285-I CAVALIERI OMBRE DELLA VALLE MALEDETTA
A parte Tionteo, che già aveva avuto modo di assistere a quel tipo di potere dell'amico, tutti gli altri presenti erano rimasti esterrefatti di fronte al portento, che Iveonte era stato capace di compiere. Secondo alcuni, se egli fosse ricorso fin dall'inizio al suo potere straordinario, senza dubbio avrebbe risparmiato ad ognuno di loro i batticuori e le ansie da cardiopalmo, a cui era andato incontro senza scampo per colpa dello sciamano. Rappresentando egli in quel momento il loro beniamino, i presenti si erano preoccupati per lui senza mai smettere, ossia durante l'intero tempo che Tonk aveva seguitato a sfornare le sue magie malefiche, una dopo l'altra. Adesso essi si beavano del fatto che Iveonte era riuscito a sconfiggere il maligno sciamano, che si dedicava a praticare la magia nera. Per questo, con lui, avevano vinto pure loro, essendo stati salvati dalla sua vittoria. A loro avviso, se egli fosse risultato perdente, dopo sarebbe toccato anche a tutti loro subire la vendetta di Onco e di Trasco. Naturalmente, sempre attraverso il loro malvagio protettore, il quale era lo sciamano Tonk.
Dopo, tralasciando ogni altra considerazione del momento, visto che se ne potevano fare quante se ne volevano, essi si diedero ad acclamare lo straniero come il più grande degli eroi. Anzi, non si astennero neppure dall'inneggiare al suo valore e alla sua superiorità anche nell'arte di fare prodigi. Invece, gli unici a restarne così delusi da morirne erano stati solamente i due infidi amici. Essi si erano comportati come autentiche carogne e adesso stavano vivendo gli attimi più brutti della loro esistenza. Oramai il loro destino era da considerarsi segnato, non potendo essi sperare di sopravvivere, nemmeno dopo una loro sicura vittoria sul capo dei Moian. Ciò, perché ora il loro combattimento individuale con Gudra non sarebbe stato più considerato una ordalia, ossia come un giudizio della sorte, la quale era propensa a favorire la persona innocente, poiché se lo meritava.
Così, dopo che si furono assopiti gli osanna e i deliri di gaudio degli astanti a favore dell'eroe forestiero, intervenne il Consiglio degli Assennati, al fine di presentarsi come il legittimo arbitro dell'evento. Esso, sempre a mezzo del medesimo stregone, volle riprendere il precedente discorso sui due scontri che erano in procinto di aversi. In merito ai quali, il surcosino Scopius ci tenne ancora a precisare: "È giunto il momento di soddisfare la richiesta di Gudra, dando subito inizio ai due scontri individuali, che sono stati da lui legittimamente reclamati! Nel primo, il nobile capo dei Moian affronterà Onco, l'ignobile nostro ex capo; nel secondo, ammettendo che egli uscirà vincitore dal suo scontro con il nostro capotribù, avrà come rivale Trasco, che è il suo fratello matricida. Il nostro augurio è che il bene prevalga sul male e che la persona giusta trionfi su quella malvagia!" Al riguardo, si era anche stabilito che entrambi gli scontri si sarebbero dovuti combattere su quello stesso piazzale dei processi, con le spade e senza cavalli. Così poco dopo la prima coppia di contendenti scese in lizza, secondo le regole che erano state decise preventivamente dai saggi membri del Consiglio degli Assennati, i quali tifavano all'unanimità per Gudra.
Ebbene, la veemenza e l'aggressività dei due duellanti si fecero notare, fin dall'esordio del combattimento. Difatti, sia il capo dei Moian che quello dei Surcos, tendevano a dominare lo scontro, per cui ce la mettevano tutta per frantumare la difesa dell'avversario e per sbarazzarsi di lui nel minor tempo possibile. I colpi diluviavano dall'una e dall'altra parte possenti e rischiosi, tra le grida della folla, la quale, intanto che li circondava, faceva il tifo per il retto Gudra. Costui, ad un certo punto, con un'abile mossa che gli aveva insegnato Iveonte, riuscì facilmente a trafiggere l'avversario in pieno petto. Perciò egli fu visto stramazzare al suolo, rimettendo abbondante sangue dalla bocca. A quel punto, la vittoria del capo dei Moian fu accolta da ognuno dei presenti con urla di compiacimento e di gioia.
