229°-LA LEGGE DI TUTUANO VIETA AL PRINCIPE GODIAN DI SPOSARE FLESIA

Alla luce dei recenti avvenimenti, cos'era avvenuto nel frattempo nel rapporto amoroso che stavano vivendo Godian e Flesia? La rivelazione di Oldrisio era riuscita a far fibrillare in qualche modo la relazione esistente tra i due giovani, intaccando di conseguenza la loro serenità? Naturalmente, sì, dal momento che non lo si può negare! La risposta affermativa, però, va intesa unilateralmente, siccome essa riguardava uno solo dei soggetti implicati nel rapporto sentimentale, ossia Flesia. Perciò vogliamo sapere come esso era andato evolvendo, dopo che alla ragazza era stata rivelata la vera identità del suo adorato Peg. In principio, si era avuto un discreto inceppamento nel suo normale corso di spensierata felicità. Una brusca pausa, che era stata causata da allarmi giustificati, era venuta ad interrompere il regolare flusso del suo limpido amore per lui. Esso non si era più ritrovato ad attuarsi in quella rasserenante oasi, che prima alimentava i suoi sentimenti e i suoi ideali, cullandoli dolcemente nel proprio intimo. Quando nella casa del medico il sovrintendente alle carceri aveva rivelato che il giovane Peg era il principe ereditario di Actina, nel medico Ipione e nelle figlie si era avuta una effusione di giubilo e non c’è bisogno di spiegarcene il motivo. Al contrario, nella ragazza si era registrato l'effetto opposto, poiché quella improvvisa rivelazione non era stata accettata di buon grado da lei. Non si erano comportati diversamente i suoi genitori, poiché anch’essi l'avevano accolta con una certa freddezza e con parecchia diffidenza. Oramai i due coniugi erano convinti che presto il simpatico ed amabile Peg sarebbe uscito dalla loro vita e sarebbe venuto a mancare a loro quattro per sempre. Inoltre, giustamente avevano pensato che egli non sarebbe stato più il bravo giovane alla mano, come si era dimostrato fin dall'inizio, con il quale avevano instaurato un rapporto di tipo familiare. Secondo loro, da quel giorno il giovane sarebbe diventato l'erede al trono di Actina. La qual cosa avrebbe surrogato in loro la confidenza con la soggezione e, come conseguente risultato, vi avrebbe perfino annientato l'intero calore umano, che essi sentivano di esprimere all'affettuoso e generoso fidanzato della loro primogenita.

Per la verità, la persona che ne era rimasta maggiormente scossa non poteva essere stata che Flesia. La poveretta, essendosi concessa anima e corpo al giovane e vivendo unicamente d'amore per lui, tutto ad un tratto si era sentita come se il cuore le si fosse schiantato sotto il petto. Ella aveva visto spegnersi nella sua mente i tanti radiosi giorni trascorsi insieme con il suo Peg, quelli che aveva sempre voluto rivivere con gli occhi felici di una disinvolta bambina. Una disillusione atroce, perciò, aveva bruscamente preso il loro posto, conturbandola ed amareggiandola oltre ogni immaginazione. La ragazza era stata spinta addirittura a considerare il torturatore Adrino meno crudele dell'erede al trono, poiché costui adesso poteva solo intossicarle l’esistenza, a causa del nuovo ruolo che avrebbe avuto nella società. A suo parere, se il primo l'aveva martellata con la sua spietata irrinunciabilità a possederla; invece Godian, pur sapendo che non poteva essere suo per un tempo infinito, lo stesso l'aveva avvinta a sé, spingendola a sognare un mondo incantato e sublime. Nello stesso tempo, le aveva tenuto nascosto che esso si poggiava sopra un piedistallo di sabbia, il quale era pronto a sfaldarsi e a crollare, alla prima raffica di vento. Per questo adesso ella si andava chiedendo perché mai il suo ragazzo aveva voluto condurla in quella dolce amenità, quale si rivelava l'amore intensamente vissuto insieme con lui, se poi tutto sarebbe dovuto finire, da un giorno all'altro? Eppure egli sapeva benissimo che il primo desiderio a nascere nella persona che vi perveniva era quello di volervi restare in modo infinito. Invece, pur essendo consapevole che non avrebbe potuto appagarla fino in fondo, lo stesso egli, da vero incosciente, aveva voluto condurcela. Per lei, dunque, sarebbe stato meglio, se l’amato Peg l'avesse lasciata sopraffare dalla prepotenza di Adrino, poiché in tal modo ella avrebbe sofferto soltanto relativamente. Difatti la sua sofferenza sarebbe stata minima, a confronto di quella che si era messa a martoriarla adesso. Così ella avrebbe subito l'imposizione ad agire in un determinato modo e a fare certe cose contro la propria volontà. Giammai però sarebbe stata obbligata a rinunciare al mondo incantevolmente fatato, del quale si era infiammata e da cui le proveniva l'alimento dei suoi sogni più belli. Perciò il suo Peg, in un certo senso, se da un lato l'aveva tratta dall'olio bollente della padella; dall'altro, l'aveva fatta cadere sulla brace del fuoco. La qual cosa aveva segnato in lei la fine di ogni illusione personale.

