285°-I CAVALIERI OMBRE DELLA VALLE MALEDETTA

I primi chiarori antelucani incominciavano a diffondersi per i bui strati celesti, annunciando ovunque l’incipiente rinascita dell'alba, quando Tionteo e cinque Lutros lasciarono il loro accampamento e se ne allontanarono. Come era a conoscenza anche Iveonte, per essere stato stabilito la sera precedente, essi andavano a procacciarsi della cacciagione aviaria, poiché era da parecchio tempo che al campo non ci si cibava della carne di quel tipo di selvaggina. Conducevano con loro anche due muli, sui quali al ritorno avrebbero dovuto caricare i grossi volatili da loro uccisi. Così, dopo essersi addentrato per circa un miglio nella folta boscaglia, la quale cresceva rigogliosa a nord del loro campo, il piccolo gruppo si convinse di aver trovato finalmente la zona adatta per cacciarvi. Essa si presentava ricca di molte specie di uccelli, i quali avevano dimensioni differenti e un piumaggio variamente colorato, che si faceva notare anche a grande distanza. Tionteo e i suoi accompagnatori avevano appena intrapreso le loro azioni ostili contro la fauna volatile, allorché scorsero in mezzo ad una piccola radura una ragazza a cavallo, che veniva inseguita da sei cavalieri. Costoro, indossando armature pesanti e avanzando a spron battuto sui loro focosi destrieri, ostinatamente cercavano di raggiungere colei che stavano inseguendo. Allora il Terdibano non esitò a salire sul proprio cavallo e a correre in soccorso della sventurata, che appariva davvero spaventata a morte. Nello stesso momento che il giovane si scontrava con quelli che la inseguivano, la bestia della ragazza, a causa della troppa stanchezza, stramazzò al suolo, costringendo anche lei ad andare incontro ad un brutto ruzzolone. Esso, per fortuna, essendo stato attutito dalla soffice erba prativa, non le arrecò alcun danno, neppure quello più lieve. Poco dopo, però, allo scopo di dare un valido aiuto al valoroso amico, lo imitarono anche i cinque Lutros che stavano con lui. Quando poi costoro lo raggiunsero per dargli man forte, cinque dei cavalieri si diedero a fare sbollire la propria furia sui nuovi intervenuti nel cimento, essendo intenzionati a farli pentire del loro solidale intervento a pro del compagno, che si batteva molto bene.

Nel frattempo Tionteo non smetteva di darsi un gran daffare contro il suo tremendo avversario. Ma duellando con lui, egli aveva la sensazione che la totalità dei suoi colpi non parati dal rivale finissero nel vuoto, come se fossero inferti ad un’ombra e non ad una persona reale. Quelli della sua controparte, al contrario, gli giungevano potenti e pericolosi, senza apparire per niente qualcosa di astratto. Insomma, la realtà di quello scontro gli risultava la seguente: quando egli riusciva a colpire il cavaliere rivale, costui diveniva ombra di sé stesso. Invece il suo nemico si mostrava in carne ed ossa, quando gli sferrava i propri colpi possenti per ammazzarlo o per ferirlo in modo grave. Ma poco dopo, intanto che la gragnola di colpi diluviava da entrambe le parti senza alcuna interruzione, Tionteo si ritrovò ad assistere alla fine miseranda che gli altri cavalieri avevano assegnato ai cinque Lutros che gli erano venuti in aiuto. Per prima cosa, essi fecero spiccare le loro teste dai rispettivi busti; poi troncarono a metà questi ultimi. Infine, fatti fuori così orribilmente i loro avversari, i cinque tremendi cavalieri ritornarono ad affiancare il loro commilitone, il quale seguitava a lottare con accanimento contro il proprio avversario. Di fronte ad uno spettacolo simile, il quale a un certo punto si era presentato truculento al massimo, il morale del giovane andò molto giù. Inoltre, adesso egli si trovava a combattere non più contro un unico cavaliere terribile, ma si erano uniti a lui anche gli altri cinque compagni. Essi, come il Terdibano si rendeva conto, mostravano la stessa grinta feroce e lo stesso desiderio di ridurlo malissimo, esattamente come avevano fatto con i cinque poveretti Lutros. Perciò, benché mettesse in campo tutte le sue risorse ed abilità schermistiche già apprese dall’eroico amico, egli veniva a trovarsi sempre di più in difficoltà contro i suoi sei avversari. Anche perché non riusciva a causare a nessuno di loro il più piccolo danno materiale.

Mentre combatteva, Tionteo udì la ragazza che gli gridava:

«Se vuoi liberarti dei tuoi avversari, ardito giovane, combattili nella zona già raggiunta dal sole. Se sarai in grado di condurre in quel luogo i tuoi assalitori, vedrai che la luce solare li farà svanire all’istante! Perciò sbrìgati a farlo, se vuoi ricavarne un sicuro beneficio! Altrimenti, giammai ti sarà possibile vincere contro di loro, che colpiscono senza farsi colpire!»

