30-ALLA MORTE DEL RE KODRUN, GLI SUCCEDE IL FIGLIO CLORONTE
Dopo che l'esercito beriesko ebbe tolto l'accampamento, intraprendendo la via del ritorno verso la loro remotissima terra, anche gli altri eserciti edelcadici, l'uno dopo l'altro, iniziarono a sloggiare dai territori appartenenti ad Actina, volendo anch'essi raggiungere al più presto le rispettive città. I soldati dorindani furono gli ultimi a ripartire alla volta della loro Dorinda, poiché il re Nortano aveva invitato il loro sovrano a trascorrere un po' di tempo in più nella propria città, gradendo assai la sua compagnia. Nel frattempo, Tio, ricorrendo ad alcune erbe medicamentose, avrebbe pensato a curargli e a guarirgli le numerose ferite, quelle che si era procurato durante il torneo, nella gara con le spade. L'invito fatto al giovane re da parte del sovrano di Actina, più che rappresentare una semplice forma di cortesia, aveva avuto come scopo una migliore conoscenza reciproca. Esso, infatti, mirò a uno scambio di vedute in merito all'unità soprannazionale dell'Edelcadia, ossia di quella unità spirituale di tutti gli Edelcadi, che avrebbe dovuto farli considerare in ogni tempo etnie di una unica stirpe. In base alla quale, essi si sarebbero dovuti considerare popoli fratelli, evitando in ogni tempo di combattersi fra loro. Inoltre, si sarebbero dovuti coalizzare, ogni volta che il territorio edelcadico fosse stato minacciato da gente straniera.
Per l'intero periodo della loro permanenza ad Actina, il re Kodrun, Lucebio, Tio e la piccola Elinnia furono ospitati dal re Nortano nella sua reggia, dove venne riservata loro un'accoglienza di prim'ordine. Quanto al sovrano actinese, dopo essere guarito dalle ferite ed aver riacquistato le forze perdute, grazie alle cure del bravissimo Tio, invitò quest'ultimo ad impartirgli alcune lezioni di scherma, avendolo stupefatto la sua tecnica durante il torneo. Dopo averle ricevute, esse migliorarono di molto le sue già discrete abilità di schermitore. Ma dopo tre mesi di soggiorno in Actina, il re Kodrun, con il massimo piacere dei suoi soldati, diede ordine al suo esercito di levare le tende e di rimettersi in marcia verso Dorinda. Mentre lasciava la Città Santa, un bagno di folla, accompagnandolo fin fuori le mura, si espresse con acclamazioni di tripudio e di riconoscenza verso il loro salvatore. Tutti gli Actinesi gli riservarono la stessa stima e lo stesso calore che già gli avevano dimostrato la volta precedente, quando aveva fatto ingresso nella loro città da benamato salvatore. Ci riferiamo al tempo in cui essi gli avevano tributato un'accoglienza trionfale, dopo che l'illustre stratega aveva assalito le orde berieske, che stavano assediando la loro città, e le aveva sbaragliate.
Da parte sua, il re Nortano, prima che il re dorindano si mettesse in cammino in direzione della remota Dorinda, gli fece dono di una comoda portantina. Essa doveva servire a trasportare la figlia del leggendario Nurdok durante il ritorno alla loro città. Con tale suo regalo, egli fece soffrire il meno possibile alla bambina i disagi del lunghissimo viaggio verso la lontana Città Invitta. Comunque, dovettero trascorrere circa due mesi, prima che i soldati dorindani entrassero trionfalmente nella loro città e si ricongiungessero alle loro famiglie. Le quali li avevano attesi per lungo tempo con ansia e trepidazione. Il re Kodrun e la sua cerchia di amici erano pervenuti a Dorinda il giorno prima, insieme con l'ultimogenita di Nurdok. La ragazza li aveva seguiti in città non più sulla portantina, ma era stata tenuta da Tio in groppa al suo cavallo. Il formidabile giovane si era sentito onorato di avere avuto tale compito.
