258°-LA VITA DI FISIA, DOPO IL SUO RAPIMENTO

Rapita ai suoi cari familiari dalle Teste di Lupo, Fisia era stata condotta in gran fretta al tempio della setta. Comunque, prima di raggiungerlo, c’erano voluti tre giorni esatti di sostenute galoppate. Esse erano state interrotte soltanto da pause dovute ai riposi e ai ristori diurni, nonché alle dormite notturne. Ma nonostante il lungo viaggio l’avesse stancata parecchio, procurandole vari strapazzi fisici, durante il percorso la ragazza non era andata incontro ad alcun tipo di sofferenza imputabile ad altri fattori. Difatti non le erano stati riservati maltrattamenti né fisici né di altra natura, da parte dei suoi rapitori. Essi, però, mentre percorrevano le diverse zone, si erano dimostrati terribilmente poco loquaci. Invece i guai della poveretta si sarebbero presentati al termine del suo stancante viaggio, di preciso dopo essere stata consegnata dalle Teste di Lupo al loro lussurioso soprintendente. Tuttavia, se da quel viaggio non le erano derivati problemi di alcun genere, come la violenza fisica o psichica, ciò neppure equivaleva ad ammettere che esso fosse risultato alla ragazza una escursione di piacere. Per intenderci meglio, di certo non era stato dei migliori lo stato d’animo con cui la giovane figlia di Cufione si era ritrovata a convivere dopo il suo rapimento. Ella si era vista strappare con cinismo alla sua famiglia da sconosciuti, che non si lasciavano guardare in faccia e non le promettevano nulla di buono.

In Fisia, tutto ad un tratto, si era avuto lo sconquasso dell'intimo, poiché esso, volendo essere obiettivi, in quella brutta circostanza aveva accusato un colpo frastornante e quasi mortale. La sventurata aveva sofferto interiormente come non le era mai capitato; si poteva affermare che aveva penato fino all’inverosimile. Per questo, mentre la trascinavano e la portavano lontano dai propri cari, i più terribili pensieri l’avevano spinta ad abbattersi enormemente. Alla fine essi l’avevano gettata in uno sconforto e in un avvilimento desolanti. I quali avevano lasciato intravedere davanti a lei un unico futuro, quello di un ignoto destino senza sbocco. Ma esso, in quelle ore terribili, era stato in grado di condurla soltanto alla disperazione totale e alla frantumazione della sua psiche. La ragazza si era vista smarrire nel vuoto assoluto, nel totale disorientamento che la privava di ogni certezza, nella paralizzante incapacità di reagire, nel dissestante blocco di qualunque risposta emotiva. Era stato come se l’intera realtà del suo essere interiore si fosse arrestato e non trovasse più la forza di connettere e di ripartire. Ogni suo sforzo di reazione si era dimostrato lesivo dell'intera compagine della sua personalità, oltre che distruttivo del suo io agente e pensante!

La consegna della ragazza al loro capo, da parte delle trenta Teste di Lupo che l’avevano sequestrata, era stata effettuata all'imbrunire. Fuskop, però, essendo incalzato in quel momento da un altro impegno urgente, non aveva avuto il tempo di darle un’occhiata neppure di sfuggita. Perciò, in attesa che andasse a prestarle le sue attenzioni satiresche, egli aveva ordinato a quattro uomini della sua scorta di farla prima rifocillare per bene e di condurla poi nel posto che esse già conoscevano molto bene. Ma più tardi, quando la mezzanotte era già passata, il soprintendente delle Teste di Lupo aveva raggiunto il confortevole ambiente, essendo intenzionato a fare sbollire la sua incontinente satiriasi. Qualche ora prima, egli era stato a cena presso il Sommo Sacerdote Uondos, che aveva rimpiazzato Tusco, quando c'era stata la sua misteriosa sparizione dalla Cittadella. Dopo che si era introdotto nel sacrificatoio, Fuskop si era trovato di fronte al solito spettacolo, che ormai conosceva a menadito. Esso, ad ogni modo, esattamente come in quell’istante, lo aveva sempre eccitato da morire. Infatti, gli uomini da lui scelti per tale incarico, quando giungeva la nuova vittima sacrificale del mese, giunta la sera, gliela facevano trovare in esso già preparata, secondo gli ordini che avevano ricevuto a suo tempo dal loro capo. A dire il vero, quel loro compito abituale andava avanti, fino a quando non giungeva il giorno in cui la poveretta veniva immolata al Grande Lupo.

