255°-IVEONTE E TIONTEO CERCANO DI FAR LUCE SULLE TESTE DI LUPO

Terminato il suo racconto, Cufione innanzitutto volle rivolgersi al giovane che era stato additato come un vero eroe dai suoi due amici, secondo i quali nulla gli risultava impossibile. Era sua intenzione sentire anche il suo parere in merito, in relazione sia alla vicenda della propria famiglia sia a quella delle sventurate ragazze rapite. Perciò, come padre di Fisia, egli si sentì in dovere di fargli le seguenti domande:

«Iveonte, adesso che hai ascoltato ogni cosa concernente il rapimento delle tante derelitte giovani di Polsceto, te la senti ancora di confermarci il tuo prezioso aiuto? Puoi garantirci, inoltre, che esso servirà in qualche modo a tirar fuori dai guai la nostra primogenita, della quale sentiamo enormemente la mancanza? Ecco le cose che io e miei familiari desidereremmo apprendere da te, allo scopo di nutrire almeno qualche piccola speranza circa la sua liberazione dai carnefici che l’hanno rapita. Tu non puoi immaginare neanche minimamente quanto il suo ratto ci stia facendo soffrire, da quella notte maledetta che ce la portò via!»

Ma prima ancora di attendere le risposte del giovane, gli soggiunse:

«Volesse il cielo che tu fossi la persona idonea ad operare un simile miracolo! Altrimenti, il disinganno farebbe ripiombare me, mia moglie e i miei due figli nel baratro della pungente amarezza, dalla quale poco fa, anche se soltanto per pochi attimi, ci hai tirati fuori con le tue splendide promesse. Presentandoti a noi come colui che tutto può, ci hai invitati ad avere fede in te, facendoci sperare le cose più inimmaginabili, perfino quelle che si presentano impossibili a tutti gli altri esseri umani!»

«Certo che ve lo confermo, generoso Cufione!» lo rassicurò Iveonte «Specialmente dopo che sono venuto a conoscenza che non solo voi, ma l’intero villaggio di Polsceto ha bisogno del mio soccorso! Vi garantisco che, se la vostra Fisia è ancora viva, ve la riporterò sana e salva a casa, mettendovi in condizione di potere riabbracciarla come prima. Perciò siatene certi che da oggi i Polscetani non dovranno più temere le Teste di Lupo. Tra breve esse cesseranno di affliggere le famiglie sia del vostro villaggio che quelle di tutti gli altri di questa regione, poiché non arrecheranno mai più ad esse la disperazione e l’angoscia. Sono convinto che le Teste di Lupo operano presso la popolazione di ogni villaggio della zona, dove portano a compimento le loro azioni nefande. Speriamo che esse non risultino anche nefaste, dopo che da parte loro vengono eseguiti i rapimenti mensili nei vari villaggi di questa regione!»

Non essendo ancora completamente convinto dei mari e dei monti che gli erano stati promessi dall'eroico giovane, Cufione volle saperne di più, manifestando nel contempo i suoi dubbi e le sue perplessità. Perciò si diede a fare all'amico di Speon altre domande, al fine di sincerarsene e di cominciare a sperare con maggiore fiducia in lui. Esse furono:

«Come intendi muoverti in nostro soccorso, Iveonte, se è lecito saperlo? Ti confesso che qualche dubbio ancora mi è rimasto, circa la tua riuscita nei nobili obiettivi che intendi perseguire a vantaggio delle giovani Polscetane, sia di quelle già rapite sia di quelle che corrono ancora tale pericolo. Più che nei buoni risultati della vostra indagine, continuo a mostrarmi perplesso nel ritenere che tu e il tuo amico, da soli, possiate dopo averla vinta sull’intera setta delle Teste di Lupo. Esse risultano essere parecchie centinaia, come ci è stato riferito dalle stesse. La qual cosa dovrebbe farvi dubitare, circa una vostra vittoria su di loro.»

«Prima di ogni cosa, Cufione, intendo farti presente che non sarò il solo a portare avanti l’attività investigativa che conosci. Per il buon esito dell’indagine, mi avvarrò anche della collaborazione dei miei due amici e di quella del maggiore dei tuoi figli. Ma il tuo Specto dovrà servirci solo per indicarci la bottega dell’arrotino. Al resto penseremo tutto noi, poiché saremo più che sufficienti per condurre brillantemente a compimento la nostra missione! Infine ti comunico che già da domani mattina ci metteremo attivamente all’opera. Da quel momento in poi, non ci fermeremo più, fino a quando la setta delle Teste di Lupo non sarà stata sterminata e i miseri popoli della Regione dei Laghi non si saranno riappropriati della serenità, quella che un tempo conviveva con loro!»

«Allora, Iveonte, se vedi la cosa in chiave ottimistica, io e la mia famiglia non possiamo che rallegrarcene ed augurarvi tutta la fortuna, di cui avrete bisogno per riuscire nella vostra difficile missione. Inoltre, da oggi e per tutto il tempo che lo vorrete, sarete nostri graditi ospiti. Vi assicuro che nella nostra casa non avrete da lamentarvi mai di niente e vi sarà sempre messo a disposizione quanto è nelle nostre possibilità. Ogni cosa vi sarà concessa con il cuore e con la nostra benedizione. Ma desidero, invincibile guerriero, che tu sappia che la nostra ospitalità verso di voi, prima di essere un atto di riconoscenza in contraccambio di quanto vi siete proposti di fare per la nostra famiglia e per il nostro villaggio, è un atto che nasce spontaneo dal nostro animo. Ciò, indipendentemente dal fatto che avete deciso di esserci solidali, dandoci una mano ad uscire dalle disgrazie che seguitano ad angustiarci l'animo!»

