23-KODRUN IN TANGALIA PER LIBERARE I BAMBINI RAPITI

Kodrun aveva appena compiuto ventisette anni, quando alla casa paterna si era presentata una delegazione delle popolazioni stanziate sulle terre confinanti con la Tangalia. Essa era guidata da Oncillo, il quale, in qualità di suo rappresentante più anziano, aveva preso la parola a nome degli altri che la componevano. Egli aveva denunciato al loro capo Ursito il torto che avevano subito da parte di una banda di predoni tangali. Costoro, dopo aver sconfinato nei territori litiosini, avevano sequestrato e portato via con la forza venti dei loro bambini. I quali avevano tutti una età inferiore ai dieci anni. Per il quale motivo, essi erano venuti a chiedergli un intervento armato da parte dei suoi soldati contro quella masnada di malfattori, allo scopo di liberare i loro numerosi fanciulli, di ricondurli in patria e di riconsegnarli alle rispettive famiglie. Esse soltanto così sarebbero state tolte dal loro cordoglio e dalla loro immensa disperazione. Il portavoce delle genti dell'estremo nord aveva anche ravvisato la necessità di intervenire con la massima urgenza. In quel modo, i sequestratori dei loro bambini non avrebbero avuto il tempo di far perdere le proprie tracce e di garantirsi un sicuro rifugio nella parte più interna del territorio tangalico. Infatti, esso era costituito principalmente da zone montuose poco accessibili e di difficile perlustrazione da parte dei forestieri che si fossero proposti di farlo. Dopo avere ascoltato la loro richiesta, Ursito aveva risposto ai componenti la delegazione:

«Egregi miei signori, mi rammarico dal profondo del cuore di non potervi essere di nessun aiuto. Ciò che siete venuti a chiedermi non è una cosa semplice, come può apparire a voi. Un conto è armare un migliaio di uomini, un altro è sguinzagliarli sulle tracce di un centinaio di ribaldi in territorio straniero. Vi assicuro che la seconda operazione non è altrettanto fattibile quanto la prima! Difatti coloro, ai quali dovremmo dare la caccia, si saranno rifugiati in terre abitate da genti che ci sono state sempre ostili e seguitano ad esserlo. Con il nostro intervento sulle loro terre, di sicuro si rischierebbe di rompere ancora una volta con i vicini Tangali. In tal caso, si annienterebbe quel clima di distensione che siamo riusciti ad instaurare con loro in questi ultimi tempi. Oggi esso, bene o male, continua a reggere in modo che non ci crea problemi!»

«Ci stai forse suggerendo, capo Ursito, di rinunciare per sempre ai nostri bambini e di considerarli come morti, pur di non correre il rischio di scatenare una guerra contro i confinanti Tangali?»

«Le cose stanno esattamente così, Oncillo. La perdita di una ventina di bambini è senz'altro da preferirsi ad una guerra totale, che finirebbe per costare al nostro popolo non meno di un migliaio di vittime. Concludendo, siccome il gioco non vale assolutamente la candela, come si suol dire, è meglio evitare di stuzzicare il vespaio e lasciare stare le cose tranquille, come si trovano attualmente. Comportandoci in questo modo, almeno siamo certi che eviteremo di procurare grossi guai ad altra gente, la quale parimenti non ne ha alcuna colpa! A questo punto, penso di esservi stato abbastanza chiaro, per cui vi potete anche congedare!»

La risposta data dal capo Ursito alla richiesta della delegazione del nord non era garbata a nessuno dei suoi membri. Per la qual cosa, essi subito avevano storto il muso, manifestando così la loro scontentezza e il loro disappunto. Li si erano visti allo stesso tempo amareggiarsi e trascolorare per la stizza, poiché non si aspettavano dal loro capo quel tipo di discorso. Esso, a loro giudizio, era stato riprovevole, poiché non gli procurava nessun onore. In verità, l'atteggiamento paterno in quella vicenda non era piaciuto neppure al figlio Kodrun, il quale era presente e non lo aveva affatto condiviso. Per questo immediatamente egli aveva mosso le sue obiezioni al genitore, che aveva scorto in errore:

«Con rispetto parlando, padre mio, tu non puoi rispondere come hai fatto a chi è venuto a denunciarti un fatto delittuoso di estrema gravità. Secondo la tua tesi di poco fa, dopo che qualcuno ci ha mozzato un orecchio di prepotenza, noi dovremmo tacere, per paura di essere fatti interamente a pezzi da lui. Magari ci tocca anche ringraziarlo, per non avere esagerato troppo con noi! Ebbene, pur essendo convinto che è stato il timore di compromettere l'attuale stato di non belligeranza a farti ignorare di proposito la giustizia, lo stesso ti dico che questo tuo ragionamento esula da ogni schema, che si rifaccia ad una logica universalmente accettata. A tale riguardo, quindi, sono del parere che il remissivo atteggiamento di una persona di fronte ad un torto ricevuto da un'altra, con o senza il ricorso alla forza, serve unicamente a fare ringalluzzire quest'ultima. Inoltre, prima o poi, essa non esiterà ad approfittarne di nuovo, aumentando la dose. Perciò alzerà sempre di più il tiro nei suoi confronti, fino alla sua completa distruzione!»

«Non sono del tuo avviso, Kodrun, forse perché le nostre differenti età ci spingono a pensarla in maniera diametralmente opposta. Tu vorresti cambiare il mondo dall'oggi al domani, figlio mio, senza pensare alle conseguenze che ne potrebbero derivare, per cui ti mostri insofferente dell'ingiusto comportamento altrui. Invece io procedo con calma e ponderazione, mostrandomi più disposto ad essere acquiescente e a mantenere la pace fra la mia gente.»

«Allora, padre mio, devi sapere che chi si mostra debole è destinato a subire sempre di più le prepotenze del forte. A tale proposito, ci deve essere un proverbio che ora non mi sovviene, ma che calza a pennello all'esempio da me fatto. Quindi, ti suggerisco di intervenire contro i rapitori, per due motivi importanti. In primo luogo, bisogna fare il possibile per liberare e togliere dalla sofferenza gli sventurati bambini rapiti alle loro famiglie. In secondo luogo, l'offesa subita dai nostri compatrioti deve essere lavata col sangue al più presto, se non vogliamo perdere la faccia in questa triste vicenda. Soltanto agendo così, in avvenire si scoraggeranno altre azioni del genere contro il nostro popolo, da parte di persone prepotenti e senza scrupoli che provengono da oltrefrontiera!»

