280-SCONFITTO DAI MOIAN, TRASCO RIPARA PRESSO L'AMICO ONCO

Fatti accampare in un posto appartato del bosco quanti facevano parte del loro convoglio, Iveonte e Gudra si diressero alla capanna dello stregone. Quando vi furono giunti, trovarono Bulius che dormiva ancora. La stessa cosa facevano la moglie Celka e la figlia Grisia, che era la sua secondogenita. A proposito di quest'ultima, secondo la consuetudine del popolo moianese, dopo la morte della sorella Tilce, ovviamente nel caso che fosse ancora nubile, ella sarebbe dovuta andare in moglie a Gudra; ma solo se egli fosse rimasto capo del villaggio. Invece ciò non era potuto avvenire, a causa delle varie disavventure che lo avevano investito. Le quali, non soltanto lo avevano privato dello scettro del comando, ma lo avevano anche tenuto prigioniero nel villaggio dei Surcos.

Quando la famigliola si rivide davanti il consorte della loro defunta Tilce, si rallegrò moltissimo. Nel medesimo tempo, i suoi tre membri badarono a circoscrivere il loro stato emozionale nell'ambito della loro abitazione, volendo evitare che i vicini di casa venissero a conoscenza che nella loro capanna era ritornato il loro genero e cognato. Ma prima di sbilanciarsi in domande più riservate con il marito della sua primogenita estinta, lo stregone Bulius gli domandò chi fosse il suo accompagnatore sconosciuto e se poteva parlare liberamente in sua presenza. Rassicurato poi dal genero che il forestiero era una persona non solo di fiducia, bensì pure di speciale riguardo, innanzitutto egli ci tenne a chiedergli come avesse fatto a liberarsi dai vigili guerrieri di Onco. Essi, come aveva appreso dallo stregone surcosino, lo controllavano con rigore sia di giorno che di notte. Alla sua domanda, Gudra, con l'intento di spiegargli ogni cosa, gli fece presente:

«Questo giovane, che mi accompagna, mio caro Bulius, rappresenta per me la persona a cui devo una gratitudine immensa. Oltre ad essergli riconoscente, per il fatto che adesso sono un uomo libero e non vengo più trattato come una bestia dal capo dei Surcos, devo ringraziarlo per quanto ha fatto per i miei due figli! Devi sapere che, prima di liberarmi, il presente Iveonte aveva già carpito alla morte il mio Tungo e la mia Kuanda. I miei figli, perciò, grazie a lui, si ritrovano ad essere sani e salvi in un posto sicuro di questi paraggi. Hai compreso pure perché prima ti ho detto che egli era per me una persona di rispetto. Comunque, il qui presente Iveonte tra non molto lo sarà ancora di più per i nostri conterranei: te lo assicuro!»

«Secondo me, Gudra, non è stata una saggia decisione da parte tua venire proprio nel tuo villaggio, dopo avere avuto la fortuna di essere stato liberato dal tuo accompagnatore qui presente. Lo sai anche tu che tuo fratello, prendendo a pretesto la tua fuga, sarà ben lieto di farti decapitare e sbarazzarsi di te per sempre! Quindi, vuoi dirmi cosa ti ha spinto a condurti presso di noi, mettendo a repentaglio la tua vita e quella dei tuoi figli? Al tuo posto, avrei lasciato al più presto possibile le nostre terre e me ne sarei allontanato il più possibile!»

«Sono stato io a fargli prendere questa decisione.» gli replicò Iveonte «Il motivo? Te lo dico subito, Bulius. È mia intenzione farlo investire di nuovo della carica di capotribù, poiché un paio di mesi fa è stato deposto illegittimamente da persone senza scrupoli. Ci vedi forse qualcosa di strano in questo mio proposito filantropico? Al posto tuo non ce lo vedrei.»

«Allora, giovanotto, posso chiederti come farai a mantenere la tua promessa? Hai forse al tuo comando un esercito agguerrito, capace di sconfiggere i Surcos che proteggono il fratello di Gudra? Forestiero, solo in quel caso giustificherei l'ardire che manifesti con sfrontatezza davanti a me!»

«Invece non ho alcun esercito al mio seguito, Bulius, ma soltanto pochi uomini, che impegno esclusivamente nel trasporto delle vettovaglie, dell'acqua e dell'equipaggiamento. A ogni modo, non ti devi preoccupare di come farò a portare in porto quanto mi sono prefisso. Ma se vuoi servire il tuo ex capo con deferenza, ti esorto a rispondere alle domande che sto per farti. Perciò inizia a dirmi come si è organizzato il perfido Trasco nel vostro villaggio per evitare una ribellione da parte del popolo moianese. Nel frattempo, ti faccio sapere che per gli amici il mio nome è Iveonte.»

«In primo luogo, Iveonte, egli ha istituito la sua guardia del corpo, la quale è formata da seicento guerrieri Surcos. Essi sono molto bene addestrati nelle armi e hanno il compito di proteggerlo da qualche sommossa popolare e da qualunque malintenzionato che si facesse saltare il ghiribizzo di ledere la sua persona. Non bastando ciò, ha vietato a tutti i Moian di andare in giro armati e di tenere perfino armi in casa, oltre a quelle indispensabili per la caccia. Ai trasgressori viene comminata una salata ammenda: di solito, gli viene richiesto un cavallo nel primo caso e un asino nel secondo. Ti metto poi a conoscenza che molti Moian, trasgredendo i suoi ordini, continuano a fabbricarsi le armi di nascosto, tenendole poi celate in un posto che difficilmente può essere scoperto dai suoi Surcos. Ecco: queste sono le notizie che ti posso dare su Trasco e i suoi guerrieri!»

«Sapresti dirmi adesso, Bulius, quanti sono i guerrieri di Onco presenti nel loro villaggio? Anche questo particolare mi interesserebbe apprendere da te, mio simpatico stregone!»

