26-LA PROPOSTA DEL RE KODRUN AL SUPERUM NURDOK
Dunque, fervevano i preparativi di guerra, i quali dovevano condurre i due agguerriti eserciti rivali all'enorme cozzo sanguinoso. Essi erano stati collocati l'uno di fronte all'altro sui campi pianeggianti, che si estendevano ad est della città di Actina. Dal canto loro, i due comandanti supremi andavano studiando la giusta sistemazione dei fanti, dei lancieri, degli arcieri e della cavalleria, tenendo conto della disposizione degli elementi omologhi nell'esercito nemico. Kodrun impartiva ordini dalla torre più alta di Actina. Invece Nurdok, che si era fatta costruire un'alta struttura di legno, dirigeva da lassù le varie operazioni di collocazione e di spostamento delle sue forze campali. Essendo entrambi degli ottimi strateghi, ciascuno cercava di predisporre il proprio esercito, basandosi sull'ordinamento di quello avversario. Perciò essi se ne stavano per ore a mutare di continuo la dislocazione dei diversi corpi, poiché ciascuno voleva concludere per ultimo la collocazione dei loro contingenti per assicurare al proprio esercito quella che poi sarebbe stata la vincente. Alla fine, siccome nessuno dei due cedeva all'altro e non gli consentiva neppure il più lieve vantaggio nello schieramento del proprio esercito, essi decisero di desistere dal loro intento. Allora, di fronte alla bravura logistica che si dimostrava eccezionale nell'uno e nell'altro, in tale battaglia colossale era stato giocoforza che i due valenti strateghi rinunciassero ad una vera strategia elaborata. Stando così le cose, lo scontro tra i loro eserciti si prevedeva terribile e assai cruento, come non era mai accaduto prima nel corso della storia.
Rientrati così nelle rispettive tende, i due capi supremi convocarono i comandanti dei vari reparti operativi. Era loro intenzione consultarsi con tali ufficiali sul tipo di schieramento da improvvisare nella imminente battaglia. Ciò, perché non si era potuto ricorrere a quello dettato dalla propria strategia, poiché esso non era stato permesso dal condottiero dell'esercito nemico, la cui bravura si era dimostrata uguale alla propria. Intanto, però, Kodrun continuava a dedicarsi al migliore impiego del suo potenziale bellico. Questa volta egli era costretto a farlo al di fuori di ogni schema tattico; ma stando attento che esso gli garantisse il migliore assetto possibile, sotto l'aspetto sia offensivo che difensivo. Al tempo stesso, cercava di agevolargli le opportune manovre di difesa e di attacco. Comunque, il re di Dorinda rimaneva sempre aggrappato alla speranza di riuscire ad evitare quell'impatto rovinoso, il quale faceva preventivare conseguenze sbalorditivamente catastrofiche per entrambi gli eserciti. In relazione ai suoi provvedimenti bellici, si trattava solo di manovre precauzionali, siccome esse gli sarebbero dovute servire in alternativa ad un eventuale insuccesso dell'altro suo piano, che si teneva in serbo e che tra breve conosceremo anche noi.
Quando ebbe messo a punto gli ultimi preparativi, apportando dei ritocchi minimi dell'ultimo momento, i quali avrebbero dovuto consentire al suo esercito maggiori probabilità di successo nella colossale battaglia in procinto di esplodere, il re Kodrun venne fuori dalla sua tenda. Stando poi alla testa di un drappello composto da una ventina di soldati, egli si diresse verso l'accampamento beriesko, essendo intenzionato a portare avanti il suo piano. Ad un miglio di distanza da esso, lo stratega dorindano si fermò ed inviò un suo messo al capo dei Berieski, con l'incarico di comunicargli la propria intenzione di parlamentare con lui. Dopo si diede ad attendere il suo arrivo. Da parte sua, Nurdok, non appena fu informato dai suoi soldati di quanto l'altro comandante in capo era andato a chiedergli, accolse il suo invito di buon grado. Perciò, senza indugiare molto, uscì dal suo accampamento e gli andò incontro con una propria scorta. Per una questione di pura cortesia, egli aveva voluto che essa fosse costituita da un numero di cavalieri uguale a quello che aveva scortato il re Kodrun. Quando ebbe raggiunto il capo supremo dell'esercito avversario e gli fu al cospetto, l'autorevole Beriesko, senza tanti convenevoli, gli si espresse con le seguenti parole:
«Se sei Kodrun, il geniale condottiere che durante l'intera giornata di oggi è riuscito ogni volta a neutralizzare ciascuna mia mossa strategica rivolta a beneficiare dei migliori vantaggi sull'esercito edelcadico, sei senz'altro il benvenuto. Inoltre, avendomi convinto che sei pure tu un abile stratega, ti esprimo la mia massima ammirazione!»
