253°-A POLSCETO, CUFIONE OSPITA SPEON E I SUOI DUE AMICI

Dovendosi passare per il villaggio di Polsceto, a Speon venne il desiderio di rivedere Cufione, un carissimo amico di suo padre. Allora Iveonte e Tionteo non furono avversi al suo incontro con tale persona; anzi furono lieti di accontentarlo. Così, una volta che si furono presentati a casa del Polscetano, costui, che trafficava in pellicce, prodigalmente mise la propria casa a disposizione del figlio dell’amico Vusto e dei suoi compagni che viaggiavano con lui. Allora il giovane borchiese, subito dopo aver messo piede nella dimora del generoso Cufione, prima di ogni altra cosa, badò a ringraziarlo anche a nome dei suoi due protettori, per aver voluto ospitarli nella propria abitazione. Quando infine si furono accomodati nell'alloggio del brav'uomo, Speon si diede a raccontargli le penose avversità che i fratelli Kirpus gli avevano fatto subire a Borchio, infliggendogliele senza nessuna moderazione e con eccessiva malvagità. Il padrone di casa, invece, al termine del racconto del giovane, il quale aveva riguardato la dolorosa odissea della sua famiglia, coinvolgendo in maniera drammatica anche tre persone innocenti che gli stavano molto a cuore, provò molta afflizione per tutti gli sventurati rimasti uccisi. Dopo, però, avvertì la necessità di parlargli nel modo seguente:

«Mi dispiace tantissimo, Speon, per la morte di Vusto, il tuo sventurato genitore, che per me era come un fratello. Il suo martirio mi rattrista e mi angoscia profondamente; anzi, mi turba come se avessi perduto un pezzo di me. Lo sai anche tu che tuo padre ed io ci volevamo un bene da morire e, ogni volta che era necessario, ognuno di noi si faceva in quattro a favore dell'altro! Anche se mi fanno pena le altre tre morti, non posso affermare che esse mi abbiano procurato un dolore della stessa portata di quello provato per l'uccisione del tuo genitore! Se te lo dichiarassi, mentirei prima a me stesso e poi a te!»

«Mio caro Cufione, in precedenza avevi già conosciuto i fratelli Kirpus? Oppure avevi soltanto sentito parlarne da altre persone, che erano venute a contatto con loro almeno una volta?»

«In passato, mio carissimo Speon, anch'io ho avuto a che fare con Zonk, il quale era il Kirpus padre; però solamente in due occasioni. La prima volta egli mi fece un'ottima impressione, avendolo trovato assennato e coscienzioso. Oltre ad apparirmi un conoscitore provetto del suo mestiere, mi convinse che sapeva il fatto suo anche sotto gli altri aspetti della vita. Dell'intera famiglia, comunque, era il solo che riusciva ad incutere soggezione e rispetto a quanti venivano a contatto con l'intero suo nucleo familiare! La seconda volta, invece, lo trovai davvero molto cambiato. Il Kirpus non godeva più della stima di nessuno; anzi, tutti l’odiavano, per la semplice ragione che egli si dava ad infondere nei suoi interlocutori esclusivamente terrore, come se volesse accopparli da un momento all'altro. Per il qual motivo, la gente cercava di evitarlo, non volendo avere alcun rapporto con lui. Anch'io, in sua presenza, mi comportai proprio come tutti quanti gli altri Polscetani!»

«Dei suoi figli, amico del mio defunto genitore, che concetto ti eri fatto, visto che lo accompagnavano ovunque? Sono sicuro che li mettevi sullo stesso piano del padre, poiché essi erano malvagi come lui!»

«Non hai tutti i torti a pensarla così, Speon! Pure i suoi figli, che sembravano dei ringhiosi mastini, erano sempre pronti ad azzannare chicchessia! Avresti dovuto vederli! Infatti, sia Zonk che l'intera sua prole si scaldavano per un nonnulla e si mostravano sempre pronti ad intimidire chiunque si rifiutasse di sottostare ai loro soprusi. Inoltre, non si astenevano da minacce e da atti di prepotenza ai danni dei mercanti locali, costringendoli perfino a pagare loro delle forti tangenti. Ma adesso, grazie ai tuoi nuovi formidabili amici, i fratelli Kirpus sono stati sistemati per bene e per sempre! Perciò essi non daranno mai più fastidio alle numerose popolazioni stanziate nei vari villaggi della Regione dei Laghi. È stato meglio così, per cui anch’io ringrazio i loro uccisori.»