«Grazie, Cufione, per l’ospitalità che la tua famiglia ha deciso di offrirci! Noi l’accettiamo perché non possiamo farne a meno. Ma vi assicuriamo che essa non si protrarrà molto a lungo nella vostra dimora; invece durerà per il solo tempo necessario per portare a buon fine la prima parte della nostra missione, la quale va compiuta qui a Polsceto. Se non prevedo in modo errato, la risolveremo in tempi rapidi. Sono certo che dopo dovremo lasciarvi, poiché saremo costretti a trasferirci altrove, se vogliamo portare a termine la sua seconda parte con la vostra felicità. Quindi, potete già cominciare a rallegrarvene!»

Un paio di ore più tardi, essendo l’ora del pranzo, quelli di casa e i loro ospiti già sedevano a mensa a gustare le succulente pietanze preparate dalla moglie del possidente Polscetano. Ella aveva voluto metterci il meglio della sua arte culinaria, perché esse fossero gradite al massimo dai loro meritevoli ospiti. Nel frattempo che si mangiava e si beveva intorno alla tavola imbandita, ad un certo punto, adducendo una scusa qualsiasi, Cufione se ne allontanò. Ma prima di condursi nella stanza attigua, fece cenno al figlio dell’amico defunto di raggiungerlo. Quando poi essi si ritrovarono soli nel nuovo ambiente, il Polscetano si diede a fargli questo tipo di parlare:

«Vorrei sapere da te, Speon, chi è effettivamente il tuo amico Iveonte e in quale considerazione devo tenere le sue parole e le sue promesse. Inoltre, ti chiedo perché dovrei fidarmi di lui ciecamente e credergli così tanto, da prendere sul serio ciò che afferma con la massima convinzione. A quanto sembra, dovrei fidarmi di lui, anche quando il loro contenuto mi appare palesemente inattuabile, ossia senza possibilità che possa essere realizzato! Allora puoi dare tu le giuste risposte alle mie domande, che potranno giungerti con il sapore del dubbio e del sospetto?»

«Amico fraterno di mio padre, mi chiedi sulla persona di Iveonte cose che nemmeno io conosco ancora, dal momento che ho avuto il piacere e la fortuna di incontrarlo da brevissimo tempo. So però con certezza che egli è una persona straordinaria, un autentico eroe, un uomo che non conosce la paura e corre a sfidare i pericoli ovunque essi si manifestino. Già ti ho riferito con quanta facilità egli ha stritolato gli odiosi fratelli Kirpus, liberando le nostre contrade dalla loro prepotenza e dai loro eccidi. Se ci tieni a saperlo, da poco egli ha liberato il popolo di Brenco da un terribile mostro, il cui corpo era lungo più di cinquanta metri ed aveva un diametro di un metro. Esso, in tale villaggio, aveva già distrutto un sacco di capanne ed ucciso moltissime persone. Inoltre, per chiudere l’argomento sulla sua persona, voglio raccontarti un episodio che lo riguarda personalmente.»

«Allora raccontamelo, Speon, perché sono ansioso di apprenderlo!»

«Nel mio villaggio, non appena sono venuto a conoscenza della barbara fine subita dalle mie persone più care per colpa dei Kirpus, si è avuto in me uno stato di shock. Esso è stato così grave, che ad un certo momento ho avvertito sfuggirmi la realtà di me stesso; anzi, l’ho vista sfumare nel nulla assoluto! In tutti i sensi, insomma, ero divenuto un automa, per cui avevo bisogno perfino di essere imboccato per nutrirmi. Ebbene, è bastata una sua calda stretta di mano a riportarmi subito alla normalità e a ricondurmi alla mia reale esistenza, guarendomi all'istante in toto e definitivamente. Colui che può dirci qualcosa di più su di lui è solo il suo amico Tionteo. Ma egli, come sappiamo, ti ha già fornito sul suo conto le più ampie garanzie, proprio come se si stesse riferendo ad una vera divinità! Non lo hai forse ascoltato pure tu in precedenza?»

«Già, è vero! Grazie, Speon, per le tue precisazioni! Posso asserirti che esse mi hanno portato il morale alle stelle, mentre prima mi era rimasto ancora sotto i calzari. Inoltre, le medesime finalmente mi hanno affrancato del tutto dal dubbio che, fino a poco fa, continuava in me a rivelarsi causa di oppressione e di amarezza. Adesso, però, non indugiamo oltre e raggiungiamo subito gli altri, poiché non vorrei che il mio illustre ospite, perspicace com’è, venisse spinto a congetturare il vero motivo del nostro abboccamento. Ma forse ne sarà già a conoscenza!»