«Siccome lo sono in carne ed ossa, ti ringrazio per l'accoglienza e per la stima che mi stai manifestando! Invece tu, da come mi hai parlato, puoi essere soltanto Nurdok, avendomi dimostrato senza ombra di dubbio di saperci fare quanto me nella strategia militare e nella guida di un esercito! Perciò, dopo che mi hai persuaso di essere un avversario mio pari, anche tu hai il mio grandissimo rispetto!»
«Devi sapere, Kodrun, che prima ancora di iniziare l'invasione dell'Edelcadia, già sapevo molte cose sul tuo conto. Ti posso garantire che esse ti facevano tutte onore! Nell'apprenderle, mi veniva spontaneo riconoscermi in te; anzi, vedevo un altro me stesso che si era trasferito in un'altra persona, la quale risultava essere la mia copia perfetta!»
«La stessa cosa posso dire di te, Nurdok, dopo che ho appreso le tue tante gesta eroiche da alcuni tuoi soldati. Mi riferisco a quelli che sono stati fatti miei prigionieri durante l'assedio di Actina. Invece tu da chi hai sentito parlare di me, se non disponevi di prigionieri edelcadici, dai quali potere apprendere tali cose sul mio conto?»
«Kodrun, mi erano state riferite da coloro che anni addietro avevo inviato nell'Edelcadia, avendo preso già allora la decisione di invaderla. Vi erano venuti per raccogliervi il più gran numero possibile di notizie sia sulle sue città che sui loro regnanti. Al ritorno, i miei emissari, oltre a farmi un ottimo quadro della reale situazione della vostra regione, si soffermarono in particolar modo a decantare le tue doti e le tue brillanti prodezze! Così ebbi a farmi un esatto concetto della tua persona.»
«Adesso comprendo, Nurdok! Ma allora, pur sapendo che in me avresti trovato un immancabile osso duro, perché hai tentato ugualmente l'impresa che ti stava tanto a cuore? Lo sapevi benissimo che la mia strategia e la mia tattica ti avrebbero creato un sacco di problemi nella tua invasione dell'Edelcadia. Forse ti avrebbero inflitto anche la sconfitta, non essendo esse inferiori a quelle possedute da te! Oppure devo desumere che, quando hai stabilito di invadere la nostra regione, tu ti sia talmente autostimato, da considerarti superiore a me?»
«Al contrario, Kodrun, non mi ha mai sfiorato l'idea di reputarmi più grande di te. Il resoconto dei miei uomini fatto su di te era stato così dettagliato e preciso, da permettermi di valutarti con la massima obiettività e di giudicarti, quindi, quale tu veramente eri. Come già ti ho accennato, all'istante le nostre vite parallele mi risultarono simili a tal punto, che alla fine mi identificai con la tua persona. Scorsi in te un altro me stesso e ti considerai il mio gemello di vita e di azione. Inoltre, è mia abitudine non sottovalutare mai il mio avversario che sto per attaccare, ad evitare di andare incontro a delle brutte sorprese. Sono fermamente convinto che nella vita sei abituato a comportarti alla mia stessa maniera, dal momento che ci somigliamo come due gocce d'acqua nel nostro agire e in ogni cosa che stabiliamo di fare! Non è forse vero?»
«Riguardo alla tua ultima affermazione, Nurdok, non ti sei sbagliato neppure un poco. A maggior ragione, continuo a chiedermi perché allora hai cercato di confrontarti con me, se le prospettive non ti promettevano alcun risultato vantaggioso. Da parte tua, c'è stato forse qualche motivo particolare che, a un certo punto, ti ha spinto al confronto, dopo averti fatto sperare che avresti retto ad esso con pieno successo?»
«È proprio così, Kodrun! Non è stata una sottovalutazione del tuo valore a farmi decidere di tentare la conquista dell'Edelcadia; bensì è stata esclusivamente la situazione precaria, nella quale vi stavate cacciando voi Edelcadi. Non credi pure tu che il tuo esercito sarebbe uscito alquanto malconcio, anche se vincitore, da una guerra contro tutti gli altri re edelcadici, ad eccezione di quello di Actina? Come vedi, la mia convinzione si basava sul fatto che presto saresti venuto a mancare della possibilità di disporre di un esercito potente e riposato quanto il mio. Così sarebbe stato, se le cose fossero andate come previste da me, senza prendere una piega diversa, la quale, contro le mie previsioni e per uno strano destino, c'è stata! Se invece essa non ci fosse stata, non ti sarebbe bastato il cercare di accattare quanti più uomini possibili fra le residue forze degli otto eserciti edelcadici, dopo essere stati da te distrutti oppure dispersi e decimati!»
