266-IVEONTE SI CONCEDE UNA BREVE PAUSA PER RISTORARSI E RIPOSARSI
Per tutto il tempo che Iveonte era rimasto a lottare contro il mostro Zikul, Tionteo e Speon erano rimasti con l'anima in pena, poiché avevano trepidato tantissimo sia per l'amico che per sé medesimi. I due giovani si erano soprattutto terrorizzati all'idea che il mostro potesse risultare vincitore contro il loro amico. Perciò entrambi si erano convinti che, se Iveonte non fosse stato capace di aver ragione di esso, dopo sarebbe toccato a loro due e ai sette ragazzi diventare le vittime del crudele mostro. Quanto ai sei minorenni che erano stati appena tirati fuori dalla voragine, anch'essi erano stati parimenti sulle spine. A loro parere, dopo essere stati liberati, Zikul, da un momento all'altro, poteva venir fuori dalla sua tetra dimora e divorarseli ugualmente, a dispetto del loro liberatore. L'identica cosa si era potuta dire di Esio, il quale li aveva raggiunti, dopo che Iveonte si era fatto calare nella voragine. Anch'egli, nel frattempo, alla stessa maniera degli altri, aveva vissuto degli attimi di terrore. Il poveretto aveva cominciato a spaventarsi maggiormente, quando il mostro policefalo aveva dato inizio ai suoi schiamazzi inferociti. Allora, tenendosi per mano la sorellina Urase, aveva perfino evitato di proferire una sola parola, quasi fosse diventato muto. Si era dato invece a penare nel proprio intimo, come non gli era mai accaduto, prima di quel momento.
Tionteo e Speon, prima ancora che le teste del mostruoso essere apparissero dalla voragine, nel prefigurarsi la terribile lotta che il loro amico stava conducendo e sostenendo contro il rivale Zikul, l'avevano seguita mentalmente. Anzi, essi erano rimasti quasi senza respiro, pur non avendo la minima cognizione del gigantesco mostro. Logicamente, i due spaventati giovani se lo erano immaginato nel modo che era stato loro possibile, cioè con gli unici elementi che avevano a loro disposizione. Se ne erano fatti una idea assai approssimativa, avvalendosi dei suoi terrificanti strepiti, i quali potevano essere emessi soltanto da un mostro con una sagoma alquanto sproporzionata. In verità, li aveva aiutati a raffigurarselo meglio anche l'agghiacciante racconto dell'adolescente figlio del lutroan. Esso era rimasto ancora vivo e scioccante nella loro mente in subbuglio. Per l'uno e per l'altro, inoltre, non era apparsa cosa da niente la bufera di vento, alla quale Zikul aveva dato origine nel fondo della voragine, avendola appresa dai due giovinetti lutresi liberati per ultimi. Per i due amici di Iveonte, essa aveva costituito un motivo in più per convincersi maggiormente che ogni loro fantastica ipotesi sul conto dello spaventoso mostro era da considerarsi conforme alla realtà. Per tale motivo, ambedue erano stati per lungo tempo in uno stato angoscioso, domandandosi con apprensione fino a quando il duro combattimento si sarebbe protratto e se il loro amico ne sarebbe uscito alla fine vincitore. Alcuni attimi più tardi, invece, Tionteo e Speon erano stati scossi dall'apparizione improvvisa delle sei teste del mostro, le quali si erano affacciate in modo terribile dalla bocca della voragine. Per loro fortuna, esse si erano fatte avvistare soltanto per un baleno, poiché subito dopo le si erano viste rientrare e scomparire nelle profondità del baratro. Senza dubbio, la vista di quelle teste orribilmente mostruose aveva prodotto un tremendo panico in quanti erano ad attendere Iveonte in prossimità del ciglio della voragine ed avevano assistito alla loro apparizione. Soprattutto ne erano rimasti scioccati gli immaturi adolescenti lutresi, i quali, alla loro vista, si erano dati a strillare e ad implorare aiuto ai loro assenti genitori.
