234-ASTORIDE INCONTRA GODESIA E SE NE INNAMORA

Tre giorni dopo che Iveonte era partito alla volta di Casunna in compagnia del nuovo amico Tionteo, in Actina ad Astoride venne la voglia di allontanarsi non solo dalla reggia, ma anche dalle mura cittadine. Egli vi veniva spronato dal desiderio di andare a prendere una bella boccata di ossigeno tra le piante lussureggianti di fronde e di fiori. Era da alcuni mesi che il Terdibano non aveva provato più un simile godimento, cioè da quando lo faceva insieme con i suoi due amici e le rispettive ragazze. Da allora, infatti, uno dietro l'altro, molti avvenimenti si erano succeduti in modo convulso sia a Dorinda che nella Città Santa. I quali non avevano dato a nessuno di loro tre un attimo di tregua per distrarsi un poco. Prima di lasciare la reggia, egli si preoccupò di passare dal suo amico re e di metterlo al corrente di quanto intendeva fare, dopo aver lasciato la reggia. Così, una volta in sua presenza, gli comunicò che stava per uscire fuori città, essendo intenzionato a raggiungere la campagna circostante, dove si sarebbe trattenuto circa una mezza giornata. Comunque, sarebbe rientrato per mezzogiorno e sarebbe stato presente a corte all'ora di pranzo. Francide, da parte sua, volendo scherzare su quella sua improvvisa uscita solitaria, gli fece presente:

«Finalmente, Astoride, hai deciso di andare a cercare una donna da prendere in moglie! Credevo proprio che non ci avresti più pensato! Ti giuro che, se avessi avuto una sorella, senz'altro ti avrei proposto di sposarla! In questo modo, noi due saremmo diventati anche cognati, oltre che grandi amici! Non mi dire che non ti sarebbe piaciuta l'idea!»

Il Terdibano, stando alle parole giocose del sovrano, essendo consapevole che a lui non mancava mai la vena di scherzare, in quanto sempre ricco di verve, stando allo scherzo, non perse tempo a rispondergli:

«Ma visto che non hai nessuna sorella da darmi in sposa, Francide, non mi resta che andare a cercarmi altrove la donna da far diventare mia sposa. Non ti pare, amico mio, che sono costretto a comportarmi così? Importante è arrivarci al matrimonio, anche se con po' di ritardo! Comunque, avrei gradito la tua idea, cioè quella di farmi ammogliare con una tua sorella, a patto che ella valesse un tesoro quanto te!»

«Non ti do torto, Astoride! Nel cercarti la ragazza, però, voglio darti un consiglio: bada che ella sia orfana di entrambi i genitori! Così la farò adottare da mia madre. In questo modo, potrò dire ugualmente di avere una sorella; mentre tu potrai vantarti di aver sposato una principessa! Allora mi prometti che seguirai il mio consiglio?»

«Visto che intendo darti ascolto, Francide, dovresti chiarirmi una cosa: l'essere orfana è l'unico requisito che mi suggerisci di trovare nella mia futura compagna? Oppure pensi che ella dovrà averne altri ancora? Se la tua risposta dovesse essere affermativa, mi chiarisci anche essi quali dovrebbero essere per avere anche la tua approvazione?»

«È logico, Astoride, che la tua futura moglie dovrà avere anche altri requisiti! Ma quelli li lascio decidere tutti al tuo buonsenso, dal momento che la ragazza, in qualità di tua futura consorte, dovrà piacere principalmente a te. Adesso, amico mio, mettendo da parte il faceto, voglio farti una raccomandazione: cerca di essere a corte per domattina; sennò dovrò procrastinare la tua nomina a comandante della Guardia Reale!»

«Non preoccupartene, mio caro Francide! Vedrai che sarò senz'altro di ritorno, prima della cerimonia. Ovviamente, mi vedrai a corte non per l'agognata nomina; ma perché altrimenti non saprei dove saziare la mia fame. La quale, come già sai benissimo, in me si dimostra sempre da lupo! Adesso ti lascio ed arrivederci al mio ritorno!»

Pronunciate quelle sue ultime parole, Astoride abbandonò la sala del trono. Poi, montato sul suo cavallo che una guardia gli aveva fatto trovare già pronto all'ingresso della reggia, si allontanò di corsa. Così, in un attimo, lo si vide scomparire nel chiassoso trambusto del viavai della folla. Una volta uscito pure di città, il Terdibano incominciò a gironzolare nei campi, che si estendevano intorno ad Actina. Anzi, senza accorgersene per niente, se ne allontanò di alcune miglia. Alla fine, però, sentendosi stanco di galoppare, egli decise di fermarsi a riposare presso un laghetto, dove si sdraiò supino, tenendo le mani sotto la testa. Invece qualche attimo dopo, assunta la posizione seduta, il giovane iniziò a divertirsi, lanciando dei ciottoli nell'acqua che gli si stendeva davanti piatta ed immota, simile ad un grande specchio. Esso rifletteva i numerosi alberi circostanti, i quali lambivano la sua sponda e vi si specchiavano nitidamente, mostrando anche i movimenti delle loro appendici.

Astoride stava per lanciare l'ennesimo sassolino nell'acqua, allorché le sue orecchie captarono una specie di strepitio. Esso, come sembrava, proveniva da meno di mezzo miglio da quel luogo. Si trattava di voci confuse, miste a grida e a lamenti, le quali, in un certo senso, facevano pensare ad un assalto a dei viaggiatori, da parte di un gruppo di ribaldi predoni. Allora quel fatto sollecitò il giovane a risalire in groppa al suo cavallo, essendo intenzionato a rendersi conto di persona di quanto stava succedendo a poca distanza da lui. Nello stesso tempo, si ripromise di recare il suo aiuto a qualche vittima della prepotenza, se proprio ce ne fosse stato bisogno.