Allora il giovane, accogliendo il consiglio della ragazza, anche se ne dubitava, fece in modo che la tenzone si spostasse nella parte della radura che già era stata invasa dal sole. Egli conseguì tale obiettivo, dandosi ad una finta retrocessione e facendola apparire come se fossero gli avversari ad imporgliela, spingendolo proprio in quel posto. Così i sei misteriosi cavalieri, non appena si furono esposti ai raggi solari, furono visti dileguarsi in breve tempo, sparendo nel nulla. Avvenuta l’improvvisa scomparsa dei sei misteriosi combattenti suoi rivali nel mondo dell’ignoto, Tionteo raggiunse subito la ragazza. Ella si trovava ancora seduta sull'erba, però ridotta un po’ malconcia. Volendo poi ringraziarla per il suo tempestivo e proficuo suggerimento, incominciò a dirle:

«Grazie, graziosa fanciulla, per l’utile consiglio che poco fa provvidenzialmente mi hai dato! Se non ci fossi stata tu a trarmi fuori dai guai, non so come me la sarei sbrogliata con quei sei tipacci, i quali stranamente non si lasciavano colpire in nessuna maniera! Ma adesso passo a presentarmi. Il mio nome è Tionteo; invece il tuo qual è, dolce fanciulla?»

«Io mi chiamo Rotilda, audace e simpatico giovane. Anch'io desidero esprimerti la mia gratitudine, per essere intervenuto in mio aiuto, evitandomi così di cadere nelle mani dei Cavalieri Ombre. Tionteo, se ci tieni a conoscere il mio parere sullo scontro da te intrapreso per aiutarmi, posso assicurarti che te la stavi cavando molto bene! Ti ho visto combattere come un guerriero audace e forte.»

«Chi sarebbero, Rotilda, questi cavalieri che mi hai citati? Io non so neppure come considerarli! Hai proprio ragione a chiamarli con il nome che gli hai attribuito! Tutte le volte che riuscivo a colpirli, i miei colpi di spada parevano scontrarsi con delle autentiche ombre. Invece quelli che essi sferravano contro di me, si rivelavano più che concreti! Tu mi sai dire qualcosa su questo autentico mistero, che non so come definire? Sono sicuro che tu saprai qualcosa in merito a quanto ti ho appena chiesto!»

«Tionteo, si tratta di una storia molto lunga, la quale ti annoierebbe senz’altro a morte. Anzi, ti arrabbieresti solamente, senza poter muovere un solo dito a favore di chi è destinato a tollerare la prepotenza altrui. Allora, ad evitare di portarti via la serenità, è meglio che io taccia e non mi metta a raccontartela! Ti sta bene così? Oppure sei contrario al mio silenzio sulla vicenda inerente ai Cavalieri Ombre?»

«Al contrario, non mi sta bene affatto, Rotilda! Io ci tengo ad ascoltarla, anche se non qui e non in questo momento. Infatti, poiché essa è piuttosto lunga e presenta delle problematiche non affatto semplici, come tu mi hai fatto intuire, non voglio fartela ripetere due volte. Perciò la racconterai a me e al mio amico Iveonte, quando ci saremo ricondotti nel nostro campo. Anche perché, se c’è da venirti in aiuto concretamente in qualche modo, sarà il mio compagno che potrà dartelo e non io!»

«Tionteo, invece sono convinta che nessuno potrà mai aiutare me e soccorrere la mia gente per privarla di quanto la tormenta. Devi sapere che contro i Cavalieri Ombre, poiché essi rappresentano la maledizione del mio popolo, nessuna forza umana può avere la meglio. Oramai sono venti anni che essi ci perseguitano e non ci permettono di trascorrere una vita serena, quella che ci rendeva un popolo felice e senza nessuna preoccupazione!»

«Rotilda, ti assicuro che, per il mio amico, non possono esistere ostacoli insormontabili. Egli è stato sempre in grado di superarli tutti, risultando ogni volta vincitore imbattuto da qualunque lotta da lui intrapresa con fini umanitari. Iveonte, che è il nome del mio compagno, combatte il sopruso ovunque esso venga commesso contro gente impotente a difendersi! Per questo motivo, dovrai confidare in lui, se vuoi il mio spassionato consiglio. Accettandolo con la massima fiducia, ti garantisco che esso potrà esserti solo utile! Se non vuoi credere alle mie parole, devi capacitarti che questa è la pura verità. Né potrà essercene un'altra, che possa garantirvi il benessere di cui venite privati da lungo tempo.»