Da quel momento in poi, iniziò per Dorinda un ventennio d'oro, in virtù dell'autorevolezza e del prestigio, che il suo quarantacinquenne re Kodrun si era guadagnato. Egli, anno dopo anno, fece in modo che la sua città assurgesse ai fastigi della gloria, facendole conseguire così l'egemonia sulle altre otto città. Perciò, grazie al suo predominio militare e politico, Dorinda divenne il punto di riferimento per le restanti città edelcadiche. Infatti, vi si iniziarono a svolgersi i più importanti congressi panedelcadici, che avevano come scopo principale il rinsaldamento dei loro rapporti politici e commerciali. I quali tendevano altresì a conseguire una compatta e duratura unità spirituale. Quest'ultima, nel caso che si fosse attuata concretamente, avrebbe scoraggiato i Tangali stanziati oltreconfine dall'aggredire ancora gli Edelcadi. Ma essi facevano intendere che non avrebbero mai rinunciato ai loro continui tentativi di invasione dell'ubertosa Edelcadia, dal momento che le loro terre erano aride e non davano alcuna possibilità neppure di dedicarsi alla caccia.
Nel frattempo, essendo trascorsi una decina d'anni, la piccola Elinnia era cresciuta in mezzo al fasto di corte, dove si erano susseguite tante cerimonie sfarzose e serate di gala. Ella, mentre cresceva rapidamente, si era avvezzata sempre di più al nuovo stile di vita. Esso le aveva fatto acquisire soprattutto alcuni modi regali ed eleganti, i quali non avevano nulla a che vedere con certi atteggiamenti manierati delle altre donne che frequentavano la corte. Perciò ben presto la sua bellezza, la sua grazia e la semplicità dei suoi modi finirono per rifulgere agli occhi di coloro che bazzicavano la corte del re Kodrun, i quali non potevano non ammirarla come si meritava. Le sue doti speciali non erano sfuggite soprattutto al principe ereditario, che era Cloronte. Allora costui si diede a considerarla non più un'acquisita sorellina piena di capricci, bensì una vera donzella degna delle sue attenzioni più riservate. La figlia dello straordinario superum della Berieskania, infatti, a poco a poco era riuscita ad ispirargli un sentimento, il quale rappresentava molto di più dell'affetto che si poteva avvertire verso un parente. Come Cloronte si rendeva conto, esso era andato somigliando sempre maggiormente all'amore. Così alla fine egli le confessò di essersi innamorato perdutamente di lei e non vedeva l'ora di renderla sua sposa. Anche ad Elinnia era capitata la stessa cosa, poiché anch'ella si era andata invaghendo del principe ogni giorno di più e con sempre maggiore intensità. Per cui, a un certo punto, smise di ritenerlo il caro fratello acquisito dei tempi andati per fare subentrare in lei il dolce sentimento dell'amore.
Venti anni dopo la tentata invasione dell'Edelcadia da parte del popolo dei Berieski, Kodrun, colto da un malore improvviso, moriva all'età di sessantacinque anni. Allora legittimamente gli successe sul trono di Dorinda il suo unigenito Cloronte, il quale a quell'epoca aveva già compiuto trentadue anni. Così egli divenne signore del più vasto e del più ricco territorio dell'Edelcadia. Ma ad un anno dall'incoronazione, il giovane re prese la decisione di sposare la ventiseienne Elinnia, la quale, già da un quinquennio abbondante, rappresentava per l'erede al trono la donna dei suoi sogni. Per questo il neo sovrano di Dorinda non intendeva perdere più tempo nell'unirsi in matrimonio con lei, dalla quale sperava di avere almeno una coppia di figli. In passato, sia il re Kodrun che la regina Lurella, erano stati sempre al corrente della passione amorosa che il loro unigenito nutriva per la virtuosa figlia del mitico Nurdok. Come pure non avevano mai ignorato che la graziosa fanciulla ricambiava con tenerezza l'amore, che il loro figliolo le dedicava ardentemente e senza risparmiarsi. Essi, da parte loro, non avevano mai osteggiato l'amore dei due giovani innamorati, né avevano cercato di ostacolarlo; al contrario, lo avevano caldeggiato, fin dal suo primo nascere. A quel tempo, Cloronte aveva ventidue anni ed Elinnia ne aveva solo sedici.