Ecco a quali crude deduzioni era giunta l’afflitta Flesia e quali incubi tremendi erano venuti a serpeggiare nella sua mente disorientata e confusa, dopo che il suo premuroso ragazzo era apparso il vero sé stesso, cioè il principe ereditario Godian! Le quali riflessioni avevano insidiato i suoi pensieri e li avevano spogliati della precedente bellezza paradisiaca. Inoltre, alcune sue constatazioni avevano forzata la ragazza ad un ridimensionamento del suo affetto e del suo amore verso il giovane. Si poteva affermare che ella aveva fatto subentrare le attuali gelide estrinsecazioni della sua anima avvilita alle calde ed impetuose effusioni del suo cuore festoso. Le quali, fino a poco tempo prima, l'avevano fatta beare molto e a lungo, in un contesto amoroso oltremodo felice e beato.

Da parte sua, il principe Godian, da buon interprete qual era dei vari moti esteriori dell'animo umano, si era accorto all'istante del cambiamento, che era avvenuto nella sua Flesia; nonché del motivo che lo aveva provocato in lei. Allora si era ripromesso, naturalmente appena gli fosse stato consentito di farlo, di adoperarsi anima e corpo per sottrarre la sua amata ragazza alla schiacciante valanga delle numerose avvilenti preoccupazioni e dei tremendi brutti pensieri. Le une e gli altri, come il giovane si rendeva conto, erano venuti ad aggredirla con spietatezza, dopo che era cominciato ad essere per lei il principe Godian. Per questo il primogenito dei regnanti di Actina, non appena aveva portato a buon fine nelle carceri la questione del nobile Adrino e quella del suo fido Sigrid, disponendo di più tempo, si era dato a parlarle con i seguenti accenti amorosi, i quali si erano manifestati assai toccanti:

"Lo sai, mia dolce Flesia, che mi stai preoccupando moltissimo in questi giorni e in pari tempo vai suscitando in me certe trafitte, che mi fanno quasi venir meno? Sono al corrente che stai vivendo un periodo critico e ne vai soffrendo enormemente; so anche che ti agiti in turbamenti paurosi e ti distruggi in tristi pensieri. Ma in che modo posso convincerti che questo tuo allarme è del tutto ingiustificato, poiché è immotivato? Possibile che tu sia stata tanto sciocca, da credere che un giorno avrei potuto lasciarti in balia di te stessa? che avrei potuto vivere senza di te? che qualcuno o qualcosa sarebbe riuscito ad allontanarmi da te? Ti ha forse spaventata l'attuale mia alta dignità di principe ereditario? Mia cara Flesia, se ti sei fatta prendere da simili idee sconcertanti, con conseguente panico, non hai riflettuto come avresti dovuto riflettere, quando mi hai fatto oggetto dei tuoi pensieri perturbati. Mi hai soltanto offeso e ferito con le tue errate riflessioni e constatazioni, in virtù delle quali hai dubitato erroneamente di me!

Devi sapere, invece, che per me tu vali più della corona di Actina, a cui ambisco meno che a te. Convinciti che accetterò il trono di Actina, a condizione che esso non mi vieti di sposare te! Tu mi hai conosciuto molto bene e sai anche come so reagire alle imposizioni altrui. Per quanto riguarda la mia celata identità, ti giuro che ti ho serbato il segreto, esclusivamente per riuscire a conquistare meglio il tuo amore insostituibile. Invece, in qualità di principe, mai ci sarei riuscito, come ben sai. Fosti tu stessa a dichiararmi, quando ci siamo conosciuti, che l'ultimo uomo che avresti sposato in Actina sarebbe stato il principe ereditario Godian. Te lo ricordi? Ma sono certo che, dopo avermi conosciuto e frequentato, non lo affermeresti mai più, siccome non puoi fare a meno di me, come non posso io privarmi della tua insostituibile compagnia. Per questo motivo, ti esorto a sorridere alla vita e a ridiventare quella che sei stata per me fino a qualche giorno fa. Allora, Flesia, mi fai questo favore? Dal canto mio, oggi stesso parteciperò ai miei genitori il nostro fidanzamento. Così verrai privata di qualsiasi dubbio sull'autenticità del genuino amore, che ho sempre provato per te e continuo a provarlo!"

