227°-IL DIABOLICO PIANO DI SIGRID

La sera seguente il nobile Adrino aveva convocato nel suo salottino privato Sigrid, che poteva definirsi la sua ombra. Insieme con lui, magari facendo un nuovo tentativo, intendeva cercare il modo di liberarsi dell'invincibile fidanzato della ragazza. Il quale era stato perfino in grado di far subire uno scacco al principe Verricio, sebbene costui fosse considerato il secondo spadaccino di Actina. Così, non appena il suo uomo gli si era presentato, il nipote del Sommo dei Sacerdoti si era dato a dirgli:

«Sfortunatamente per noi, Sigrid, anche l'ultima carta da noi giocata non ha dato i frutti che speravamo! A questo punto, mi risulta difficile pensare che si possa battere un'altra strada, senza subire un ulteriore smacco. Secondo te, cos’altro è possibile ancora tentare, al fine di riuscire a raggiungere il nostro obiettivo, senza andare incontro ad un’altra sconfitta? Allora ti senti in grado di suggerirmi qualcosa in merito?»

«Per il momento, mio nobile Adrino, non so quale suggerimento darti per risolvere il nostro serio problema; ma ti prometto che mi metterò a pensare circa la sua soluzione durante le ore notturne, poiché è risaputo che la notte porta consiglio. Vedrai che, per domani mattina, ti avrò approntato un piano infallibile, il quale risulterà di tuo gradimento!»

Il giorno dopo, come gli aveva promesso, Sigrid si era presentato al nobile Adrino di buon mattino, avendo da riferirgli sul piano da lui escogitato durante la nottata. A suo giudizio, esso era da considerarsi l'opera di un vero genio. Per questo, una volta che si era ritrovato in sua presenza, aveva incominciato a parlargli in questo modo:

«Eccomi a te, mio generoso padrone, con il piano che ti avevo promesso ieri sera! Dopo che ne sarai venuto a conoscenza, sono convinto che lo giudicherai uno stratagemma geniale. Anzi, lo riterrai degno della tua più grande ammirazione e, di conseguenza, anche meritevole del tuo elogio. Dunque, ti prego di porgermi la tua attenzione, se non vuoi che ti sfugga neppure una virgola del mio rapporto. Così ti potrai godere l’intero mio piano nella sua efficienza e nella sua ingegnosità!»

«Certo che ti ascolterò con la massima attenzione, Sigrid! Ma tu cerca di sbrigarti nell’espormi il piano da te ideato. Adesso che mi hai incuriosito tantissimo, spero proprio che esso sia favoloso, come mi stai facendo credere! Per questo non vedo l'ora di conoscerlo!»

Allora, quasi si trattasse di un'opera uscita dalla mente di un superuomo, Sigrid si era dato ad illustrargli il piano da lui progettato durante la notte, servendosi delle seguenti parole:

«Mio nobile padrone, come è da noi risaputo, nel perseguimento del nostro obiettivo, il più grande ostacolo è rappresentato dal fidanzato della ragazza, che ci rende difficile il suo rapimento. Egli è senz'altro un osso duro da abbattere e, fino ad oggi, ha sempre vanificato ogni nostra iniziativa rivolta a rapire la colombella che ti interessa. Quindi, come nostra prima mossa, dobbiamo mirare a metterlo fuori gioco. Ti starai chiedendo come possiamo ottenere tale risultato, mentre vieni preso da un'ansia smaniosa, poiché la sua neutralizzazione ci sta tanto a cuore. Non è forse vero? Ebbene, in una maniera che non riusciresti mai ad immaginare, che ci metterà in grado di conseguire il nostro intento!»

«Hai proprio ragione, Sigrid, visto che già me lo domando! Perciò ci tengo ad apprendere da te come faremo a liberarci di quel dannato diavolo, il quale per noi rappresenta il grosso scoglio da superare!»

«Nobile Adrino, eccoti spiegato come ci sbarazzeremo di lui. Innanzitutto, tenendolo sotto controllo, aspetteremo che egli vada a trovare la sua bella al palazzo del medico Ipione. Quando ciò sarà avvenuto, faremo scattare la nostra prima mossa. Ossia, ci presenteremo al sovrintendente alle carceri e gli racconteremo che sei stato rapinato da uno sconosciuto, il quale poi si è dato alla fuga. Ma essendo stato egli inseguito da me, alla fine sono riuscito a vedere in quale palazzo il ladro ha trovato rifugio. Dopo la nostra denuncia, Oldrisio dovrà mettere a mia disposizione un drappello di gendarmi, perché io li conduca all'arresto del nostro ladro. Allora che ne dici? Esso potrebbe funzionare?»

«In un certo senso, sì, Sigrid. Ma se Oldrisio si rifiutasse di ubbidirmi, negandomi l’intervento dei suoi gendarmi nel palazzo del medico Ipione? Questo lo hai messo in conto? Tutto può succedere nella vita!»

«Invece sono sicuro che l’autorevole gendarme si metterà immediatamente a tua disposizione, anche se ti serba ancora un forte rancore, dal giorno che lo facesti fustigare dal tuo amico principe! Perciò, secondo me, egli eviterà di opporsi alla tua legittima richiesta.»

«Pur ammettendo che non ci sarà da parte sua alcuna opposizione, astuto Sigrid, mi spieghi che cosa dovrà avvenire in seguito? Ti prego di andare avanti a parlarmi del tuo piano, poiché non sono ancora riuscito a comprendere completamente dove vorresti arrivare con questa tua prima mossa. Sei pregato di spiegarmelo meglio, per favore!»

