259°-IVEONTE E TIONTEO NELLA CITTADELLA DEL LUPISMO

La Cittadella si presentava circondata da una cerchia di mura alte sei metri e spesse due; mentre la sua unica porta di entrata era esposta ad ovest. Presso la quale restavano sempre di guardia una dozzina di Teste di Lupo, che avevano il compito di impedire l’accesso ai non appartenenti alla loro religione. Inoltre, esse avevano l’incarico di dissuadere i piccoli gruppi di facinorosi dall’entrarvi. Volendo essere più precisi, ci riferiamo a quelli formati da poche unità di individui, che avessero intenzione di recare disturbo a quanti trascorrevano una vita serena all’interno della Cittadella. Le medesime Teste di Lupo avevano pure un secondo compito, il quale era quello di vietare l'ingresso a coloro che miravano a dissacrare i valori religiosi predicati dal venerabile Tusco.

Non appena Iveonte e Tionteo si trovarono al loro cospetto, le dodici Teste di Lupo, che vi facevano da sentinelle, non li videro affatto di buon occhio. Quando poi si accorsero che essi si trascinavano appresso con le mani legate la loro illustre danzatrice, allora le si videro infiammarsi all’istante; inoltre, le stesse decisero pure di punire la tracotanza dei due forestieri. Invece il loro intervento, che si manifestò fin dall’inizio carico di ostili propositi, non trovò i loro due avversari d'accordo con la loro intenzione punitiva. Infatti, i due giovani, una volta fatta svaporare la loro furia iniziale, limitandosi soltanto a difendersi, li attaccarono subito dopo con colpi magistrali e tremendi. Essi, essendo stati eseguiti con una tecnica completamente nuova e sconosciuta agli sventurati loro assalitori, li costrinsero a subirli senza avere il tempo di farsene una idea oppure di capirci qualcosa sulla loro esecuzione. Ma la sopravvenuta morte non gli concedette nemmeno il tempo di riflettere su ciò che stava accadendo ai loro corpi, mentre venivano trafitti mortalmente.

La reazione dei due giovani, essendosi dimostrata un vero contrattacco ciclonico e funesto per le Teste di Lupo che erano di guardia all’ingresso della Cittadella, sbalordì molto Ezna. Ella non immaginava che ci potessero essere combattenti così validi, per cui si convinse che neppure Fuskop, pur risultando un provetto maestro d’armi, sarebbe stato all’altezza di compiere simili prodezze. Per questo motivo, anche se in misura ancora ridotta, la ragazza cominciò a prevedere possibile la loro vittoria sulle Teste di Lupo. Specialmente poi se ogni volta i due giovani avessero continuato ad avere di fronte un gruppo di avversari non soverchiante, ma di moderata entità! Comunque, secondo il suo parere, la partita era ancora interamente da giocarsi tra i due giovani ardimentosi e le numerose Teste di Lupo. Perciò non si potevano fare ancora delle previsioni di un certo affidamento, a lungo o a medio termine!

Dopo aver sterminato i loro primi aggressori, Iveonte e Tionteo, insieme con lei, oltrepassarono la porta d’ingresso della Cittadella. Di lì poi si diedero a spostarsi secondo gli itinerari che venivano proposti dalla ragazza con una certa oculatezza. Nella parte iniziale della loro avanzata, Ezna andava scegliendo per loro due i soli luoghi, i quali di norma si presentavano sorvegliati da un numero ridotto di Teste di Lupo. A suo avviso, comportandosi in quel modo, salvo imprevisti, i suoi accompagnatori avrebbero avuto abbastanza spianata la strada che conduceva alla vittoria. In pari tempo, ella sperava che essi venissero a fronteggiare il grosso dei loro nemici il più tardi possibile, ossia quando il loro numero sarebbe diventato almeno la metà. Così i due giovani in questo modo avrebbero avuto maggiori probabilità di batterli, senza correre grossi rischi. Ma intanto che la ragazza faceva introdurre Iveonte e Tionteo nei primi ambienti della Cittadella, già da diverse ore Fuskop era apparso come se stesse friggendo sopra una graticola. Lo avevano preoccupato il mancato ritorno delle Teste di Lupo da Polsceto e la consegna della nuova fanciulla polscetana rapita, la quale non era stata effettuata da loro nel tempo stabilito.

Infine, volendo mettersi un po’ l’animo in pace, aveva mandato a chiamare presso di sé Laoz. Costui era diventato il suo nuovo luogotenente, dopo che c’era stata l'eliminazione fisica di Stulko da parte sua in piena segretezza. Così gli aveva ordinato di prendere con sé cinquanta Teste di Lupo e di andare ad indagare sul perché i rapitori inviati a Polsceto stavano tardando troppo a rientrare alla base. Ricevuto l'ordine da lui emesso, il suo braccio destro era partito subito; però, non appena era giunto con i suoi uomini alla porta di accesso alla Cittadella, vi aveva trovato uccisi tutti gli uomini che vi stavano come sentinelle. Allora le salme dei loro commilitoni avevano suggerito a Laoz di interrompere la missione che gli era stata affidata dal suo capo e di precipitarsi subito da lui per metterlo al corrente di quanto aveva scoperto in quel luogo. Ma la sgradita notizia ricevuta dal suo uomo di fiducia aveva accresciuto in Fuskop il pessimo umore. Per questo egli gli aveva annullato la precedente missione e gliene aveva affidato una differente. Questa volta aveva conferito a Laoz l’incarico di scoprire i responsabili dell'uccisione delle sentinelle che effettuavano regolare servizio nel posto loro assegnato. In merito a ciò, Fuskop aveva incaricato il suo braccio destro di intraprendere anche delle indagini ad ampio spettro. Dopo, in base alle prove raccolte, si sarebbe dovuto accertare chi erano stati gli autori del massacro. A dire il vero, in maniera precipua, all'irascibile soprintendente delle Teste di Lupo era premuto venire a sapere al più presto se quelli che avevano trucidato le guardie, dopo aver consumato l’eccidio, si erano allontanati dalla Cittadella oppure i massacratori si aggiravano ancora impuniti all'interno della cerchia delle sue mura.