Dopo il discorso del suo amato Peg, che ora era diventato Godian, Flesia si era acquietata ed aveva riallacciato con l'amato i suoi intensi rapporti di prima. Inoltre, ella aveva ricominciato a colmarlo di carezze, di moine, di abbracci e di baci. Quanto al giovane, come aveva promesso alla fidanzata, quello stesso giorno egli aveva messo al corrente il padre e la madre del suo amore per Flesia e della sua volontà di sposarla. A quelle notizie del loro primogenito, i regnanti di Actina erano rimasti di stucco. Ma subito dopo il re Nortano, conoscendo la sensibilità del figlio e non volendo che egli la sentisse ferita e bistrattata proprio da loro, si era sbrigato a giustificare la sorpresa e la freddezza, con cui avevano accolto le sue partecipazioni. Perciò aveva fatto seguire il seguente accorato discorso sulla delicata vicenda:

"Godian, figlio mio, ti prego di scusarci, se abbiamo fatto mancare ai tuoi due annunci la calda accoglienza che ti attendevi da noi. Ma non puoi non comprenderci e non giustificarci, poiché ne conosci i motivi. Tu lo sai che ho in te una fiducia illimitata, per cui ho sempre accettato le tue proposte e ho fatto miei i tuoi consigli. La qual cosa dovrebbe convincerti che non ho mai considerato affrettata ed insensata ogni tua decisione. Anzi, non mi permetterei mai di farlo! Ho sempre imposto a tutti gli altri, nessuno eccettuato, ciò che consideravi giusto, poiché ho sempre creduto che tu, per genitori spirituali, avessi l'onore e la giustizia! Per questa ragione, tua madre ed io giammai cospireremmo contro la tua felicità, giammai ti arrecheremmo un torto, per nessun motivo al mondo ci opporremmo ad una tua decisione, nessuno mai ci convincerebbe di una tua trasgressione, nessun fenomeno naturale ci fermerebbe, pur di venirti incontro e soddisfare un tuo desiderio. Inoltre, preferiremmo morire noi, piuttosto che procurare a te un dispiacere!

Sappi che la mia forza e quella di tua madre poggiano proprio sulla tua felicità e ci provengono dalla tua serenità. Lo sai più di tutti che non ammetto la distinzione degli uomini in varie classi sociali, dal momento che l'uomo giusto e religioso non le può accettare. Al contrario, riconosco che ci sono diverse dignità umane, le quali, a differenza delle classi sociali, sono una conquista dell'uomo. Egli, quindi, deve essere valutato esclusivamente per ciò che è capace di dare in campo intellettuale e morale. Nello stimarlo, giammai lo concepirei solo per quanto può disporre in campo economico o può rappresentare in campo dinastico e sociale oppure può dimostrare in campo estetico e fisico! Ecco perché non riterrei mai una pazzia la loro unione, se un re sposasse una ragazza di basse condizioni sociali. Spesso sono proprio quelle che appartengono all'umile ceto della società a manifestarsi delle grandi donne! Per questo sono convinto che anche la tua Flesia, per quanto povera possa essere, se è stata scelta da te, deve essere una donna eccezionale. Come pure ella è degna di diventare una grande regina, se tu la reputi tale!

