299-L'ANELLO D'IVEONTE FA AVVERARE IL VATICINIO DELL'INDOVINA CERLA
Al sorgere del sole, i duri e caparbi capi dei due villaggi delle Terre senza Pace, al loro risveglio non si ritrovarono nel proprio letto, accanto alle rispettive consorti. Invece, contro ogni loro aspettativa, rimasero sorpresi nel vedersi legati a due alberi vicini, l'uno dirimpetto all'altro. Ai lati di ognuno di loro, c'erano due Lutros a fare la guardia, ad evitare che essi potessero slegarsi e fuggire. Nel vedersi in quelle condizioni, il primo ad aprire bocca fu Felub. Egli, dando in escandescenze, si diede a gridare:
«Come mai mi trovo in questo posto, legato ad un albero, come se fossi un vero salame! Vorrei sapere chi è stato a giocarmi questo ignobile tiro mancino! Ma gli garantisco che me la pagherà, non appena riuscirò a liberarmi da questi legacci!»
Essendosi poi reso conto che anche il capo dei Boios si trovava nella sua medesima situazione, anch'egli avvinto ad un albero di fronte a lui, si affrettò ad affermargli:
«Vedo che hanno sistemato pure te per le feste, Duzon, proprio come hanno fatto con me! Spero che almeno tu sappia dirmi chi ci ha ridotti in questo miserabile stato!»
«Credevi, Felub, che fossi solo tu un capo?» gli rispose il suo interlocutore «Se non te ne sei ancora accorto, qualcuno ce l'ha proprio con noi due, siccome siamo io il capo dei Boios e tu il capo dei Normuk! Ma stanne certo che, prima o poi, il nostro catturatore si farà vivo e ci dirà perché ci ha ridotti nella condizione in cui siamo. Vedrai che tra non molto avverrà quanto ti ho detto, poiché egli vorrà chiarirci perché lo ha fatto!»
«Duzon, chi dovrebbe avercela con entrambi? E per quale motivo? Io non so darmi una spiegazione a tale riguardo! Se poi sai qualcosa che io non so, ti esorto a mettermene al corrente!»
«Felub, ho soltanto qualche vago sospetto, circa l'autore del nostro rapimento. Secondo il mio parere, sarà stata la stessa persona che ieri notte ha liberato anche i nostri figli ultimogeniti dalla segreta sotterranea. Sono sicuro che non può essere altrimenti!»
«Mi stai affermando, Duzon, che hanno liberato pure loro, prima che sequestrassero noi?!»
«Certamente, Felub! Ma perché ti sei espresso così? È stato forse liberato qualcun altro, oltre a Nolup e ad Elkes? Se è vero, vuoi farmi sapere chi altro ha usufruito della liberazione, da parte dello sconosciuto?»
«Nella stessa notte, Duzon, è stata liberata anche l'amica di mia figlia, dopo che sono state tramortite le sentinelle che sorvegliavano la sua prigione! A tale riguardo, ti rendo noto che nessuno si è accorto di nulla, mentre Nepda veniva liberata da persone ignote. Si è trattato di un lavoro eseguito da veri professionisti! Vorrei sapere in quanti sono stati a farlo!»
«La stessa cosa è avvenuto nel mio villaggio, Felub, dove neppure sono mancate da parte dei liberatori dei nostri figli una indubbia professionalità e una rapidità impressionante, mentre eseguivano la loro liberazione. Comunque, ho dei fondati sospetti che la medesima persona abbia guidato gli esecutori della loro scarcerazione, agendo in fretta e in modo professionale! Ma sono anche convinto che essa presto si farà viva, poiché vorrà avanzarci le sue proposte, se non saranno proprio delle vere condizioni!»
«Quindi, altri uomini hanno collaborato con il nostro rivale, Duzon, siccome le pesanti lastre rocciose che coprono le segrete non potevano essere sollevate da una sola persona! Saranno stato gli stessi che lo hanno anche aiutato a prelevare noi due dalle nostre capanne, dopo averci narcotizzati ed aggiustati sui nostri stessi cavalli!»
«Un fatto del genere era scontato, Felub, e non c'è bisogno che tu me lo faccia presente, magari tirando ad indovinare! Saranno stati senz'altro degli uomini al suo comando! Quanto al motivo, si vede che egli non ha gradito la punizione che abbiamo inflitto ai nostri ragazzi. Perciò è intervenuto in loro soccorso, sequestrando anche noi, che siamo i loro genitori!»
«Ma lo sconosciuto come si è permesso di interferire nel nostro operato, Duzon?! Si crede forse superiore a noi, per azzardarsi a dettarci le sue leggi? Ti prometto che egli pagherà molto cara la sua ingerenza, non appena verrò a sapere chi è stato ad eseguire la nostra cattura!»
«Per il momento, Felub, come puoi renderti conto, è il nostro catturatore ad avere il coltello dalla parte del manico. Quindi, egli soltanto può lanciare minacce contro di noi e non noi contro di lui! Te ne devi convincere, rinunciando alle tue attuali minacce, poiché, come si sono messe le cose, esse non ti possono essere di nessuna utilità! Rammentalo!»
«Sapresti dirmi, Duzon, con quale diavoleria egli ci ha fatti trovare in questo posto, senza neppure farcene accorgere? Come vedo, egli adesso ci sta facendo anche vivere l'identica sorte, la quale non si presenta affatto buona, legati come siamo a questi alberi pieni di sonno. Io non riesco a spiegarmelo in nessuna maniera! Prima o poi, avrò l'opportunità di incontrarlo e di suonargliene quattro, proprio come si fa con i muli dalle nostre parti. Te lo garantisco!»
