288°-IVEONTE INTERVIENE A DIFESA DEI DRUCIFI

Terminato che ebbe il suo racconto, durante il quale si erano alternati alcuni momenti tragici ad altri di spaventose sensazioni, ma non poteva essere altrimenti perché era stato il mago Zegovut ad averli creati in quel modo, Fekup domandò ad Iveonte:

«Adesso che hai conosciuto ogni cosa sui Cavalieri Ombre, forestiero, voglio sapere da te se esiste la benché minima possibilità che ci possiamo liberare da loro definitivamente. Prima però che tu mi risponda e mi dica cosa pensi dell’intera vicenda, consentimi di chiedere alla mia futura nipote perché mai mio nipote Adlus non è venuto insieme con lei ad accompagnarvi da me e se è anche in grado di dirmi dove si trova in questo istante. Proprio oggi che avevo da comunicargli delle interessanti notizie, egli non si è fatto vivo presso la mia dimora.»

Rotilda, poiché era stata colta in contropiede dalle domande del nonno del suo ragazzo, si mostrò un po’ confusa, siccome trovava difficoltà ad esaudire le sue due richieste. Dopo, essendosi riavuta dalla difficile situazione, decise di nascondergli la verità, senza fargli sospettare il grave dramma che nella mattinata aveva colpito anche il più grande dei suoi nipoti, facendolo diventare così Cavaliere Ombra. Infatti, con una prontezza che lasciava a desiderare, a causa dell'incertezza e della perplessità che in lei la facevano da padrone, si diede a rispondergli alla meno peggio:

«In verità, nonno, non ne conosco il motivo. Ah, ecco! Adesso che mi sovviene, Adlus è dovuto andare a casa dell'amico Celsun, con il quale aveva un appuntamento, dovendosi trasmettere delle cose importanti. Comunque, ignoro quando egli si rifarà vivo presso di me e presso la sua famiglia. Ma non appena mi capiterà di vederlo, gli dirò di venire subito a trovarti, per il motivo che mi hai riferito poco fa!»

Soddisfatto della risposta della fidanzata del nipote, Fekup invitò Iveonte ad esprimere il proprio parere su Zegovut e sui suoi Cavalieri Ombre, quelli che il mago chiamava Cavalieri della Vendetta. In particolare, gli interessava sapere se in futuro i Drucifi, grazie al suo aiuto, sarebbero riusciti a sbarazzarsi di loro. Allora il giovane eroe, mostrandosi ancora titubante a dargli la risposta definitiva, si diede a parlargli in questo modo:

«Innanzitutto, Fekup, ti prego di chiamarmi Iveonte, essendo questo il mio nome; invece quello del mio amico è Tionteo. In merito poi ai Cavalieri Ombre, non posso darti una risposta precisa su due piedi; ma prima di pronunciarmi sul caso, intendo studiarmelo per bene. Quando infine essa sarà pronta, come è giusto che sia, vorrò darla direttamente al tuo capo, poiché è lui che rappresenta il popolo dei Drucifi. È ovvio che sarai tu ad accompagnarmi da lui e a presentarmelo! In questo modo, saprò dirgli con precisione cosa avrò stabilito di fare contro il mago con il proposito di aiutarvi. Per questo puoi già cominciare ad avvisarlo del nostro colloquio odierno e a predisporre il nostro incontro, che prevedo di avere con lui tra qualche giorno, quando mi rifarò vivo con il mio amico qui presente.»

La breve risposta del giovane forestiero, alla quale era seguito anche un congedo affrettato, non convinse del tutto l’anziano Fekup. Per questo, dopo che gli ospiti furono andati via dalla sua casa, egli, essendo intenzionato a far presente alla fidanzata del nipote la sua grande delusione provata a causa di Iveonte, si diede a dichiararle:

«Mi dici chi mi hai condotto a casa, Rotilda? Per come essi si sono comportati, temo di trovarci di fronte a degli autentici millantatori, se proprio non sono dei lestofanti! Almeno li hai messi al corrente che, dopo aver messo piede nella nostra valle, anch’essi si ritrovano implicati nella nostra travagliata vicenda, per cui non potranno più lasciarla? Eppure all’inizio quell’Iveonte mi aveva fatto un’ottima impressione!»