Il sensato intervento di Kodrun aveva riempito di soddisfazione i delegati presenti. Essi, per tutto il tempo che il figlio del loro capo aveva tenuto la parola, non avevano mai smesso di esprimersi con cenni di assenso e di soddisfazione. Ma le sue sagge argomentazioni non erano riuscite a vincere la riluttanza del suo genitore, il quale era in disaccordo con lui. Anzi, a sua volta, egli aveva replicato al figlio primogenito, dandosi ad asserirgli:

«Spesso le decisioni dei giovani sono dettate più dalla foga e dall'impulsività, che non dal buonsenso e dal discernimento. Questo avviene perché forse essi non si rendono conto di ciò che significa l'orrore della guerra. Gli stessi devono sapere anche che, quando lo stato di belligeranza viene a funestare una regione, esso è capace di seminarvi solamente morte, carestia, pestilenza e tantissima altra sofferenza, che non sto qui ad elencare. Insomma, la trasforma in uno squallido paesaggio di desolazione e di sconforto! Per tale ragione, figlio mio, non condivido il proverbio che poco fa volevi citare, senza esserci riuscito, cioè quello che dice: "Chi pecora si fa il lupo se la mangia."»

«Ma io, padre,» il figlio gli aveva chiarito il proprio concetto «non intendevo farti esporre personalmente, con l'invio nella Tangalia di un nostro contingente di armati. So benissimo che una operazione di questo tipo susciterebbe l'ira di Buscul, l'attuale capo dei Tangali. Sono anch'io convinto che, come risposta, egli non esiterebbe a scatenare un ennesimo conflitto tangalo-litiosino, il quale mieterebbe un ingente numero di vittime tra la nostra gente. Invece la mia intenzione è quella di fare intervenire sul territorio tangalo soltanto un gruppo di uomini bene armati ed equipaggiati, ma di consistenza numerica non superiore alle cento unità. Essi, dopo essersi camuffati da predoni tangali, in modo da sembrare una banda del luogo, dovranno sconfinare nella Tangalia. La loro missione, perciò, dovrà consistere nel penetrare nella regione, fino a quando non avranno rintracciato i banditi e liberato i bambini litiosini da loro rapiti. Naturalmente, dopo aver punito a dovere i loro rapitori senzadio! Ecco cosa intendevo io, a proposito del mio intervento!»

«Per favore, Kodrun, vuoi essere più chiaro e farmi comprendere meglio ciò che si dovrebbe fare, allo scopo di liberare i venti bambini rapiti? Se devo esserti sincero, figlio, da quanto hai detto fino a questo momento, davvero non ci ho capito un bel niente!»

«Propongo, padre mio, di ricorrere ad un commando in piena regola. Esso dovrà operare in incognita sul territorio tangalo, accoppando con fulmineità e determinazione chiunque verrà a costituire per esso un ostacolo oppure un pericolo. Lo capeggerò io stesso e lo guiderò in modo da fare avere alla missione un indubbio successo. Come vedi, è tutto qui quello che noi dovremmo fare! Ciò ti pare forse compromettente per il nostro popolo? A mio avviso, non lo credo affatto!»

«Se la vicenda viene messa in questi termini, figlio mio, allora non mi oppongo all'operazione; anzi, posso solo caldeggiarla. Ma mi devi promettere che, una volta in Tangalia, non cercherai di strafare con i tuoi atti eroici, i quali ti sono congeniali. Invece dovrai limitarti a liberare i bambini e ad adoperarti per riportare indietro sane e salve la tua pelle e quella dei tuoi uomini al tuo comando! Esclusivamente così, riuscirai a salvare capra e cavolo! Figlio mio, mi dai la tua parola che sul territorio tangalo non smetterai mai di ascoltare il mio consiglio?»

«Ti giuro, padre mio, che rammenterò quanto mi hai consigliato, anche perché non ho la minima intenzione di tirare le cuoia sulla maledetta terra dei Tangali. In quel luogo potrei solo divenire carogna per gli avvoltoi, anziché riposare in pace dentro un venerato sepolcro! Non pare anche a te? Inoltre, come fai a preoccuparti e a temere per la mia vita, se l'indovino Felope ha preconizzato che un mio nipote sarà l'eroe più decantato e celebrato di tutti i tempi? Tale predizione, considerato colui che ne è la fonte, ti deve tranquillizzare che ogni cosa andrà per il verso giusto e non mi accadrà nulla di male!»

Il giorno seguente Kodrun si era dato a formare in gran fretta il suo commando. Alla fine esso era risultato composto dai cento uomini più valorosi del villaggio, tra i quali erano compresi pure i suoi amici Mulor e Vesio. Ma il giovane aveva voluto che ci fosse al loro seguito pure una persona pratica dei luoghi in cui stavano per avventurarsi. Essa, oltre a parlare la lingua dei Tangali, doveva avere altresì una ottima conoscenza dei loro usi e costumi. Allora il primogenito di Ursito non aveva avuto alcun dubbio sulla persona che rispondeva al caso loro, avendo essa tutti i requisiti richiesti dalla loro pericolosa missione. A suo parere, il solo tangalo Cinciok, naturalizzato Litioside, poteva essere in grado di assolvere tale delicata mansione. Egli aveva lasciato il suo villaggio di Sciucso da un ventennio per trasferirsi a Litios, dove aveva trovato da lavorare e da sposarsi. Dopo avervi aperto una bottega per esercitarvi il mestiere dell'arrotino, il Tangalo si era anche ammogliato con una brava donna del luogo, dalla quale aveva avuto in poco tempo anche una mezza dozzina di figli. Essi, intanto che crescevano, avevano recato ad entrambi i coniugi una grandissima gioia.


Dopo che si era provveduto all'equipaggiamento della spedizione clandestina, il commando litiosino, senza perdere altro tempo, si era messo in cammino verso il territorio tangalico. Lo sconfinamento era avvenuto dopo due giorni di estenuanti galoppate, durante le quali i loro cavalli erano stati messi a dura prova, apparendo alla fine stremati al massimo. Ma una volta sconfinati nella Tangalia, Kodrun aveva chiesto alla loro guida di disegnargli sopra una pergamena una sommaria mappa della regione. Essa ne avrebbe dovuto rappresentare approssimativamente il territorio che gli interessava, almeno per quanto atteneva alla sua orografia e alla sua idrografia. Il primogenito di Ursito era assai convinto che quanto più si conosceva la configurazione del suolo di quella regione, tanto meglio si sarebbero potuti prevedere e prevenire i movimenti dei rapitori. Egli aveva anche ritenuto opportuno inviare in avanscoperta Cinciok con due dei suoi uomini. Essi, con la loro ricognizione, avrebbero dovuto reperire il più gran numero possibile di notizie sulla entità e sugli spostamenti dei sequestratori dei venti bambini.

Le informazioni, che ogni giorno i tre perlustratori erano riusciti ad attingere tra le popolazioni locali, avevano ogni volta indicato che i predoni battevano sempre lo stesso sentiero, il quale era diretto nel cuore della regione. Per la precisione, essi viaggiavano in direzione della grande catena montuosa di Culkat, i cui rilievi impervi diminuivano di altezza via via che avanzavano sia in direzione est che in quella ovest. Invece quelli che si diramavano verso nord formavano un imponente contrafforte. Esso, se lo si guardava da lontano, poteva essere definito qualcosa di spettacolare. La ramificazione montuosa in questione era rappresentata da tre massicci, i cui monti, dalle cime superbamente torreggianti, circondavano un fondovalle poco esteso. Il quale, durante l'intero arco della giornata, era tenuto perennemente in penombra dai loro crinali. Inoltre, considerate nel loro insieme, le sue creste costituivano ad alta quota una immensa bocca di forma triangolare, impedendo ai raggi solari di trovare il più piccolo spiraglio per irradiarsi fino al fondovalle. Perciò esso, a causa della scarsità di luce che vi permaneva durante le ore diurne e lo faceva apparire molto cupo, era stato soprannominato dai residenti "Vallone delle Ombre perenni".