Figlio mio, però, il divieto di sposare la tua Flesia non ti proviene né da me né da tua madre. Se bastassero solo i nostri consensi a fartela sposare, ella sarebbe all'istante eternamente tua. Invece c'è di mezzo la Legge del nostro antenato Tutuano, la quale te lo vieta drasticamente. Ma tu dovresti esserne già al corrente! Mai nessuno dei miei predecessori è riuscito a spuntarla contro tale legge, poiché essa è tenuta in custodia dalla classe sacerdotale, la quale non ha mai voluto sentir parlare della sua abrogazione. Per tale ragione, sarebbe vano anche il mio tentativo di chiedere a tale classe la cassazione della vecchia Legge di Tutuano. Pensa un po' se il Sommo dei Sacerdoti permetterebbe una cosa simile, dopo che non ho voluto accogliere la sua richiesta di grazia a favore di suo nipote Adrino! Sono certo che, da parte mia, sarebbe una sottomissione inutile, visto che essa darebbe soltanto a Chione la soddisfazione di ricambiarmi un secco rifiuto. Godian, se invece tu ci avessi espresso prima tale tuo desiderio, cioè quando la condanna a morte di Adrino non era stata ancora né firmata né eseguita, forse avremmo potuto trattare con il Sommo dei Sacerdoti l'abolizione della Legge di Tutuano. In tal caso, però, egli avrebbe preteso in contropartita la grazia per il suo scellerato nipote. Allora, nostro malgrado, avremmo dovuto concederla senza opporci. Ma sono convinto, figlio mio, che per te non sarebbe stato facile scendere ad un simile compromesso, facendo finta di niente. Al contrario, ugualmente non avresti accondisceso alla liberazione dello scellerato suo nipote Adrino, dopo che egli aveva fatto patire tantissimo la tua amata Flesia!"

Il principe Godian, che aveva seguito con molta attenzione il discorso paterno, aveva condiviso le sue ultime parole, per cui in piena onestà aveva voluto precisargli:

«Padre, hai interpretato bene il mio pensiero, circa lo scambio di favore che ci sarebbe dovuto essere tra noi e il Sommo dei Sacerdoti. Comunque, per nessuna ragione al mondo, avrei permesso che si graziasse l'essere schifoso, qual era Adrino!»

«In quel caso, figlio, tua madre ed io lo stesso ci saremmo dovuti preoccupare a causa tua, poiché sarebbe restato irrisolto il tuo problema. Il quale avrebbe sicuramente coinvolto sia la tua famiglia che l'intero popolo di Actina!»

«Non capisco, padre, da dove ti provengono tante preoccupazioni. Ti ho forse chiesto, ad un tempo, di diventare re di Actina e di sposare la mia Flesia? Non mi sembra affatto! Se mi hai ascoltato attentamente, ti ho fatto richiesta solo di una delle due cose, cioè quella di sposare la donna che amo. Se l’assurda legge del nostro progenitore mi vieta di diventare re di Actina, nel caso che io voglia sposare la mia ragazza, di certo essa non potrà vietarmi di prenderla in moglie, una volta che avrò rinunciato al trono della Città Santa. Perché, dunque, vuoi tanto complicare le cose? Ebbene, pur di sposare la mia Flesia, sono intenzionato a rinunciare in avvenire ad essere incoronato re della mia città. Tanto non ti manca un altro figlio maschio da farti succedere sul trono della nostra città. Anzi, egli sarebbe felicissimo di prendere il mio posto! La qual cosa dovrebbe liberarti da ogni imbarazzo e farti smettere di angosciarti, come adesso stai facendo. Lo vuoi capire?»

Avendo trovato di parte e completamente cinico il commento del suo prediletto primogenito, il sovrano di Actina si era sentito come se gli avessero pugnalato il cuore a più riprese. Per questo aveva tentato di opporsi al figlio con grande forza di persuasione, intervenendo nel colloquio con il seguente nuovo discorso:

“Semplice è per te esprimerti in questa maniera, mio caro Godian. Difficile invece è per me accogliere quanto mi proponi. Tu miri alla tua felicità, mentre io curo innanzitutto gli interessi del mio popolo. Se non è governato da un saggio sovrano, esso diventa vittima della tirannia oppure rovina nell'anarchia. Ciò accadrà anche al popolo di Actina, figlio, se non sarai tu a governarlo. Tu conosci il popolo actinese in tutte le sue espressioni psicologiche e spirituali, avendolo penetrato con il contatto diretto. Inoltre, possiedi le qualità che occorrono ad un re per governare saggiamente su di esso. Pensa un poco che disgrazia sarebbe per il popolo actinese, se, al tuo posto, fosse Verricio a salire sul trono della Città Santa! La sua tirannia lo massacrerebbe e lo ridurrebbe in tanti brandelli. Perfino tu e quelli che ti sono legati da un qualsiasi vincolo ne rimarreste vittime. L'odio verso di te in lui rimarrà inestinguibile ed inalterato, per essere stato la causa della morte del suo migliore amico. Sono sicuro che presto esso lo spingerebbe a vendicarsi di te e, trasversalmente, anche di coloro che godono il tuo amore o la tua amicizia. Insomma, dopo diverreste tutti quanti sue vittime designate! Ecco perché sto in pena, figlio mio, per il tuo proposito che non ci aspettavamo!»