«Invece non devi fartene una differente su di lui, nonno, se lo vuoi sapere!» lo rassicurò convinta la ragazza «Se c’è qualcuno che può aiutarci a liberarci da Zegovut, egli non può essere che Iveonte! L’amico Tionteo mi ha garantito che non esistono per lui difficoltà insormontabili. Quindi, possiamo sperare esclusivamente nella sua eroica persona! Adesso hai compreso come stanno le cose? Gli faresti un grande torto a dubitare dell’ospite che si è appena congedato da te: puoi esserne certo!»

«Tu gli credi, Rotilda, senza che egli neppure ti abbia fornito delle sicure garanzie di essere all’altezza del suo compito? Se Iveonte ti avesse esibito delle convincenti dimostrazioni che avessero giustificato ciò che afferma senza ombra di dubbio, soltanto in quel caso avrei compreso la tua immensa fiducia riposta in lui ed avrei potuto darti ragione! Ecco, nipote mia acquisita, come la vedo io, in qualità di persona esperta e navigata!»

«Se lo vuoi sapere, nonno, ieri notte sono stata testimone di un prodigio, con il quale Iveonte mi ha dimostrato che egli fa proprio al caso nostro, essendo una persona molto in gamba. Direi davvero eccezionale! Ecco perché all'istante ho incominciato ad avere di lui la massima considerazione possibile! All’inizio, neppure io volevo credere a quanto il giovane asseriva che sarebbe stato capace di fare, in merito a cinque suoi uomini divenuti Cavalieri Ombre. Ma dopo ho dovuto ricredermi e mi sono ripromessa di concedergli la mia fiducia illimitata, anche perché abbiamo un gran bisogno di lui in questo momento difficile per il nostro popolo.»

«Mi vuoi dire, nipote mia, che tipo di portento egli ha messo in opera davanti ai tuoi occhi, per averti colpita e convinta, come affermi? Sei certa di non avere avuto le traveggole oppure di non essere stata vittima di un loro abile trucco, allo scopo di circuirti? Secondo me, tutto è possibile! Le belle donne affascinano sempre i giovani, per cui essi sono capaci di mettere in mezzo chissà che cosa mirabolante o quale diavoleria, pur di riuscire a conquistarle! Te lo garantisco!»

«Non essere così malfidente, nonno, poiché non è il caso, specie quando ti riferisci ad Iveonte! Non so come abbia fatto; ma egli è riuscito a fermare i cinque suoi uomini divenuti Cavalieri Ombre nella mattinata. Così non gli ha permesso di raggiungere i cavalli inviati dal mago e di cavalcarli per andare ad unirsi agli altri loro simili. Alla fine le cinque bestie sono scomparse, siccome i rispettivi cavalieri non hanno potuto salirvi sopra. Ritieni questo episodio una cosa da nulla?»

«Se ha fatto quanto dici, Rotilda, allora Iveonte è la persona giusta, di cui abbiamo un gran bisogno. Perciò devo ricredermi su di lui e rimangiarmi ogni perplessità che prima ho espresso sul suo conto. Anzi, nipote mia, auguriamoci che egli si presenti al più presto tra di noi, portandoci delle ottime notizie capaci di risollevarci!»


