269-IVEONTE CONDUCE I LUTR ALLA VITTORIA SUI TROS
Quando giunse il giorno antecedente alla notte di plenilunio, si presentarono a Lutriak i venti Tros che erano stati incaricati di prelevare dalle loro abitazioni i sei giovinetti lutresi da sacrificare al mostro Zikul. Si era a metà mattinata, quando essi iniziarono il prelevamento delle vittime sacrificali. Questa volta, però, quando essi si facevano vivi presso le loro abitazioni, nessuno si scomponeva più di tanto, all'opposto di ciò che era avvenuto ogni volta nel passato. Infatti, tanto gli adolescenti, che dovevano essere sacrificati, quanto i loro parenti più stretti, restavano del tutto impassibili. Mentre i giovinetti salivano con molta serenità sul carro sacrificale che doveva trasportarli alla Collina della Morte, i genitori e i fratelli assistevano indifferenti al loro distacco. Allora i Tros, trovando strano quel loro atteggiamento, si mostravano assai stupiti. Anche in seguito, quando ci fu il rituale giro dell'addio per il villaggio, essi si meravigliarono non poco, a causa della totale indifferenza dimostrata da tutti i Lutr verso il Carro del Sacrificio, che, come al solito, trasportava le sei vittime. Adesso nessuno di loro si preoccupava di gettare rose odorose sul carro, come era avvenuto nei mesi precedenti per rispettare la consuetudine. Inoltre, la gente non si struggeva dal dolore, a causa della sventura toccata ai miseri giovinetti. Sembrava che il carro con le vittime e gli aguzzini accompagnatori fossero diventati tutti invisibili, dal momento che neppure un Lutr badava al loro passaggio, durante il giro del villaggio. A quel loro atteggiamento, il quale era da considerarsi inverosimile, colui che comandava i Tros, essendo intenzionato a comprendere il vero motivo che li faceva comportare in quella maniera, chiamò presso di sé uno dei passanti. Quando poi costui gli si fu avvicinato, ostentando un'aria sorniona, egli gli domandò:
«Sai dirmi, Lutr, domani dove porteremo questi sei ragazzi, che scorgi sopra il nostro carro e che adesso stiamo portando in giro per il villaggio?»
«Se devo esserti sincero, Tros, non riesco neppure ad immaginarmelo! Mi dici perché dovrei saperlo, se sono cose che non mi riguardano per niente? Dimentichi che io bado soltanto ai fatti miei e non a quelli altrui!»
«Scommetto che ignori perfino chi è il mostro Zikul! Non è forse come ho detto, sporco Lutr?»
«È esattamente come hai affermato, Tros curioso! Esso è un nome che mi risulta del tutto nuovo. Ma poi perché avrei dovuto conoscerlo? Anzi, se tu dovessi ripetermelo, ti posso assicurare che lo sentirei nominare per la seconda volta in vita mia! A proposito, chi sarebbe poi questo Zikul?»
Allora, essendo stato preso da una stizza intollerabile, il Tros decise di punirlo per il suo atteggiamento stravagante, rifilandogli un bel calcio sul petto ed urlandogli parecchio innervosito:
«Le pulci ti avranno mangiucchiato interamente il senno! Adesso che mi hai fatto stizzire per davvero, fila dritto, Lutr della malora, se non vuoi che passi a trattarti ancora peggio! Intesi?»
Troncata in modo adirato la sua breve conversazione con l'abitante del villaggio da lui interpellato, il Tros stabilì di sottrarsi prima possibile all'inquietante impassibilità, che gli abitanti di Lutriak dimostravano verso il Carro del Sacrificio. Perciò diede ordine ai suoi uomini di interrompere all'istante il giro del villaggio, sebbene esso non fosse stato ancora ultimato. A suo parere, era meglio condurre il carro in anticipo nella solita area di parcheggio, dove sarebbe rimasto fino al mattino del giorno successivo.
