242°-LA FAMIGLIA KIRPUS

La famiglia Kirpus, non essendo nativa del luogo, non aveva in Borchio dei parenti collaterali; così pure non risultava che ne avesse negli altri villaggi della zona. Soprattutto si ignorava il nome del capostipite, dal quale essa era provenuta. Si sapeva solamente che in passato il loro capofamiglia Zonk si era presentato nel villaggio borchiese con la sua compagna Velpa e vi si era trapiantato insieme con lei in modo permanente. In quel luogo, comunque, essi erano stati benaccetti da tutti gli abitanti. In riferimento poi al nome Kirpus, che veniva dato alla loro famiglia, in verità, più che altro, si trattava di un semplice soprannome. Infatti, esso era stato assegnato a Zonk dalla gente nativa, dopo che egli si era rivelato un ottimo cacciatore. Nell'idioma locale, per chi intendesse apprenderlo, kirpus significava appunto "colui che ha dimestichezza con la caccia". In seguito, però, via via che erano trascorsi gli anni, quell'appellativo di identificazione era stato esteso all'intero ceppo familiare, fino a diventarne un autentico cognome.

Riportandoci adesso alla loro prima apparizione in Borchio, i due giovani coniugi, lui ventenne e lei sedicenne, non avevano esitato a mettere le radici nella nuova terra, poiché i suoi abitanti avevano riservato alla giovane coppia una calda accoglienza. Così l'immigrato ben presto, oltre che un esperto cacciatore, si era dimostrato l'uomo d'armi più in gamba di Borchio ed una persona intraprendente dalle mille risorse. Per tale motivo, egli veniva anche rispettato e temuto dalla totalità dei Borchiesi. In seguito, però, ossia a tre anni dal loro insediamento nel villaggio di adozione, Zonk e Velpa, non temendo più alcuna difficoltà economica, si erano dati a procreare senza sosta. Allora in famiglia si era assistito alla nascita di un figlio all'anno. Perciò era bastato un decennio, perché essi si ritrovassero a gestire una folta prole: maschi i primi nove e femmina la decima, la quale era destinata ad essere l'ultimogenita.

Avvenuta la decima gravidanza, infatti, la donna aveva dovuto porre termine alla sua spiccata prolificità, poiché in Borchio vigeva una legge, che non consentiva alle coppie di avere più di dieci figli. Per cui tutti gli altri che nascevano dopo, siccome sopravanzavano a tale numero, dovevano essere eliminati alla loro nascita, senza fare eccezione per nessuno degli abitanti del villaggio. Sul rispetto di quella legge in vigore, che controllava le nascite in eccedenza al decimogenito, vigilava rigorosamente il Consiglio dei Cinque. Si trattava di un organo collegiale, i cui dignitari venivano nominati dall'Assemblea del Popolo, di cui facevano parte i soli abitanti maschi maggiorenni. Esso rappresentava l'organo amministrativo e legiferante preposto alla guida del villaggio, poiché nello statuto dei Borchiesi non era previsto un capo supremo con poteri assoluti. Per questo la loro forma di governo doveva considerarsi oligarchica. Similmente, si governavano gli altri villaggi della Regione dei Laghi; ma il numero degli oligarchi variava da un popolo all'altro.

Via via che i loro figli maschi avevano compiuto i dieci anni, Zonk aveva cominciato a pretendere da loro una disciplina ferrea. Li aveva sottoposti a lunghe ed estenuanti esercitazioni sia fisiche che mentali, cioè quelle che erano in grado di promuovere in loro un perfetto ed armonico sviluppo psicofisico. In tal modo, aveva fatto irrobustire i loro corpi ed aveva permesso agli stessi di procurarsi una muscolatura poderosa. In pari tempo, li aveva allenati egregiamente nell'uso delle armi, fino a farli diventare dei combattenti bellicosi e spietati, del tutto privi del senso della nobiltà e della pietà. Soprattutto egli aveva voluto renderli dei cacciatori esperti ed abili come lui. In merito all'arte venatoria, Zonk aveva preteso dai figli la sola caccia di quegli animali forniti di pelo morbido e lucente, come le volpi, i castori e gli ermellini. La sua preferenza per quella specie di animali era dovuta al fatto che egli si era dato anche al commercio di pellicce conciate. Il Kirpus padre riusciva a smerciarle, oltre che in quello loro, pure nei restanti ventiquattro villaggi appartenenti alla loro estesa regione, la quale era quella dei laghi.