Così, dopo aver aggirato il laghetto ed essere pervenuto sul dosso del colle che gli stava di fronte, all'istante Astoride comprese ciò che stava accadendo nella sottostante radura. In quella zona, una mezza dozzina di predoni tentava di bloccare un carro, il quale veniva trainato da due cavalli. Esso era occupato da tre donne e da un uomo anziano, che ne era il conducente. Il rappresentante maschile, da un lato, sferzava le due bestie del veicolo, volendo incitarle ad essere ancora più veloci in quella circostanza sfavorevole. Dall'altro, invece, scagliava rabbiose frustate a destra e a manca contro i predoni, che tentavano di assalirli e di fermarli. Costoro, infatti, correndo rapidamente su entrambi i fianchi, cercavano di avvicinarsi un po' troppo alla coppia di quadrupedi, avendo la chiara intenzione di imbrigliarli ed arrestare la loro corsa pazzesca. Ma quel loro tentativo continuava a dare esito negativo.

Quell'odioso spettacolo irritò a non dirsi Astoride, per cui, senza attendere oltre, decise di intervenire in soccorso dei quattro malcapitati. Quando poi fu giunto in prossimità del carro, egli riuscì facilmente a trafiggere e a disarcionare i due predoni che in quel momento si trovavano in coda. Allora gli altri quattro loro amici non tardarono ad accorgersi di lui e a ritenerlo pure un tipo pericoloso, avendo egli liquidato in breve tempo due di loro. Per questo essi stabilirono di contrattaccarlo insieme con grande determinazione. Nello scontro che ne seguì, il Terdibano non trovò alcuna difficoltà ad infilzare per primo il predone che occupava la posizione più avanzata. Inoltre, gli fu altrettanto facile sbalzare da cavallo uno degli altri tre predoni, che erano sopraggiunti immediatamente dopo. A quel punto, il giovane si ritrovò ad affrontare solo i due predoni che erano rimasti in sella ai loro cavalli, siccome quello disarcionato da lui poco prima non poté più dare manforte ai compagni.

Nel frattempo, l'attempato conducente del carro aveva arrestato le sue bestie ed era saltato giù dal veicolo. Naturalmente, non per fare lo spettatore, bensì per recare aiuto a chi li stava soccorrendo. Infatti, dopo essersi armato di spada, aveva attaccato il predone che era venuto a trovarsi appiedato. Ma non gli fu difficile ferirlo mortalmente, nel medesimo istante che il loro soccorritore venne a liberarsi anche degli altri due avversari. Al primo dei due aveva procurato una profonda ferita all'addome, squarciandoglielo. Al secondo, invece, aveva inferto un poderoso colpo alla gola, sgozzandolo ed ammazzandolo, esattamente come si fa in un mattatoio con le bestie da macellare. Per ovvie ragioni, il cruento spettacolo suscitò viva impressione nelle tre donne, siccome esse non erano abituate a trovarsi di fronte a fatti d'armi così cruenti e raccapriccianti. Ora le poverette, essendo costrette ad assistere a quei cadaveri insanguinati, non soltanto avvertirono un senso di ribrezzo, ma anche mancò poco che non si mettessero a vomitare. Inoltre, sentendosi venir meno, temettero di cadere per terra svenute. Invece la loro posizione seduta le preservò da tale increscioso disturbo, il quale ci sarebbe stato senza meno, se esse si fossero trovate in piedi. Ad ogni modo, per il loro bene, un fatto del genere fu scongiurato.

Dopo che quel manipolo di perversi malviventi fu messo fuori combattimento, l'uomo, dall'apparente età di una settantina d'anni, si affrettò ad essere riconoscente al loro salvatore. Per questo, una volta che si fu avvicinato a lui, incominciò a dirgli:

«Grazie, prode giovane, per esserti voluto schierare di tua spontanea volontà dalla nostra parte, la quale senza meno era quella giusta. Il tuo tempestivo intervento ci ha salvati da quei sei malfattori che, ad opera tua, hanno avuto tutti il fatto loro! Ma prima di continuare la nostra interessante conversazione, allontaniamoci da questo luogo almeno di qualche centinaio di metri, se non vogliamo che queste benedette donne svengano a momenti sotto i nostri occhi! I loro volti sbiancati e molto impressionati mi fanno intendere che esse stanno mal tollerando la vista dei cadaveri sparsi per terra con i corpi insanguinati.»

Una volta che si furono spostati abbastanza dal luogo del sanguinoso scontro avuto con gli ultimi tre delinquenti, effettuandovi la carneficina che abbiamo vista, l'uomo arrestò il carro e scese a terra da solo. Dopo essersi avvicinato di nuovo al giovane soccorritore, che lo aveva imitato in quella sua azione, porgendogli la mano, gli dichiarò:

«Mi presento, giovanotto: il mio nome è Ipione ed esercito la professione del medico. Io e le mie figlie, le quali si chiamano Selinda e Zeira, siamo diretti alla nostra città natale, che è Actina. Essa oramai è ad un tiro di arco da questo luogo, se per caso tu non dovessi saperlo! Perciò la raggiungeremo assai presto! Di te invece che cosa puoi dirmi, nostro soccorritore? Mi farebbe davvero piacere apprenderlo!»

«Il mio nome è Astoride.» passò a presentarsi pure il suo interlocutore «Mi trovo nella vostra città da circa due mesi. Quindi, caro medico, non c'è dubbio che tu la conosca molto meglio di me, non essendo io nativo della Città Santa! Se ti aggrada sentirlo dire, ci sto vivendo molto bene, da quando ci sono pervenuto con i miei due amici!»