Ad essere obiettivi, all'orripilante avvistamento di quelle enormi fauci spalancate, anche Tionteo e Speon se ne erano impauriti terribilmente, restando impietriti e paralizzati! Quando poi le teste di Zikul si erano ritratte dalla bocca della voragine, in tutti era cessata l'ondata di terrore. Il quale, in un primo momento, li aveva investiti ed aveva causato in ognuno di loro un turbamento assai sconvolgente. Ad ogni modo, era rimasta ancora nel loro animo la raggelante ossessione che la mostruosa bestia, da un momento all'altro, sarebbe potuta rifarsi viva ancora più furiosa di prima da quella cavità nefanda. Perciò adesso essi continuavano a tenerla sott'occhio per seguirne il resto degli eventi.
Oltre a venirne terrorizzati a morte, Tionteo e Speon non avevano potuto fare a meno di preoccuparsi anche per il loro amico ed avevano temuto per la sua incolumità. In quella raccapricciante circostanza, essi lo avevano perfino considerato già vittima di Zikul; diversamente, non si poteva spiegare la breve presenza del mostro in cima alla voragine. I due giovani, in verità, in quel breve lasso di tempo, avevano notato altresì che le sue teste furiose erano state conciate per bene da Iveonte, avendole scorte ferite e sanguinanti in più punti. Secondo le considerazioni di Tionteo, esplicitate al momento all'amico Speon, Zikul doveva aver riportato ferite ben più gravi sul restante corpo, se in precedenza non ce l'aveva fatta a venire fuori dal baratro e a prendere così il volo all'esterno di esso. Perciò Iveonte, anche se non fosse stato in grado di scampare alla ferocia del mostro, si era già dimostrato un grande eroe, siccome era riuscito a trattenerlo nella sua voragine e a frustrargli ogni proposito di strage. Ma bisognava accertarsi con prove concrete della supposta morte del loro valoroso eroe, siccome l'intenzione del mostro di venire fuori dalla sua dimora infernale poteva anche aver significato un proprio tentativo di sfuggire al suo formidabile ed invincibile avversario. Dunque, occorreva attendere ancora un poco, prima di pronunciarsi definitivamente sull'effettivo stato di salute del loro amico, il quale poteva essere ancora vivo e vegeto!
Speon, da parte sua, anziché esprimere pareri sullo scontro in atto, aveva suggerito di scappare il più lontano possibile da quel luogo, prima che Zikul si riavesse dalla scoppola subita nella sua dimora e ritentasse l'uscita dalla voragine. Egli era convinto che, una volta ritornato ad essere in grado di scalare il voraginoso cunicolo verticale, ne sarebbe venuto fuori ancora più tremendo ed avrebbe messo in atto la sua vendetta. Il giovane terdibano, però, non era stato del suo stesso parere e si era opposto con decisione alla sua proposta. Inoltre, gli aveva dichiarato che giammai si sarebbe mosso di lì, se prima non avesse avuto la matematica certezza che il loro amico era rimasto ucciso dal mostro divoratore di ragazzi. Secondo lui, tale evenienza era del tutto improbabile, forse addirittura impossibile, se si considerava l'indubbia straordinarietà delle precedenti imprese sostenute e superate dall'eroico compagno. Nelle quali, come gli risultava, ogni volta egli aveva conseguito egregiamente la vittoria, sebbene avesse avuto come controparti altri mostri orrendi ed alcune divinità.
Così, mentre il tempo trascorreva molto lento, tutti avevano sperato con ansia che l'eroico Iveonte si rifacesse vivo al più presto attraverso lo scuotimento della corda. Essi avevano aspettato che egli trasmettesse tramite la medesima il segnale convenuto, consistente in un movimento ripetuto del lungo canapo. Quando alla fine si erano accorti che esso si era messo a muoversi reiteratamente, la qual cosa corrispondeva all'evento bramato da quanti erano presenti sulla collina, oltre a farli gioire tutti, aveva spinto i due giovani a far tirare su alla svelta il loro amico dal suo stesso cavallo. In tal modo, l'eccellente eroe aveva potuto fare ritorno in superficie, dove era stato accolto con entusiasmo trionfante dai compagni e dai ragazzi. Essi si erano dati anche ad abbracciarselo.