I figli maschi di Zonk avevano superato tutti i venti anni, quando si era presentata nel villaggio di Borchio una banda di predoni composta da un centinaio di uomini, a capo della quale stava il borioso e cinico Galup. Costui, dopo aver radunato nella piazza i membri del Consiglio dei Cinque, che i suoi uomini avevano prelevato con la forza dalle rispettive abitazioni, gli si era espresso in questo modo: "Se entro il prossimo tramonto gli abitanti di Borchio non mi avranno consegnato un quantitativo di monili d'oro del peso pari a quello della mia spada, mi vedrò costretto a dare alle fiamme le loro abitazioni. Perciò andate ed adoperatevi immediatamente, affinché quanto vi ho appena ordinato avvenga al più presto. Vi raccomando: pretendo da voi la massima puntualità, se non volete andare incontro a delle grane ancora maggiori!"

Nel frattempo che non veniva raccolto dai Borchiesi l'intero oro richiesto da Galup, i suoi uomini non si erano astenuti dal compiere varie razzie; come pure non erano mancate numerose violenze carnali tra le donne del villaggio di tutte le età, da quelle adolescenti a quelle mature. Durante le loro razzie, essi si erano presentati anche nella bottega di Zonk e l'avevano depredata dell'intero stoccaggio di pellicce. Il cinquantenne Kirpus, in quel momento, non si era opposto alla loro spoliazione; né aveva accennato a qualche rimostranza. Anzi, li aveva perfino aiutati a caricarsi sopra un carro l’intera sua preziosa merce, dicendo ai suoi predatori: "Poiché adesso siete voi i più forti, è giusto che facciate della mia roba ciò che più vi aggrada! Per questo vi do perfino una mano ad aggiustarvela per bene sul carro, che mi avete requisito con essa." Per quel suo atteggiamento lodevole e collaborativo, egli era stato elogiato dal capo dei predoni, il quale aveva voluto additarlo come esempio a tutti gli altri abitanti di Borchio. Costoro, in verità, avendolo sempre considerato un tipo duro che non accettava i soprusi altrui, magari era lui a farli subire agli altri, si erano stupiti del atteggiamento assunto dal Kirpus padre verso gli usurpatori forestieri. Anzi, non volevano credere ai loro occhi, nel vederlo consegnargli senza battere ciglio tutte le sue pellicce che teneva nel negozio, mettendogli a disposizione perfino il carro che doveva servire a portarsele via!

Nel tardo pomeriggio, però, quando i suoi figli avevano sospeso la loro attività venatoria ed avevano fatto ritorno a casa loro, Zonk li aveva fatti armare fino ai denti. Subito dopo li aveva guidati ad un altro tipo di caccia, nella quale questa volta le prede sarebbero dovute risultare i predoni di Galup. Prima di muoversi dalla loro abitazione, egli aveva voluto precisare ai figli che mai a nessuno i Kirpus avrebbero dovuto permettere di arrecargli tanto i soprusi quanto le offese, senza ricevere in cambio una esemplare punizione. Per questo adesso essi andavano a punire coloro che nella mattinata ci avevano provato. Da quell'istante, sebbene fossero la decima parte dei loro avversari, i dieci Kirpus avevano dato una caccia spietata ai predoni razziatori, fino a quando non li avevano colpiti tutti, a volte di nascosto altre volte a viso aperto, mostrandosi sempre di una ferocia inesorabile. Così, al tramonto, non era rimasto vivo neppure un bandito, poiché, dal primo all'ultimo, essi erano stati barbaramente trucidati da Zonk e dai suoi inflessibili figli.

La carneficina, operata dai Kirpus, aveva risollevato gli animi degli abitanti di Borchio. Essi, come per prodigio, adesso si vedevano affrancati sia dall'obbligo di versare l'esoso tributo in oro all'odiosa banda di Galup, sia dal timore di avere le case distrutte dagli stessi. Per tale motivo i Borchiesi li avevano ringraziati, osannati e fatti oggetto della loro eterna gratitudine. Invece quegli abitanti, che per il momento deliravano per la gioia, assai presto si sarebbero dovuti ricredere nei confronti dei Kirpus. Infatti, quelle stesse persone che per il momento li stimavano come i loro generosi salvatori, in seguito si sarebbero trasformate nei loro taglieggiatori più accaniti e nei loro persecutori più crudeli. A ogni modo, come vedremo, non senza una giusta ragione!