«Prima essi nel loro villaggio si aggiravano sulle tremila unità; ma dopo quella notte che ci hanno attaccati proditoriamente ed hanno spodestato Gudra, ce ne sono rimasti duemilaquattrocento. Un quinto di loro, infatti, sono rimasti di stanza nel nostro villaggio. La loro permanenza presso di noi fu decisa da Onco, volendo garantire l'incolumità all'amico Trasco e dissuadere i superstiti guerrieri Moian da un colpo di mano a favore del loro ex capo. Come vedi, Iveonte, non sarà tanto facile averla vinta contro i guerrieri surcosini, specialmente se non si dispone di un esercito bene organizzato ed armato fino ai denti, capace di reagire egregiamente ai Surcos. Invece noi non possiamo illuderci di ricostituire il nostro vecchio esercito in breve tempo! Ti chiedo scusa, Iveonte, per averti chiamato prima forestiero, pur avendomi tu già messo a conoscenza del tuo nome!»

«Se farete quanto vi consiglio, Bulius, vedrai che il vostro valido esercito rispunterà da qualche parte! Nel frattempo che mi condurrò al mio accampamento per ritornarne con il mio amico Tionteo, bisognerà avvisare ciascun Moian che finalmente è giunta l'ora della riscossa e che il loro capo, il quale è ritornato da poco, li chiama a raccolta al centro del villaggio. Vi dovranno accorrere armati di tutto punto al suono del corno. Inoltre, invito Gudra, se vuole apparire fiero ed incutere rispetto, a sbarbarsi e a conferire alla sua persona un aspetto più dignitoso, ossia quello che si addice ad un capotribù che si onora e si rispetta. In questo modo, la sua gente si sentirà più invogliata a prendere le difese del loro capo di un tempo. Se ci tieni a saperlo, Bulius, ti preciso che sarà ininfluente la partecipazione o meno dei Moian nello scontro che quanto prima avrò con la scorta di Trasco, poiché tutti i suoi uomini oramai hanno le ore contate! A questo punto, però, è giunto il momento di lasciarci. Vi raccomando di adoperarvi come vi ho invitati a fare, intanto che non sarò di ritorno nel vostro villaggio con l'obiettivo di passare subito all'azione!»

Dopo che Iveonte ebbe lasciato la casa dello stregone, salutando le due persone maschie presenti, Bulius chiese al genero:

«Gudra, possiamo fidarci davvero del forestiero, che ti ha accompagnato a casa mia? Sei sicuro che non ci metterà in guai ancora più grossi di quelli che già abbiamo? Non essendo convinto delle sue parole, non mi sento neppure tranquillo! Tu che cosa sai dirmi sulla sua persona? Siamo certi che egli è una persona affidabile e degna di essere considerato da noi un uomo d'onore? Mi affido alla tua discrezione, caro genero mio!»

«Caro suocero, non posso assicurarti niente di niente su quanto lo riguarda, visto che lo conosco nella tua stessa misura. A dare ascolto ai miei figli, però, Iveonte è un guerriero straordinario, il quale vale più di un esercito. Non sto qui a riferirti le cose che egli è stato capace di fare, sempre secondo quanto mi hanno riferito Kuanda e Tungo. Infatti, né io ho il tempo per raccontartele né tu ne hai per ascoltarle dalla mia bocca. Ti garantisco, comunque, che esse sono, a dir poco, strabilianti, per cui possono essere state compiute soltanto da un eroe di eccezionale valore! Per questo motivo, sbrighiamoci ad eseguire quanto egli ci ha invitati a fare. In fin dei conti, ciò che il forestiero ci chiede è esclusivamente a vantaggio mio e del mio popolo! Non pare pure a te che questa è la cruda realtà?»

«Se la volontà di Iveonte è pure la tua, caro Gudra, corro a mettere in moto la macchina della sommossa; ma anche da parte tua hai da ubbidirgli in qualcosa, se ho bene inteso! Perciò mettiti all'opera al pari di me e fai venir fuori, da quel brutto ceffo che appari in questo momento, l'aitante Gudra che conoscevo un tempo! Quando sarò tornato, voglio già trovarti trasformato in meglio, visto che adesso fai davvero schifo!»

Bulius stava per uscire dalla sua abitazione, allorquando, da un punto della strada non molto lontano, gli provenne un trambusto indiavolato, del quale non si riusciva a comprendere la vera natura. Allora, per rendersi conto di ciò che stava realmente succedendo in quel luogo, si precipitò sul posto, il quale era ad un centinaio di metri dalla sua capanna. Dopo esservi pervenuto, vi trovò Iveonte impegnato in un acceso combattimento corpo a corpo con un drappello di Surcos, che appartenevano alla guardia personale di Trasco. Il giovane, con la sua ineguagliabile scherma, stava finendo gli ultimi sei suoi avversari con colpi magistrali e tremendi; mentre altri ventiquattro guerrieri surcosini già giacevano al suolo senza vita. Ma della mezza dozzina di armati rimasti, egli preferì ucciderne solo cinque. Risparmiò il sesto, con l'esclusivo scopo di rimandarlo a Trasco con la seguente ambasciata: "Corri a dire al tuo protervo capo che ha le ore contate! Digli pure che, prima di mezzogiorno, sarò da lui per la resa dei conti! Perciò si prepari egli a morire al più presto!"

