247-LA NASCITA DEL GRANDE LUPO

Le metamorfosi che si avevano in Bulkar, facendo avvicendare fra di loro la natura umana e quella bestiale, ben presto gli avevano portato via una buona fetta di tempo. Da quando il licantropo aveva conosciuto Senia, era trascorso già un lustro, per cui adesso egli aveva compiuto ventisette anni. Anche per la ragazza gli anni erano volati ed ora si ritrovava ad essere un'adolescente di quindici anni. Ella oramai aveva completato la sua pubertà e interiormente si sentiva già una donna fatta, desiderosa di manifestare e soddisfare concretamente i suoi bollenti spiriti. Per questo avvertiva un insopprimibile bisogno di donarsi al suo uomo; in pari tempo, bramava di essere posseduta da lui carnalmente. Volendo chiarire la situazione, Senia intendeva assaporare quelle gioie che le sarebbero provenute dalla virile esuberanza del compagno. Anche Bulkar era stato del medesimo avviso, poiché, giorno dopo giorno, veniva trascinato da un irrefrenabile desiderio di congiungersi carnalmente con Senia, la quale era già in crisi adolescenziale. Perciò intendeva assoggettarla, quanto prima, alla sua prorompente virilità. Così, quando entrambi si erano resi conto che nell'una e nell'altra parte si avvertiva l'esigenza di profanare il sacro tempio dell'amore, non c'era stato più verso di rinviare oltre il loro sospirato amplesso. Essi avevano voluto consumarlo sotto l'alone dimezzato di una luna crescente, siccome in quella circostanza essa era a metà della sua crescita.

I due partner ne erano stati deliziati oltre ogni loro aspettativa; allo stesso modo, non erano stati meno intensi i loro successivi rapporti sessuali, che erano seguiti al primo. Al contrario, essi via via si erano andati perfezionando nel tempo, per cui ogni volta che succedeva, i due amanti erano riusciti a plasmare la loro avida voluttà in modo sempre più godibile. Amando in quel modo, l'avevano suggellata con una carica emotiva sempre più scatenata e fantasticamente vissuta da loro. Così, tra amori e giochi amorosi, erano passati altri quattro anni per Bulkar e Senia, i quali adesso si consideravano più come marito e moglie che non come amici. Per loro due, però, non c'era stata la nascita di quel figlio che avevano tanto sospirato e desiderato, benché si fossero adoperati con insistenza per averlo. Alla fine Bulkar, non sapendo più che pesci pigliare per accontentare la sua compagna, aveva deciso di rivolgersi al saggio Tocur. Egli, ovviamente, intendeva chiedergli perché mai con nessuno dei suoi rapporti avuti fino a quel momento con la sua Senia era stato in grado di fecondarla, al fine di avere un loro figlio.

Una volta nell'antro dell'anziano eremita, il giovane aveva cominciato a confessargli la loro delusione e la loro amarezza, le quali cose erano dovute entrambe ai loro infruttuosi tentativi di diventare genitori di un bel bambino. Dopo aver fatto la sua amara confessione all'amico, Bulkar gli aveva chiesto aiuto, pregandolo di dargli qualche consiglio utile in merito alla loro sconsolante infecondità. Tocur, da parte sua, non aveva perso tempo a tranquillizzare l'avvilito Bulkar, incoraggiandolo a sperare ancora, senza mai perdere la fiducia nelle proprie possibilità procreative. Rifacendosi poi ad una sua teoria, la quale sarebbe potuta anche risultare realistica, egli gli aveva ventilato le probabili ragioni del loro insuccesso, nonostante i loro perseveranti sforzi di perseguire in lei il concepimento. Ebbene, in base alla quale, gli aveva fatto presente:

«Secondo me, Bulkar, i licantropi possono procreare, esclusivamente quando diventano lupi; invece, finché restano uomini, vengono colpiti dalla sterilità. Quindi, anche se non posso assicurarti che l'ipotesi da me azzardata corrisponde al vero, vi consiglio di mettervi a sperimentare la mia teoria. Perciò tu e la tua compagna dovrete avere dei rapporti carnali, anche dopo che ti sei trasformato in lupo. Soltanto così, sebbene non te lo possa promettere con certezza, ci sarebbe la possibilità che ella rimanga finalmente incinta, dandovi il figlio tanto bramato da voi.»