Non appena Iveonte fu di nuovo all'esterno della voragine, sia i suoi amici che i ragazzi incominciarono a tempestarlo di domande, volendo ricevere con esse tutte le notizie possibili su Zikul e sulla dura lotta che egli aveva ingaggiata con successo contro di lui. Ma il giovane non se la sentì di fare commenti di alcun genere, siccome in quell'istante si sentiva stanco ed anche affamato. Perciò, facendo intendere agli uni e agli altri di non gradire per il momento alcuna domanda sul combattimento affrontato contro il mostro, si limitò a manifestare loro il solo desiderio di rifocillarsi e di riposarsi, poiché lo attendeva ancora un'aspra e dura lotta. A dire il vero, Iveonte non era l'unico a sentire fame; c'erano pure Tionteo, Speon, Esio e gli altri giovinetti lutresi ad avvertirla abbastanza forte, anche se non la si poteva paragonare a quella sua. Per fortuna le scorte di viveri, che essi avevano, bastarono a saziare tutte le persone presenti. Quando infine ognuno si fu sfamato a sufficienza, Speon chiese al suo temerario amico:
«Allora, Iveonte, hai già ucciso il mostruoso Zikul? Noi ne abbiamo visto solamente una parte e ne siamo rimasti spaventati a morte! Ma ci siamo resi conto che esso era ben conciato, a causa delle numerose ferite che avevi inferto ai suoi sei enormi musi durante la sua lotta con te. Abbiamo notato che il sangue scendeva a rivoli sui suoi lunghi colli!»
«Invece la sua uccisione da parte mia non è ancora avvenuta, Speon, poiché esso si è rifugiato dentro una tenebrosa galleria, la quale è il prolungamento della voragine e scende a perpendicolo nel terreno. Io non ho potuto inseguirlo, a causa della mia torcia che si era ridotta quasi ad un mozzicone, per cui era inidonea a fare luce sufficiente anche ad un metro di distanza. Perciò dovrò ridiscendere nel baratro ed andare a scovarlo nel suo nascondiglio. Per fare ciò mi occorre una nuova torcia, la quale dovrà essere più grande della prima. Oltre ad illuminarmi bene la parte di galleria in cui verrò a muovermi, dovrà durarmi, fino a quando non avrò portato a termine la mia missione. Ma non è il caso di disperarsi, caro amico, poiché ti prometto che la sua fine è ormai imminente!»
«Grande Eroe,» allora Esio intervenne a dirgli «te la preparerò io la torcia che ti ci vuole. Conosco certi frutici che, quando bruciano, oltre a produrre una intensa luminosità, ci mettono molto più tempo degli altri a consumarsi. Devi sapere che una torcia fabbricata con tali arbusti può durarti anche una giornata intera. È stato mio padre a mettermene al corrente qualche anno fa, durante una delle sue lezioni sulla natura.»
«Ti ringrazio, Esio. Come vedo, sei un ragazzo molto ammodo! Ma ti prego di sbrigarti nel procacciarmela, se vuoi che io rechi prima possibile la morte al mostruoso Zikul. Il quale è il nemico numero uno del tuo scalognato popolo! Per il suo bene, cercherò di eliminarlo al più presto!»
«Se è per questo, Grande Eroe, non avrai da attendere molto. Vado e torno in un attimo dal posto che conosco. Al mio ritorno, avrai la torcia che ti ci vuole. Essa ti permetterà di muoverti con maggiore chiarore nella profonda e buia voragine abitata dal mostro Zikul!»