«Se ti fa piacere pensarla in questa maniera, Tionteo, nessuno te lo vieta. Comunque, sono certa che sarà il tuo amico stesso a rendersene conto da sé, non appena gli avrò raccontato ogni cosa sulla nostra storia! Insieme con lui, naturalmente, te ne convincerai anche tu, considerato che non potrà essere in modo diverso! Adesso mi sono spiegata per bene?»

«Hai ragione, Rotilda. Lo faremo decidere al mio amico, se essa è una impresa della sua portata. Mi dispiace solamente per i cinque poveretti miei accompagnatori, i quali sono stati ammazzati in quel modo così barbaro dai Cavalieri Ombre! Anche Iveonte se ne rattristerà, quando apprenderà da me la loro miserabile fine. Ma sono certo che egli vorrà vendicarli senza meno, una volta che verrà a sapere della loro morte avvenuta per colpa degli ignoti cavalieri che ti inseguivano!»

«Invece ti consiglio di non darti peso per loro cinque, Tionteo, perché non ne vale la pena! Te ne convincerai, dopo che ci saremo condotti nel vostro campo per incontrare il tuo prodigioso amico, al quale, sempre a tuo giudizio, niente è impossibile.»

«Perché mi parli, come stai facendo, soave fanciulla? Essi erano dei nostri bravi uomini! Dunque, come faccio a non mostrare alcuna pietà verso di loro? Sappi che, nel caso che lo facessi, dopo mi considererei sul serio un autentico senzacuore! Mi capisci adesso? Oppure c'è qualcosa che dovrei ancora sapere a tale riguardo?»

«Dammi retta, Tionteo, per favore! Come già ti ho detto, tra breve mi darai ragione. Allora la loro tragica fine smetterà di farti soffrire come in questo istante! Comunque, apprenderai ogni cosa su di loro nel luogo dove siete accampati e ti capaciterai che avevo ragione a parlarti così.»

Terminata la conversazione tra loro due, Tionteo condusse la ragazza nel loro accampamento, dove si affrettò a presentarla ad Iveonte. Il quale, dopo essere venuto a sapere ciò che era accaduto all’amico e ai cinque Lutros che lo accompagnavano, sollecitò Rotilda a riferirgli ogni cosa che sapeva sui Cavalieri Ombre e in che maniera la sua gente subiva il loro sopruso. Ma prima che la ragazza iniziasse ad aprire bocca, ci fu il ritorno nel loro campo degli uomini lutrosini. Invece essi erano stati creduti già morti dagli altri compagni, per essere stati mutilati ed uccisi dai loro avversari, come era stato rapportato dal Terdibano. Tutti e cinque furono visti all’improvviso rientrare sui loro cavalli e dirigersi in direzione di Iveonte. Il meravigliato giovane, che non credeva ai suoi occhi, quando essi gli furono davanti sani e salvi, si affrettò a chiedergli:

«Ma voi non eravate morti, essendo stati trucidati nella maniera che mi ha riferito il mio amico Tionteo? Mi sapete dire perché adesso siete qui, senza avere neppure un graffio sul vostro corpo?»

Allora uno di loro, ossia Duim, facendosi portavoce anche degli altri quattro compagni, non ebbe difficoltà a rispondergli con queste parole:

«Almeno così è apparso anche a noi, Iveonte, mentre venivamo tagliati di netto dai loro colpi di spada! Comunque, in merito alla nostra apparente uccisione, ti assicuriamo che il nostro dolore è stato davvero reale, quello che si prova nell'istante stesso che si viene tranciati da una lama molto tagliente e perforante!»

«Dopo che siete stati squartati, Duim, come è stato poi che vi siete ritrovati di nuovo ricomposti e non più tagliati in tre parti; ma vivi e vegeti, come adesso vi si scorge da noi tutti? Allora sai chiarirci tale misterioso particolare, considerato che noi non lo comprendiamo neppure un poco?»

«Questo non te lo sappiamo spiegare, Iveonte, poiché ci risulta molto difficile farlo. Devi sapere che nel nostro intimo è rimasta soltanto la consapevolezza che per noi l'esperienza di quella circostanza è stata assurda e traumatica, avendola vissuta realmente a livello delle sensazioni. Invece dopo, quando abbiamo dovuto fare i conti con essa, la nostra morte si è dimostrata un nulla di fatto, come se non ci fosse mai stata. A quel punto, siamo ritornati ad essere noi stessi, del tutto integri e viventi, come se avessimo vissuto ogni cosa in un sogno irreale!»

«Se sei d'accordo, Iveonte,» si intromise la ragazza nel discorso «potrò darti io tutte le dilucidazioni in merito, quando mi darò a farvi il mio lungo e particolareggiato racconto delle tristi vicende del mio popolo, quello che vi avevo annunciato. Perciò aspetto che mi si permetta da parte vostra di cominciarlo al più presto, troncando ogni altra discussione inadatta a chiarirvi qualcosa sui Cavalieri Ombre!»