Una volta esperita la totalità dei mezzi a sua disposizione, alla fine Laoz se ne era ritornato da Fuskop per rapportargli quanto era emerso dai suoi contatti con le poche persone del vicinato. Egli, cioè, era stato informato che, ad uccidere i loro dodici compagni d’armi, era stata una coppia di giovani forestieri. I quali in precedenza avevano pure preso in ostaggio la loro danzatrice Ezna. Inoltre, secondo fonti sicure, essi in quel momento si trovavano ancora dentro le mura, non essendo stati visti uscirne fino ad allora. Così anche le ulteriori informazioni che gli erano state fornite da Laoz avevano reso furibondo il capo delle Teste di Lupo. Per questo, come reazione, egli aveva dato ordine al suo vice di ricercare i temerari uccisori della dozzina dei suoi uomini e di scovarli ovunque essi si fossero annidati. Lo aveva minacciato perfino di morte, nel caso che egli non fosse riuscito nella propria missione!


Ritornando al presente della nostra storia, adesso Iveonte, Tionteo ed Ezna avevano raggiunto i giardini pensili, i quali erano situati sul lato meridionale del tempio. In tale luogo, essi non ebbero difficoltà a fare fuori la decina di Teste di Lupo che vi stavano di piantone e che avevano anche tentato di sopraffarli. Dopo, superata una scala di granito che si presentava angusta e bassa, si intrufolarono nel tempio attraverso una piccola porta segreta. Avendolo poi trovato deserto, Iveonte decise di farvi una breve sosta, allo scopo di stabilire di comune accordo sul da farsi. Ad ogni modo, non era escluso che vi avrebbero studiato qualche strategia, in base anche a quanto avrebbe proposto la ragazza. Infatti, ella era l’unica ad avere un’ottima conoscenza di quel luogo, considerato indegnamente sacro. In verità, il giovane eroe non intendeva sfuggire alle Teste di Lupo, poiché il suo scopo, al contrario, era proprio quello di cercarle e di snidarle per travolgerle con il suo inestimabile valore militare e con il suo indomito coraggio. Perciò, dopo aver chiarito i suoi successivi propositi all’amico Tionteo, si affrettarono ad uscire dal tempio, sempre traendosi dietro la ragazza per finta. Costei, infatti, continuava a recitare la parte della sequestrata, fingendo a volte anche una certa opposizione. Ma sull’ampia scalea essi si imbatterono in una cinquantina di Teste di Lupo, le quali erano capitanate da Laoz. Costui, dopo aver fatto presente ai suoi uomini che i loro due avversari erano dei tipi molto pericolosi, li aizzò a farne carne da macello. Invece sarebbero stati i suoi subalterni ad essere travolti come ramoscelli dai colpi possenti dei due giovani. Poco dopo, come previsto, la perizia d’armi dei due eccezionali forestieri si dimostrò qualcosa di fenomenale, intanto che andava stecchendo e decimando con rapidità quelli che da saccenti si erano ripromessi di ammazzarli, senza avere neppure un goccio di pietà. Alla fine, quando oramai rimanevano in piedi a resistere poche unità della sua intera scorta, Laoz deliberò di salvare la pelle con la fuga.

Scappato da quel luogo, egli si presentò al suo capo Fuskop. Una volta in sua presenza, gli riferì ogni cosa, senza omettere le sue avvilenti impressioni, le quali riuscirono a frastornarlo molto più che se ci fosse stato un terremoto in atto. Perciò il soprintendente non ardì affrontarli di persona, benché si considerasse assai in gamba nelle armi. Viceversa preferì che fossero ancora i suoi uomini ad impegnarli in un efferato combattimento. Dopo le precedenti preoccupanti notizie, Fuskop impose al suo luogotenente di capeggiare la metà delle Teste di Lupo che erano rimaste nella Cittadella e di andare a frantumare la protervia dei due giovani profanatori. Per la verità, nonostante avesse quasi due centinaia di uomini al suo comando, Laoz non si mosse con convinzione contro la coppia degli intrepidi avversari, ritenendoli dei diavoli scatenati della peggiore specie. A suo parere, piuttosto che farsi trafiggere, essi erano disposti a radere al suolo l’intera Cittadella, ammazzando tutti coloro che vi avevano stabile dimora. Questa volta, però, Fuskop volle spiare da un posto sicuro l’evolversi dell’acceso conflitto, il quale presto si sarebbe avuto, convinto che i due giovani non potevano farcela contro un numero così ingente di Teste di Lupo. Le quali, oltretutto, avevano una discreta preparazione nelle armi ed erano anche avvezze a simili scaramucce. Invece le sue previsioni presto si sarebbero rivelate errate, poiché nessun copioso numero di nemici poteva piegare la straordinaria perizia d’armi di Iveonte. Il quale, avendone trasmesso una buona parte anche al nuovo amico Tionteo, poteva giovarsi anche del suo validissimo aiuto in quell’acre scontro. Esso, però, stava per esplodere contro le Teste di Lupo in una forma che si sarebbe rivelata terribilmente catastrofica, facendo stupire quanti avrebbero avuto modo di assistervi.

Tra le arti marziali, che Iveonte e Francide avevano apprese dal loro insigne maestro Tio, c'era anche la trottola, che già abbiamo avuto modo di conoscere e di vederla in azione. Essa era quella che risultava la più micidiale fra tutte. Ma la persona che ricorreva ad essa, per mettere in atto una simile tecnica di combattimento, doveva trovarsi a combattere contro un numero soverchiante di avversari, il quale non fosse inferiore alle cento unità. In quel caso, essa si sarebbe presentata come una macchina bellica dall'effetto dirompente e devastante per coloro che venivano a subirla dalla controparte. Dal canto suo, colui che l’attuava assumeva un movimento rotatorio incredibilmente rapido, grazie al quale, ad un certo momento, egli scompariva agli occhi dei propri numerosi avversari per farne una grande carneficina. Per farvi rendere conto di ciò che succedeva realmente, provate a legare un oggetto ad un capo di un filo di venti centimetri e poi, tenendo stretto l’altro capo con il pollice e l'indice, imprimetegli un movimento vorticoso alla massima velocità. Ad un certo punto, vedrete sia il filo che l’oggetto ad esso legato diventare invisibili e sparire ai vostri occhi. Nel nostro caso, invece, si vedevano svanire alla vista di tutti sia la persona, che si dava ad effettuare la trottola, sia la spada che egli impugnava con tutte e due le mani, mentre la teneva protesa al massimo in avanti. Così l’arma, prillando insieme con chi la reggeva, si accostava alla folla dei nemici con il suo effetto nocivo e mutilante, mettendosi a decimarli rapidamente come autentici fili d’erba.