Un attimo dopo, avendo dato una sbirciata al carro, Astoride riuscì ad intravedere sopra di esso due donne già mature, le quali potevano avere una cinquantina d'anni, ed una fanciulla. Quest'ultima presentava dei lineamenti così fini e belli, da attrarre all'istante la sua attenzione. Avvinto poi dalla sua visione angelica, egli domandò all'anziano uomo:

«Chi è la ragazza, che viaggia insieme con voi? Se non erro, a lei non hai fatto alcun accenno poco fa, come hai fatto con le altre due donne meno giovani, che sono le tue figlie. È stata forse una tua distrazione, medico Ipione, a non fartela presentare a me? Oppure devo pensare a qualcos'altro, che forse è meglio non rinfacciarti?»

«Non ti sbagli, giovanotto. Si è trattato proprio di una mia sbadataggine! Ella si chiama Godesia. Anche se non è una nostra parente, la si può considerare parte integrante della nostra famiglia! La ragazza è vissuta sempre con noi tre, fin dalla nascita, per aver perso entrambi i genitori in tenera età. Dalla loro morte, se le mie figlie le hanno fatto affettuosamente da madri, io sono stato per lei un vero padre.»

Qualche istante dopo, rivolgendosi alle donne che si mostravano ancora indicibilmente impaurite, l'uomo, dandosi a gridare forte, le esortò a scendere subito dal loro carro e ad avvicinarsi a sé e al loro sconosciuto salvatore. Le sue parole furono le seguenti:

«Su, donne spaventate, venite giù dal carro ed avvicinatevi a noi uomini. Così mi permetterete di presentarvi a questo giovane, che trovo alquanto simpatico! Come avete visto pure voi, con il suo provvido intervento egli ci ha evitato di cadere nelle grinfie dei nostri improbi assalitori! Vi raccomando: mentre scendete dal veicolo, state attente a non ruzzolare per terra, con il rischio di prendervi una brutta storta! Se mi avete sentito bene, affrettatevi a fare come vi ho detto!»

Dopo aver abbandonato il carro, le tre donne si fecero avanti un po' impacciate, ritenendosi in quella circostanza del tutto impresentabili. Esse imputavano la loro impresentabilità del momento sia all'abbigliamento da viaggio che indossavano; sia all'incuria, nella quale era dovuto rimanere il loro corpo durante il lungo tragitto. Ugualmente, però, traspariva dai volti delle figlie di Ipione quella che era stata la bellezza di un tempo, la quale, in un certo senso, continuava a dimostrarsi assai seducente. Nessun problema invece si poneva per la loro accompagnatrice, grazie alla sua giovane età. Ella, anche in quel suo sobrio agghindamento, si presentava parecchio affascinante, per merito anche dei suoi begli occhi e dei suoi capelli serici, i quali tendevano al rosso.

A quel punto, il medico Ipione, una alla volta, si mise a presentarle tutte e tre al loro aitante salvatore. Quando infine arrivò il turno della ragazza, la quale poteva avere all'incirca gli stessi suoi anni, al massimo uno più o uno meno, Astoride si diede ad esclamarle:

«Noto che madre natura non ha lesinato affatto con te, Godesia, quando i tuoi genitori ti misero al mondo. Essa ha concesso al tuo corpo tutto quello che di bello possa essere desiderato da un uomo in una donna! Complimenti, splendida ragazza!»

Essendosi poi accorto della sua erubescenza, Astoride le aggiunse:

«Sappi, fulgida fanciulla, che il mio complimento è voluto essere solo un elogio alla tua bellezza e nient'altro! Nessuno qui ti vuole mangiare viva: sappilo! Se invece fossi caduta nelle mani di quelli che sono stati ammazzati dal sottoscritto, allora avresti dovuto preoccuparti sul serio di loro! Non sai che essi avevano ben altre intenzioni sia nei tuoi confronti che verso le mature figlie del medico? Te lo posso garantire io!»

«Lo so, valoroso giovane.» gli rispose timidamente la ragazza «Il mio rossore, però, non vuole significare ritrosia nei tuoi riguardi; bensì soltanto impaccio a colloquiare con te. Devi sapere che è la prima volta che mi trovo a parlare a tu per tu con un uomo, il quale non è il buon Ipione, che considero come un vero padre. Fino ad oggi, i miei rapporti si sono sempre limitati al generoso medico, che mi ha fatto da padre, alle impagabili sue figlie, che si sono prese cura di me come due amorevoli madri, e alla mia carissima amica Agelia, la quale adesso si trova a Cirza, dove abbiamo dovuto lasciarla, per i motivi che conosci.»

«Se le cose stanno così, Godesia, mi vedo costretto a scusarmi con te, per averti ingiustamente rimproverata. In pari tempo, non posso che rallegrarmene, poiché vorrei che noi due, sempre che il medico Ipione non abbia nulla in contrario, diventassimo degli ottimi amici. Perciò puoi anche chiamarmi Astoride, siccome questo è il mio nome. Adesso che ci rifletto, lo sai che il tuo volto mi ricorda tantissimo quello di un mio grande amico? Se non fossi certo che egli è figlio unico, ti riterrei senz'altro sua sorella! La tua somiglianza con lui è impressionante e non so come spiegarmelo! Vedo che la natura, quando le resta un po' di tempo, si diverte a creare queste incredibili somiglianze fra i milioni di persone che ci sono nel mondo intero! Ma noi lasciamola fare a suo piacimento!»