I rapitori tangali, anche se all'inizio avevano cinque giorni di vantaggio rispetto ai Litiosidi, ovviamente da quando questi avevano abbandonato i territori litiosini, non potevano galoppare alla stessa velocità dei loro inseguitori, poiché c'erano i bambini a rallentare parecchio la loro corsa. Infatti, venti di loro avevano dovuto fare spazio ai piccoli ospiti sulla groppa del proprio cavallo. Inoltre, i predoni, che non immaginavano neanche lontanamente di essere inseguiti da un drappello di Litiosidi lanciati sulle loro tracce, non ce la mettevano tutta nel dirigersi verso la loro remota meta. Al contrario, se la prendevano con molto comodo, accampandosi spesso e facendo lunghe soste nel loro campo improvvisato. La qual cosa aveva permesso a Kodrun e ai suoi uomini, già dopo appena sei giorni di accanito inseguimento attraverso la stepposa regione tangala, di recuperare metà dello svantaggio che all'inizio essi avevano avuto nei confronti dei rapitori tangali.

Si era al settimo giorno del loro viaggio, quando il piccolo gruppo dei pattuglianti, il quale di buonora era uscito di nuovo in perlustrazione, era stato visto rientrare con sollecitudine. Avendo essi avvistato in lontananza una compagnia di soldati tangali che si trovavano in ricognizione nella zona, non avevano perso tempo a fare ritorno nel loro campo. Così ne avevano messo al corrente l'intrepido Kodrun. Il giovane, avendo appreso dagli stessi che il loro numero non superava il centinaio, non si era preoccupato più di tanto. Ma lo stesso aveva iniziato a dare ordini ai suoi uomini, perché si preparassero a far fronte all'imminente visita dei Tangali indesiderati. Egli, dopo averlo studiato in brevissimo tempo, si era affrettato a mettere in atto un agguato mortale contro i visitatori in arrivo. Esso non avrebbe dovuto consentire a nessuno di loro di scamparla in qualche modo, ossia con o senza la fuga.

Nel piano di Kodrun, era previsto che, all'arrivo dei Tangali, il loro numero doveva figurare considerevolmente inferiore a quello che era in realtà. Perciò aveva comandato a due dei suoi uomini di condurre ottanta dei loro cavalli nella vicina macchia e di tenerveli nascosti fino ad operazione conclusa. Si trattava di una rada boscaglia, che si erano lasciata dietro ad un chilometro dal loro campo. In pari tempo, egli aveva dato vari ordini agli uomini che erano rimasti privi delle loro bestie. Essi prima sarebbero dovuti andare ad acquattarsi tra gli arbusti circostanti, senza superare il centinaio di metri dalle loro tende, assumendovi una posizione di aggiramento rispetto al loro campo. In seguito, cioè non appena i visitatori tangali si fossero fatti vivi, gli stessi, muovendosi con circospezione in posizione prona, sarebbero dovuti avvicinarsi il più possibile. Raggiunta la massima vicinanza da loro, la quale non doveva essere superiore ai venti metri, avrebbero dovuto puntarli con i loro archi.

A ogni modo, soltanto quando ci fosse stato il suo segnale convenuto in precedenza, tali arcieri avrebbero dovuto colpire i soldati tangali con precisione infallibile e senza pietà. Intanto egli e i restanti suoi uomini, restando nascosti nelle loro tende con le armi al piede, avrebbero dovuto far pensare ai soldati tangali che il loro bivacco avesse tutta l'aria di proseguire ancora per alcune ore del giorno. Solamente la loro guida sarebbe dovuta restarsene all'aperto, fingendo di essere di piantone alla tenda del suo capo. A lui, che conosceva benissimo sia la loro lingua che le loro usanze, Kodrun aveva affidato il compito di ricevere i suoi ex conterranei. Ma prima che si passasse a massacrarli, Cinciok avrebbe dovuto cavare di bocca ai Tangali un gran numero di notizie inerenti ai bambini litiosini rapiti, specialmente quella che riguardava la loro destinazione. Kodrun aveva la ferma convinzione che lo Sciucsano se la sarebbe cavata egregiamente nel recitare la parte a lui assegnata, poiché nel villaggio di Litios godeva fama di gran ciarliero. La sua specialità era quella di farsi raccontare da ogni cliente le notizie che lo riguardavano, strappandogliele di bocca con un modo di fare irresistibile. Per questo si vociferava che egli avesse il dono di far parlare perfino le pietre, talmente era suadente la sua bravura nel rivolgere le domande a qualcuno! Al riguardo, ogni Litioside era al corrente che quanti capitavano nella sua bottega, per fargli affilare i loro arnesi da taglio, fossero essi casalinghi oppure agricoli, in poco tempo si ritrovavano a raccontargli tutti i loro fatti personali, anche quelli più segreti. Essi non si astenevano dal riferirgli nemmeno quelli che, per la loro natura riservata, si conservavano nell'intimo della loro coscienza. Perciò non li avrebbero mai svelati a nessuno, perfino agli amici che essi consideravano più fidati.

Fatta irruzione nel campo dei Litiosidi, i Tangali si erano disposti in cerchio tutt'intorno alle tende. Allora il loro capo si era diretto verso l'unica persona sveglia, che si riusciva ad avvistare in quell'attendamento. Dopo aver raggiunto Cinciok, sempre restando sulla groppa del proprio cavallo, con fare arrogante egli gli aveva gridato:

«Ehi, poltrone! Vuoi spiegarmi come mai si bivacca ancora nel vostro campo? Per giunta, si dorme anche a quest'ora del giorno! Ieri sera hanno forse fatto bisboccia i tuoi compagni, ubriacandosi senza moderazione, come sono abituati a fare? A me, però, questo particolare non interessa. Perciò sveglia il tuo capo e fallo venire immediatamente fuori, poiché sto qui ad aspettarlo. Se non lo sai ancora, egli ha da rendermi conto di alcune cose sull'accordo da noi concluso un mese fa!»

«Hai indovinato, amico!» gli aveva risposto Cinciok «Nel nostro campo si è gozzovigliato per l'intera nottata. Se non mi sono sbagliato, parli del mio capo come se tu lo conoscessi benissimo e da molto tempo! Non può essere diversamente! Allora sentiamo cosa sai di lui.»