Adesso Fisia gli giaceva davanti supina e completamente nuda, legata allo stesso modo delle altre che l’avevano preceduta in quel luogo, a cui era stato dato il nome di sacrificatoio. Se prima dell’arrivo di Fuskop aveva mostrato una relativa calma, avvenuto il suo ingresso, ella era venuta a turbarsi in modo incredibile. Tale sua reazione c’era stata, non appena l'ignoto uomo, con una certa protervia, aveva iniziato a spogliarsi anche lui in sua presenza. In quello stesso momento, la ragazza istintivamente aveva tentato con vari sforzi di liberarsi dai legacci, i quali le tenevano fissati al suolo sia i polsi che le caviglie, tenendovela immobilizzata e totalmente impotente ad ogni tipo di reazione. Anzi, a quel punto, ella aveva anche cercato di gridare con quanta voce avesse in corpo; ma il bavaglio, che le tappava la bocca, non le aveva consentito di emettere neppure un filo di voce. Così lo sconosciuto, ad onta di ogni pudore, aveva potuto continuare a denudarsi del tutto, intanto che faceva torreggiare, quasi ad un passo dal nudo corpo di lei, il proprio fusto possente, la cui postura si presentava ritta e frontale rispetto a lei. Ma una volta che si era spogliato di ogni indumento da lui indossato, egli si era dato a toccarsi quella che risultava la sua unica parte erettile.

A quella scena da lei ritenuta riluttante, Fisia era stata colta da un malessere generale. Anzi, la sua vista era venuta quasi ad annebbiarsi, essendo sopravvenuta in lei un attacco di isteria di conversione. Per la quale ragione, tale forma isterica trasformava i suoi conflitti psichici del momento in modeste alterazioni della sua sfera sensoriale; ma per ora, aveva riguardato più palesemente la sua parte che riguardava la facoltà visiva. In seguito, però, pure i suoi arti si erano messi a dimenarsi freneticamente, come se volessero spezzare le loro legature e divincolarsi da esse. Ma oramai la ragazza non poteva sfuggire all’intemperante lussuria di quell’essere spregevole e volgare, il quale già aveva deciso di andare all’arrembaggio dell'allettante corpo di colei che adesso appariva interamente in sua balia. Era evidente che l'intenzione di Fuskop era quella di possedere la ragazza al più presto e dilettarsi con le sue nudità, come aveva fatto con le altre ragazze rapite che l’avevano preceduta in quel posto. Infatti, anch’esse si erano trovate nella sua stessa situazione. Perciò ogni arroccamento, da parte sua, poteva risultarle vano di fronte all’attacco libidinoso del committente del suo sequestro. Nei suoi occhi, che non smettevano di lampeggiare di una concupiscenza insaziabile, adesso si poteva scorgere l’inarrestabile voglia di profanare la sua verginità e di coglierne l’agognato frutto, allo scopo di conseguire il massimo godimento ottenibile nella propria sfera sessuale.

Poco dopo, senza perdere altro tempo, Fuskop si era disteso accanto al corpo della ragazza, dove, mentre giaceva appoggiato sul suo fianco destro, aveva iniziato a sfiorarle con la mano sinistra quelle parti che lo eccitavano maggiormente. I quali suoi sfioramenti manuali avrebbero dovuto infiammargli la voglia di penetrarla e di far fondere il proprio corpo con quello della nuova illibata ragazza che si trovava alla sua mercé. Come sede preferenziale, la sua mano si era scelta l’intera regione pubica della ragazza, comprese le parti interne delle cosce prossime ad essa. Con le sue manovre, egli intendeva accrescere lo stimolo sessuale di lei, oltre a quello proprio. Ma anche le sue labbra, che andavano sottoponendo il suo collo e il suo seno a sbaciucchiamenti ora appena sfiorati ora ingordi, tendevano a perseguire l’uguale obiettivo. Come era da prevedersi, nel frattempo che Fuskop si era dato ad armeggiare nei suoi giochi erotici, la reazione di Fisia non era stata affatto di accettazione e di consenso, né tanto meno di compiacimento. Ella non aveva assecondato per niente l'intento procace del suo violentatore, pur tentando costui di accendere al massimo la sua eccitazione sessuale mediante una delicata azione onanistica. Invece, con la sua opposizione, oltre a contrapporgli con tenacia un atteggiamento sistematicamente frigido, la sventurata aveva tentato di sfuggire ai suoi continui contatti di vario tipo con il proprio corpo.