Allora il figlio del lutroan di Lutriak si lanciò come una saetta alla ricerca del materiale vegetale, che gli era necessario per poter fabbricare la speciale torcia promessa all'eroe forestiero. Dopo che Esio fu visto allontanarsi di corsa e sparire nella boscaglia, Tionteo decise di fare altre domande al prode amico. Così incominciò a chiedergli:
«Come mai, Iveonte, mentre stava per venire fuori dalla sua voragine, all'improvviso Zikul vi è piombato dentro di nuovo? Di certo, non siamo stati noi ad impaurirlo con i nostri visi atterriti, facendogli cambiare idea! Ma poi perché, ad un certo punto, ha cercato di uscire dalla sua dimora, senza prima avere ucciso te? Soltanto tu, amico mio, puoi darmi le giuste dilucidazioni a tali due strani atteggiamenti, che il mostruoso essere ha assunto in quel momento!»
«Passo subito ad indicartene le ragioni, Tionteo. Zikul, visto che la lotta in fondo alla voragine mi consentiva maggiori possibilità di risultarne vincitore, ha pensato di venire all'aperto, dove avrebbe potuto aggredirmi anche dall'alto. Secondo il suo parere, così avrebbe capovolto le sorti dello scontro. L'insufficiente spazio del luogo, infatti, gli negava la totale disponibilità della sua arma migliore, che era il volo. Se poi non ci ho azzeccato con la mia supposizione, allora vorrà dire che il mostro tentava proprio di sfuggirmi, ripromettendosi di sfogare la sua furia e la sua ira contro tutti gli altri esseri viventi. Per fortuna, grazie alla ferita che gli ho inferto poco prima nella regione dorsale, esso ha fallito nel suo perfido intento. Se ci fosse riuscito, adesso voi tutti sareste morti ed io chissà se ce l'avrei fatta a tirarmi fuori dalla voragine! Ovviamente, scherzavo circa il mio destino di dopo, poiché sono sicuro che le cose si sarebbero svolte in maniera meno pessimistica. Come già sai, caro Tionteo, dalla parte mia militano alcune divinità benefiche, le quali si mostrano sempre disponibili ad elargirmi il loro aiuto necessario in tutti quei casi che sono ritenuti impossibili ad un essere umano!»
«Come hai fatto, Iveonte, a ferirlo nel modo che hai detto e a neutralizzargli l'uso delle ali, proprio mentre il mostro tentava l'uscita dalla voragine? Mi vuoi spiegare anche questo particolare? Comunque, per nostra buona ventura, ci sei riuscito in tempo!»
«È stato solo un colpo indovinato, amico mio. Mentre il mostro mi passava accanto simile ad un bolide, sono stato lesto ad allungargli un poderoso colpo di spada alla cieca. Ma esso, pur ferendolo in modo superficiale lungo il dorso, per la precisione dove sono attaccate le sue ali, ugualmente gli ha leso l'organo alare e lo ha privato di un efficiente uso dello stesso. Ecco perché Zikul, ad un certo punto, ossia quando già era pervenuto alla sommità della voragine, è stato visto ripiombare giù nel fondo. Sarà stata la sopravvenuta impotenza delle sue ali a costringerlo a rinunciare ai suoi propositi di massacro. Essi avrebbero senz'altro arrecato degli enormi danni tanto alle persone, quanto agli animali e alle piante. Esattamente come abbiamo appreso dalla cronistoria di Esio sul passato del mostro riguardante la sua uscita dalla voragine!»
«Iveonte, ho pensato che, se è vero che il mostro Zikul va in letargo e vi resta per tutto il tempo che intercorre fra due pleniluni, tu avresti potuto affrontarlo proprio mentre era in letargo. Così ti sarebbe stato molto più facile ucciderlo, intanto che il profondo sonno lo rendeva impotente a reagire e a difendersi. Non lo credi pure tu?»
«Secondo una certa logica, Tionteo, la tua osservazione potrebbe essere giusta; però non sappiamo che forma di letargo viene a sorprendere il mostro in tale circostanza. Può darsi che esso venga a mancare in tale essere, facendolo quindi ridestare all'istante, tutte le volte che un pericolo costituisce per lui una minaccia. Inoltre, non conosciamo neanche il luogo dove esso si nasconde e se è permesso ad altri il libero accesso alla sua dimora. Comunque, il mio intervento era da considerarsi improcrastinabile, se volevo salvare la vita ai sei giovinetti lutresi. Hai dimenticato che Zikul va in letargo, soltanto dopo aver divorato le tenere carni delle sue sei vittime? Per tale motivo, dovevo agire adesso, per scongiurare un tale pericolo! Inoltre, avevamo poco tempo, per aspettare qui il tempo di un mese.»