Prima del tramonto, si effettuò anche l'evacuazione del villaggio da parte dei suoi abitanti, fatta eccezione delle donne dai sedici ai quarantacinque anni, che non erano in stato di gravidanza. Allora più tardi, quando giunsero i Tros a Lutriak, ciascuno di loro senza indugio si diede a cercare la donna che avrebbe dovuto tenergli compagnia durante l'intera nottata dedicata al solito rito orgiastico. Trovata poi ognuno la propria compagna con cui trascorrere le ore notturne, ebbe inizio nel villaggio la grande orgia rituale. Si trattava della stessa gozzoviglia licenziosa che si compiva ogni mese, la quale per secoli aveva sottoposto le donne lutresi alle smodate voglie dei prepotenti Tros. Per la prima volta, tutte quante loro attendevano come non mai quella notte, essendo consapevoli che sarebbe risultata fatale ai loro violentatori. Infatti, nella nuova orgia, mentre si intrattenevano con i Tros, esse badarono a fargli tracannare quanto più vino drogato possibile per vederli cedere al sonno al più presto. A tale scopo, erano state versate nei vari otri di vino forti dosi di sostanze soporifere. Così, non appena la totalità dei Tros fu sorpresa dal profondo sonno, gli uomini lutresi, essendo stati avvertiti dalle loro donne, irruppero nel villaggio e si impossessarono delle loro armi, con le quali poi li uccisero tutti. Ultimato infine lo sterminio dei guerrieri trosini, Iveonte diede ordine di seppellire i loro cadaveri nelle numerose buche che già avevano scavato nei giorni precedenti a poca distanza dal villaggio. La qual cosa era da farsi, prima che la loro putrefazione potesse dare origine a qualche pestilenza.
Quando furono terminate le operazioni di sotterramento, i Lutr si diedero ad un sonno ristoratore. Ma l'indomani si prepararono a far fronte al resto dei Tros. Essi, come si prevedeva, non appena avessero constatato il mancato ritorno da Lutriak dei loro conterranei, si sarebbero messi in marcia nel giro di qualche giorno, muovendo contro i Lutr assetati di vendetta.
A questo punto, però, cerchiamo di renderci conto come si stavano conducendo le operazioni prebelliche, in attesa del confronto armato che ci sarebbe stato a breve termine tra i Lutr e i duri guerrieri trosini. Ebbene, una volta effettuata la sistemazione in zone sicure delle persone inidonee alla guerra, Iveonte, coadiuvato da Tionteo, si diede a dirigere le varie manovre militari. Egli andava collocando in posizioni strategiche i drappelli di armati ai suoi comandi, infondendo coraggio nei Lutr e rassicurandoli che si stava avvicinando per loro la fine delle secolari tribolazioni. Nel frattempo, l'eroico giovane si dava a saggiare il terreno circostante, cercando di trovare quello che maggiormente potesse consentire ai guerrieri lutresi una facile vittoria sui loro nemici. Non si astenne neppure dall'inviare alcuni perlustratori nei pressi di Trosiak, perché lo avvertissero in tempo reale dell'arrivo dei nemici Tros, siccome esso ci sarebbe stato molto presto, dopo che le cose avevano preso la piega da lui voluta e diretta.
In verità, Iveonte temeva ancora che i Lutr si sarebbero potuti trovare in grande disagio, se fossero stati impegnati in una battaglia campale vera e propria. Egli aveva un tale timore, nonostante nel precedente mese essi avessero raggiunto una discreta preparazione nell'uso delle armi. Per questo preferiva che gli uomini al comando suo e di quello di Tionteo, nel combattere contro i loro valenti nemici, venissero impegnati più in azioni di guerriglia che non in un grande scontro campale, dove il corpo a corpo sarebbe risultato dominante. Invece, se essi fossero stati impiegati in operazioni del tipo scaramuccia, avrebbero potuto mettere a frutto quanto appreso nel loro breve periodo di addestramento, riuscendo ad ottenere in quella maniera degli ottimi risultati. Perciò Iveonte, essendo convinto che il cozzo caotico e terribile tra due grandi schiere di combattenti li avrebbe atterriti e messi in fuga, permettendo ai loro nemici di inseguirli e di farli fuori senza difficoltà, aveva ideato per loro un piano strategico ad hoc, poiché esso sarebbe dovuto risultare favorevole alle timide schiere dei Lutr.