La sua reazione sdegnosa, ad un certo punto, era sembrata che volesse uscirle dagli occhi, siccome i suoi arti si mostravano impotenti a neutralizzare l’intraprendenza abusiva del suo molestatore sul proprio corpo. Mediante il suo sdegno, ella avrebbe voluto addirittura fulminare l'uomo che, senza il suo permesso e a poco alla volta, si andava appropriando prepotentemente del suo corpo inviolato. L’invadenza impudente dell'abietto sconosciuto, anche se poteva presentarsi dolce per un certo verso, di fatto le andava castrando la mente e lordando il pudore, facendola sentire un essere svuotato di ogni dignità umana. Insomma, la stava scaraventando nella profonda voragine dell’abiezione, le demoliva sotto i piedi il piedistallo dell’integrità fisica, psichica e spirituale. Si trattava di quella probità che prima l’aveva sempre inorgoglita, dalla sua adolescenza in poi. Inoltre, essa l'aveva sempre fatta sentire una persona intimamente libera e dotata della prerogativa di gestire il proprio corpo a suo piacimento, senza subire imposizioni da parte di nessuno. Specialmente in quel campo oscuro, il quale anche a lei era sempre risultato inaccessibile! Per tale motivo, Fisia aveva aborrito quei preliminari e quegli approcci del suo stupratore, che ella considerava inconcepibili e proibitivi, poiché essi venivano esclusivamente a procurarle un senso di nausea, facendole perfino avvertire nell’intimo dei moti di ripulsa e di massimo ribrezzo. Per la verità, quelle sue impressioni erano cominciate ad aversi, già quando l’opera sgradevole di colui che la stava violentando era appena agli esordi. Comunque, essa faceva comprendere chiaramente che sarebbe seguitata ad andare avanti fino al raggiungimento dello scopo che egli si era prefisso, fin dall'inizio della sua attività eccitativa.

In passato, più di una volta era capitato a Fuskop di incontrare qualche ragazza con un imene molto rigido, la cui perforazione, da parte del suo organo copulatore, aveva richiesto non poca fatica e anche qualche disagio. Di conseguenza, pure la sua vittima era andata incontro ad una sofferenza fisica non di poco conto. La quale, però, non era affatto interessata al suo seviziatore, poiché per lui erano esistiti unicamente il proprio piacere e il proprio godimento. Inoltre, non tradendo la sua natura geneticamente sadica e maschilista, egli amava veder patire colei a cui stava usando la propria bramata violenza carnale. Comportandosi in quel modo, il patimento della ragazza gli aveva invece procurato una eccitazione ancora maggiore. Ogni volta che aveva avuto a che fare con una membrana imeneale né elastica né facilmente lacerabile, il soprintendente delle Teste di Lupo aveva perso la calma; anzi, era divenuto uno psicopatico esagitato. Inoltre, aveva imputato a sé stesso la difficoltà di penetrazione, giungendo perfino a considerarsi un incapace in quel campo. Allora prima era saltato su tutte le furie e poi era ricorso all’impugnatura del suo pugnale, affidando così ad essa l’opera che non era riuscita al suo membro virile, ma non per propria colpa.

Ecco perché in seguito Fuskop aveva voluto prendere le sue precauzioni in merito ed aveva fatto precedere la penetrazione dall’introduzione del suo pollice sinistro nella vagina di lei. Con esso, si era dato ad effettuare un movimento rotatorio, il quale, premendo contro le ninfe, tendeva ad ammorbidire il tessuto connettivale dell’integro imene, conferendogli così una maggiore elasticità. Perciò adesso il satiro si era dato appunto ad effettuare anche sul sesso di Fisia quel tipo di manovra, prima di passare alla sua deflorazione vera e propria, al fine di far cessare in lei la verginità muliebre. Ma tale suo espediente, oltre ad arrecare alla ragazza un fastidio ed una dolorabilità ai limiti della sopportazione, l’aveva messa allo stesso tempo in grande imbarazzo. Difatti ella si mostrava maltollerante verso un gesto del genere, il quale le risultava di una volgarità abietta e assai lesiva della verecondia di cui era andata sempre fiera. Per tale ragione, esso rafforzava in lei ancora di più l’indignazione verso il suo defloratore. Anzi, in quella odiosa circostanza, egli le appariva un essere sempre più oltraggioso ed insopportabile. Si poteva affermare che, mentre lo subiva, la poveretta si sentiva spazzare via come donna e come persona. Inoltre, si vedeva sbattere in un nulla, dove non si aveva il diritto di opporsi alle crudeltà altrui più spudorate, come quelle che stava subendo in quella disgustosa circostanza.

Quando infine aveva ritenuto sufficiente la sua manovra digitale eseguita sul sesso di Fisia, Fuskop si era disteso prono sopra il corpo di lei. Poi, con la mano, aveva posizionato il proprio turgido fallo sull’orifizio vaginale della ragazza, a cui l’imene continuava a conferire una parziale impervietà. Perciò c’era voluta ugualmente una spinta non indifferente da parte sua, prima di vederlo irrompere nella vagina della sua vittima e continuare in quel modo il suo rapporto intimo con lei. Lo sverginamento, naturalmente, aveva causato alla ragazza non solo una istantanea e breve fitta lancinante in loco, ma anche un successivo indolenzimento e un lieve sanguinamento, dovuti entrambi alla lacerazione imeneale. Alla sofferta penetrazione iniziale, era seguito, da parte dello stupratore, un incessante martellare di sfibranti colpi dentro il canale vaginale della ragazza. Era sembrato che egli volesse entrare in lei il più profondamente possibile, allo scopo di raggiungervi il pieno godimento e farvi dilagare così il suo liquido seminale. Ma non c’era voluto molto tempo, perché egli conseguisse tali obiettivi, poiché poco dopo delle forti e piacevoli contrazioni orgasmiche lo avevano catapultato nella dolce oasi del piacere. Anzi, all'improvviso, ve lo avevano fatto abbandonare con il totale rilassamento di tutte le sue funzioni organiche e psichiche.