«Invece io non desisto, padre mio, e vorrei che tu fossi dalla mia parte, ad evitare che io perda la mia felicità e la mia serenità!»

«Che tu sposi la più povera ragazza di Actina mi è assolutamente indifferente, visto che non trovo alcuna diversità tra questa ed una principessa. Ma che tu possa rinunciare al trono della tua città, per un qualunque motivo, allora sì che la cosa mi mette apprensione e mi fa avvertire sull'animo un peso enorme, il quale pesa anche in modo schiacciante sul mio cuore. Perciò, Godian, per il bene che ci vogliamo e per il rispetto che abbiamo l’uno verso l’altro, cerchiamo una soluzione, la quale a nessuno di noi due possa procurare una sofferenza così grande! Te lo chiedo, figlio mio, con tutto me stesso e con tutto l'amore che ho sempre nutrito per te fin dalla tua tenera età. Ricordo bene che già allora ti mostravi un ragazzo molto intelligente e abbastanza giudizioso.»

Neppure le nuove parole del padre erano riuscite a spingere Godian ad avere un ripensamento sulla propria decisione di sposare Flesia, per cui gli aveva risposto in modo ultimativo:

«Mi dispiace dirtelo, padre mio; ma il problema in causa non ammette soluzione alcuna, per cui sono convinto che sarebbe soltanto uno spreco di tempo tentare di risolverlo. Qui ci troviamo di fronte a questa difficile alternativa: o io divento re di Actina, senza sposare Flesia; oppure la sposo, senza diventare re della mia città. Ebbene, sappi che mi sono determinato a sposare la mia dolce ragazza e a rinunciare al trono della Città Santa. Mi dolgo profondamente per te, soffro per la tua terribile disperazione e per il futuro incerto degli Actinesi; però non mi sento di agire in modo diverso! La mia ragazza conta così tanto per me, che giammai riuscirei a rinunciare a lei, anche per la più importante delle ragioni! Per tale ragione, padre mio, a questo punto possiamo considerare chiuso il nostro colloquio, evitando di ritornarci ancora sopra!»

Così dicendo, Godian si era congedato dal costernato genitore. Ma egli era ignaro di quanto le sue parole lo avessero torturato, sommergendolo sotto una valanga di foschi presentimenti. Ovviamente, il padre aveva penato non per la presa di posizione del figlio; bensì per l'esistenza della Legge di Tutuano. Essa, a suo avviso, si manifestava tanto ingiusta per i re actinesi, quanto crudele e portaguai per la loro città.

Nel frattempo erano trascorsi già parecchi giorni, da quando si era appreso nella casa del medico Ipione che il giovane Peg non era altro che il principe Godian. Costui e Flesia si erano andati legando con un amore sempre più intenso e solido, con un desiderio di stare insieme sempre più forte ed ardente, con un'attrattiva sentimentale sempre più avvincente ed entusiasmante. In ognuno di loro, era avvenuta la completa trasfusione dello spirito dell'altro. Per il quale motivo, essi si bramavano come non mai ed irrinunciabilmente. Paghi soltanto di loro stessi, estasiati dalla loro travolgente passione amorosa, immersi nel loro clima di godimento ultraterreno, i due fervidi innamorati si estraniavano ormai del tutto dal loro mondo circostante. Quindi, non volevano più riconoscerlo in nessuna maniera, neppure nella loro vita reale, oltre che nelle loro aspirazioni più sublimi e nei loro sogni più beati, per sentirsi maggiormente legati l'uno all'altra in modo inseparabile. Dal canto suo, il re Nortano si era fatto prendere da forti tribolazioni, a causa dello stato di cose, che era venuto ad ingenerarsi in seno alla sua famiglia. Egli non voleva capacitarsi che un giorno potesse subentrargli sul trono di Actina il vizioso e corrotto Verricio, anziché il virtuoso ed integro Godian. Perciò si era lasciato ammalare ogni giorno sempre di più, fino a farsi sorprendere da un deperimento organico e psichico. Il quale, ogni giorno, si mostrava sempre più preoccupante. Allora la regina Cluna si era lasciata impaurire dallo stato di salute del marito, poiché esso si presentava sempre più gravemente compromesso. Perciò, visto che conosceva il vero motivo dello struggimento fisico e psichico del consorte, aveva stabilito di porvi riparo al più presto e a modo suo. Ossia, come tra poco apprenderemo.