«Adesso comprendo, Nurdok, da cosa ti è provenuta la sicurezza di riuscire a battermi. Devo ammetterlo, il tuo piano di invasione era stato congegnato in modo eccellente, avendo scelto anche il momento adatto per condurla con successo. Come ora constato, esso avrebbe dovuto procedere sull'onda delle nostre disastrose vicende, che stavano per verificarsi nell'Edelcadia. Ma mi lascia ancora perplesso il fatto che tu, prima di dare inizio alla tua progettata conquista, non hai atteso che gli eserciti edelcadici si riducessero allo stremo delle forze. Non mi sarei mai aspettato da te un errore così madornale! Al posto tuo, avrei attaccato gli eserciti nemici, solo dopo che essi si fossero ridotti numericamente e fossero risultati stremati dai combattimenti affrontati durante le loro guerre intestine! Allora cosa mi rispondi, a questo proposito?»
«Credi forse, Kodrun, che io non fossi del tuo stesso avviso? Lo sai benissimo che non era da me commettere una sciocchezza simile! Se ciò si è verificato, invece, non è stato di certo per una mia mancanza oppure per una mia leggerezza; ma unicamente per una negligenza di un mio primus. Tu e gli altri re edelcadici dovete ringraziare l'impulsività di Ircos, il mio cugino qui presente che è alla mia sinistra, il quale guidava la legione di avanguardia. Il mio stretto parente, del cui valore non dubito, credendo di farmi cosa gradita, ha contravvenuto alle mie disposizioni. Così, di propria iniziativa, prima ha espugnato la città di Stiaca, solo perché non eri tu presente, e poi ha anche cinto d'assedio Actina. Nell'assediarla, non si è reso conto che la costruzione di quest'ultima la rendeva una città praticamente imprendibile. Alla fine, oltre a ricevere da te la sonora batosta che conosciamo, egli ha finito per viziare i miei piani e renderli inadatti all'attuale situazione. Questo è tutto!»
«Ciò è senz'altro vero, Nurdok. Ma vuoi dirmi adesso cosa avresti fatto tu, al posto suo? Sono curioso di saperlo.»
«Mia intenzione era quella di tenermi in disparte, al di là dei confini dell'Edelcadia. Di lì poi avrei atteso la fine del vostro conflitto intestino, il quale senza meno avrebbe provocato ai vostri eserciti dei danni incalcolabili. Così, al termine delle vostre guerre intestine, sarei uscito allo scoperto ed avrei dato il colpo di grazia al tuo fiaccato esercito e agli altri che già erano stati sbaragliati dal tuo. Ma la incauta mossa del mio sprovveduto cugino, mettendoti sull'avviso con un mese di anticipo, ti ha permesso di correggere in tempo il tiro. Inoltre, ti ha consentito di gestire al meglio la situazione, riportandola sotto controllo, prima che io giungessi con il grosso del mio esercito. A questo proposito, devo complimentarmi con te anche per la indiscussa diplomazia che hai dimostrata di avere nel vostro conflitto interno. Con grande abilità, sei riuscito a mutare molto rapidamente in una coesa e fraterna coalizione quella che si preannunciava una terribile guerra fratricida. La qual cosa, naturalmente, è risultata a discapito mio e del mio popolo!»
«Grazie, prode Nurdok, per avermi chiarito un punto oscuro di te, al quale non ero stato in grado di dare una risposta logica. Esso mi stava facendo perfino dubitare della tua leggendaria fama, siccome non riuscivo a capacitarmi come tu avessi fatto a commettere un errore così spropositato. Esso mi faceva anche chiedere se la tua fama di condottiero fosse davvero meritata oppure veniva osannata dalla tua gente a torto, senza una valida ragione che la giustificasse.»