Quando Senia era venuta a sapere ciò che proponeva il loro vegliardo amico, allo scopo di farle avere una gravidanza, aveva voluto seguire il suo consiglio. Perciò, subito dopo che la nuova metamorfosi aveva trasformato Bulkar in un lupo, ella si era accoppiata con lui, senza manifestare né orrore né ribrezzo. Visto poi che l'esperimento era stato coronato da successo, facendola diventare gravida, si era potuto prendere atto che la teoria formulata dal saggio Actinese era esatta. Quindi, in capo a nove mesi, era arrivato l'agognato rampollo, ossia quello che i due giovani amanti in vari modi avevano insistentemente cercato.

Il bambino, che era stato chiamato Tusco, almeno per il primo triennio, aveva rappresentato l'immensa gioia dei suoi genitori, per cui Bulkar e Senia lo avevano coccolato che meglio non si poteva. Essi erano consapevoli che anche il loro figliolo, una volta compiuti i sei anni di età, sarebbe stato affetto da licantropia, siccome essa risultava una tara già presente nel corredo cromosomico paterno. La quale malattia, dunque, avrebbe scatenato in lui quel processo di trasformazioni cicliche, che già si verificavano nel padre e che anche in Tusco sarebbero avvenute non senza alcuni disagi fisici e psicologici. I quali erano già previsti e seguiti nella loro evoluzione. A differenza del padre, però, nel triennio successivo, il bambino non era cresciuto come i suoi orgogliosi genitori si attendevano, cioè allegro e vivace come tutti gli altri bimbi della sua età. Per il qual motivo, in loro ogni enfasi di felicità e ogni interessamento al loro piccolo erano stati adombrati dal suo strano modo di comportarsi. Valutando meglio il suo comportamento, esso si era andato rivelando sempre più contrario alla logica. Difatti Tusco, anziché sprizzare allegria da tutti i pori ed esprimere la sua instancabile vitalità attraverso il gioco, si era dato ad estraniarsi del tutto dalla realtà. Senza alcun motivo, evitava la compagnia dei genitori e degli amici lupi, quasi volesse tenersi lontano da loro ad ogni costo, senza una ragione plausibile.

Allora Bulkar e Senia avevano deciso di parlare di tale sua forma comportamentale con il loro amico Tocur, considerandolo molto acculturato. Costui, dalla descrizione dei sintomi che essi avevano riscontrato nel loro bambino, non aveva avuto dubbi nel formulare la propria diagnosi. Secondo la quale, si trattava di una grave malattia mentale, la quale avrebbe portato la sua personalità ad un progressivo deterioramento, senza possibilità di regressione oppure di stabilizzazione della malattia. Per la precisione, l'Actinese aveva diagnosticato al piccolo Tusco quell'antipatica patologia, detta schizofrenia infantile, la quale oggi viene comunemente definita con il nome di autismo. Il saggio uomo, inoltre, non aveva esitato a mettere al corrente i suoi genitori del terribile male, che aveva colpito il loro povero bambino. Perciò, con sommo dispiacere, aveva chiarito ad entrambi:

«Amici miei, i gravi disturbi dell'attività affettiva, che andate riscontrando in vostro figlio sempre con maggiore frequenza, non fanno presagire nulla di buono. Essi denotano eloquentemente che Tusco è affetto da una inguaribile malattia mentale. La quale, via via che trascorreranno gli anni, andrà distruggendo ulteriormente la sua personalità, fino a farlo diventare aggressivo e pericoloso per coloro che gli sono vicini. Il vostro ragazzo si andrà chiudendo sempre di più in sé stesso ed eviterà, prima parzialmente e poi totalmente, ogni rapporto con i propri simili. Oggi, essendo piccolo, egli non desta alcuna preoccupazione, poiché non può causare danni a coloro che convivono con lui; ma in avvenire potrebbe non essere più così, siccome potrebbe provocare dei danni a quanti convivono abitualmente con lui e ad altri estranei che non lo frequentano.»

«Ci dici perché, Tocur, con la sua crescita potrebbe esserci in Tusco un cambiamento di questo tipo?» gli aveva domandato Bulkar «Inoltre, ci spieghi in che senso il suo carattere non potrebbe essere più lo stesso, poiché sarebbe destinato a peggiorare nel tempo?»