Non appena avvistò le Teste di Lupo in fondo alla piazza antistante al tempio, mentre avanzavano alteri e con passo serrato, Iveonte si rivolse all’amico e gli disse:

«Tionteo, adesso dovrai restartene qui sul sagrato a far compagnia ad Ezna, poiché questa volta dovrò vedermela da solo contro le Teste di Lupo. Esse, come puoi osservare, sono in sostenuto avvicinamento. Hai inteso, amico mio, ciò che ti ho riferito oppure no?»

«Perché, Iveonte,» il Terdibano gli chiese quasi risentito «proprio in questa circostanza vuoi rinunciare al mio aiuto, come non hai mai fatto? Lo so che, anche se i tuoi avversari fossero mille, lo stesso li sbaraglieresti senza difficoltà e ne usciresti vittorioso. Ma anch’io, come sai, ci tengo a fare la mia parte, quando è da abbattersi il male e l’ingiustizia. Inoltre, combattere al tuo fianco per me è una soddisfazione ed un grande onore, per cui mi riempie di orgoglio! Tu dovresti già saperlo!»

«Nessuno ti contesta quanto affermi, mio caro Tionteo. Stavolta, però, la tecnica di combattimento che dovrò mettere in campo contro l'ingente numero dei nostri nemici, potrebbe nuocere anche a te, se tu ti trovassi al mio fianco. Invece io intendo arrecare il male soltanto ai nostri avversari. Perciò aspetta qui e prepàrati a renderti conto da solo del motivo per cui ho voluto escluderti dalla prossima catastrofica mischia!»

Lasciato poi Tionteo, il quale si era incuriosito moltissimo alle parole dell’amico, Iveonte andò incontro ai nemici, che avanzavano in assetto di guerra. Essi adesso, approssimandosi a lui, avanzavano ostili e minacciosi attraverso l’ampia piazza; anzi, ne avevano già percorso la metà. Quando poi lo ebbero raggiunto, le Teste di Lupo immediatamente lo circondarono e cominciarono a stringere il loro cerchio, come se volessero schiacciarlo nella loro morsa opprimente. Invece, non appena le loro prime file furono distanti da lui un paio di metri, Iveonte passò a strabiliarle tutte in modo clamoroso. Tenendo allungata in avanti la sua spada con entrambe le mani, egli si diede a girare su sé stesso con una velocità assurda, fino a tramutarsi in un qualcosa di impercettibile all’occhio umano. Quel rapido movimento stupì grandemente anche l'amico Tionteo, il quale non aveva mai visto compiere da parte di nessuno quel genere di prodigio. Comunque, anche le Teste di Lupo più vicine ne sarebbero rimaste senz’altro sconcertate, se avessero avuto a disposizione il tempo necessario per rendersene conto e per avviare una loro valutazione dello stupefacente fenomeno. Ma esse si erano viste assalire e trucidare da quel miracolo vivente che, tutto ad un tratto, si era trasformato in una invisibile forza concreta. Difatti essa agiva contro di loro senza essere percepita visivamente; invece veniva soltanto avvertita di fatto sui loro corpi. I quali così si ritrovavano maciullati e ridotti in fin di vita nel modo più orrendo che ci potesse essere.

Iveonte, a dirla in breve, giravoltando in quella maniera su sé stesso, si insinuava tra la schiera degli avversari, proprio come se si fosse trasformato in un vero ciclone inavvistabile, dando così origine in mezzo a loro a sconvolgimenti e a disastri irreparabili. Dappertutto egli destabilizzava, sconquassava, falcidiava e produceva rivoli di sangue sull'acciottolato. Il giovane eroe dovette piroettare per quasi una decina di minuti, prima di riuscire a mettere fuori combattimento i tre quarti delle Teste di Lupo, le quali, agendo incautamente e con presunzione, avevano avuto l’ardire di assalirlo e di ridurlo in una poltiglia irriconoscibile. Anche lo sbigottimento di Fuskop non era stato da meno, dal momento che in tutta la sua vita non gli era mai capitato di essere presente a qualcosa di così straordinario nell’arte del combattere. Perciò le sue chiare intenzioni erano state quelle di tenersi molto alla larga da un guerriero così in gamba. Il quale prodigiosamente riusciva ad effettuare azioni davvero mirabolanti nella scherma.

A quel punto, Iveonte pose fine alla tecnica della trottola, per cui si unì a lui anche Tionteo nel combattere contro i restanti cinquanta nemici. Questi, a dire la verità, adesso si mostravano più timorosi e spaventati, che non interessati a darsi a spavalderie di qualsiasi genere. Infatti, ciò, a cui avevano assistito, era bastato a renderli di stucco, a sbigottirli e a credere che il giovane forestiero fosse una sorta di divinità. Così, se all’inizio avevano mostrato un animo pavido, poiché intimorite dall’effetto trottola di Iveonte, dietro esortazione del loro capo Laoz, le Teste di Lupo rimaste indenni dopo ripresero coraggio e si misero a pugnare con grande animosità. Ma i due giovani amici si mostravano più fieri e più combattivi di loro, dandosi a scardinare con colpi irreparabili la loro determinazione e la loro prepotenza. Essi facevano grandinare in mezzo ai loro accaniti avversari fendenti ed allunghi a volte mortali, altre volte orribilmente mutilanti, seminandovi in quel modo urla a volte di dolore e altre volte di grande disperazione. Combattendo con tale ardimento, Iveonte e Tionteo facevano rimpiccolire sempre di più il loro numero, il quale si andava assottigliando di minuto in minuto, venendo esso privato rapidamente di decine di membri alla volta. Le loro spade apparivano come due lunghe falci, le cui lame arcuate, nella stagione estiva, prepotentemente si davano a troncare le grandi distese di biondeggianti spighe. Ciò, perché le Teste di Lupo, ineluttabilmente venivano falciate e sterminate allo stesso modo degli esili steli di frumento. I quali potevano solo assistere impotenti al loro taglio, non essendo in grado di contrapporre a quegli arnesi agricoli alcuna resistenza.