«Altroché, se lo conosco!» aveva approvato il Tangalo «Sono anni che io e il tuo capo Pustiuk facciamo ottimi affari insieme! Da una parte, io copro le malefatte della sua banda; dall'altra, egli contraccambia la mia connivenza con larga generosità. Insomma, a dirla con il proverbio, una mano lava l'altra! Ma tu, per ignorare questi fatti, di sicuro devi essere una sua nuova recluta: non è forse vero? Altrimenti, conosceresti ogni cosa sui numerosi loschi affari che io e lui conduciamo insieme da parecchio tempo! Perciò dimmi che non mi sono sbagliato!»

«Certo che hai ragione, amico! Se lo vuoi sapere, non è neppure una settimana che sono entrato a far parte della banda di Pustiuk! Sappi che, nella nostra recente incursione nel territorio edelcadico, gli ho perfino salvato la pelle. Per questo il mio capo ha deciso che, durante le sue ore di sonno, dovrò essere sempre io a piantonare la sua tenda! A tale riguardo, ha voluto palesarmi che, se sono io a vegliare sulla sua persona, egli si sente molto più tranquillo!»

«A proposito dell'operazione, alla quale hai accennato un momento fa, vuoi dirmi come vi è andata questa volta? Vorrei anche sapere quanti bambini litiosini siete riusciti a rapire. Il loro numero mi interessa moltissimo! Ah, ah, come non potrebbe essere così! Ma tu non puoi saperlo, siccome sei nuovissimo della banda!»

«I bambini sono pressappoco una ventina, soldato. Essi sono già in viaggio con il resto dei banditi. Comunque, non posso dirti dove i miei compagni li stanno conducendo! Se incautamente te lo rivelassi, Pustiuk potrebbe anche farmi mozzare la lingua, nonostante io gli abbia salvato la vita alcuni giorni fa. Perciò non ti serve chiedermelo, poiché assolutamente non posso rivelartelo!»

«Mi parli in questo modo, sciocco, solo perché sei entrato da poco nella banda del mio amico, come tu stesso mi hai fatto già presente. Sappi allora che conosco sia il posto dove i tuoi compagni stanno portando i ragazzi sia il motivo per cui li avete rapiti. Non potrebbe essere altrimenti, dal momento che fui io a proporre a Pustiuk i rapimenti per conto di terzi! Adesso ne sei venuto a conoscenza pure tu!»

«Invece sono pronto a scommettere il mio cavallo che tu non conosci né l'una né l'altra cosa! Vuoi soltanto darti le arie di chi la sa lunga. Al contrario, sei all'oscuro di tutto! Su, ammettilo che ho ragione!»

«Ti prendo in parola, uomo diffidente: per questo puoi dire addio alla tua bestia! Devi sapere che sono stato io a commissionare, per conto di certa gente, i bambini da voi rapiti. Anzi, credo che la tratta dei piccoli Litiosidi dovrà proseguire ancora per molto e che l'attuale rapimento debba essere considerato il primo di una lunga serie. Perciò prevedo, per me e per il centinaio dei miei uomini, un lucro che non finirà più!»

«Vuoi essere più chiaro e guadagnarti davvero il mio cavallo, egregio soldato? Fino a questo momento, né mi hai fatto menzione del luogo di destinazione dei bambini da noi sequestrati, né mi hai detto alcunché sulle ragioni del loro sequestro. Secondo me, ignori sia l'una che l'altra cosa, per cui tiri soltanto a indovinare! Su, dimostrami che ho torto e tu hai ragione, se vuoi che io creda alle tue parole!»

«Invece hai torto marcio, amico mio! Dopo che ti avrò raccontato ogni cosa, tuo malgrado, ti convincerai di due cose: prima, io non sono il tipo che se ne va in giro a parlare a vanvera; seconda, il tuo cavallo ha smesso di appartenerti, essendo diventato mio tutto d'un colpo! Ecco qual è la verità, uomo diffidente!»

«Allora, se è come affermi, spaccone, bando subito alle ciarle e vieni invece al sodo, come fanno le persone di rispetto! Dopo che avrai parlato, saprò se sul serio ho perso la scommessa o se il mio cavallo, almeno per il momento, non dovrà ancora cambiare padrone, contro ogni tua errata previsione! Ti sono stato chiaro, amico?»

«Hai mai sentito parlare del lontano villaggio di Scuppo, attendente di Pustiuk? Ma forse non sai neanche dove esso si trova!»

«Come potrei non conoscerlo! Ma per chi mi hai preso? Ogni Tangalo è a conoscenza che esso si trova nel Vallone delle Ombre Perenni, dove si presenta incastonato in mezzo ai monti!»

«Giust'appunto, uomo sospettoso, che non ti fidi di nessuno! Ebbene, il capo di quel villaggio, il cui nome è Sumso, è un mio amico. Alcuni mesi fa, egli venne a trovarmi e mi chiese a chi poteva rivolgersi per commissionargli un po' di bambini, dei quali gli Scuppesi avevano un maledetto bisogno. Essi sarebbero stati disposti a pagare una bella somma per ciascuno di loro, pur di riuscire ad averli. Allora gli risposi che avevo per le mani la persona giusta che faceva al caso loro. Quindi, poteva ritornarsene tranquillo al suo villaggio, poiché avrei pensato io, al posto suo, ad avviare la trattativa con il mio uomo di fiducia e a condurre in porto la faccenda. Così, una decina di giorni dopo, mi incontrai con il tuo capo e gli esposi il problema del mio amico. Egli, da parte sua, dopo averci riflettuto, mi assicurò che si sarebbe incaricato lui di procurare i bambini agli abitanti di Scuppo e che sarebbe andato poi a consegnarglieli personalmente al loro villaggio. Pustiuk, inoltre, mi palesò che, se voleva procurarsi i ragazzi, era obbligato ad operare una scorreria lampo nei territori litiosini di confine. Tali terre confinanti, a suo parere, gli avrebbero causato meno problemi di quelle poste sotto la giurisdizione della città di Casunna.»

«Ma non mi hai detto ancora per quale motivo agli abitanti di Scuppo occorrono i bambini! Perciò sbrìgati a parlarmi di ciò! Sennò il mio cavallo continuerà ad appartenermi, a tuo discapito!»

Alla domanda di Cinciok, il militare tangalo si era prestato a spiegargli le reali ragioni che avevano spinto il popolo scuppese a comportarsi in quel modo. Nel medesimo tempo, anche noi ne verremo a conoscenza in ogni loro particolare. Ci basterà apprenderle dalle varie notizie che ci perverranno dal suo racconto, il quale viene riportato qui appresso, anche se non direttamente dalle labbra del soldato tangalo.

Gli abitanti di Scuppo si dedicavano da molti secoli al mestiere del ceramista, che esercitavano con grande abilità, con perizia e con vera passione. Difatti essi lavoravano l'argilla, come non sapeva fare nessun altro popolo al mondo, per cui i loro manufatti presentavano una raffinatezza singolare, specialmente quelli che risultavano cesellati con pregevole arte. I loro punti vendita si trovavano in ogni città edelcadica, dove facevano lucrare ai loro provetti artigiani dei lauti guadagni. Il pregio artistico che derivava ai loro vari manufatti, in verità, dipendeva anche dalla particolare argilla di cui si servivano, siccome essa era dotata di una plasmabilità unica. Gli Scuppesi avevano la fortuna di trovarla in natura già impastata, poiché proveniva loro da una montagna argillosa attraversata da una falda freatica. Questa, dove trovava il suo naturale sbocco all'aperto, anziché fare zampillare dell'acqua, faceva staccare a getto dalla parete una colata di melma argillosa ad alta plasticità. Perciò la prodigiosa poltiglia costituiva, per gli artigiani scuppesi, l'ideale impasto pronto per essere foggiato e modellato, nonché per fargli assumere le più belle forme di vasi e di altre suppellettili per la casa.