«Felub, egli non è ricorso ad alcuna azione diabolica nel prelevarci dalle nostre capanne. Ha soltanto narcotizzato noi e le nostre mogli, prima di legarci e di farci aggiustare dai suoi uomini sulle groppe dei nostri cavalli. Dopo ci hanno portati via dal nostro villaggio, senza essere disturbati da nessuno, poiché tutti dormivano. Ecco quanto è successo!»
«Duzon, ti riferisci al nostro comune nemico, come se tu lo conoscessi! Hai forse già avuto a che fare con lui? Mi sa proprio di sì, se ne parli, senza affatto scomporti! Non mi dire che hai fatto già pure la sua esperienza!»
«Non sono stato io a fare la sua personale conoscenza, Felub; invece è stato Traxos, il mio braccio destro. Il forestiero gli ha impedito di catturare il nostro ricercato Eliun, dopo averlo raggiunto nel suo campo. Per cui egli non ha potuto consegnartelo, come avevamo stabilito, per fartelo seppellire nella segreta con l'amica di tua figlia! Ecco quello che so su di lui!»
«Possibile che il tuo Traxos si sia fatto condizionare da lui, evitando di appioppargli una bella lezione? Duzon, da quando egli si è rimbecillito? Io l'ho sempre considerato un guerriero valoroso, come ce ne sono pochi nei nostri due eserciti. A volte l'ho perfino ritenuto alla nostra altezza nel maneggio delle armi e nella lotta libera!»
«Quanto a valore, Felub, il mio Traxos lo è senz'altro alla nostra portata! Ma, nonostante la sua indubbia bravura nell'uso delle armi e nella lotta libera, il misterioso forestiero è riuscito lo stesso a conciarlo bene per le feste! Lo ha battuto prima nella scherma e poi nella lotta, grazie all'imbattibilità che egli ha dimostrato nell'una e nell'altra specialità!»
«Come fai a dire, Duzon, che questo ignoto combattente, che consideri molto in gamba, viene da fuori? Che cosa te lo ha lasciato supporre? Sai forse qualcosa anche sulla sua provenienza? Vorrei conoscere più cose possibili che lo riguardano, per favore!»
«Sappi, Felub, che abbiamo già appurato che lo sconosciuto non è delle nostre parti. Traxos lo ha incontrato, mentre inseguiva Eliun. Egli era accampato sul nostro territorio con un centinaio dei suoi uomini. Secondo quanto ha dichiarato al mio secondo, un violento temporale di poco prima ve li aveva fatti capitare contro le loro previsioni.»
«Ti sei ancora chiesto, Duzon, cosa vorrà ottenere il forestiero da noi, adesso che ha liberato i nostri ultimogeniti e ci ha fatti suoi prigionieri? Comunque, sono certo che non ha intenzione di ucciderci; altrimenti lo avrebbe già fatto nelle nostre capanne, senza condurci via da esse e farci trovare adesso in questo luogo! Non sei d'accordo con me, almeno in questa mia logica constatazione attuale? Penso che tu lo sia!»
«Ad esserti sincero, Felub, neanche io riesco ad immaginarmi qualcosa di diverso sulle intenzioni del forestiero. Ma stanne certo che sarà lui stesso a farci le sue richieste o ad imporci le sue condizioni, in cambio della nostra vita! Al più presto, egli ci farà una sua visita; ma non posso affermarti se ci risulterà gradita oppure sgradita. Lo sapremo, quando ci si presenterà tra poco e ci metterà al corrente di ciò che realmente pretende da noi due.»
Duzon aveva appena terminato il suo ultimo intervento, allorquando Iveonte venne fuori dall'antro in compagnia di Tionteo. Avendo poi ascoltato le ultime parole del capo boiosino, egli, al fine di confermargli che aveva visto giusto, non tardò ad asserirgli:
«È proprio come hai pensato, Duzon! Si tratta soltanto di decidere, da parte vostra, in cambio della vostra vita naturalmente, se volete accogliere le mie condizioni di vostra volontà oppure intendete costringermi ad imporvele con la forza. Ma tra breve saprò per quale delle due alternative opterete, poiché sarete obbligati a farlo, volenti o nolenti! Intesi? Allora vediamo chi di voi due vorrà rispondermi prima dell'altro.»
Duzon si prestò per primo a parlare al loro catturatore, dicendogli:
«Soltanto perché ci hai fatti tuoi prigionieri subdolamente, forestiero, credi di poterci anche assoggettare ai tuoi voleri? Se sei di questo avviso, allora puoi scordartelo, siccome ti sarà molto arduo ottenere forzatamente qualche concessione da parte nostra! Mi sono spiegato in modo eloquente, emerito sconosciuto? Come potrebbe essere altrimenti!»
«Il capo dei Boios ha parlato da vero capo, forestiero!» intervenne nella conversazione pure Felub «Piuttosto ci faremo ammazzare, anziché cedere alle tue minacce! Inoltre, mi sai dire come te la caverai dopo con i nostri due popoli, una volta che ci avrai uccisi? Oppure sei convinto che la tua infamia funzionerà anche con le migliaia dei nostri guerrieri? Comunque, già mi sono fatto una limpida idea sul tuo conto. Tu sai avere la meglio con i tuoi avversari, unicamente ricorrendo alle magagne, delle quali hai continuato a servirti per catturarci entrambi. Si vede che ti manca il fegato per affrontarli a viso aperto, non essendo un guerriero di alto livello, come lo siamo noi due, cioè io e Duzon! Ammettilo, spudorato vigliacco, che è come ti ho appena affermato!»