L’indomani, di buonora, Iveonte, Tionteo e Speon si mossero dall’abitazione del loro ospite. Li accompagnava Specto, il maggiore dei due figli di Cufione; ma egli doveva servire soltanto per indicare a loro tre la bottega dell’arrotino, dopo che essa fosse stata avvistata da una certa distanza. Infatti, una volta che ebbe svolto tale suo compito, il giovane se ne ritornò subito a casa. In precedenza, comunque, il fratello di Fisia lungo il cammino si era prestato anche a metterli al corrente sia delle abitudini di Drevio sia della pianta della sua abitazione. Non si era astenuto neppure dal parlare di lui come uomo. A tale riguardo, aveva anche riferito che nel villaggio alcune persone, sentendosi in vena di scherzare, si divertivano ad affermare che conoscevano più cose i giovani sul loro amico artigiano che non lui stesso. Invece si sbagliavano tutti sul conto dell'arrotino, poiché la gioventù di Polsceto era stata sempre tratta in inganno dallo spassoso artigiano. Il motivo? Egli svolgeva ogni sua attività di malaffare di notte, cioè quando gli abitanti del villaggio erano immersi nel loro sonno profondo. In tanti anni, perciò, mai nessuno di loro aveva sospettato niente della sua doppia vita, ossia quella diurna di arrotino e quella notturna di Testa di Lupo. Delle quali, la prima lo faceva reputare da tutti un integerrimo galantuomo; mentre la seconda, la quale era nota soltanto a lui medesimo, si svolgeva fuori della legalità e nella piena corruzione morale, a danno dei tribolati Polscetani.

Come poco fa si è visto, dopo che il figlio di Cufione li aveva ragguagliati su quanto interessava loro sapere, Iveonte lo aveva rimandato indietro presso i suoi genitori, avendo il ragazzo già espletato la mansione che gli era stata richiesta. Adesso il giovane eroe si stava consultando con l’amico Tionteo, poiché era indispensabile progettare innanzitutto un piano e mettere poi a punto le sue diverse fasi. Queste ultime, inoltre, andavano attuate in successione e rispettando un certo ordine.

Tanto per iniziare, poiché di fronte alla bottega di Drevio c’era una bettola, per prima cosa Iveonte e Tionteo stabilirono che avrebbero spiato ogni sua mossa proprio da quel luogo. Dopo, standosene seduti lì dentro, entrambi avrebbero avuto il tempo di stilare sopra una pergamena la scaletta delle azioni del piano da loro elaborato. Ma nel frattempo che l’oste non apriva ancora la sua taverna, essi andavano pensando a quale escamotage ricorrere per attirare l’arrotino sulla strada e tenervelo occupato il più possibile. Così egli avrebbe consentito ad uno di loro di introdursi nella sua abitazione e di rovistarla meticolosamente da cima a fondo, senza venirne disturbato. A loro avviso, solo due espedienti avrebbero potuto metterli in condizione di raggiungere l’obiettivo.

Il primo prevedeva che Tionteo e Speon avrebbero dovuto inscenare in strada un finto battibecco, allo scopo di spingere appunto Drevio a venir fuori dalla sua bottega e ad interessarsi ad esso divertito, se proprio non fosse intervenuto come paciere. In tal modo si sarebbe permesso ad Iveonte di entrare nella sua abitazione dalla parte retrostante e di perquisirla in modo accurato. Il secondo espediente metteva in conto il ricorso alla collaborazione dell’oste, in cambio di un lauto compenso. Egli, con la scusa di festeggiare la visita di un suo lontano parente, rappresentato dalla persona di Speon, avrebbe dovuto invitare a pranzo l’arrotino nella sua osteria ed intavolare con lui un lungo discorso. Anche in quest'altro caso, Iveonte avrebbe avuto il medesimo ruolo previsto nel precedente stratagemma. Questa volta, però, ci sarebbe stata la copertura di Tionteo, che avrebbe fatto da palo in strada, per sviare qualche occasionale cliente dell'arrotino con una scusa qualsiasi.

Alla fine i loro concordi pareri si espressero a favore del secondo marchingegno. I due amici si trovarono d’accordo nell'ammettere che esso, oltre a tenere Drevio lontano dalla sua bottega, ve lo avrebbe fatto restare il più a lungo possibile. Grazie anche alla collaborazione dell'oste, ammesso che egli si fosse unito a loro di sua spontanea volontà!


Quando le due imposte della porta di ingresso della taverna si furono spalancate, per essere il sole già sorto da un po' di tempo, Iveonte e i suoi amici vi fecero il loro ingresso. Ma fu il giovane eroe a salutare per tutti il proprietario del locale, il quale appariva più assonnato che sveglio. Mentre varcava la soglia, gli si rivolse sorridente e cominciò a dirgli:

«Salve, oste! Se non hai nulla in contrario, vorremmo riposare un po' nel tuo vuoto locale. Devi sapere che abbiamo cavalcato per l'intera nottata ed un po’ di riposo ci risulterebbe immensamente utile! Allora possiamo sederci su questi scanni della tua bettola oppure ci è vietato accomodarci, a causa dell’ora insolita del mattino?»

«Mettetevi pure comodi, forestieri, e salve anche a voi tre! Per gli amici, comunque, sono Ekso e potete considerarmi a vostra completa disposizione! Vi chiedo soltanto di scusare il disordine, che potete ancora scorgere qui dentro in questo momento, del quale non sono affatto responsabile. Ieri sera alcuni avventori sono rimasti a fare bisboccia fino a tarda notte, mentre stamattina voi tre non mi avete nemmeno dato il tempo di rassettare il locale alla meglio, effettuandovi le dovute pulizie!»

«Non devi farci caso, Ekso,» Tionteo intervenne a tranquillizzarlo «visto che noi siamo abituati a convivere con disordini di ogni genere: tutti peggiori di questo! Mi sto rendendo conto che il tuo locale non è solo una osteria. Oltre al vino, qui si può trovare un po’ di tutto. Perciò, se tu potessi servirci una ciotola di latte caldo nel più breve tempo possibile, te ne saremmo assai grati! Allora ci è consentito ordinartela, oste?»

