28-IL TORNEO

Terminati i due riti dei roghi e ripulito il campo da ogni traccia della loro cenere, fu dato avvio alle quattro gare del torneo, delle quali solo quelle con i mazzafrusti e con le spade si sarebbero svolte senza cavalli. Prima che i combattimenti avessero inizio, i prescelti a disputarsi le gare del torneo si recarono ad omaggiare i loro comandanti supremi. Terminati poi gli omaggi, essi raggiunsero i quadrati transennati che erano stati costruiti per loro, i quali si trovavano ai due lati della tribuna. Sul lato destro c'era quello degli Edelcadi, mentre sul lato sinistro ci stava quello dei Berieski. Perciò ciascuno era situato sullo stesso lato del rispettivo comandante supremo. A tale riguardo, va anche fatto presente che i concorrenti berieski risultavano quaranta e il loro elmo era sormontato da un pennacchio nero. Invece i concorrenti edelcadici erano trentanove ed avevano un elmo sormontato da un pennacchio rosso. Tra gli Edelcadi, c'era anche l'abilissimo Tio. Egli partecipava a due gare, ossia a quella con gli archi e a quella con le spade.

Quando il gruppo degli Edelcadi si presentò davanti alla tribuna d'onore, nello scorgere il giovanissimo Tio, il quale a suo parere presentava una costituzione non proprio robusta, Nurdok si stupì parecchio. Oltre ad esprimere il proprio stupore, egli si sentì in dovere di fare al re dorindano il seguente commento:

«Kodrun, voglio sapere da te cosa ci fa quel poppante fra i tuoi combattenti. Egli crede forse che gli scontri siano dei giochi da ragazzi? Bisognava rendergli noto che qui tra poco non ci saranno gare di semplici abilità, come far prillare più a lungo la propria trottola oppure destreggiarsi meglio con la lippa! È mai possibile che tantissimi tuoi prodi soldati gli abbiano permesso di prendere il loro posto? Non posso crederci! Comunque, potevi sempre intervenire tu ad interdire quello che per lui si preannunciava un suicidio in partenza! Al posto tuo, io lo avrei fatto senza meno, se devo esserti sincero!»

Alle parole del capo beriesko, il re di Dorinda prima gli abbozzò un sorriso. Qualche attimo dopo, però, lo rassicurò:

«Non darti alcun pensiero per lui, Nurdok, siccome egli non è stato messo in squadra unicamente per fare numero! Se proprio vuoi essere tranquillizzato a tale riguardo, al posto tuo mi preoccuperei invece per quei tuoi guerrieri che tra poco si troveranno a tenzonare contro di lui. Ti garantisco che, in questo momento, non sto affatto esagerando, poiché tra breve te lo dimostreranno i fatti!»

Nurdok si meravigliò non poco, nel sentirsi dare una tale risposta dal suo pari, visto che non se la sarebbe mai aspettata, considerata la giovane età del concorrente chiacchierato. Dopo qualche istante, invece, riferendosi al numero degli Edelcadi che partecipavano all'imminente torneo, egli volle ancora domandargli:

«Sto notando, Kodrun, che i tuoi guerrieri sono trentanove. Mi dici quale di loro dovrà misurarsi in due gare, ammesso che egli riesca a sopravvivere alla prima delle due alle quali egli partecipa? Se non ti dispiace, sono molto curioso di saperlo e vorrei che tu me lo indicassi!»

«Si dà il caso, Nurdok, che sia proprio quello nei cui confronti hai espresso una critica sfavorevole! Io ripongo in lui le stesse speranze che tu riponevi in tuo cugino Ircos. Sono matematicamente certo che Tio, come appunto egli si chiama, conseguirà per il mio esercito la vittoria nelle due gare a cui partecipa, le quali sono quella con gli archi e quella con le spade. Ti assicuro che il tuo Ircos non l'avrebbe spuntata contro di lui in entrambe le gare. Egli, però, contrariamente al tuo defunto cugino, dimostra altresì un ingegno e una integrità morale difficilmente riscontrabili in altre persone!»