Quando infine restava sul campo l’ultima decina delle sue Teste di Lupo a tener testa ai due intrepidi giovani, Laoz, per salvare la propria pelle, stimò di grande utilità per sé svignarsela di nuovo, come aveva fatto in precedenza, e raggiungere il suo capo Fuskop. Nell'agire così, fece in modo che i suoi uomini non si accorgessero che egli si defilava; ma oramai anche per quelle Teste di Lupo la morte si prevedeva imminente. Perciò, pochi istanti dopo, esse furono ugualmente caricate e falcidiate dall’aggressiva e decimante macchina bellica dei loro antagonisti. Essi avevano sferrato il loro ultimo attacco con una veemenza inarrestabile, fino ad azzerare il numero dei loro avversari. I quali in quel momento si potevano scorgere al suolo senza vita oppure agonizzanti. Difatti alcuni di loro emettevano ancora dei gemiti, che erano dovuti alle loro ferite, poiché esse non risultavano del tutto mortali. Ultimata infine l’ecatombe del folto numero delle Teste di Lupo, i due intrepidi giovani se ne ritornarono presso la danzatrice Ezna. Allora ella, per prima cosa, desiderò complimentarsi con loro per la stupenda prova data a danno degli uomini del suo odioso ex amante. Successivamente, la ragazza ci tenne ad aggiungere:

«Sono sicura che Fuskop avrà seguito lo scontro da un luogo appartato e adesso più che mai vorrà evitare di affrontarvi. Ma se non vorrà esporsi in prima persona, di certo egli si servirà delle Teste di Lupo che ancora gli restano, allo scopo di tramare orribili cose contro di voi. Magari ci farà andare di mezzo delle persone innocenti, pur non avendo esse alcuna colpa in questa maledetta vicenda!»

«Hai perfettamente ragione, Ezna.» approvò Iveonte «Egli non oserà più intervenire contro di noi, come ha fatto fino a questo momento, essendosi reso conto con quali nemici invincibili e pericolosi ha a che fare. Perciò mi chiedo preoccupato quale sarà la sua prossima mossa, che di sicuro sarà scorretta; anzi, risulterà un’autentica carognata a scapito di persone, le quali non hanno alcuna colpa in questa vicenda.»

«Secondo me, Iveonte,» interloquì Tionteo «Fuskop fuggirà da questa Cittadella con la coda tra le gambe; né si rifarà più vedere in essa! Vedrai che accadrà esattamente come ho detto io!»

«Me lo auguro anch’io, amico mio! Ma stanne certo, Tionteo, che talune persone non sanno perdere. Per cui, quando vengono a subire una cocente sconfitta, sono disposte a prendere le decisioni più avventate, senza badare neppure alla propria salvezza! Ecco perché, fino a quando Fuskop non ci avrà manifestato le sue vere intenzioni oppure non ci avrà messi di fronte al fatto compiuto, non potremo intervenire ad impedirgli alcuna sua azione delittuosa. Speriamo che egli passi a proporcela come seria intimidazione, poiché in tal caso noi avremmo almeno qualche possibilità di sventare la sua terribile minaccia!»

«Ehi, voi, arditi e simpatici giovanotti,» domandò Ezna «intendete forse tenermi ancora legata, per tutto il tempo che egli non si decida a rendere manifesta la sua prossima mossa diabolica? Allora cosa aspettate a slegarmi e ad agevolarmi i movimenti? Sappiate che non sono disposta a tollerare ulteriormente una simile prepotenza mascolina! Dunque, se non lo fate all'istante, non vi ospiterò nel mio alloggio come persone gradite. A questo punto, mi dite cosa ho più da temere dalle Teste di Lupo e dal loro soprintendente, se mi avete dimostrato che siete voi i più forti in questa lotta? Non appena mi avrete liberata, vi condurrò nel mio alloggio personale, dove vi permetterò di riposarvi e di rifocillarvi con varie leccornie. Le quali, a detta di Fuskop, (anzi, mi pento di avergliele cucinate!) soltanto da me possono essere preparare in modo eccellente, come non potrebbe fare nessun'altra cuoca del mondo!»

Alle scherzose rimostranze della donna, Iveonte immantinente si diede a slegarla, rendendola libera nei vari movimenti delle braccia. Mentre scioglieva i vari nodi stringenti, disse al Terdibano:

«Tu, Tionteo, faresti meglio a ritornare dal nostro amico Speon. Così dopo verrete entrambi all’abitazione di Ezna. A proposito, come farete a raggiungerla, se nessuno di noi sa ancora dove si trova? Allora eseguirai il mio ordine, dopo che saremo giunti alla dimora della ragazza.»

«Vorrei sapere da te, Iveonte,» volle farsi chiarire l’amico terdibano «se hai anche qualche ordine preciso da darmi, in merito all'arrotino. Ossia, come dovremo comportarci con lui, considerato che dopo non ci sarà neppure Speon a sorvegliarlo da vicino?»

«In verità, non ho preso ancora alcuna decisione riguardante la sua persona di Drevio. Per il momento, perciò, dopo che lo avrete fatto sfamare e gli avrete consentito di soddisfare i suoi bisogni fisiologici, voi lo legherete di nuovo allo stesso albero. Egli dovrà restarci, fino a quando non ritorneremo da lui, per aver portato a termine la nostra missione!»

Tionteo abbandonò la Cittadella, subito dopo che egli ed Iveonte ebbero accompagnato Ezna nel suo alloggio. Ma non avendo da fare un percorso lungo per raggiungere Speon, il Terdibano coprì la distanza in breve tempo, ossia prima che il sole indicasse con i suoi raggi che era mezzogiorno. Una volta presso il Borchiese, Tionteo subito volle dargli la bella notizia che la sua amica di infanzia, cioè Fisia, era ancora viva; ma poi si diede a raccontargli quanto era accaduto all'amico e a lui. Soprattutto si dilungò sulle prodezze di Iveonte, il cui racconto sbalordì il solo Drevio, il quale non voleva credere alle proprie orecchie. Alla fine, avendo eseguito ogni ordine del loro eroico compagno, Tionteo e Speon pervennero alla confortevole casa della danzatrice, giusto in tempo per mettersi a pranzare. Così ella, con le ottime pietanze da lei cucinate, che si presentavano calde ed appetitose, permise ai suoi tre ospiti graditi di ristorarsi il più possibile e nel migliore dei modi.