Allora cerchiamo di venire a conoscenza della vera causa, la quale aveva spinto i Kirpus a mutare atteggiamento nei confronti dei loro conterranei borchiesi, trasformandosi in esseri brutali e spregevoli. In questo modo, ci si permetterà di apprendere quelle colpe che erano da ascriversi sia ad alcuni Borchiesi autorevoli sia alla famiglia kirpusina.


Un biennio dopo che gli abitanti di Borchio avevano ricevuto la visita dei predoni di Galup, Velpa, la consorte di Zonk, quando era oramai al limite dell'età feconda, aveva dato alla luce una seconda femminuccia, la quale veniva ad essere l'undicesima dell'intera figliolanza. Ma la donna, anziché farla uccidere, come prescriveva la legge del villaggio, aveva manifestato al marito il desiderio di tenersi anche la figlia appena nata, poiché intendeva allevarla. Allora Zonk aveva chiesto al Consiglio dei Cinque l'autorizzazione a crescere la sua nuova ultimogenita, benché risultasse undicesima nel suo nucleo familiare. Secondo lui, quella sua richiesta era da considerarsi più che legittima e che la concessione gli spettava di diritto. Infatti, i Borchiesi dovevano molta riconoscenza alla sua famiglia, perché due anni prima essa aveva reso loro il grande servigio, che non potevano aver già dimenticato in poco tempo. Invece le cose non erano andate affatto così. Essendo venuta a mancare l'unanimità dei consensi in seno all'autorevole organo collegiale, da esso era provenuto a Zonk un responso negativo. Per l'esattezza, un solo membro del consiglio aveva votato contro l'accoglimento della richiesta del Kirpus capofamiglia; ma per motivi puramente personali. A tale riguardo, va precisato che era stato il dignitario Netrus ad esprimere parere contrario, ma con il solo scopo di vendicarsi di una offesa che uno dei suoi figli aveva ricevuta da un fratello Kirpus. Alcuni mesi prima, infatti, il suo ultimogenito aveva subito dei duri maltrattamenti da parte del maggiore dei figli di Zonk. Per la qual cosa, egli se l’era legata al dito ed aveva atteso il momento della sua personale vendetta contro di lui.

Alla notizia del verdetto sfavorevole del Consiglio dei Cinque, la puerpera si era disperata parecchio. Alla fine, in preda ad una crisi nervosa, aveva preso con sé la bambina e si era condotta sulla sommità di una rupe situata a poche centinaia di metri dal villaggio. Una volta lassù, tenendosi stretta tra le braccia la sua creaturina, si era lanciata a capofitto nel vuoto. Dopo essere cadute sul suolo sottostante, madre e figlia vi avevano trovato una morte istantanea. Allora, non appena era venuto a sapere del suicidio della moglie, il quale aveva coinvolto pure la figlia, Zonk aveva provato molto dolore. Anzi, in lui non erano mancati uno sdegno incredibile ed un irrefrenabile desiderio di vendetta, che aveva stabilito di attuare subito dopo l'inumazione delle proprie congiunte.

Così, come si era ripromesso, non appena aveva avuto termine la sepoltura della moglie e della figlia neonata, alla testa dei suoi nove figli maschi, egli si era recato alle abitazioni dei cinque membri del consiglio. In esse li avevano prelevati con la forza e li avevano trascinati con le mani legate nello spiazzo principale del villaggio. Dopo, al centro di quel luogo, il Kirpus padre aveva fatto scavare dai propri figli cinque buche aventi un diametro ed una profondità tali, da contenere i corpi degli ostaggi fino all'altezza delle spalle. Infine li aveva costretti ad infilarsi nelle buche, per cui ne erano rimaste fuori dal terreno le sole teste. Una volta che erano state ultimate tali operazioni, Zonk e i suoi figli, montati a cavallo, si erano dati a correre all'impazzata da un capo all'altro della spianata, rifacendo più volte lo stesso percorso. La loro vertiginosa corsa avanti e indietro era durata, finché gli zoccoli delle loro bestie non avevano spiaccicato al suolo le teste dei cinque disgraziati membri del consiglio, riducendole in una poltiglia sanguinolenta ed irriconoscibile.

