270-I LUTROS INIZIANO AD ADORARE I DIVINI KRONEL E LUCIEL
Rese le estreme onoranze funebri ai combattenti lutresi caduti nelle diverse operazioni belliche, Sitruo invitò Iveonte e i suoi amici a pranzo a casa sua. In quella circostanza, intendeva anche ringraziarli di ciò che avevano fatto per i suoi due figli Esio ed Urase. Volendo puntualizzare, era stata la moglie Scitea a pregare il consorte di invitare nella loro dimora l'eroico forestiero per offrirgli un pranzo coi fiocchi. Per forza di cose, l'invito era stato esteso anche ai suoi due amici, i quali erano il terdibano Tionteo e il borchiese Speon. La riconoscente donna voleva disobbligarsi in quell'unico modo a lei possibile con l'eroico giovane, poiché egli aveva salvato dal mostruoso Zikul i suoi due adorati figli. La cui salvezza c'era stata, quando ella, ad un certo momento, li aveva ormai considerati definitivamente perduti. Così, dopo che i due consorti ebbero ricevuto i tre ospiti di riguardo nella loro capanna con tutti gli onori, la moglie se ne ritornò ad immergersi nella sua arte culinaria. Siccome tra gli invitati c'era il Grande Eroe, la consorte del lutroan era intenzionata a fare un figurone nella preparazione del pranzo. Mentre ella cucinava, suo marito si era dato ad intrattenere gli ospiti nel cortile annesso, conversando con loro su svariati argomenti. Mentre si parlava, egli chiese all'uccisore di Zikul:
«Iveonte, stamani ho stabilito quale nome dare al dio che i Lutr dovranno adorare nei secoli avvenire. Esso, che di sicuro piacerà anche a te, mi è venuto fuori, ricorrendo ad una sorta di artificio, quale tu giammai immagineresti! Sono convinto che anche tu dopo mi darai ragione!»
«Sitruo, prima di essere d'accordo con te, dovrò venire a conoscenza del suo nome, poiché solo allora potrò dirti se piace pure a me. Comunque, sono anche ansioso di apprendere qual è stato l'artificio che ti ha fatto ottenere il nome da dare al vostro dio! Perciò inizia a dirmi ogni cosa!»
«Il nome del nostro dio sarà Luciel, eroico Iveonte! Non so perché mai, ma quando l'ho scelto come nostra divinità, ho pensato a lui come ad un dio scalognato ed immensamente infelice, proprio come lo è stato in passato il nostro popolo! Sono sicuro che entrambi, dopo che si sarà rinsaldato il loro rapporto attraverso la venerazione dell'uno verso l'altro, non verranno più perseguitati dalla malasorte. Anzi, se ti fa piacere apprenderlo, già da adesso, ho la sensazione che contro di loro non opererà mai più nessun destino crudele. Luciel, quindi, da oggi in avanti, rappresenterà presso di noi il dio della rinascita. Per questo motivo, nel suo nome, il mio popolo risorgerà e riacquisterà quella dignità, della quale è stato deprivato per tantissimi secoli. Allora, Grande Eroe, hai commenti da fare sul bel nome, che ho scelto per la divinità, la quale dovrà essere da noi adorata?»
Il nome del dio, che secondo Sitruo il suo popolo avrebbe dovuto cominciare ad adorare, nonché l'impressione triste che quella divinità gli aveva fatta, destarono un grande sconcerto in Iveonte. Egli non voleva credere alle proprie orecchie che il capo di Lutriak avesse scelto proprio quel nome; né era intenzionato a persuadersi che egli avesse potuto tirarlo fuori da solo. Specialmente poi, se si prendevano in considerazione anche le sue strabilianti sensazioni che aveva manifestato nei confronti del dio! A suo parere, poteva anche risultare una coincidenza il nome di Luciel ideato da Sitruo per la loro divinità; ma l'opinione espressa da lui sul suo conto di certo non lo era! Quindi, doveva esserci stato qualcosa di trascendentale nella scelta operata dal padre di Esio. Ma non aveva egli accennato ad un certo artificio, che lo aveva condotto stranamente a quel nome? Come Iveonte constatava, il pensiero del lutroan inconsciamente si era voluto riferire proprio allo sfortunato Luciel, il fratello della sua divina protettrice. Ecco perché non vedeva l'ora di apprendere da lui ciò che incredibilmente lo aveva spinto ad operare la scelta di tale nome. Così, desideroso di venirne a conoscenza, gli domandò:
«Sitruo, qual è stato l'artificio, mediante il quale sei pervenuto alla determinazione del nome, che hai deciso di dare al vostro dio? Sono assai curioso di apprenderlo, se non ti dispiace. Perciò dimmelo!»