«Senz'altro, forestiero! Vedrai che dopo ve la servirò in un attimo! Ma prima mi dici il tuo nome, amico? In questo modo, la prossima volta che mi rivolgerò a te, saprò con quale nome chiamarti e non avvertirò alcun disagio a farlo! Non lo credi anche tu che è giusto così?»

«Hai proprio ragione, Ekso! Visto che nessuno di noi ti si è ancora presentato, adesso rimediamo subito! Il mio nome è Tionteo; mentre quelli dei miei amici sono Iveonte, che si trova alla mia sinistra, e Speon, quello che vedi alla mia destra. Spero che fra di noi ci si possa intendere facilmente e magari si potrà perfino stringere una sincera amicizia! Supponi che ciò possa essere possibile, simpatico uomo, ancora quasi preda del sonno? Ma la risposta dovrà essere di quella parte di te che non dorme più, altrimenti essa risulterà falsata e non più valida!»

«Lo sapete, giovanotti, che anche voi sul serio mi siete molto simpatici? Comunque, ve lo dico da persona, la quale è già interamente sveglia. Con voi tre nel mio locale di buon mattino, mi avete fatta venire la voglia di pensare che per me la giornata sia cominciata migliore delle altre mattine! Mi ha abbandonato perfino l’ultima traccia di sonno, che permaneva in me un momento fa! Adesso, se non vi dispiace, mi precipito ad avvisare la mia donna di prepararvi il latte che mi avete ordinato. Perciò scusatemi, se mi assento per un po’ e vi lascio qui da soli. Ma solamente per qualche minuto: ve lo garantisco!»

Poco più tardi, mentre i tre giovani bevevano a piccoli sorsi il loro latte bollente, per evitare di venirne scottati, la moglie dell’oste, dopo aver servito la bevanda ai tre clienti forestieri, si era messa a dare una veloce pulita al locale. Intanto che spazzava e riordinava, ella provvedeva a risistemare quelle panche e quei tavoli che si trovavano in quell'ambiente ancora disseminati alla rinfusa e non al loro posto abituale.

Iveonte, anche perché intendeva fare intiepidire il proprio latte bollente, pensò di scambiare quattro chiacchiere con l'oste, il quale da poco si era seduto accanto a loro per fare loro compagnia e per curiosare.

«Ekso, considerata la vostra età matura, sono portato a supporre che tu e la tua compagna abbiate dei figli già alquanto grandi! E non credo di sbagliarmi! Ammesso che ne abbiate avuti nella vostra vita matrimoniale, si intende! Allora ci confermi che i figli non vi mancano?»

«È proprio così, Iveonte. Io e la mia Elpia abbiamo avuto i nostri due figli un sacco di anni fa. Il primogenito è un maschio, mentre la più piccola è una femmina. Essi sono grandi abbastanza per badare a sé stessi, anche se continuiamo ancora noi a provvedere al loro sostentamento! Ma per il bene dei figli, come si sa, i genitori fanno questo ed altro! Il brutto viene quando, dopo averli cresciuti per tanti anni zeppi di sacrifici, te li vedi strappare di mano da qualcuno o da qualcosa, senza che ti si dica neppure il motivo della loro scomparsa. Nel nostro villaggio, purtroppo, capitano pure di queste cose, miei cari ed intelligenti giovanotti! Vorrei tanto che ciò non vi accadesse, per il bene dei Polscetani!»

Iveonte, pur avendo inteso ciò a cui aveva voluto riferirsi l’oste, sorvolando appositamente su tale argomento, evitò di approfondirlo. Per il momento, egli aveva intenzione di parlare di ben altro con lui e non di quella vicenda già a loro nota. Perciò, prendendo spunto da un particolare che l’oste gli aveva fatto osservare prima, volle focalizzare il discorso su di esso, facendogli a ragion veduta tale considerazione:

«Ekso, a quanto pare, per portare avanti la tua famigliola, ti tocca tirare la cinghia e fare i salti mortali ogni giorno, nessuno eccettuato! E non potrebbe essere altrimenti, se ci rendiamo conto della realtà!»

«Puoi ben dirlo forte, Iveonte, visto che hai fatto centro! Io non guadagno mica quanto il mio dirimpettaio Drevio, il quale fa affari d’oro ogni giorno con il suo lucroso mestiere! Da giovane, avrei dovuto apprendere anch’io il mestiere dell’arrotino ed esercitarlo in Polsceto, dal momento che esso risulta molto redditizio! Pensa che quel ricco sfondato di forestiero non ha con lui neppure una moglie e dei figli da sfamare!»

Lo spontaneo sfogo dell’oste fece ben sperare ad Iveonte che l’affare che stava per proporgli probabilmente sarebbe andato in porto. Anzi, ne era convinto! Così, mentre gli mostrava una moneta d’oro luccicante, il cui bordo zigrinato era compreso tra il pollice e l’indice della sua mano destra, cercò di calamitare l'attenzione dell'oste su di essa. Poi, intanto che il maturo uomo la guardava con molta avidità, riprese a parlargli:

«Ti piacerebbe, Ekso, guadagnare cinque monete identiche a questa che tengo fra le dita e neppure una in meno? Ti assicuro che non ti sarà richiesta alcuna dura fatica per venirne in possesso! Allora cosa rispondi a questa mia domanda? Ma a te esse non interessano, siccome, se tu le avessi tra le mani non ti farebbero alcuna impressione! Nevvero?»