Una sera, dopo che aveva visitato il sovrano per l'ennesima volta e gli aveva anche prescritto l'ennesima ricetta, il medico di corte si era congedato da lui. Quando era sul punto di lasciare la reggia, la sovrana Cluna lo aveva chiamato in disparte, poiché aveva intenzione di parlargli a quattr'occhi. Una volta che si erano trovati soli, gli aveva detto:

«Nobile Ipione, tu devi aiutarmi a salvare il mio ammalato marito, siccome non desidero che egli muoia. Ma prima che cominci a sfogarmi con te, esigo che tu mi faccia la seguente promessa: quanto ti sto chiedendo adesso dovrà restare per sempre un segreto tra noi due. Adesso te la senti di accontentarmi oppure no?»

«Me lo chiedi pure, mia regina? Per il bene del mio sovrano, darei perfino la mia vita! Dunque, parla e chiariscimi come intenderesti migliorare il suo stato di salute. Da parte mia, mi farò in quattro, al fine di appagarti con tutto me stesso! Inoltre, ti prometto che quanto mi dirai nessuno verrà a saperlo, specialmente il mio sovrano!»

La regina Cluna, incoraggiata dalla risposta ricevuta dal medico di famiglia, si era data a fargli le sue confidenze, senza nascondergli niente di niente e spiegandogli i veri motivi della malattia del marito. Così, dopo avergli riferito ogni cosa che riguardava il consorte, il quale ora si mostrava gravemente deperito, ella aveva concluso, affermandogli:

«Io non voglio che lo sventurato mio marito muoia di crepacuore. Quindi, dal momento che non si può ottenere proprio niente dal nostro testardo Godian, ho pensato di intervenire presso la buona Flesia. Perciò stasera stessa mi condurrai da lei, dopo che mio figlio se ne sarà ritornato alla reggia. Ma non voglio che qualcuno sappia della mia visita alla ragazza. Se Godian venisse a saperlo, la Città Santa lo perderebbe per sempre come suo re! Invece sono sicura che, solamente riuscendo a convincere Flesia a rinunciare a lui per i motivi che sai, il trono di Actina potrà sperare nel degno successore del mio Nortano. Altrimenti, tutto sarà perduto per la nostra città, per il nostro popolo e per mio marito, il quale non riesce a capacitarsene! Allora sei disposto ad accontentarmi, accompagnandomi a casa tua e facendomi incontrare con Flesia?»

Il medico Ipione, avendo compreso la sua pena, senza esitazione si era messo a completa disposizione della regina Cluna e l'aveva soddisfatta nel suo intento. Così, facendole prendere posto sulla propria biga, dopo che ella si era travestita alla meglio, aveva condotto la sovrana a casa sua, dove poi si era interessato di facilitarle l'incontro con Flesia.

Una volta accompagnata nella stanza della ragazza, dove poi era rimasta sola con lei, la sovrana le si era subito presentata:

«Mi riconosci, mia cara Flesia? Sì, sono io, la regina Cluna, la madre del tuo amato Godian. Senz'altro ti starai chiedendo il motivo della mia visita; ma non ti preoccupare, poiché lo saprai tra poco. Prima, però, devi giurarmi che giammai riferirai al nostro Godian l'incontro, che stasera sto avendo con te in questa stanza e che mi è stato facilitato dal medico, dietro mia espressa richiesta! Ma unicamente se sei disposta a giurarmelo, io vado avanti a parlarti.»

Dopo che Flesia le aveva fatto il suo giuramento, essendo stata colta da un lieve stato confusionale per la presenza della sovrana, costei aveva voluto farle sapere come stavano realmente le cose in casa regnante, attraverso il seguente commovente discorso:

"Brava, Flesia, sei stata molto comprensiva; ma lo sapevo che me lo avresti giurato! Adesso, quindi, veniamo a noi. Devi sapere che mio marito Nortano si è molto ammalato e le sue condizioni di salute vanno peggiorando di giorno in giorno. Il medico Ipione, sebbene faccia l'impossibile, con le sue cure non riesce a guarirlo in alcuna maniera. Vuoi conoscere la causa, per cui egli non si rimette in sesto? Ebbene, il male di mio marito non è di natura fisica, bensì di natura psicologica. Ciò vuol dire che esso gli proviene dalla grande preoccupazione che un giorno la Città Santa non avrà sul suo trono il re che merita. Ti stai chiedendo perché mai? Adesso te lo spiego. Godian, scegliendo di sposare te, si precluderà la nomina a re di Actina, visto che lo priverà di essa la Legge di Tutuano. La quale in Actina vieta ad un re il matrimonio morganatico, cioè quello che viene contratto tra un sovrano ed una donna che non è una principessa. Allora mio figlio, pur di sposarti, ha espresso al padre la volontà di rinunciare al trono di Actina. Tale sua decisione ha arrecato al genitore un immenso dolore, che lo sta consumando poco alla volta. Perciò, se nel frattempo non si troverà un rimedio, egli ne morirà.