Ritornati al loro campo, Iveonte congedò l’amico Tionteo e si ritirò nella sua tenda. Egli aveva bisogno di restarvi da solo per concentrarsi meglio sul fenomeno dei Cavalieri Ombre, i quali erano la causa delle disavventure dei Drucifi. Una volta al suo interno, si diede ad una intensa meditazione. Allora essa gli fece comprendere che quella non era una battaglia da combattersi con le armi e con il coraggio, oppure con le mani e con l’ingegno. Invece bisognava ingaggiarla in modo differente, se la si voleva condurre vittoriosamente contro il potente mago. Riflettendoci bene, si trattava di una lotta tra due pensieri, nella quale quello consapevole di sé riusciva facilmente a sconfiggere e a sopraffare l’altro, che ignorava sé stesso. Dunque, non si guerreggiava ad armi impari, se uno dei due combattenti non sapeva sbrogliarsela con le occulte energie della mente. Zegovut, perciò, siccome era forte del potere di plasmare a suo piacimento la mente dei Drucifi, era in grado di dominarli senza sforzo alcuno. Ecco perché era in grado di pilotarne facilmente i pensieri, le varie sensazioni e perfino alcuni atti della loro coscienza. Stando così le cose, bisognava spezzare l’incantesimo, che egli aveva prodotto nel popolo drucifino a livello del suo subconscio. Comunque, non poteva farlo una persona che era esterna alla mente di ogni singolo Drucifo. Infatti, stava soltanto in lui la chiave che poteva sbloccarlo, senza renderlo succube di un altro, nella fattispecie di Zegovut. Quindi, occorreva prima trovarla e poi insegnare a chi ne necessitava il modo di usarla per difendersi dalle diavolerie dello straordinario mago.

Se ricordava bene, egli e l’amico fraterno Francide avevano già appreso dal loro Babbomeo qualcosa di simile sull’argomento, che si riferiva appunto alla potenza del pensiero. La quale a volte faceva ottenere dei risultati sovrumani a colui che riusciva a sfruttarla nel modo migliore. Anzi, egli era in grado perfino di servirsi delle energie dell’avversario, con l’obiettivo di nuocergli. Sostanzialmente, tale potenza veniva da lui utilizzata per immettere nella sfera psichica della parte avversaria sensazioni inesistenti. Esse poi, oltre a stravolgere la realtà, venivano percepite come reali dalla persona che le recepiva e le faceva proprie incautamente. Era appunto quanto Zegovut stava attuando a spese dei Drucifi. Gli sventurati, però, non se ne avvedevano e non se ne rendevano conto, per cui continuavano a far proprio l’irreale in luogo del reale, in una visione distorta della loro stessa esistenza. A tale riguardo, Tio li aveva eruditi anche nel modo di difendersi accortamente, quando si trovavano a lottare in casi analoghi.

Secondo il loro esimio maestro, non bisognava mai opporre la forza fisica a chi li stava assalendo con la forza del pensiero. Questa, lungi dall’arrecare danno al rivale, gli permetteva invece di usarla contro la stessa persona che ricorreva ad essa. In tali momenti, era molto importante convincersi che nessun evento nocivo li stava assalendo, poiché occorreva persuadersi che si trattava solo di attimi ingannevoli di una falsa esistenza. La quale veniva inscenata dalla persona che cercava di plagiarli nella loro realtà consapevole, al fine di subentrargli nella guida dei suoi atti coscienti e nell'attiva gestione dei diversi sentimenti da lui intimamente avvertiti. A conclusione della sua meditazione, Iveonte si convinse che il popolo dei Drucifi andava guidato in tale direzione, erudendolo in modo da farlo pervenire all’uso reale della propria coscienza. Dopo tale istruzione, sarebbe stato esso medesimo, soltanto con la propria volontà, a riprendersi e a gestire la propria realtà, quella che gli veniva ghermita saltuariamente dal mago e rappresentava il cardine della propria esistenza sia conscia che inconscia. Perfino i suoi sogni, nella loro irrealtà, gli sarebbero appartenuti, senza più dovere dar conto a nessuno del loro falso contenuto che, dal punto di vista emozionale, si appigliava spesso a canoni reali. Così, durante il sonno, suscitava in colui che li faceva delle emozioni così forti e concrete, da risultargli intensamente avvertite come nella realtà.

Quando infine nel nostro eroe la pausa meditativa fu giunta al termine, la voce della divina Kronel, la quale venne a farsi udire all’improvviso, lo destò da ogni residuo di riflessione, oltre a richiamarlo a sé. Poco dopo ne incoraggiò perfino l'iniziativa, dicendogli:

«Bravo, Iveonte, hai incanalato i tuoi pensieri per la strada giusta! Zegovut deve essere combattuto con le sue stesse armi, se lo si vuole sconfiggere, una buona volta per sempre. Non sai quanto ho apprezzato il fatto che tu ti sia astenuto dal ricorrere all’anello di mio padre, allo scopo di indurre all’impotenza il plagiatore degli scalognati Drucifi! La qual cosa ti ha fatto molto onore, mio invincibile pupillo!»