«Stanne certo, capo dei Normuk,» Iveonte fu sollecito a rispondergli «che presto chiariremo pure questo particolare riguardante il valore di ciascuno di noi. Intanto ti invito a chiedere a Duzon se ha lo stesso tuo concetto, circa il mio coraggio e il mio valore. Se non lo sai, Felub, grazie ad ambedue i miei pregi, il suo Traxos si starà ancora leccando le numerose ferite, che gli ho procurato qualche giorno fa nel mio campo!»
«Non mi interessa conoscere ciò che è avvenuto tra te e Traxos, forestiero. Ma so che hai agito da imbelle nei nostri confronti. Per farci tuoi prigionieri, hai dovuto sorprenderci nel sonno! Per me si è trattato di un'autentica vigliaccata, visto che la tua azione non può avere un altro nome! Anche Duzon, riguardo ad essa, sarà pienamente d'accordo con me, essendo la pura verità quanto ti ho espresso!»
«Se sono ricorso a tale espediente, Felub, di certo non è stato per codardia. Ho voluto solo evitare di coinvolgere i vostri due popoli. Altrimenti, sarei stato obbligato a farne una terrificante mattanza contro la mia volontà, senza che essi ne avessero qualche colpa. Invece, agendo come ho fatto, ce la possiamo vedere soltanto fra noi tre, evitando di fare rumore e con fatti concreti e convincenti!»
«Ah, ah, forestiero! Sai che mi fai proprio ridere?» lo rimbeccò Felub «Con soli cento uomini al tuo comando, osi asserire che potresti falcidiare i nostri due eserciti? A quanto vedo, parli proprio come un mentecatto! Già, da te avrei dovuto aspettarmi soltanto qualcosa del genere! Molto presto, però, saremo noi a farti rinsavire!»
«I miei uomini non c'entrano, Felub. Essi, per mio esplicito ordine, hanno già lasciato le Terre senza Pace. Da solo, invece, sono sufficiente per arrecare grandi stermini ad interi eserciti, quando mi ci costringono! Per questo motivo, come potrei temere di affrontare due esseri insignificanti come voi due, singolarmente o appaiati? Non ti sembra abbastanza ridicolo il tuo ragionamento, dal momento che esso fa acqua da tutte le parti?»
«Quanto hai detto sui tuoi uomini, forestiero,» affermò Duzon «corrisponde al vero e te ne do atto. A questo punto, vorrei conoscere le reali intenzioni che covi nella tua testa. Così dopo potremo renderci conto se ci potrà essere tra di noi un punto di incontro, al fine di prenderlo sul serio in considerazione. Nel caso che fosse possibile, lo risolveremmo alla meglio tra di noi, esattamente come ci hai tenuto a palesarci un attimo fa!»
«Io dissento da te, Duzon!» gli si contrappose Felub «Mai e poi mai, scenderò a patti con sbruffoni del genere! Come ho sempre agito nei loro confronti, mi va solamente di farli trepidare sotto i possenti colpi della mia spada! Ecco come intendo risolvere la questione con lui, se a te non dispiace! Adesso anche tu sai come la penso!»
«Ma è proprio quello che stavo per proporvi, Felub!» Iveonte volle chiarirgli «Perciò ti consiglio di seguire la linea morbida di Duzon e di ascoltare prima la mia proposta, se non vuoi pentirtene, a causa della tua imprudenza. Alla fine, sarete voi due ad accettare oppure a rifiutare quanto vi avrò proposto. Non vi pare alquanto sensato?»
«Il forestiero ha ragione, Felub.» Duzon intervenne ancora ad esprimere il suo parere favorevole «Prima di precipitarci ad opporci a cose che egli non ci ha ancora fatte presenti, ci conviene conoscerle e valutarle. Solo in seguito potremo fare scaturire la nostra opposizione, semmai esse non dovessero essere di nostro gradimento! Quindi, capo dei Normuk, ci conviene innanzitutto farlo parlare!»
Dopo che Felub ebbe smesso di contraddire chi aveva cercato di farlo rinsavire, per cui questa volta preferì tacere, Iveonte subito riprese ad esprimersi all'uno e all'altro capo, dicendo:
«Visto che finalmente siete entrambi disposti ad ascoltarmi, passo subito ad aprire le trattative. Ma non mi piace parlamentare con persone che sono miseramente legate, come lo siete voi in questo istante, in special modo quando da esse non potrebbe provenirmi alcun pericolo. Perciò vi faccio subito liberare dal mio amico Tionteo, il quale è qui presente e si trova al mio fianco.»
Una volta che il Terdibano li ebbe slegati, Iveonte continuò a dire:
«Adesso, autorevoli capi delle Terre senza Pace possiamo metterci tutti e quattro a nostro agio e venire al sodo, come avviene tra veri uomini!»