Avendo notato che il discorso fra i due coetanei si stava approfondendo più di quanto egli avesse voluto, il medico Ipione ci restò quasi male. Allora, prima che fra loro due nascesse del tenero, un risultato che non gli sarebbe piaciuto per una sua buona ragione, cercò di porvi fine diplomaticamente, cioè tirando in ballo un argomento di tutt'altra natura. Così, saltando di palo in frasca, l'astuto uomo di medicina intervenne nella discussione, mettendosi a domandare al giovane:

«Mi dici, Astoride, di che cosa ti occupi nella vita e qual è stata il motivo per cui, ad un certo momento, ti ha spinto a trasferirti ad Actina? Ma nel caso che tu avessi bisogno di un lavoro stabile, non avrei difficoltà ad assumerti al mio servizio nella mia città natale, presso la mia casa. Sta a te dirmi se desideri accettare oppure no.»

«Oggi come oggi, non mi occupo di niente nella tua città, nobile Ipione, cioè non esercito alcuna professione, se è questo che volevi sapere da me. Quanto alla mia presenza nella Città Santa, alcuni mesi fa ci sono venuto insieme con i miei due ottimi amici, poiché dovevamo portare a termine una delicata missione di vitale importanza.»

«Il tempo verbale, che tu hai adoperato, Astoride, mi lascia presumere che tu e i tuoi amici alla fine siate riusciti nel vostro intento e che adesso siate liberi tutti e tre. Oppure mi sbaglio, baldo giovane? Ma resto della convinzione che è come ho immaginato poco fa! Perciò vuoi parlarcene più dettagliatamente, se non ti dispiace?»

«Non ti sei affatto sbagliato, medico Ipione! La nostra missione è stata già svolta a gonfie vele. Posso asserire meglio di come i miei amici ed io ci eravamo proposti! Perciò adesso ci sentiamo tutti e tre più tranquilli e sereni, senza avere più alcun problema da risolvere nella vostra città! Ti basta quanto ti ho riferito, uomo di medicina?»

«Mi fa molto piacere per voi, Astoride! Ma adesso che avete assolto il vostro compito, penso che vi stiate cercando un nuovo lavoro nella Città Santa. Se fosse così, sarei disposto ad assumervi presso la mia casa, dove occorrono delle solide braccia come le tue per riportarla allo stato di prima. Devi sapere che essa è molto spaziosa ed è rimasta in abbandono per quasi tre decenni. Perciò, se ci provassi da solo a risistemarla, con gli anni che mi ritrovo sulle spalle, di sicuro soccomberei sotto la montagna di lavoro richiesto dalla sua sistemazione! Invece, con altre sei braccia come le vostre a disposizione, risolverei il mio problema senza troppa fatica. È ovvio che pagherei la vostra manodopera profumatamente, siccome potrei permettermelo! Inoltre, voglio farti presente che sono un nobile e in tanti anni ho accumulato parecchio denaro. Per cui potrei mostrarmi assai generoso nei vostri confronti, se accettaste la mia offerta di lavoro! Ti assicuro che sarebbe così!»

A quel punto, dei piccoli e sommessi colpi di tosse della sua primogenita Selinda misero sull'avviso il nobile Ipione. Ella aveva voluto metterlo al corrente che si stava sbilanciando un po' troppo con lo sconosciuto nel suo discorso con lui, palesandogli cose riservate, delle quali non doveva parlare nel modo più assoluto. Specialmente, poi, se rivelate ad uno che aveva appena conosciuto, quale si presentava al momento il loro generoso salvatore Astoride! Allora il giovane comprese all'istante il significato del gesto della figlia del medico. Ne condivise pienamente il richiamo trasmesso al chiacchierone suo padre con l'astuto espediente. Così, dopo averla approvata senza riserve, egli si preoccupò di far presente al medico di non essere stato per niente accorto e prudente. Anzi, volendo chiarirglielo meglio, lo rimproverò con tali parole:

«Tua figlia ha proprio ragione, nobile Ipione, ad invitarti al riserbo. Certe cose non si rivelano a persone che si sono appena incontrate, anche se ci sono state utili in qualche maniera. Inaspettatamente, potremmo ritrovarci, nella migliore delle ipotesi, senza più le nostre ricchezze. Sovente l'avidità di denaro guida la mano dell'uomo anche al brutale assassinio! Per vostra fortuna, voi avete davanti un fior di galantuomo, il quale si è votato completamente al bene e alla giustizia. Allo stesso modo, agiscono i miei due compagni, che davvero possono considerarsi gli eccellenti antesignani dell'uno e dell'altra! Ti è chiara adesso la lezione, medico imprudente?»

«È come tu dici, Astoride! Sul serio non mi sono reso conto che dovevo evitare di farti certe confidenze che riguardavano il mio patrimonio, le quali avrebbero potuto solo nuocermi. Comunque, a parte il rimprovero che mi hai fatto, non mi hai ancora dato una risposta alla preziosa proposta che ho avanzato a te e ai tuoi due amici!»

«Non ci è possibile accettare, nobile Ipione, per il semplice fatto che uno dei miei amici è già ripartito per Dorinda, la città da cui proveniamo. Invece l'altro mio compagno ha già trovato il suo gran da fare in città. Anzi, da domani, io stesso lavorerò alle sue dipendenze. Ecco come stanno realmente le cose, se ci tieni a saperlo!»

«Con quale mansione dovresti dipendere dal tuo amico, se posso venirne a conoscenza, Astoride? Sai che mi hai incuriosito a tal punto, da desiderare conoscerlo senza nessun indugio? Avanti, dimmelo, se vuoi farmi un grandissimo favore!»