Portata a termine la carneficina, Iveonte montò sul proprio cavallo e, di gran carriera, ripartì alla volta del suo accampamento. Lo stregone, invece, si fermò a parlottare con gli abitanti del villaggio che avevano assistito dall'inizio allo scontro tra il forestiero e i guerrieri di Trasco. Parlando con loro, egli apprese ciò che era avvenuto in quel posto, prima del suo arrivo, ossia quello che gli era stato riferito e che viene riportato qui di seguito. Uscito dalla casa dello stregone, iveonte aveva fatto qualche centinaio di metri, allorché si era imbattuto in una pattuglia di ronda, la quale era composta da trenta guerrieri Surcos, che procedevano a piedi. Non appena se lo erano trovato davanti, all'istante essi gli avevano intimato di fermarsi, di scendere da cavallo e di sottoporsi ad una loro ispezione. Il giovane, dal canto suo, si era limitato a soddisfare soltanto le loro prime due richieste. Poi, una volta sceso di sella, egli si era ben guardato dal farsi ispezionare dai guerrieri surcosini, poiché con fulmineità aveva impugnato la sua spada e li aveva attaccati furiosamente, quasi fosse stato un vero tifone. L'urto era risultato così tremendo e frastornante, che aveva fatto perfino svegliare e venir fuori dalle loro capanne quanti ancora dormivano nelle vicinanze. Essi, però, una volta usciti in strada, erano stati fortemente impressionati dal modo di combattere del giovane, siccome egli pareva una furia scatenata, intanto che andava seminando intorno a sé decine di cadaveri con una rapidità incredibile. La qual cosa spiegava perché la zuffa era durata appena pochi minuti, ossia il tempo impiegato da Bulius per percorrere il breve tratto di strada, che andava da casa sua al luogo dove era avvenuta l'orribile strage dei Surcos da parte dello sconosciuto cavaliere.

Dopo avere appreso quell'episodio incredibile ed essersi reso conto che Iveonte era davvero un guerriero formidabile ed imbattibile, lo stregone se ne era ritornato da Gudra per informarlo dell'accaduto. Ma prima aveva incaricato la ventina di Moian presenti in strada di fare il giro delle capanne e di dare a tutti la notizia che Gudra si trovava nel villaggio. Inoltre, essi dovevano avvisarli che il loro capo li voleva in armi in quella mattinata e che al suono del corno dovevano venir fuori dalle loro capanne per dare avvio ad una sommossa popolare. Soprattutto non dovevano scordare di metterli al corrente che un guerriero invincibile, da loro già conosciuto, aveva abbracciato la loro giusta causa e che li avrebbe aiutati nell'impresa.

Di lì a poco, il Surcos, che era stato risparmiato dall'eroe, si era presentato dal suo capo. Adesso gli stava riferendo ciò che era capitato ai suoi sfortunati commilitoni durante il servizio di ronda per le vie del villaggio, facendogli presente ancora impressionato:

«Trasco, sono venuto ad informarti che poco fa l'intero drappello al mio comando, fatta eccezione della mia persona, è stato sgominato e fatto fuori brutalmente, mentre facevamo il nostro solito giro d'ispezione! Perciò pace alle loro anime sventurate!»

«Con una tale notizia, Trun, sei venuto forse a comunicarmi che c'è stata una sedizione, da parte degli abitanti del villaggio? Se essa c'è stata, senza perdere tempo, bisognerà punirli severamente quei bifolchi moianesi! Così la prossima volta essi impareranno a comportarsi!»

«Invece i Moian non c'entrano, esimio Gudra! Se lo vuoi sapere, è stato un giovane allogeno ad ammazzarli tutti quanti, dal primo all'ultimo, sebbene egli fosse solo! Lo so che stenterai a crederci; ma questa è la pura verità ed essa non si può travisare!»

«Hai parlato di un unico uomo, se ho inteso bene, Trun? Come è possibile che egli sia stato capace di una impresa del genere? Non ci posso assolutamente credere! Forse eri alticcio in quel momento, se hai visto accadere cose impossibili davanti ai tuoi occhi brilli!»

«Invece è stato esattamente così, Trasco. Nonostante fosse solo ad attaccarci, il giovane forestiero è riuscito ad uccidere tutti i miei compagni di ronda. Sembrava un demone infuriato, mentre li assaliva e li falciava come se fossero esili spighe, impotenti a resistergli in qualche modo. Questi sono i reali fatti accaduti nel tuo villaggio!»

«Allora, Trun, mi dici perché tu sei stato risparmiato dallo straordinario guerriero? Vuoi forse darmi ad intendere che, essendogli risultato il più simpatico di tutti, egli ti ha permesso di continuare a vivere? Oppure ti ha riconosciuto dei meriti, che non oso neppure immaginare? Su, spiegami anche questo, se hai una risposta credibile da darmi!»

«Invece, capo Trasco, niente di tutto ciò lo ha spinto a graziarmi. Se lo ha fatto, è perché ha voluto che ti recassi una sua ambasciata, la quale non ti risulterà per niente piacevole, dopo che l'avrai ascoltata!»

«Trun, mi riferisci cosa ti manda a dirmi l'uccisore dei tuoi compagni d'armi? Sono proprio ansioso di apprenderlo!»

«Illustre Trasco, egli mi ha incaricato di comunicarti che hai le ore contate e che prima di mezzogiorno sarà presso di te per la resa dei conti. Ecco ciò che egli ci ha tenuto a farti sapere ad ogni costo attraverso la mia persona graziata! A questo punto, non ho niente altro da dirti.»

«Ah, così egli ti ha detto? Allora vedremo chi di noi due ha veramente le ore contate nel mio villaggio! Invece, Trun, ti garantisco che sarò io a farlo pentire di avermi sfidato con insolenza e supponenza! Vedrai che lo farò ridurre dai miei uomini di guardia in una poltiglia sanguinolenta!»

Pochi attimi più tardi, senza perdere altro tempo, l'adirato Trasco si diede a mettere in azione l'intera macchina bellica, di cui poteva disporre all'occorrenza, ossia nei momenti più critici. Così, dopo aver allertato la sua guardia del corpo, la quale era formata esclusivamente da guerrieri surcosini, si preparò a ricevere il campione forestiero. Egli intendeva farlo pentire di avere osato sfidarlo senza alcun rispetto, come se fosse l'ultimo abitante del villaggio moianese.


Quando Iveonte fece ritorno al suo accampamento, giustamente tutti erano ancora immersi in un sonno profondo, siccome essi avevano camminato per gran parte della nottata. Il giovane, da parte sua, non si sognò neanche lontanamente di destarli, anche perché non aveva bisogno di nessuno di loro, tranne che del suo amico. Per tale motivo, a lui soltanto egli si ripresentò ed incominciò a dirgli:

«Tionteo, non volermene; ma per te è giunta l'ora di separarti dal tuo dolce dormire! I Moian hanno bisogno della nostra guida e del nostro aiuto nell'imminente sommossa, a cui essi dovranno dare inizio tra poco nel loro villaggio. Così agendo, si libereranno finalmente di Trasco e dei Surcos che lo spalleggiano; nonché ridaranno lo scettro del comando al loro legittimo capotribù, il quale può essere soltanto il padre di Tungo.»