Così, quando essi si furono seduti per terra con gli arti inferiori flessi ed incrociati, il nostro eroe, dopo aver squadrato i suoi due interlocutori, aprì il discorso, parlandogli in questo modo:
«Lo sapete meglio di me, capi Duzon e Felub, perché i vostri territori sono chiamati Terre senza Pace. Tutti oramai sono a conoscenza che la colpa è delle guerre che i vostri antenati in passato e voi al tempo d'oggi non avete mai smesso di imporre alle vostre genti. Ebbene, sono qui per fare in modo che esse cessino per sempre e che tra i vostri due popoli cominci un'era di pace senza fine. Perciò voglio sentirvi promettere di vostra spontanea volontà che mai più vi farete guerra, ma avvierete tra le vostre due nazioni ottime relazioni diplomatiche. Se addiverrete a tale accordo, il problema sarà risolto e il mio compito sarà qui concluso!»
«Nel caso che noi ci rifiutassimo di accettare un accordo simile, forestiero» gli domandò il capo normukese «ci forzeresti forse tu a raggiungerlo? Se pensi ciò, non posso che considerarti un illuso, poiché mai nessuno mi obbligherà a fare ciò che non voglio! Ti sono stato ben chiaro nella mia asserzione chiarificatrice oppure no?»
«Invece, Felub, puoi esserne certo che sarà proprio così! Ma prima di arrivare ai rimedi estremi, intendo praticare con voi una via più conciliativa, ammesso che me lo consentirete! Quindi, starà a voi decidere se permettermi di percorrere l'una oppure indurmi drasticamente all'altra! Adesso posso continuare il mio discorso?»
«Quale sarebbe questa via, forestiero? A me non dispiacerebbe venirne a conoscenza.» senza pensarci due volte, Duzon si mostrò condiscendente «Penso che anche Felub non dovrebbe essere contrario almeno ad apprenderla dalle tue labbra, considerato che essa dovrà interessare pure a lui. Almeno io la penso in questa maniera!»
«Se si tratta solo di ascoltarla, Duzon, sono propenso anch'io a conoscerla. Beninteso, non prometto che poi sarò d'accordo con essa, accettandone il contenuto in modo del tutto acquiescente! Per questo adesso il forestiero può continuare a parlare!»
«Io intendo perseguire il mio obiettivo come ora vi faccio presente.» seguitò a dire Iveonte «Voglio semplicemente affrontarvi insieme. Ma mentre per voi sarà un combattimento all'ultimo sangue, da parte mia dovrò limitarmi a disarmarvi. Se vincerò io, dovrete giurarmi che poi porrete fine alle guerre che da millenni dissanguano i vostri due popoli. Non vi sembra forse la mia proposta ragionevole? Per come la vedo io, essa non è affatto bislacca ed assurda! Anzi, pure voi non dovreste considerarla tale!»
«Secondo me, ciò che ci proponi è fin troppo sensato, forestiero!» acconsentì Duzon «Il fatto che offri solo a noi due la possibilità di ucciderti, mentre a te riservi il solo compito di disarmarci, senz'altro ciò denota da parte tua una grande magnanimità ed un coraggio da vendere! Dunque, io sono d'accordo con la tua proposta e l'accetto!»
Non fu dello stesso avviso Felub, il quale si diede a sbraitare:
«Anche se Duzon è consenziente a quanto hai proposto, forestiero, non puoi pretendere da me una cosa simile. Come capo, sono abituato a dettare leggi agli altri, che sono i miei sudditi, senza essere costretto ad attenermi a quelle che mi possono derivare da altre persone, fosse egli pure un capo come me! Perciò mi rifiuto di accettarla, senza che possa esserci un ripensamento da parte mia!»
«Allora, Felub,» gli fece presente Iveonte «mi costringi a ricorrere a ciò che avrei voluto evitarvi. Così il peggio sarà unicamente vostro! Dopo non venite a dirmi che non vi avevo avvisati o che non avete inteso bene la vantaggiosa proposta che vi avevo fatta!»
«Di qualunque cosa si tratti, forestiero, giammai essa potrà danneggiarmi. Perciò non la temo neppure un poco! Se invece credi di spaventarmi con essa, ti sbagli di grosso!»
Duzon, da parte sua, volendo comprenderci meglio, si affrettò a chiedere ad Iveonte:
«Posso sapere cosa hai in mente di fare, forestiero, se da parte nostra non ti verrà dato retta? A me, che non sono contrario alla tua proposta, puoi palesarlo. Anzi, lo esigo!»
«È mia intenzione invitare qui i vostri due eserciti e di sfidarvi davanti ai vostri guerrieri, dopo aver motivato la mia sfida. Statene certi che in quel caso vi obbligherò a combattere con la forza! Agendo in questo modo, i vostri guerrieri vedranno anche come vi farò strisciare nella polvere sotto i colpi inesorabili della mia spada! Se è questo che volete, non ho difficoltà ad accontentarvi. Ma dopo il disonore sarà totalmente vostro!»
«Chi ti garantisce che sarai tu il vincitore dell'incontro, borioso forestiero?» gli chiese il capo dei Normuk «Al tuo posto, non ne sarei tanto sicuro, poiché potresti subire tu ciò che sei sicuro di destinare a noi. E anche tra gli evviva dei nostri guerrieri applaudenti!»
«Ti attesto, Felub, che la mia vittoria è un fatto incontestabile, come è vero che al giorno segue sempre la notte! Se poi mi credi un impostore, peggio per te, poiché la figuraccia la farai tu, costringendo anche il capo dei Boios a farla, senza averne colpa!»