Mentre Fuskop si era dato al suo arrembaggio lussurioso, quali erano state le reazioni fisiche e psichiche di Fisia? Ossia, ella come aveva subito la violenza di colui che la stava brutalizzando nel peggiore dei modi? Ebbene, la poveretta aveva seguitato ad odiare l'uomo, che la stava facendo da vero padrone sul proprio corpo e dentro di esso, senza che ella potesse fare nulla per vietarglielo. La ragazza non aveva potuto neppure lottare con tutte le sue forze contro la prepotenza violentatrice del suo insulso e sadico defloratore, mentre le distruggeva, mediante una ingorda appetenza sessuale, ciò che in passato aveva rappresentato per lei l'unica ragione di vita. In quei duri momenti, ella avrebbe voluto almeno graffiargli il volto per deturparglielo o fargli assaggiare la sua stizza con tutte le armi a sua disposizione. Al contrario, aveva dovuto assistere con impotenza ai vogliosi interventi sul proprio corpo da parte dell’ignoto uomo, che seguitava a profanarlo con forza e senza alcun rispetto per esso. Inoltre, la metteva di fronte a situazioni sempre più scabrose e cariche di particolari, da considerarsi indecenti e disdicevoli.

Una volta accusata la fitta acuta nel vestibolo vaginale, la disgraziata Fisia si era resa conto che il suo velo virginale era andato irrimediabilmente perduto. Ma più che sentirsi squarciare nella regione vulvovaginale, ella aveva avuto la sensazione che le fossero state lacerate in profondità la mente e la coscienza. Nella parte mentale, ella aveva avvertito la fine dei suoi sogni, delle sue illusioni, delle sue speranze, dei suoi dolci ideali. Nella parte coscienziale, invece, si era levata altissima la voce della lamentosa protesta, del rancore più profondo e della ferma riprovazione, siccome non le veniva consentito di fare qualcosa di più concreto. Da una parte, la figlia di Cufione aveva rabbiosamente condannato l’indebita appropriazione altrui del proprio corpo. Dall'altra, era sopravvenuto in lei il rimpianto di ciò che prima possedeva e considerava sacro, oltre che inviolabile; ma che adesso si era vista privare per sempre. Con la perdita della verginità, era anche calato nella sua anima il buio dell’inesistenza, che aveva inaridito il gusto del bello ed aveva sepolto il sapore della gioia, fino a spegnere in lei il desiderio di vivere. Soprattutto esso vi aveva definitivamente demolito la facoltà di idealizzare, la quale prima di continuo le permetteva di costruirsi quei prototipi di vita astratti e meravigliosi, che erano consoni alle sue esigenze interiori e alle tante aspettative da lei appassionatamente sognate.

Continuando poi il bruto a possederla con la totale sua carica sessuale, ad un certo momento, la ragazza aveva dovuto lottare a malapena anche contro la parte istintuale del suo corpo, la quale, assecondando la legge della natura, si era sentita trascinare nel vortice di una specie di piacere. Questo, dal basso ventre, si era andato irradiando in tutta la persona, fisica, psichica e spirituale, producendovi una sensazione mai provata prima. Fisia, allora, era stata obbligata a condurre la sua battaglia sopra un terreno minato, il quale era pronto a fare esplodere l’intera sua compiacente lascivia. A quel punto, il suo lottare le era risultato difficile, oltre che impari. In quella circostanza, madre natura si era dimostrata più agguerrita di lei, avendo a sua disposizione armi ben più efficienti e sofisticate delle sue, almeno in quel campo in cui si trovava a portare avanti la sua lotta. Alla fine, però, lottando strenuamente e dimostrando un coraggio proprio di un'autentica eroina, la derelitta figlia di Cufione era riuscita a sopire nel proprio corpo tutti i suoi sensi ribelli. Reagendo in quel modo, ella era stata capace di spegnere perfino l’incipiente fuoco che l’eccitazione sessuale a qualsiasi costo aveva intenzione di accendere nell'intera sua persona.