Un istante dopo, però, il padrone di casa fu visto incupirsi nel volto. Perciò fece trasparire da esso una improvvisa espressione di ambascia. Ma una volta che fu passata la sua breve pausa di malinconica tristezza, egli ci tenne ad aggiungere al giovane figlio dell’amico defunto:

«Speon, se bisogna dire tutta la verità, quando erano vivi, i fratelli Kirpus non erano i soli ad angustiare gli animi della gente. Vi erano anche altre persone capaci di far soffrire il prossimo con maggiore crudeltà! Esse, se vuoi saperlo, a differenza di loro, sono rimaste in queste zone ad arrecare varie sofferenze a tantissima gente!»

Il giovane, essendo stato colpito dalle ultime frasi dell'amico del genitore, poiché gli erano risultate totalmente inammissibili, senza indugio intervenne a contraddirlo:

«Mi dici, Cufione, a chi ti sei voluto riferire un attimo fa, quando hai parlato di gente più crudele dei fratelli Kirpus? Invece sono fermamente convinto che, in tutta la Regione dei Laghi, era impossibile trovare degli esseri che fossero capaci di superarli in infamia e in spietatezza. Alle quali cose essi erano soliti ricorrere, allo scopo di terrorizzare quanti avevano a che fare con loro! Mi vuoi spiegare, quindi, perché non ne ho mai sentito parlare né da mio padre né da altre persone di questa regione? Su, spiegamelo, per favore! Secondo me, gli esseri spregevoli, a cui hai fatto accenno poc'anzi, non possono essere che il frutto della tua immaginazione! Perciò non mi dai altra scelta e mi spingi a considerare le tue affermazioni assurde ed inaccettabili da me. In poco tempo, come mi rendo conto, hai già dimenticato con facilità l'intero male che i Kirpus mi hanno arrecato con la massima efferatezza. Essi mi hanno ferito oltre ogni misura, perché io possa credere che esistano degli esseri spregevoli più scellerati di loro! Anche se li vedessi con i miei occhi, mi rifiuterei di considerarli degli esseri reali peggiori di loro!»

Dopo essere stato ripreso così duramente dal giovane figlio del suo grande amico morto, il maturo Cufione apparve alquanto confuso e perplesso. Ad un tratto, cominciò a mostrarsi pentito di essersi espresso in quel modo, facendo delle affermazioni che non avrebbe potuto giustificare, per ragioni note soltanto a lui e ai suoi familiari. Per questo l'uomo comprese che aveva sbagliato ad accennare a cose che non sarebbero mai dovute uscire dalla sua bocca, neppure per errore, anche se erano venute fuori non esplicitamente ma in forma larvata! Allora, allo scopo di rimangiarsi le asserzioni che si era lasciato sfuggire a causa di una sua imprudenza, poco dopo, costretto a mutare completamente atteggiamento, desiderò solidarizzare con la controparte. Perciò si affrettò ad approvare quanto il giovane gli aveva espresso, confermandogli:

«Hai perfettamente ragione, Speon! Si vede che poco fa non sapevo affatto quello che dicevo. Ti ringrazio, per avermi rammentato che stavo sconnettendo, proprio come si comporta un ubriaco! Dovresti sapere che, quando meno ce lo aspettiamo, anche se di rado, ci escono dalla bocca parole o frasi, alle quali in quel momento non stiamo pensando neppure lontanamente! Ma cosa ci possiamo fare, se la natura umana è fatta in questa maniera, a volte incomprensibile? Devi convincerti anche tu che sovente essa, specialmente a cominciare da una certa età, diciamo come la mia, ci ingarbuglia le idee nella testa e ci fa addirittura sragionare! Te ne accorgerai, Speon, quando avrai i miei stessi anni!»