Mio marito, beninteso, non ce l'ha con te, amabile Flesia; egli è solo contro l'infame Legge di Tutuano, quella che non consentirebbe al suo primogenito di diventare re della propria città, se ti sposasse. Per lui, Godian è la persona giusta per regnare sul popolo di Actina, poiché esso riscuoterebbe dal suo saggio governo prosperità e benessere. Invece le stesse cose non si otterrebbero, se sul trono di Actina ci finisse il fratello Verricio! Non credi pure tu che non possiamo far morire mio marito e condannare Actina a tale terribile disgrazia?"

In seguito, la rimanente parte del suo discorso praticamente era diventata, per la triste ed angosciata sovrana, una supplica accorata. Ella l'aveva rivolta alla fidanzata del suo primogenito con le lacrime agli occhi e stando prostrata ai suoi piedi, proprio come se fosse stata una sua ancella. Il cui contenuto viene riportato qui di seguito:

"Mia buona e ragionevole Flesia, ti prego, nel nome del divino Matarum, di smettere di amare mio figlio, poiché in questo modo farai pure guarire il mio povero marito. Se Godian continuerà ad amarti, la morte la spunterà sul mio buon Nortano, mentre il popolo di Actina verrà a languire nella tirannia. Nelle tue mani, quindi, sono riposte l’integrità fisica del genitore del tuo fidanzato e la salvezza del nostro popolo actinese. Tu sola puoi recare all'uno la guarigione ed assicurare all'altro la serenità e la libertà di espressione. Sono convinta che, se in te verrà meno l’amore per il tuo Godian, neanche in lui ce ne sarà più per te. Allora ogni cosa si aggiusterà e continueranno ad esserci la tranquillità nella mia famiglia e il benessere nel popolo di Actina. Perciò ti supplico di adoperarti in questo senso, responsabile ragazza! Comprensiva Flesia, sacrifica il tuo amore per il benessere del popolo di Actina, del quale fate parte anche tu stessa e i tuoi familiari! Pensa un poco che cosa avverrebbe, se lo governasse Verricio! Tu stessa hai avuto modo di conoscerlo e non credo proprio che egli ti abbia ispirato fiducia e simpatia. Anche le altre sue amicizie non sono migliori di quella del defunto Adrino, del quale hai già sperimentato la perfidia. Inoltre, temo che il mio secondogenito, una volta che sarà incoronato re della sua città, possa vendicarsi del fratello, essendo stato lui la causa principale della morte del suo migliore amico. Così, senza scrupoli, potrebbe pure commissionare il suo assassinio, oltre che intervenire contro i suoi migliori amici e contro tutte le persone che sono legate a lui affettivamente!"

Flesia, essendosi fatta commuovere dalla piangente ed implorante sovrana, l'aveva prima aiutata ad alzarsi da terra, siccome non considerava giusto che la sovrana di Actina assumesse tale posizione davanti a lei. Dopo le aveva dichiarato assai preoccupata:

«Mia nobile regina, comprendo quanto danno io stia procurando al re Nortano e all'intero popolo di Actina. Ma il mio amore per tuo figlio è tale, quale non immagineresti mai! Non mi è possibile cessare di amare Godian. Smettere di amarlo, per me, sarebbe come compiere uno sforzo sovrumano; mentre chiedermi di rinunciare al suo amore è come pretendere da me l'impossibile. L’uguale amore è in Godian verso di me! Non voglio però essere considerata da nessuno la responsabile della morte del padre di Godian e della perdita della libertà di espressione, da parte del popolo actinese. Queste cose mi procurerebbero un rimorso grandissimo, per poterlo sopportare in seguito, per cui non sopravvivrei ad esso. Scorgo già la mia coscienza affollarsi di strani presentimenti, che la vanno privando di ogni serenità. Sappi che la mia situazione si presenta ingarbugliata, senza né uno sbocco né una via di scampo. Ad una mia prima valutazione della vicenda, non riesco ad intravedere uno spiraglio di speranza, da cui possano provenirmi un aiuto e un conforto!»