«Di preciso, non ve lo so dire, Bulkar, perché la sua malattia non è stata ancora studiata in modo approfondito. Ma posso assicurarvi che in lui i veri problemi cominceranno a sorgere, quando egli avrà raggiunto l'età adulta. Se ci tenete a saperlo, ciò che più mi spaventa è la licantropia, alla quale è soggetto il vostro bambino, considerato che non possiamo prevedere quale sbocco essa darà alla sua malattia, una volta che sarà divenuto adulto. Infatti, ignoriamo le temibili conseguenze che la concomitanza delle reazioni negative e distruttive potrà scatenare nell'uomo di domani. A mio avviso, se le sue reazioni umane potranno essere in un certo qual modo seguite e controllate, non altrettanto si può asserire di quelle che si avranno in lui durante la sua esistenza da lupo. Stando così le cose, al posto vostro, eviterei di tenere in vita un licantropo affetto da tale malattia, potendo egli provocare unicamente dei grossi danni al suo prossimo, sia esso un familiare oppure un estraneo!»

Da parte loro, Bulkar e Senia non avevano voluto dargli ascolto. Come genitori, essi non riuscivano a concepire contro il figlio il drastico ricorso ad un provvedimento tanto ignominioso quanto crudele. Un gesto del genere era apparso assurdo ed inconcepibile specialmente a loro due, in quanto padre e madre di lui. Nell'infanzia, sia l'uno che l'altra, erano stati vittime della sopraffazione da parte dei loro genitori, i quali avevano voluto calpestare con fredda determinazione la loro dignità umana. Così, provando disdegno verso la proposta del loro amico, senza però dimostrargli di avercela con lui, i due giovani consorti avevano stabilito di accettare con rassegnazione la sventura che era loro capitata. Nello stesso tempo, si erano abbracciati come non mai, siccome intendevano esprimersi con tale abbraccio la loro solidarietà al bambino e la loro costernazione, la quale si era presentata per soggiogarli in modo dispotico ed abominevole. Infine, congedandosi da lui con un mogio e freddo saluto, avevano lasciato il loro colto amico ed avevano fatto ritorno alla caverna, che era la loro abitazione.


Quando Tusco aveva compiuto i sei anni di età e si era presentata la sua prima notte di plenilunio, in lui c'era stata puntualmente la prima trasformazione in lupo, con la stessa sintomatologia che abbiamo conosciuta. Ma la metamorfosi si era appena completata nel bambino, allorché lo si era visto abbandonare la sua casa di corsa e sparire nella vegetazione del bosco. Vi era rimasto per quindici giorni, cioè fino a quando non aveva riassunto le sembianze umane. Al suo ritorno fra i suoi genitori, il piccolo Tusco non si era mostrato lo stesso bambino di sempre. Pareva che la sua misantropia lo avesse abbandonato definitivamente, per cui gradiva moltissimo le coccole e le attenzioni dei suoi genitori. Desiderava perfino giocare in continuazione con gli amici lupi e non voleva fare a meno della loro compagnia. Stando con loro, egli si divertiva un mondo per l'intera giornata. Unico fatto negativo che veniva riscontrato in lui, ad ogni modo, era l'assenza assoluta di ogni ricordo della sua vita trascorsa da lupo, per cui non rammentava neppure il particolare più rilevante che la riguardava. Al padre, invece, ciò non accadeva e non era mai successo, poiché egli non dimenticava niente della sua vita trascorsa in qualità di bestia. Sentiva e connetteva esattamente come una persona; inoltre, come tale, era in grado di provare dei generosi e nobili sentimenti, i quali erano propri della specie umana.