«Diventerò il comandante della sua Guardia Reale, medico Ipione. Così ha deciso il mio amico. Non è forse un ottimo impiego, quello che egli intende assegnarmi, poiché mi vuole un sacco di bene?»

«Ti stai forse beffando di me, Astoride?! Solamente il sovrano di Actina può conferire un simile incarico ad una persona! E il tuo amico non può essere mica diventato re della Città Santa in due mesi di permanenza in essa! Perciò ti chiedo di fare la persona corretta con me, che ho molti più anni di te, senza prendermi in giro! Ci siamo intesi?»

«Perché dovrei prendermi gioco di te, nobile Ipione? Sappi che rispetto le persone della tua età e mai mi sognerei di dileggiarle. A conferma della tua precisazione, tengo a farti presente che il mio amico è il nuovo sovrano di Actina e lo è diventato da poco. La nostra missione è consistita proprio nel liberare dal cognato principe Verricio sua madre, la nobildonna Talinda, la quale è stata la regina di Actina fino a poco fa. Invece il principe fratricida ha ricevuto ciò che si meritava da suo nipote, cioè dal mio amico. Dopo l'uccisione del cognato, la regina ha anche abdicato in favore del suo primogenito, il quale così è stato incoronato re di Actina da poco! Sei soddisfatto adesso, mio caro medico?»

«Da quanto mi hai rivelato poco fa, deduco che questo tuo amico, il quale è diventato da pochi mesi il sovrano degli Actinesi, non può che chiamarsi Francide! Diversamente, egli non potrebbe essere divenuto il sovrano di Actina, tutto in una volta e dal nulla. Non è forse come ti ho fatto presente, mio caro Astoride? Certo che sì!»

«Infatti, medico! Ma come fai a saperlo? Vuoi spiegarmelo? Non hai detto che manchi dalla Città Santa da circa un trentennio? Invece l'arrivo di Francide in città è abbastanza recente!»

Alla risposta affermativa del giovane, l'anziano uomo esultò di somma felicità e non stava più nei suoi panni; inoltre, non sapeva come sfogarsi per la bella notizia ricevuta da lui. Immediatamente dopo, si mise ad esclamare a gran voce:

«Allora è tutto vero quanto ci è pervenuto all'orecchio, mentre eravamo nella città di Cirza! Eppure si è sempre creduto che il principe Verricio avesse fatto subire al nipote Francide la stessa sorte assegnata al fratello re Godian! Che il dio Matarum sia benedetto, per aver permesso a suo figlio sia il ritorno ad Actina sia la giusta vendetta contro lo zio fratricida! Non lo avrei mai creduto possibile!»

«Invece, nobile Ipione, egli non riuscì ad uccidere l'infante, grazie ad un prodigio! Contrariamente ai progetti dello zio Verricio, il destino volle risparmiare il piccolo Francide. Egli, dopo essere cresciuto forte, colto ed intelligente lontano dalla propria città, è ritornato e si è vendicato del padre, che era stato fatto uccidere dallo zio.»

«Poco fa, Astoride, mi hai chiesto come facevo a conoscere il nome del tuo amico. Ebbene, io l'ho aiutato a nascere. Inoltre, devi sapere che un tempo, ossia sotto il lungo regno del re Nortano e quello breve del figlio re Godian, sono stato il medico di corte. Sia sull'uno che sull'altro re, perciò, ho avuto un grande ascendente! Il padre del re Francide ed io eravamo addirittura grandissimi amici! Pace all'anima sua!»

«Allora potresti continuare ad essere il medico di corte, nobile Ipione, se solo tu lo volessi, perché sono sicuro che al mio amico non dispiacerebbe. Se un giorno verrai a corte, te lo presenterò volentieri. Francide ama scherzare spesso e sa essere anche spiritoso, che è una meraviglia! Sai cosa mi ha detto stamattina, quando sono andato ad avvertirlo che me ne stavo uscendo per una passeggiata fuori città? Vuoi saperlo?»

«Che cosa ti ha detto, Astoride? Su, dimmi tutto, poiché sono ansioso di saperlo! Questo giovane re sul serio comincia ad essermi simpatico, allo stesso modo del defunto suo padre!»

«Ebbene, mi ha detto che, se avesse avuto una sorella, me l'avrebbe data volentieri in moglie. Ma siccome non ne ha, mi ha consigliato di trovarmi una ragazza orfana di padre e di madre, proprio come lo è la bella Godesia! Naturalmente, nobile Ipione, ti starai chiedendo il motivo per cui egli mi ha parlato in questo modo. Ne sono certo!»

«Infatti, Astoride, è un fatto che mi intriga tantissimo! Allora dimmi perché ti ha consigliato una ragazza priva di genitori. Ma avrebbe poi un senso il consiglio che egli ti ha dato? In merito ad esso, io non riesco ad immaginarmi niente! Perciò dovrai essere tu a spiegarmelo, perché io capisca meglio! Quindi, inizia a darmi la spiegazione!»

«Certo che ce l'ha un senso per il mio amico, medico Ipione! Secondo lui, se ella fosse orfana, egli prima farebbe adottare la ragazza dalla madre, facendola diventare sua sorella, e dopo me la darebbe in moglie. In questo modo, diventerebbe anche mio cognato, oltre che mio grande amico! Adesso ti è tutto spiegato, come volevi!»

«A quanto vedo, il nostro re è un tipo davvero divertente e generoso, Astoride! Egli ti vuole talmente bene, che ha perfino pensato come farti sposare una principessa ed imparentarsi con te! Ne sono stupefatto da non credersi! Per te è una grande fortuna avere un re che ti stima talmente, da arrivare a tanto per il tuo bene! Non vedo l'ora di conoscere l'unigenito del defunto re Godian.»