In seguito alla morte del padre, avvenuta ad una età neppure troppo avanzata, e alla sua incoronazione a re di Dorinda, il novello sovrano annunciò alla madre che desiderava sposare la dolce Elinnia, siccome l'amava da vari anni. Al suo annuncio, la regina Lurella, che era già a conoscenza dei loro rapporti amorosi, subito concesse il proprio beneplacito alla loro unione senza alcuna riserva. Naturalmente, sposando la sua amata Elinnia, il successore di Kodrun avrebbe fatto un'ottima scelta, visto che la figlia del celebre Nurdok era una fanciulla casta ed avvenente. Inoltre, era dotata di tutte quelle virtù che ogni uomo si augurava di trovare nella propria donna. Specialmente la sua gentilezza e la sua nobiltà d'animo facevano stupire in modo incredibile coloro che avevano dei contatti con lei! Elinnia, poiché si era sempre mostrata virtuosa, umile, caritatevole, affettuosa e fedele, non era potuta sfuggire al mite e nobile Cloronte. Anche perché costui era vissuto accanto a lei per venti lunghi anni, i quali erano stati tutti stupendi ed incantevoli.
Il sovrano decretò di unirsi in matrimonio con Elinnia con sontuosi ricevimenti e con grande pompa, cioè con una solenne cerimonia, la quale avrebbe dovuto esprimere l'intera magnificenza di corte. Per questo fece bandire ai quattro venti le loro nozze, affinché tutti nel suo regno ne venissero a conoscenza e se ne rallegrassero ovunque si trovassero. A quell'annuncio, la totale popolazione di Dorinda, che da poco aveva smesso di piangere la morte del suo amato re Kodrun, ne gioì immensamente. Perciò prese parte giubilante ai ricchi festeggiamenti e ai lauti banchetti, i quali erano stati decretati dal suo re in occasione di quell'avvenimento così importante per sé e per la sua adorata compagna. Alle nozze furono invitati tutti gli altri re dell'Edelcadia e, con un congruo anticipo, perfino il celebre padre della sposa. Essi vi parteciparono con uno sfarzo regale superbo; ma soprattutto si mostrarono di una munificenza ineguagliabile verso la coppia di regnanti sposi.
A nozze avvenute, il glorioso superum dei Berieski, prima di prendere commiato dalla diletta figliola, volle incontrarla in separata sede. Così, manifestandole parecchia preoccupazione per il futuro della città di Dorinda, desiderò farle il seguente discorso:
"Mia adorabile Elinnia, nel rivederti dopo tanti lunghissimi anni, ossia quando sei già una donna fatta, la quale non ha più niente in comune con quella bambina bizzosa di tanto tempo fa, ho provato una gioia incommensurabile. In pari tempo, mi sono sentito consolare dal fatto che ti ho trovata molto felice e la più fortunata delle regine edelcadiche. Insomma, meglio di così non ti poteva capitare in questa vita! Dal giorno in cui fui costretto ad affidarti al re Kodrun, l'artefice della grandezza di Dorinda e mio indimenticabile amico, ho continuato a pensare a te. Certe volte ho perfino pianto, a causa dell'immensa distanza che ci separava e che non ci permetteva di vederci spesso come prima. A ogni modo, trovandoti a vivere una vita che è senz'altro migliore di quella che ti avrebbe offerta il nostro mondo, non posso che ringraziare il divino Mainanun ed inchinarmi ai suoi saggi disegni, i quali ti hanno riservato tantissima generosità. Stanne certa che riferirò ai tuoi dodici fratelloni che possono andare fieri della loro sorellina, la quale è diventata la sposa del figlio del valorosissimo re Kodrun e la rispettata regina della più potente delle città dell'Edelcadia. Per questo essi non avrebbero potuto sperare di meglio per te dalla munifica sorte, che ha voluto premiarti e continuerà a farlo in avvenire con la nascita del tuo primogenito.