Bulkar e Senia, che si mostravano immensamente felici di quel suo nuovo atteggiamento, senza indugio avevano voluto mettere al corrente il loro acculturato amico del cambiamento psichico avvenuto nel loro figliolo, il quale si era avuto con la sua prima metamorfosi. Essi lo ritenevano senz'altro un segnale positivo, siccome adesso si ritrovavano ad avere a che fare con un piccolo essere, che riusciva a procurargli parecchie soddisfazioni e a riempirli di immensa gioia. Invece Tocur, all'opposto dei suoi amici, non aveva appreso con ottimismo la notizia. Perciò non si era astenuto dall'esprimere all'uno e all'altra un suo commento sulla guarigione improvvisa del ragazzo. Così gli aveva chiarito:

«Amici miei, non voglio apparirvi come l'uccello di malaugurio; ma sono costretto a spegnere quell'entusiasmo, il quale oggi è motivo della vostra festa interiore. Non illudetevi che il vostro bambino sia guarito per sempre dal male incurabile, da cui era affetto. La malattia prima soggiogava la sua vita da uomo; adesso invece bersaglia quella da lupo. Pare proprio che essa, con la prima metamorfosi, sia rimasta imprigionata nella sua esistenza animale, liberando così la sua vita da uomo. Il qual fatto spiegherebbe pure perché il vostro Tusco non rammenta niente di niente riguardante il suo stato bestiale.»

«Ciò significa forse qualcosa di brutto, Tocur?» gli aveva domandato preoccupato Bulkar, il quale, come la consorte, non era riuscito a comprendere appieno le parole dell'uomo acculturato.

«Certamente, amico mio! La sua nuova condotta ci fa temere che egli, intanto che conduce la sua vita da lupo, possa commettere qualunque azione malvagia, senza averne coscienza e senza esserne assolutamente responsabile. Mi chiedo soltanto fin dove il vostro Tusco potrebbe ledere agli altri e se è lecito permetterglielo da parte nostra. Per la quale ragione, resto sempre dell'avviso che la sua pericolosa esistenza, ora più che mai, vada troncata, prima che possa nuocere a chicchessia! Ma forse una soluzione di ripiego potrebbe esserci, se proprio vi riesce difficile togliere di mezzo vostro figlio. Poco prima che egli si trasformi in lupo, bisognerà legarlo ad un grosso albero con una corda molto resistente. In tal modo, lo si priverà della libertà di potersi muovere ed agire come gli suggerisce la sua mente malata. Adottando tale precauzione, inoltre, voi vi sentirete in pace con la vostra coscienza e potrete continuare a tenervi il vostro Tusco. Anzi, eviterete alla vostra famiglia ogni specie di turbamento e di dolore. Comunque, mi sembra più che ragionevole il provvedimento che vi ho appena consigliato!»

La nuova proposta del loro amico Tocur non era dispiaciuta ai genitori del bambino; al contrario, l'avevano accolta con gioia e con grandissima soddisfazione. Anche secondo il loro parere, quello era l'unico modo possibile, se volevano continuare a tenersi il loro bimbo, il quale era divenuto ormai sano. Ma essi avrebbero dovuto ugualmente penare, poiché sarebbero stati costretti, a scopo cautelativo, a legarlo durante i quindici giorni che egli viveva da lupo malato. Comunque, fino a quando Tusco non aveva superato i dieci anni, i genitori si erano astenuti dal legarlo, come Tocur aveva suggerito. Costui, infatti, aveva ritenuto che il ragazzo autistico non avrebbe potuto far del male a nessuno, se presa in considerazione la sola puerizia e non le successive fasi evolutive. I fatti, almeno in apparenza, gli avevano dato completamente ragione. Durante tale periodo, infatti, non si era mai registrato alcun danno a persone e ad animali, il quale potesse essere imputato a lui. Invece, con la pubertà alle porte, Bulkar e Senia non se l'erano più sentita di rischiare tanto. Per questo, dopo aver messo a conoscenza lo stesso loro rampollo della sua pericolosità quando diventava lupo, avevano iniziato a legarlo ogni volta per stare completamente tranquilli.

Le cose erano andate lisce come l'olio soltanto per breve tempo. Infatti, col sopraggiungere dell'età puberale, nel piccolo licantropo era cominciato ad aversi uno strano fenomeno, il quale era venuto a destare molta preoccupazione nei suoi apprensivi genitori. Adesso l'adolescente Tusco, ogniqualvolta si tramutava in lupo, assumeva una stazza sempre più formidabile, la quale andava ben al di là della normalità. Come si poteva osservare, ogni sei mesi la sua crescita permetteva al suo corpo di aumentare di un peso equivalente a quello di un lupo adulto. Perciò, semestre dopo semestre, lo si era visto crescere a dismisura. La sua corporatura era stata scorta prima raddoppiarsi, poi triplicarsi ed infine quadruplicarsi, senza accennare ancora a porre un limite alla sua sproporzionata crescita. Perciò, alla fine, anche la corda più robusta era cominciata a non essere più in grado di sostenere gli impeti focosi ai quali il licantropo la sottoponeva, allo scopo di liberarsene e di scappare via nel folto del bosco. Anzi, ad ogni nuova sua trasformazione, era sembrato che la fune cedesse e si spezzasse, consentendogli la fuga e la tanto desiderata libertà di azione.

