stata gettata in pasto agli avvoltoi. I quali erano corsi a stormi da ogni parte della valle per dilaniare i resti mortali degli uccisi e divorarne le carni.

Volendo essere ragionevoli, gli sciacalli mornutesi, che esponevano con alterigia le teste mozze dei Bankur decapitati, non avevano niente di cui vantarsi e gloriarsi, dal momento che essi le avevano ottenute con nessun tipo di combattimento, ossia né leale né tantomeno infido. I loro avversari erano stati ammazzati mentre dormivano, senza avere avuto la possibilità di difendersi e di combattere ad armi pari contro di loro. Perciò i Mornut come potevano andare fieri di una decapitazione collettiva eseguita da parte loro in modo talmente ignominioso, che non si addiceva a dei veri soldati? Invece essi avrebbero fatto meglio a vergognarsi del loro vile atto, il quale equivaleva ad una imperdonabile vigliaccata, e del loro scellerato comportamento. Infatti, simili cose potevano giudicarsi solo spregevoli, nonché indegne di persone d’onore e di autentici guerrieri. A tale riguardo, non si sa se ci fosse stato qualcuno tra di loro a provare orrore per l’operato del suo capo Nerpus, oltre che esecrarlo. Ma era da augurarsi che il loro massacro, essendo stato messo in atto in quella maniera contro persone che neppure si consideravano loro nemici, avesse suscitato in qualche modo ribrezzo ed abominio almeno in una esigua parte dei Mornut. Anche perché quell'atto sarebbe dovuto risultare soltanto orrendo, esecrabile ed ingiustificabile agli occhi di coloro che avessero avuto un animo sensibile!

La seconda parte del turpe piano di Nerpus, dopo l’uccisione dei Bankur da lui ospitati, prevedeva la presa di Ramnek e il conseguente suo possesso da parte del proprio popolo. Entrambe le cose sarebbero avvenute senza esserci alcun assedio, poiché sarebbero stati gli stessi Bankur a spalancare ai nemici le porte della città. Come? Nel modo che tra breve ci si permetterà di conoscere.

Prima di far troncare le teste al primiur Sartok e agli altri che formavano il suo seguito, compresa la moglie, Nerpus li aveva fatti spogliare per evitare che le loro vesti e le loro armi venissero insozzati di sangue all’atto della loro decapitazione. Così in seguito egli, la sua consorte e una parte dei suoi uomini le avrebbero indossate con tutto il loro lindore, al fine di raggiungere il suo secondo obiettivo, il quale prevedeva l’ingresso nella città senza doverla assediare. Infatti, il farabutto voleva far credere alle guardie preposte all’apertura delle porte di Ramnek che era Sartok e la sua scorta a far ritorno nella loro città e non il migliaio di Mornutesi, che li avevano sostituiti. I quali, in quel momento, indossavano le loro uniformi e le loro armi. Sempre secondo il suo infame piano, il rientro sarebbe dovuto avvenire all’alba, quando le sentinelle bankurine si presentavano ancora mezzo addormentate, a causa del loro turno di guardia avvenuto nelle ore notturne. Durante la notte, invece, il grosso del suo esercito, composto da diecimila soldati, si sarebbe appostato nella vicina selva. Stando poi celato in quel luogo, esso si sarebbe tenuto pronto ad entrare nella città e a dilagare per le sue strade, subito dopo che vi fossero entrati i loro mille commilitoni nel modo che abbiamo appreso. I quali, una volta entrati, gli avrebbero anche spalancato le porte. Comunque, ci sarebbe stato un segnale convenuto a sollecitare i soldati nascosti ad intervenire in Ramnek, poiché avrebbero trovato le porte già spalancate, appunto per permettere il loro ingresso.

Ebbene, i fatti si erano svolti esattamente nella maniera che aveva previsto Nerpus. Le sentinelle, che erano di guardia sulle mura della ciclopica fortezza ed erano addette all’apertura del portone d’ingresso, non si erano avvedute per nulla dell’inganno. Per cui l’arrivo dei Mornut, camuffati com’erano alla perfezione, non le aveva fatte insospettire neppure minimamente, essendo convinte che si trattava proprio del loro capo Sartok e della sua scorta di ritorno dal villaggio mornutese. Per questo, senza alcuna esitazione, esse avevano aperte le porte a coloro che invece andavano ad occupare la loro città. Infatti, i Mornut guidati dal loro capo Nerpus, una volta all’interno di Ramnek, avevano fatto tacere per sempre i pochi soldati di ronda che stavano per terminare il loro turno di notte. Ma prima di darsi alle loro razzie di ogni sorta, essi avevano atteso che pure il loro esercito vi si riversasse per intero. Soltanto allora era cominciato ad esserci il finimondo nella città bankurina. Una volta sorpresa ed assalita durante il sonno, la sua popolazione, compresi i soldati che erano distaccati all’interno della fortezza, era stata sterminata senza poter opporre nemmeno la più esile resistenza. Quest’ultima, non avendo avuto modo di esserci, non aveva creato alcun tipo di problema agli invasori. All’improvviso, perciò, dovunque si era scatenato l’inferno e non un Bankur maschio era potuto sfuggire ai reparti d’assalto degli imbaldanziti conquistatori. Alla fine i Mornut avevano raggiunto anche la dimora del primiur, dove avevano giustiziato i suoi due figli più grandi senza alcuna pietà. Ma ciò che aveva stupito ed indispettito Nerpus e la sua scorta personale era stato il fatto che in quel luogo non si era potuto trovare l’ultimogenito di Sartok, sebbene si fosse cercato in ogni angolo del sontuoso edificio. Dappertutto non si era riusciti a reperire qualche indizio del piccolo Temos, il quale quel giorno compiva sei mesi. Allora Nerpus aveva ordinato che le ricerche venissero effettuate a largo raggio sia in città che nelle sue parti viciniori, fino a quando il bambino non fosse stato trovato.