«Comunque, nobile Ipione, ella sarebbe sempre una principessa posticcia, mentre io sono un principe verace! Ti avverto, medico, che neanche questa volta sto scherzando, visto che parlo seriamente! Il mio amico Francide, che ne è già al corrente, te ne potrà dare conferma. C'è poi un altro particolare che devi conoscere riguardo a noi due: fino ad un mese fa, stranamente abbiamo avuto entrambi lo stesso destino!»

«Perché dici così, Astoride? Vuoi essere così gentile da raccontarmi qualcosa della tua vita privata? Mi farebbe piacere apprenderlo, per una ragione che neppure immagini!»

«Allora ti riassumo la mia biografia, nobile Ipione. Mio padre era Elezomene, re di Terdiba. In seguito, quando avevo sette anni, mio zio Romundo, dopo essersi macchiato di fratricidio, si fece incoronare re della mia città. Nella stessa notte che egli fece uccidere mio padre, mio zio volle sbarazzarsi pure di me. Ma il destino dispose altrimenti, come puoi constatare, risultandoti ancora vivo e vegeto! Ovviamente, non sto qui a narrarvi la mia lunga e triste storia, ad evitare di annoiarvi oltre misura. Come vedi, i nostri destini sono stati identici, almeno fino a quando Francide non è riuscito a vendicarsi del padre e a riprendersi il trono, il quale era di sua spettanza.»

«Hai ragione, Astoride. Per questo ti auguro che un giorno anche tu possa conseguire le stesse cose del tuo amico re! Te le auguro di cuore, prossimo comandante della Guardia Reale!»

«Grazie, generoso medico Ipione! Ma voglio farti presente che poco fa, quando ho parlato di principessa finta, non intendevo dire che mi rincresceva sposare una donna del genere, né tanto meno ho voluto screditarla in qualche modo. Io cerco una donna che sia principalmente onesta, buona e caritatevole. Se poi ella è anche bella, tanto meglio! Come si sa, nel matrimonio un po' di bellezza non guasta. Quanto ai titoli nobiliari, debbo confidarti che essi non mi interessano per niente. Allo stesso modo, la pensa pure il mio amico Francide. Egli sposerà Rindella, la quale non è una principessa.»

«Ma nella nostra città di Actina è stato sempre proibito al sovrano di sposare una donna, la quale non fosse una figlia di re. Sono certo che la Legge di Tutuano continua ad avere vigore tuttora! Per questo motivo, come farà il re Francide a sposare la donna da lui amata? Devi sapere che lo stesso suo genitore Godian non riuscì nel suo intento di sposare la sua affascinante Flesia, la graziosa donna che amava alla follia!»

«L'odiosa legge, a cui ti sei riferito, Ipione, non vige più nella città di Actina. Il mio amico re, diciamo con una prova di forza, è riuscito a farla abrogare dalla classe sacerdotale. Ma sarebbe molto lungo mettermi a parlare adesso dell'intera vicenda, con i suoi risvolti politico-religiosi che ne sono derivati! La cosa importante è che finalmente tale pessima legge non c'è più nella Città Santa. Perciò ogni sovrano actinese, da oggi in avanti, potrà sposarsi con la donna che desidera. Anche con la più povera e la più umile della città! Adesso hai appreso anche quest'altra novità inerente ad Actina!»

«Comandante, sono molto contento per l'attuale nostro sovrano Francide! Magari avesse agito allo stesso modo anche suo padre, il quale non ebbe fortuna in questo! Il poveretto fu costretto a rinunciare alla donna che amava follemente. Non bastando ciò, egli fu fatto assassinare dal fratello Verricio. Ma adesso, Astoride, se me lo consenti, avrei da fare due chiacchiere a quattr'occhi con Godesia. Ti dispiace se mi apparto con lei per comunicargli una cosa importante e riservata?»

«Nessuno te lo impedisce, nobile Ipione. Intanto che starai con la ragazza, io mi intratterrò con le tue due splendide figlie. Sono sicuro che sarà molto piacevole conversare con entrambe. Esse si presentano ancora un incanto, nonostante la loro età avanzata! Davvero mi complimento con loro e con il padre che le ha generate!»

Quando si furono appartati ad una ventina di metri di distanza, Ipione cominciò a dire alla ragazza:

«La tua età, Godesia, lasciami fartelo presente, è da marito già da tempo, per cui Astoride potrebbe rappresentare per te un ottimo partito. Prima che mi abbassi a fare da paraninfo tra voi due, vorrei sapere qual è il tuo giudizio su di lui. Ossia, vorrei che tu mi dicessi se il giovane ti è simpatico e se anche tu sei interessata a lui!»

«Non puoi, medico Ipione, pretendere che io ti risponda su due piedi, visto che è da poco che ho conosciuto il galante Astoride. Ad ogni modo, non posso negarti che egli mi ispira molta fiducia e provo già una grande simpatia verso di lui. Sì, non avverto alcuna ripulsione nei suoi confronti, se è di ciò che vuoi accertarti, rivolgendoti a me!»

«Volevo sentirti dire proprio quanto mi hai testé dichiarato, Godesia, prima di incoraggiare il giovane Astoride a farti la corte e a dichiararti il suo amore. Tanto so di sicuro che egli è già innamorato cotto di te! Il mio istinto psicologico me ne dà la certezza e mi fa presentire che tra voi due nascerà presto un grande idillio. Perciò, dopo che avremo raggiunto gli altri, dovrai lasciar fare tutto a me!»