«Iveonte, è stato un autentico lampo di genio a mettermi il nome di Luciel sotto gli occhi. Esso mi è stato suggerito, grazie soprattutto all'artificio che adesso passo a rivelarti, il quale stupirà anche te.»
«Perché dici così, Sitruo? Ti è forse capitato di leggere da qualche parte il nome di Luciel? Se davvero fosse successo qualcosa del genere, mi meraviglierei moltissimo! Allora mi metti al corrente di cosa è avvenuto realmente, prima che tu giungessi al nome di Luciel?»
«Invece, Grande Eroe, non l'ho letto da nessuna parte! L'idea di un simile nome, in verità, mi è balenata per puro caso. Adesso ti dico precisamente in quale maniera mi sono ritrovato a disporre di esso! Se attendi un attimo, te lo spiego subito!»
Poco dopo Sitruo tirò fuori il suo pugnale dal fodero. Quando se lo trovò in una mano, si diede ad usarlo sullo sterrato come arnese per scrivere. Infine egli si espresse in questo modo:
«Innanzitutto, Iveonte, ho scritto per terra i nomi dei sei giovinetti che dovevano essere immolati al mostruoso Zikul, ma che invece, ad opera tua, sono rimasti ancora viventi. Per l'esattezza, nello scrivere i loro nomi, sono partito dal più piccolo ed ho terminato con il più grande di loro, scrivendoli cioè in ordine di grandezza. Se mi chiedi perché ho seguito tale ordine, non te lo so dire, poiché esso mi è saltato così alla mente per puro caso. Ebbene, come pure tu adesso puoi renderti conto, alla fine ne è risultata la seguente rappresentazione grafica:
L E I A L
U R A S E
C I S A N
I A R B O
E P I A R
L I B U K
In seguito, considerando le sole lettere iniziali dei nomi dei ragazzi e seguendo il medesimo ordine, ne ho ricavato il nome da assegnare al nostro dio. Come tu stesso puoi osservare, mio eroico Iveonte, dalla loro lettura viene fuori precisamente il nome del divino Luciel. Tale dio, dunque, avendolo voluto il caso, sarà il nostro divino protettore.»
«Davvero!» esclamò Iveonte sbalordito, dopo aver preso visione di tutti i nomi disposti in quel modo sul suolo. Poi, avendo riflettuto sui nomi scritti in quell'ordine, aggiunse:
«Sitruo, potevi leggere le lettere anche all'inverso: non ti pare? In quel caso, sarebbe stato Leicul il nome che ne avresti ricavato, dandolo così al dio che avete deciso di adorare!»
«Certo che è come tu dici, Iveonte; però Luciel sarebbe stato preferito ugualmente da me, se lo vuoi sapere. Infatti, il nuovo nome da te scoperto non mi sarebbe piaciuto neppure un poco, anche perché esso fa rima con Zikul! Non ti pare? Invece noi non vogliamo mai più rammentare quel nome, il quale è stato sommamente nefasto per tutti noi!»
«In verità, si sarebbe potuto ricavare ancora un nome diverso,» commentò Tionteo «se le lettere finali dei nomi si fossero lette dall'alto verso il basso. In tal caso, però, ne sarebbe venuto fuori il nome di Lenork. Ma esso, devo ammetterlo con tutta franchezza, è meno bello di Luciel. Dunque, mio amico carissimo, do ragione al capo Sitruo, per aver scelto per il loro dio il nome che adesso abbiamo appreso!»