Sottoposte le cinque autorevoli persone di Borchio a quell'orrendo supplizio, che era stato di una barbarie inaudita, l'atteggiamento dei Kirpus verso i Borchiesi era venuto a mutare radicalmente. Innanzitutto Zonk aveva smesso il suo commercio di pellicce ed aveva ordinato ai suoi figli di fare altrettanto con la loro attività venatoria. Ma il motivo di quella sua decisione aveva avuto un unico scopo. Da quel giorno, egli e la sua prole avrebbero dovuto vivere a spese degli altri Borchiesi, togliendo agli stessi con la coercizione quanto sarebbe risultato di loro gradimento. Comunque, i Kirpus, nei loro rapporti con gli abitanti di Borchio, non si erano limitati alla sola estorsione; ma li avevano anche costretti a vivere nell'oppressione e nel terrore. Allo stesso modo, si erano messi a trattare gli abitanti degli altri villaggi della Regione dei Laghi. Per cui costoro, ogni volta che i terribili fratelli Kirpus e il loro padre si erano rifatti vivi dalle loro parti, venivano colti da un grave turbamento psichico e da un profondo malessere, fino a sentirsi male.

Ormai durava da un anno la loro nuova attività di grassatori, allorquando era venuta a mancare ai fratelli Kirpus la guida del loro genitore. In che modo? Un pomeriggio, mentre tornavano dal villaggio di Sustio, un violento acquazzone li aveva costretti a riparare sotto diversi alberi. Uno dei quali aveva dato ricetto a Zonk e al suo quartogenito Reliok. Ad un certo punto, il capofamiglia aveva inviato il figlio a chiamare il suo primogenito Uriop; però, poco prima che i suoi due figli lo raggiungessero, un fulmine si era abbattuto sull'albero che gli dava riparo. Esso, oltre a recidere a metà il tronco arboreo e a bruciarlo come se fosse stato un fuscello, all'istante aveva pure folgorato l’attempato Kirpus, lasciando i figli senza il loro capo carismatico. Dopo la morte del loro genitore, i Kirpus erano stati guidati dal fratello maggiore, che era Uriop, nelle loro grassazioni. Durante le quali, spesso avevano dato spettacoli di insuperabile crudeltà, facendo inorridire quanti si erano trovati a fare in quel luogo da atterriti spettatori.


A un anno esatto dalla morte di Zonk, nella Regione dei Laghi le cose procedevano proprio in questo modo, quando il padre di Speon aveva deciso di ritirarsi nel suo villaggio natio. Egli oramai, dopo aver girovagato a lungo per terre remote ed avervi smerciato le sue pietre preziose, aveva avvertito la stanchezza degli anni. Principalmente per questo, Vusto aveva pensato di trovare il meritato riposo nel suo tranquillo villaggio di Borchio; ma era ignaro che in esso, come negli altri villaggi della Regione dei Laghi, la serenità vi era venuta meno da molto tempo. Comunque, egli, pur con minore impegno, aveva seguitato ad esercitarvi con grande bravura la sua attività artigianale e commerciale. Ma quando erano trascorsi appena nove mesi dall'apertura della sua bottega, all’onesto orafo era capitato di fare la sua prima esperienza negativa con la famigerata famiglia. Siccome il locale era adibito come negozio e come laboratorio, oltre a lavorarvi l'oro e l'argento, egli vi vendeva i manufatti della sua preziosa opera artigianale. La sua perizia di cesellatore gli consentiva di eseguire lavori di altissimo pregio e di indubbio valore artistico, per cui era conosciuto in molti villaggi della zona.