Durante il terremoto avvenuto cinquant'anni prima, il quale aveva avuto come epicentro la loro catena montuosa, si era avuta nel sottosuolo della regione indicata una frattura, che aveva interessato l'intero equilibrio idrogeologico. Allora le profonde acque di infiltrazione, prima di riprendere il loro vecchio tragitto, erano state costrette a modificare il loro corso. Esso, da quel momento in poi, le aveva spinte ad attraversare qualche sostanza molto tossica, la quale le faceva diventare dannose all'apparato genitale dell'uomo. Lo dimostrava il fatto che, dal sesto anno in poi dall'avvento del fenomeno sismico, tutti gli uomini del villaggio, uno dopo l'altro, si erano ritrovati ad essere sterili ed impotenti a fecondare le loro donne. Se ne erano convinti, dopo aver considerato il fatto che da diversi anni non nascevano più bambini nel loro villaggio e la popolazione vecchia moriva, senza essere sostituita da quella giovane, al fine di assicurarne la discendenza e la perpetuità.

Quando gli Scuppesi avevano scoperto che il vero colpevole della loro sterilità era stato il loro contatto con l'impasto argilloso che essi quotidianamente si trovavano a maneggiare per lavoro, la loro scoperta era giunta troppo tardi. Essa, oramai, non sarebbe servita più neppure ad uno di loro. Da quel giorno, comunque, gli artigiani di Scuppo avevano iniziato ad adoperare la sola argilla, di cui era costituita la montagna. Infatti, dopo se la impastavano da sé con l'acqua che in quel posto proveniva da una diversa falda acquifera. Secondo le loro previsioni, tale loro provvedimento giungeva tardivamente, per cui non avrebbe più impedito la definitiva estinzione del loro popolo. La quale, se i loro calcoli non erano errati, ci sarebbe stata nel giro di una sessantina d'anni, facendo così venir meno pure la loro pregevole arte. A quel punto, non curandosi di spendere fior di quattrini per procurarseli, gli abitanti di Scuppo erano stati spinti dalla loro infertilità ad allevare dei bambini sani, dopo averli commissionati a qualche banda di individui senza scrupoli. Per loro, erano importanti: 1) assicurarsi, insieme ad una tranquilla vecchiaia, una morte serena; 2) rendere perpetua la loro professione. A proposito di quest'ultima, essa avrebbe garantito al genere umano dei prodotti di ceramica altamente raffinati e di insuperabile pregio artistico.


Dopo avergli addotto per filo e per segno le cause che avevano costretto gli infelici abitanti di Scuppo a commissionare dei bambini alla banda di Pustiuk, colui che era al comando dei cavalleggeri tangali, seguitando ad usare il suo solito tono protervo che gli era congeniale, si era messo a gridare al suo attento interlocutore:

«Adesso che ti ho schiarito bene le idee su ogni cosa, mio caro buono a nulla, facendoti anche presente che il tuo cavallo ha cambiato definitivamente padrone, vai a svegliare quel pigrone del tuo capo. Riferiscigli che Fulpo, che sarei io, è fuori ad attenderlo. Se possibile, egli desidererebbe ridurre al minimo la sua permanenza nel suo campo, non volendo far sapere a qualcuno di passaggio di essere in combutta con lui!»

Cinciok, obbedendo all'istante al comandante dei soldati tangali, si era precipitato nella tenda che egli stava piantonando soltanto per finta. Così, quando era trascorsa appena una manciata di secondi, ne era uscito insieme con Kodrun, presentandolo al suo interlocutore come il suo capo. A tale presentazione, Fulpo non aveva gradito la brutta sorpresa, che era rappresentata dallo sconosciuto. Perciò gli aveva urlato:

«Che accidente di scherzo è questo, improvvidi cialtroni! Se è stata vostra intenzione giocarmi un tiro mancino, presto ve ne pentirete! Adesso, volenti o nolenti, mi dite da dove siete sbucati fuori voi due e chi siete realmente? Vi avverto che, se non lo fate alla svelta, sarà peggio per voi, poiché non risponderò delle mie azioni!»

Nello stesso tempo che Fulpo imprecava e minacciava contro Kodrun e Cinciok, erano venuti fuori dalle tende i Litiosidi che vi si trovavano nascosti. In un attimo, essi avevano raggiunto il loro capo, intenzionati a fare quadrato contro i soldati a cavallo e a difesa del loro capo. A quel punto, in sintonia con i compagni e strisciando carponi tra i cespugli, si erano mossi pure coloro che erano appostati nella zona arbustiva. Essi, senza farsi accorgere del loro silenzioso avanzare, si erano portati ad un tiro di arco dai cavalleggeri tangali, dandosi a sorvegliarli strettamente e a tenerli sotto il loro tiro.

Alla richiesta dell'infuriato Tangalo, senza venirne intimorito neppure un poco, Kodrun, che anche conosceva bene la lingua tangala, gli aveva risposto con tono quasi sardonico:

«Mi dici a cosa ti serve sapere ciò che tra poco non ti interesserà più, siccome sarai già bell'e spacciato? Perciò ci asteniamo dal soddisfare la tua domanda, la quale per noi al momento non può avere alcun significato. La medesima cosa vale per tutte le insulse ed inutili intimidazioni, che stolidamente vorrai farci pervenire tra breve! Mi sono spiegato?»

«Come osi minacciarmi di morte!» lo aveva ripreso Fulpo con una stizza da demone infuriato. «Sappi che sono io nella condizione di poterlo fare, avendo al mio comando cento soldati! Oppure sei del parere che la ventina di sgherri a tua disposizione possano incutere terrore ai miei uomini, i quali si presentano cinque volte più numerosi dei tuoi? Se è questa la tua convinzione, mi fai ridere! Ciò vuol dire che ti mancano sia la cognizione della realtà che ti circonda sia il senno, che dovrebbe farti prendere coscienza di essa! Mi dici come fai ad ignorarlo?»

«Ah, ah!» Kodrun lo aveva allora contraddetto «Scommetto che a scuola non ci andavi d'accordo per niente con l'aritmetica, dal momento che dimostri di non avere nemmeno un poco di dimestichezza con i numeri! Anche i miei amici adesso ne sono convinti e stanno ridendo di te sotto i baffi! Ma tu non te ne accorgi, essendo sciocco!»

«Cosa te lo fa pensare, forestiero? Solamente adesso mi sto avvedendo che non sei neppure un Tangalo doc! Comunque, tengo a precisarti che in vita mia non ho mai udito una corbelleria più mastodontica della tua, la quale è quella che hai appena sfornata!»