A sbalordire di più Iveonte fu invece l'osservazione di Speon, il quale fece notare agli altri presenti:
«Amici, se ci riflettete meglio, c'è un quarto modo di impostare la lettura delle lettere finali. Se esse vengono lette dal basso verso l'alto, il nuovo nome risulta Kronel. Ma in questo caso, a mio avviso, un nome del genere sarebbe più indicato per una dea, anziché per un dio. Allora che ve ne pare della mia ulteriore scoperta?»
Al sentir pronunciare il nome di Kronel, Iveonte trasalì, restando stupefatto per la terza volta. Non riusciva a capacitarsi come facessero i nomi di Luciel e di Kronel a comparire in quelli delle sei vittime mancate di Zikul. Il primo si otteneva, leggendo le loro lettere iniziali dall'alto verso il basso; mentre il secondo si ricavava dalla lettura delle loro lettere finali dal basso verso l'alto. A suo giudizio, perché ciò si potesse verificare accidentalmente, non sarebbe bastata neppure una probabilità su un miliardo. Quindi, non era stata mica la sua diva protettrice a spingere Sitruo a ricorrere a quell'incredibile acrostico? Ma c'era sempre il mistero proveniente dai nomi delle sei vittime sacrificali, i quali già erano esistenti da tantissimo tempo, ossia da quando i ragazzi erano nati! Perciò la sua ipotesi non poteva che presentarsi controvertibile e per niente dimostrabile. Due verità la facevano scartare a priori. La prima riguardava l'esistenza reale di quei sei nomi, che non erano piovuti dal cielo all'improvviso; ma esistevano da anni nel villaggio di Lutriak. La seconda, invece, riguardava proprio Luciel, il quale non esisteva più come divinità, da quando il divo di sua volontà si era voluto gettare nell'Abisso dell'Oblio. Agendo in quel modo, egli aveva raggiunto Inesist ed era diventato una divinità irrimediabilmente perduta. Per la quale ragione, la sua diva protettrice giammai avrebbe spinto un popolo di esseri umani a venerare un dio che, per sua libera scelta, era divenuto inesistente e non più venerabile.
Allora come poteva spiegarsi quel dilemma? La pura coincidenza, dunque, diveniva l'ipotesi più accreditabile, anche se delle forti perplessità tendevano ancora a mettere in forse quella incredibile casualità. Ciò, perché il divo Luciel era stato chiamato in causa dal capo dei Lutr, come se vi fosse stato spinto da una forza oscura e misteriosa! Inoltre, anche quello della diva Kronel era venuto ad apparire nei sei nomi dei ragazzi disposti in quell'ordine da Sitruo! In un primo momento, era stata intenzione di Iveonte intervenire nella scelta del lutroan, la quale riguardava il nome da dare alla loro futura divinità. Avrebbe voluto fargli presente che, se il percorso seguito per arrivare al nome del loro dio era stato giusto, di sicuro c'era stato un errore nell'ultima fase del suo bizzarro artificio. La sua lettura interpretativa, invece, sarebbe dovuta essere quella che lo avrebbe condotto al nome della diva Kronel. Ella, diversamente dal fratellastro Luciel, era una diva esistente nella realtà e quindi venerabile. Per questo egli intendeva fargli presente che, se per il suo popolo in avvenire ci sarebbe stata la rinascita, come da lui auspicata, non la stessa cosa sarebbe avvenuta con il loro dio, il quale sarebbe rimasto sventurato per l'eternità.