Dopo aver diviso l'esercito lutrese in due legioni, egli le fece appostare, una per ciascun fianco, lateralmente alla fertile pianura che si estendeva per circa venti miglia tra Lutriak e Trosiak. Quella vasta zona, che veniva utilizzata dai Lutr per l'agricoltura ed era fiancheggiata su entrambi i lati longitudinali da una fitta boscaglia, aveva una larghezza superiore ai tre chilometri. Essa, inoltre, veniva ad occupare quasi l'intera distanza esistente tra i due villaggi. Dal momento che quella striscia di terra sarebbe servita di transito ai Tros per condursi al villaggio di Lutriak e punire i suoi abitanti, ciò spinse l'avveduto Iveonte a collocare i cinquemila Lutr al suo comando nel modo che tra breve sarà spiegato nei suoi minimi dettagli. Il giovane stratega innanzitutto divise i cinquemila armati in due legioni, ciascuna formata da duemila Lutr; mentre i cinquecento che avanzavano in ciascuna li tenne a parte, dovendo svolgere essi una missione differente. Dopo suddivise ogni legione in venti centurie, facendole appostare sul rispettivo lato della zona suindicata, alla distanza di un miglio l'una dall'altra. Ma le centurie dei due lati opposti, essendo state collocate asimmetricamente, non risultavano allineate frontalmente a due a due. Invece ognuna, riferita alle due che le stavano di fronte, si opponeva al punto medio della distanza intercorrente fra di loro. In questo modo, considerando insieme i suoi due fianchi, si veniva ad avere, lungo l'intera estensione della pianura, un gruppo di cento armati ogni mezzo miglio, ma su lati diversi. Le quaranta centurie, inoltre, erano state sistemate poco addentro alla boscaglia, in luoghi nascosti. I quali erano in grado di occultarvi bene la loro presenza, senza dare adito a sospetti da parte di nessuno. Ciascuna centuria disponeva di un drappello-esca, che era costituito da dieci uomini. Esso, a mano a mano che i nemici fossero avanzati per la pianura, avrebbe dovuto attirare una parte di loro nell'insidia tesa dalla propria centuria.
Quindi, i drappelli-esca avrebbero avuto il solo compito di farsi avvistare dall'esercito trosino lungo la sua avanzata. Inoltre, ad evitare di rendere diffidenti i Tros, gli uomini che li costituivano si sarebbero dovuti far trovare da loro dediti ai lavori campestri. Comunque, ciascun drappello avrebbe avuto a portata di mano dei celeri cavalli, con i quali i suoi componenti, dopo essersi fatti avvistare intenzionalmente dai nemici, sarebbero dovuti scappare via di corsa e pervenire nel luogo dove era stata preparata l'insidia. Come possiamo renderci conto, a quattrocento Lutr, duecento per ciascuna legione, era stato assegnato un incarico abbastanza delicato in quelle operazioni belliche, che stavano per essere effettuate a breve termine. Difatti essi dovevano portare alla frammentazione l'intero esercito trosino, per poterlo poi distruggere più facilmente. I restanti seicento Lutr, quelli che non avevano un loro incarico specifico, furono riuniti da Iveonte in due gruppi di trecento armati, l'uno a suoi ordini e l'altro agli ordini di Tionteo, per essere utilizzati come appresso indicato. Gli uomini, che vi appartenevano ed erano provvisti di celeri cavalli, sarebbero dovuti avanzare sui rispettivi fianchi della pianura, parallelamente all'avanguardia nemica, ma con l'obbligo di non farsi avvistare da essa. Il loro compito sarebbe stato quello di controllare che le varie operazioni di guerriglia si svolgessero a favore dei Lutr. Il loro intervento era previsto, soltanto nel caso che fosse stato inviato contro i drappelli-esca un contingente più nutrito di quello previsto. Infine, c'è da far presente che le varie centurie in agguato, dopo essersi sbarazzate dei Tros che avevano inseguito i rispettivi drappelli-esca, avrebbero dovuto marciare lateralmente alla retroguardia dell'esercito nemico, tenendosi pronte a ricevere i nuovi ordini che sarebbero potuti pervenirgli dai rispettivi comandanti per un qualsiasi motivo.