«Me lo fa ritenere il fatto che hai scambiato le quantità relative ai nostri uomini, cane di un Tangalo. Venti sono i tuoi soldati e non i miei uomini; invece cento sono i miei uomini e non i tuoi soldati. Ti invito a verificarlo di persona, guardandoti intorno. Questa volta, però, dovrai effettuare un computo più rigoroso, senza cadere nello stesso errore!»

Mentre pronunciava la sua ultima frase, Kodrun aveva inviato ai suoi uomini appostati alle spalle dei soldati il segnale convenuto. Il quale consisteva in una alzata di braccio con il pugno serrato. Allora, senza far passare neppure un attimo e quasi facendo coincidere la loro azione con l'ultima parola del loro capo, gli ottanta Litiosidi avevano trafitto un numero di cavalieri tangali uguale a quello loro, facendoli stramazzare al suolo. Un attimo dopo, gli stessi arcieri si erano avvicinati agli altri venti soldati a cavallo, i quali erano stati provvisoriamente risparmiati. Poi, tenendoli sotto tiro, essi avevano atteso ulteriori ordini dal loro capo, mostrandosi pronti ad ubbidirgli. Fulpo, da parte sua, scorgendo la maggior parte dei suoi uomini cadere dai propri destrieri privi di vita, in un primo momento, era rimasto impallidito per la rabbia. Poco dopo, invece, ritenendo Kodrun responsabile dell'orrenda carneficina dei suoi soldati, non si era voluto risparmiarsi nell'assalirlo verbalmente, usando il seguente linguaggio:

«Canaglia, è così che si fa dalle tue parti?! Non si affronta mai l'avversario a viso aperto; ma si preferisce sorprenderlo vigliaccamente di spalle e colpirlo poi a tradimento? Avrei dovuto immaginarlo già all'inizio che siete dei codardi Litiosidi, che sanno agire unicamente in questa maniera, a causa dell'assoluta mancanza di coraggio!»

«Invece non è così, Fulpo! Questo trattamento lo riserviamo esclusivamente alle persone scellerate e a coloro che, come voi, fanno comunella con loro. Perciò anche i restanti tuoi soldati saranno trattati dai miei uomini alla stessa stregua dei loro compagni. Soltanto a te, per dimostrarti che non abbiamo paura di affrontare i nostri avversari ad armi pari, sarà concessa la possibilità di batterti con me in un combattimento assolutamente leale. In caso di una tua vittoria, hai la mia parola che i miei uomini ti lasceranno andare, senza infierire neanche un poco contro la tua persona.»

Quando anche i rimanenti Tangali erano stati uccisi allo stesso modo degli altri, Kodrun e Fulpo, in groppa ai loro cavalli, avevano incominciato a battersi con furia ed aggressività, non lesinando colpi in ogni direzione. Il Tangalo, comunque, già alle schermaglie preliminari del loro combattimento, si era reso conto della indiscussa superiorità del suo avversario. Perciò, quando aveva creduto di cogliere l'occasione propizia, aveva abbandonato la tenzone e si era dato alla fuga; però senza riuscire a fare molta strada. Infatti, prima che si fosse portato fuori tiro, il vigliacco era stato raggiunto, trafitto ed ucciso da una decina di dardi micidiali, che gli erano stati lanciati contro. Allora le ferite, procurandogli una profusa emissione di sangue dal cavo orale, lo avevano fatto barcollare al suolo stecchito.

Avvenuta l'eliminazione fisica dei soldati tangali, Kodrun aveva ordinato ai suoi uomini di denudarli e di seppellirli insieme con i finimenti dei loro cavalli, invitando poi gli stessi a spogliarsi e ad indossare gli indumenti tolti ai loro nemici uccisi. A suo giudizio, assumendo il loro aspetto, avrebbero potuto circolare senza difficoltà in mezzo agli abitanti del luogo, convinto che essi sarebbero stati ingannati facilmente. Così, dopo aver portato a termine il seppellimento dei cadaveri e il loro camuffamento, i Litiosidi avevano ripreso il cammino verso Scuppo. Questa volta, però, essi erano diretti verso una meta nota e senza doversi più sottrarre alla vista delle popolazioni indigene. Lungo il percorso, si erano liberati dei cavalli appartenuti ai soldati tangali, abbandonandoli qua e là sbardati e in piccoli gruppi. Li avevano lasciati in posti diversi della regione per non destare sospetti nei Tangali che li incontravano. Alla fine, se ne erano sbarazzati totalmente.

Strada facendo, Kodrun si era complimentato con Cinciok, per come aveva condotto il suo colloquio con il tangalo Fulpo, che era riuscito a cavargli di bocca magistralmente tutto ciò che gli interessava apprendere sui bambini. Il giovane, inoltre, aveva previsto che il mancato rientro del drappello tangalo nel suo avamposto avrebbe senz'altro allarmato i soldati rimasti in vedetta al fortilizio. Perciò, poiché essi sarebbero stati spinti ad effettuare accurate ricerche, egli si era adoperato a depistarle, servendosi ancora della preziosa guida tangala. Difatti, ogni volta che avevano incontrato un piccolo agglomerato rurale, egli lo aveva invitato a riferire al gestore del bazar locale: "Amico, sono Fulpo, il capo dei soldati che vedi, e sto inseguendo la famigerata banda di Pustiuk. Essa, dopo avere massacrato una famiglia di contadini, sta puntando verso il villaggio di Sakluc. Perciò, se alcuni miei camerati dovessero capitare da queste parti e chiedere di noi, dovrai riferirgli quanto ti ho appena partecipato. Ti ringrazio in anticipo per la tua collaborazione!"

In verità, Sakluc era un villaggio che si trovava all'estremo opposto di Scuppo. La falsa indicazione del luogo della loro destinazione doveva appunto condurre al depistaggio delle future ricerche condotte da altri soldati tangali, le quali non sarebbero tardate da parte loro per far luce sulla scomparsa dei loro numerosi commilitoni. Essi non le avrebbero terminate, fino a quando non fosse venuta interamente a galla la verità sui loro compagni d'armi spariti nel nulla.


Erano occorsi ancora cinque giorni di viaggio, prima che il gruppo litiosino avvistasse la catena montuosa alla quale erano diretti. Ma c'era voluto ancora un altro giorno per raggiungerla ed immettersi nell'angusto sentiero che conduceva nel Vallone delle Ombre perenni. Esso, presentandosi all'inizio serpeggiante ed interrotto sovente da dossi, in seguito si era andato inerpicando fra due versanti di monti, i quali si restringevano sempre di più, fino a formare un angolo acuto nel punto in cui essi si congiungevano. Essendo il viottolo in salita, le due scarpate laterali, man mano che si era proceduto verso l'alto, avevano subito un maggiore assottigliamento angolare. Anzi, alla fine le loro creste erano risultate quasi a livello della stessa stradina che era percorsa dai Litiosidi. Così veniva ad esserci fra la quota di ciascuna e quella delle altre due una differenza di circa tre metri. A quell'altitudine, i tre elementi orografici citati avevano assunto l'aspetto morfologico di una giogaia. Per cui essa aveva consentito a Kodrun e ai suoi cento uomini il passaggio all'altra parte, dove cominciava la discesa che si avviava verso il fondovalle sottostante. Infatti, sul suo lato settentrionale, il vallone comunicava con la pianura attraverso una lunga e stretta gola. La quale, durante la stagione delle piogge, si trasformava in un torrente precipitoso e spumeggiante che, sotto un certo aspetto, era bello a vedersi.