«Se sei tu ad affermarmi queste cose, Kodrun,» concluse Nurdok «non ho motivo di dubitarne. Quindi, già da questo momento, attenderò con molta ansia di vederlo in azione, siccome a tutti i soldati valorosi e coraggiosi vanno sempre la mia stima e la mia simpatia. Specialmente quando in tali persone, come avviene in noi due, al fianco del valore e del coraggio, albergano in pari tempo l'intelligenza e la nobiltà d'animo!»

Ora, prima di passare allo svolgimento delle quattro gare, è opportuno dare al lettore una descrizione dettagliata del campo, che doveva ospitare gli scontri individuali. In pari tempo, sarà utile metterlo al corrente delle norme e delle modalità, alle quali i medesimi dovevano attenersi, se si voleva che il loro svolgimento avvenisse in perfetto ordine.

Due grandi rettangoli uguali stavano disegnati a terra alle due estremità della lizza, occupando la parte centrale. Le dimensioni di ciascuno erano le seguenti: cinquanta metri, quella inerente alla lunghezza, e dieci metri, quella relativa alla larghezza. Le due figure geometriche distavano centoquaranta metri dalla tribuna e ciascuna era suddivisa in dieci caselle, le quali risultavano pure di forma rettangolare. Esse potevano considerarsi abbastanza ampie, essendo ognuna lunga dieci metri e larga cinque metri. In ciascun angolo appartenente allo stesso lato della tribuna, vi era disegnato un quadrato, il cui lato misurava quindici metri. Esso era chiamato quadrato di attesa, poiché vi prendevano posto i dieci concorrenti che dovevano partecipare alla gara che stava per disputarsi. Negli altri due angoli, invece, vi era disegnato un altro piccolo quadrato, il cui lato era lungo cinque metri. In esso vi prendeva posto il personale, che era incaricato di sgomberare il campo dei combattimenti dai concorrenti rimasti uccisi e dai loro cavalli, quando erano previsti. Descritto l'ampio campo degli scontri, adesso cerchiamo di capire come essi vi si sarebbero dovuti svolgere. Allora iniziamo col dire che sia l'invito ad attuare i preparativi di ogni gara sia l'avviso dell'inizio dei combattimenti individuali venivano dati da un suono prolungato di corno.

Alla sua prima emissione, le due squadre rivali di turno, dopo aver abbandonato i rispettivi quadrati di attesa, si conducevano nel proprio casellario. In esso, i combattenti si disponevano nelle rispettive caselle, le quali erano numerate dall'uno al dieci. In merito, va precisato che, come i riquadri disegnati sul terreno, anche i concorrenti si mostravano con un numero da tenere bene in vista sul petto e sulla schiena. Avvenuta anche la seconda emissione di suono, iniziava la prima gara, il cui svolgimento era previsto mediante scontri individuali. Al cupo suono del corno, i numeri uno di entrambi i casellari uscivano dalle loro caselle e si davano a cimentarsi nell'arduo combattimento, fino a quando uno di loro non veniva sopraffatto dall'altro. Dopo, intanto che gli addetti ripulivano il campo dal cadavere del concorrente ucciso e recuperavano il suo cavallo, se era previsto, il vincitore faceva ritorno nella propria casella. Solo a quel punto venivano fuori i numeri due di entrambe le squadre, per dare avvio al secondo scontro individuale. Ovviamente, si andava avanti in quel modo fino allo scontro fra i numeri dieci, i quali così concludevano la prima fase eliminatoria della gara.