Predisposte in quella maniera le varie operazioni belliche, Iveonte si riservò di integrarle tempestivamente con ulteriori interventi durante la loro fase esecutiva, ammesso che essi si fossero resi necessari per qualche ragione. Nel frattempo, non potendosi fare altro, Iveonte e Tionteo attesero che l'esercito nemico si facesse vivo quanto prima. Comunque, fu segnalata la sua presenza nella pianura nel mattino del terzo giorno. Difatti, appena vi misero piede, i Tros furono intercettati dai perlustratori lutresi, i quali erano stati incaricati di battere l'intera zona situata in prossimità di Trosiak. Perciò, dopo averli scorti da lontano, essi ne informarono immediatamente Iveonte, che rappresentava il capo supremo di entrambe le legioni lutresi. Egli, a sua volta, subito mise sul piede di guerra le varie centurie lutresi al suo comando e a quello di Tionteo, raccomandandogli di tenersi pronte ad entrare in azione, come era stato stabilito in precedenza.
L'esercito trosino, che contava tremila fanti e duemila cavalieri, ora procedeva con un dispiegamento di forze abbastanza semplice, ma alquanto compatto. Davanti a tutti cavalcavano l'accigliato Truco e lo staff del suo stato maggiore. Quest'ultimo era formato da una decina di cavalieri, i quali erano da considerarsi i suoi guerrieri più valorosi e fidati. Subito dopo seguiva la cavalleria, che era costituita da ottanta file di venticinque cavalieri ciascuna. Esse avanzavano, tenendosi alla distanza di tre metri l'una dall'altra. Infine veniva la fanteria. Quest'ultima era composta da centoventi file di armati, che comprendevano venticinque fanti ciascuna. Anche esse marciavano, mantenendo la stessa distanza fra di loro, la quale questa volta risultava di due metri. Ad ogni modo, per il momento, le intenzioni dei Tros non erano da prevedersi né ostili né punitive. Per comprenderle meglio, bisogna riportarci a Trosiak e vedere ciò che vi era avvenuto, dopo che i Tros partiti per Lutriak non avevano fatto ritorno al loro villaggio.
Il capo dei Tros, non avendo visto tornare i suoi uomini, che avevano preso parte alla grande orgia di plenilunio nel villaggio di Lutriak, in un primo momento non si era preoccupato per niente. Essi, infatti, più di una volta, avevano ritardato di un giorno il loro ritorno a Trosiak. Perciò aveva stabilito di attenderne un altro, prima di cominciare ad impensierirsi sul serio del loro mancato rientro al loro villaggio. Non vedendo poi i suoi uomini rientrare a Trosiak neanche al termine del secondo giorno di ritardo, Truco si era convinto che qualcosa di grave stava loro impedendo di ritornare presso i loro conterranei; ma non era riuscito ad immaginarsi chi o che cosa potesse esserne la causa. Alla fine, non sapendo darsi una spiegazione plausibile in merito, il trosoan di Trosiak aveva deliberato di intervenire con urgenza per tenere sotto controllo quella strana situazione. Così, all'alba del terzo giorno, egli si era messo in marcia verso il villaggio di Lutriak. Prima di partire, si era ripromesso che, se la causa del mancato ritorno dei suoi uomini fosse da imputarsi ai Lutr, non avrebbe esitato a punirli con molta severità. Anzi, ne avrebbe fatto una strage così grande, da fare invidia perfino al mostro Zikul. Ma non appena l'avanguardia dell'esercito trosino aveva iniziato a transitare per la pianura che si estendeva fino a Lutriak, essa era stata subito avvistata dai perlustratori lutresi, i quali subito ne avevano messo al corrente il loro capo supremo. Allora Iveonte, essendone stato informato con tempestività, si era affrettato ad impartire ai suoi uomini quegli opportuni ordini, che facevano parte dello schema strategico elaborato in precedenza. Essi avrebbero dovuto far riuscire il suo piano e porre una seria ipoteca sulla battaglia in arrivo.