«Ma tu, Iveonte, non hai dormito per niente nel frattempo? Già, come avresti potuto farlo, se eri impegnato in altre faccende! Allora mi dici come si presenta la situazione presso la tribù dei Moian? Gudra come mai non è tornato con te? Su, amico mio, schiariscimi un po' le idee a tale riguardo ed aggiornami sugli ultimi sviluppi che ti hanno coinvolto, intanto che me la dormivo beatamente, forse più e meglio di un ghiro!»

«La situazione presso i Moian, Tionteo, non è e non potrebbe essere florida. Trasco vi comanda con la sua guardia del corpo, la quale è costituita da seicento guerrieri Surcos, di cui una trentina già sono stati eliminati da me nel primo mattino. Quanto a Gudra, egli è rimasto a casa del suocero Bulius, il quale è anche lo stregone del villaggio. Gli ho anche consigliato di rifarsi il look, visto che la sua immagine non era delle migliori, dopo che è stato liberato da noi. Sai, se si presenterà al suo popolo dotato anche di un certo fascino nelle ore cruciali del mattino, egli riscuoterà maggiore credito presso i suoi Moian e li invoglierà di più a vincere la paura che adesso hanno dei Surcos! Come ti ho anticipato, tra breve dovrebbe esserci una sommossa nel villaggio, se i Moian risponderanno positivamente all'appello del loro capo redivivo. Noi dobbiamo essere in prima fila, se vogliamo spingerli con foga a stare al fianco di Gudra e ad intervenire contro i guerrieri del fratello! Perciò devi sbrigarti ad essere pronto a partire con me!»

«Sono certo, Iveonte, che basti da solo a liberare i Moian dal giogo dei loro oppressori. Dunque, perché consideri necessario anche il loro intervento armato nella loro liberazione dai Surcos? Vuoi spiegarmi la ragione per cui hai voluto coinvolgerli, come hai stabilito?»

«Tionteo, è importante che il popolo moianese prenda coscienza che, unicamente quando diventiamo arbitri del nostro destino, riusciamo a godere molto di più dei successi che andiamo ottenendo con la nostra lotta! Dopo averti detto questo, amico mio, hai compreso perché è indispensabile il loro coinvolgimento in questa giusta rivolta?»

«Hai ragione, Iveonte! La tua è una saggia considerazione, che adesso anch'io condivido appieno. Se una persona è in grosse difficoltà ed usa innanzitutto le proprie forze per superarle, la vittoria, che scaturirà dalla sua lotta, le procurerà una soddisfazione ancora più grande. Ciò, perché se l'è guadagnata con la propria volontà e con il proprio impegno! Ti ringrazio, amico mio, per la nuova lezione di vita, che anche questa volta hai saputo impartirmi opportunamente e in modo saggio. Sono sicuro che anch'essa mi servirà per il futuro!»

«Esatto, Tionteo! Ma ora tronchiamo ogni disamina sul nostro importante argomento, visto che abbiamo da prepararci e da metterci in cammino alla volta del villaggio senza perdere altro tempo. In quel luogo ci stanno aspettando con ansia Gudra e Bulius, che è suo suocero.»

Il sole si trovava già a metà strada dalla sua massima altezza, quando Iveonte e l'amico terdibano si mossero dal loro accampamento, dove ancora si dormiva dappertutto con una grande fame di sonno. Il tragitto fino al villaggio era alquanto breve e presentava degli angoli naturali davvero incantevoli e seducenti. Inoltre, esso era invaso da uccelli dal piumaggio variegato, i quali non smettevano di emettere gorgheggi e trilli melodiosi. I due amici, pervenuti nel villaggio dei Moian, stranamente lo trovarono ancora deserto, senza che neppure un'ombra si scorgesse in qualche parte di esso. Ad ogni modo, nelle capanne di sicuro si stava respirando un'aria di dolce attesa e di trepidazione, a causa del grande evento che era in avvicinamento per loro tutti. Si poteva scommettere che la maggioranza dei Moian stava aspettando il fatidico evento, per cui friggeva per l'impazienza di incontrare il loro amato e stimato capo. In precedenza, essi non si erano mai dati pace per il fatto che dei luridi vermi, dopo averlo indotto al silenzio con l'inganno, lo avevano deposto dalla sua carica di capotribù. Inoltre, lo avevano perfino fatto loro prigioniero, segregandolo vigliaccamente in una cella situata al centro del villaggio dei Surcos e tenendovelo sotto stretta sorveglianza. In verità, alcuni Moian, i quali avevano la testa sul collo e facevano parte della minoranza, non riuscivano ancora a vederci rosa in quell'invito del loro capo. Perciò preferivano rintanarsi nei loro timori e nei loro dubbi, guardando alla nuova realtà come ad un quadro dai tratti foschi e nebulosi. Costoro, quindi, si sarebbero ben guardati dal mettere mano alle armi, se prima non avessero avuto la certezza che Gudra li avrebbe condotti ad una vittoria sicura e completa contro i Surcos, uccidendo i ribaldi Trasco ed Onco. Perciò le sue credenziali dovevano dimostrarsi attendibili al massimo, se egli intendeva trascinarli nel vortice dell'imminente riscossa.

Una volta nel villaggio, Iveonte e Tionteo puntarono dritto sulla capanna dello stregone, dove vennero ricevuti con tutti i riguardi sia da lui che dalle sue due familiari; ma soprattutto era stato Gudra a mostrarglisi oltremodo cordiale. Bulius, intanto che li faceva accomodare, si diede anche a fare al giovane eroe le seguenti domande:

«Mi dici, Iveonte, perché mai hai voluto mettere sull'avviso Trasco, rimandandogli indietro il Surcos che hai risparmiato, con il solenne messaggio anche da me udito? Invece non sarebbe stato meglio cogliere di sorpresa lui e la sua guardia del corpo? Adesso sono sicuro che egli si è preparato a riceverci adeguatamente e ci sta pure aspettando, poiché non vede l'ora di annientarci tutti! Allora cosa mi rispondi in merito a questa mia domanda, la quale è più che giustificata?»