La fiammeggiante moneta d'oro dal bordo godronato, che l’oste già aveva adocchiata, fece sgranare tanto di occhi soprattutto alla moglie, come se ella stesse assistendo ad un miraggio. Comunque, fu il maschio ad intervenire nella faccenda, non volendo farsi sfuggire l’occasione. Perciò egli mise subito mano alla favella, rispondendo così al giovane:

«Non sono mica uno stupido, Iveonte, da rifiutare la tua allettante offerta! Non è vero che tali monete non mi farebbero bollire l'animo, se le avessi tra le mani, come tu hai affermato! Perciò affréttati a dirmi cosa vuoi che io faccia per voi, se intendo meritarmele! Devi sapere che non vedo l’ora di guadagnarmele tutte e cinque, per il piacere di sentirle tintinnare nelle mie mani, nel frattempo che mi do ad una pazza gioia! Ti assicuro che non sono mai stato così serio nel dichiarare una cosa del genere davanti agli altri presenti! Mi devi credere, Iveonte!»

«Dovresti farci soltanto un semplice favore, Ekso. Ti va di impegnarti come commediante con una persona che conosci benissimo, della quale molto presto ti sarà rivelato anche il nome? Se deciderai di sì, alla fine della tua opera, riceverai le monete d'oro che ti ho promesso poco fa. Allora te la senti di fare ciò che desideriamo da te?»

«Se è solo questo che egli deve fare,» intervenendo anche lei, si affrettò a precisargli la moglie «allora avete trovato la persona giusta. Vi garantisco che mio marito è un attore nato! Mi auguro proprio che egli riesca a cavarsela egregiamente, in special modo in questa occasione, poiché essa ci deve permettere di venire in possesso di una bella sommetta! Ma ti giuro che, se egli dovesse fallire, sarebbero guai molto seri per lui! Per prima cosa, giovanotto, ti prometto che lo scaccerei dal nostro letto matrimoniale, a suon di strattoni e di sberle!»

«Anch’io me lo auguro, gentile signora, per il vostro e il nostro bene!» le fece presente il suo giovane interlocutore «Ad ogni modo, il simpatico tuo marito mi ispira molta fiducia e mi pare la persona adatta per recitare benissimo la parte che sto per assegnargli! Sei contenta?»

Con fare scherzoso, Ekso, interrompendoli, domandò al giovane:

«Mi è lecito sapere in quale commedia dovrei esibirmi, prima di dare il mio assenso? Ho l’impressione che è proprio il caso di affermare che voi due avete fatto i conti senza l’oste, che sarei poi io stesso! Invece, in merito alla minaccia di mia moglie, sono anch’io d’accordo con lei. Sarebbe finalmente ora di starcene un po’ separati noi due, dal momento che non sopporto più il suo ronfare notturno. Esso è quello di un vero calabrone, quando ti ronza intorno e non si decide a lasciarti!»

«Perché mai parli in questo modo, Ekso, se non vedi l’ora di sentire il tintinnio delle cinque monete, mentre ti si muovono in saccoccia? Ma se davvero esse non ti fanno per niente gola, non ti devi preoccupare neppure un poco. Vedrai che riuscirò a trovare qualche altra persona disposta ad accettarle, in cambio del piccolo sacrificio. Stanne certo che in Polsceto ce ne sono tantissime pronte a farsi in quattro, pur di guadagnarsele! Per questo puoi anche farti da parte e fare a meno di esse!»

«Ehi, Iveonte, ti prego di non scherzare su queste cose serie! Tutti i presenti hanno udito che fra di noi era stata già avviata una trattativa, la quale era anche quasi conclusa. Perciò adesso non puoi più tirarti indietro! Ti assicuro che un attimo fa non parlavo sul serio, non essendo ancora diventato babbeo! Né poteva essere altrimenti, poiché, in caso contrario, chi mi avrebbe protetto dalla furia di mia moglie, la quale, come tutti avete sentito, mi ha già minacciato di brutto? Allora dimmi quale parte dovrò recitare o sostenere nell'ignota commedia, poiché sarò molto lieto di interpretarla. Almeno così farò contenti voi tre forestieri e la mia dolce consorte Elpia, che dopo farà la brava con me!»

«Ah, ah, Iveonte,» gli fece presente la moglie «mio marito mente! A lui interessa unicamente accontentare la sua saccoccia; perciò ha solo finto di autoescludersi. Le mie minacce non lo hanno mai spaventato per niente! In casa, mica sono io il sesso forte, cioè colui che detta legge!»

«Questo già l’avevo intuito, brava signora; ma bisogna comprendere tuo marito. Nelle sue condizioni economiche, anch’io mi sarei comportato nella sua stessa maniera, pur di riuscire a guadagnarmi una così lauta mancia! Ma sono convinto che si tratta solo di un fatto naturale, il quale ci viene spesso imposto dalla miseria!»

Ripreso poi il suo discorso con l'oste, Iveonte continuò a dirgli:

«Ekso, non so quanto la mia proposta potrà interessarti. Comunque, è mio dovere provarci, considerato che essa, se deciderai di accettarla, ti frutterà fior di quattrini. Invece è risaputo che in questo periodo ti ritrovi quasi al verde! Venendo al sodo, quindi, ti informo di cosa si tratta. Devi lasciar credere a Drevio che il nostro amico Speon qui presente sia un tuo parente di Borchio, cioè il figlio di un tuo cugino, il quale stamani è venuto a trovarti. La sua visita ti ha riempito talmente di felicità, che ti ha spronato a festeggiare l’avvenimento. Per cui, quando andrai a presentarglielo nella sua bottega, dovrai anche invitarlo a pranzo a casa tua per mezzogiorno esatto. Dopo dovrai tenerlo occupato a tavola il massimo tempo che ti sarà consentito, aprendo sempre nuovi discorsi, l'uno dopo l'altro. È tutto qui! Trovi difficile il compito che ti voglio affidare? Secondo me, per una persona come te, dovrebbe essere facile, visto che non ti mancano la scaltrezza e un’ottima loquela!»