Adesso, avanzando l'avanguardia trosina ordinata e coesa, ad un tratto, essa scorse il primo drappello-esca lutrese. Truco allora, alla vista dei dieci contadini di Lutriak che erano dediti ai lavori campestri, ordinò ai cavalieri, che si trovavano in prima posizione, di andare a prelevarli. Gli stessi avrebbero dovuto condurli presso di sé, poiché intendeva interrogarli e, se era il caso, anche giustiziarli. Per ovvie ragioni, i dieci Lutr non rimasero lì ad attendere i cavalieri nemici. In un attimo, essi balzarono sui loro cavalli e presero la direzione del bosco, facendosi inseguire appositamente dai venticinque Tros. Attirati nella zona boschiva, gli inseguitori si videro assalire all'improvviso dai centodieci Lutr in agguato, i quali erano sbucati da ogni parte, piovendo perfino dall'alto, essendo nascosti anche tra i rami degli alberi. Così, in un battibaleno, gli appostati Lutr li disarcionarono e li massacrarono. La medesima cosa avvenne su entrambi i lati, via via che i drappelli-esca dell'esercito lutrese si fecero intercettare dai Tros in marcia verso Lutriak, uccidendo ogni volta un uguale numero di nemici, senza destare sospetti in Truco e nello stato maggiore dell'esercito nemico.
Da parte sua, il trosoan continuò a non darsi pensiero per niente per il loro ritardato ritorno, poiché ne imputava l'indugio ai disagi dovuti alla difficile natura dell'intricata boscaglia. Per questo motivo, ogni volta lo sprovveduto capo dei Tros seguitò a distaccare dal grosso del suo esercito i venticinque cavalieri più avanzati, sguinzagliandoli all'inseguimento dei nuovi Lutr. Secondo lui, prima o poi, essi sarebbero ritornati con i loro prigionieri e allora costoro sarebbero stati giustiziati tutti insieme con grande divertimento suo e dei suoi soldati assetati di sangue. Così, quando Truco fu in vista del villaggio di Lutriak, aveva in meno mille cavalieri, i quali non avrebbero più fatto parte del suo esercito; perciò ora gli restavano tremila fanti e mille cavalieri. Comunque, egli, prima di fare irruzione nel villaggio dei Lutr per farne una enorme carneficina, volle attendere il ritorno del resto dei suoi cavalieri. Perciò si accampò ad un miglio da Lutriak.