Al termine di tale fase, altri due suoni di corno facevano avviare l'eliminatoria successiva. Ma questa volta il primo suono invitava gli scampati al precedente scontro ad operare l'assestamento delle caselle, naturalmente dove e quando ciò era possibile. Esso consisteva nel fare spostare verso i numeri più piccoli i superstiti dell'eliminatoria che si era appena effettuata. In quel modo, si facevano restare sempre occupate le caselle, i cui numeri si trovavano nella zona bassa di ogni casellario. Tanto per fare un esempio, se dopo la prima fase eliminatoria in un casellario restavano vuote le caselle tre e sette, il concorrente della casella numero quattro doveva trasferirsi nella tre, quello della numero cinque nella quattro, quello della numero sei nella cinque, quello della numero otto nella sei, quello della numero nove nella sette e quello della numero dieci nella otto. Quindi, secondo il redatto regolamento, alla fine di ogni eliminatoria, le caselle che precedevano le altre non potevano risultare mai vuote. Inoltre, va aggiunto che, se in una eliminatoria i concorrenti di un casellario risultavano sei e quelli dell'altro solo quattro, in quella che sarebbe seguita dopo, i due numeri più alti del primo casellario, non avendo provvisoriamente un rivale, venivano esclusi dai nuovi scontri. Comunque, essi vi potevano prendere ancora parte, solo se con gli altri assestamenti venivano a trovarsi in quelle caselle che nell'altro casellario risultavano pure occupate. Insomma, fino alla conclusione di tutte le eliminatorie, che non potevano essere quantificate in anticipo, nessun concorrente era da considerarsi definitivamente escluso dagli scontri, potendo egli essere ripescato e rientrare così nella gara che era in svolgimento, senza disperare di venirne escluso per sempre. Il secondo suono, invece, annunciava la fase eliminatoria successiva e faceva dare inizio ai nuovi scontri, i quali erano da svolgersi identicamente ai precedenti. I suoni di corno, quindi, andavano avanti fino a quando in un casellario non restava vuota la casella numero uno.

Infine bisogna chiarire che, mentre le gare con le spade e con i mazzafrusti dovevano svolgersi davanti alla tribuna da concorrenti appiedati; le altre due, ossia quella con gli archi e quella con le fionde, avevano uno svolgimento diverso. I combattenti rivali, che stavano tutti a cavallo, una volta abbandonate le loro caselle, dovevano dirigersi rapidamente verso l'estremità opposta del campo. Dopo averla raggiunta, con un celere dietrofront se ne ritornavano in gran fretta alla propria casella. Le ostilità erano da considerarsi aperte, durante il loro ritorno alle rispettive caselle, per cui ciascun arciere oppure ciascun fromboliere poteva già darsi a colpire l'avversario, cercando di ammazzarlo e di non farlo arrivare nella sua casella. Inoltre, in tutte e quattro le gare, non erano ammessi gli scudi e non era prevista alcuna distanza regolamentare di lancio. Perciò, prima di scoccare la propria unica freccia o di lanciare il proprio unico sasso, il cavaliere, se intendeva anticipare l'avversario, doveva pensarci due volte, ad evitare di fallire il colpo. Altrimenti egli era da considerarsi praticamente spacciato, dal momento che dopo il rivale poteva avvicinarsi a lui a suo piacimento, per colpirlo ed ucciderlo con calma. Se invece entrambi i contendenti non centravano il loro primo colpo, lo stesso essi se ne dovevano ritornare ad occupare le proprie caselle per partecipare alla fase successiva della gara. Va fatto presente che tali partecipanti rivali difficilmente dopo si sarebbero ritrovati a combattersi ancora l'uno contro l'altro, poiché gli assestamenti producevano di continuo in ciascun casellario nuovi cambiamenti, i quali quasi mai li facevano corrispondere.

Dopo aver fornito al lettore questi utili dettagli sulle gare e sulle loro fasi eliminatorie, i quali potranno aiutarlo a seguirle meglio nel loro avvincente svolgimento, adesso possiamo farle iniziare senza perdere altro tempo. Naturalmente, siamo sicuri che esse ci appassioneranno e ci coinvolgeranno in modo incredibile. Anzi, scommetto che le medesime ci faranno sentire, come se fossimo noi stessi i protagonisti!