«Devi sapere, Bulius, che per me non fa alcuna differenza fra il trovarlo preparato oppure impreparato, quando gli sarò davanti. Non è mio costume combattere i miei nemici con l'inganno, in special modo nel caso in cui la mia superiorità si presenta indubbia. Ricorro a certi espedienti, soltanto quando ci sono di mezzo le vite di altre persone, alle quali non devo far correre alcun rischio. Perciò giammai me ne faccio scudo, allo scopo di procurare a me personalmente una situazione di vantaggio! Inoltre, ti garantisco che, dall'istante in cui il suo uomo gli ha recato la mia ambasciata, Trasco ha iniziato a vivere dei momenti che possono essere soltanto agitati, per cui gli stanno portando via la serenità di prima. Sono convinto che pure in quest'attimo egli, non potendo essere sicuro al cento per cento che l'esito del confronto sarà interamente a suo favore, si starà arrovellando in modo incredibile. Te ne posso dare assicurazione, mio caro Bulius!»

Alle parole di Iveonte, lo stregone non replicò; ma si affrettò ad inviare una occhiata molto loquace al genero. Con essa aveva voluto invitarlo a chiedere al giovane come aveva pensato di procedere contro i Surcos di Trasco e se aveva un suo piano già approntato in precedenza. Allora Gudra, avendo colto l'eloquente gesto del suocero, per averne discusso già qualche ora prima, intervenne a domandargli:

«Posso conoscere, Iveonte, il tuo piano strategico, il quale dovrebbe ridurre all'impotenza in un primo momento mio fratello e la sua guardia del corpo e in seguito anche il suo amico Onco? Se tu ce lo illustrassi in anticipo, te ne saremmo molto riconoscenti!»

«Invece non ho alcun piano, Gudra. Anche perché non avevo bisogno di progettarne qualcuno per uno scontro di così modeste proporzioni! Tra poco usciremo da questa capanna ed andremo ad affrontare il tuo gemello. A proposito, avete avvisato i Moian quando e come dovranno venir fuori dalle loro capanne?»

«Certamente, Iveonte! I tuoi consigli sono stati seguiti alla lettera da mio suocero. Un suono di corno costituirà per loro il segnale dell'uscita dalle loro case. Sarà proprio lui a mettere fiato allo strumento e ad avvertirli, non appena avrà ricevuto tale ordine da me! Per questo non devi preoccuparti di un fatto del genere!»

«Allora, Gudra, se ogni cosa è stata ormai predisposta conformemente a quanto vi avevo suggerito, possiamo pure andare a far visita al tuo perfido fratello. Così gliela faremo pagare a caro prezzo a quel verme infame, che ha dimostrato di essere del tutto privo di onore. Inoltre, egli è anche un maledetto e sporco matricida, che merita la pena peggiore!»


La capanna di Trasco era situata in uno spiazzo di forma rettangolare, esattamente in prossimità del suo bordo occidentale, il quale era uno dei due lati minori. Perciò il sole al mattino, sorgendo ad oriente, la investiva con i suoi raggi luminosi e tiepidi. La spianata, che era ubicata sul lato meridionale del villaggio, poteva avere una lunghezza di seicento metri ed una larghezza di cento. Da sempre, essa veniva adibita come campo di giochi e di competizioni agonistiche, poiché vi si svolgevano tornei importanti, a volte tra i soli guerrieri moianesi, altre volte fra quelli di tutte le tribù viciniori. In quest'ultimo caso, immancabilmente si acuivano gli atteggiamenti e le rivalità di tipo campanilistico tra le tifoserie dei vari popoli che vi partecipavano. Ma tali giochi ed agoni c'erano stati, fino a quando non erano intervenuti i fatti che conosciamo ad infrangere i rapporti pacifici che esistevano tra le due tribù dei Moian e dei Surcos. Al momento attuale, su tre lati di tale spazio, ad esclusione di quello orientale che vi permetteva l'accesso, si scorgeva una fila di tende. In esse erano stati sistemati i guerrieri surcosini, che costituivano la guardia del corpo di Trasco. Sul bordo minore erano disposte venti tende, mentre su ciascuno dei due maggiori ce ne erano altre novanta e in ognuna alloggiavano tre guerrieri.

Arrivato al margine dello spiazzo citato, insieme con gli altri accompagnatori che conosciamo, Iveonte vi sostò per un momento, guardandosi bene intorno. Qualche istante dopo, egli parlò così a coloro che erano giunti in quel posto insieme con lui:

«Adesso voi vi fermate qui, amici; mentre io proseguo da solo il cammino verso quelli che mi stanno aspettando, al fine di punirmi e di vendicare così i loro commilitoni. Ma essi sono ignari che li attende la stessa sorte toccata ai loro compagni da me uccisi. Voi intanto potete già cominciare a fare uscire i Moian dalle loro abitazioni, affinché si trovino pronti ad assalire i Surcos, quando io l'ordinerò.»

Ai primi passi del giovane, che aveva appena ripreso ad avanzare verso Trasco, Bulius emise un suono di corno prolungato e cupo. Esso allora si propagò istantaneo per l'intero villaggio, comunicando ai suoi abitanti che l'ora della riscossa era giunta. Dopo quel suono, iniziò ad esserci per le strade un'affluenza di Moian verso la spianata, che un tempo era servita come teatro di divertenti tornei. Da parte sua, pure il malvagio fratello di Gudra non aveva perso tempo. Fin da quando aveva ricevuto l'ambasciata dal forestiero, egli era stato occupato a schierare i suoi uomini in modo da garantire alla sua persona la massima protezione, ossia quella che, a suo parere, gli avrebbe garantito l'incolumità. Al contrario, intendeva far trovare lo sconosciuto suo nemico in una morsa, la quale non gli avrebbe dovuto dare scampo. A tale scopo, aveva collocato davanti a sé due file di trenta guerrieri ognuna; invece, sui due lati più lunghi dello spiazzo, erano state sistemate tre file di armati. Le due posteriori erano di novanta unità ciascuna, mentre quella anteriore era di settantacinque unità.