«In verità, Kronel, anche se è stato per un attimo, la tentazione di ricorrere ad esso c’è stata in me. Ma poi ho ritenuto più giusto che fossero gli stessi Drucifi a debellarlo, dopo aver imparato a combattere il loro nemico. In questo modo, il sapore della vittoria sarà gustato meglio e di più dai medesimi. Infatti, esso avrà come ingredienti i loro sforzi, il loro impegno e la loro soddisfazione di averla finalmente conseguita!»

«Non ti sbagli, Iveonte. Mi accorgo che non sei soltanto un formidabile combattente; ma in te si annidano pure delle singolari doti, le quali appartengono alla sfera psichica e a quella spirituale della tua persona. Per questo esse fanno brillare sia l'una che l'altra di una luce preziosa, che potrà solamente recarti del bene ovunque e in ogni tempo. Dopo queste mie parole, adesso hai il permesso di chiedermi qualunque cosa sul mago Zegovut, poiché sono disposta a risponderti.»

«Ti ringrazio, Kronel, per gli apprezzamenti che hai voluto indirizzarmi. Come sai, tutto ciò che in me si rivela positivo è stata opera del mio insuperabile maestro, che è stato Tio. Fu lui ad allevare me e il mio amico Francide in modo eccellente, inculcandoci le virtù e i pregi, quali oggi si riscontrano in noi. Già, è superfluo, da parte mia, fartelo ancora presente, dal momento che già ne sei a conoscenza da sempre!»

«Anche il vostro Tio, Iveonte, era stato educato da altri nella maniera più straordinaria possibile. A tale riguardo, devi sapere che, in un rapporto educativo, se è essenziale l’opera dell’educatore, anche la ricettività del discente ha la sua rilevanza. E in te essa è risultata la massima che si potesse aspettare, stupendo perfino il tuo maestro, il quale con orgoglio si vide superare da te! Perciò, mio caro pupillo, il primo artefice della tua grandezza in ogni senso sei stato soltanto tu; invece Tio è stato lo strumento, di cui ti sei avvalso per raggiungerla. Sono convinta che anche mio padre, l’eccelso dio del tempo, ha ravvisato in te queste peculiarità, se ha voluto affidarti il suo prodigioso anello. Con il quale adesso sei in grado di sfidare e di vincere perfino una divinità negativa di grado superiore! Ti invito a tenerlo sempre in mente in avvenire, mio campione!»

«Senz’altro hai ragione, Kronel. L’insegnamento di un maestro non attecchisce facilmente, anzi inaridisce, se si tenta di farlo germogliare in un animo riarso e refrattario ad ogni apprendimento. Innanzitutto, è merito dell’allievo, se nel suo intimo riescono ad allignare e a fruttificare gli ammaestramenti del suo provetto docente. Se in passato non ci avevo fatto caso, non essendo un essere della vostra specie, ora, grazie alla tua odierna precisazione, me ne sono convinto anch’io. Ti ringrazio molto, per la preziosa lezione che mi hai dato oggi!»

«Finalmente lo hai compreso, mio caro Iveonte! Faresti meglio a rammentarti sempre di questo particolare molto importante. Comunque, quanto alle mistificazioni della realtà che vengono operate dal mago, specialmente quelle ad estensione collettiva, c’è un semplice modo per farle svanire all’istante. Tra poco te lo insegnerò. Così dopo lo farai apprendere anche ai Drucifi, i quali saranno lieti di metterlo in pratica.»

«Dici davvero, mia divina Kronel? Sono ansioso di apprenderlo, se vuoi saperlo! Naturalmente, per insegnarlo agli scalognati Drucifi, come tu stesso hai già previsto.»