Ora, siccome questo incontro quasi di sicuro per noi sarà l'ultimo, considerate la mia già matura età e l'immensa distanza che si frappone fra le nostre terre, ti lascio questa gabbia con dentro una coppia di piccioni viaggiatori. Devi sapere che essi sono delle bestioline molto intelligenti, le quali, non appena verranno messe in libertà, ti garantisco che voleranno direttamente da me. Dovessero trovarsi anche in capo al mondo! Identicamente si comporterà la loro prole, dopo che i volatili si saranno riprodotti. Mi stavo dimenticando che qui già avete dei piccioni uguali, avendoli consegnati al mio amico Kodrun, quando ti affidai a lui tanti anni fa. Grazie ai quali, tu e tuo marito siete riusciti a mettermi al corrente del vostro matrimonio. Perciò, se un giorno verrai ad aver bisogno del mio aiuto, ti basterà avvisarmi con uno di questi piccioni ed io mi mobiliterò e mi precipiterò da te con tutto il mio invincibile esercito. E non sarà la mia vecchiaia a trattenermi dal venirti in soccorso! Sappi, mia cara figlia, che l'Edelcadia non dà più affidamento, circa una fratellanza ed una pace durature. Secondo quanto mi è dato di comprendere, qui ciò che si giura oggi non ha più valore domani. Soltanto se fosse rimasto vivo tuo suocero, essa sarebbe continuata a rigare diritto; ma, con il tuo Cloronte, ho i miei dubbi che ciò avverrà! Ha altre strane idee il tuo ingenuo consorte; però, secondo il mio parere, il non fidarsi esclusivamente delle armi, è un grosso sbaglio. Addio, Elinnia!"
Dopo essersi abbracciato con la figlia, Nurdok si accomiatò da lei ed intraprese la via del ritorno. Mentre si allontanava da Dorinda, egli, insieme con l'orgoglio di aver maritato la figlia che meglio non si poteva, portava nel cuore qualcos'altro. Prevedendo che il futuro del re Cloronte non sarebbe stato affatto florido e sereno, un cupo accoramento ed un vivo rammarico cominciarono ad agitarsi in lui in maniera preoccupante. Gli sembrò che essi non volessero più abbandonarlo. Alla fine Nurdok, confidando nelle due benigne divinità dei loro popoli, le quali erano Matarum e Mainanun, si tranquillizzò un poco. Perciò provò a considerare i destini di Dorinda con una visione più ottimistica e con minore preoccupazione. Specialmente lo risollevò il pensiero che la figlia avrebbe generato colui che in seguito sarebbe divenuto il più grande eroe di tutti i tempi. Il quale, ancora più di lui e del re Kodrun, egli sarebbe stato in grado di affrontare qualsiasi calamità che si fosse abbattuta sulla sua Dorinda. Similmente, avrebbe gestito pure qualunque situazione critica, se qualcosa fosse andato storto alla propria città e alla propria famiglia! Riguardo a questa sua ultima considerazione, l'eccezionale Nurdok non si sbagliò. Giustamente, più del primogenito del genero, nessuno sarebbe stato in grado di fronteggiare la tragica situazione che si prevedeva per il popolo dorindano. Egli senz'altro l'avrebbe cavalcata da vincitore ed avrebbe punito i nemici del padre come si meritavano. Così avrebbe fatto giustizia ed avrebbe ridato alla città di Dorinda la serenità e l'antico splendore di un tempo, esattamente come previsto dalla sorte.