Mancava un'ora a mezzogiorno, quando i soldati, che erano stati ammessi ad assistere al torneo, incominciarono a friggere di impazienza dietro la grande transennatura, che recingeva l'intero campo, dove erano da disputarsi le quattro competizioni. Ma i sintomi di insofferenza si erano appena dati a serpeggiare un po' dappertutto, allorché il corno si udì echeggiare cupamente a più riprese sulla moltitudine degli spettatori, i quali non vedevano l'ora di sentirlo suonare. Esso, ovviamente, annunciava l'apertura dell'atteso torneo e l'inizio della prima gara, la quale doveva combattersi con le fionde. Quando poi i frombolieri a cavallo delle due squadre andarono a posizionarsi nei rispettivi casellari, dalle tribune circolari, che erano gremite di una folla trabocchevole, si levarono molte grida rumorose ed assordanti. Esse impazzarono a non dirsi, fino a quando non fu emesso dal cornista il secondo suono, cioè quello che faceva avviare gli scontri individuali. A quel punto, le turbe dei soldati ammutolirono all'istante, come se essi fossero diventati delle statue di marmo mute ed immobili. Infine lo spegnimento dei clangori e lo strozzamento dei clamori stavano a significare che la prima fase eliminatoria della gara, la quale era quella con le fionde, era appena iniziata. Allora essa immediatamente fece tacere tutti i soldati presenti.

Nei dieci scontri individuali di tale eliminatoria, si assistette ad una netta superiorità dei frombolieri berieski, rispetto a quelli edelcadici. La falce della morte venne a mietere fra questi ultimi il maggior numero di vittime. Infatti, stramazzarono al suolo otto frombolieri dell'Edelcadia e due della Berieskania, le cui uccisioni erano state sempre accolte con urla di giubilo dai soldati della parte avversaria. I superstiti edelcadici risultarono i due Dorindani, i quali riuscirono ad abbattere ancora i loro rivali nella eliminatoria successiva. La sua terza fase, però, non risultò favorevole ad uno di loro, poiché essa aveva visto venir meno un solo fromboliere in entrambe le squadre in lizza. Fu soltanto la quarta fase eliminatoria, con il crollo anche del secondo Dorindano, ossia dell'ultimo degli Edelcadi, a segnare la fine della gara con le fionde. Quindi, essa, essendosi conclusa con la morte dei dieci frombolieri edelcadici e di cinque frombolieri berieski, di cui restavano sul campo ancora la metà, fu aggiudicata all'esercito beriesko, che conseguiva così il suo primo punto.

Allora, siccome il loro esercito si era guadagnato un punto, nei soldati berieski ci furono un grande entusiasmo ed una euforia generale. Difatti essi esplosero in mille manifestazioni di giubilo e di eccitazione, le quali durarono fino all'inizio della seconda gara. Invece, com'era da prevedersi, l'evento non fu accolto dai soldati edelcadici allo stesso modo. Tra di loro si andarono manifestando brontolii ed espressioni sommesse di delusione; non mancò neppure un senso di avvilimento e di grande sfiducia. Invece i soldati dorindani, in sintonia con il loro sovrano, non avevano dato molto peso alla prima sconfitta. Essi erano rimasti tranquilli, poiché erano convinti che le ultime due gare sarebbero state vinte senza ombra di dubbio dagli Edelcadi, per merito del loro prodigioso concittadino Tio. Egli gli avrebbe fatto aggiudicare almeno due punti. Avendolo già visto combattere nel circo di Dorinda, essi lo ritenevano il migliore in assoluto nel maneggio della spada, dell'arco e del giavellotto. Al massimo, i soldati Dorindani si rammaricavano del solo fatto che non ci fosse anche la gara di quest'ultima arma. La cui presenza nelle gare di sicuro avrebbe fatto assegnare la vittoria finale agli Edelcadi.