Dopo il breve intervento di Rotilda, allo scopo di consentirle di raccontare quanto aveva da dire, il giovane eroe badò a licenziare i cinque Lutros resuscitati, facendogli presente che potevano andare, poiché la loro presenza non serviva più presso di loro. Mentre i Lutros si accomiatavano, Tionteo, intervenendo nella conversazione, volle attestare alla ragazza:

«Avevi ragione, Rotilda, quando mi hai invitato a non preoccuparmi per la loro uccisione. Come mi rendo conto, eri già al corrente che essi sarebbero ritornati al campo redivivi: nevvero? Immagino di sì! In tal caso, me lo potevi dire subito, senza farmi continuare a provare una gran pena per loro cinque per tanto tempo!»

«Certo che lo sapevo, Tionteo; ma non nel senso che hai pensato tu ora. Sono due cose molto differenti, come apprenderai tra poco, nell'ascoltare ciò che sto per raccontarvi. La qual cosa mi ha altresì spinta a non riferirti niente sui vostri uomini ammazzati per finta, siccome avrei dovuto farlo in un secondo momento!»

«Perché mai, Rotilda, parli così, a proposito dei cinque Lutros uccisi dai Cavalieri Ombre? C’è forse qualcos'altro che dovrei ancora sapere? Spero almeno che essi siano realmente vivi, proprio come tutti li abbiamo visti rientrare nel nostro campo!»

«Anche su questo, Tionteo, per il momento non intendo pronunciarmi! Invece preferisco fartelo conoscere durante l’ascolto del mio macabro racconto, il quale seguirà tra breve tempo, ammesso che ci sia il vostro consenso. Invece, come vedo, continuate a non permettermelo. Ma dopo ti converrà stare assai attento, se non vorrai perderti di esso neppure una virgola, allo scopo di renderti conto di ogni cosa sui Cavalieri Ombre!»

Alla fine, non venendo più interrotta da altri episodi ed interventi ingiustificati, la ragazza si diede a fare un resoconto completo di ciò che sapeva su quegli esseri incredibili. Ma il suo ragguaglio ci sarebbe stato soprattutto su ciò che essi significavano per la sua scalognata gente, ovviamente in senso oltremodo negativo. Anche perché Rotilda non avrebbe potuto dire niente di più approfondito sull’intera vicenda riguardante tali cavalieri. Allora noi ce ne renderemo conto in seguito, quando saremo costretti ad integrare il suo racconto con altre notizie particolari, delle quali ella era all’oscuro, data la sua giovane età. Ora, però, diamoci ad ascoltare la ragazza, intanto che ci narra delle disavventure ventennali della sua gente.

"Sono una ventina di anni che la mia gente tribola, a causa della presenza nella nostra valle dei Cavalieri Ombre. Le loro incursioni notturne iniziano a mezzanotte e durano fino all’alba, quando il sole, dissolvendoli, li fa sparire dalla regione, che abbiamo ribattezzata con il nome di Valle Maledetta. I Drucifi, che rappresentano il mio popolo, durante tali ore della notte, sono costretti a tollerare le loro incursioni sconvolgenti e terrorizzatrici, senza potersi opporre ad esse. All’improvviso, tali cavalieri spuntano dal nulla e, dopo essersi assembrati in un grande esercito, percorrono in lungo e in largo la nostra valle, scorrazzandovi come demoni infuriati. Per nostra fortuna, essi non possono entrare nelle case, per le ragioni che vi spiegherò più avanti. Ma se uno di noi viene sorpreso all’esterno di esse, lo riducono in fin di vita in modo posticcio, come hanno fatto con i vostri cinque uomini. Comunque, lo stesso lo fanno soffrire così inumanamente che peggio non si può.

Quando iniziarono ad esistere, i Cavalieri Ombre entravano anche nelle nostre case, le quali sono costruite alcune di paglia e frasche, altre di pietra. Essi all’inizio se la prendevano soltanto con gli uomini che avevano una età compresa tra i venti e i quarant’anni. Invece dopo incominciarono a rendere loro vittime anche le donne, i giovani, gli anziani e i vecchi. I loro accessi alle nostre abitazioni avvennero, fino a quando uno dei nostri connazionali non scoprì che, per non farveli entrare, bastava appendere davanti all’uscio di casa una ciocca di crini di cavallo. Ad ogni modo, la presenza notturna nel nostro villaggio dei Cavalieri Ombre ha continuato fino ad oggi a scombussolare la mente di ogni persona, infondendovi un terrore folle. Infatti, ogni volta che arrivano nel nostro villaggio, sempre dopo la mezzanotte, li accompagnano infiniti schiamazzi, suoni infernali, nitriti sbizzarriti, urla disperate, sinistri bagliori e l’imperversante mugghiare della tormenta. Le quali cose producono durante la notte un frastuono terrificante nella nostra valle, quella che nel passato veniva considerata terra benedetta da tutti coloro che vi risiedevano.