Salito al trono di Dorinda, il re Cloronte preferì dare alla sua città un indirizzo politico completamente nuovo, il quale si discostava parecchio da quello paterno. A suo parere, il genitore aveva sbagliato e si era dimostrato un re per niente giusto, quando si era messo al di sopra di tutti gli altri sovrani dell'Edelcadia. Un altro suo errore, che era da considerarsi ancora più grave, era stato quello di arrogarsi il diritto di poter decidere al posto loro pure sulle questioni afferenti l'universale popolo edelcadico. Perciò quel suo atteggiamento, che si ispirava ad ingiusti principi di supremazia sugli altri monarchi, non era da considerarsi accettabile. Invece era da rigettarsi, sebbene gli altri sovrani non lo avessero contestato, per una pura soluzione di comodo! Dunque, bisognava spogliarsi di tale veste di superiorità, prima che essa venisse fraintesa e giudicata da qualcuno come un attentato alla libertà e all'autodeterminazione dei singoli popoli edelcadici. Inoltre, poco alla volta, il predominio di Dorinda nella potenza militare doveva essere ridimensionato sempre di più, fino a farlo sparire interamente. Secondo il suo pensiero politico, la pace si coltivava, non incutendo timore agli altri popoli, bensì rassicurandoli ed instaurando con loro un rapporto sereno e paritario.
Ben presto la già felice coppia reale fu ulteriormente allietata dall'arrivo di tre meravigliosi maschietti, le cui nascite c'erano state una ogni anno. I loro figli, riferiti in ordine di grandezza, furono chiamati Iveonte, Londio e Nucreto. Da quel momento, i frutti del loro lieto matrimonio cominciarono a rappresentare, per i regnanti di Dorinda, l'unico bene a cui poter dedicare tutte le loro amorevolezze e ogni loro cura affettuosa. Per tale motivo, non smisero mai di farlo, fino a quando fu loro consentito. Purtroppo, com'è consuetudine delle umane vicende, anche il bel cielo azzurro che illuminava la vita di Cloronte e di Elinnia, rasserenando i loro pensieri, si preparava ad abbuiarsi. Infatti, già si andavano profilando all'orizzonte le prime fosche nuvole, che si rivelavano foriere di imminenti eventi tempestosi! La qual cosa voleva dire che i due regnanti presto sarebbero rimasti schiacciati sotto il peso di innumerevoli tribolazioni, che un avverso e crudele destino non si sarebbe fatto scrupolo di arrecare ad entrambi. Si trattava del ciclone che il sagace Nurdok già aveva previsto, quando c'erano state le nozze della figlia, alla quale lo aveva pure preconizzato, nel momento che si congedava da lei.
Da ottimo conoscitore degli uomini, nonché dei loro difetti e delle loro virtù, il grande eroe beriesko all'istante aveva compreso quanto si presentasse effimero e traballante il regno del genero, dal momento che gli mancava la stoffa del suo glorioso genitore. Stando alle sue previsioni, Cloronte assai presto si sarebbe trovato a competere con gli altri sovrani edelcadici, che si sarebbero rivelati degli ingordi avvoltoi. Mentre egli giammai avrebbe potuto indurli alla ragione e spegnere la loro ingordigia con il suo atteggiamento di timida colomba! Al contrario, la sua politica li avrebbe invogliati di più ad aggredirlo, dopo avere atteso il momento giusto per portargli via ogni ricchezza ed ogni possedimento. In quel modo, manifestando la loro totale famelicità, la quale era stata tenuta a lungo nascosta dentro il loro animo, avrebbero cercato di soddisfarla nella migliore maniera possibile. Bisognava soltanto vedere quando ciò sarebbe avvenuto e se gli sarebbe stato possibile correre in aiuto dell'ingenuo marito della figlia, che assomigliava più a una timida colomba.
Adesso, prima di proseguire a raccontare la nostra storia, la quale tra poco si ricollegherà alla nascita di Iveonte, occorre approfondire alcuni fatti che avevano riguardato e preceduto la nascita del primogenito del re Cloronte. In questo modo, ci verrà svelato anche il mistero che avviluppava il nome del principe ereditario di Dorinda. Per il qual motivo, non possiamo assolutamente restare all'oscuro sia di tali fatti sia del perché essi avevano un'attinenza con il nostro eroe. Ma occorre apprenderli, secondo l'ordine cronologico in cui ciascuno si era ritrovato a svolgersi, poiché soltanto in questa maniera essi ci resteranno meglio impressi nella mente.