«Ti prego di scusarmi, Cufione, se un momento fa sono stato assai scorretto nei tuoi confronti! Avrai capito che è stato il mio rancore verso i Kirpus a spingermi a prendermela anche con te, mentre ti parlavo. Comunque, non mi sarei dovuto permettere, specialmente perché ora sono tuo ospite! Ma adesso che le nostre divergenze hanno trovato il loro punto d'incontro e si sono appianate nel modo giusto, penso che non ci sia più bisogno di rimuginarci sopra: nevvero, amico mio? Piuttosto vuoi dirmi dov’è finita la tua dolce Fisia, che non ho avuto ancora il piacere e la gioia di rivedere in questa casa? Vi scorgo la tua consorte Edania e i tuoi figli Specto e Mobrio; però non è qui ad illuminarmi il volto lo sguardo radioso della tua splendida primogenita. Naturalmente, prima di congedarmi da te e dalla tua famiglia, mi piacerebbe moltissimo salutarla ed abbracciarla calorosamente, come ai nostri vecchi tempi!»

La domanda di Speon, come se avesse messo il dito sulla piaga, fece calare un'ombra di mestizia sulla intera famiglia, che ospitava lui e i suoi amici. Parve addirittura che i volti dei suoi quattro membri all'improvviso si fossero abbuiati. La loro mente, invece, dopo essersi estraniata dalla realtà, sembrò che avesse iniziato a rivivere una esperienza terribilmente traumatizzante. Perfino il loro sguardo cupo venne ad assumere una espressione di infima prostrazione psichica e spirituale. Anzi, fece immaginare che il loro animo si stesse agitando in balia di un dramma immane ed ineluttabile! Un silenzio sepolcrale ed un terrore allucinante, dunque, si erano già impadroniti dell'intero nucleo familiare presente, allorquando Speon, con un nuovo suo intervento, venne a scuotere il capofamiglia dalla sua momentanea distrazione. Rivolgendosi a lui, volle fargli la seguente insistente domanda:

«Dunque, Cufione, che cosa hai da riferirmi in merito alla tua diletta Fisia? Ti sei forse già dimenticato che ti ho chiesto di lei, appena un attimo fa? Ma se devo esserti sincero, mi sto accorgendo che in te in questo momento c'è qualcosa che non mi convince e non riesco a spiegarmi in qualche modo! Vorresti darmene la spiegazione, per favore?»

A quel punto l'uomo, essendo stato costretto dal giovane a parlare della propria figliola, poiché egli era venuto a precludergli ogni possibilità di tergiversare sull'argomento, in principio apparve titubante e confuso. Un istante dopo, provò ad articolare qualcosa con le labbra, come per giustificarsi in qualche modo. Ma riuscì a malapena a farfugliare delle frasi disarticolate e sconnesse, dal significato interamente incomprensibile. Di lì a poco, non essendo più in preda al suo temporaneo blocco psicologico, si affrettò a rispondere alla meno peggio all'incalzante suo interlocutore. In pari tempo, il poveretto andò studiando l'espediente, che gli avrebbe permesso di soddisfare in maniera accettabile la richiesta del figlio dell'amico. Magari imbastendogli una risposta che gli risultasse probabile oppure la più verosimilmente compatibile con il vero!

«Già, mi avevi chiesto della mia primogenita, mio caro Speon! Invece io, sbadatamente, mi sono lasciato condurre altrove dalla mia mente. Devi sapere che la mia Fisia si è maritata con un danaroso mercante di stoffe, il quale ha voluto condurla a vivere nel suo villaggio di Celuezo. Proprio oggi fa un anno, da quando i due piccioncini sono convolati a nozze. Dopo la cerimonia nuziale, ella e il suo sposo lasciarono Polsceto per trasferirsi nella loro nuova casa, la quale si trova nel villaggio del marito! Adesso sei soddisfatto di questa bella risposta che ti ho data?»