Perfino i lupi avevano incominciato a preoccuparsi e ad adombrarsi, dopo che Tusco, nel suo aspetto lupino, aveva raggiunto una corporatura quasi sestupla della loro ed era diventata grande quanto quella di una tigre. Perciò essi si mostravano particolarmente agitati e anche aggressivi, ogni volta che il ragazzo si trasformava in lupo. Se vogliamo essere obiettivi, anche Bulkar e Senia, di fronte alla rapida ed abnorme crescita del loro figlio-lupo, avevano iniziato a mostrare una seria apprensione. Allora essa li aveva fatti ricorrere di nuovo al colto amico di Actina, per un ennesimo consulto, ritenendolo essi ormai irrimandabile.

Questa volta Tocur, poiché si era seriamente preoccupato, aveva voluto essere categorico nel parlare ai suoi amici. Senza mezzi termini, aveva adoperato un linguaggio risoluto e severo nella risposta che aveva dato loro, esprimendosi con le seguenti durissime parole:

«Miei cari Bulkar e Senia, ve lo ripeto per l'ultima volta: Tusco va eliminato, senza perdere altro tempo! Con il suo ritmo esponenziale di crescita, che non ci lascia neppure prevedere quale sarà il massimo che raggiungerà nel suo ininterrotto sviluppo fisico, ben presto non ci sarà più corda che riesca a tenerlo al guinzaglio. Già oggi la sua gigantesca mole dovrebbe incutere soggezione perfino ad una tigre e non riesco ad immaginare quali potranno essere in seguito le sue massime proporzioni! Ho perfino timore che, in un prossimo futuro, sarà in pericolo la stessa nostra sopravvivenza, oltre che quella dei normali lupi e di altre specie animali della zona. Concludo, esortandovi ad uccidere vostro figlio al più presto, senza ripensamenti e altri rinvii, prima che egli ci anticipi e faccia piazza pulita anche di noi tre! Mi sono spiegato, una buona volta per sempre, cocciuti amici miei?»

Bulkar e Senia, sebbene non fossero ancora del tutto convinti che il loro amico avesse ragione, non avevano escluso che, da un momento all'altro, si sarebbe dovuto arrivare a tanto. A ogni modo, prima volevano attendere che lo squilibrio mentale del loro ragazzo desse qualche indizio concreto del suo alto grado di pericolosità. Per questo, fino a quel momento, essi avrebbero rinunciato a risolversi drasticamente nel senso suggerito dall'amico actinese. Le prove, purtroppo, non erano tardate a farsi registrare con virulenta ferocia, turbando e terrorizzando moltissimo i suoi genitori. Era da qualche giorno che il diciassettenne Tusco, a partire dal suo compleanno, era andato incontro alla sua quarta trasformazione in lupo, allorché si era avuto il primo episodio cruento. Esso era venuto a scioccare Bulkar e la sua compagna Senia come non mai. A tale proposito, bisogna sapere che il lupo Tusco godeva della libertà di aggirarsi per il bosco, anche perché non c'era più corda che riuscisse a tenerlo legato. Egli, che era ormai divenuto gigantesco quanto un elefante, conservando però l'agilità e l'aggressività proprie della sua natura, preferiva vivere allo stato brado per tutto il tempo della sua esistenza lupina. Ebbene, l'episodio, a cui si è accennato, era stato quello che ora viene riportato qui appresso.