A quel punto, Tionteo, che fino a quel momento aveva soltanto ascoltato, decise di prendere parte anche lui alla discussione. Così, pur di convincere i due capi, cominciò a dire ad entrambi:
«Dategli ascolto, per favore, o voi, che siete i capi l'uno dei Normuk e l'altro dei Boios! Il mio amico Iveonte uscirebbe vittorioso anche da un confronto con mille uguali a voi, se non lo sapete! Perciò accettate quanto egli vi ha proposto, che non mette affatto a repentaglio la vostra vita! Io, al vostro posto, eviterei anche il combattimento. In fin dei conti, egli vuole soltanto il bene dei vostri due popoli; desidera far cessare le copiose ecatombi che le guerre da voi dichiarate immotivatamente provocano tra la vostra gente. Inoltre, c'è di mezzo la felicità dei vostri ultimogeniti Nolup ed Elkes. Se solennemente vi promettete di non farvi più guerra, essi potranno sposarsi e vivere per sempre felici! Io vi suggerisco di farlo, prima che ci siano un'altra strage di giovani pacifisti innocenti ed un nuovo suicidio in massa di madri distrutte dentro, come quelli che ci sono stati su queste terre circa venticinque anni or sono!»
Alle parole di Tionteo, Duzon si commosse e si dimostrò favorevole perfino ad ogni forma di relazione tra i Boios e i Normuk, anche senza il combattimento preventivo proposto dal forestiero. Ma Felub continuò con insistenza a fare il duro e a manifestare la sua tenace opposizione alla proposta del loro sfidante. Il quale adesso gli risultava sfrontato, presuntuoso ed immensamente sicuro di sé. La sua rabbia maggiore, però, gli proveniva dal fatto che anch'egli incominciava a ritenere il forestiero davvero valoroso, come affermava. Così, siccome i due capi erano stati prelevati dalle loro capanne insieme con i loro spadoni, Iveonte invitò Tionteo a consegnare al capo dei Normuk la sua arma. Quando poi il rivale la impugnò, egli gli si rivolse, dicendo:
«Adesso sei armato, Felub! Non era questo che volevi? Bene, vediamo cosa sai dimostrarci con il tuo spadone stretto nella tua mano! Mentre combatti contro di me, ti raccomando di comportarti come se ti stesse guardando l'intero tuo popolo! Pensa un poco cosa proveresti dentro di te, se tu lo deludessi, facendoti vedere sputare sangue ai miei piedi! Sarebbe per te un gran disonore, che non riusciresti mai più ad estirpare e a cancellare dalla mente degli indignati guerrieri, tuoi ex ammiratori!»
Invece Felub non diede alcun peso alle parole irritanti di Iveonte. Perciò, dopo una breve riflessione, lo si vide scagliarsi contro il suo sfidante provocatore con una furia taurina. Lo scontro, logicamente, non poteva dilungarsi per un tempo eccessivo, non essendo il giovane eroe disposto a farlo durare più di quanto aveva stabilito. In quel modo, avrebbe privato il suo avversario della velleità, che era stata la sua valentia a farlo protrarre per un tempo ragguardevole. Così, dopo aver subito senza difficoltà l'assalto di un inferocito Felub, Iveonte passò a fargli assaggiare i portentosi colpi della sua ineguagliabile scherma, la quale era da stimarsi perfetta e professionalmente impareggiabile. Allora il capo normukese non ebbe più vita facile, poiché lo si vide trattare dal giovane come se fosse uno scarafaggio da spiaccicare al suolo. I suoi assalti non gli diedero più tregua, lo perseguitarono in ogni angolo in cui egli cercava di rifugiarsi, pur di sfuggire al suo irreparabile assalitore. I colpi della sua spada invincibile si rivelavano qualcosa di insostenibile per chi li riceveva, visto che lo andavano privando di ogni vigore e di ogni orgoglio, fino a farlo sentire un essere pusillanime.
Alla fine Iveonte assestò all'avversario un colpo possente, il quale non tese a colpirlo direttamente, siccome voleva soltanto dimostrargli la potenza della sua spada nel cozzare contro quella del suo avversario. Egli, infatti, intendeva farglielo parare con la sua arma per dare origine ad un fenomeno inverosimile e per farlo stupire grandemente. Infatti, non appena il capo normukese fece assumere alla sua spada la classica posizione orizzontale di parata, essa fu spezzata a metà dall'arma del suo rivale. In pari tempo, egli stesso rovinò per terra, come se si fosse trattato di un fuscello. Difatti fu sbattuto al suolo con tale veemenza, che si ritrovò subito dopo con un corpo mezzo distrutto e dolorante in più parti. Perciò esso trovava difficoltà anche a rialzarsi da terra, come se fosse diventato anchilosato. Ma Iveonte, mentre gli rasentava la gola con la punta della sua spada, guardandolo biecamente, gli parlò così:
«Ti piacerebbe, Felub, farti vedere dal tuo popolo deluso in queste misere condizioni, in cui ti trovi adesso? Mi dici cosa penserebbe esso di te, se ti scorgesse in questo stato pietoso? Te lo dico io, protervo e borioso capo dei Normuk, quale concetto si farebbero di te i tuoi guerrieri. All'istante si darebbero a considerarti un essere fallito, non più degno di essere il loro prestigioso capo. Dunque, deciditi a dirmi presto se è questo che vuoi o se invece ci hai ripensato proprio adesso e preferisci quindi seguire l'esempio del capo Duzon!»