«Hai perfettamente ragione, Iveonte; però, prima di te, in passato potevano provarci i Lutr! Mi domando chissà perché non lo hanno mai fatto, per il loro interesse! Io non mi so dare una risposta.»
«Infatti, Tionteo, in tanti secoli, essi già avrebbero dovuto tentare una impresa simile, come da te proposta. Inoltre, se proprio avevano paura di affrontare Zikul anche nel suo stato ipnotico, i Lutr potevano ricorrere benissimo a tanti altri espedienti. Per esempio, potevano riempire di terra o di sassi la voragine, chiudendo per sempre al mostro la via di uscita. In un mese, sì che essi l'avrebbero riempita! Solo che non si sa se esso avesse preso delle precauzioni contro l'eventualità di una minaccia del genere. Ammettiamo il caso che nella voragine vi siano molte altre diramazioni sotterranee, esse sarebbero potute servire al mostro come luogo di deposito di tutto il materiale che i Lutr vi avessero versato, allo scopo di sotterrarlo nel modo in cui ho spiegato prima. Stanne certo che Zikul sarebbe riuscito a sbarazzarsi in brevissimo tempo dell'intero terriccio o materiale detritico gettato nella voragine, ammesso che abbia a disposizione un altro luogo dove poterlo scaricare ed ammassare. Comunque, sono convinto che Zikul riuscirebbe a svuotarla in un solo giorno, qualunque fosse il materiale che vi venisse versato, considerato che esso si dimostra potentissimo in tante cose! Questa è la realtà dei fatti, mio carissimo amico Tionteo!»
Nel frattempo, essendo ritornato con la sua torcia, Esio subito corse a consegnarla al Grande Eroe abbastanza soddisfatto. Allora tutti, a cominciare da colui che gliel'aveva ordinata, convennero che il ragazzo aveva fatto un ottimo lavoro. Iveonte, inoltre, lodò la sua indubbia perizia in quell'arte, augurandosi in pari tempo che il suo prodotto durasse tanto a lungo, quanto gli aveva garantito. Poco dopo, prima di farsi calare nella voragine del mostro, Iveonte volle chiedere allo spigliato figlio del lutroan Sitruo:
«Chiariscimi una cosa, Esio. Se è vero che Zikul va in letargo, dopo aver divorato gli adolescenti lutresi, come mai nessuno di voi ha mai pensato di sorprenderlo e di ucciderlo durante il suo profondo sonno? Agendo in questa maniera, sarebbe stato facile ad un gruppo di Lutr eliminarlo, permettendo al loro popolo di liberarsene!»
«Invece, Iveonte, non sono mancati diversi tentativi di tal genere. Più di una volta alcuni Lutr si sono fatti calare nella voragine di Zikul, appunto per sorprenderlo nel suo sonno letargico ed ammazzarlo. Invece, dopo che li hanno calati nella sua dimora, mai nessuno di loro ha fatto più ritorno in superficie e mai si è saputo perché essi non sono stati più in grado di tornare indietro per farsi tirare su all'aperto. La qual cosa ci ha fatto ritenere che lì sotto ci debba essere qualche trappola mortale, la quale è stata predisposta dal mostro a tutela della sua immunità. C'è stato pure chi ha suggerito di seppellirlo nella sua voragine, approfittando del suo letargo; ma molti si sono opposti a tale suggerimento. Gli oppositori, giudicando Zikul un mostro potente sotto tutti i punti di vista, hanno stimato che esso se la sarebbe cavata ugualmente, anche se messo in un simile stato di disagio. Perciò un espediente di questo tipo sarebbe servito unicamente a fare infuriare maggiormente il mostro. Allora esso, dopo essere venuto fuori, non avrebbe esitato ad ucciderci tutti, dal primo all'ultimo.»