C’era stato un tempo in cui i guerrieri del nostro villaggio avevano deciso di porre fine alle incursioni dei Cavalieri Ombre e alla loro arroganza. Ma dei diecimila uomini che avevano voluto affrontarli, avevano fatto ritorno alle loro case appena tremila. I periti in battaglia erano stati trucidati dai terribili cavalieri notturni nella maniera che già conoscete. Allora il nostro capo, prima che il sole spuntasse e facesse ritornare in vita i loro corpi, li aveva fatti tutti seppellire. Così facendo, essi non si sarebbero più trasformati in altri Cavalieri Ombre, come si era appreso in precedenza. Difatti siamo convinti che le persone che ritornano a vivere non sono normali, poiché durante la notte diventano altri Cavalieri Ombre. Questa nuova scoperta fu dovuta ad una donna drucifina, di nome Delka, il cui marito alcuni giorni prima era stato anche lui ucciso dagli inesorabili cavalieri fantasmi; ma che poi era stato resuscitato dai tiepidi raggi solari. Allo scoccare della mezzanotte, ella, essendosi svegliata per caso, aveva visto il proprio marito alzarsi dal letto ed uscirsene di casa, senza dare per niente ascolto alle varie domande che la donna gli andava facendo. Il fatto veramente strano, però, era stato il seguente: egli, per uscire dalla sua abitazione, non aveva imboccato il suo uscio, ma aveva attraversato una delle quattro pareti. Allora la sua smaterializzazione aveva stupito grandemente la consorte, la quale, per tale motivo, aveva deciso di condursi all’esterno di essa per spiarlo e controllare i suoi movimenti. Così aveva appreso anche che fuori lo stava aspettando un cavallo nero dagli occhi lampeggianti e con le froge fumiganti. La qual cosa aveva reso la donna consapevole che il consorte era divenuto anch’egli un altro Cavaliere Ombra della notte.

Adesso, visto che mi trovo in vena di narrare, voglio farvi sapere altresì perché i Cavalieri Ombre mi stavano inseguendo. In questo modo, farò evitare a voi due di chiedermelo. Ebbene, da qualche mese, io e il mio ragazzo Adlus avevamo pensato di abbandonare la Valle Maledetta, desiderosi di rifarci una nuova vita in un’altra terra, dove ci saremmo uniti in matrimonio ed avremmo messo su famiglia, allietata da tanti pargoletti. Avevamo preso tale decisione, a onta delle minacce del mago, che ci aveva avvisati che non avrebbe consentito a nessuno di abbandonare la nostra valle. Così ieri mattina, alle prime luci dell’alba, abbiamo tentato la fuga dalle nostre terre. Secondo i nostri calcoli, prima che giungesse la mezzanotte, noi saremmo dovuti essere già oltre i confini della valle, convinti che i Cavalieri Ombre avrebbero evitato di inseguirci in tali terre. Invece abbiamo avuto ragione per un verso e torto per un altro. Se è stato vero che siamo riusciti ad allontanarci dalla valle, non è stato altrettanto vero che i nostri nemici non ci avrebbero inseguiti oltre i suoi confini. Infatti, essi, pur di catturarci, hanno sconfinato senza esitazione e si sono messi furiosamente sulle nostre tracce, fino a quando non ci hanno raggiunti.

Il cielo è cominciato ad albeggiare ad oriente, quando ci siamo accorti che sei Cavalieri Ombre ci venivano dietro di gran carriera. Allora abbiamo deciso di depistarli, dividendoci e battendo sentieri diversi. Per un breve tratto, perciò, non li ho più scorti alle mie spalle. Poco dopo, però, mi sono avveduta che essi mi stavano di nuovo dietro, praticamente a pochi passi, ed erano sul punto di acciuffarmi. Ma il provvidenziale intervento di Tionteo è riuscito ad impedire in tempo la mia cattura da parte loro. Perciò gli rinnovo la mia immensa gratitudine, sentitamente e con fervore. A questo punto, però, non saprei cos’altro raccontarvi sui famigerati cavalieri della notte, amici miei, essendo sicura di avervi riferito su di loro ogni cosa da me conosciuta, senza tralasciare alcunché. Perciò attendo di venire a conoscenza dell’opinione che vi siete fatta di coloro che consideriamo autentici fantasmi, i quali risultano ineliminabili dalla nostra valle."

Dopo che la ragazza ebbe finito di esporre i fatti in riferimento ai Cavalieri Ombre, dei quali era al corrente, ci fu una breve pausa di silenzio. Ma, di lì a poco, Iveonte le domandò:

«Come mai, Rotilda, nessun abitante del tuo villaggio non ha mai cercato di scoprire l’origine di tali cavalieri che vi terrorizzano ogni notte, senza che si possa fare niente per impedire i loro rumorosi raid notturni? Che cosa sai riferirci anche a tale proposito? Noi gradiremmo saperlo, se tu fossi in grado di dircelo.»