Prima che iniziasse il digradante declivio, i Litiosidi avevano dovuto percorrere un breve tavolato lievemente accidentato. Sul cui suolo prendevano corpo parecchie piccole asperità e pochi rilievi salienti che erano simili a spuntoni, a causa dei quali i cavalli erano stati costretti a rallentare la loro avanzata. In compenso, quell'altura aveva dato a coloro che la percorrevano la opportunità di ammirare il più stupendo panorama che potesse offrire la regione tangalica. Da lassù, in effetti, i tanti picchi incappucciati dalla neve e alcune vette avvolte dagli strati nebbiosi, oltre ad essere avvistati con nitidezza, sembrava quasi che si potessero toccare con le mani. In relazione ai picchi aguzzi, invece, impregnandole con una massiccia umidità, essi conferivano alle varie vette un aspetto vaporoso ed evanescente, come se stessero sorgendo dal mistero.

Soltanto quando il piano era cominciato a digradare, presentando ora tornanti a strapiombo che parevano aggrappati alla livida parete meridionale, si era potuta scorgere nel vuoto sottostante anche la lunga lingua di terra della valle. Essa, da quell'altezza, si era presentata ai loro occhi come una sorta di terra oblunga che sonnecchiava nella penombra, sulla quale quasi spesso si dava a soffiare la gelida tramontana. La striscia valliva, larga all'incirca un miglio nella sua parte centrale, era fiancheggiata da una coppia di scarpate. Esse salivano per qualche miglio, cioè fino a quando non le fermavano i rispettivi costoni laterali. Questi, infatti, sbarrando un ulteriore loro avanzamento, si ergevano con un'acclività paurosa, divenendo infine delle pareti quasi verticali. Considerata la pericolosità del sentiero, il quale era sprovvisto di una barriera di protezione e di sicurezza, Kodrun aveva ordinato ai suoi uomini di bendare i loro cavalli e di avanzare poi a piedi, tenendone in mano le redini. Così, private della vista del vuoto, le bestie non si sarebbero terrorizzate ed avrebbero evitato di mettere a repentaglio la propria vita e quella dei loro conducenti.

Via via che l'altitudine diminuiva e il tragitto li faceva avvicinare sempre di più alla valle, all'inverso di quanto accadeva con le altre montagne, ad ogni tornante, l'aria si era andata raffreddando maggiormente. Inoltre, aveva perduto di luminosità e di trasparenza, come se in quella zona fosse iniziato ad imbrunire prima del tempo. Tale fenomeno, al quale si assisteva stupefatti, si presentava davvero fuori dell'usuale. Perciò esso aveva strabiliato moltissimo il gruppo litiosino, non avendolo riscontrato in nessun'altra parte a loro nota. Intanto che si scendeva al Vallone delle Ombre perenni, Kodrun non era stato assalito da alcun timore e non si era affatto preoccupato per sé. Ma era stato il pensiero dei bambini a soggiogarlo e a tenerlo in grande apprensione. A suo parere, quei poveretti non solo stavano penando terribilmente per la mancanza dei loro genitori; ma anche rimpiangevano con immensa tristezza i tanti loro giochi all'aria aperta sui verdi prati. Invece adesso si ritrovavano a soffrire la penombra e il freddo clima del loro nuovo ambiente naturale.

La discesa dei Litiosidi era avvenuta nel giro di un paio di ore, ossia si era compiuta quando era appena iniziato ad annottare. Essa non era stata notata dai valligiani e dai predoni, in quanto nel tardo pomeriggio le brume autunnali avevano cominciato a spadroneggiare nella valle, impedendo di vedere oltre i dieci metri. Per la medesima ragione, non era stata avvertita dagli stessi la presenza degli intrusi guastafeste, i quali già si preparavano ad intossicare l'affare che essi avevano appena concluso con gli abitanti di Scuppo. Ma il commando litiosino era entrato in azione a notte inoltrata, ossia quando nel piccolo villaggio oramai tutti si erano dati ad un sonno profondo. Con fulmineità e con passi felpati, i suoi componenti si erano introdotti nel campo dei predoni, il quale era stato piantato nelle adiacenze della zona abitata. Dopo averlo preso sotto il loro controllo, i Litiosidi lo avevano percorso da cima a fondo ed avevano spento la vita in ogni parte in cui essa si era manifestata. Infatti, in brevissimo tempo, gli uomini di Kodrun, sorprendendoli nel sonno, avevano inferto alla totalità dei predoni un netto taglio alla gola. Ricorrendo a tale azione, li avevano sgozzati ed accoppati sul colpo, senza dargli neppure il tempo di rendersene conto. Terminata la carneficina, i Litiosidi avevano svuotato le tende dei numerosi cadaveri; poi, prendendo il loro posto, vi avevano trascorso il resto della nottata. In esse, oltre ad addormentarsi subito, i nuovi occupanti avevano trovato una valida protezione dall'intensa umidità, della quale si presentava pregna la circostante aria notturna. Così, quando infine era giunta di nuovo l'alba, essi si erano ritrovati svegli e ben riposati.

Si era nel primo mattino, quando Kodrun, dopo avere atteso che i suoi uomini montassero sui loro cavalli, aveva ordinato loro di destare dal sonno la gente del villaggio e di ammassarla in un unico posto. Mezzora più tardi, era stato già ultimato dagli incaricati l'assembramento coatto degli Scuppesi, i quali erano risultati appena poche centinaia. Allora egli, che non aveva bisogno della traduzione simultanea del tangalo Cinciok, aveva messo mano al seguente discorso:

"Popolo di Scuppo, noi siamo Litiosidi e siamo venuti a riprenderci i nostri bambini. Sappiate che gli esecutori materiali del loro avvenuto rapimento hanno già pagato con la vita la loro azione iniqua. Con voi, invece, non abbiamo intenzione di mostrarci altrettanto spietati, siccome il vostro gesto non è stato ritenuto da noi affatto malvagio. Esso, sebbene sia lo stesso da condannarsi, per il male che ha arrecato involontariamente a tanta gente litiosina, in un certo senso non ha avuto come obiettivo alcuna azione ignobile. Infatti, oltre a procacciare a voi una tranquilla vecchiaia, si proponeva di fare apprendere ai bambini da voi fatti rapire un lucroso mestiere. Esso senza dubbio, cambiando la loro esistenza positivamente, gli avrebbe assicurato un sicuro avvenire.