A giudizio del nostro eroe, Luciel era rimasto oramai privo di un qualsiasi futuro, essendo stato sepolto e cancellato per sempre ad opera di sé stesso, anche se con l'inganno operato dall'eccelso Kron, il dio del tempo. Ma poi il giovane ritenne cosa giusta richiedere la preventiva autorizzazione alla sua protettrice Kronel, prima di fare le sue confidenze al capo dei Lutr. Nel frattempo, però, senza neppure motivarlo, avrebbe cercato di distoglierlo dalla sua scelta iniziale e di proporgli Kronel, in qualità di dea patrona del suo popolo. Per questo, rivolgendosi al lutroan di Lutriak, provò a fargli presente:
«Lo sai, Sitruo, che anche una dea potrebbe andare bene come guida e protezione del tuo popolo? Perciò potresti chiamarla Kronel, considerato che pure tale nome viene fuori da uno dei modi di leggere le lettere iniziali e finali dei sei nomi. Secondo me, avresti dovuto seguire esattamente questa strada, poiché penso che essa sia la migliore!»
«È vero, Iveonte, anche il nome di Kronel mi suona benissimo, ugualmente a quello di Luciel. Ma mi sta a cuore più quest'ultimo, siccome mi lega a lui una profonda pietà. È come se egli si trovasse in un baratro colmo di sventure ed io, con la mia scelta, venissi a trarlo fuori da esso. Dentro di me, è come se avvertissi che l'infelice dio, dopo essergli cascato l'universo addosso, ha un gran bisogno di noi per ritornare ad elevarsi a divinità a tutti gli effetti. Probabilmente tu riterrai quanto provo per lui soltanto una sensazione priva di fondamento ed insignificante. Invece, se lo vuoi sapere, comincio a considerarlo qualcosa che può rivelarsi una certezza! Ecco perché mi sta bene come nostra divinità Luciel e non Kronel, la dea che mi stai proponendo! A causa di questa mia scelta, mio Grande Eroe, ti prego di non volermene, poiché sto solo seguendo la voce della mia coscienza!»
«Allora fai come credi, Sitruo!» Iveonte tese a chiudere la conversazione sull'argomento «Il mio intervento non voleva significare una ingerenza in ciò che fai, bensì un consiglio da amico sincero. Ma se hai scelto Luciel come dio del tuo popolo e non intendi cambiarlo con Kronel, per me fa lo stesso, senza riservarti alcun rancore!»
L'affrettata conclusione di Iveonte, che non aveva celato una punta di rammarico nelle sue parole, imbarazzò il capo Sitruo. Egli non voleva trovarsi a fare una scelta che disaggradava proprio al Grande Eroe, essendo stato egli il salvatore del suo popolo e dei suoi unici due figli. Perciò il poveretto ci rimase molto male. Subito dopo, invece, cercò di rimediare alla meglio, pur di non vederlo amareggiato. Così, aperto di nuovo il discorso sulla scelta del nome del loro futuro dio, si affrettò ad affermargli:
«Iveonte, riflettendoci con maggiore obiettività, mi sono convinto che, a guidare e a proteggere il mio popolo, è più giusto che siano i germani Luciel e Kronel. Il primo rappresenterà per noi il dio della rinascita, mentre la seconda sarà la dea della speranza. Mi dici cosa te ne pare questa mia seconda scelta? Sono sicuro che questa volta sarai molto d'accordo con me e non me ne vorrai, siccome è stata questa l'impressione che ho avuto!»
All'affermazione di Sitruo, Iveonte non poté che stupirsi per l'ennesima volta. Egli si andò domandando come faceva l'autorevole Lutr ad essere al corrente anche del fatto che le due divinità erano consanguinee e che la diva si era autoproclamata la dea della speranza. C'era forse qualcuno a tirarlo per i fili oppure ad ispirarlo nelle sue decisioni? A ogni modo, stavolta egli non accolse la nuova soluzione del lutroan come un qualcosa di impossibile. Anzi, venendo fuori da circostanze che rasentavano l'incredibile, si sentì rassegnarsi ad essa con pacatezza. Perciò gli rispose soddisfatto:
«Se hai stabilito in questo modo, Sitruo, così sia! Sono sicuro che, mettendovi sotto l'egida di tale coppia di divinità, voi Lutr avrete sempre il vento in poppa e ne ricaverete prosperità e benessere. In merito poi alla questione dei Tros ancora viventi in Trosiak, ti suggerisco di usare clemenza ed equità nei loro confronti. Essi oramai sono ridotti ad una popolazione costituita da donne, vecchi e bambini, per cui non sarebbe affatto nobile infierire contro tale categoria di persone. Allora mi garantisci che mi darai retta, circa questo argomento?»