«Ti ringrazio per la stima che pure tu hai di me, Kodrun. Comunque, anche la tua fama è del tutto corrispondente al merito. Riconosco che sei il migliore stratega che io abbia mai incontrato nelle precedenti battaglie da me affrontate. Per questo ti esprimo la totale mia ammirazione. Ad esserti sincero, ieri sul serio mi hai fatto tribolare moltissimo con quella dislocazione dei tuoi infiniti arcieri. Assolutamente non mi hai dato modo di neutralizzarli com'era nelle mie intenzioni. Li hai sempre sistemati nel posto giusto, apportando al mio schieramento dei paurosi vuoti. Adesso, però, smettiamo di adularci a vicenda e comincia a riferirmi che cosa ti ha spinto a parlamentare con me. Spero che tu non sia venuto da me con il solo proposito di consigliarmi di fare marcia indietro con il mio esercito e di ritornarmene nella mia Berieskania. Stanne certo che, se così fosse, non potrei affatto darti retta, poiché non è mio costume interrompere una mia impresa, dopo che l'ho già iniziata. Per questo essa andrà avanti fino alla fine, positiva o negativa che sarà!»
«Invece, Nurdok, sono venuto a proporti qualcosa che dovrebbe rivelarsi un vero affarone per entrambi. Se esso sarà di tuo gradimento, per cui accoglierai la mia proposta, tutti ti riconosceranno un grande capo. Altrimenti, puoi scommetterci che ti attirerai addosso la maledizione di un infinito numero di madri, di mogli, di figli e di fratelli. E non solo quella! Ti sarà affibbiato dal tuo popolo perfino l'epiteto di folle sanguinario. La qual cosa deturperà il prestigioso merito acquisito nelle precedenti imprese ed infangherà quel sacro onore a cui, allo stesso modo mio, tieni più della tua vita!»
«Ma adesso vuoi mettermi al corrente dell'ottimo affare che vorresti propormi, sovrano di Dorinda? Così dopo giudicherò da me stesso se esso vale quanto affermi oppure, al contrario, intende salvaguardare soltanto gli interessi degli Edelcadi, anziché anche quelli dei Berieski.»
«Te lo spiegherò tra poco, Nurdok, perché prima voglio avere chiarito da te un particolare assai importante. Ossia desidero conoscere con franchezza i veri motivi che ti hanno spinto ad invadere le nostre terre. Sono stati la loro conquista e il dominio dei rispettivi popoli oppure il saccheggio delle loro città e lo sterminio dei loro abitanti? Dopo che avrai risposto con sincerità alle due mie domande, andrò avanti a spiegarti quale sarebbe l'affare che stamani sono venuto a proporti.»
Non sapendo rispondere su due piedi alla coppia di quesiti del suo interlocutore, il capo dei Berieski all'inizio apparve alquanto confuso e pensieroso. In verità, egli volle prendersi un po' di tempo perché non si sentì in vena di dargli al momento una risposta ragionevole, che poi sarebbe risultata obbligatoriamente generica. Allora gli si espresse così:
«Ti risponderò con sincerità, Kodrun; ma solo dopo che mi avrai chiarito le ragioni che ti hanno indotto a dichiarare guerra agli altri popoli edelcadici. Sono certo che i tuoi piani bellici non prevedevano che te li avresti fatti amici, se eri intenzionato a dargli la lezione che si meritavano! Perciò quale risposta hai tu da darmi, sinceramente parlando?»
«Essa ti è presto data, Nurdok. Con la mia guerra, mi ero proposto di fare rinsavire i loro regnanti, siccome essi avevano perduto il lume della ragione. Ma come hai visto, il mio tentativo è stato coronato da successo! Altrimenti come avrei fatto a disporre in breve tempo di un esercito ingente quanto il tuo? Esso adesso risulta solo lievemente scalfito dai segni della trascorsa guerra, che si è conclusa in breve tempo!»
«Lo vedo anch'io che sei riuscito egregiamente nel tuo intento, Kodrun. A questo punto, passo a rispondere alla tua domanda, come ti ho promesso poco fa. Ebbene, lo scopo della mia invasione dell'Edelcadia è quello di conquistare il mondo intero e di dominarlo con le mie sagge leggi. Per mia natura, pure io sono contrario ai massacri di massa; però non sarà colpa mia se, durante le mie conquiste, i vari popoli mi costringeranno a tali iniziative riprovevoli. Adesso che ho dato la risposta al tuo ultimo quesito, per favore ti decidi a parlarmi del grande affare che sei venuto a propormi?»