«Invece, Ipione, prima voglio che tu mi prometta di non fare troppo l'invadente e che lasci ad Astoride l'iniziativa di dichiararmi il suo amore. In caso contrario, non accetterò che tu ti intrometta in modo troppo apertamente nel nostro nascente rapporto! Mi sono spiegata abbastanza, riguardo a questa nostra faccenda? Spero proprio di sì!»

«Ebbene, hai la mia parola, Godesia! Mi limiterò esclusivamente ad un appianamento della situazione, cioè gli farò da vero trampolino di lancio. Per il resto, penserete voi due a manifestarvi il modo di intendervela! Giovani come siete, non dovrebbe esservi difficile comunicarvi i vostri sentimenti del momento! Buona fortuna, ragazza!»

Quando il medico Ipione e Godesia rientrarono nel gruppo, Astoride non lasciò prendere l'iniziativa all'illustre medico, ma fu lui ad aprire bocca per primo. Infatti, con l'intento di anticiparlo nella nuova discussione, immediatamente iniziò a fare alla ragazza il seguente discorso:

«Lo sai, graziosa Godesia, che il mio amico Iveonte, in ogni circostanza, mi lascia di stucco, siccome riesce sempre a precorrere i tempi? Le sue ipotesi e le sue deduzioni su un determinato fatto, anche se espresse con un largo anticipo, alla fine finiscono ogni volta per corrispondere alla verità. Ebbene, oggi mi sento anch'io in grado di fare come lui. Per questo sono disposto a scommettere che il medico Ipione, dopo averti fatto presente che sono un buon partito per te, ha voluto anche sapere da te se ti sono simpatico, ancor prima di favorire il nostro approccio ed incoraggiarmi a corteggiarti. Allora, sono riuscito ad emulare assai bene il mio amico, al quale devo molto? Oppure mi sono solamente illuso di poter comportarmi come lui, facendo così cilecca?»

«Astoride, non ti sei sbagliato nemmeno di una virgola! Debbo ammettere che sei stato straordinario nel renderti conto della situazione e nell'analizzarla nella sua effettiva realtà. Ma prima che me lo chieda tu, voglio anche dirti che cosa gli ho risposto, quando Ipione ha voluto sapere da me se mi eri stato simpatico al nostro primo incontro. Se ci tieni a conoscerla, la mia risposta è stata affermativa. Anzi, ora sento anche di poterti attestare che, attimo dopo attimo, in me va nascendo nei tuoi confronti qualcosa che va ben oltre la semplice simpatia. Infatti, comincio ad avvertire una strana sensazione, la quale tende a dirigere la totalità dei miei pensieri nella tua direzione. Essa già mi fa quasi desiderare di essere tra le tue braccia, per sentirmi tua e per sentirti mio in pari tempo! Ritengo che più chiara di così non sarei potuta esserti!»

«Hai proprio ragione, Godesia, a dirmi che meglio di così non avresti potuto farmi la tua dichiarazione d'amore! Allora, dal momento che sei stata schietta con me, anch'io voglio essere abbastanza franco con te. Fin da quando ti ho scorta sul carro con le figlie del medico, mi sono sentito attrarre da te. Non avrei mai creduto che lo sguardo di una donna potesse accendere in me il sentimento dell'amore, visto che è proprio quello che provo nei tuoi riguardi. Sì, non ci speravo più, dopo le tante disavventure che mi avevano bersagliato e torchiato per lunghi anni, le quali mi avevano anche spinto a non avere più fiducia nel mio prossimo. Solo dopo aver incontrato i miei due amici Iveonte e Francide, si è acceso in me un barlume di fiducia e di speranza verso gli altri miei simili. Ma nel mio animo il sentimento dell'amore si mostrava ancora arido e privo di ogni probabilità che vi potesse attecchire. Soltanto oggi, dopo aver conosciuto te, finalmente riesco ad avvertirlo, con tutto il suo ardore e con una grande smania di viverlo insieme con te! Ti ringrazio, mia adorabile fanciulla, per averlo fatto nascere in fretta e così intensamente dentro di me!»

«Bene! Bene!» si intromise allora Ipione nella conversazione dei due giovani «Vedo che i piccioncini hanno fatto già tutto da soli. Per tale motivo, non serve più quanto mi ero proposto di fare per voi, allo scopo di facilitarvi il compito di dichiararvi manifestamente e di esprimervi a vicenda i vostri intimi sentimenti. Siete stati entrambi due fulmini a venire al sodo, bruciando tutte le tappe intermedie! A questo riguardo, voglio anch'io essere leale con voi due: se ci tenete a saperlo, il vostro fidanzamento, visto che esso è già avvenuto, mi riempie di gioia. Inoltre, devo dichiararvi che insieme, voi due, formate una coppia invidiabile! Perciò, stando così le cose, non posso fare altro che augurarvi tantissima felicità e tanti figli maschi!»

Fu così che Astoride si ritrovò ad avere pure lui una ragazza, quella che egli si era sentito di amare, fin dal primo istante che l'aveva scorta sul carro. All'improvviso, egli era rimasto colpito dal suo sguardo, avendolo trovato dolce e lusinghiero, oltre che dal suo fascino maliardo ed incantatore. Per cui quel giorno stesso, in preda ad una felicità incontenibile, il giovane decise di presentare la sua Godesia all'amico Francide. Voleva addirittura condurla a corte in quel momento stesso per fargliela conoscere senza perdere tempo. Ma poi, dando ascolto ad Ipione e alle sue figlie, acconsentì ad accompagnarla prima al palazzo del medico, dove Selinda e Zeira badarono a renderla più presentabile. Esse la resero così diversa nel suo aspetto esteriore e nell'abbigliamento, che, a lavoro terminato, il giovane stentò perfino a riconoscerla.