In breve tempo, Iveonte raggiunse il punto medio delle sei file laterali di armati, il quale corrispondeva ai due terzi della lunghezza dell'intero campo. Fu allora che si videro affluire nelle prossimità dello spiazzo pure tutti gli uomini del villaggio che erano idonei a maneggiare un'arma, essendo desiderosi di stare ai comandi del loro capo Gudra. Ma Tionteo li invitò ad accalcarsi intorno alla tendopoli dei Surcos. In pari tempo, li avvertì che avrebbero dovuto assaltare i nemici, non appena avessero udito il secondo suono di corno.

Invece Iveonte, raggiunta la posizione che abbiamo appreso, smise di avanzare oltre. Restando poi fermo in quel posto, si diede a gridare:

«Eccomi a te, Trasco, ignobile usurpatore e traditore del tuo medesimo sangue! Come puoi constatare, ho mantenuto la mia promessa! Sono qui per farti pagare le tue malefatte! Se poi ti senti sicuro di sfuggirmi, per il fatto che vieni spalleggiato dalla tua guardia del corpo, ti faccio presente che si tratta di una tua velleità bella e buona, poiché così non sarà!»

Redarguito in quella dura maniera, Trasco, dopo essersi fatto aprire un varco dalle due file di guerrieri che gli stavano davanti, venne subito allo scoperto. Quando poi si fu avvicinato ad Iveonte di circa trenta metri, dal momento che aveva intenzione di rispondergli per le rime, egli incominciò a riprenderlo con queste parole:

«Secondo te, dovrei farmi intimorire da un pivello della tua specie, che ha avuto l'ardire di presentarsi da solo? Adesso ti faccio vedere io come tratto le persone che osano sfidarmi irriguardosamente, soltanto per il capriccio di farlo! Prepàrati, quindi, a morire in poco tempo!»

Parlato che ebbe in quel modo, in un attimo il ribaldo matricida mise mano all'arco e scagliò contro il suo rivale una freccia. Egli, ritenendosi un arciere provetto, era convinto di non sbagliare il suo colpo, il quale, a suo giudizio, sarebbe dovuto risultare infallibile e mortale alla persona a cui era stato indirizzato. Senz'altro Trasco avrebbe colpito il bersaglio, se l'avversario non avesse arrestato con la sua mano destra la saetta che gli aveva scattata contro. La qual cosa venne a stupire tanto l'arciere quanto tutti coloro che avevano assistito increduli al prodigio compiuto dal bravo guerriero forestiero. Essi adesso si chiedevano come avesse fatto Iveonte a bloccare la saetta nella sua turbinosa corsa. Egli prima l'aveva intercettata con il suo vigile occhio e dopo l'aveva afferrata con la mano di scatto, senza permetterle di conficcarsi nel proprio corpo. Operato tale miracolo, il nostro eroe l'aveva poi spezzata a metà e gettata via. Ovviamente, lo straordinario episodio venne a scoraggiare Trasco. Egli, reputandolo opera di una diavoleria, decise di ritornare a rifugiarsi dietro le due file frontali dei suoi guerrieri surcosini. Mentre vi rientrava, con i suoi due pollici rivolti in dentro e contrapposti, diede ordine di intervenire ai guerrieri che costituivano le due prime file laterali. Allora essi iniziarono ad avanzare con le lance in resta, assumendo una evidente posizione di accerchiamento, con l'intento di chiudere l'unico loro rivale in una morsa senza uscita. A quell'evento strategico operato alla fine dai guerrieri di Trasco, lo stregone Bulius, non scorgendo ormai per lui alcuna via di scampo, si rivolse a Tionteo e si affrettò a domandargli preoccupato:

«Adesso, giovanotto, mi dici come farà il tuo amico a salvarsi dagli innumerevoli Surcos, se non corriamo celermente noi a dargli manforte? Oppure credi che dobbiamo ancora aspettare ad intervenire, ossia quando l'irreparabile c'è già stato per lui?»

«Se sei preoccupato per il mio amico, Bulius, puoi farne a meno. Devi sapere che non esiste per Iveonte una situazione scabrosa, da cui egli non possa cavarsela brillantemente. Perciò sii paziente ed aspetta un poco, prima di darti ad una inutile preoccupazione. Ti assicuro che tra poco te ne renderai conto con i tuoi stessi occhi!»

A quel punto, iniziarono a grandinare contro Iveonte le aste dei centocinquanta Surcos. Ma il nostro campione, con una rapidità impressionante, riusciva ad intercettarle tutte con la sua spada. Essa le spezzava oppure le deviava con una facilità incredibile, facendole volare in ogni parte. La stessa cosa si era ripetuta, fino a quando le lance dei guerrieri surcosini non erano venute definitivamente meno. Anche questa volta egli aveva strabiliato non poco quanti avevano assistito alle impercettibili manovre vorticose della sua spada. Ad essa non una delle lance era sfuggita nel loro incessante arrivo, il quale era stato alcune volte singolo altre volte multiplo. Comunque, sarebbe stato senza dubbio lo scontro con le spade a rivelarsi più stupefacente. Naturalmente, in senso positivo per i Moian, ma in senso negativo per Trasco e per i suoi numerosi guerrieri surcosini.