Accettata come per buona l'improvvisata risposta fornitagli dall'amico del suo defunto genitore, Speon si mostrò apparentemente compiaciuto, oltre che dispiaciuto. Egli non sospettò per nulla che la notizia dell'uomo potesse essere falsa. Ma poi, dopo averla ascoltata, con una punta di invidia, gli si diede ad esprimersi così:

«Buon per lei, Cufione, se Fisia è stata baciata dalla fortuna! Devi sapere, però, che mi avrebbe fatto un sacco di piacere rivederla e riabbracciarla. E dire che i miei amici ed io ci siamo anche passati per il villaggio di Celuezo! Se lo avessi saputo prima che ci passassimo, sarei andato a trovarla volentieri! Lo sai anche tu, amico del mio babbo, che ho sempre avuto un debole per la tua rossa e lentigginosa figliola, fino a volerle un grandissimo bene. Già, dimenticavo che nessuno della vostra famiglia era all'oscuro di come andavamo d'accordo io e lei! A tale riguardo, non riesco a dimenticare un episodio che ci capitò, quando noi due eravamo ragazzi di appena sette anni. Lo rammento ancora oggi, come se lo avessimo vissuto ieri o l’altro ieri!»

«Se tu avessi la compiacenza di farmelo ascoltare, Speon, sentirtelo raccontare mi recherebbe davvero un immenso piacere! Anzi, sono sicuro che lo gradirebbero anche la mia consorte e i miei due figli, essendo essi tutti presenti! Almeno così…»

Ma il giovane borchiese, non dando peso all'interrotto accenno finale del Polscetano, a proposito di qualcosa con cui intendeva palesare rammarico ed amarezza insieme, incominciò il suo racconto, che furono felici di ascoltare perfino i suoi due amici.

"Un giorno Edania ci sorprese che eravamo stretti l’uno all’altra, poiché poco prima Fisia mi aveva pregato con insistenza di abbracciarla. Così, mentre eravamo intenti al nostro ingenuo abbraccio, la tua sopraggiunta moglie, anziché rimproverarci, preferì domandarci:

«Mi dite cosa state facendo, se non pretendo troppo da voi due?! Anche se posso immaginarmela, voglio che la risposta esca dalle vostre labbra! Perciò preferisco che me la diate voi!»

Alla sua domanda, io mi feci rosso in viso, quasi fossi divenuto un peperone. Tua figlia, invece, diversamente da me, non si sentì per niente a disagio per l’improvvisa presenza della madre. Anzi, senza scomporsi neppure un poco, subito si diede a risponderle:

«Sto controllando, madre mia, se da grande Speon potrà essere il giusto sposo per me. Non sai che si fa così, se uno vuole accertarsene? Basta abbracciarlo almeno una volta. Lo avevi forse scordato?»

Edania, mostrandosi molto divertita, continuò a chiederle:

«Fisia, ci vuole ancora tanto tempo, prima che tu riesca ad accertartene? Se il vostro abbraccio deve durare ancora parecchio, vado a farmi un giretto altrove e poi torno per conoscere il tuo responso!»

«Niente affatto, madre! Ho già la risposta pronta, se lo vuoi sapere! Perciò resta qui ad ascoltarla, poiché adesso te la do senza indugio!»

«Allora, figlia mia, mi riferisci cosa ti ha fatto scoprire l'abbraccio con il tuo amico Speon? Credi che in avvenire il matrimonio si farà tra voi due oppure non ci sono speranze per entrambi, per cui dovete iniziare a trovarvi un altro compagno per la vita?»

«Certo che si farà, madre mia, se prima le stelle non si staccheranno dalla volta celeste e non ci cadranno addosso, scombinandolo così contro la nostra forte volontà!»"

Quando ebbe finito di narrare il divertente episodio che gli era capitato in passato, Speon, per averne la conferma pure da lei, si rivolse alla padrona di casa e le chiese:

«Ricordi anche tu, Edania, quanto ho appena narrato poco fa?»

La donna, la quale adesso mostrava due occhi gonfi di lacrime, anziché rispondere a voce a chi l'aveva chiamata in causa, preferì confermare ogni cosa con ripetuti cenni del capo. Anche quest'altra volta il giovane non diede alcun peso al pianto sommesso della madre di Fisia. Egli lo aveva interpretato come la conseguenza di una emozione repentina, ossia quella che le era scaturita senz’altro dal ricordo della figlia lontana. Dopo Speon, allo scopo di liberare la donna dalla sua difficoltà del momento, intenzionalmente cercò di cambiare argomento, precisando al generoso anfitrione di casa:

«Sappi, Cufione, che domani mattina siamo costretti a lasciare la tua dimora per due motivi importanti: primo, perché non intendiamo piantarvi le tende; secondo, perché ci aspetta un viaggio lunghissimo e non scevro di pericoli! Perciò non avertela a male, se siamo obbligati ad andarcene via così presto! Magari ci tratterremo di più al nostro ritorno, nel caso che le cose ci siano andate bene. Te lo prometto, amico fraterno di mio padre! Perciò contaci, se vuoi farmi un piacere!»