«Basteranno solo tre bambini con meno di otto anni a fare svanire la visione dei Cavalieri Ombre. Essi, Iveonte, prendendosi per mano, dovranno prima formare un piccolo girotondo. Girando dopo in senso contrario al sole, come se stessero giocando, dovranno mettersi a gridare a gran voce la seguente cantilena rimata:


"Zegovut, noi lo sappiamo:
falsi sono i tuoi poteri;
inoltre, al corrente siamo
che non puoi renderli veri."



Dopo che i ragazzi scelti l’avranno ripetuta per la terza volta, ogni marchingegno illusorio messo in atto dal mago all’istante scomparirà, poiché non avrà più efficacia verso i loro destinatari. Essi dovranno rifare il girotondo, ogni volta che il mago interverrà illusoriamente contro il loro popolo. Anzi, possono farlo, quando si prefiggono di scacciare i Cavalieri Ombre di notte, e nelle altre circostanze diurne.»

«Ti ringrazio, mia dolce Kronel, per l'ottimo consiglio che mi hai dato! Non appena sarò di nuovo presso i Drucifi, lo farò subito presente al loro capo Tillisan, insieme con le altre cose che intendo riferire ai poveretti infelici. Ad ogni modo, con il tuo utile espediente, comincerò a privarli di un primo fastidio, il quale non smette di privarli del prezioso sonno!»

A quel punto, l’immagine della diva si rarefece e svanì agli occhi del giovane. Allora egli se ne ritornò presso gli amici Tionteo e Speon per consumare la cena in loro compagnia. Ma oramai il rossastro tramonto ovunque si affrettava ad inabissarsi nell’incalzante tenebrore della notte. La quale, come ogni volta, era amante del buio più profondo, siccome in esso si confortava trovava finalmente a causa della quiete ritrovata.



Due giorni dopo, Iveonte e Tionteo, come gli avevano promesso, si presentarono a Fekup, il quale si affrettò a condurli dal capo dei Drucifi. Allora Tillisan, che appariva manifestamente speranzoso, non appena essi furono in sua presenza, domandò:

«Chi di voi due è Iveonte? Mi è stato riferito che si tratta di una persona prodigiosa, che potrebbe liberarci dal mago Zegovut. Voglia il cielo che egli abbia tale potere, come mi hanno fatto credere!»

«Sono io, capo Tillisan!» gli rispose il giovane eroe «Mi trovo qui, appunto per confermare al tuo popolo il mio aiuto, essendo mia intenzione affrancarlo da ogni diavoleria che il fallace mago mette in campo contro di esso, allo scopo di asservirlo alla sua volontà. Stanne certo che ci riuscirò senza meno, per cui non lo deluderò!»

«Sei sicuro, Iveonte, di essere in grado di fare quanto ci stai promettendo? Zegovut è un mago potente e non può essere vinto facilmente! Avrai già appreso da Fekup di cosa egli è stato capace contro di noi, mettendoci per lungo tempo in grossi guai, che ci hanno lasciato il segno!»

«Il tuo conterraneo mi ha messo al corrente di ogni cosa, Tillisan, per cui so quanto il mago sia potente; ma ugualmente vi libererò di lui per sempre. Non preoccuparti di questo, perché non vi deluderò!»

«Vuoi dirmi in che modo ci riuscirai, Iveonte, dal momento che né il coraggio né la bravura nelle armi possono aver successo contro Zegovut? Non sarai mica anche tu un potente mago, per apparire così sicuro di poterlo sconfiggere? Devo davvero crederci?»

«Invece non lo sono per niente, capo dei Drucifi! Ma come tu hai affermato, né il coraggio né la forza fisica si dimostrano efficaci nella lotta contro Zegovut. Quest’ultima dovrà essere condotta in modo diverso contro di lui, ossia con le armi del pensiero. Visto che ne sei all’oscuro, il mago sta conducendo la sua guerra contro di voi proprio in questo modo, strapazzandovi la coscienza a suo piacimento!»

«Per me è assai difficile seguire il tuo ragionamento, generoso Iveonte. Mi vuoi riferire almeno se è possibile distruggere il nostro nemico in una diversa maniera? Inoltre, a quale espediente intendi ricorrere per ottenere qualche risultato reale contro di lui?»