Prima che i due innamorati si mettessero in cammino verso la reggia, Ipione desiderò far conoscere al Terdibano alcuni fatti rilevanti sulla ragazza. Essi, a suo parere, erano da considerarsi di primaria importanza. Perciò, dopo averlo tratto in disparte nel cortile del palazzo, egli si diede a parlargli in questa maniera:

«Astoride, ho da rivelarti un segreto che riguarda la tua ragazza. In verità, neppure Godesia lo conosce ancora, poiché fino ad oggi ho evitato di metterla al corrente di esso. Ma ti assicuro che quanto sto per riferirti corrisponde alla pura verità e non è affatto frutto della mia immaginazione. In merito ad esso, ti do la mia parola di uomo d'onore! Pure le mie due figlie ne sono state sempre a conoscenza da molti anni.»

«Sentiamo, Ipione, di quale misterioso segreto si tratti! Ma ti avverto che, qualunque esso sia, non influenzerà affatto la relazione che ho appena allacciato con la mia Godesia, che già sento di amare alla follia. Da questo momento, niente e nessuno potrà mai togliermela dalla mente, dopo averla finalmente trovata per puro caso!»

«Non preoccuparti, Astoride, perché il suo contenuto ti risulterà piacevole e non spiacevole: te lo assicuro! L'unico problema è che tu potresti trovare assurdo ciò che tra breve ti svelerò. Anzi, non lo riterranno meno paradossale coloro che a corte molto presto ne verranno automaticamente coinvolti. Comunque, si tratta di una verità che nessuno potrà mai smentire! Perciò ascolta bene quello che sto per dichiararti!»

«Allora, Ipione, ti decidi a svelarmi questo benedetto segreto, siccome ho premura di raggiungere il mio amico re a corte per presentargli la mia adorata Godesia? Soltanto così potrò giudicarne il contenuto e decidere sulla sua attendibilità o meno! Allora sbrìgati, per favore, poiché il tempo a mia disposizione scarseggia. Eccome!»

«Bene, vengo subito al dunque, Astoride! Puoi dire al tuo amico, nostro sovrano, che non c'è bisogno di fare adottare Godesia dalla madre, al fine di farla diventare sua sorella e concedertela poi in moglie. La ragazza gli è già sorella naturale! Come tale, perciò, ella è una principessa in piena regola e può anche fartela sposare, divenendo così tuo cognato! Non ti risulta una bella notizia questa che ti ho trasmessa?»

«Ma ti ha dato di volta il cervello, nobile Ipione, per venire a raccontarmi una balla simile!? E pretenderesti anche che me la beva? Oppure ti illudi che ci crederanno il mio amico Francide e sua madre, la nobildonna Talinda? Puoi scordartelo! Anche se la cosa mi farebbe un mondo di piacere, se corrispondesse al vero! Quindi, lasciamo perdere e facciamo come se tu non me ne avessi mai parlato!»

«La tua reazione, Astoride, era già stata prevista da me. Ma non hai forse asserito anche tu che Francide e Godesia si somigliano in modo sbalorditivo? Ebbene, tale grande somiglianza già dovrebbe fartelo credere, senza avere alcun dubbio sulla loro fratellanza! Non ti pare che io abbia ragione, grazie anche a questa evidente verità?»

«Senz'altro, Ipione, dovrebbe essere proprio come affermi! Ma la somiglianza tra due persone è una cosa ed essere autentici fratelli è un'altra! Così la penso io, se non ti dispiace!»

«Invece, Astoride, ti assicuro che in loro scorre lo stesso sangue paterno, poiché sono stato io ad aiutarli a venire alla luce entrambi. Il re Francide e Godesia sono figli dello stesso padre, ossia del defunto re Godian. Devi sapere che il primogenito del re Nortano, quattro anni prima di conoscere e di sposare la principessa Talinda, aveva conosciuto una ragazza di umili condizioni, di nome Flesia, e se ne era invaghito follemente. Ebbene, Godesia è il frutto di quel loro amore. Sappi che non ti sto riferendo queste cose, per averle sentite da altri. Me ne guarderei! A quel tempo, Flesia viveva nella mia casa, cioè tra queste mura domestiche. Perciò potei seguire da vicino il loro amore e l'evolversi di esso. Il nome Godesia fu dato alla bambina dalla stessa madre, fondendo insieme il nome del suo amato e quello proprio. Quanto al re Godian, egli, sapendo che la sua Flesia era morta, non venne mai a conoscenza della nascita della propria figlia. I regnanti di Actina, però, allora ne erano al corrente, per averli informati io!»

A quelle eclatanti rivelazioni di Ipione, Astoride non se la sentì più di contrapporre alcuna argomentazione che tendesse a sfatarle o a demolirle. Ma poi, lasciato il medico da solo, senza neppure proferire una singola parola, raggiunse la sua ragazza. Immediatamente dopo, egli, prendendola per mano, si precipitò insieme con lei dall'amico re Francide. Strada facendo, egli appariva alquanto pensieroso; mentre il suo volto si mostrava visibilmente turbato, per essere rimasto scosso dalle incredibili confidenze del tutore di Godesia, essendosi dimostrate delle rivelazioni scioccanti. Nello stesso tempo, a dire il vero, nel suo intimo il giovane bramava tantissimo che il sogno, davanti al quale lo aveva messo l'anziano medico, si tramutasse in una dolce realtà e lo facesse diventare in quel modo l'autentico cognato dell'amico sovrano di Actina!