Prima che il padrone di casa potesse esprimersi in un modo qualsiasi, dopo esserci stata la precisazione fatta dal figlio del defunto Vusto, probabilmente avrebbe cercato di invitarlo a non affrettare la loro programmata partenza, ci fu l'intervento di Iveonte. Il giovane lo contraddisse con fermezza, usando il seguente linguaggio:

«Invece noi resteremo ancora qui, Speon, almeno fino a quando non avremo riportato in questa casa la serenità di un tempo. Non ti sei accorto che la vita, per i membri di questa famiglia, è diventata un autentico inferno? Innanzitutto, però, abbiamo bisogno di sapere chi o che cosa li ha spinti nel baratro della disperazione, nel quale si trovano oggi e vi resteranno ancora per molto tempo, se non ci adopereremo per stroncare l'infelicità che predomina nel loro animo!»

«Ma di cosa parli, Iveonte? A quale inferno ti sei voluto riferire? Possibile che io, al contrario di te, non mi sia accorto di nulla, amico mio? Non posso assolutamente crederci! Allora, se è come asserisci, prima di partire da questa casa, veramente bisognerà vederci chiaro!»

«Ho voluto riportarmi all'inferno che Cufione e i suoi familiari stanno vivendo in silenzio, mio caro Speon! Credi che la loro congiunta Fisia sia davvero andata in sposa a quell'immaginario mercante di Celuezo, come ha voluto farti credere l'amico di tuo padre? Sappi che egli, quando ha alluso a quegli esseri più crudeli dei Kirpus, diceva esattamente la verità e non fantasticava affatto! Ciò che non capisco è perché, in un secondo momento, ha voluto ritrattare ogni cosa! Secondo me, la tua amica è stata rapita da individui senza scrupoli, i quali hanno anche imposto ai suoi familiari il silenzio più assoluto, minacciandoli di morte, se ne avessero parlato con qualcuno. Per questo essi temono che ci sarebbe una loro rappresaglia, qualora si lasciassero sfuggire anche una sola virgola sul rapimento della loro figlia e sorella. Ecco come stanno realmente le cose in questa casa, Speon, per cui toccherà a noi liberare l'intera famiglia dal peso che i singoli membri si portano sullo stomaco, standosene a soffrire in un doloroso silenzio!»

Speon, dopo aver sentito cosa Iveonte pensava su Cufione e i suoi familiari, cercò di scoprire immediatamente la verità. Perciò si rivolse a tutti i componenti della famiglia, dicendo:

«È mai possibile che sia proprio così, amici miei? Oppure intendete ancora smentire quanto ha affermato poco fa il mio compagno? Vi prego di non nasconderci niente e di essere franchi con chi intende aiutarvi di vero cuore! Avendo iniziato a conoscerlo bene, Iveonte non può essersi sbagliato! Inoltre, se davvero è come egli ha detto, nessuno più e meglio di lui potrà esservi di grandissimo aiuto!»

Nonostante il suo intervento, né Cufione né nessun altro membro della famiglia osava ancora aprire bocca. Al contrario, preferivano tenerla cucita, oltre che mostrarsi terrorizzati e restii a pronunciare anche una sola parola sulla vicenda che aveva investito la loro famiglia. Allora il figlio dell’estinto Vusto ne dedusse:

«Non c'è dubbio che il mio amico Iveonte abbia colto nel segno, poiché il vostro silenzio si dimostra più loquace di tutte le parole del mondo! Quindi, debbo interpretare il vostro tacere come un’ammissione delle varie ipotesi da lui avanzate. Inoltre, qualunque persona intenderebbe la vostra mancata impugnazione delle medesime come una palese confessione di quanto egli sostiene. Perciò, se le cose stanno proprio in questi termini, amici miei, per il bene della vostra Fisia, vi esorto ad aprirvi a noi, a manifestarci l'intero vostro dramma interiore e a sfogarvi di ogni sopruso che state subendo da parte di esseri cattivi e perfidi. Dovete sapere che i miei amici Iveonte e Tionteo sono due grandi eroi e faranno qualunque cosa, pur di aiutarvi a riappropriarvi della vostra serenità. La quale, come è chiaro, non esiste più dentro di voi.»