Felub, stando in quella posizione scomoda, alla quale le sue acciaccate membra sembravano non volerlo sottrarre, si mostrava confuso ed interdetto, a causa di quanto gli era capitato poco prima. In un certo senso, non tollerava soprattutto lo sguardo di Duzon, il quale lo fissava, come se volesse deriderlo. Per cui ne provava una grande vergogna. Ma anche la sua natura aggressiva era come sparita in lui, essendosi fatta sostituire in quel momento da un atteggiamento palesemente remissivo. Allora Iveonte, essendosi accorto del cambiamento, che si era avuto nell'inarrendevole capo dei Normuk, subito cercò di approfittarne. Così, porgendogli la mano, per prima cosa lo aiutò a rialzarsi da terra. Immediatamente dopo, seguitò ad insistere nella sua richiesta:
«Dunque, Felub, sei disposto a fare l'accordo con me, come ha deciso anche Duzon? Mi giurate tu e lui che mai più ci saranno guerre tra i vostri due popoli, ma darete avvio tra di loro ad un'era di conciliazione e di pace perenne? Vedrai che, alla notizia del vostro accordo, ciascun popolo emetterà una esplosione di sollievo. Specialmente le madri se ne rallegreranno a non finire e vi renderanno grazie per l'eternità!»
«Il forestiero ha ragione, Felub!» anche Duzon tentò di convincerlo «Dichiarandoci guerra in continuazione, non abbiamo fatto altro che arrecare lutto e disperazione alla nostra gente. Questo perché? Solo per soddisfare il nostro orgoglio! Invece la pace saprà far brillare sul volto dei nostri sudditi il sorriso della gioia. Per questo diamogli retta e non lasciamoci sfuggire la bella occasione che il forestiero viene ad offrirci. Pensa che poteva ucciderci, ma non lo ha fatto, perché egli persegue dei fini assai nobili, cioè quelli che esaltano il valore della vita e provano ribrezzo per la morte!»
Dopo l'intervento esortativo del capo boiosino, Felub si portò le mani alla fronte e finse di mostrarsi dubbioso e disorientato. Quindi, restando in quell'atteggiamento, cominciò ad avanzare lentamente verso il Lutros che gli stava più vicino, il quale si trovava a qualche decina di metri. Quando lo ebbe raggiunto, lo assalì con una subitanea mossa e si impadronì sia del suo arco che della sua faretra. Poi, in un attimo, incoccò una freccia sulla sua corda e la tese, mostrandosi pronto a farla partire contro Iveonte. Ma prima di scagliargliela contro, egli gli si volle esprimere con queste parole:
«Devi sapere, forestiero, che sono un infallibile arciere e non ho mai mancato i miei bersagli, compresi quelli in movimento oppure in volo. Perciò voglio proprio vedere come farai a cavartela contro la mia saetta, la quale presto ti colpirà a morte. Comunque, Duzon ne è testimone, ti prometto che, se riuscirai a sfuggire al mio colpo mortale in un qualsiasi modo, esaudirò il tuo desiderio e giurerò con il capo dei Boios che non ci saranno mai più guerre tra i nostri popoli. Ma sono scettico che tu possa evitare la freccia che sta per partire dal mio arco e che molto presto ti colpirà!»
A tale suo vile atto, Duzon si diede a redarguirlo:
«Felub, la tua condotta non è degna di un grande capo, quale ti ho sempre stimato. Il forestiero ti ha battuto in un duello ad armi pari e tu devi accettare la sconfitta senza rancore. Dovresti anche considerarti fortunato, se egli non ha voluto infierire contro di te e non ti ha arrecato la morte! Sappi che, al posto tuo, anch'io avrei subito la stessa sconfitta; ma di certo non me la sarei presa con lui, come stai facendo tu in questo istante. Anzi, non avrei esitato a ringraziarlo! Uccidendolo da vigliacco, credi poi di farti onore? Io lo dubito, poiché getterai soltanto tantissimo fango sulla tua onorabilità, ammesso che te ne sia rimasta ancora!»
«Fallo pure agire a modo suo, Duzon,» Iveonte cercò di tranquillizzare il capo boiosino «poiché ti garantisco che il suo arco non mi fa per niente paura! Al contrario, presto esso gli procurerà una frustrazione maggiore, siccome ti assicuro che la freccia che ne uscirà non colpirà alcun bersaglio, anche se la sua traiettoria sarà giusta!»
Posto fine alle parole ed ascoltati i suoi due interlocutori, Felub accolse quanto detto dal forestiero come una sfida. Per cui, volendo dimostrargli il contrario, si affrettò a scattargli contro il dardo micidiale. Solo che in quell'attimo si verificò un incidente di percorso, il quale non era stato previsto né dall'uno né dall'altro contendente. Pochi istanti prima, infatti, essendo venuti fuori dall'antro anche i quattro giovani, essi all'istante si resero conto di quanto stava succedendo. Allora Elkes non esitò a lanciarsi rapidissima tra il padre e il suo liberatore, gridando: "No, non farlo, padre mio!". Ma oramai il micidiale colpo era partito fulmineo e non lo si poteva più fermare in alcun modo nella sua celere corsa. Perciò la saetta colpì in pieno petto la sventurata ragazza, facendola accasciare al suolo gravemente ferita ed ormai morente.