Un giorno Vusto era seduto presso il suo banco di lavoro e stava rifinendo un bellissimo braccialetto d'oro, allorché erano entrati nella sua bottega il maggiore dei fratelli Kirpus e la sorella Cresia. Uriop, dopo avere ordinato all'abile artigiano di mostrare alla sorella l'intero campionario dei suoi pregiati monili, aveva invitato la ragazza a scegliersi quello che le riusciva più gradito. La giovane Kirpus allora aveva espresso il suo gradimento per una stupenda collana. Essa presentava una sequenza variegata, nella quale si alternavano gemme, sferette d'argento, piropi e sferette dorate. Quando infine la sorella aveva scelto il vezzo che risultava di suo gradimento, il Kirpus aveva invitato la congiunta a metterselo al collo. Dopo egli, come se fosse lui il proprietario della bottega, le aveva esclamato: "Cresia, adesso che hai fatto la tua scelta con sommo piacere e con soddisfazione, possiamo anche togliere il disturbo ed andarcene appagati! Prima, però, è tuo dovere ringraziare il generoso Vusto per il bell'omaggio, di cui ha voluto farti dono!" Alle parole del germano, la ragazza era rimasta letteralmente muta; anzi, si era sentita investire da una forte vampata di vergogna. Poi, abbassato il capo, ella si era precipitata verso l'uscio della bottega dell'artigiano. La poveretta aveva voluto esserne fuori prima possibile, poiché lì dentro all’improvviso si era sentita soffocare e svenire.

Comunque, Vusto non aveva osato replicare alle affermazioni del Kirpus, pretendendo da lui il corrispettivo in monete del suo prezioso monile. Anzi, essendo stato già avvertito dai suoi vecchi amici del villaggio della pericolosità dei Kirpus, quando li si contraddicevano in qualche modo, si era adeguato all'agire di Uriop, senza ribellarsi e senza neppure fiatare. Invece Speon, il quale era anche lui presente nella bottega, non aveva badato per niente a quell'episodio di larvata prepotenza messo in atto dal Kirpus. Il giovane, da parte sua, aveva preferito di più lasciarsi soggiogare dall'avvenente bellezza della sorella di lui. La ragazza, in un certo senso, subito dopo aver messo piede nella bottega del padre, lo aveva trasformato psicologicamente e rapito alla sua realtà del momento. Infatti, alla vista della dolce cliente, il giovane se ne era invaghito in un attimo ed aveva cominciato a spasimare per lei, in preda com'era ad un amore ardente e genuino. Si poteva dire che, per tutto il tempo che la ragazza era rimasta dentro il negozio paterno, egli si era totalmente rifugiato in un meraviglioso mondo fantastico. Così, standole abbracciato con la fantasia, vi aveva vissuto dei momenti suggestivi ed intensi di passione. Per questo i suoi occhi non avevano visto altro che lei; mentre i suoi pensieri, essendo in preda alla sua seduzione, se ne erano compiaciuti in una maniera davvero elettrizzante e travolgente.

Il giorno dopo, Speon aveva incontrato per strada la giovane Kirpus, mentre era in compagnia della sua amica Tirna. Appena lo aveva scorto, la ragazza subito lo aveva avvicinato. Così, dopo avergli chiesto scusa per la prepotente condotta del fratello, gli aveva manifestato che ella disapprovava appieno l'immorale comportamento dei fratelli. Esso, a suo parere, di certo non poteva fare onore alla sua famiglia, la quale giustamente veniva malvista nel villaggio. Speon, dal canto suo, dopo averle asserito di non aver dato peso a quanto era accaduto nella bottega del padre, si era dato a rivolgerle delle frasi, che si rivelavano dei veri strali di Cupido. Allora la ragazza, alle sue profferte amorose e alle sue espressioni ricche di passionalità, era cascata come una pera cotta. Alla fine il risultato era stato che anch'ella se ne era innamorata in un istante con il cuore e con l’animo. Di conseguenza, entrambi si erano ritrovati profondamente invaghiti l'uno dell'altra, dichiarandosi il loro amore in modo esplicito e convinto. In quell'occasione, essi si erano pure ripromessi di iniziare a frequentarsi di nascosto, naturalmente durante le assenze dal villaggio dei fratelli Kirpus. In quel modo, avrebbero potuto tenere alimentato l'ardore della loro passione con esternazioni più concrete. Speon aveva perfino proposto a Cresia la capanna del suo grande amico Burdino, come luogo dei loro incontri segreti.

Anche il compagno, a sua volta, senza volerlo, aveva stretto delle ottime relazioni amorose con Tirna, l'intima amica di lei. Perciò anche loro due avevano iniziato ad incontrarsi segretamente nel medesimo posto dei due amici. L'obiettivo dei loro incontri era stato quello di dare uno sfogo più concreto ai loro bollenti spiriti, poiché la passione amorosa li andava permeando di una forte ed incontrollabile sensualità.