«Invece, amico Speon,» Tionteo ci tenne a puntualizzargli «io non sono affatto un eroe, come tu hai affermato; bensì sono solo un comune mortale. Chi è degno di fregiarsi di tale pregevole appellativo è solo il mio amico Iveonte. Per il futuro, perciò, prima di asserire cose del genere, cerca di ricordartelo, senza dimenticarlo mai più!»

Rivòltosi poi a Cufione e alla sua famiglia, il Terdibano aggiunse:

«A voi posso garantire che, se c’è una persona al mondo che potrà trarvi fuori da ogni guaio, di qualunque natura esso si dimostri, egli è il qui presente mio amico Iveonte! Per lui non esistono ostacoli che tengano, siccome riesce a superare senza difficoltà le barriere più insormontabili. Dunque, per il vostro bene, vi conviene avere in lui la massima fiducia, poiché egli sa infondere nelle persone anche quelle speranze da voi ritenute irrealizzabili. Ve lo posso giurare sul mio onore!»

Dopo che Tionteo ebbe terminato il suo intervento di precisazione a Speon e di convincimento presso la famiglia che li ospitava, subito dopo Iveonte badò anche lui a rassicurare ulteriormente i quattro afflitti familiari. Perciò, mostrando una certa sicurezza, si diede a fargli presente che, soltanto aprendogli i loro cuori, essi avrebbero potuto essere di aiuto alla loro carissima Fisia.

«Il mio giudizio su di voi è positivo,» egli ci tenne a precisare «poiché si vede facilmente che siete delle brave ed oneste persone. Ciò mi sprona ad aiutarvi convintamente, pur di vedervi senza più l'angoscia che vi si legge negli occhi e vi traspare dagli sguardi. Se desiderate che vi dia il mio utile soccorso, occorre che voi mi esponiate senza reticenza il problema che vi assilla. Parlandone con me, vi assicuro che non correrete alcun rischio. Nel caso poi che ci siano state delle intimidazioni da parte di coloro che vi soggiogano, perché non riferiate a nessuno le loro soverchierie, allora vi invito a non tenerne conto. Anzi, dovranno essere loro a preoccuparsi, dopo che avrò iniziato ad interessarmi della vostra vicenda! Perciò, per il bene della vostra Fisia, ditemi cosa le è successo e da chi è stata portata via dalla sua famiglia. Sono convinto che la vostra sofferenza e il vostro terrore derivano dalle sue disgrazie, quelle che vi rifiutate di rivelarci. Ma una volta che ci avrete messi al corrente di esse, potrete essere di grande aiuto alla vostra diletta congiunta e a voi stessi! Mi sono spiegato finalmente? Spero proprio di sì!»

Le parole di Iveonte non rimasero inascoltate presso i loro destinatari, nel cui animo esse fecero breccia e vi accesero, nello stesso tempo, molta fiducia nei suoi riguardi. Il primo fu Cufione ad avvertire l'esigenza di raccontare ogni cosa a colui che spontaneamente si era offerto di aiutarli, dopo essersi reso conto della loro disgrazia. In quel modo, aveva dato prova di avere un fiuto formidabile, che poteva riscontrarsi soltanto in quelle persone che erano dotate di una mente assai saggia. Perciò egli era persuaso che, cedendo a tale tentazione, si sarebbe liberato dell'enorme ambascia che si teneva nell'animo. L'uomo, però, volle consultarsi prima con gli altri familiari per sentire anche il loro parere, circa quanto intendeva fare. Ma dopo che si fu sincerato che Iveonte aveva fatto un'ottima impressione anche agli altri membri della famiglia, per cui essi erano propensi ad accettare la sua protezione, alla fine il capofamiglia deliberò di sbottonarsi con i suoi ospiti. Per questo incominciò a svelare alle tre persone amiche, che si trovavano sotto il suo tetto, ciò che sapeva sulla delicata vicenda riguardante la loro adorabile figliola.