Come si è visto, furono i soli Dorindani a tener duro nella prima gara. La qual cosa fece amareggiare non poco gli altri re dell'Edelcadia. Li fece pentire di essersi opposti a Kodrun, quando egli gli aveva suggerito di scegliere i concorrenti delle quattro squadre fra i soli soldati dorindani. Adesso essi si avvedevano di aver commesso un grave errore, quando avevano rifiutato il suggerimento di chi aveva molta più esperienza militare di loro. Invece lo stupido orgoglio che avevano voluto manifestare, oltre a cominciare ad umiliarli e a farli pentire, stava pure mettendo a repentaglio la libertà dei loro popoli.

La seconda gara fu quella con i mazzafrusti, la quale si concluse dopo appena due fasi eliminatorie. Il risultato della prima non fu differente da quello della stessa fase, che c'era stata nella precedente gara, ossia otto concorrenti morti nella squadra edelcadica e due in quella berieska. Logicamente, anche questa volta erano stati i due Dorindani a sopravvivere ai primi scontri individuali. La seconda fase, invece, vide soccombere anche i due Edelcadi superstiti. Per tale motivo, la gara, che ebbe uno svolgimento abbastanza celere, terminò con la morte di tutti i concorrenti edelcadici e di due soli Berieski. Essa, perciò, fu ugualmente aggiudicata all'esercito beriesko, il quale, grazie al nuovo eccellente risultato, saliva a quota due. Così, anche al termine della seconda gara, fra i soldati berieski si ripeté lo stesso rituale di effusioni che c'era stato in precedenza. Perciò essi si scatenarono ancora una volta in un delirio di grida e di applausi senza fine, oltre che di ovazioni di consenso verso i loro validi campioni. Ma i Berieski palesarono in modo felice e beato la loro soddisfazione, soprattutto per aver vinto di nuovo.

Come era da aspettarselo, fra i soldati edelcadici, sempre ad eccezione di quelli dorindani per i motivi già menzionati, si ripresentò lo stesso clima di tristezza e di angoscia, quello che già prima li aveva quasi storditi. Anzi, venne ad aleggiare su di loro un'atmosfera di abbattimento e di disperazione ancora più demoralizzante di quella precedente. Essa li faceva apparire con un volto spettrale e compassionevole, intanto che li andava divorando un silenzio atroce e scioccante. Esattamente, essi si comportavano come se sulla loro testa stesse per giungere la fine del mondo. Né poteva essere altrimenti per i poveretti!

La terza gara fu combattuta con gli archi ed ebbe il maggior numero di fasi eliminatorie, per l'esattezza otto. Nella prima, il risultato fu ancora lo stesso che si era avuto nelle due precedenti gare. Furono ancora colpiti otto concorrenti edelcadici e due Berieski. Gli arcieri edelcadici sopravvissuti risultarono ancora i due Dorindani, uno dei quali non poteva essere che l'insuperabile Tio. Egli aveva colpito il suo rivale ad una distanza inverosimile, centrandolo magistralmente nel mezzo della fronte. Il suo tiro eccezionale, oltre a stupire tutti i soldati presenti, fossero essi edelcadici oppure berieski, si era guadagnato il plauso del superum della Berieskania, il quale ne era rimasto molto sbalordito. Invece nella seconda fase eliminatoria, ci rimisero la pelle l'arciere dorindano, che era scampato insieme con Tio nella prima, e un altro combattente della squadra berieska. In tale fase, ancora una volta il tiro del Dorindano era stato stupendo ed aveva strabiliato gli spettatori, poiché era risultato identico al precedente. Nel suo nuovo tiro, ad ogni modo, non erano cambiate né la distanza di lancio né la parte anatomica che aveva fatto da bersaglio nel suo precedente rivale.