«Invece sono all’oscuro di ciò, Iveonte. Ma ci sarebbe poi servito a qualcosa, se fossimo risaliti alla loro origine? Io non ne sono convinta! Noi Drucifi abbiamo sempre creduto che i Cavalieri Ombre rappresentassero il prodotto di un mago molto potente, il quale per noi sarebbe rimasto in ogni caso imperscrutabile. Perciò, se provassimo ad indagarli con il proposito di risalire alla loro genesi, senz’altro interverrebbe a proibircelo colui che li fa esistere ed agire nella nostra Valle Maledetta!»

«Forse non hai tutti i torti, Rotilda. A volte, però, se un problema non è studiato prima in profondità, non ci è permesso di risolverlo adeguatamente. Ad esempio, come siete arrivati a conoscere due cose importanti sui Cavalieri Ombre, cioè che il sole li fa sparire all’istante e una ciocca di crini di cavallo appesa all’uscio li tiene lontani dalle vostre case, potevate ancora scoprirne altre. Le quali, probabilmente, vi sarebbero risultate necessarie, al fine di sconfiggerli e di liberarvene per sempre! Non sembra pure a te che il loro approfondimento vi avrebbe aiutati?»

«Probabilmente, hai ragione, Iveonte; ma ti devo correggere su quanto hai affermato. Sono tre le cose che conosciamo su di loro e non due. Tu hai dimenticato di considerare anche il fatto che quelli che vengono ammazzati dai Cavalieri Ombre finiscono per assimilare la loro stessa natura. Per cui non si può più farli ritornare indietro in nessun modo e permettergli di ridiventare gli esseri che erano stati un tempo!»

«Anche ciò è vero, Rotilda: ti ringrazio di avermelo rammentato! I vostri uomini, secondo me, lo diventano per acquisizione, ossia in seguito ad un rituale che si concretizza solamente in battaglia. Forse i tre tagli operati dalle loro spade sono indici di un rito, il quale li prepara alla trasformazione delle loro nature umane in Cavalieri Ombre. Ma sono più che convinto che, in mezzo a tali cavalieri, ce ne sono anche di quelli originali, ossia coloro che sono stati creati da chi ha desiderato metterli in circolazione. Ammesso poi che la mia ipotesi risultasse giusta, ci sarebbe sempre preclusa la conoscenza delle loro differenti mansioni che vengono assegnate agli uni e agli altri. La qual cosa resta indubitabile!»

«Iveonte, lasciando da parte queste illazioni che non intendono affrontare il nocciolo della questione,» Tionteo intervenne a domandare all’amico «mi sai chiarire cosa in realtà è possibile fare per sgravare di un simile peso i poveretti Drucifi?»

«Per come stanno le cose, Tionteo, non abbiamo dati sufficienti sia per valutare la situazione sia per prendere decisioni equilibrate in merito. Dunque, occorrerà prima approfondire i Cavalieri Ombre e poi intervenire contro di loro, con l’obiettivo di farli sparire dalla valle drucifina e di permettere a quest'ultima di tornare ad essere la Valle Benedetta di venti anni fa!»

«Quindi, amico mio, tu intenderesti aiutare i conterranei di Rotilda, iniziando ad esperire i primi accertamenti inerenti al caso? Conoscendo bene il tuo animo magnanimo, sono persuaso che avrai già stabilito di farlo! Non è forse vero? E ciò anche a discapito del tuo importante viaggio, il quale dovrà subire una ulteriore battuta d’arresto!»

«Certo che intendo aiutarli, Tionteo! Per tale ragione, non riprenderemo il nostro viaggio verso Tasmina, fino a quando non li avremo liberati dalla maledizione che grava sulle loro teste, a guisa di una mannaia. Innanzitutto bisognerà far sì che stanotte i cinque Lutros, che sono diventati come loro, non possano nuocere a noi tutti. A tale riguardo, vi anticipo che non intendo affatto avvalermi dell’espediente, a cui ricorrono i Drucifi, non essendoci alcuna necessità!»

«Allora mi dici, Iveonte, come vuoi agire questa notte per evitarli?» gli domandò la ragazza «Comunque, non credo che ci possa essere un espediente diverso dal nostro, che sia in grado di riuscirci! Ne sono matematicamente convinta! Ma sono anche sicura che te ne renderai conto anche tu a suo tempo, quando vorrai sperimentarlo!»

«Non ti devi preoccupare di ciò che non ho ancora deciso di fare, Rotilda! Ma ti garantisco che troverò alla svelta l'esatta soluzione al caso! Te lo dimostrerò più avanti, al momento opportuno!»