«Non preoccuparti, Iveonte. Riguardo a questa questione, ho già elaborato un progetto, che sarà molto apprezzato anche da te. Infatti, ho intenzione di fondere i due popoli dei Lutr e dei Tros in uno solo, al quale assegnerò il nuovo nome di Lutros. Essi abiteranno entrambi nel villaggio di Trosiak, che prenderà il nome di Lutrosiak. Inoltre, i Lutros avranno come divinità protettrici Luciel e Kronel, che saranno da noi adorati come autentici fratelli divini. Allora cosa ne pensi di quanto ho deciso di fare?»
«Il tuo progetto, Sitruo, poiché manifesta in pari tempo generosità e nobiltà, è da considerarsi degno di un saggio capo. Per cui non posso che approvarlo ed appoggiarlo, esprimendoti nello stesso tempo il mio elogio e la mia stima. L'unico problema è costituito dal fatto che esso all'inizio incontrerà molta resistenza da parte del tuo popolo. Esso vorrà rendere la pariglia ai suoi oppressori di lunga data e vendicarsi del torto subito da loro per secoli, sottomettendoli e rendendoli dei propri schiavi. Non si comporterà diversamente il popolo trosino, il quale vedrà nel tuo progetto la rinuncia alla propria identità etnica. Ma i Tros, quando si renderanno conto che la stessa cosa dovrà avvenire anche per i Lutr, allora non si opporranno più alla tua pacifica iniziativa e l'accoglieranno con umore ben diverso. Tanto più che quanto hai progettato, facendo diventare gli uni e gli altri un solo popolo, alla fin fine li farà scampare alla schiavitù reclamata da una parte dei loro vincitori. Ne sono convinto!»
«Anch'io sono d'accordo con questa tua nobile visione, arguto Iveonte. Ma cos'altro puoi farmi presente in merito alla futura fusione dei nostri due popoli? Se hai qualche prezioso suggerimento da darmi, circa una loro convivenza pacifica e serena, ti prego di darmelo adesso, prima che essa avvenga! Così dopo lo terrò a mente!»
«A mio avviso, Sitruo, dopo la fusione delle due etnie, sarà la sovrabbondanza del sesso femminile in età adulta a costituire l'unico problema serio. Nel nuovo popolo lutrosino, si avrà un numero di donne triplo di quello degli adulti maschi. Ma potrai risolverlo, sospendendo per almeno un quarto di secolo l'obbligo della monogamia tra i tuoi nuovi sudditi ed istituendo per il medesimo periodo una poligamia coatta, la quale sia soltanto poliginica. Ossia dovrai obbligare ogni Lutros adulto a sposare una donna del ceppo lutrese e due del ceppo trosino. Così permetterai pure alle donne trosine maggiorenni di avere una propria vita coniugale. Ti assicuro che una poliginia a queste condizioni per il tempo che ti ho indicato, ossia per venticinque anni, ti permetterà di superare il problema da me evidenziato poco fa!»
Il suggerimento di Iveonte fu subito accolto da Sitruo. Egli si propose di attuarlo, ad avvenuta fusione del suo popolo con quello trosino. Risolvendo il loro problema, egli avrebbe avuto l'appoggio e la collaborazione anche delle donne trosine. Esse avrebbero convinto i propri familiari che il suo progetto andava assolutamente accettato, visto che la fusione dei due popoli prevedeva il loro bene comune. Dopo qualche ora, essendo il pranzo già pronto, la padrona di casa li chiamò tutti a raccolta intorno alla tavola per fare gustare ad ognuno di loro le squisite pietanze da lei preparate. A fine pranzo, però, quando si era nel primo pomeriggio, i tre amici lasciarono l'abitazione del capo del villaggio per fare ritorno presso l'alloggio messo a loro disposizione dai Lutr. Iveonte, da parte sua, dopo aver lasciato da soli Tionteo e Speon, stabilì di appartarsi nel vicino bosco, siccome era desideroso di contattare la sua divina protettrice.