Anche nelle successive sette fasi eliminatorie, Tio continuò ad operare l'uguale prodigio e a fare andare in visibilio i soldati edelcadici. Infatti, uno dopo l'altro e allo stesso modo di come si era comportato in precedenza, egli liquidò i suoi rimanenti avversari, stupefacendo sommamente perfino tutti i Berieski presenti. I quali non avevano mai ammirato un arciere così abile, il quale di sicuro non l'avrebbe data per vinta al loro campione Ircos, se si fosse trovato a competere con lui. Così l'ammiratissimo giovane faceva concludere la gara con la morte di tutti gli arcieri berieski e di nove Edelcadi. Perciò essa fu assegnata all'esercito edelcadico, il quale guadagnava il suo primo punto.

La conclusione della terza gara, che era stata vinta dall'esercito edelcadico di stretta misura, ridimensionò alquanto la spocchia dei soldati berieski, pur essendo lievitata in abbondanza dopo i primi due successi. Invece, per quelli edelcadici, essa significò l'apertura a tutt'altri sentimenti dello spirito. La prima vittoria conseguita dal loro formidabile campione costituì per essi il ritorno della luminosa luce fra le buie tenebre, della radiosa speranza tra le previsioni più pessimistiche, di una vitale boccata di ossigeno in polmoni divenuti provvisoriamente asfittici. Per la quale ragione tali soldati furono visti rinascere e darsi a stati d'animo di grande esaltazione. Essi adesso andavano vivendo la felicità con una dovizia di esilaranti espressioni e con pronostici improntati a maggiore ottimismo e ad un'ampia serenità. Inoltre, l'infallibile mira di Tio, da lui dimostrata per ben nove volte, incantò il capo dei Berieski. Egli trovò difficile nascondere la sua ammirazione per lo straordinario giovane dorindano. Per questo, senza alcun tipo di risentimento, si diede ad esclamare al re di Dorinda:

«Il tuo Tio è stato meravigliosamente straordinario, Kodrun! Avevi ragione nel giudicare il nostro Ircos non all'altezza del vostro eccellente concorrente. Adesso posso ammetterlo con certezza che egli non sarebbe sopravvissuto a questa gara. Per mio cugino delle ottime speranze ci sarebbero potute essere, soltanto se il torneo con le spade avesse preceduto quello con gli archi!»

«Non essere precipitoso, Nurdok,» lo contraddisse Kodrun «nell'azzardare delle supposizioni, le quali in seguito potrebbero rivelarsi fasulle. Sono sicuro che fra poco ti ricrederai di quanto hai affermato in questo istante sul defunto tuo cugino. Devi sapere che hai ancora da apprendere molto sul conto di Tio. Aspetta e te ne renderai conto!»

Non appena il cavernoso suono del corno si levò sul campo dei combattimenti ancora una volta, le folle dei soldati, che erano dedite ad urlare e a dimenarsi confusamente, ripiombarono in un silenzio tombale. Esso, diffondendosi nei dintorni carico di furore guerresco, annunciava a quanti assistevano al torneo l'inizio della quarta ed ultima gara.

Quando poi le due squadre rivali andarono a sistemarsi nei rispettivi casellari, per attendervi l'ordine di apertura degli scontri, tutti notarono ancora la presenza di Tio fra gli Edelcadi. La qual cosa, se proprio non gettò i soldati berieski in uno stato di depressione, ci mancò poco. Lo sconforto, però, si ebbe in loro ugualmente. Infatti, la nuova apparizione di Tio sul campo suscitò in loro parecchia mestizia, poiché essi, come per istinto, avevano presentito che il loro sogno di vittoria stava per svanire per sempre davanti ai loro occhi. Nonostante i soldati di Nurdok riponessero una grandissima fiducia nel loro campione Itmak, in quel momento essi iniziarono a temere che quel valente giovane potesse replicare il medesimo trionfo riscosso nel precedente scontro con gli archi. A loro avviso, se gli era stato permesso di partecipare anche alla gara con le spade, che si presentava così impegnativa per un combattente molto giovane, di certo non era stato per puro caso oppure perché erano mancate fra i soldati edelcadici altre adesioni di tutto rispetto. Perciò, loro malgrado, il giovane dorindano si sarebbe dimostrato molto probabilmente un autentico portento anche nella gara della scherma!