«Perché, Iveonte, tu e Tionteo non comparite nella commedia, la quale dovrebbe tenersi tra poco, con me attore principale? Forse avete deciso di stare dietro le quinte, durante l’ora del pranzo? Se hai stabilito così, vuoi chiarirmi quale sarà il vostro vero ruolo in essa, sperando che non sia quello che penso? Mi dispiace per voi, ma io non vorrei collaborare con persone disoneste, che cercano di derubare il prossimo!»

«È vero, Ekso. In un certo senso, noi due ne resteremo fuori e Drevio dovrà essere addirittura all’oscuro della nostra esistenza. Il motivo è abbastanza semplice. Mentre voi tutti pranzate in questo posto, io mi introdurrò furtivamente in casa dell’ignaro artigiano. Comunque, puoi stare tranquillo che la mia intenzione non è quella di derubarlo, siccome non siamo affatto le persone che ci hai giudicate. Invece vogliamo soltanto acquisirvi delle prove inconfutabili, che dovranno indicarcelo colpevole di un terribile reato. Tionteo invece mi farà da palo all’esterno della bottega per tenere occupato con varie domande qualche suo eventuale cliente, il quale cercasse proprio a quell’ora insolita di farsi servire dall’arrotino. Sei soddisfatto, adesso che ti ho spiegato ogni cosa?»

«Se è questo il vostro obiettivo, Iveonte, allora non posso considerarvi persone di malaffare! Ma vi garantisco che è impossibile che Drevio sia l’uomo che sospettate; inoltre, egli non può essersi macchiato di un grave reato. In tutto il tempo che si è stabilito nel nostro villaggio, l’arrotino ha sempre assunto una condotta irreprensibile. Per la sua affabilità, in Polsceto egli è stato sempre un punto di riferimento per la totalità dei nostri giovani, compresi i miei due figli. Anch'essi sono ricorsi a lui, ogni volta che la tristezza si impossessava del loro animo. Perciò, parlandoti sinceramente, Iveonte, non me la sento di recargli un torto così meschino, sebbene ci siano di mezzo cinque monete d’oro, le quali mi si mostrano così allettanti che quasi mi tentano da morire! Ma poi chi siete realmente voi tre, che per me qui rappresentate degli emeriti sconosciuti? E di cosa lo accusate? Mi dici come siete venuti a conoscenza del reato, di cui lo tacciate? Vuoi rispondere alle mie domande, per favore, in modo che io mi tranquillizzi su questa faccenda e continui a pensare che io passa ancora aspirare alle tue cinque monete d'oro?»

«Ekso, noi conosciamo Cufione, il quale adesso ci sta ospitando nella sua casa. Egli era un amico fraterno del padre di Speon, che da poco è passato a miglior vita. È stato lui a riferirci sulle sparizioni delle giovani ventenni dal vostro villaggio, tra cui anche sua figlia Fisia. Ci ha anche confessato i suoi forti sospetti, secondo i quali sarebbe Drevio ad organizzare i rapimenti per conto delle Teste di Lupo. Noi abbiamo deciso di aiutarlo, promettendogli di trovare le prove schiaccianti che lo inchiodino alle sue responsabilità. Adesso hai smesso di sentirti in colpa nei confronti di Drevio oppure non ti senti ancora di farlo?»

«Se le cose stanno in questi termini, Iveonte, allora non posso che accettare la parte che mi offri. Cufione è considerato un uomo d’onore nel nostro villaggio e perciò non posso mettere in dubbio la sua parola per favorire l'allogeno arrotino. Anzi, fin da ora, voglio farti presente che non pretenderò da te neanche il becco di un quattrino, per le mie prestazioni di attore esordiente nello stratagemma da voi ideato per incolparlo. Esse ti saranno fornite a titolo gratuito, considerato l'obiettivo che si vuol perseguire con la mia parte di commediante! Vorrà dire che la povera mia moglie dovrà farne a meno almeno questa volta!»

«Ammiro il tuo senso del dovere, Ekso, per il quale sei disposto a rinunciare anche ad una somma di denaro non indifferente. Ma voglio che tu sappia che esse saranno tue comunque, sia per rifarti delle spese affrontate per il pranzo sia per ritrovarti accanto una moglie più affettuosa e coccolona. A questo punto, è arrivato il momento di separarci, poiché non voglio che l’arrotino ci veda insieme. Intanto tu e Speon, quando io e Tionteo ci saremo allontanati, fate alzare il sipario e date il via alla vostra commedia. Mi auguro, mio simpatico oste, che ognuno di voi dia il meglio di sé stesso nell’interpretare la parte a lui assegnata e che in essa ogni cosa fili a meraviglia, per il bene di tutte le ragazze di Polsceto! Comunque, non ho dubbi sul vostro lavoro!»