A sua volta, anche il Terdibano, il quale aveva una immensa fiducia nell'amico, ci tenne a confermare alla ragazza drucifina:

«Puoi credere ad Iveonte sulla parola, Rotilda! Quando il mio amico promette qualcosa a qualcuno, stanne sicura che egli mantiene sempre la promessa! Nessuna forza al mondo può trattenerlo dal fare ciò che ha stabilito, ovviamente sempre a beneficio delle vittime della prepotenza! Oramai ho avuto modo di conoscerlo senza errori da molto tempo!»

Avvenuta la consumazione della cena nel campo, Iveonte, dopo aver giustificato il suo provvedimento ai diretti interessati e ai loro compagni, fece legare i cinque Lutros intorno ad un palo appositamente conficcato nel terreno. Inoltre, ordinò ai suoi uomini di appiccare intorno a loro quattro falò, disposti in modo da risultare gli angoli di un quadrato. In seguito, non venendo scorto da nessuno, mise in atto il suo terzo dispositivo nei confronti dei Lutros legati. Ossia rivolse l’anello verso di loro e gli sussurrò: "Avvolgili in un qualcosa di invisibile, dal quale essi non possano uscire né come persone reali né come esseri smaterializzati. Dunque, la tua azione dovrà effettuarsi celatamente agli occhi degli altri del campo!" Alla richiesta del giovane eroe, l’anello circondò i cinque Lutros con una campana energetica, la quale non avrebbe permesso di entrarvi e di uscirne sia ad esseri forniti di un corpo materiale sia a quelli aventi le caratteristiche dei Cavalieri Ombre. Ricorrendo all'aiuto dell'anello, Iveonte desiderava sperimentare se era vero quanto aveva asserito la ragazza. Cioè, voleva convincersi che coloro che venivano ammazzati dai Cavalieri Ombre, dopo essersi ricomposti e trasformati in esseri viventi, diventavano altri cavalieri simili.

Da parte di Rotilda, invece, quando apprese ciò che Iveonte intendeva attuare, subito si propose di contraddirlo, poiché riteneva ingenuo quel suo esperimento. Per questo la ragazza non volle astenersi dal fargli presente quanto pensava circa il suo stratagemma, essendo convinta che esso non avrebbe retto in nessun modo. Perciò gli disse:

«Come puoi credere, Iveonte, che i tuoi cinque uomini legati non riusciranno a liberarsi dalle funi, ma se ne resteranno al loro posto immobili, se possono attraversare senza difficoltà delle spesse pareti di pietra? Al posto tuo, mi preoccuperei di fare appendere all’uscio di ogni tenda una ciocca di crini di cavallo, al fine di preservare me e i miei uomini dall’aggressione dei Cavalieri Ombre, i quali sarebbero in realtà i Lutros uccisi. Esso è l’unico rimedio che possa salvaguardarci da loro!»

«Anche se in parte sono veritiere le cose che affermi, Rotilda, a ogni modo, ho deciso di agire di testa mia. Vedrai che, una volta che sarà scoccata la mezzanotte, i miei cinque uomini, pur cercando di allontanarsi da dove si trovano adesso, continueranno a restarvi, senza fare un solo passo in avanti! Te ne convincerai tra poco!»

«Ne sono convinto anch’io, Iveonte, se lo dici tu!» Tionteo cercò di fargli presente che la pensava allo stesso modo suo «Ma se noi prendiamo qualche precauzione in più in merito e diamo retta anche a Rotilda, ci costa forse qualcosa? A questo punto, se ci tieni a conoscere anche la mia opinione circa questo caso, non mi preoccupo più dei Lutros da noi legati. Altri Cavalieri Ombre, però, potrebbero venire da fuori per aggredirci e renderci come loro. In tal caso, affidandoci anche al marchingegno a cui ricorrono i Drucifi, verremo ad avere una sicura protezione contro di loro. Non sei d'accordo pure tu?»

L’osservazione, che gli era stata mossa da Tionteo, persuase Iveonte che l'amico non stava del tutto nel torto. Perciò diede ordine che si procedesse a fare appendere una ciocca di crini davanti all’uscio di ogni tenda. Inoltre, il giovane fece piazzare quella sua proprio dinanzi ai cinque Lutros legati, nella quale egli vi avrebbe preso posto insieme con l’amico e la ragazza. Logicamente, essi non vi avrebbero dormito, ma avrebbero osservato dal suo interno ciò che sarebbe accaduto ai suoi uomini dopo la mezzanotte, all'arrivo dei cinque cavalli venuti a farsi montare da loro. Giunta poi l’ora in cui i Cavalieri Ombre erano soliti fare la loro apparizione nella Valle Maledetta, i tre osservatori nascosti videro apparire i previsti cinque cavalli neri del tipo di quelli che cavalcavano i cavalieri fantasmi. Essi si arrestarono ad una decina di metri dai Lutros, i quali in quel momento si trovavano legati nel loro campo. Non appena li ebbe avvistati, la ragazza si diede a gridare ai due maschi:

«Ve lo dicevo che i vostri cinque uomini si sarebbero trasformati in Cavalieri Ombre! I loro cavalli sono già qui ad attenderli per fare compiere a ciascuno di loro le incursioni notturne. Vedrete che tra poco essi, come se non fossero affatto legati, si muoveranno verso le bestie e vi monteranno sopra. La loro intenzione sarà quella di darsi a stragi di ogni sorta tra gli abitanti della nostra valle!»