Fuskop, comunque, non si era fermato, dopo avere avuto il suo primo rapporto con lei. Non essendo ancora pago della prima esplosione dei suoi lascivi sensi, aveva voluto possedere la sua vittima ancora per un numero imprecisato di volte. Perciò aveva continuato a stuprarla, fino a quando non si era sentito sessualmente appagato che più non ne poteva. Per la precisione, soltanto dopo alcune ore di sesso sfrenato, egli si era sentito fisicamente stremato, fino al punto da non reggersi più in piedi. Allora non aveva avuto neppure la forza di ritornarsene nella sua dimora, siccome l’estenuante fatica lo aveva fatto piombare in un irresistibile sonno. Anzi, esso lo aveva costretto a dormire nel sacrificatoio fino al mattino. La ragazza, da parte sua, ne era rimasta sempre adiratamente sconvolta ed aveva dovuto ancora fronteggiare quel suo contrasto interiore, in base al quale ella scorgeva lottare dentro di sé due categorie di sentimenti. Da un lato, volevano averla vinta alcune sensazioni istintuali compiacenti; dall’altro, all'inverso, venivano ad imporsi talune ostili prese di posizione della propria coscienza. Alla fine, forzata dallo strapazzo fisico a cui era stata sottoposta da chi l'aveva soggiogata sessualmente, anch’ella si era abbandonata ad un sonno profondo, il quale era durato pure esso fino al mattino seguente.


Una volta che erano stati entrambi svegli, il soprintendente delle Teste di Lupo si era accorto che era già molto tardi, per cui quella mattina gli sarebbe stato impossibile presenziare la cerimonia religiosa. Allora si era voluto dedicare alla nuova ragazza rapita, ma in modo diverso da quello della notte appena trascorsa. Perciò, dopo averle tolto il bavaglio, le aveva anche liberato le mani e i piedi dalle cordicelle che la inchiodavano sul pavimento. Concluse tali operazioni, Fuskop aveva invitato la ragazza ad indossare il proprio abito, come già aveva fatto pure lui. Poi l’aveva accompagnata in un ambiente cieco e alquanto depresso, rispetto al resto del complesso edilizio. Per raggiungerlo, essi avevano dovuto superare parecchi gradini marmorei, i quali erano continuati a scendere sottoterra per qualche tempo. Il posto, a ogni modo, si era presentato sufficientemente illuminato da una decina di torce fissate sulle due pareti contrapposte più lunghe. La loro luce rendeva ben visibile, al suo centro, una piscina con acqua tiepida, il cui flusso incessante ne assicurava il continuo ricambio e la purezza. Si trattava di acqua sorgiva, che poteva provenire esclusivamente da una sorgente termale.

Pervenuti in quel luogo, Fuskop aveva invitato la ragazza a svestirsi di nuovo e ad immergersi insieme con lui nel tiepido e trasparente liquido della vasca. Mentre la invitava a tuffarsi nell’acqua, le aveva fatto presente che essa, oltre a svolgere una funzione detergente, possedeva alcune proprietà terapeutiche che giovavano molto all’organismo. Così essi avevano fatto il bagno insieme e, dopo l’abluzione integrale dei propri corpi, entrambi si erano sentiti liberare da ogni stanchezza fisica. All’uno e all’altra era sembrato che nuove e fresche energie fossero penetrate dentro di loro, facendovi serpeggiare una fervente vitalità ed accendendovi un grande appetito. Per questo, dopo essere ritornati nel sacrificatoio, si erano dati a consumare una sostanziosa colazione. Essa aveva maggiormente contribuito a rimettere in sesto il loro organismo, il quale poco prima si era presentato assai depauperato. Stranamente, fin da quando era stata slegata, Fisia non se l’era sentita di mettersi a fare l’isterica. Perciò non si era messa ad urlare e non aveva tentato in qualche modo di sfuggire all'odiosa persona, la quale aveva fatto del suo corpo tutto quello che aveva potuto, strapazzandolo fino all’inverosimile. Al contrario, però sempre restando chiusa nel suo ostinato mutismo, ella si era limitata ad accogliere i suoi inviti. I quali, questa volta, le facevano eseguire azioni che risultavano utili e confortevoli in ogni senso alla propria persona.

Come non era mai accaduto con tutte le altre fanciulle rapite, Fuskop era rimasto immensamente avvinto dalla bellezza di Fisia. Ecco perché la sua lussuria si era scatenata sul suo corpo, come non era mai capitato con nessun’altra ragazza. In lei, aveva trovato impeccabile ogni cosa: le forme perfette, le giuste proporzioni, il fisico slanciato, gli occhi penetranti e seducenti, la lunga chioma biondo-rame ed inanellata, le labbra sensuali, lo sguardo dolce ed espressivo. Perciò, dopo averla lasciata sola nel sacrificatoio, dovendo andare a svolgere le mansioni che gli competevano nell’ambito della setta, gli era stato impossibile non pensare a lei. Inoltre, il capo delle Teste di Lupo si era dato a fare un paragone fra loro due. Perciò mentre considerava sé stesso un albero, riteneva la ragazza da lui violentata un’edera strettamente avvinghiata al suo tronco. Ma ella doveva continuare a restarvi sempre, dal momento che questo era il suo volere. Anche mentre si dava alla sua attività, Fuskop aveva continuato ad assaporare la vellutata e morbida pelle del suo corpo; come pure non aveva smesso di sentirla nelle spire voluttuose della propria incontenibile passione. Insomma, aveva seguitato ad avvertirla dentro di sé come qualcosa di prezioso e di irrinunciabile. Per questo non poteva permettere che ella venisse sacrificata al Grande Lupo, come le altre vittime sacrificali, se voleva che in lui continuassero a permanervi l’assoluto appagamento e la felicità di un sogno.