Poco dopo, fu anche messo a punto il canovaccio della commedia che stava per essere rappresentata sul teatro della realtà, in modo che ogni attore inquadrasse egregiamente la parte che gli competeva. Avvenuto ciò, Iveonte e Tionteo abbandonarono la taverna di Ekso e se ne ritornarono presso l’abitazione di Cufione. Lì essi riferirono al padrone di casa ciò che stavano macchinando contro l’arrotino, rendendogli anche noti i vari dettagli della macchinazione. Il facoltoso Polscetano, da parte sua, si limitò a condividere il piano degli amici di Speon, augurandosi una buona riuscita dello stesso. In seguito, però, poiché si approssimava mezzogiorno, Iveonte e Tionteo raggiunsero il punto scelto per l’appostamento. Poi da quel luogo iniziarono a tenere sotto controllo la bottega dell’arrotino per spiare l’artigiano, ansiosi di scorgerlo mentre si recava presso l’osteria di Ekso, dove era atteso per il pranzo. Quando infine lo videro chiudere le imposte della propria bottega e dirigersi verso la taverna di fronte, i due amici si convinsero che egli aveva gradito l’invito dell’oste, per cui in quel momento stava raggiungendo la sua casa. Allora essi, senza perdere tempo, decisero di passare all’azione.


Una volta giunto nella parte posteriore della casa dell’arrotino, Iveonte vi entrò senza compiere alcuna effrazione, poiché intendeva evitare di insospettire il proprietario al suo rientro. Trovatosi poi all'interno dell'abitazione, in gran fretta si diede a rovistare minuziosamente ognuno dei tre vani di cui essa era costituita, desideroso di avere tra le mani la supposta pergamena, cioè quella che avrebbe dovuto riportare l’elenco dei nominativi delle ragazze. Intanto Tionteo vigilava all’esterno, stando attento che nessuno si azzardasse ad oltrepassare la soglia della bottega. In verità, ci fu bisogno di quasi un’oretta di accurate ricerche, prima che il giovane eroe mettesse le mani sul prezioso documento. La cui esistenza, fino a quel momento, era stata solo ipotizzata da Cufione, senza averne però le prove. Si trattava di una cartapecora arrotolata, da lui tenuta custodita all’interno di un vaso decorato, che aveva il collo molto allungato. Il giovane aveva dovuto capovolgere il recipiente di argilla per vederla saltare fuori da esso. Così, quando la ebbe raccattata e srotolata, Iveonte notò che sopra vi era riportata una lunga sfilza di nomi, la maggior parte dei quali erano già barrati. Soltanto gli ultimi tre nominativi non risultavano depennati, il primo dei quali corrispondeva al nome di Vulla. Ma non sapendo ancora come procedere nei riguardi di Drevio, Iveonte, dopo quella scoperta, rimise il compromettente documento al suo posto e si affrettò a lasciare la casa dell’arrotino.

Di lì a poco, i due amici, come da precedenti accordi presi con lui, ritornarono a pranzo alla casa di Cufione, al quale Iveonte dichiarò quanto aveva scoperto nell’abitazione del sospettato Drevio. Inoltre, egli venne a sapere da lui che Vulla era la figlia secondogenita di Ekso. Ma poi il facoltoso Polscetano gli domandò come intendesse agire nei confronti dell’arrotino, adesso che c’erano delle prove irrefragabili contro di lui. Allora il giovane gli rispose che, per il momento, non aveva preso ancora alcuna decisione in merito, poiché ci stava pensando.

Nel primo pomeriggio, quando Drevio già aveva sloggiato dall’osteria sazio ed appagato, Iveonte e Tionteo raggiunsero la bettola di Ekso e si ripresentarono all’amico Speon e agli altri che gli facevano compagnia. Costoro li stavano aspettando con una certa apprensione, volendo conoscere il risultato della perquisizione eseguita in casa dell'arrotino. Mostrandosi carico di parecchia ansia, fu il padrone di casa a domandare per primo al giovane:

«Allora, Iveonte, erano fondati i sospetti del possidente Cufione sull'arrotino Drevio? Oppure non sei riuscito a trovare alcuna prova che lo incolpi dei rapimenti avvenuti nel nostro villaggio di Polsceto?»

«Certo che erano fondati, Ekso! Ma prima che io ti risponda, dicci chi sono questi due simpatici ragazzi, che stamattina non abbiamo avuto il piacere di conoscere! Essi mi appaiono una coppia molto sveglia.»

«Sono i miei due carissimi figli, Iveonte, ai quali già vi avevo accennato!» gli rispose l’oste, con un volto che era raggiante di orgoglio «Il maschio, che è il maggiore di loro, si chiama Lirio; mentre la femmina, che è più giovane di lui di undici mesi, ha per nome Vulla. Sei soddisfatto, dopo averti riferito i loro nomi?»

«Ad esserti sincero, Ekso, già conoscevo il nome di tua figlia, avendolo appreso dal tuo conterraneo Cufione, prima di raggiungerti. Ovviamente, vorrai sapere perché mai abbiamo parlato proprio di lei, come non abbiamo fatto con il tuo figlio maschio. Nevvero?»

«Certo, Iveonte! Hai forse scoperto in casa del mio dirimpettaio qualcosa che riguarda anche la mia Vulla, essendo stata scelta come vittima di un altro ratto? Se ella sta correndo un serio pericolo, ce lo devi dire, senza temporeggiare. Perciò ti preghiamo di farlo, senza celarci niente su colei che rappresenta il mio tesoro e quello di mia moglie!»