Invece il secondo scontro, cioè quello tra il capo moianese e il suo gemello Trasco, avvenne mezzora dopo, siccome si era voluto consentire al vincitore del primo cimento di riprendere fiato e di riposarsi almeno un poco. Comunque, anche la sua durata non fu abbastanza lunga; come pure non mancarono nei due competitori la combattività e la determinazione. Le quali sovente conferirono all'accanito certame un grande prestigio e un'attrazione di considerevole rilevanza. Durante alcuni momenti di particolare animosità bellicosa, entrambi accesero, in coloro che assistevano allo scontro, una viva attenzione e un'assidua partecipazione mentale, che erano entrambe rivolte ad esso. Soprattutto essi ne infiammarono gli spiriti, oltre a spronarli in modo euforico all'esaltazione del loro simpatico favorito, che poteva essere esclusivamente l'onesto Gudra. A ogni modo, il capo dei Moian era quello che dominava di più l'avversario e lo costringeva alle corde, facendo valere la sua superiorità. La quale, alla fine, gli permise di centrare l'obiettivo, trafiggendo il fratello all'addome. L'infilzamento era avvenuto, proprio mentre Trasco azzardava una sua mossa avventata. Il colpo allora lo fece accasciare per terra in una gran pozza di sangue. Nel piegarsi su sé stesso, il matricida aveva mostrato terrore negli occhi e un volto cosparso di lividore cadaverico. Egli era riuscito a biascicare perfino qualche parola con la propria bocca; ma nessuno dei presenti, essendoci molto chiasso, riuscì a capirci qualcosa.
Dopo l'uccisione di Onco, la quale era avvenuta nel suo combattimento contro il rivale Gudra, i Surcos si ritrovarono automaticamente privati del loro capo. Comunque, egli era stato già esautorato da tale carica dal Consiglio degli Assennati. Occorreva perciò nominarne subito un altro, poiché la tribù non poteva restare a lungo senza un capo che li comandasse. Ma quale persona del villaggio proporre come capotribù? A tale riguardo, lo stesso organo collegiale, in seguito ad un'altra sollecita consultazione, addivenne ad una savia decisione. Se ne fece portavoce ancora lo stregone Scopius, il quale, rivolgendosi a Gudra con modi deferenti, incominciò ad esprimersi a lui con questo discorso:
«Nobile capo dei Moian, il consiglio vuole restaurare tra il tuo popolo e il nostro gli ottimi rapporti di un tempo, quelli che esistevano quando erano vivi tuo padre Vedio e il nostro stimato capo Usso. Per tale motivo, ha deciso di lasciare a te il compito di scegliere il capo dei Surcos fra la nostra gente. Tu conosci molto bene il nostro popolo e hai avuto anche modo di contattare personalmente parecchie persone di riguardo del nostro villaggio. Perciò te ne saremmo immensamente grati, se tu volessi segnalarci qualcuna di loro come la più degna di essere eletta nostro capotribù. Dandoci il tuo apporto prezioso in questa delicata scelta, otterremmo due ottimi risultati. In primo luogo, saremmo sicuri di avere come capo una persona saggia, siccome i saggi sanno riconoscersi tra loro. In secondo luogo, assicureremmo ai nostri due popoli degli ottimi rapporti, i quali non potrebbero essere effimeri, poiché fra gli stessi verrebbe e crearsi un'amicizia salda e duratura. Perciò indicaci tu il nome di colui che potrebbe essere il nostro capo, dal momento che la tua scelta ci risulterà molto preziosa!»
«Ringrazia il rispettabile consiglio a nome mio, Scopius, per l'onore che mi ha voluto concedere!» gli rispose Gudra «Ebbene, se proprio ci tenete a farvi guidare da me nella scelta del vostro capotribù, sono disposto ad accettare l'incarico. Perciò passo subito ad accontentarvi. Io vi propongo di nominare vostro capotribù il giusto e savio Ribov, il figlio del defunto Scando, il quale è anche il nipote collaterale del defunto Usso. A mio giudizio, si tratta di una persona che mi ha sempre fatto un'ottima impressione, a causa della sua morigeratezza e dei suoi sani principi morali. Ho sempre trovato il suo carattere l'opposto di quello di Onco: umano e altruista il primo, odioso ed egoista il secondo! Mi risulta che in passato egli non ha mai approvato la condotta del cugino, avendola considerata disonesta, specialmente nei suoi propositi contro di me e contro il popolo moianese.»
La segnalazione fatta da Gudra fu accolta favorevolmente sia dall'intero consiglio che da tutti i Surcos presenti, i quali si diedero subito ad acclamare loro capo il saggio Ribov. A tale proposito, va fatto presente che suo padre Scando, quando era ancora in vita, era stato anche lui membro del Consiglio degli Assennati per venti anni di seguito. Il quarantenne Surcos, comunque, per essere legittimato capo del suo popolo, doveva essere prima unto sulla fronte dallo stregone del villaggio, ossia da Scopius. Ciò sarebbe avvenuto durante una cerimonia religiosa, la quale avrebbe avuto i crismi della sacralità e della solennità, alla presenza di tutti i Surcos.