Mentre Esio esauriva la sua risposta, furono avvertiti da tutti i presenti degli indistinti lamenti di donna, i quali si facevano udire sempre più vicini e più chiari. Senza dubbio, doveva trattarsi della madre di una delle vittime di Zikul, che stava avanzando lungo il sentiero della collina. Intanto che veniva su, ella faceva uscire dalle sue labbra le disperate note dell'immenso dolore, che in quel momento le stava martoriando l'animo angustiato. Il contenuto delle sue commoventi lamentazioni era quello che adesso viene riportato qui appresso:
"O figli miei, che rappresentavate la mia unica vera gioia, perché un insensibile destino ha voluto accopparvi così brutalmente, carpendovi al mio amore materno? Quale colpa avete commesso, per meritarvi un castigo così disumano? Quali mani crudeli hanno avuto il coraggio di sottrarvi alla vostra tenera età, dandovi in pasto al mostro Zikul? Senza di voi, che eravate il motivo dei miei smaglianti sorrisi e la ragione della stessa mia esistenza, sapete come trascorrerò a questo punto le mie plumbee giornate e le mie tetre nottate? Se non lo sapete, ve lo dico io, amabili mie creature: solo nella follia e nello strazio più indicibile! Ma già avverto che non ce la farò a sopravvivere senza tenere accanto voi due, che avete sempre costituito la delizia di tutta me stessa. Voi brillavate davanti ai miei occhi come due astri luminosi e non mi facevate mai mancare il vostro splendore, con cui mi irraggiavate della gioia più tenera e sentita. Se mi fosse stato permesso, volentieri avrei preso il vostro posto e avrei dato la mia vita per voi due, pur di salvare la vostra. Questa infame umanità non mi ha dato neppure la possibilità di sostituirmi a voi due e di prendere sulle mie spalle la vostra sciagura. Allora, a dispetto di tutti, sono venuta a troncare anche la mia inutile esistenza nella stessa buca che vi ha rapiti per sempre a me! Sì, mi getterò nella voragine del mostro e, dopo avervi raggiunti, condividerò la vostra medesima triste sorte. Quando poi sarò morta, potrò vegliare meglio su di voi, potrò seguitare a votarmi con abnegazione a voi due, potrò difendervi dalle paure che potrebbe infondervi il tenebrore della morte. Infine potrò tenervi strettamente abbracciati a me e distogliervi dai brutti ricordi della vostra vita sensitiva. Così vi dedicherò il mio amore di madre premurosa, facendovi obliare il male che vi ha arrecato l'iniqua legge degli uomini, senza avere alcuna compassione di voi! Dunque, vi prego di aspettarmi ancora pochi attimi, diletti figlioli miei, perché io abbia il tempo di raggiungere la sommità di questo colle e di pervenire al ciglio della voragine infernale! Dopo, ve lo prometto già adesso, mi getterò in essa a capofitto e porrò termine in modo definitivo alla mia miserabile esistenza; mentre alla vostra nuova vita dell'oltretomba riuscirò a recare conforto e serenità!"
Quando la donna apparve sul pianoro della collina, Esio e la sua sorellina riconobbero all'istante la loro madre e si slanciarono verso di lei con un'ansia incredibile. Dopo che la ebbero raggiunta con grandissima gioia, tenendosi abbracciati a lei con il loro amore filiale e volendole farla ragionare, si diedero a gridarle forte:
«Mamma, noi non siamo morti, siamo rimasti ancora vivi! Te ne devi rendere conto! Perciò non hai alcun motivo di disperarti e di piangerti la nostra morte, la quale invece non c'è stata! Non dovrai nemmeno buttarti nella voragine di Zikul, poiché non serve più che tu lo faccia!»