Nei giorni che erano seguiti, Fuskop si era sentito attratto sempre di più dal fascino della dolce Fisia, fino al punto da convincersi che a lei doveva essere risparmiato a qualunque costo l’orribile supplizio del Grande Lupo. Al suo posto, invece, sarebbe dovuta essere immolata una delle ragazze dell’imenon, come appunto era avvenuto in seguito, esattamente nel mattino successivo alla prima notte di plenilunio. Pur di cattivarsi la simpatia di Fisia, l’influente personaggio della setta aveva voluto che ella sapesse a quale orrenda sorte andavano incontro le ragazze rapite. A lei, invece, egli avrebbe riservato un trattamento di favore, ossia sarebbe stato disponibile a salvarla da una morte simile. A patto, però, che ella gliene fosse stata riconoscente e si fosse sforzata a riamarlo con la sua medesima passione! Fisia, a causa del suo grande timore della morte, non aveva cercato di dimostrarglisi ostile, rifiutando il suo amore. Ella, infatti, essendo stata spaventata dalle terribili rivelazioni di Fuskop, non se l’era sentita di respingere la sua offerta. Ma non aveva neppure voluto dargli la soddisfazione di esprimergli il suo consenso in modo esplicito, per cui glielo aveva fatto soltanto sottintendere. Comunque, per salvarla dall'immolazione e per darsi ad amarla perdutamente, all’ignobile uomo era bastato che la sua vittima glielo facesse comprendere anche come faceva lei, cioè senza manifestargli alcuna enfasi di giubilo.

Alla fine, com’era logico, nella ragazza avevano vinto il terrore della morte, che l’aveva sopraffatta tremendamente, e la speranza di poter un giorno riabbracciare i propri amati familiari. La quale aveva avuto la sua parte maggiore, nel convincerla a prendere una simile decisione. Probabilmente, entrambe le cose avevano esercitato su di lei una forte pressione, per cui le avevano fatto accettare la proposta di Fuskop e qualsiasi altra condizione che veniva in essa contemplata. A un certo punto, quindi, la voglia di vivere era diventata per la ragazza la cosa più importante della sua esistenza. Al contrario, erano passate in subordine tutte le idealità che venivano a scontrarsi con essa o, addirittura, a mettere in pericolo la propria sopravvivenza. Volendo essere un tantino obiettivi, che cos’altro il suo persecutore avrebbe potuto ancora carpirle, oltre a ciò che già si era preso con la sua sadica prepotenza? Così pure come avrebbe potuto ledere la sua onorabilità più di quanto le era stata già da lui nuociuta? Perciò, a conti fatti, accettando la proposta che il suo oltraggiatore era venuto a proporle, per lei essa sarebbe risultata un affare forzato, ma relativamente vantaggioso.

Da quel giorno, Fuskop, dopo averla sottratta al sacrificio con un abile espediente, aveva cominciato a dedicarsi a Fisia in maniera quasi morbosa, fino a trascurare del tutto la sua vecchia fiamma Ezna. Bisognava ammettere, però, che la ragazza non gli si concedeva mai con una passione infuocata, quella che egli avrebbe voluto scorgere in lei. Nonostante ciò, lo stesso il nuovo potente uomo del lupismo si sentiva attratto da lei, senza dare un peso eccessivo al suo atteggiamento riservato. Per lui contava soprattutto che ella gli mettesse a disposizione il proprio corpo, senza mostrarsi contraria ai loro rapporti intimi; tutto il resto gli risultava di secondaria importanza. Quanto all’ingegnoso marchingegno che Fuskop aveva escogitato per salvare la sua attuale donna dall'immolazione già prevista per lei, bisognava ammettere che esso era stato alquanto scaltro. Inoltre, lo aveva attuato, senza che nessuno degli appartenenti alla setta se ne fosse accorto. Per la precisione, esso era stato quello che tra breve verrà riportato qui appresso.

Come faceva ogni sera che precedeva la notte di plenilunio, Fuskop aveva inviato nel sacrificatoio le solite due Teste di Lupo che avevano l'incarico di preparare la prescelta vittima per il sacrificio che ci sarebbe stato l’indomani nel primo mattino. In tale circostanza, il loro compito era quello di farla prima denudare completamente e di farle poi indossare una succinta e candida veste. Infine, dopo averla imbavagliata ed averle legate le mani in avanti, le coprivano il capo con una buffa di colore bianco, la quale era forata all’altezza della bocca. Per ovvie ragioni, mai nessuna ragazza rapita era mai venuta a conoscenza del perché ella venisse preparata in quel modo. Ciò, almeno fino a quando non lo aveva appreso dalla bocca del Sommo Sacerdote della setta. Nello stesso istante, però, ella si era vista anche spingere dentro il pozzo. Per la quale ragione, non aveva avuto il tempo di ricorrere a qualche reazione, neppure a quella di emettere un solo grido di spavento.