Nonostante avesse ridotto la figlia in fin di vita con il suo colpo, Felub non se ne curò e seguitò imperterrito nella sua foga di avere Iveonte nel mirino del suo arco fatale. Per questo, in un battibaleno, era già pronto a colpirlo di nuovo. Questa volta, però, egli volle mirare e far balzare il dardo in avanti, senza ascoltare prima sermoni e rimproveri altrui. Invece la sua freccia, pur seguendo ancora una volta la giusta traiettoria, non poté raggiungere il corpo del nostro eroe. Difatti egli riuscì ad arrestarla un attimo prima, quando si trovava a venti centimetri da esso. Dopo averla intercettata nel suo rapido volo, con uno scatto della mano, Iveonte facilmente l'abbrancò e la spezzò in due, gettandola subito dopo per terra. La prodigiosa mossa del forestiero riempì di stupore sia Duzon che Felub. Quanto a quest'ultimo, continuando a non curarsi della figlia, che era in fin di vita, gettò via da sé l'arco e si diede a dire ad Iveonte:
«Forestiero, hai vinto! Ti avevo fatto una promessa ed ora passo a mantenerla, poiché i veri capi mantengono sempre le promesse! Sono pronto a giurare, insieme con Duzon, che mai più trascineremo i nostri due popoli in battaglie sanguinose e mietitrici di vittime umane. Ma prima permettimi di largire le mie ultime cure alla mia graziosa bambina, la quale, per colpa mia, ci sta lasciando per sempre. Maledette siano la mia testardaggine, la mia follia e la mia vendetta! Che io possa crepare per sempre, venendo maledetto da tutti!»
Il capo dei Normuk si stava avviando verso la figlia Elkes, allorché lo precedette di corsa Nolup. Dopo avere raggiunto la ragazza, il giovane, senza dare a nessuno dei presenti il tempo di rendersene conto, estrasse dalla cintola il suo pugnale e con esso si vibrò un forte colpo al petto. Così lo si vide cadere riverso sul corpo della ragazza, essendo anch'egli rimasto ferito in modo molto grave. Iveonte, dal canto suo, non aveva potuto fare assolutamente nulla per i due giovani sventurati. Egli rimase a chiedersi come mai essi, da lui lasciati nell'antro gravemente astenici, tutto ad un tratto avevano recuperato le forze ed erano stati pure capaci di muoversi con rapidità. Poi si ricordò che i due giovani, per ringraziarlo di quanto egli aveva fatto per loro due, in quel luogo avevano voluto stringergli la mano. Allora concluse che poteva essere stato unicamente il suo anello taumaturgico ad operare un simile miracolo! Il giovane eroe, sebbene fosse convinto che il suo anello aveva guarito i due giovani bisognosi dal loro stato estremamente debilitato, si rendeva conto che qualcosa non gli quadrava in quella vicenda. Egli si andava chiedendo perché mai esso si era prodigato per loro con grande generosità, se poi poco più tardi entrambi non si sarebbero potuti giovare del suo provvidenziale intervento, in quanto vittime l'una di un omicidio colposo e l'altro di un autentico suicidio? Forse gli era sfuggito qualcosa? Oppure doveva attendersi un nuovo prodigio straordinario da parte di esso?
Egli, quindi, si mostrava ancora soprappensiero, immerso com'era in tali sue riflessioni, allorché vennero a ridestarlo le penose lamentele di Eliun. Il giovane, dopo aver raggiunto i suoi compagni morenti, in preda ad una folle disperazione, si diede a lamentarsi così: "O miei carissimi Nolup ed Elkes, perché ha voluto colpirvi un destino talmente crudele, da dilaniarmi il cuore? Secondo il vaticinio dell'indovina Cerla, non era in questo modo che alla fine doveva concludersi l'intera vostra vicenda. Una volta salvati dall'eroe giunto da oltreconfine, il quale avrebbe anche fatto rinsavire i vostri duri genitori, come puntualmente è avvenuto, voi avreste dovuto sposarvi e continuare a vivere serenamente la vostra esistenza. Perché, dunque, la sua profezia si è avverata soltanto in parte? Può uno spirito profetico sbagliare così grossolanamente nel predire il futuro? Oppure dobbiamo aspettarci dal nobile Iveonte un nuovo miracolo, che egli non si decide ancora a compiere per la vostra salvezza? Voglia il cielo che sia così!"
Dopo si rivolse al forestiero di oltrefrontiera e lo pregò in questo modo:
«Iveonte, come già ne sei a conoscenza, ho bisogno di seguitare a godermi la compagnia dei miei due preziosi amici e, per quanto io ne sappia, tu solo puoi salvarli! Cosa aspetti allora ad operare il grande prodigio, il quale è benaccetto dallo stesso destino?»
Le lagnanze di Eliun scossero il giovane eroe dai suoi dubbi verso l'anello, poiché egli gli aveva permesso di rendersi conto come stavano realmente le cose. La salvezza di Nolup e di Elkes stava ancora nelle sue mani, per cui doveva affrettarsi ad intervenire in loro soccorso nell'unico modo possibile, ossia quello che gli era capitato di applicare altre volte inconsciamente. Era stata sempre una sua calda stretta di mano a fare esercitare dal proprio anello il suo potere taumaturgico sul corpo di ognuno, che ne aveva avuto la necessità. In seguito a tali sue considerazioni, l'eroico giovane si precipitò a raggiungere i corpi quasi spenti di Nolup e di Elkes. Così, quando oramai la loro vita stava appesa ad un filo, siccome ne restava appena un soffio sia nell'uno che nell'altro innamorato, egli si curvò sopra di loro e, l'una dopo l'altra, strinse fortemente la mano di ciascuno dei due giovani, che erano feriti gravi. I presenti non compresero quel gesto di Iveonte. Essi, ovviamente, ignoravano quanto egli intendesse ottenere con la sua stretta di mano, la quale aveva data a coloro che stavano già per essere abbandonati dall'alito della vita. Il solo Eliun aveva avuto qualche sentore in merito, nutrendo la speranza che il forestiero alla fine avrebbe fatto avverare il prodigioso evento, che gli stava tanto a cuore. Egli si attendeva da lui che facesse ritornare l'integrità fisica nei corpi dei suoi due amici, nonostante entrambi si presentassero compromessi criticamente.