«No, figli miei, voi non potete essere vivi e non potete convincermi di quello che mi state dicendo! Il mostro esacefalo non ha mai risparmiato nessuno, poiché si mostra peggiore dei Tros. Per questo non potete essere che morti e di sicuro mi state parlando in sogno! Siccome sapete ciò che mi sono proposta di attuare, cercate di dissuadermi dal farlo e vi adoperate per impedirmelo. Invece dovete convincervi che è tutto inutile, poiché vi assicuro che non ci riuscirete mai! Io ho deciso di morire, figli miei, perché voglio raggiungervi dove siete in questo istante! Se la vostra vita nell'aldilà dovesse risultarvi una sofferenza, allora vorrò esserci anch'io per rendervela meno dolorosa. Inoltre, se restassi viva, al solo pensiero di non avervi accompagnati nel buio regno dei morti, languirei in una folle disperazione e nel più atroce tormento. Quindi, per carità, non cercate di opporvi ai giusti miei propositi, i quali sono quelli di una madre, e permettetemi di raggiungervi, senza proporvi di ostacolarmi il cammino intrapreso, che è indispensabile!»
«Invece ti stai proprio sbagliando, madre.» la riprese Esio «Noi siamo vivi quanto te e non ti stiamo parlando in sogno. Il Grande Eroe, al quale si riferiva il nostro Lenno (te lo ricordi?), è arrivato in mezzo a noi e ci ha liberati dalle numerose fauci di Zikul. Egli è fortissimo e va a caccia di mostri per ammazzarli tutti. Non vedi che egli è là e ti sta guardando, siccome non riesce a comprendere le tue insane parole?»
Così dicendo, Esio indicò alla madre Iveonte, il quale stava appunto assistendo alla patetica scena da loro offerta. In quell'attimo, palesando un atteggiamento bonario e maestoso allo stesso tempo, egli seguiva con le braccia conserte il commovente colloquio, che si stava svolgendo pateticamente tra l'afflitta madre e i suoi due figli da lei adorati. La sconsolata donna, che non voleva ancora credere alla realtà che la circondava e continuava a considerarsi in uno stato ipnotico, quasi trasognata, volse allora lo sguardo verso il giovane coraggioso. Poi lo fissò intensamente e cercò di indagarlo in modo approfondito, come se volesse scorgere in lui la certezza e la garanzia assolute di quanto il figlio le aveva affermato un momento prima. Iveonte, da parte sua, avendo letto il suo pensiero ed avendovi trovato una realtà assai distorta, cercò di aiutarla a staccarsi dalla sua convinzione di stare a vivere una visione onirica. Perciò, volendo aiutarla ad uscirne e rassicurarla, le andò incontro. Quando poi la ebbe raggiunta, si diede a parlarle in questo modo:
«Invece, brava donna, non stai affatto sognando, poiché ogni cosa che i tuoi occhi scorgono intorno a te è perfettamente reale. Quindi, sia lungi da te l'idea del suicidio! Le tue creature non rappresentano il materiale illusorio di un sogno; ma sono esseri concreti ed appartenenti alla tua stessa realtà. Essi, mai come in questo istante, necessitano dell'amore e del calore materni. Perciò, facendoti in quattro, glieli dispenserai e riprenderai il tuo ruolo di madre affettuosa! Ti sono stato abbastanza chiaro, donna affettuosa?»
«Allora,» l'incredula madre gli obiettò «se questi giovinetti lutresi non sono morti, come asserisci, mi vuoi dire perché il mostruoso Zikul non è fuori della sua voragine, intento a fare strage dei Lutr e dei Tros? Spiegami perché, mentre parliamo, ciò non sta accadendo fuori di essa, come dovrebbe essere regolarmente!»
«Per il semplice fatto che sono sceso io nella sua dimora e l'ho fermato, riducendolo così male, da non consentirgli di uscirne. Adesso, siccome il mostro non è morto del tutto e rappresenta ancora una reale minaccia per tutti voi, mi sto accingendo appunto a scendere di nuovo nel baratro. Devi sapere che è mia intenzione raggiungerlo e portare a termine la mia opera già iniziata, ma che per cause di forza maggiore è stata lasciata a metà. Dunque, rassicùrati e tranquillìzzati, donna molto provata dal destino! Se vuoi fare una buona cosa, prendi con te i tuoi figli, unitamente agli altri giovinetti, e conducili tutti a Lutriak. Una volta che vi sarai pervenuta, dirai ai suoi abitanti che, se ci tengono a portarsi nel loro villaggio le sei teste di Zikul, come preziosi trofei, vengano quassù con un carro, il quale dovrà servire per il loro trasporto.»