«Mi affretto a renderti partecipe di esso, Nurdok, dal momento che sono venuto da te, appunto perché tu ne prenda coscienza! A dire la verità, le tue risposte date alle mie domande mi incoraggiano a credere che noi due ce la intenderemo benissimo, a proposito del mio piano. Prima di passare all'affare, però, mi vedo obbligato a ragguagliarti su alcuni particolari, anche se già li conosci in maniera soddisfacente. Il mio esercito è potente quanto il tuo e vanta un comandante, il quale non è da meno di quello che comanda il tuo. Se tu fossi riuscito a raggiungermi, quando non avevo ancora riunito i vari eserciti edelcadici, esclusivamente in quel caso avresti potuto cantare vittoria certa e dettare leggi, asservendo facilmente alla tua gente i popoli della regione edelcadica. Sì, nessuno più sarebbe stato in grado di arginare la tua irrefrenabile avanzata. Invece le cose sono andate in modo diverso, come noi sappiamo. Per questa ragione, eccettuato un sicuro massacro, i nostri eserciti non potrebbero sperare niente di buono dallo scontro, se esso ci fosse. E tu non puoi negarlo in qualche modo, Nurdok!»
«È tutto vero quanto hai affermato, Kodrun. Ma ti prego di andare avanti e riferiscimi quelle cose che fanno parte del tuo celato piano. Anche perché mi preme apprendere dove intendi arrivare con il tuo interessante discorso, il quale finora mi ha incuriosito in modo tale, che non vedo l'ora di conoscere quanto mi sei venuto a proporre!»
«Stando così le cose, Nurdok, ti invito a riconsiderare i tuoi obiettivi secondo un criterio differente, il quale ti faccia respingere la fredda determinazione ed accogliere la riflessiva ponderazione. Oramai, come sai meglio di me, i tuoi piani non si presentano più spalleggiati da una certezza matematica, per cui non ti fanno più sperare in una sicura vittoria. Ad essere più preciso, essi tremolano nell'incertezza assoluta!»
«Non posso darti torto, Kodrun. Dunque, presumo che il famoso affare, che sei venuto a propormi, riguardi l'alternativa all'imminente conflitto, che dovrebbe esserci tra i Berieski e gli Edelcadi. Ma essendomi convinto che la tua proposta sarà di certo molto accattivante, ti prego di sbrigarti a parteciparmela. Così dopo potrò esprimermi equamente in merito ad essa, visto che riguarderà il mio popolo e quello tuo!»
«Vedo che l'hai imbroccata giusta, Nurdok, per cui la cosa mi fa un sacco di piacere! Per il bene dei nostri due popoli, bisogna evitare a qualunque costo questa battaglia, la quale si va accelerando fra i nostri soldati con disumana spietatezza. Cerca di considerare quanti di loro rimarrebbero uccisi sul campo di battaglia, se non la fermassimo in tempo! Ti assicuro che il numero dei morti supererebbe di gran lunga quello dei superstiti. Ciò vuol dire che una eventuale vittoria del tuo esercito raccoglierebbe soltanto salme e trofei funesti. Che dire poi dell'immane ecatombe di tantissimi soldati che si avrebbe, a causa dello scontro a cui dovremmo dare inizio? Ecco perché mi domando se la tua brama di conquista e di dominio alla fine sarebbe in grado di riscuotere la mercede sperata! Mi sai tu dire in quale maniera ripagheresti l'eccidio di una così esorbitante caterva di uomini e il lutto inconsolabile arrecato a tante madri afflitte, a tante mogli disperate e a tanti orfani sgomenti? Ebbene, rispondo io al posto tuo. Ti affermo che giammai potresti ripagare in qualche modo tanto orrore da te causato! Anzi, ti sentiresti unicamente con la coscienza rosa da un rimorso inesorabile ed indelebile!»
«Kodrun, trovo le tue parole sacrosante, poiché esse profumano di saggezza. Perciò continuo ad invitarti a palesami il pensiero sull'attuale questione, quella che vorresti dirimere a modo tuo.»
«Se ami con tutto il cuore il tuo popolo e desideri veramente il suo bene, Nurdok, devi adoperarti insieme con me per scongiurare questo orrendo conflitto. Esso già si va delineando spaventoso come non mai. Per questa ragione, il tuo senso di giustizia, se è verace, come la tua gente dice e come tu stesso asserisci, dovrebbe spingerti senza esitazione a sforzarti in tal senso! Mi sono spiegato?»