Dopo la consumazione del pasto, Ezna condusse Iveonte e i suoi due amici a visitare i vari reparti della Cittadella, senza che essi trovassero in nessun luogo delle sorprese da parte delle Teste di Lupo di Fuskop. Anzi, dappertutto non veniva scorta neppure l’ombra di loro. Quando poi si giunse nell’imenon, la danzatrice presentò la sua compagna Fisia ai tre amici che l’accompagnavano. L’avvenente giovane, in quel preciso momento, faceva poppare il suo bambino di appena due mesi, intanto che l'osservava con i suoi occhi dolci. Allora la ragazza avvertì molto disagio, mentre si mostrava ai tre sconosciuti maschi in quella posizione. La quale la obbligava a tener scoperto uno dei suoi seni, che si mostrava perfettamente modellato da madre natura. A causa di quella circostanza imprevista, all’istante la si vide allora diventare assai timida, ma soprattutto erubescente nel volto, per la grande vergogna. Mentre osservava i suoi graziosi lineamenti per la prima volta, a un tratto, colmo di giubilo, Speon le esclamò:

«Oh, la mia dolce Fisia! Finalmente, dopo tantissimi anni, ti rivedo già donna fatta! Non sai quanto il mio cuore si è messo a gioire, per il fatto che mi sei di fronte! Non sai quanto io abbia pensato a te, in tutti questi anni che siamo rimasti lontani! Non sai quanto ti abbia voluto bene, dopo il nostro ultimo incontro avvenuto nella nostra fanciullezza! Per fortuna il destino ha voluto che tu vivessi ed io ti rincontrassi!»

Ma poi il giovane borchiese, si accorse che la figlia di Cufione si mostrava sorpresa dal suo subitaneo e frenetico intervento. Per il qual motivo, ella palesava di non riuscire a connettere un accidente, in riferimento alle parole da lui pronunciate. Allora il giovane, volendo correggersi e scusarsi per non essersi presentato, le precisò:

«Sono Speon, mia amabile Fisia, il tuo carissimo amico di infanzia! Non ti ricordi più di me? Noi due, quando eravamo ragazzi, siamo stati compagni inseparabili. Ci divertivamo perfino a fare grandi progetti per il nostro futuro, ossia per quando saremmo diventati adulti. Un giorno mi chiedesti perfino di sposarti da grande, poiché sarei stato il marito ideale per te! Ora rammenti ogni cosa di me, amica mia carissima?»

Questa volta le parole di Speon sortirono ben altro effetto sulla giovane mamma. Esse la commossero in modo incredibile e riuscirono perfino a farla lacrimare tiepidamente, intanto che la gioia le irraggiava il volto. Mentre si profondeva in emozioni e in lacrime, Fisia si alzò dallo sgabello sul quale era seduta. Poi, consegnato il suo piccolo all’amica Ezna per farselo reggere per pochi attimi, si lanciò ad abbracciare il caro ed indimenticabile amico della sua trascorsa puerizia. Solo quando si ritenne paga di ogni sua effusione emotiva verso il vecchio compagno ritrovato, ella si divincolò malvolentieri dal suo corpo. Nel separarsi da lui visibilmente dispiaciuta, non si esimette dal soddisfare una propria curiosità, che la preoccupava molto. Perciò gli domandò:

«Mi dici, Speon, qual è il motivo che ha spinto te e i tuoi amici a visitare questo luogo di inferno? Spero che ci siate venuti non a causa mia! Se questo fosse stato il vostro proposito, mi obblighereste a considerarvi dei veri pazzi! Ne sono più che certa!»

«Invece, Fisia, siamo proprio qui per te, se lo vuoi sapere! Siamo venuti a liberarti! È stato tuo padre a parlarci del tuo rapimento e di quello delle altre ragazze polscetane.»

«Invece Fuskop non ve lo permetterà, Speon! Sono certa che egli vi farà uccidere tutti e tre, quando verrà a sapere di voi e delle vostre intenzioni! Perciò smettete di badare a me e alla mia libertà! Anzi, vi consiglio di scappare di qui alla svelta!»

«Non preoccuparti per noi, Fisia! Fuskop, dopo i recenti avvenimenti, è diventato un uomo fallito. Egli è andato a rintanarsi in qualche buco, appunto per leccarsi le ferite che il mio eroico amico Iveonte gli ha inferto! Ti garantisco che la sua fine è imminente ed egli non potrà evitarla! Quindi, devi restare assai tranquilla!»

«Non ci credo, Speon! Non ritengo ipotizzabile una sconfitta di Fuskop, ad opera del tuo amico Iveonte! Egli ha molti armati al suo comando. Diglielo pure tu, Ezna, amica mia, che nessuno può fare niente contro il potente e prepotente Fuskop!»

«Invece, Fisia, è proprio come ti ha detto il tuo carissimo Speon: devi credergli!» la rassicurò la danzatrice «Abbastanza presto rivedrai anche i tuoi genitori e i tuoi fratelli. Ciò avverrà, dopo che Fuskop avrà avuto il fatto suo! Ed egli lo avrà tra poco tempo per mano di Iveonte!»

«Allora, Ezna,» si diede a disperarsi la ragazza «come farò a dire ai miei genitori che ho un bambino mio, il quale non è il frutto di un atto d’amore, ma di una turpe violenza carnale perpetrata a mio danno? Vorranno essi accettarmi ancora nella loro casa, quando sapranno che il mio piccolo ha per padre il più sciagurato degli uomini?»

«Certo che lo vorranno, Fisia!» Speon la tranquillizzò «Tu non hai alcuna colpa di quanto ti è capitato; ma ne sei stata soltanto la vittima! I tuoi genitori, i quali sono entrambi delle persone nobili e giuste, di sicuro non vorranno far piovere sul bagnato! Te lo garantisco io! Vedrai che baderanno unicamente a ringraziare gli dèi generosi, per averti fatta ritornare in mezzo a loro, sana e salva. Quanto al tuo meraviglioso bambino, sono certo che tua madre e tuo padre faranno a gara a chi di loro saprà tempestarlo di più di carezze! E poi ci sono io che, dopo averti ritrovata, non intendo più separarmi da te e desidero aiutarti ad allevare il tuo bambino. Sei contenta adesso, dopo le mie rassicurazioni?»