«Se le cose stanno come hai detto, valoroso giovane, non so come ringraziarti ed esserti grata. Per il momento posso solo augurarti che tutti i tuoi desideri presenti e futuri vengano appagati nel modo migliore. Se dopo vorrai onorarci con la tua presenza a Lutriak, non ti permetteremo di lasciare il nostro villaggio, senza averti fatto avere prima un nostro dono, quale segno tangibile della nostra riconoscenza e della nostra amicizia. Adesso conviene che io mi affretti a ricondurre pure gli altri giovinetti alle loro madri, perché tragga anch'esse dall'immensa pena, che sta martoriando il loro animo!»
Dopo che la comitiva di Lutriak si fu congedata da loro, Iveonte e i suoi amici si diedero ad approntare alacremente quanto occorreva per la nuova spedizione punitiva contro Zikul. Essi volevano vedere al più presto la fine del detestabile mostro, il quale da secoli si mostrava ghiotto delle tenere carni degli adolescenti lutresi. Finalmente era giunto il momento che avrebbe pagato i suoi nefandi eccidi per mano dell'invincibile eroe dorindano. In quel modo, il prode giovane avrebbe riscattato dal suo duro e cruento giogo il pacifico popolo dei Lutr. Ma egli era anche consapevole che quella di Zikul non costituiva l'unica calamità che tormentava gli abitanti del villaggio di Lutriak. Perciò si riprometteva di liberarli in seguito pure dall'altra loro gravosa sventura. Così, una volta che ogni cosa fu preparata a puntino, l'intrepido Iveonte si fece calare giù nella voragine, dove lo attendeva ancora una lunga serie di rischi e di imprevedibili sorprese. In verità, sia gli uni che le altre non andavano assolutamente sottovalutati, se si voleva evitare un insuccesso.
Qualche lettore un po' pignolo, si starà domandando come mai la consorte del lutroan di Lutriak era venuta a piangersi entrambi i figli, mostrandosi del tutto ignara che era stata la sola figlioletta ad essere sacrificata a Zikul. La sua osservazione è senz'altro giustificata, per cui, in merito ad essa, gli si deve una spiegazione logica e plausibile, cioè che sia in grado di soddisfarlo il più possibile. Ebbene, siccome la fuga di Esio era stata scoperta dai Tros solo il mattino dopo, alcuni di loro si erano precipitati da suo padre per pretendere da lui la consegna di un altro bambino lutrese che prendesse il posto del figlio che era scappato. Ma i genitori di Esio non stavano insieme, siccome la madre si trovava al villaggio, dovendo soddisfare le voglie libidinose dei Tros con le altre donne non ancora in menopausa. Perciò quelle feconde, che erano obbligate ad orgiare con metà dei guerrieri trosini, erano state all'oscuro della fuga del figlio del loro lutroan e dell'avvenuta sua sostituzione con un altro bambino del villaggio. Il mattino seguente, mentre i guerrieri trosini avevano abbandonato Lutriak per fare ritorno al loro villaggio, gli addetti al Carro del Sacrificio si erano messi in cammino verso la famigerata collina. Allora, prima del rientro degli uomini lutresi al loro villaggio, la madre di Esio aveva deciso di seguire la stessa sorte dei propri figli. Per questo, non volendo far sapere all'assente consorte il suo insano proposito, si era avviata, a piedi e tutta sola, verso la famigerata Collina della Morte, intenzionata a lasciarsi cadere a capofitto nella voragine del mostro.
Data la spiegazione del motivo per cui la madre di Esio non era al corrente della fuga del figlio ed essendo certi di avere appagato con essa la pignoleria del lettore di cui abbiamo fatto menzione un attimo fa, adesso possiamo riprendere il nostro racconto.