Fatto un buon tratto di cammino, l'eroe fu sicuro di essere pervenuto in un luogo appartato irraggiungibile da occhi indiscreti. Perciò subito si rivolse alla diva, dicendole:
«Kronel, ho bisogno di parlarti con urgenza; ma sono convinto che ne conosci già il motivo. Perciò, se in questo momento sei disponibile, ti prego di apparirmi e di ascoltarmi. Tu devi darmi una delucidazione, in merito alla questione di cui sei già al corrente. Essa ha prodotto in me qualche perplessità non di poco conto, per cui continua a turbarmi molto! Allora vuoi manifestarti, visto che non vedo l'ora di vederti?»
Appena il giovane ebbe terminato di formulare la sua richiesta alla giovane divinità, una voce femminile, dal tono familiare, subito lo fece voltare indietro. Così egli, rimasto senza spada, si trovò di nuovo faccia a faccia con la bella figlia del dio del tempo, ad una distanza da lei non più di tre passi. Ella, mostrandosi in preda ad un gaudio incontenibile, cominciò a parlare così al suo amato protetto:
«Eccomi qui, Iveonte: sono a tua completa disposizione! Tu non immagini neppure quale felicità si è impossessata di me oggi! Non avrei mai creduto che un prodigio simile potesse accadere! Mio eroe, ciò lo devo a te, anche se poi stavi mandando all'aria la mia felicità con il tuo improvvido intervento, come ti spiegherò tra breve.»
«Mi fa piacere, Kronel, averti resa oltremodo felice, anche se non so in quale modo io sia riuscito a procurarti tanta felicità. Inoltre, all'inverso, te la stavo portando via, dopo avertela recata. Perciò anche su questo mi ragguaglierai, a tempo debito. Comunque, mi spiegherai entrambe le cose in seguito, siccome prima dobbiamo parlare di un'altra questione, che considero davvero importante!»
«Va bene, Iveonte! Comincia pure ad espormi la preoccupazione e il dubbio che da essa ti derivano. Ma come apprenderai tra poco, l'una e l'altro hanno un comune denominatore, poiché scaturiscono dalle stesse motivazioni. Lo so che sei scettico a tale riguardo; ma ti assicuro che non lo sarai più, dopo che ti avrò chiarito ogni particolare sulla incredibile vicenda, la quale a te è apparsa assurda e continua ad apparire tale!»
«Infatti, Kronel, non riesco a comprendere quale nesso possa esserci tra la tua felicità e la mia preoccupazione e il mio dubbio. A meno che io non sia all'oscuro di qualcosa, che non mi permette di tenere nel debito conto tutti i dati del problema! Alla luce dei fatti da me conosciuti, invece, nella questione da me affrontata stamani ci vedo solo una enorme incongruenza. Ecco perché il mio ricorso a te, qualora si tratti di una mia ignoranza, dovrà permettermi di integrare le mie conoscenze. Così smetterò di scorgervi una perfetta incoerenza! Allora mi sono spiegato per bene?»
«So già, Iveonte, a quale fatto vuoi riferirti, dal momento che ho seguito da vicino la conversazione che c'è stata in casa del lutroan di Lutriak. Ebbene, adesso ti spiego perché il capo Sitruo mi ha procurato una gioia immensa, quando ha scelto mio fratello Luciel quale dio del suo popolo! Lo so che ciò ti sembrerà giustamente paradossale, ma soltanto in base alle conoscenze che ti fornì il dio Osur. Adesso, invece, voglio rivelarti quanto non conosci ancora sull'Abisso dell'Oblio e su Inesist, di modo che esso ti faccia cambiare atteggiamento su mio fratello, fino a fartelo ritenere una divinità venerabile a tutti gli effetti. Dal messaggero di mio padre apprendesti che l'Abisso dell'Oblio costituisce, per una divinità che vi si getta, un indubbio viaggio senza ritorno. Perciò il pervenire ad Inesist significa per essa l'inizio della sua inesistenza, con probabilità zero di tornare ad essere di nuovo esistente. Non è forse vero?»