Le parole di Speon rincuorarono la poveretta e le prospettarono davanti un orizzonte migliore di come aveva immaginato, poiché ora lo scorgeva colmo di fiducia e di speranza. Nel precedente anno, esso non c'era stato per lei, per cui ella aveva dovuto soltanto subire, umiliarsi e penare incessantemente, fino a dimenticare che potesse ancora esistere per la sua persona la felicità nella realtà che le si svolgeva intorno! Ma alcuni minuti dopo, le persone, le quali avevano rappresentato per lei uno spiraglio di luce gioiosa, dovettero congedarsi da lei, poiché avevano da fare altrove. Così, dopo averla lasciata con l'amaro in bocca, esse si trasferirono di nuovo all'alloggio della danzatrice. La quale, prima che i tre giovani decidessero di coricarsi e di andarsene a letto digiuni, si adoperò per preparare loro una eccellente cena. Mentre poi dormivano, un ululo immane esplose all'improvviso nel cuore della notte, lacerando la sua quiete. Il silenzio notturno, che a quell'ora si mostrava quasi tombale ovunque, era stato prima squarciato da esso e poi sottoposto ai suoi residui strascichi vocali. Questi, ad un tempo, si traducevano in emissioni acustiche altisonanti e sommamente terrificanti, come non si erano mai udite nel passato. Allora Speon, che stava facendo il suo turno di guardia, nel sentirlo, ne rimase terrorizzato a non dirsi, fino a tremarne come una foglia al vento. Al poveretto non era mai capitato di ascoltare un ululato così possente e spaventoso. Per sua fortuna, quel verso potente e frastornante aveva svegliato anche i suoi due amici e la ragazza, i quali si adoperarono subito per chetarlo. Inoltre, essi si diedero a rassicurarlo che la bestia che seguitava ad emetterlo si trovava in un posto da cui non poteva venir fuori. Invece Ezna, da parte sua, cambiando discorso, preferì fare le seguenti sue considerazioni:

«Ecco che ci risiamo, amici miei! Adesso che Tusco si è trasformato nel Grande Lupo, per circa quindici giorni, le urla della terribile belva verranno a tormentarci di tanto in tanto. Ciò avverrà, ogniqualvolta avvertirà i morsi della fame. Il poveretto, forse a causa di una grave malattia, nella nottata di plenilunio è obbligato a subire la sua trasformazione belluina. Essa lo abbandonerà soltanto durante il novilunio, ossia quando ritornerà ad essere un uomo perfettamente normale. Secondo Fuskop, a cui capitò di assistere ad una di tali sue metamorfosi, Tusco si trasforma in un lupo gigantesco avente una lunghezza di otto metri, un’altezza di tre e uno spessore di due. Per la precisione, esso viene ad assumere una massa corporea equivalente a quella di trentadue tigri messe insieme! Vi rendete conto, miei baldi giovanotti, di fronte a quale mostruoso essere ci troviamo? Esso è incredibilmente orribile!»

«Sei certa, Ezna, che il tuo amante non avesse bevuto quella notte, quando ti riferì queste strane cose?» le obiettò Tionteo «Se vuoi avere la mia opinione, mi pare del tutto improbabile che un uomo, nel trasformarsi in una bestia simile, cioè in quella di un vero licantropo, possa anche assumere delle proporzioni tanto smisurate!»

Rivolgendosi poi all'amico, il quale aveva ascoltato la sua impressione con la massima attenzione, gli domandò:

«Invece tu, Iveonte, cosa ne pensi, riguardo alle proporzioni del Grande Lupo? Ritieni possibile che un uomo, nel trasformarsi in un lupo, possa anche assumere delle dimensioni così enormi?»

«Diversamente da te, io ci credo, Tionteo!» lo contraddisse l'amico «Il timbro del suo urlo può essere unicamente di un essere gigantesco, dalla corporatura avente le proporzioni fatte presenti da Fuskop alla sua ragazza. Perfino il forte barrito dell’elefante, al confronto con il suo verso, si rivela qualcosa di insignificante, per cui viene a destare meno preoccupazione. Invece l’ululato del Grande Lupo, a considerarlo bene, è tremendamente assordante ed orripilante, da rompere perfino entrambi i timpani, se non ti trovi ad una certa distanza da lui, ossia quella considerata di sicurezza!»

«Allora, Iveonte,» gli fece osservare Ezna «se ti sei convinto che il Grande Lupo presenta una complessione così sterminata, credo che adesso ti sarà passata la voglia di andare ad affrontarlo e ad ucciderlo dentro la caverna sotterranea in cui viene relegato! Secondo me, nessun essere umano sarebbe in grado di averla vinta contro un mostro simile, il quale è certamente il più grande della terra. Ve lo garantisco!»

«Invece devo contraddirti, Ezna! Il mio proposito di eliminarlo si è rafforzato ancora di più. Sappi, in merito, che nel mondo non ci sono mostri che io non possa abbattere ed uccidere. Quindi, nessuno potrà dissuadermi dal misurarmi con il Grande Lupo. Devi sapere che sono dotato di mezzi che sono in grado di sconfiggere anche quegli esseri mostruosi che sono forniti di una natura straordinaria! Perciò non continuare ad essere dell’idea che io possa desistere dal mio proposito, poiché esso è diventato per me un dovere imprescindibile! Anzi, in avvenire evita di aprire ancora questo argomento!»

«Invece, Ezna, ti conviene credere a ciò che ti ha affermato Iveonte.» Tionteo volle convalidare le parole dell’amico «Per lui non esistono ostacoli insormontabili di nessun genere. Oltre ad essere un vero campione imbattibile sia nelle armi che nelle arti marziali, egli, ma solo nei casi che lo richiedono, è affiancato da divinità benefiche. Le quali si mostrano molto felici di dargli una mano contro ogni forza oscura della natura di tipo malefico e contro ogni mostruosità minacciosa per l’uomo! Al posto tuo, quindi, ci dormirei sopra!»

«Certo che gli credo, Tionteo! Egli mi ha già dimostrato di saper fare cose che a nessun altro essere umano sono permesse. Adesso, però, intendo chiedere al nostro eroe come faremo a liberarci dei cadaveri delle tante Teste di Lupo che giacciono nella piazza. Se non la sgomberiamo al più presto dalle loro salme, nella Cittadella ci ritroveremo ad avere a che fare con una brutta epidemia. E nel caso che essa vi dovesse scoppiare sul serio, vi assicuro che potrebbero morire molte altre persone innocenti!»