La quarta gara, quindi, fu quella con le spade. La quale si dimostrò la più combattuta e, per questo, la più gradita dagli spettatori, anche se un po' meno dai soldati berieski. Per risolverla, occorsero cinque fasi eliminatorie. La prima si concluse con la morte di tre duellanti berieski e di sette edelcadici. Di questi, erano sopravvissuti i due Dorindani, dei quali uno non poteva essere che Tio. Il terzo era stato Nortano, il re di Actina. Nella seconda fase, trovarono la morte sul campo altri due schermitori berieski e il Dorindano che era rimasto incolume nella precedente eliminatoria, insieme con Tio e con il sovrano actinese. La terza fase vide ridotti in fin di vita altri due concorrenti berieski; così pure la quarta si concluse allo stesso modo. In quest'ultima, però, il sovrano di Actina ne uscì ferito piuttosto gravemente. Per fortuna nella successiva fase eliminatoria, la quale era anche l'ultima, il casellario beriesko segnava occupata soltanto la prima casella; mentre la corrispondente casella del casellario edelcadico era occupata da Tio.

A giudizio di tutti, se i superstiti berieski fossero stati due o se il re Nortano si fosse trovato ad occupare la prima casella, per il re di Actina ci sarebbe stata di sicuro la fine. Egli sarebbe stato obbligato a combattere anche in quelle pessime condizioni e, per di più, con un avversario temibilissimo. Infatti, nella quinta fase eliminatoria, Tio ebbe come rivale il beriesko Itmak, un guerriero che per valore veniva subito dopo Ircos, se proprio non lo uguagliava. Nella Berieskania, egli aveva avuto con il cugino paterno di Nurdok molti incontri amichevoli della durata di mezza giornata. Più di una volta, quando la circostanza gli era stata favorevole, era riuscito a vincerne qualcuno, che lo aveva inorgoglito.

Il giovane dorindano, reggendo dapprima con facilità ai suoi furiosi assalti, gli diede poi un assaggio speciale della sua scherma professionistica. Dopo averlo umiliato nella misura in cui si era mostrata la sua arroganza, gli infilò magistralmente un mortale colpo all'addome, facendolo barcollare con la bocca traboccante di sangue. Così anche la quarta ed ultima gara, come la terza, si concluse con la morte di tutti gli schermitori berieski e di otto fra quelli edelcadici. Per questo anch'essa fu aggiudicata all'esercito dorindano, il quale raggiungeva pure quota due, al pari di quello beriesko.

L'ultima gara, similmente alla precedente, era stata quella in cui Tio aveva trionfato, dando spettacoli inimitabili ed entusiasmanti. La sua scherma, di alto livello professionistico, si era rivelata agli occhi di tutti gli spettatori davvero ineguagliabile, dimostrando senza dubbio classe, abilità, somma esperienza, tecnica e maestria. Essa aveva arrecato morte, dove e quando aveva voluto, effettuando affondi, stoccate e allinei impercettibili; ma soprattutto aveva prevenuto, con tempestivi scandagli, le mosse dei suoi avversari. Colui che ne risultava l'autore, principalmente era ricorso a traccheggi, cavazioni, controazioni, circolate e controtempi, che egli era riuscito ad eseguire con una tecnica davvero straordinaria. Ecco perché la totalità degli astanti, compresi le oltre cinque migliaia di Berieski, avevano sommamente ammirato e quasi idolatrato il suo professionismo d'eccezione. Esso gli aveva permesso di realizzare quei colpi rapidi ed invisibili che, agli occhi di tutti, erano sembrati infliggere ferite a distanza sui corpi degli avversari, come per miracolo o per magia. Per la qual cosa, gli stupefatti spettatori si erano resi conto che chi li inferiva magistralmente poteva essere soltanto un combattente di altissima e rara professionalità.