«Lo si può annientare, capo Tillisan; però a voi non è assolutamente consentito! Se ci tieni a saperlo, io potrei distruggerlo all'istante, senza ricorrere ad alcuna magia; ma ho deciso di combatterlo ad armi pari!»

«Iveonte, allora cosa aspetti ad eliminarlo e ce ne liberi per sempre? Dopo il mio popolo te ne sarà immensamente grato e riconoscente! Ma davvero possiamo sperare che quanto prima, in un modo o in un altro, lo renderai inesistente e lo farai a tutto nostro vantaggio?»

«Per la verità, Tillisan, voglio che siate voi a sconfiggerlo, dopo che vi avrò insegnato come fare. Così in seguito vi sentirete orgogliosi di averlo sconfitto. Mi sono spiegato adesso?»

«Allora spero, Iveonte, che per noi sarà facile apprendere da te il modo di riscattarci dal perfido mago! Non immagini neppure come saremmo lieti di batterlo, dopo i tantissimi disagi che egli ci ha propinati per lunghi anni e continua a farlo tuttora! Perciò insegnaci come dobbiamo comportarci nei suoi confronti nella nostra dura lotta!»

«Per prima cosa, capo Tillisan, voglio mettervi a conoscenza di un espediente assai elementare, che potrete attuare ogni volta che Zegovut vi assalirà collettivamente. Ne sono un caso specifico le incursioni notturne dei Cavalieri Ombre, che vi mettono in subbuglio il sonno, durante ogni nottata! Invece vi sarà facile liberarvene per sempre!»

«Cosa dovremmo fare, Iveonte, in tale circostanza? Non mi dire che sarà una cosa semplice privarci dei Cavalieri Ombre, poiché non ci crederei! Magari fosse possibile, come affermi!»

Dopo la domanda del capo drucifino e il suo palese scetticismo mostrato verso quanto gli aveva fatto presente, Iveonte si mise a spiegargli i particolari dell'espediente, che alcuni giorni prima aveva appreso dalla diva Kronel. Quando poi ebbe terminato di riferirgli ogni cosa, tutto entusiasta, il capo Tillisan gli esclamò:

«Se corrisponde al vero quanto ci proponi di fare, Iveonte, da questa notte potremo dormire sonni tranquilli! Comunque, volendo esserti sincero, continuerò a restare scettico riguardo a questo ingegnoso rimedio, almeno fino a quando i miei occhi non si saranno accertati che esso funziona sul serio contro il mago! Ma ammettiamo che esso stanotte dimostrerà la sua efficacia, in che maniera in seguito potremo affrontare Zegovut, quando ci assalirà singolarmente e non avremo a disposizione la terna di bambini che dovrà farlo al posto nostro? Mi spieghi pure questo particolare?»

«Sono qui proprio per questo, Tillisan. Vi istruirò come difendervi da lui. Per il momento, posso solo anticiparti che ci sarà bisogno di molta forza di volontà. Prima che un fatto del genere avvenga, però, occorrerà che il popolo drucifino venga a conoscenza di come il nostro pensiero a volte possa tradursi in energia cinetica, la quale diventa capace di provocare danni concreti. Per il momento, però, la cosa importante è che vi convinciate che i Cavalieri Ombre non possono produrne per recare danno agli esseri umani. La qual cosa vi deve tranquillizzare!»

«Che stai dicendo, Iveonte! I loro colpi sono reali e procurano a chi li riceve danni materiali, come hai appreso! Dunque, come fai ad affermare cose del genere, le quali non ci risultano per niente?»

«Tillisan ha proprio ragione, Iveonte.» approvò Tionteo «Anch’io ho avuto la stessa impressione, quando li ho affrontati. Erano invece i miei colpi ad andare interamente a vuoto, quando li colpivo da parte mia. Mi pareva che essi affondassero nel nulla, siccome i miei avversari venivano a rappresentare delle autentiche ombre, che non si lasciavano ferire da me in nessuna maniera! Te lo posso confermare, amico mio!»