«Non ti preoccupare, Ezna, per tale problema!» Iveonte la rassicurò «Non ci sarà difficile sbarazzarci di tanti morti, poiché essi saranno gettati nel Pozzo del Sacrificio, il quale poi dovrà essere accecato in via definitiva. Ma ciò accadrà, dopo che vi sarò sceso ed avrò portato a termine la mia missione contro oppure a favore del Grande Lupo. Può darsi che ne verrò fuori con delle sorprese per tutti, che adesso mi astengo dal rivelarvi. Per questo non vi servirà a niente farmi delle domande in merito ad esse, poiché starò zitto e non vi risponderò!»

Pochi attimi dopo, tutti si ridiedero al riposo notturno, ma solo alcuni riuscirono a riaddormentarsi; invece gli altri trascorsero il resto della nottata tra incessanti dormiveglia. Essi, però, non sempre favorirono a costoro un sonno sereno, poiché spesso procurarono agli stessi attimi di angoscia e di agitazione parossistica. Al mattino, quindi, alcuni di loro si ritrovarono completamente rilassati; mentre altri avevano il sistema nervoso alquanto lesionato e non più controllabile. Quanto a Fuskop, durante la notte non se n’era rimasto con le mani in mano. Egli era stato impegnato a portare avanti un suo progetto, che presto avrebbe fatto conoscere a tutti, specialmente ai suoi pochi nemici. Con esso, era convinto che avrebbe tenuto in scacco il prodigioso guerriero e lo avrebbe costretto in quel modo ad abbandonare la Cittadella.


Prima dello spuntare dell’alba, il soprintendente delle Teste di Lupo, presi con sé tutti gli uomini che ancora gli restavano, si era condotto nell’imenon. In quel luogo, aveva fatto sequestrare da ciascuno di loro una donna a cui aveva fatto anche legare le mani dietro la schiena. Egli si era comportato allo stesso modo anche con Fisia, la quale si teneva il bambino tra le braccia, nonostante il piccolo fosse pure suo figlio. Dopo aveva impartito ai suoi uomini l’ordine di condurle con la forza sulla sommità delle mura. Una volta raggiunta la parte superiore della cinta muraria, la cui superficie era transitabile, Fuskop aveva dato alle sue Teste di Lupo un nuovo ordine. Intanto che esse formavano una lunga fila, ciascuna doveva tenersi davanti a sé la rispettiva donna sequestrata con la faccia rivolta verso l’interno della Cittadella, stando attenta a non lasciarsela sfuggire. Ad una prima valutazione, chiunque avrebbe immaginato che ogni donna avrebbe dovuto fare da scudo al sequestratore che la teneva ferma con le mani legate dietro la schiena. Invece Fuskop aveva voluto che le donne rimanessero in quella posizione, perché i loro custodi potessero facilmente spingerle giù, nella eventualità che egli avesse dato un tale comando per un motivo qualsiasi. Attuata la prima parte del suo piano, lo scellerato uomo aveva atteso che si affacciasse il nuovo giorno, affinché il suo nemico si svegliasse e si facesse vivo nella piazza antistante alla costruzione templare. Così egli avrebbe potuto minacciarlo nel modo che soltanto lui conosceva.

Dopo i primi albori, il sole, levandosi sempre più alto nel cielo, infine venne ad invadere l’alloggio di Ezna, dove i suoi raggi profusero la loro luce abbagliante. Allora le loro tiepide carezze vi destarono le persone che vi dormivano ancora come ghiri; inoltre, le invitarono pure a sgranchirsi le intorpidite membra con vari movimenti adatti alla circostanza. Dal canto loro, quelli che la luce solare aveva sorpresi già svegli, si limitarono ad accettarla come un segno di saluto, da parte del giorno. Ma più tardi, al termine delle loro abituali abluzioni del mattino, le quali avevano interessato le mani e il volto, Iveonte e i suoi amici si diedero a consumare una colazione sostanziosa, per essere stata già preparata per loro dalla prodigale padrona di casa. In seguito, muovendosi in gran fretta, si recarono tutti all’imenon per andare a prendere Fisia e il suo bambino, con l’intento di metterli al sicuro dalla malvagità di Fuskop. In quel luogo, però, essi appresero ciò che durante la notte era capitato a loro due e alle altre donne che vi vivevano, per iniziativa del capo delle Teste di Lupo. A tali brutte notizie, Iveonte e Tionteo si lanciarono nella piazza della Cittadella, dove presero coscienza della macchinazione diabolica messa in atto dal loro irriducibile rivale.

Non appena li scorse dall’alto delle mura, Fuskop, pieno di supponenza, incominciò a gridare con un tono maligno al solo Iveonte, mettendoci l'intera voce che aveva in corpo:

«A questo punto, illustre campione, mi dici come farai a salvare tutte queste donne? Nessuna di loro per noi significa qualcosa e quindi siamo pronti a sbarazzarcene senza alcuna pietà! Ciò avverrà senza meno, se tenterai di raggiungerci quassù con il tuo amico. Comunque, un fatto del genere avverrebbe ugualmente, nel caso che tu e lui, giunto mezzogiorno, vi faceste trovare ancora nella Cittadella. Perciò ti consiglio di meditare saggiamente su ciò che ti ho appena riferito e, per il loro bene, di prendere la decisione giusta. Solamente così le donne che vedi nelle nostre mani, insieme con questo grazioso bambino, non faranno un bel salto nel vuoto e non andranno a fracassarsi le ossa sul suolo sottostante! Dopo essermi spiegato abbastanza, a questo punto affido a te le vite preziose di queste persone. Ti raccomando di rifletterci bene, se vuoi che esse vivano! Uomo avvisato, mezzo salvato!»