Quando ebbe termine la quarta gara, la quale si era dimostrata la più avvincente, Nurdok, volendo dargli ragione circa quanto aveva asserito sul conto di Tio, confermò al sovrano dorindano:

«Non ti sbagliavi per niente sul tuo combattente preferito, mio caro Kodrun! Egli è un vero fenomeno nella scherma e nel tiro con l'arco. Perciò, senza alcun dubbio, mio cugino Ircos avrebbe subito dal tuo campione le medesime umiliazioni che oggi egli è riuscito ad infliggere con facilità al nostro validissimo guerriero Itmak. Il quale era da stimarsi un altro mio combattente eccezionale!»

Avendo i Berieski e i Dorindani conseguito pari punteggio nelle quattro gare che c'erano state tra i loro campioni, Kodrun e Nurdok annunciarono ai rispettivi eserciti che presto sarebbe toccato a loro due scendere in campo. Così si sarebbero disputato lo scontro che avrebbe permesso ad uno dei due eserciti di conseguire la palma della vittoria. Entrambi fecero anche presente ai loro soldati che essa avrebbe deciso definitivamente le sorti dei due popoli contrapposti. I due capi supremi, inoltre, prima di cimentarsi in un regolare combattimento, ci tennero a mettere in chiaro le formule e il contenuto di alcuni patti, i quali erano da garantirsi dall'uno e dall'altro esercito al termine del loro scontro.

Per questo, oltre che prometterlo e giurarlo in prima persona, essi coinvolsero nella promessa e nel giuramento anche i restanti re edelcadici e gli otto primus berieski. Mancava il nono primus, poiché era rappresentato da Ircos. Da tali autorità essi ottennero solennemente l'una e l'altro, obbligandole ad impegnarsi perché i patti da loro sanciti venissero rispettati in modo assoluto dai due popoli belligeranti, qualunque fosse stato l'esito del loro scontro. I patti in questione contemplavano tanto l'eventualità di vittoria da parte di Kodrun quanto quella che prevedeva come vincitore Nurdok. In merito ai quali, i due comandanti in capo si erano accordati nei termini che seguono. Se fosse risultato vincitore Kodrun, l'esercito beriesko, dopo aver levato l'accampamento, avrebbe abbandonato i territori actinesi, facendo pacificamente ritorno nel paese da cui era provenuto. Invece, nel caso che avesse vinto Nurdok, l'esercito beriesko avrebbe avuto libero campo d'azione nei suoi progetti di invasione e di conquista dell'Edelcadia. Ciò, perché i popoli edelcadici avrebbero accettato remissivamente la sua invasione. Ma essa non sarebbe dovuta essere di saccheggio e di distruzione; bensì solo di conquista moderata. La qual cosa stava a significare che l'invasione sarebbe dovuta avvenire nel rispetto dei popoli vinti e sottomessi. La dominazione berieska, inoltre, si sarebbe svolta senza angherie e soprusi verso gli Edelcadi assoggettati. Al contrario, avrebbe badato a creare prosperità e benessere per tutte e due le nazioni, come se fossero diventate un unico grande popolo. Da parte loro, i vinti Edelcadi non avrebbero dovuto tramare contro i vincitori; ma avrebbero collaborato lealmente con i Berieski in ogni iniziativa, purché essa risultasse favorevole a tutti e due i popoli e non ad uno solo di loro. Addivenuti alle suddette transazioni, Kodrun e Nurdok scesero in campo per affrontarsi in singolar tenzone, cercando di dare il meglio della loro prodezza e del loro valore.