Un giorno, allo spuntar dell'alba, Bulkar e Senia erano stati svegliati da alcuni lupi. Essi ululavano con insistenza e con tono lamentevole. Siccome i loro ululati provenienti dalla parte più interna del bosco non accennavano a smettere, alla fine essi si erano decisi a raggiungere le bestie che li emettevano. Secondo loro due, soltanto così essi si sarebbero resi conto personalmente del motivo che li faceva comportare in quella maniera. Giunti sul posto, si erano trovati di fronte alle carcasse scarnificate e lorde di sangue di una decina di lupi, i quali, nella notte appena trascorsa, erano stati aggrediti e spappolati da un essere enorme e incredibilmente feroce. Ecco perché adesso i loro simili, dopo averle rinvenute nel sottobosco, mostravano un certo risentimento verso l'autore dell'infame eccidio. Inoltre, esprimevano la loro mestizia, la quale era dovuta alla tragica sorte toccata ai loro compagni. Davanti a quella mostruosa mattanza, Bulkar e Senia non avevano potuto fare a meno di attribuirla al loro Tusco. Per tale motivo, da una parte, si erano pentiti di non aver dato ascolto al loro amico Tocur; dall'altra, invece, si erano ripromessi di far fuori il colpevole loro figlio, non appena si fosse rifatto vivo sotto le spoglie umane. Nel frattempo, però, i terribili massacri contro i lupi erano continuati per i restanti giorni che Tusco era vissuto nella boscaglia da pericoloso lupo.

Quando infine aveva assunto le sembianze umane, il giovane licantropo era ritornato nella sua caverna, completamente ignaro delle stragi da lui perpetrate ai danni dei suoi amici carnivori. Allora, non appena lo aveva scorto che rientrava, Bulkar si era subito infuriato. Poi, brandendo un pugnale, gli si era avventato contro, urlandogli: "Adesso, figlio mio scellerato, ti faccio pagare con la vita le tue orribili colpe, dopo che ti sei reso responsabile di impietose mattanze! Così in avvenire non potrai più recare la morte ai poveretti lupi, che ci sono rimasti!" Dunque, l'uomo stava per vibrare il colpo mortale al cuore di Tusco, che aveva una corporatura possente quanto la sua, allorché era intervenuta la moglie a fermarlo. Ella, frapponendosi tra il marito e il figlio, non aveva permesso che quest'ultimo venisse colpito a morte dal proprio genitore. L'intervento materno aveva anche dato modo al giovane di scappare via e di rifugiarsi in un posto sicuro del folto sottobosco. Egli era rimasto nascosto in quel luogo, fino a quando non c'era stata in lui la successiva mutazione in lupo. Per cui non si era più fatto rivedere dai suoi genitori.

Nel frattempo, da parte di Tusco-lupo, erano stati ripresi gli eccidi notturni con maggiore frequenza e con più spietata ferocia. Questa volta, però, oltre ai suoi simili, c'erano andate di mezzo le tante persone che per caso si erano trovate a percorrere i sentieri del bosco. Perfino il vecchio Tocur non era stato risparmiato dalla feroce bestia, per cui ne era rimasto maciullato, dopo aver subito il suo brutale assalto. L'uccisione del saggio Actinese aveva rattristato tantissimo gli animi di Bulkar e di Senia. Entrambi si erano perfino reputati i veri responsabili sia della morte del loro prezioso amico sia degli altri innumerevoli eccidi che il figlio continuava a commettere impunito, ma senza esserne cosciente.

A quel punto, non serviva più restare a recriminare sugli errori da loro commessi nel passato; invece occorreva iniziare a preoccuparsi del fatto che anche sulla loro testa incombeva altrettanto la grande minaccia di un assalto mortale da parte del figlio. Si trattava dello stesso pericolo che essi avevano lasciato crescere e fatto divenire una reale causa di morte per tutti i frequentatori del bosco. Per loro due, sfortunatamente, ciò poteva avvenire, soltanto quando anche Bulkar conduceva la sua esistenza da lupo! Infatti, proprio come avevano previsto, una notte, mentre i due coniugi dormivano nella loro caverna, era arrivata l'enorme bestia, nella quale si era trasformato il figlio Tusco. Così li aveva accoppati entrambi nel sonno. Innanzitutto essa aveva affondato nei loro corpi i potenti artigli delle sue zampe anteriori, freddandoli sul colpo e con estrema facilità. A breve distanza di tempo, ne aveva anche divorato le carni, dopo aver ridotto i loro corpi in un mucchio di ossa minute, per averle frantumate e spolpate con le sue fortissime zanne acuminate.