La regina, da parte sua, tenendosi stretta al suo radicato egoismo e senza curarsi della ragazza, aveva continuato ad incalzarla, fino ad asserirle con alquanta spregiudicatezza:

«Non scoraggiarti, mia cara Flesia, poiché a tutto c'è un rimedio! Vedrai che alla fine, anche tu sarai in grado di trovare quello che riterrai più giusto per risolvere il problema che attualmente sta coinvolgendo te e mio figlio Godian. Se rifletterai di più sulla vostra relazione, sono sicura che alla fine arriverai a trovare la soluzione ad esso. Ciò che conta è che tu, per il bene di tutti, riesca ad allontanare da te il mio primogenito!»

La visita della regina Cluna, che le aveva parlato con un linguaggio crudo e paralizzante, aveva sconvolto la povera Flesia, facendola andare molto giù di morale. In un certo senso, le aveva soppresso la voce e compresso il cuore, troncandole il respiro in gola. In ultimo, l'aveva costretta ad andare a letto senza sentire il bisogno di cenare. Anzi, le aveva ispirato esclusivamente disgusto per ogni cosa che si andava inserendo nell'orbita della sua percezione e del suo esistere. Quanto alla sopravvenuta notte, essa non le era risultata per niente riposante. Continue idee fisse le si erano accavallate nella mente senza sosta e l'avevano sottoposta alla loro azione logorante. Incubi feroci ed allucinanti le si erano presentati per torturarla, facendole apparire quella notte ancora più macabra ed ossessionante. Prima le era sembrato perfino di precipitare in un baratro, che sprofondava paurosamente nelle viscere della terra. Dopo, invece, si era vista aggredire al volto da un gatto inferocito, il quale le aveva cavato gli occhi dalle orbite, rendendola cieca. Infine aveva scorto davanti a sé il suo Godian, che si mostrava a lei con il viso insanguinato e con entrambe le braccia monche. Allora quest'ultima visione le era apparsa talmente raccapricciante, che le aveva fatto perfino emettere un forte grido di spavento, obbligandola a svegliarsi di colpo.

Nelle poche ore di lucidità mentale, i momenti da lei trascorsi non le erano risultati meno brutti ed intransigenti. Il pensiero di un suicidio aveva iniziato a circolare nella sua testa come un qualcosa di indispensabile, al quale non poteva sottrarsi. Anzi, lo aveva considerato l'unica soluzione giusta e possibile, al fine di venire fuori da quella sua insostenibile situazione spinosa. Secondo il suo ragionamento, solo con la propria morte il suo Godian sarebbe diventato re di Actina. In questo modo, pure il popolo della Città Santa avrebbe usufruito di un governo saggio; nonché avrebbe visto svanire il timore della tirannia, il quale per il momento costituiva soltanto uno spauracchio. All’inizio la morte l'aveva atterrita, solo a pensarla; ma ella si era sforzata di non temerla e di invocarla come una propria sorella liberatrice. Ormai la pace non sarebbe potuta più esistere in lei e per lei. La sua vita sarebbe stata tormentata dalla mancanza dell'amore del suo Godian oppure dal rimorso spietato di essere stata lei la causa della morte del sovrano Nortano e la futura rovina del popolo actinese.

Infine era spuntata l'alba; ma essa, fin dall'inizio, aveva preannunciato un giorno di lutto nella casa del medico Ipione! Sì, per Flesia quello sarebbe stato quasi sicuramente l'ultimo giorno della sua vita, avendo ella stabilito di dare l'addio alla sua città e di liberarla della propria scomoda presenza. Infatti, la ragazza si era decisa a dissolvere le sue pene e le sue angosce nel tenebrore della morte. Così facendo, ella avrebbe posto termine per sempre a quella che si preparava a diventare per lei una esistenza priva di felicità e di tranquillità. Oramai la figlia di Alisto si era convinta che quello era l’unico modo di allontanare da sé il suo amato Godian. Inoltre, l'ordine categorico della regina, la quale le aveva ingiunto di fare qualunque cosa fosse stata necessaria per allontanare da sé il suo amato, l'aveva aiutata ad aprire bene gli occhi e a meditare nel modo giusto. Anzi, prendendola per mano, l’aveva accompagnata direttamente sull'orlo del suicidio. Perciò Flesia aveva compreso quale decisione era da prendersi da parte sua, se non voleva essere causa di due gravissimi danni, ai quali non riusciva a non pensare.