Nurdok, che era un uomo tanto valoroso ed audace quanto giusto ed umano, come abbiamo appreso dalla sua biografia, non mostrò alcuna avversità all'idea che Kodrun gli aveva ventilata. Per questo l'accolse con molta considerazione e con il massimo rispetto. Quando infine si fu convinto che l'avversario aveva parlato con la bocca della verità e della sincerità, non perdette tempo a domandargli:
«Allora, Kodrun, cosa proponi in luogo dell'aspra battaglia, visto che immancabilmente avrai già pensato ad una alternativa. Essa dovrebbe forse farci evitare lo scontro di sangue, il quale sta per coinvolgere i nostri due sterminati eserciti? Sei vivamente pregato di manifestarmi al più presto quest'ultima, poiché sono tutt'orecchi ad ascoltarti!»
«Al posto del sanguinoso conflitto, propongo un grandioso e spettacolare torneo, mio caro Nurdok, nel quale dovranno cimentarsi ad armi pari i guerrieri più valorosi di entrambi gli eserciti. Esso dovrà comprendere quattro gare diversificate, nel senso che in ciascuna dovrà essere adoperata un'arma differente. Ad ognuna dovranno partecipare un numero uguale di contendenti dell'uno e dell'altro esercito, che saranno raggruppati in squadre. Inoltre, in ogni gara, i combattimenti non dovranno svolgersi collettivamente, cioè quelli di una squadra contro quelli dell'altra. Invece essi dovranno essere individuali, fino a quando non si sarà esaurita l'intera scorta dei concorrenti in una delle due squadre che sono in lizza. Secondo te, mi sono spiegato abbastanza?»
«In verità, Kodrun, ho compreso poco riguardo a tale gara. Perciò vuoi essere così gentile da rispiegarmi meglio la loro prima fase?»
«Certamente, Nurdok! Per esempio, se ipotizziamo una gara fra arcieri ed ammettiamo che ad essa ne partecipino dieci per squadra, nella prima fase eliminatoria dovranno aversi dieci scontri individuali. I superstiti, quando non sono della stessa squadra, nelle successive eliminatorie continueranno a combattersi ancora individualmente. Cioè, se nel primo scontro di una gara verranno a soccombere tre componenti di una squadra e sette dell'altra, nella seconda ci saranno solo tre combattimenti individuali. Essi saranno disputati fra i tre sopravvissuti di una squadra e tre dei sette superstiti dell'altra, presi secondo un criterio che si dovrà ancora stabilire.»
«Mi riferisci, Kodrun, dopo come dovrebbero procedere i successivi scontri? Almeno così comprenderò meglio il resto relativo alle gare!»
«La gara, Nurdok, andrà avanti, fino a quando non saranno periti tutti i componenti di una delle due squadre. Quindi, essa sarà vinta dalla squadra che, al termine di tutte le eliminatorie occorse, risulterà avere almeno un superstite in piedi, anche se gravemente ferito. Per ogni gara vinta da una squadra, il rispettivo esercito si aggiudicherà un punto. Alla fine sarà dichiarato vincitore l'esercito che, al termine delle quattro gare previste, avrà totalizzato più punti dell'altro. Allora che ne dici?»
«In linea di massima, Kodrun, ti dichiaro che questi combattimenti individuali a squadre risultano di mio gradimento, trovandoli abbastanza divertenti. Ma adesso, dal momento che le avrai senz'altro previste, essendo tu molto preciso in ciò che fai, vuoi farmi presenti pure le condizioni a cui dovranno sottoporsi i nostri eserciti?»
«Adesso, Nurdok, passo ad elencarti quelle che sono le più importanti. In primo luogo, i due comandanti supremi non potranno partecipare a tali scontri; mentre sarà ammesso che un contendente partecipi a più gare, sempre che egli riesca a sopravvivere in quelle precedenti. In secondo luogo, se vinceranno i vostri combattenti, i popoli edelcadici si sottometteranno ai Berieski. A condizione, però, che essi rispettino la loro dignità umana e non limitino le espressioni di qualsiasi tipo che fanno parte del patrimonio della loro nazione, come la religione e la civiltà! Se invece saranno i nostri combattenti a conseguire la vittoria, lascerete in pace le nostre terre e ve ne ritornerete nella vostra Berieskania. Con ciò, ti ho chiarito tutto.»
«In relazione alle gare, Kodrun, cos'altro dovrei apprendere, per non essermi stato specificato da te fino adesso? Se c'è qualcos'altro, vorrei esserne messo al corrente in questa circostanza.»