«Esatto, Kronel! Ricordo a menadito quanto egli mi disse quel giorno. Adesso, invece, vuoi forse asserirmi che quanto egli mi riferì in tale circostanza ha smesso di essere vero?»
«Certo che esso è ancora vero, Iveonte! Ma Osur si dimenticò di aggiungere che, per le divinità che decidono di annullarsi come essenze divine attive, esiste una probabilità remotissima che esse diventino incompatibili con la realtà di Inesist e che vengano quindi ributtate dalla stessa nell'Empireo. Ad ogni modo, un fenomeno di questo tipo, il quale viene indicato con il nome di "rigetto inesistico", fino ad oggi non si è mai verificato. Esso, per la verità, è subordinato ad una condizione imprescindibile, senza la quale giammai può verificarsi. Ma oggi essa è diventata reale a vantaggio di mio fratello Luciel!»
«Kronel, allora parlamene ed integra la mia conoscenza su Inesist!»
«Quanto al presupposto necessario, affinché diventi possibile il rigetto di una divinità già incapsulata nella sua inesistenza, esso è costituito dalla volontà di un popolo ateo di cominciare a venerarla come un essere divino, pur non avendone mai sentito parlare prima. Come puoi constatare anche tu, mio caro Iveonte, un miracolo del genere è appunto capitato a mio fratello Luciel, grazie alla tua esemplare opera, la quale è riuscita a promuovere presso il popolo lutrese il sentimento religioso. Ma essa non sarebbe bastata, se i nomi delle sei vittime lutresi non fossero risultati quelli che sono e non avessero sollecitato la fantasia del lutroan Sitruo nel modo che sappiamo. Comunque, mio fratello sarà respinto da Inesist solo durante la cerimonia religiosa inaugurale, con la quale i Lutros eleveranno agli onori dell'altare lui e me, come è stato deciso dal loro capo. A questo punto, mio eroe battagliero, ti è chiara ogni cosa? Ti sei reso conto anche perché stavi mandando tutto a monte con il tuo proponimento di far cambiare al lutrosoan Sitruo il nome della divinità scelta per il suo popolo?»
«Certamente, Kronel, visto che non avresti potuto spiegarti meglio! Inoltre, sono molto contento per te, siccome assai presto ritroverai il tuo perduto caro Luciel. Tempo addietro lo perdesti come fidanzato e tra poco lo recupererai come fratello. Ma vorrei apprendere ancora da te in quale luogo egli verrà ad esistere di nuovo, immediatamente dopo che sarà stato rigettato dal vuoto Inesist. Vuoi informarmi anche di questo particolare?»
«Egli si ritroverà nei pressi dell'Abisso dell'Oblio, Iveonte, dove rimarrà per un certo periodo di tempo frastornato ed incredulo per quanto gli è capitato. Ma in lui il frastornamento e l'incredulità non dureranno a lungo, poiché troverà ad attenderlo fuori dell'abisso le persone a lui più care, poiché io nel frattempo le avrò già informate tramite mio padre del suo ritorno alla realtà di Luxan. Esse penseranno anche a metterlo al corrente di ciò che non conosce; ma eviteranno di dirgli che egli è mio fratello. Penserà nostra madre Lux a rivelargli questo particolare in separata sede, appunto per non farlo sapere al marito Alcus. Infine, quando si sarà ripreso dalla terribile esperienza, Luciel si metterà in viaggio per raggiungere il popolo che, scegliendolo come suo dio, lo ha fatto ritornare ad essere una divinità esistente ed attiva. Sono sicura che egli non vedrà l'ora di raggiungere il pianeta Geo. Ovviamente, lo spingerà a farlo più il desiderio di riabbracciarmi, questa volta però solo fraternamente, che non per farsi venerare dai suoi devoti Lutros. Con molte probabilità, mio padre gli darà anche una mano perché il suo viaggio duri il meno possibile attraverso l'interminabile Kosmos, potendo egli farlo senza difficoltà, in qualità di dio del tempo!»