«Questo è ancora da vedersi, Rotilda.» Iveonte le replicò, essendo convinto di quello che stava dicendo «Invece io ti affermo che essi non riusciranno a raggiungere i cavalli venuti a prelevarli, poiché sono certo che non saranno in grado di farlo!»

«Io non so a chi di voi due dare ragione.» a modo suo, anche Tionteo volle pronunciarsi sul caso «Per il momento, possiamo essere certi che i nostri uomini, rimasti ieri vittime dei Cavalieri Ombre, sono entrati a far parte di loro! Come tali, perciò, vorranno esprimersi alla loro stessa maniera, senza venir meno al loro compito. Ciò che ignoro è se essi ci riusciranno a portare avanti la loro missione fino in fondo oppure non ne saranno in grado, come tu asserisci, Iveonte.»

Proprio in quell’istante, i cinque Lutros tenuti sotto osservazione da loro si mossero dal palo, a cui erano stati avvinti con delle resistenti funi. Le quali, essendo venute a mancare del loro sostegno umano, si lasciarono cadere per terra, dove si ammucchiarono. Ma i fantasmi dei Lutros, i quali all’improvviso erano apparsi anche con armature pesanti addosso, dopo qualche metro di avanzamento, furono costretti a fermarsi. Tra loro e i frementi cavalli, c’era qualcosa che gli vietava di andare avanti e di raggiungere le loro bestie. Allora, dopo un ennesimo tentativo infruttuoso, i cinque uomini lutrosini se ne ritornarono al loro palo, dove si ritrovarono nuovamente legati. Nello stesso tempo, anche i cinque cavalli fantasmi furono visti volatilizzarsi e fare subito ritorno nel nulla, ossia in quel luogo da dove erano sbucati poco prima.

A tale fenomeno, Tionteo esclamò trionfante alla ragazza:

«Ignoro come egli abbia fatto, Rotilda; ma il mio amico Iveonte è riuscito a fermare i nostri uomini! Adesso cos'hai da dire, bella ragazza, dopo che il mio compagno ti ha dimostrato di avere ragione? Te lo dicevo io che da lui possiamo attenderci le cose più inimmaginabili!»

La giovane Drucifa, mostrando un grande stupore per quanto di cui era stata testimone, non poté fare altro che confermargli:

«Vedo, Tionteo, che la tua fiducia in Iveonte era giustificata! Invece io ero certa che egli non ce l'avrebbe fatta, almeno in questa circostanza, la quale per noi si rende ogni volta un vero mistero!»

Dopo le due osservazioni fatte dall’amico e dalla ragazza, Iveonte fece loro presente che, essendo già notte inoltrata, conveniva darsi al sonno e rimandare al mattino successivo il da farsi. Quando poi il nuovo giorno giunse ad abbagliare ogni cosa con la sua luce sfolgorante, il giovane eroe decise di interrogare ancora la ragazza. A tale scopo, egli mandò Tionteo a chiamarla. Allora, non appena ella gli fu al cospetto insieme con il Terdibano, Iveonte incominciò a domandarle:

«Per caso, Rotilda, nel tuo villaggio non ci sta qualcuno che possa darci maggiori informazioni sui Cavalieri Ombre? Qualora la tua risposta dovesse risultare affermativa, noi andremmo immediatamente a fargli visita per attingere alle sue fonti le informazioni che ci necessitano per sconfiggere le migliaia di fantasmi della notte.»

«Iveonte, forse il nonno del mio ragazzo dovrebbe essere a conoscenza di molte cose che concernono i misteriosi Cavalieri Ombre. L’uomo, che ha una età molto avanzata, si chiama Fekup e convive con i genitori del mio Adlus. Dunque, sarò io ad accompagnarvi da lui, permettendovi di conoscerlo di persona e di interrogarlo!»

Le cose andarono precisamente come la ragazza le aveva fatte intendere ai due amici. Per cui Iveonte e Tionteo si prepararono ad apprendere dal vecchio Drucifo una storia che si sarebbe rivelata inquietante e scioccante. Allora anche noi, pur non potendo ascoltarla direttamente dal narratore, stiamo per conoscerla con sommo interesse, senza nascondere che esso a volte sarà frammisto a forti brividi.