«Ed io non ve lo contesto, signori miei!» l’eroico giovane cercò di spiegarsi meglio «Ciò che non sapete è che erano proprio i vostri colpi a rendere reali i loro, i quali si facevano soltanto percepire visivamente. Invece la vostra reazione concreta, li caricava di quella energia che, essendo parte di voi, li trasformava da irreali in reali. È così che funzionano i Cavalieri Ombre! Essi appositamente inducono i nemici a colpirli, poiché in questo modo l’energia da loro emessa attraverso i ripetuti sforzi fisici finisce per immettersi nei loro colpi, mentre li assestano. Così trasmettono ai medesimi una ingente potenza e, in un certo senso, li fanno diventare reali. Eccovi spiegato il trucco, che viene messo in campo dal provetto mago!»

«Allora, Iveonte,» chiese il capo dei Drucifi «vuoi farci imparare come dobbiamo comportarci, quando veniamo assaliti singolarmente dai Cavalieri Ombre? Non mi dire che dobbiamo farli agire, senza che muoviamo un solo dito contro di loro, perché lo sai pure tu che per istinto siamo portati a difenderci da coloro che apertamente ci assalgono!»

«Bisogna fare esattamente quello che hai detto, Tillisan! Senza volerlo, sei pervenuto alla verità, prima che te la indicassi io. Se li ignorate e non reagite alle loro minacce, i Cavalieri Ombre non potranno farvi nessun male, poiché la loro aggressione vi si rivelerà solo un’ombra che vi investe, senza procurarvi danni fisici. Tutti sappiamo che le ombre non hanno mai arrecato nocumento a nessuno! Ma per riuscire ad assumere tale atteggiamento nei loro confronti, è necessario mostrarsi saldi di nervi. Anzi, va fatto uno sforzo di volontà non comune. In definitiva, dovete sconfiggere la paura, che è dentro di voi e vi fa reagire in una determinata maniera!»

«Se le cose stanno come ci hai fatto presente, Iveonte, vuoi affrettarti a darci delle indicazioni più precise sul comportamento che dovremo assumere contro i Cavalieri Ombre, quando veniamo assaliti da loro singolarmente? Per favore, dicci qualcosa in merito!»

«Ad ogni loro gesto minaccioso, Tillisan, va evitato ogni vostra reazione istintiva, poiché essa può tornare utile solo a chi vi aggredisce. Sarà ancora meglio, se farete accompagnare il vostro atteggiamento passivo da un intenso lavorio mentale, il quale dovrà ripetere di continuo: "Cavaliere, che stai per assalirmi, sappi che non puoi arrecarmi alcun danno materiale, siccome non esisti nella realtà. Quindi, fai pure ciò che ti aggrada del mio corpo, visto che non puoi colpirlo!" Ovviamente, possono anche non essere le mie stesse parole quelle che dovrete pronunciare, a condizione, però, che il loro significato sia il medesimo! Ecco quanto avevo da riferirvi, riguardo ai Cavalieri Ombre!»

«Bene, Iveonte, se è tutto qui ciò che avevi da comunicarci, penso che non sarà difficile, per ciascun abitante del villaggio, imparare la lezione! Oggi stesso cominceremo ad impartirla alla totalità dei Drucifi. Sono convinto che anche tu e il tuo amico Tionteo ci darete una mano in questa immane opera di educazione mentale dei miei sudditi. Perciò, già da questo momento, vi ringrazio a nome del mio popolo. Spero che esso, in avvenire, non abbia più dei problemi per colpa del mago Zegovut, ma riacquisti la serenità di un tempo e ricominci a condurre la sua naturale esistenza!»

«Tillisan, non si tratta di una mera speranza, ma di una solida certezza! Già da stanotte, il tuo popolo, superando la prima prova con i loro tre bambini, se ne convincerà con il massimo sollievo!»