Nel frattempo le ore scorrevano veloci e nessuno dei suoi cavalieri incaricati di catturare i fuggitivi lutresi si faceva ancora vivo. Il giorno ormai era prossimo al tramonto e presto si sarebbero presentate anche le tenebre. Ma nonostante il loro esagerato ritardo, il capo dei Tros continuava a non dare peso ad esso. Egli non sospettava neppure che potesse esserci stata qualche insidia da parte dei Lutr, non ritenendoli all'altezza di tenderne qualcuna. Perciò si dava esclusivamente ad escogitare un piano di battaglia contro di loro. A tale riguardo, si andava chiedendo se era meglio sorprendere i Lutr nel sonno oppure attaccarli di giorno, l'indomani all'alba, radendo al suolo il loro villaggio. Alla fine, visto che neanche con la sopraggiunta notte i suoi uomini si erano rifatti vivi, stabilì di rimandare al mattino seguente ogni ostilità bellica contro i Lutr da lui ritenuti paurosi ed imbelli. Purtroppo per i Tros, invece per loro non ci sarebbe stato più nessun mattino ad accoglierli, considerato che quella nottata di attesa sarebbe stata l'ultima della loro esistenza. Difatti c'erano quelli che già stavano provvedendo in tal senso. Essi erano Iveonte e Tionteo, i quali, nel contempo, avevano radunato i Lutr in due nutrite schiere e li tenevano sistemati ai lati dell'accampamento avversario, dovendo condurli all'assalto finale contro i Tros. Entrambi avevano convenuto di attaccare il nemico durante la notte su due fronti; in quel modo, i Lutr avrebbero affrontato la lotta con maggiore padronanza e con grande coraggio. Ma perché le azioni di attacco venissero condotte in contemporaneità, i due giovani si erano accordati che sarebbe stato Iveonte a dare il via all'assalto con una freccia incendiaria. Egli l'avrebbe scagliata nel cielo, non appena fosse stata approntata ogni manovra che riguardava l'imminente attacco.
A notte inoltrata, quando tutti i Tros si godevano il bel riposo notturno con il sonno, i Lutr passarono all'azione con impeto ed ardimento. Essi prima penetrarono nell'accampamento nemico ed abbatterono senza difficoltà la resistenza delle poche sentinelle; subito dopo si scagliarono con furia contro tutti gli altri, dilagando da un capo all'altro del campo. I combattimenti furono aspri e duri, poiché i Tros lottavano come lupi famelici, per cui, malgrado la loro inferiorità numerica, mettevano a dura prova i Lutr. Costoro, a loro volta, venivano infiammati dalla presenza di Iveonte, il quale era sempre il primo a sfondare ogni barriera avversaria e a creare qua e là varchi e sbandamenti nelle masse trosine. Agendo in quella maniera, egli consentiva ai Lutr di entrare in azione, di prendere il sopravvento e di completare l'opera che egli aveva iniziata. Alla fine lo stesso Truco soccombette sotto i suoi poderosi colpi fatali, che andavano seminando dappertutto terrore e morte. Anche Tionteo sfoggiava atti di valore in quello scontro indiavolato, intanto che infondeva coraggio ed intraprendenza negli uomini al suo comando, i quali ne avevano un maledetto bisogno.
Infine la morte dominò sul campo trosino; però anche un certo numero di Lutr non riuscì a sfuggire ad essa. Allora le salme dei caduti in guerra furono bruciate il mattino seguente, dopo aver separato quelle lutresi da quelle trosine e dopo averle sistemate su numerose pire. Ad ogni modo, solo i cadaveri dei Lutr furono onorati con dei solenni riti funebri, il qual fatto avveniva per la prima volta. A tale riguardo, va reso noto che i Lutr rimasti uccisi nel conflitto, che erano stati duecentosessanta in tutto, furono i primi, nella storia del loro popolo, ad avere delle onoranze funebri. Prima di quel giorno, era stata usanza della gente lutrese gettare i morti in un fiume, dopo averli legati a dei macigni. I massi, però, dovevano servire soltanto ad impedire che i cadaveri ad essi legati ritornassero a galla oppure si ritrovassero ad imputridire presso il greto del medesimo corso d'acqua. Insieme con il sentimento religioso, fra i Lutr era venuto ad invalere pure il civile costume di onorare i propri familiari estinti, per cui si era iniziato a venerarli dopo la loro sventurata morte. Ma una cosa del genere si era potuta ottenere, solo grazie al fattivo contributo dell'eroico Iveonte, il quale per i Lutr rappresentava adesso il "Grande Eroe". Pur di accontentarlo, essi erano disposti a fare qualunque cosa, anche quella che consideravano la più svantaggiosa per loro, non volendo inimicarselo in un qualsiasi modo.