Ribov, quando Gudra aveva suggerito il suo nome quale futuro capo dei Surcos, era assente dal villaggio, poiché era intento a cacciare nel bosco. Ma dopo che ebbe soddisfatto la sua passione venatoria, egli si avviò verso casa. Nei pressi del suo villaggio, allora ci furono alcuni che ufficiosamente gli annunciarono la volontà del popolo surcosino di eleggerlo suo capo, su segnalazione del capo moianese Gudra. Nel ricevere poco dopo la comunicazione ufficiale dall'illustre Consiglio degli Assennati, il primogenito di Scando ne fu molto contento ed accettò la carica senza riserve. Più tardi, egli fu felice di trovarsi faccia a faccia con Gudra, per averlo sempre stimato moltissimo. Allo stesso tempo, volle pure ringraziarlo per aver fatto il suo nome all'autorevole consiglio nella scelta del capo dei Surcos. Perciò, quando gli si trovò di fronte, gli disse:
«Grazie, mio stimato Gudra, per avermi prescelto fra le persone più illustri del villaggio! Te ne sono davvero grato! Ti prometto che mi adopererò con tutte le mie forze per dimostrarmi degno della carica che mi sarà conferita domani. Con il tuo consenso, inoltre, vorrei coltivare la tua amicizia, in modo che i nostri due popoli prendano esempio dai loro rispettivi capi per rinsaldare i loro rapporti, come già avevano fatto sempre tuo padre Vedio e mio zio Usso! Sei d'accordo anche tu, amico mio?»
«Come potrei non esserlo, Ribov? Sono convinto che tu sarai un eccellente capo per i Surcos. Ciò che mi sta a cuore di più è che tra le nostre tribù, da domani in avanti, cesseranno l'attrito e il rancore attuali. Essi, nel recente passato, sono venuti a serpeggiare tra di noi, a causa del vostro traviato ex capotribù Onco. Al contrario, ricomincerà a risplendere la vecchia amicizia di un tempo, quella che hanno sempre propugnata e caldeggiata mio padre e tuo zio Usso. Che la pace, quindi, regni sui nostri due popoli per i secoli avvenire, augurando a entrambi prosperità e benessere!»
«Adesso vorrei chiederti un grande favore, Gudra. Siccome mi hanno riferito che l'imbattibile guerriero forestiero è divenuto tuo amico, ci terrei che tu me lo presentassi! Di lui ho sentito parlare così superlativamente bene, che non me la perdonerei, se egli andasse via dalle nostre terre, senza prima avere avuto l'onore di stringergli la mano! Ti prometto che te ne sarò molto riconoscente anche per quest'altro favore!»
«Sarai senz'altro accontentato, Ribov. Domani, quando sarai nominato capo del tuo villaggio, vedrai che il tuo desiderio sarà appagato, visto che pure lui presenzierà l'evento per sua espressa volontà!»
Nella mattinata del giorno seguente, nel villaggio surcosino si celebrò la solenne funzione religiosa, durante la quale lo stregone Scopius unse Ribov capo dei Surcos e gli consegnò anche lo scettro del comando. A mezzogiorno, nel villaggio si diede inizio ai festini con banchetti e danze tribali, che si sarebbero dilungate fino a tarda notte. Durante gli intrattenimenti della giornata, Gudra, come gli aveva promesso, presentò il nuovo capo dei Surcos ad Iveonte e viceversa. Allora Ribov si sentì sommamente onorato di stringere la mano all'eroico guerriero. Ma all'alba del giorno successivo, la comitiva dei Moian, dopo essersi congedata dalle personalità del luogo, riprese la strada del ritorno. Per svariati motivi, essa desiderava trovarsi al loro villaggio, prima che fosse giunto mezzogiorno.
Quando vi fu pervenuta, Iveonte e Tionteo desiderarono raggiungere Speon e i Lutros che erano rimasti a fargli compagnia. Nella tendopoli, che era stata messa a loro disposizione, essi trovarono tutto tranquillo, poiché nessun problema vi era sorto durante la loro assenza. Quanto al giovane Borchiese, egli fu molto felice di rivedere i suoi due amici, siccome il poveretto aveva cominciato ad avvertire una noia insopportabile, non riuscendo a scacciarla da sé in alcun modo. Speon non aveva voluto provarci nemmeno col rivangare il suo passato, siccome era certo che, così facendo, vi avrebbe riesumato solo tristi ricordi. Per cui ne sarebbe rimasto molto abbattuto, oltre che rattristato ed afflitto.