Quando Fuskop ebbe finito di parlare, i due amici rientrarono all’istante nell’alloggio di Ezna per consultarsi senza indugio sul da farsi. Ma presso l’abitazione della danzatrice, Iveonte palesò ai presenti che Fuskop, fra tutte le situazioni da contrapporre alla sua invincibilità, era riuscito a trovare la peggiore per lui. Infatti, ogni sua mossa avversa ai nemici avrebbe messo in serio pericolo la vita di tante persone innocenti. Secondo il suo parere, solo se egli fosse riuscito a portare davanti agli occhi delle Teste di Lupo il sacerdote Tusco, esse non avrebbero ubbidito all’ordine del loro soprintendente, nell'evenienza che egli avesse ordinato loro di liquidare le donne. Come mitico fondatore della setta e come indubbio loro capo carismatico, egli sarebbe stato ascoltato più di Fuskop. Perciò occorreva trarlo in salvo, prima che il sole raggiungesse la sua massima altezza e facesse giungere mezzogiorno sulla Cittadella.

«Iveonte,» gli obiettò Tionteo con franchezza «se Tusco adesso è una temibile belva che non vuol sentire ragione, come riuscirai a farlo ridiventare un uomo normale e a condurlo in superficie? Per la quale ragione, non ti sembra che ti sarà davvero impossibile ottenere un fatto del genere? Dunque, me lo spieghi, amico mio?»

«Di certo non ti sbagli, Tionteo, a pormi una domanda simile. Stando a tutte le mie possibilità umane, non potrei mai operare un prodigio di questo tipo. Ma come tu stesso hai dichiarato prima ad Ezna, ho sempre a disposizione un prezioso asso divino nella manica, al quale posso ricorrere nelle mie missioni impossibili. Perciò, se avrai fede in me, ti capiterà di assistere ad un nuovo miracolo!»

«Hai ragione, Iveonte! È stato un mio errore imperdonabile farti la mia precedente obiezione in forma di domanda. Dunque, sento il dovere di chiederti venia, essendo convinto che me la concederai!»

«Ci dici come farai, imbattibile Iveonte, a calarti nel Pozzo del Sacrificio,» gli chiese a sua volta la ragazza «se non abbiamo neppure una corda tanto lunga da farti raggiungere il fondo di esso? Oppure pensi di pervenirvi in un modo diverso, che non conosciamo? Allora cosa sai rispondermi, in merito anche a questa mia domanda?»

«Non occorrerà alcuna corda, Ezna, visto che non mi servirò del pozzo per arrivare al Grande Lupo. E poi, se mi ci facessi calare da voi con una lunga corda, la mia discesa in esso sicuramente non sfuggirebbe a Fuskop, il quale non smette di sorvegliarlo. Allora egli si precipiterebbe ad uccidere voi e a precludere a me il ritorno dal pozzo. Infine si adopererebbe per condannare me e Tusco a morire di fame, privandoci di qualsiasi cibo per tutti i giorni avvenire. Sono certo che egli stoltamente ci proverebbe, essendo all'oscuro delle mie ingenti potenzialità!»

«Iveonte,» gli chiese ancora l’amico «ci dici per favore in quale altro modo intenderesti raggiungere il sacerdote Tusco, se non vuoi ricorrere a tale via di accesso, che sarebbe l’unica a permettertelo?»

«È molto semplice, Tionteo. Adesso andremo nel tempio e vi scopriremo ad ogni costo il passaggio segreto che porta ai sotterranei della Cittadella. Dovessimo ridurre il luogo di culto in mille pezzi, pur di riuscire a trovarlo con la nostra intensa ricerca!»

Alcuni minuti dopo, il giovane eroe e gli altri si trovavano già nell’interno del tempio. Lì essi intrapresero immediatamente le ricerche del passaggio che Tusco aveva sempre tenuto nascosto a tutti gli appartenenti alla setta. Anche se poi Fuskop alla fine era riuscito a scoprirlo con scaltrezza, ossia pedinando il Sommo Sacerdote assiduamente e con circospezione. Comunque, prima che nel sacro edificio, Iveonte volle dare una occhiata alla parte esterna di esso. Ma lì si rese conto che i suoi muri perimetrali erano completamente liberi, senza nessun ambiente addossato a qualche loro parte. Così pure si accertò che anche all’interno le pareti si presentavano allo stesso modo, per cui le escluse dalla sua ispezione. Secondo il suo parere, essendo libere, le une e le altre non potevano nascondere alcuna postierla, la quale avrebbe potuto condurre ad un cunicolo diretto alla caverna situata sotto la Cittadella.

Allora egli decise di perlustrare bene anche il pavimento e qualunque altra parte che, per la sua conformazione, potesse far sospettare al suo interno una cavità adatta a contenere il passaggio segreto. Ma dopo essersi guardato bene intorno, il riflessivo giovane si rese conto che, oltre all’impiantito, era l’altare a presentarsi fortemente indiziato. La cui parte sottostante formava un parallelepipedo del tutto chiuso lateralmente e ricoperto da una spessa lastra di granito rosato, il quale sporgeva di circa mezzo metro torno torno a tale solido. Invece il basamento dell’altare era lungo tre metri, largo due e alto un metro e trenta. Perciò, come la riflessione gli faceva notare, la sua capienza poteva benissimo ospitare il passaggio segreto che conduceva direttamente all’immensa caverna del Grande Lupo. Perciò valeva la pena ispezionare ogni suo centimetro quadrato ed effettuarvi un esame approfondito per scoprirvi il marchingegno che avrebbe fatto aprire una delle sue superfici laterali.

Alla fine, senza alcuna difficoltà, Iveonte individuò la leva che, opportunamente manovrata, faceva aprire la faccia posteriore dell’altare, a guisa di botola. La sua apertura, mediante una scaletta costituita da un esiguo numero di gradini, consentiva poi ad una persona di introdursi nel tunnel che avviava ai sotterranei della Cittadella. La parte dell’altare in questione, ad ogni modo, non era di marmo come le altre tre superfici laterali e come si voleva far credere a quanti vi facessero poggiare i loro occhi; invece l’intera sua sagomatura risultava semplicemente di legno. Sul suo lato esteriore, però, la tecnica pittorica le conferiva egregiamente l’effetto dello stesso marmo usato per ricoprire le restanti facce laterali. In questo modo, l’occhio dell’osservatore veniva facilmente ingannato dall'ottima pittura, fino al punto da fargli credere che anche il suo lato retrostante fosse di materiale marmoreo e non ligneo, traendolo facilmente in errore. Solo che il trucco non aveva funzionato con Iveonte, poiché egli non si era affatto lasciato ingannare da esso.