A mio giudizio, però, avreste fatto meglio a rivolgervi direttamente alle famiglie dei vicini villaggi tangali, facendo loro presente la vostra difficile situazione. Sono convinto che esse, trovandosi nella condizione di non poterli sfamare a sufficienza, volentieri vi avrebbero ceduto alcuni dei loro bambini, essendo sicuri di migliorare la loro esistenza. Adesso, se non volete fare la stessa fine dei vostri soci in affare, vi consiglio di condurre immediatamente in questo luogo i bambini litiosini. Soltanto dopo vi lasceremo in pace e ce ne ritorneremo nei nostri remoti territori, senza infliggervi la severa punizione che vi meritereste per le vostre note colpe. Inoltre, potete anche riprendervi il vostro denaro, siccome esso si trova ancora nel vostro villaggio nelle tasche dei predoni di Pustiuk. Sono stato chiaro, abitanti di Scuppo?"

Gli Scuppesi, da parte loro, non avevano voluto correre il rischio di essere uccisi, come era accaduto ai predoni che si erano messi a loro disposizione per fini di lucro. Perciò si erano adoperati con sollecitudine per riconsegnare i ragazzi ai Litiosidi, che erano giunti fin laggiù per prelevarli. Allora Kodrun, mantenendo la promessa fatta loro, non aveva infierito contro gli artigiani della ceramica. Invece li aveva invitati ad accogliere la propria idea, se proprio ci tenevano a procurarsi dei bambini per fargli apprendere il loro mestiere e migliorare la loro esistenza. Poco dopo aveva dato ai suoi uomini l'ordine di prendere i bambini litiosini con loro e di far ritorno nei loro territori, i quali si trovavano abbastanza lontani. Così, quando avevano risalito il sentiero in pendio allo stesso modo di come lo avevano percorso in discesa, i Litiosidi si erano affrettati a ridiscendere dalla catena montuosa. Essi intendevano abbandonarla definitivamente, siccome avevano condotto in porto la prima parte della loro delicata missione. Verso il tramonto, i liberatori dei bambini già se ne erano allontanati per molte miglia. Per questo il frastagliato profilo delle sue creste, dal nuovo punto di osservazione, appariva praticamente sfumato e sembrava quasi perdersi all'orizzonte in un cielo, il quale appariva sempre più invaso dalla penombra crepuscolare.

In prossimità del villaggio di Pussio, Kodrun aveva deciso di inviare in quella località il solo Cinciok, perché vi andasse a raccogliere quelle informazioni utili che potessero riguardarli. Egli era ricorso a tale decisione, poiché non intendeva farsi il resto del tragitto che lo separava dal confine, intanto che veniva assalito di continuo da allarmi ingiustificati. Al suo ritorno, la guida tangala gli aveva riferito che erano già stati rinvenuti i corpi dei cento soldati tangali che essi avevano uccisi in precedenza. A ogni modo, almeno per il momento, la responsabilità dell'eccidio veniva attribuita alla banda di Pustiuk, i cui componenti adesso di sicuro scorrazzavano sul territorio tangalo travestiti da militari. Per questo cinquecento soldati veri stavano dando una caccia spietata ai terribili predoni, allo scopo di farne al più presto un identico massacro.

Tali notizie per niente rassicuranti avevano allarmato Kodrun, il quale si era reso conto che il travestimento da soldati tangali non rappresentava più per loro una sicura protezione. Al contrario, esso risultava soltanto un pericolo. Così pure il loro numero, indipendentemente da ogni camuffamento a cui fossero ricorsi per imbrogliare i militari tangali, avrebbe potuto sollevare dei sospetti, se essi li avessero incontrati. Per questo, senza perdere tempo, egli era ricorso ad un nuovo piano strategico, il quale avrebbe dovuto mirare a tenere lontani da loro i sospettosi e i diffidenti più incalliti. Innanzitutto Kodrun aveva rifatto indossare ai suoi uomini i loro vecchi abiti, che essi non avevano buttato via; ma li avevano solo tenuti nascosti. In pari tempo, li aveva invitati a bruciare quelli che erano appartenuti ai soldati tangali da loro ammazzati in precedenza. Avvenuto il cambio dei vestiti, il giovane aveva inviato allo stesso villaggio Cinciok e altri due suoi uomini perché vi acquistassero una cinquantina di abiti femminili completi di maschera. Dopo egli li aveva fatti indossare alla metà dei suoi Litiosidi, siccome intendeva farli apparire delle donne, come difatti era avvenuto.

Quel travestimento doveva servire a dare attuazione al nuovo piano di Kodrun. Esso prevedeva che i membri del commando, da quel momento in poi, avrebbero dovuto viaggiare non più in un gruppo unico, ma in coppie separate, come se fossero marito e moglie. Ad alcune di loro sarebbe stato anche affidato un bambino, da far figurare come loro figlio. Così facendo, i suoi uomini, agli occhi di quelli che avessero incontrati sulla loro strada, di certo sarebbero apparsi delle vere famigliole, alcune con qualche figlio e altre senza prole. Il piano prevedeva ancora che i gruppi così formati avrebbero dovuto viaggiare di notte e riposare di giorno. Solo nelle ore notturne, sarebbe stato ammesso accelerare i loro spostamenti, perché così non si sarebbe dato nell'occhio. Inoltre, era stato disposto che si sarebbe dovuto ricorrere a tali accorgimenti, dopo che le varie coppie si fossero disposte a ventaglio e fosse venuta ad esserci fra di loro una distanza non inferiore alle tre miglia.

Procedendo i Litiosidi in quella maniera, le ricerche dei soldati tangali, anche se erano continuate accanite e senza soste su vaste aree del loro territorio, come era stato previsto, erano risultate del tutto infruttuose. Essi avevano cercato una banda composta da un centinaio di predoni, senza per nulla immaginare che essa si era smembrata in una cinquantina di nuclei familiari, i quali viaggiavano sparpagliati sopra un territorio relativamente vasto. Tanto più che quei piccoli gruppi erano composti anche da donne e bambini! Era stato con il ricorso ad un espediente simile che il commando litiosino era riuscito ad attraversare indisturbato la regione tangala, giungendo fino alle zone prossime al territorio litiosino e superando il varco di confine. Ma prima di dirigere sul loro villaggio di Litios, esso era passato a consegnare i bambini alle rispettive famiglie, rendendole, con la loro insperata consegna, assai felici.

L'ottimo esito ottenuto da Kodrun nella sua temeraria impresa, pur avendola condotta in un territorio particolarmente ostile, gli aveva consentito di grandeggiare di nuovo agli occhi della totalità degli abitanti del suo villaggio. Adesso, però, al contrario delle altre volte, essi lo avevano osannato non per le sue doti di valoroso guerriero, come era avvenuto fino a quel giorno; bensì per le sue spiccate capacità di comandante accorto e sagace. Come tutti potevano osservare, esse gli erano valse a destreggiarsi in maniera brillante in una situazione, la quale era da definirsi estremamente ardua e pericolosa in una regione del tutto a lui sconosciuta.