Questa volta, però, la vittima era al corrente di ogni cosa; ma ugualmente non si era opposta alle Teste di Lupo, mentre la preparavano per il sacrificio. Il quale suo atteggiamento era scaturito dal fatto che il suo spasimante le aveva assicurato in precedenza che egli sarebbe andato a liberarla più tardi, ossia dopo che tutti quanti si fossero addormentati. Egli, infatti, non era venuto meno alla sua parola data, poiché Fuskop si era presentato dove stava lei, ma insieme con un’altra ragazza. Non appena essi erano entrati nel sacrificatoio, in un attimo egli aveva colpito alla nuca la ragazza che lo accompagnava con l’impugnatura della sua spada, provocandole un intontimento della coscienza. Dopo si era affrettato a liberare Fisia dal suo abbigliamento sacrificale, il quale era stato poi trasferito sul corpo della ragazza tramortita. In quella maniera, il mattino seguente, quando il boia aveva spinto nel Pozzo del Sacrificio la nuova vittima sacrificale, non si era trattato affatto di Fisia, bensì di tutt’altra ragazza, la quale era stata sacrificata al posto suo!

Si può sapere chi era stata la sventurata vittima che Fuskop aveva fatto immolare al posto della figlia di Cufione? Per ironia della sorte, si trattava di Lerika, ossia la ragazza perdutamente amata dal boia della setta. Costui le aveva dato pure la sua spinta mortale, senza sospettare neanche lontanamente che la vittima fosse proprio la donna da lui amata alla follia. Infatti, in passato Fuskop aveva affidato al suo braccio destro Stulko l’ingrato compito di spingere ogni volta nel Pozzo del Sacrificio le vittime condannate ad essere immolate al mostruoso Grande Lupo. Il giorno precedente, a tarda notte, il soprintendente delle Teste di Lupo si era presentato alla ragazza del boia della setta, riferendole che il suo amante non si sentiva tanto bene. Inoltre, le aveva aggiunto che sarebbe stato un sollievo per il poveretto, se ella gli fosse stata vicina. Egli si era perfino offerto di accompagnarla dal suo amato. Mentre procedeva insieme con lei, Fuskop appositamente non si era diretto dal suo uomo; bensì aveva raggiunto il sacrificatoio, dove l’aveva coinvolta nella vicenda da lui orchestrata.


Riuscito a non farla sacrificare al Grande Lupo, già da quello stesso giorno, Fuskop si era premurato di nascondere Fisia agli occhi di coloro che l’avevano già conosciuta, chi in un modo chi in un altro. Per questo l’aveva tenuta celata in un luogo segreto, che era noto soltanto a lui, nel quale spesso si rifugiava per eseguirvi i suoi esercizi di yoga. Anche se si esercitava in esso, egli non lo riteneva una pratica ascetica; ma semplicemente un'attività sportiva. In verità, il soprintendente delle Teste di Lupo si era ripromesso di evitarle quella dura segregazione, non appena avesse tolto dalla circolazione tutte le persone che, trovandosi al cospetto di Fisia, non ci avrebbero messo molto tempo a riconoscerla. Per cui esse avrebbero potuto subodorare il suo astuto inghippo, colpevolizzandolo in silenzio. Così il primo di loro sarebbe stato appunto Stulko, il quale l’aveva conosciuta la sera stessa che era stata condotta alla Cittadella. La scomparsa della sua Lerika e l’apparizione della ragazza, che risultava immolata lo stesso giorno che il suo amore era svanito nel nulla, avrebbero potuto far scattare in lui il sospetto che ci fosse stato uno scambio di persona in tale sacrificio. Ma chi, se non Fuskop, poteva aver operato tale sostituzione a danno della sua innamorata?

Anche i suoi guardaspalle, che quella sera erano presenti, e le due Teste di Lupo, le quali erano state incaricate di legarla, avrebbero potuto trarre le stesse conclusioni del suo braccio destro, se fosse capitato loro di incontrarla e di trovarla ancora viva e vegeta. C’erano infine i trenta uomini che l’avevano rapita e gliel'avevano condotta alla Cittadella. Essi pure avrebbero potuto riconoscere Fisia nel trovarsela davanti, fino a sentirsi in dovere di chiedergli spiegazioni in merito alla sua esistenza non soppressa a suo tempo, per cui risultava viva e in ottima salute.