Dopo essere rimasti senza più le loro aste, i Surcos al servizio di Trasco non esitarono a brandire le loro spade e ad assalire in massa il fortissimo avversario. Il quale si stava dimostrando un osso duro, per merito della sua mirabolante capacità acrobatica di bloccare in volo le armi bianche da getto. Ma essi volevano proprio vedere se il forestiero sarebbe stato altrettanto bravo a suscitare scalpore nel fronteggiare le loro spade, le quali questa volta sarebbero state tenute ben strette nei loro pugni. Invece i presuntuosi assalitori non immaginavano affatto che il loro solitario avversario stava per mettere in atto un modo di combattere fenomenale. Esso sarebbe risultato del tutto a loro gravissimo danno e, nello stesso tempo, avrebbe precluso a ciascuno di loro anche il privilegio di poterlo raccontare ai propri futuri discendenti. Infatti, non appena i Surcos furono distanti da lui tre metri, Iveonte mise mano alla terribile tecnica schermistica già da noi conosciuta, la quale prendeva il nome di trottola. Allora il suo corpo divenne invisibile all'occhio umano, mentre prillava vorticosamente intorno a sé stesso. Intanto esso, con le mani che impugnavano la spada protesa in avanti e altrettanto impercettibile, si spostava in direzione di quanti lo accerchiavano, al fine di infilzarlo senza pietà. Irrompendo in mezzo a loro, quasi fosse una macchina bellica infernale, il giovane eroe incominciò a sventrarne alcuni e a decapitarne altri, esprimendosi in continuazione con una furia ciclonica. Intorno al giovane, ogni ostacolo umano veniva troncato, demolito pezzo per pezzo, stritolato e cancellato dalla scena dell'esistenza. Nello stesso tempo, il sangue, schizzando rosso ed imbrattante dalle ferite, seguitava a formare ovunque rivoli rutilanti e grandi pozze vermiglie, che si andavano estendendo sul suolo sempre di più.

Quando poi i Surcos assalitori divennero circa una cinquantina, Iveonte cessò di ricorrere alla tecnica della trottola nel suo combattimento. Senza più roteare intorno al proprio corpo, egli continuò a fronteggiare i suoi nemici con la sua ineguagliabile scherma. Allora i suoi colpi, ora tremendi ora assestati con grande perizia e scaltrezza, ripresero il loro massacro, assottigliandone il numero con una velocità impressionante. Così i cadaveri si ammassavano sul suolo terroso, intanto che il coro di lamenti dei feriti si udiva senza sosta e la falce della morte mieteva le sue vittime con impietoso furore. Infine tutti i guerrieri Surcos, che avevano preso parte al primo assalto, non riuscirono a salvarsi dagli attacchi furibondi e micidiali del magnifico eroe. Anzi, egli li andava decimando celermente con la sua inesauribile vigoria, che non smetteva di fare furore, di produrre sgomento e di compiere mattanze ovunque. Nessuno dei presenti aveva mai assistito ad un avvenimento di quel tipo, il quale si era rivelato indescrivibile e mozzafiato. Esso aveva stravolto gli altri Surcos presenti ed aveva fatto fermentare di esultanza gli animi di Gudra e di Bulius. Entrambi, intanto che Iveonte si era dato alla sua ecatombe, si erano convinti di stare ad assistere ad una vera magia applicata all'arte del combattere.

Quanto a Trasco, di certo egli non se l'era passata bene, nello scorgere i suoi uomini frantumati dalla perizia d'armi del forestiero; come pure non era risultato di suo gradimento lo spettacolo da lui offerto. Invece lo si era visto sbiancarsi, inviperirsi, turbarsi e tormentarsi, essendo stato colpito da un rosario di gelide sensazioni molto sgradevoli, le quali lo andavano privando di ogni sicurezza e serenità. Viste poi soccombere entrambe le file di uomini da lui inviate contro il giovane allogeno, dopo un po' di esitazione, egli ordinò anche alle rimanenti quattro file laterali dei suoi Surcos di intervenire con sollecitazione. Allora, nello stesso istante, Iveonte allungò il braccio destro verso il cielo con la spada in pugno. Ma siccome quel suo gesto era il segnale per l'amico, costui comprese che era giunta l'ora per i Moian di prendere parte alla lotta. Perciò Tionteo esortò subito lo stregone a dare fiato al suo corno per fargli emettere il suo sordo suono, il quale, in quella circostanza, doveva invitare alla lotta tutti i Moian presenti. Così, in seguito al suono marziale dello strumento osseo, il quale all'istante si era propagato con cupezza in ogni parte del villaggio, i guerrieri moianesi si lanciarono all'attacco, prendendo i Surcos alle spalle. Dal canto loro, Tionteo, Gudra e Bulius si affrettarono ad affiancare Iveonte, essendo intenzionati a recargli un valido aiuto. Prendendo parte alla cruenta lotta accanto all'eroe, essi si diedero a battersi con lui dal centro della tempestosa mischia, senza temere per niente la morte.

A dire il vero, i trecentosessanta Surcos, che avevano ingaggiato il nuovo combattimento, non potevano che risultare un numero esiguo nei confronti dei loro nemici. Essi, oltre ad avere contro nella loro parte centrale dei combattenti validissimi come Iveonte e Tionteo, la cui valentia li andava decimando rapidamente dall'interno, venivano pressati dai numerosi Moian nella loro parte esterna. Questi ultimi, che avevano risposto all'appello del loro capo senza alcuna esitazione, subito dopo aver ricevuto l'ordine, si erano lanciati a fiumane nella furiosa battaglia. Essi vi si erano scagliati rabbiosi e spinti dal desiderio di spegnere per sempre la presunzione degli odiosi Surcos. La quale, da circa due mesi, non aveva smesso di umiliarli senza fine, mettendoli senza dubbio a durissima prova, che stava quasi per farli esplodere. Allora, vista la mala parata, Trasco non osò spingere nell'efferata zuffa pure i sessanta uomini che lo proteggevano più da vicino. Anzi, volle usarli per crearsi un varco tra gli ingenti nemici, che li avevano aggrediti dal lato occidentale, e per coprire così la sua vergognosa fuga. Ma soltanto dopo aver perduto sul campo altri quaranta dei suoi uomini, Trasco riuscì a prendere finalmente il largo e a mettersi in salvo. Scampato infine al pericolo che stava correndo, egli pervenne al villaggio dei Surcos, dove trovò rifugio presso l'amico Onco.