Come mai l’infante era sparito dalla casa paterna e non si trovava più con gli altri due fratelli maggiori? Bisogna sapere che il piccolo era stato affidato alle cure della nutrice Imbra, la quale avrebbe dovuto allevarlo fino all’età di tre anni. La donna, non si sa come ci fosse riuscita, si era accorta prima degli altri di quanto stava succedendo in Ramnek. Perciò si era sbrigata ad abbandonare la casa del primiur, portando con sé il suo poppante. In seguito, attraverso un sotterraneo noto solo a pochi, la balia si era ritrovata fuori le mura. Una volta che si era allontanata dalla città in groppa ad un veloce cavallo, la poveretta aveva intrapreso un sentiero poco battuto, il quale conduceva ai monti situati ad est della loro fortezza. In prossimità di quelle alture, essendosi accorta di essere inseguita, aveva sistemato alla meglio la creaturina sopra il basto della bestia ed aveva spinto quest’ultima a darsi ad una folle corsa verso la vicina catena montuosa. La donna, invece, essendo stata raggiunta poco dopo dai Mornut inseguitori, aveva preferito parlare la lingua dei pesci, anziché rispondere alle loro domande. Il quale suo atteggiamento alla fine aveva fatto perdere la pazienza ai suoi inquirenti aguzzini. Allora essi, per vendicarsi, si erano dati a massacrarla di botte a più non posso, fino a quando non aveva emesso il suo ultimo respiro.

Alcune ore più tardi, quando oramai i cavalieri mornutesi avevano pestato a morte Imbra e se n’erano ritornati a Ramnek, il cavallo con il bambino se la pascolava in un prato verde, che si distendeva in prossimità della zona montuosa più avanzata. In quei paraggi, la bestia si era messa a spostarsi da una parte all’altra del campo prativo con il prezioso carico umano, brucando e calpestando i lunghi fili di erba. Ma poco dopo essa era stata raggiunta da un uomo appiedato, dall’apparente età di quarant’anni. Lo sguardo acuto e profondo del suo volto lasciava supporre che ci si trovasse di fronte ad un eremita, che aveva scelto di condurre la propria esistenza lontano dagli altri suoi simili. Così egli subito aveva scoperto che sul basto del cavallo, aggiustato in un panno grossolano, c’era un bambino che se la dormiva placidamente.

A quella scoperta, lo sconosciuto era montato a cavallo e, cavalcando nei dintorni, si era messo alla ricerca dei genitori del piccolo dormiente. Invece, dopo essersi imbattuto nella donna picchiata a morte, era venuto a conoscenza dell’amara realtà, cioè che il bambino era diventato da poco un infelice orfano bisognoso di aiuto e di affetto. A tale cruda realtà, egli aveva deciso di condurlo con sé dove abitava e di prendersi cura di lui. Prima di giungervi, però, l’uomo aveva dovuto superare alcune cime montuose, dove si era ritrovato sopra un pianoro racchiuso da costoloni rocciosi. In quel luogo solitario, si trovava la sua capanna, attiguo alla quale era ubicato un ovile. In esso si trovavano rinchiuse varie decine di capre, le quali si presentavano tutte ben nutrite.

Chi era l’ignoto personaggio che, mosso a pietà di Temos, aveva preso la decisione di allevarlo nella sua dimora, come se fosse un proprio figlio? Si trattava di Oksur, un maestro che eccelleva tanto nelle armi quanto nelle arti marziali. Anche la sua storia aveva avuto dell’incredibile presso la città natale, dove la sua vita, per qualche tempo, era stata coronata da continui trionfi e successi. Per tale motivo, adesso vale la pena aprire una nuova parentesi, allo scopo di presentarla ai lettori nei suoi tratti più significativi e coinvolgenti.