Una volta ritornato tra i suoi uomini, Iveonte li mise al corrente che presto avrebbero abbandonato quelle terre e li pregò di tenersi pronti per la nuova partenza. A dire il vero, egli l'aveva programmata già per il giorno dopo, non ritenendo più procrastinabile la loro permanenza nel villaggio dei Moian, il quale si era dato a rivivere la sua amenità di un tempo. Ma Gudra, essendone venuto a conoscenza, se ne dispiacque tantissimo, poiché desiderava a tutti i costi che l'eroe rimanesse a festeggiare, insieme con il popolo moianese, le sue seconde nozze. Nella successiva settimana, infatti, egli avrebbe sposato Grisia, la bella secondogenita dello stregone. Perciò pregò Iveonte di restare nel villaggio con i suoi uomini fino al fausto evento. Il giovane, però, gli fece presente che al massimo poteva restare altri due giorni tra i Moian, trascorsi i quali, bisognava levare le tende. Egli giudicava irrimandabile la partenza, visto che c'erano voluti parecchi giorni per risolvere alcune questioni umanitarie riguardanti i Moian. Allora il capo moianese fece fuoco e fiamme presso suo suocero, perché acconsentisse a celebrare il matrimonio con alcuni giorni di anticipo. Bulius, come tutti sapevano, non era il tipo da transigere su certe procedure religiose. Ma dal momento che la richiesta di anticipazione dello sposalizio da parte del genero era stata avanzata per consentire al grande eroe di prendervi parte, l'accolse senza opporsi. Anzi, ritenne doveroso l'accoglimento di essa, soprattutto perché ci teneva anche lui che Iveonte assistesse alle nozze della figlia. Era sua convinzione che esse, se ci fosse stato presente l'illustre eroe, sarebbero avvenute sotto i migliori auspici.
Due giorni dopo, avvenne la celebrazione del matrimonio tra Gudra e Grisia, al quale erano stati invitati i capitribù dei vari villaggi della regione, primo fra tutti Ribov. Tutti vi aderirono con doni preziosi. In tale occasione, anche i capi degli altri villaggi vennero a conoscenza del valore straordinario del guerriero Iveonte e delle sue recenti prodezze. Allora essi fecero la fila, pur di conoscerlo personalmente e di stringergli la mano, non volendo perdersi una tale stupenda opportunità. La giornata, com'era da prevedersi, fu così vissuta da tutti quanti in grande allegria, all'insegna del brio e del divertimento, dando spazio anche a vari giochi e ad alcune competizioni sportive. Come era da aspettarselo, ad esse parteciparono i guerrieri più in gamba delle diverse tribù. I partecipanti si misurarono in diverse gare agonistiche, come la lotta libera, la corsa, il tiro con l'arco e la scherma. Essendo stato spinto dall'amico Iveonte, vi partecipò anche Tionteo, il quale, fatta eccezione per la corsa, si assicurò il trofeo nelle rimanenti gare. Il corridore più celere, invece, risultò Uben, il quale apparteneva alla tribù dei Patva. Egli, fornendo la migliore prestazione in tale gara, si dimostrò veloce come una lepre, facendo mangiare la polvere a tutti gli altri concorrenti, compreso il Terdibano. Pure Iveonte si divagò parecchio, avendo seguito con interesse le singole competizioni. Anzi, in tale occasione, egli poté sperimentare che faceva bene assistere ogni tanto come spettatore ad incontri di atletica di vario genere, specialmente se vi si partecipava con l'animo, proprio come se li si stesse vivendo in prima persona!
Molto interessante fu anche l'albero della cuccagna, il quale calamitò principalmente l'attenzione del gentil sesso e lo fece divertire in modo da non potersi immaginare. A tale gara divertente potevano confrontarsi coloro che avevano molta pazienza, poiché essi erano costretti a fare cilecca in continuazione, prima di raggiungere la sospirata cima dell'albero e conquistare i premi che vi erano appesi. A sera, però, essendo venuta meno la luce del giorno, svanirono pure gli ultimi sprazzi di clima festoso, per cui la tranquillità fece il suo ritorno nel villaggio. Alcuni Moian, però, preferirono restare ancora a fare bisboccia per le strade, volendo dimenticare più a lungo possibile le loro angosce e le loro preoccupazioni. Ci riferiamo a quelle che la giornata era solita somministrare agli sventurati.
Quando si ripresentò la nuova alba, Iveonte, dopo essersi salutato con Gudra e Bulius, diede ordine ai suoi uomini di rimettersi in cammino. Quando si allontanò dal villaggio, egli vi lasciò un vuoto incolmabile, che soltanto i suoi abitanti poterono avvertire con profondo rammarico.