«Devi sapere soltanto due cose, Nurdok, le quali concernono il numero dei tornei e le armi da adoperarsi in ciascuno di essi. In merito ai tornei, io ne consiglierei quattro; mentre, a proposito delle armi, sarà compito di ogni comandante supremo sceglierne due, optando per le sue armi preferite. Per cui si avranno quattro differenti tipi di armi, ossia uno per ciascuna gara. A questo punto, sperando che io ti abbia chiaramente espresso ogni cosa che dovevi conoscere sulle quattro gare, non mi resta che attendere il tuo responso sulla mia proposta, positivo o negativo che sia.»
«Devo ammettere, Kodrun, che trovo simpatiche queste gare a squadre con combattimenti individuali! Ma perché hai voluto tenere noi due fuori da questo torneo? Se non fossi informato sul tuo conto, penserei che la tua autoesclusione dalla tenzone sia dovuta a viltà. Invece so per certo che sei molto valoroso nelle armi e non posso darti per nessuna ragione del codardo. Ti confesso francamente che ci tenevo moltissimo a misurarmi con te nelle armi in una delle gare! Adesso lo sai!»
«Non è detta l'ultima parola, Nurdok, considerato che il tuo desiderio potrebbe anche avverarsi. Proponendo io un torneo con un numero pari di gare, ossia quattro, ho lasciato la porta aperta ad una eventualità del genere. Supponiamo che da esso verrà fuori un pareggio, cioè con entrambe le squadre che avranno totalizzato due punti ciascuna, allora non credi che sarà necessaria una gara di spareggio, la quale possa così proclamare il popolo vincitore? Ebbene, ti prometto che tale gara sarà tutta nostra. Così essa ci darà l'opportunità di misurarci, come mi hai appena manifestato! Soddisfatto?»
«Questo sì che è parlare da vero Kodrun, esattamente come me l'ero immaginato! In relazione poi alla scelta delle armi, già da questo momento ti posso dare la mia risposta, senza farti attendere. Perciò ti dico che opto per la fionda e per il mazzafrusto.»
«Invece io, Nurdok, scelgo l'arco e la spada.»
Per averne conferma, Kodrun, domandò al suo interlocutore:
«Nurdok, siamo d'accordo su tutto quanto ti ho fatto presente oppure hai ancora dei dubbi, i quali devono essere dissipati?»
«Certo che sono d'accordo, Kodrun!» gli rispose il capo dei Berieski «Lo affermo con la mente lucida e con tutta la volontà!»
Tra le altre cose, Kodrun e Nurdok si accordarono per una tregua di tre giorni. Così ci sarebbe stato il tempo per scegliere gli uomini da far cimentare nelle quattro competizioni e per allestire il campo in cui si sarebbe dovuto svolgere il torneo. Inoltre, essi si erano impegnati che, in quel breve lasso di tempo, sarebbe stato vietato ai loro soldati di commettere atti di sangue contro quelli dell'esercito avversario. Con tale loro impegno, i due comandanti supremi garantirono che ci sarebbe stata la massima collaborazione tra i loro carpentieri nell'esecuzione dei comuni lavori. I quali, in quel modo, sarebbero proceduti più alacremente e sarebbero stati terminati entro la data prevista. Infine i due strateghi avevano stabilito che, per l'occasione, nel campo delle gare ci sarebbe dovuta essere anche una tribuna d'onore, sulla quale dovevano prendere posto i comandanti supremi dei due eserciti e il loro sèguito.
Alla fine, i due insuperabili strateghi si salutarono, stringendosi fortemente la mano, in segno di stima e di rispetto reciproco. Il loro saluto volle rappresentare soprattutto una garanzia che ogni cosa si sarebbe svolta nell'ordine e nella lealtà. Insomma, quella stretta di mano, la quale chiamava in causa l'integrità del suo onore di uomo e di soldato, per ognuno di loro due significò più di una esplicita promessa giurata che essi giammai si sarebbero permessi di disonorare!
Dopo avere esposto ai re delle altre città dell'Edelcadia ciò che egli aveva pattuito con Nurdok, che era l'illustre capo beriesko, il re di Dorinda riscosse il loro plauso generale. Essi, però, si opposero fermamente all'avveduta proposta di Kodrun, il quale intendeva scegliere i quaranta combattenti fra i soli soldati dorindani. Perciò gli imposero il loro criterio di formazione delle squadre, il quale prevedeva la presenza in ognuna di esse di un soldato appartenente ad ogni città dell'Edelcadia. Inoltre, unicamente perché le città edelcadiche erano nove, da parte degli stessi fu offerta alla sola città di Dorinda la possibilità di avere due concorrenti in ciascuna squadra, quasi come per dare il contentino. Tale criterio era scaturito da un senso di orgoglio e di fierezza da parte degli altri re edelcadici, poiché essi volevano che la libertà dei loro popoli venisse difesa da tutti gli Edelcadi e non dai soli Dorindani. Ma pur ostentando il loro sciocco orgoglio, a parte il sovrano di Actina, nessun altro sovrano si era arrischiato a partecipare a qualcuna delle gare. Eppure il regolamento vietava ai soli comandanti supremi di prendervi parte; invece consentiva di parteciparvi tanto ai re edelcadici quanto ai conductor berieski, alcuni dei quali adesso risultavano anche primus!