Quanto ai capi Duzon e a Felub, in verità, non avevano dato alcuna importanza al suo comportamento; ma forse neppure se ne erano accorti. Il motivo? In quella circostanza, la loro mente era così impegnata a vivere il loro dramma interiore, da non permettergli di avvedersi di altro. Essi, che erano considerati dai loro popoli degli inguaribili duri di cuore, ad un certo punto, si erano fatti commuovere dalle acerbe morti dei loro figli nati per ultimi. A causa delle quali in quel momento stavano penando in modo terribile. Per la prima volta, i due capi erano apparsi compassionevoli, per cui, stando muti presso i corpi dei loro figlioli in apparenza inanimati, si scorgevano senza più la loro solita mutria. Al contrario, entrambi si mostravano compunti ed addolorati, oltre che feriti nella loro interiorità. Forse perfino una punta di vergogna velava il loro volto conturbato; ma essi riuscivano a celarla benissimo, sotto il loro aspetto grave ed invaso da una parte del vecchio orgoglio. Il quale, forse, non si era ancora interamente assopito dentro il loro animo.
Erano trascorsi appena pochi minuti, da quando Iveonte aveva stretto la mano destra sia di Nolup che di Elkes, allorquando si verificò sui loro corpi insanguinati un grande portento, il quale venne a strabiliare quanti gli stavano intorno. All'improvviso, i presenti videro sia il dardo conficcato nel corpo della ragazza sia il pugnale confitto in quello del suo amato venir fuori da soli dai loro corpi, come se una forza invisibile li avesse estratti da essi. Un attimo dopo ci furono anche il rapido rimarginamento e la totale cicatrizzazione delle due profonde ferite. Infine scomparve ogni traccia di sangue dalla loro pelle madreperlacea. Allora in entrambi il colore del volto andò mutando rapidamente e, dal pallido anemico che era divenuto prima, iniziò a farsi rossiccio, fino a ridiventare rubicondo. Lo stesso avvenne con l'espressione dei loro volti. Essi, se prima si presentavano smunti e quasi spenti, dopo incominciarono a vivacizzarsi e a mostrarsi beati e sorridenti, come se i due giovani stessero impegnati in un gioco. Lo stupefacente prodigio impressionò moltissimo quelli che si trovavano a qualche passo da loro, reputando l'intervento miracoloso dell'eroico Iveonte un'opera permessa solo alle divinità. Per questo, se i due capi decisero di sottomettersi in tutto e per tutto ad ogni sua volontà, Eliun preferì profondere per lui tantissimi ringraziamenti, i quali erano intimamente sentiti da lui. Difatti, mediante le sue parole schiette e colme di somma riconoscenza, egli, mostrandosi immensamente giulivo, gli fece presente:
«Maestoso Iveonte, se hai potuto fare miracoli del genere a favore dei miei amici, ossia guarirli in punto di morte e fare scomparire in loro delle ferite mortali, ciò vuol dire che tu sei il prediletto degli dèi. Perciò ti sono grato per quanto hai fatto per loro due, prima rinvigorendoli nell'antro e adesso resuscitandoli a cielo aperto. In attesa che i due miei amici ci pensino loro a ringraziarti e a sdebitarsi con te in modo conveniente, ti prego di permettermi di anticiparti alla meglio il loro ringraziamento. Essi sono impossibilitati a farlo, siccome si presentano ancora scioccati. Dunque, assai riconoscente, ti formulo a nome loro le più sincere espressioni di gratitudine. In pari tempo, ti dichiaro, pure a nome mio e della mia Nepda, l'affetto più sincero e l'amicizia più franca. Infine ti promettiamo che vivrai per sempre nella memoria di noi quattro amici, poiché non ti dimenticheremo mai più, fino a quando il tempo continuerà a percorrere il suo interminabile sentiero!»
Anche i capi Duzon e Felub, per ringraziarlo di ciò che egli aveva fatto per i loro beniamini, mostrandosi riverenti al massimo verso di lui, vollero mostrarsi grati allo straordinario forestiero. Chi in un modo chi in un altro, essi tesero ad esprimere ad Iveonte la loro massima gratitudine e a dimostrargli la loro più profonda stima. Inoltre, si misero a sua completa disposizione, nel caso che avesse avuto bisogno di qualcosa che era in loro potere concedergli. Come era da prevedersi, Iveonte fece presente al giovane e ai due capi che non era necessario che essi lo ringraziassero, poiché per lui era un dovere mettersi sempre a disposizione di tutti coloro che si mostravano bisognosi del suo soccorso. Anzi, fece anche notare ad ognuno di loro che la sua dedizione a ciascun atto di generosità e di filantropia non poteva che arrecare felicità al proprio cuore e sollievo al proprio animo. Gli bastava, quindi, la sola gratificazione che gli proveniva dal proprio nobile gesto. Secondo lui, soltanto esso lo faceva sentire, oltre che con la coscienza a posto, sereno e soddisfatto del suo operato altruistico a favore di vittime innocenti.