Con l’ultimo intervento del giovane eroe, si pose fine alla conversazione, da parte delle quattro persone che vi avevano partecipato. Dopo i Drucifi concedettero ad Iveonte e a Tionteo ospitalità nel loro villaggio, per tutto il tempo che sarebbe occorso per sconfiggere definitivamente il mago. Nella rimanente parte della giornata, si procedette alla selezione dei tre ragazzi, i quali avrebbero dovuto eseguire il girotondo nella nottata, gridando ad alta voce la cantilena suggerita dalla diva. I prescelti risultarono le due femminucce Elipia e Turcia; nonché il maschietto Runzo. Essi avevano dimostrato di avere un’ottima memoria, di mostrarsi assai spigliati e di essere portati per quella prova che era da affrontarsi ogni notte, almeno fino a quando l'eroe forestiero non avesse distrutto per sempre il mago! Da parte loro, i tre bambini scelti apparivano assai orgogliosi di avere un ruolo così importante in quell’operazione, che stava per sancire la prima sconfitta di Zegovut. Quanto alle prove eseguite, esse erano risultate eccellenti ed avevano fatto ben sperare a tutti gli abitanti del villaggio. Durante la loro esibizione notturna, Iveonte sarebbe rimasto vicino ai tre ragazzi, siccome la sua presenza li avrebbe incoraggiati e non li avrebbe fatti inceppare, mentre si davano alla loro reiterata cantilena. I piccoli attori erano stati consigliati di tenere gli occhi chiusi durante il loro girotondo, ad evitare che i Cavalieri Ombre potessero spaventarli e distrarli dalla loro breve recita.

L’intero popolo drucifino, già dal tardo pomeriggio, si diede ad attendere con impazienza l’arrivo della mezzanotte. Esso era ansioso di sincerarsi che l’espediente suggerito dal giovane forestiero avrebbe dato i suoi primi frutti sperati, mettendo alle corde il loro nemico mago. Quando infine giunse il momento cruciale, tutti i Drucifi, stando nelle loro abitazioni con il fiato sospeso, attesero il grande evento. Allora, alle prime avvisaglie della spettrale fenomenologia acustica e visiva che accompagnava i Cavalieri Ombre nelle loro incursioni notturne, Iveonte si avvicinò ai tre bambini, i quali già si tenevano per mano e formavano il loro piccolo girotondo. Subito dopo li avvisò che potevano iniziare a recitare la parte che avevano imparato a memoria durante l'intera giornata, non dimenticando di muoversi da destra verso sinistra, ossia al contrario del giro del sole. Essi avrebbero dovuto smetterla, solo quando fosse stato egli stesso ad ordinarglielo. Così, intanto che i tre bambini presi per mano giravano in tondo e cantavano senza sosta, nel villaggio iniziò ad aversi l’incursione dei Cavalieri Ombre. Alcuni di loro presero di mira pure Iveonte; ma il loro assalto si concluse con un nulla di fatto, poiché il giovane lo aveva ignorato del tutto. Non ci fu neppure il tempo, da parte loro, di riprovare una seconda aggressione contro l’avversario, dal momento che repentinamente furono visti sparire nel nulla. A quel punto, essi lasciarono il villaggio nella quiete di prima e privarono ogni suo abitante della loro truce ed insopportabile molestia delle nottate precedenti.

Spariti i Cavalieri Ombre, Iveonte invitò i bambini a sospendere il loro girotondo e la loro esibizione canora, poiché non c’era più bisogno dell'uno e dell'altra. Siccome se ne era accorta anche la popolazione drucifina, essa all’istante uscì all’aperto per festeggiare insieme il meraviglioso evento. Perciò dappertutto la gioia dei Drucifi esplose all’impazzata e fece furore nelle vie per alcune ore della notte. La si vide placarsi, solamente quando il torpore della sonnolenza ebbe alla fine il sopravvento sugli abitanti del villaggio. Com'era da prevedersi, non mancarono, durante le loro effusioni gioiose, ovazioni di massa e sentiti ringraziamenti a tutto andare a favore di Iveonte. Costui, stando in compagnia di Tionteo, assistette estasiato al loro immenso giubilo. Essendo poi venuto meno nel villaggio ogni compiacimento da parte dei gioiosi Drucifi, anche i due giovani amici ritennero opportuno ritirarsi nella loro tenda per trascorrere nel sonno le restanti ore notturne e ricavarne il loro utile riposo.