Mentre il gruppo dei Berieski faceva ritorno al loro accampamento, Ircos non appariva per niente soddisfatto. Anzi, si lamentò con l'autorevole cugino, mettendosi a dirgli:
«Nurdok, come hai potuto accettare la proposta del re Kodrun? Possibile che una mente come la tua non sia riuscita ad intravedere una diversa alternativa, che ti permettesse di aggirare l'ostacolo rappresentato dal capo supremo dell'esercito edelcadico? Se lo vuoi sapere, al posto tuo, di sicuro avrei saputo come sbarazzarmi di lui!»
«Mi dici, Ircos, come avresti fatto, senza perdere la faccia? Lo sai benissimo che per me perderla significa calpestare la mia stessa dignità, fino a provare vergogna di me stesso! I tradimenti e gli inganni non mi si addicono; né mi sono mai piaciuti! Anzi, li ho sempre detestati, condannati e anche puniti nell'amministrare la giustizia nel nostro borgo di Geput, senza mai favorire qualcuno che avesse torto. Per tale ragione, non mi sarei mai abbassato alla turpe meschinità da te vagheggiata, macchiando la mia condotta morale!»
«Al tuo posto, caro cugino, almeno per una volta nella mia vita, avrei messo da parte i principi etici e non mi sarei fatto scrupolo nel fare eliminare Kodrun da mano ignota. Anche mentre si parlamentava, sarebbe stata un'ottima occasione per noi farlo fuori. In quel momento, bastava che tu me l'ordinassi ed io non avrei esitato ad accopparlo in pochi attimi. Con la sua uccisione, avremmo facilitato l'invasione che abbiamo intrapresa!»
«Sai cosa ti dico, Ircos? Che tu non cambierai mai fino alla morte! Devi sapere che non sono i tuoi dieci anni in meno a farti ragionare diversamente da me; ma è la tua mente squilibrata. La quale ti resterà sempre malata! Come già ti ho ripetuto altre mille volte, io ci tengo alla mia reputazione e non mi presterò mai alla illiceità, quale ti viene dettata dal tuo balordo comportamento. Fino adesso ti ho sempre lasciato dire e fare a tuo piacimento, senza mai intervenire a rampognarti come avrei dovuto. Ma sappi che te l'ho permesso non tanto per la parentela e l'amicizia che ci univa, quanto per la mancanza nelle tue azioni di immotivati danni concreti nei confronti degli altri. Per l'avvenire, caro cugino, ti esorto a non strafare nelle tue bravate, poiché con le tue prevaricazioni inavvertitamente potresti ritrovarti al punto di non ritorno. Inoltre, pur riconoscendo che sei un validissimo guerriero degno della mia massima stima, come fai a dire che l'avresti avuta vinta contro un uomo d'armi del calibro del re Kodrun? Io stesso non mi sentirei di affermarlo, se avessi contro un rivale come lui. Perciò, prima che sia troppo tardi, ti invito a dominarti e ad avere più buonsenso nelle tue azioni!»
Ircos non replicò al grande uomo, che era l'irreprensibile parente Nurdok. Invece, fino al rientro al loro accampamento, preferì restarsene taciturno e, in un certo qual modo, quasi immusonito. Naturalmente, si trattava del suo modo di esprimere il proprio dissenso interiore, quando aveva come interlocutore l'impareggiabile eroe, che era il cugino. Comunque, in lui non c'era mai un atto di resipiscenza, neppure per fare contento colui che gli si mostrava costantemente paziente ed evitava di punirlo per le sue bravate. Le quali, per sua fortuna, non erano ancora da considerarsi gravi. Ma per quanto tempo la pazienza di Nurdok sarebbe durata in avvenire? Probabilmente, ancora per poco, come tra breve avremo modo di constatare, seguendo gli avvenimenti che stavano per accadere.