Dopo che la sua Kronel gli ebbe chiarito quanto doveva, Iveonte si congedò da lei e fece ritorno tra i suoi amici. Essi furono molto felici, appena si accorsero che in lui erano sparite tutte quelle preoccupazioni che gli avevano letto sul volto, mentre lasciavano la casa del lutroan di Lutriak. Finalmente se lo rivedevano davanti abbastanza soddisfatto, senza più i tanti dubbi che prima lo assillavano in modo tremendo.
Trascorso qualche giorno dal massacro dei Tros, i Lutr compirono il loro primo atto di ringraziamento e di riconoscenza verso le due divinità germane. Le ringraziarono, per essersi degnate di volgere il loro sguardo benigno sopra di loro e per averli sottratti alle loro tante sofferenze. Perciò ci furono festeggiamenti e sacrifici animali, dieci pecore per ciascuna di loro, in onore delle divinità Luciel e di Kronel. Al termine dei tre giorni di festose effusioni da parte dei Lutros, Sitruo ed Iveonte badarono a realizzare il grande progetto della fusione dei due popoli. Prima di ogni cosa, avvenne il trasferimento dei Lutr nel villaggio di Trosiak, il quale si presentava abbastanza capiente per ospitare entrambi i popoli. Esso lo era divenuto maggiormente, essendo perito un numero ingente di uomini. Così avvenne di fatto la fusione fra il popolo lutrese e quello trosino, specialmente dopo essere avvenute tantissime unioni matrimoniali fra persone appartenenti all'una e all'altra popolazione. L'integrazione si accelerò soprattutto dopo che Trosiak ebbe assunto il nuovo nome di Lutrosiak e i suoi abitanti iniziarono a chiamarsi Lutros, anziché con i loro vecchi nomi di un tempo. Una volta viste sistemate in modo ottimale le varie faccende dei Lutros, Iveonte, con i suoi amici, decise di congedarsi da loro e di riprendere il cammino verso Tasmina, dove avrebbe appreso i nomi dei suoi genitori.
Il lutrosoan Sitruo, in tale occasione, volle mettere a loro disposizione un centinaio di uomini, perché facessero loro compagnia e venissero applicati in quei lavori che essi avrebbero ritenuto più opportuni. Li rifornì, inoltre, copiosamente di vino, di acqua e di cibi vari, convinto che non poteva mai disobbligarsi sufficientemente con il Grande Eroe, memore dei preziosi favori che lui e il suo popolo avevano ricevuto da lui. All'intrepido giovane, però, fu sufficiente vedere brillare negli occhi dei Lutros il sorriso di una gioia tanto sospirata quanto sentita, avendola recuperata dopo molti secoli.
Alla fine il commiato dei tre giovani dai Lutros avvenne tra una valanga di calde emozioni, soprattutto da parte della componente lutrese. Gli ex Lutr, benedicendolo ed osannandolo a lungo, esprimevano al Grande Eroe la loro gratitudine e la loro riconoscenza con parole e con gesti molto significativi. Invece Iveonte si mostrava fiero di avere aiutato quella gente sfortunata a ritrovare l'identità di popolo libero e la dignità di persone non più succubi di altre. Il magnanimo giovane, però, si mostrava anche soddisfatto di averla arricchita del dono della religione, la quale, a suo parere, era da considerarsi qualcosa di superbamente meraviglioso. Infatti, essa andava accolta come la fiamma inestinguibile, che riusciva ad illuminare e a guidare il cammino dell'uomo verso i suoi ideali più puri e più nobili.