Allora, senza perdere tempo, Fuskop non si era fatto scrupolo di eliminarli tutti, uno alla volta e senza dare nell’occhio. In che modo? Prima li aveva invitati nel cuore della notte presso il Pozzo del Sacrificio, adducendo una scusa qualsiasi. In quel luogo, dopo averli tramortiti con un colpo all’occipite, se ne era sbarazzato, facendoli precipitare giù nel vuoto, dove ovviamente erano divenuti pasto del Grande Lupo. Agendo in quella maniera, non gli era stato neppure difficile occultare i loro cadaveri. Le uccisioni di tali persone erano avvenute cinque per notte, per cui erano occorsi otto giorni perché egli le portasse a buon fine.

Effettuata così la loro eliminazione fisica, Fuskop si era finalmente deciso a portare in pubblico la sua Fisia, presentandola perfino ai suoi amici, tra i quali erano da annoverarsi parecchi sacerdoti, compreso il Sommo Sacerdote. Soprattutto aveva voluto che la conoscesse Ezna, che non considerava più la sua amante. L’aveva invitata perfino a diventare sua amica e ad impartirle alcune lezioni di danza, al fine di farne una buona danzatrice da esibirsi esclusivamente per lui. A dire il vero, più che un invito, quello di Fuskop era risultato alla poveretta un ordine vero e proprio. Anzi, la sua ex vi aveva scorto il chiaro avvertimento che, se non avesse ottemperato ad esso, la sua esistenza sarebbe diventata un vero inferno senza fine, se proprio non fosse stata in bilico tra la vita e la morte.

In seguito, col trascorrere dei giorni e dei mesi, Ezna e Fisia erano diventate perfino delle ottime amiche e ciascuna aveva parlato di sé all’altra, rivelandole anche le proprie vicende più tristi e più scabrose. Così la danzatrice si era affezionata moltissimo alla figlia di Cufione, avendola trovata una ragazza incredibilmente dolce e sincera. Per quell'unico motivo, ella aveva iniziato a volerle un sacco di bene, più di quanto se ne potesse volere ad una sorella. Ezna non si era sentita di odiare Fisia, per il fatto che Fuskop non l’amasse più per causa di lei, siccome riconosceva che la giovane Polscetana non aveva avuto alcuna colpa nella decisione del suo ex amante. Perciò ella le aveva riservato lo stesso trattamento, essendo convinta che la sventurata, in quella sua relazione forzata con il suo uomo di un tempo, risultava soltanto una vittima. Ma nonostante le cose fossero andate in quella maniera, Ezna non aveva potuto fare a meno di continuare a soffrire per l’uomo che l’aveva svezzata per primo nell’arte amatoria. All’opposto, avrebbe fatto chissà che cosa, pur di ritornare a sognare tra le braccia dell'uomo, che era stato il suo ex innamorato!

Lo scenario esistenziale dell’amica di Speon era esattamente questo, quando Iveonte, Tionteo e il Polscetano, guidati dall’arrotino Drevio, avevano raggiunto i pressi della Cittadella della setta delle Teste di Lupo. I due amici, però, vi erano pervenuti per vendicare le Polscetane rapite e sacrificate al Grande Lupo.

Alla fine la ragazza pose termine al racconto che aveva riguardato la sua amica polscetana. Siccome ella aveva riportato ai due giovani appena conosciuti anche quelle cose delicate e scabrose alle quali Fisia era stata assoggettata, Tionteo, essendone rimasto immensamente disgustato, non riuscì a fare a meno di esclamarle adirato:

«Il tuo ex uomo, Ezna, è stato un emerito ribaldo nei confronti della povera Fisia. Per questo dovrà subire una esemplare punizione, ossia adatta ad un essere obbrobrioso e scellerato del suo stampo!»

«Stanne certo, Tionteo,» gli confermò Iveonte «che presto egli sarà punito come si merita! Pagherà non solo per il male che ha arrecato a Fisia; ma soprattutto per la morte procurata a tante ragazze polscetane, le quali sono perite per colpa sua. Per cui adesso esse gridano vendetta dall'altra vita! A questo punto, ci conviene avviarci alla Cittadella, dove, una volta che vi saremo giunti, cercheremo di renderci conto il più possibile della reale situazione. Strada facendo, Ezna ci metterà al corrente dell’ubicazione del tempio e dei vari locali annessi, in modo che ci possiamo muovere con maggiore dimestichezza nei diversi ambienti che dovremo controllare. Ora, amico mio, puoi incominciare a legare i polsi alla danzatrice, poiché ella dovrà apparire una nostra prigioniera agli occhi delle Teste di Lupo. Ti raccomando di non stringerglieli forte, ad evitare di farle del male. Perciò mettici la massima attenzione, mentre la sottoponi a tale legamento!»

Dopo che Tionteo ebbe legato la lupiade con una cordicella, tutti e tre si avviarono verso l’esiguo agglomerato urbano. Esso era costituito dai soli settari, i quali avevano preso stabile dimora nella Cittadella fondata da Tusco.