«Non preoccuparti, Ekso! Da me saprete ogni cosa, a patto che non vi spaventiate, poiché non ce ne sarà alcun motivo: ve lo posso garantire! Ma prima che continui a parlarvi, se possibile, suggerisco di spostarci da questo locale, poiché esso è troppo esposto alle orecchie indiscrete dei passanti. Inoltre, potrebbe essere controllato dagli occhi di falco dell'arrotino. Per caso nella vostra abitazione c'è un luogo più appartato, dove si possa discutere tranquillamente? Se ci sta, sarebbe meglio raggiungerlo ed accomodarci in esso!»

Alla domanda di Iveonte, Ekso fece presente al giovane che l'unico posto riservato e sicuro era il cortile interno della casa. Perciò suggerì di trasferirsi tutti insieme in quel luogo. Quando poi lo ebbero raggiunto, senza perdere altro tempo, il giovane si diede a riferire quanto aveva scoperto nella casa del loro infame dirimpettaio.

«Ebbene, nell'abitazione di Drevio, dopo lunghe ricerche, sono riuscito a trovare il documento che attesta la sua colpevolezza in tutti i rapimenti avvenuti fino ad oggi nel vostro villaggio. In esso ci sono segnati i nomi delle ragazze già rapite in precedenza e quelli delle tre ragazze da rapirsi nei prossimi mesi. Ma adesso, Ekso, tu e la tua famiglia non dovete allarmarvi, se vi confesso che la prima di loro risulta essere esattamente la tua graziosa figliola! Vi assicuro che non le accadrà proprio nulla, poiché noi non permetteremo alle Teste di Lupo di rapirla e di portarsela via con loro, come hanno fatto con le altre.»

Alla terribile rivelazione di Iveonte, piangendo e disperandosi, la ragazza corse a rifugiarsi tra le braccia della madre, la quale pure ne era rimasta fulminata e si era sbiancata in volto. Ella, stringendosi forte la figlia al petto, non riusciva a reagire, siccome i pensieri più cupi ed angoscianti venivano a frastornarle la mente. Da parte sua, invece l’oste sbottò subito nelle seguenti imprecazioni: "Quel porco di Drevio! Adesso corro a casa sua e lo faccio pentire di aver messo piede nel nostro villaggio! Anzi, lo squarterò, proprio come si fa con i maiali!" Subito dopo, mentre i suoi familiari piangevano, si armò di un forcone e palesò la ferma intenzione di raggiungerlo e di mettere in atto le sue minacce.

Per fortuna Tionteo, mettendosi davanti a lui, lo fermò appena in tempo. Dopo avergli sbarrato il passo con molta fermezza, badò a calmarlo e a farlo ragionare, rivolgendogli le seguenti parole di conforto:

«Non fare così, Ekso! Lo sai che ci siamo noi a risolvere il vostro problema e quello di tante altre famiglie polscetane. Ti garantisco che il mio eroico amico non permetterà a nessuno di tirare un solo capello alla tua figliola. Già egli stesso vi ha invitati a non spaventarvi nel modo più assoluto ed io vi invito a fidarvi ciecamente di lui. Iveonte è sempre uscito vincitore da qualunque situazione difficile, dal momento che per lui non esiste il termine "impossibile". Visto che mi ti sono spiegato per bene, amico mio, adesso càlmati e stai attento a quanto egli ti dice!»

Alle parole di consolazione di Tionteo, l’oste, il quale non faceva più comprendere se fosse più irato o più abbacchiato, con voce lacrimosa si rivolse a colui che il Terdibano aveva definito un grande eroe. Così, apparendo assai mogio, si diede a domandargli:

«Iveonte, davvero sei deciso a fare tanto per noi? Mi rassicuri che ci darai una mano contro i malfattori che vogliono rapire la nostra Vulla? Puoi prometterci che ella continuerà a vivere per sempre in mezzo a noi? Su, dammi la tua parola che sarà come ho detto, se nella nostra famiglia non vuoi farci morire tutti di crepacuore!»

«Puoi contarci, Ekso! Se non fosse come ti ho detto, non staremmo qui ad impegolarci in questa brutta vicenda, che neppure ci riguarda! Se ti fa piacere sentirmelo dire, essa non esorbita dalle mie possibilità, per cui riscuoterò il successo più pieno nella mia lotta contro i malvagi autori di tanti rapimenti. Per questo motivo, esorto te e i tuoi familiari a non disperarvi e ad avere la massima fiducia in me. Vi chiedo unicamente di fare in modo che il vostro dirimpettaio non venga a sapere delle nostre reali intenzioni e non le scorga neppure attraverso i vostri sguardi adirati. Egli non dovrà sospettare nulla di nulla fino alla sua resa dei conti. Mi sono spiegato come dovevo?»

Le parole del giovane arrecarono parecchio conforto nei membri della famiglia dell'oste. Essi, poco alla volta, incominciarono a svuotarsi di ogni malessere che si era impadronito di loro, riprendendo con un certo sforzo la normale vita quotidiana. Iveonte e i suoi amici rimasero ancora un’ora nella casa di Ekso a rincuorare lui e gli altri componenti della famiglia. Dopo la loro opera di incoraggiamento, essi se ne ritornarono all’abitazione di Cufione. Ma prima di lasciarli, il giovane li rassicurò:

«Ora andiamo via dalla vostra casa, caro oste; ma tu e i tuoi familiari non temete di essere lasciati soli nel vostro terribile frangente. Verremo a trovarvi di nuovo in serata e vi metteremo al corrente delle decisioni che abbiamo preso sul vostro conto per la prossima nottata. Probabilmente, dopo vi faremo dormire altrove per sentirci più sicuri, non volendo farvi correre alcun pericolo. A stasera, dunque, amici nostri!»