Sulla spianata, nel contempo, la battaglia seguitò ad infuriare accanita e senza esclusione di colpi. Da entrambi gli schieramenti, partivano colpi all'impazzata, irresistibili ed incontrollabili. Ciascun Moian ci metteva tutta la sua animosità, pur di far fuori quanti più nemici possibili, intanto che Iveonte e Tionteo davano loro manforte. I due amici contribuivano in modo preponderante allo sterminio dei Surcos, il quale, specialmente per opera loro, diventava sempre più gigantesco e terrificante. Nell'infuocato confronto, le armi, incrociandosi con sdegno, balenavano sinistramente e facevano sentire rabbioso il loro acuto e schiamazzante martellio. Soprattutto esse trafiggevano, arrecavano ferite a volte lievi altre volte gravi, amputavano, ammazzavano, lordavano di sangue il suolo; inoltre punivano e producevano un orrore tremendo. Perciò alcune parti dei corpi maciullati di continuo schizzavano nella polvere e i combattenti colpiti a morte stramazzavano al suolo. Alla fine, neppure un guerriero Surcos rimase in piedi sul campo di battaglia, avendo ognuno di loro ricevuto la parte di punizione che si meritava. A quel punto, i vincitori Moian, i quali avevano dovuto contare tra le loro file una ventina di vittime, esplosero nell'intero villaggio in ovazioni per il loro capo Gudra; ma principalmente esultavano di gioia ed esprimevano la loro euforia in tantissimi modi. Quelli che si davano a tali manifestazioni di giubilo e di momentanea eccentricità erano di qualsiasi età ed appartenevano sia all'uno che all'altro sesso. Invece Iveonte e Tionteo, anziché partecipare al festoso umore popolare, preferirono condursi al loro accampamento, dove i loro Lutros dormivano ancora, ignari di quanto stava succedendo nel villaggio dei Moian. Allora, data la sveglia e destati tutti dal loro sonno, li misero al corrente di quanto era avvenuto nel villaggio moianese. Finito di raccontare ogni cosa, fecero togliere il campo per trasferirsi presso i Moian, i quali avevano deciso di ospitarli.

Era quasi mezzogiorno, quando Iveonte e Tionteo, insieme con i Lutros, i figli di Gudra e i quattro Moian salvati dai Monki, raggiunsero lestamente il villaggio. In tale luogo, essi si unirono agli altri nel festeggiare il loro successo sui nemici surcosini, facendolo con effusioni di contentezza, con danze e con lauti banchetti. I sollazzi nel villaggio moianese continuarono fino a notte fonda, quando ogni abitante avvertì il bisogno di trovare riposo nel sonno. Invece Iveonte, Tionteo, Gudra e Bulius, anziché pensare a divagarsi come gli altri, avevano avuto tra di loro un abboccamento riservato, del quale tra poco conosceremo anche il contenuto. Durante il loro incontro, prima di ogni cosa, c'erano state parole di stima e di ammirazione per Iveonte, da parte dei due autorevoli Moian. Successivamente, non erano mancati in tutti e quattro un grande rincrescimento ed un forte amareggiamento per l'imprevista fuga di Trasco, poiché essa fin dall'inizio non era stata presa in esame con la dovuta considerazione. Quanto agli argomenti da loro discussi, essi erano stati scarsi, ma molto importanti. Innanzitutto, si era stabilito che, durante i pochi giorni che sarebbero rimasti nel villaggio, Iveonte, Tionteo, Speon e i Lutros al loro seguito avrebbero alloggiato nelle tende dei Surcos, i quali ormai erano periti in battaglia. Tra le altre cose trattate, si era convenuto di non abbassare la guardia di fronte a degli scellerati come Trasco ed Onco. A tale riguardo, la conclusione unanime era stata quella di ricorrere ad una stretta sorveglianza notturna, la quale era da tenersi rigorosamente sopra il villaggio. Così nessuna sorpresa dall'esterno avrebbe potuto trovarli impreparati durante la notte. Infine avevano parlato del loro inevitabile attacco al villaggio dei Surcos, che sarebbe dovuto esserci ad ogni costo, se si voleva mettere a tacere per sempre i due ignobili amici. In relazione ad esso, erano stati tutti d'accordo su un particolare importante. Secondo il loro parere, bisognava prima permettere ai guerrieri Moian di dirugginirsi le membra, di allenarsi bene nelle armi e di esercitarsi in battaglie campali, almeno per il periodo di tempo che i due esperti maestri forestieri avrebbero considerato sufficiente.

Il giorno seguente, mentre Iveonte e Tionteo cominciarono ad allenare nelle armi i guerrieri moianesi, esercitandoli in combattimenti e in assalti propri da vera battaglia campale, Gudra preferì godersi i suoi due figli per l'intera giornata. Egli stette con loro dalla mattina alla sera, facendosi raccontare da entrambi ogni cosa che li aveva coinvolti, durante i due lunghi mesi che si erano persi di vista. Ascoltandoli, il capo dei Moian si commuoveva, piangeva per l'emozione, li abbracciava, li accarezzava, li baciava e seguitava a tenerli stretti a sé. Insomma, li andava vivendo in una diversa dimensione temporale, interamente dedicata alla gioia e alla massima serenità. Nell'arco di quella piacevole giornata, quindi, Gudra aveva trascorso momenti incantevoli pervasivi di forte commozione, quella che non aveva mai conosciuto nella sua trascorsa esistenza. Essi, anche se c'erano stati per un solo giorno, gli avevano trasformato la vita in uno di quei sogni meravigliosi, che si vorrebbe durassero una eternità.

Ci vollero cinque giorni pieni, prima che Iveonte e Tionteo fossero soddisfatti dell'opera filantropica, che avevano prestato a favore dei guerrieri moianesi. Perciò, trascorso tale breve periodo di tempo, tutti gli abitanti del villaggio si diedero a prepararsi per l'imminente attacco punitivo, il quale doveva essere condotto contro i nemici Surcos con grande determinazione e con un immancabile successo.