«Con i soldati messi a mia disposizione dal sovrintendente alle carceri, mi condurrò alla casa di ’Ipione, dove indicherò l'audace protettore della ragazza quale tuo rapinatore. Così egli verrà arrestato ed imprigionato. Durante il processo, non credo che la sua parola varrà più della tua! Per cui, dopo che sarà ritenuto colpevole di borseggio, lo condanneranno ad almeno tre anni di galera. Agendo in questo modo, metteremo lo stesso medico da strapazzo in cattiva luce agli occhi del re Nortano. Egli sarà pure biasimato dal sovrano di Actina, per essersi dato ad ospitare nella sua casa dei ladri, proteggendoli. La qual cosa, come vedi, ci farà ottenere anche un secondo risultato, che non è poco!»

«Sigrid, non mi basta il solo biasimo del re per il medico Ipione! Perciò ti chiedo dopo come ci regoleremo con la sua famiglia. Il piano, da te considerato grandioso, prende anch’essa in considerazione?»

«Al medico Ipione e alle sue figlie ci interesseremo in un secondo momento, nobile Adrino. Per il momento accontentiamoci di sbarazzarci del fidanzato della ragazza, la quale fino adesso ti ha fatto solo venire l’acquolina in bocca. Ma ti prometto che, più in là nel tempo, farò intervenire nella casa del medico un nutrito manipolo di facinorosi per fargli rapire la ragazza e per servirtela su un piatto d’argento.»

Una volta ascoltato il piano del suo uomo di fiducia, il nobile Adrino si era stupefatto per l’indubbia genialità, che egli aveva saputo dimostrare con esso. Perciò, rivolgendosi a lui, si era dato ad esclamargli:

«Il tuo stratagemma è davvero formidabile, mio Sigrid, per cui mi soddisfa molto! Sono sicuro che non ne avresti potuto architettare uno migliore! Quando deciderai di fare assaltare il palazzo di Ipione, ho l'impressione che ti ordinerò il rapimento di tre colombelle, anziché di una sola. Devo confessarti che anche le due figlie del medico mi fanno gola da morire, essendo entrambe niente male! Le immagino già ad appagare tutte le mie voglie, quasi fossero entrambe delle vere ninfomani!»

«Generoso padrone, conosci già il mio motto, che è sempre lo stesso: "Tu comandi, io ubbidisco!" In me c'è sempre il piacere di eseguire tutti i tuoi vari ordini. Naturalmente, per la mia indubitabile fedeltà che ti vado dimostrando da una vita, spero che, quando il nostro scopo sarà raggiunto, qualche briciola toccherà anche a me, considerato che me la sarò faticata e meritata! Non ho ragione forse? Comunque, non dubito che sarai generoso con me, pure quando giungerà tale momento!»

«Mio fido Sigrid, credi che io non sappia che nemmeno tu sei privo di virilità ed hai bisogno di soddisfarla, dando ad essa il giusto sfogo? Sarei uno sciocco, se non fossi a conoscenza che certe esigenze sono avvertite anche da te! A questo proposito, ti prometto che, quando la missione sarà portata a termine, ti ricompenserò munificamente pure in tal senso, mettendoti a disposizione una delle tre giovani donne da noi fatte rapire! Parola del nobile Adrino, che è il tuo prodigo padrone!»

Dopo la loro conversazione, i due marpioni si erano accordati che Sigrid avrebbe fatto la posta alla volpe, allo scopo di vederla recarsi alla sua tana. Soltanto allora essi si sarebbero mossi per farla catturare dai segugi del re Nortano, che erano al comando di Oldrisio. Così già l’indomani si era presentata l'occasione buona che loro due stavano aspettando. Infatti, il giovane Godian, com'era sua abitudine, si era recato di buon mattino al palazzo del medico Ipione, dove la sua dolce Flesia si era ormai sistemata stabilmente insieme con la sua intera famiglia. A quel punto, il nobile Adrino, seguito dal suo Sigrid, aveva raggiunto il sovrintendente alle carceri e gli aveva ordinato con prepotenza:

«Presto, Oldrisio, poni immediatamente al comando del mio uomo di fiducia molti soldati, poiché bisogna procedere all'arresto di un pericoloso ladro, il quale, dopo avermi derubato, si è dato alla fuga. Ma il mio braccio destro, avendolo inseguito, è riuscito a conoscere il posto dove egli si è rifugiato. Perciò sa dove scovarlo. Dunque, se non vuoi che la frusta del principe Verricio schiocchi ancora una volta sulla tua groppa, sbrìgati ad eseguire il mio ordine! Inoltre, mio caro rubapane, cerca di non lesinare sul numero dei gendarmi da mettere a disposizione del mio Sigrid. Sappi che voglio essere certo che il furfante non vi sfugga, ma venga invece catturato e condotto a marcire in una lurida cella!»

L'ordine del nobile Adrino, essendogli stato impartito in una cornice di pesanti ingiurie, aveva provocato nel sovrintendente un afflusso di sangue alla testa. Egli, perciò, avrebbe voluto conciarlo per le feste, considerata la furia che avvertiva dentro di sé in quell’istante! Ma poi, consapevole che non ce l'avrebbe spuntata contro il nobile, essendo il nipote del Sommo dei Sacerdoti e l'amico del principe Verricio, aveva tenuto a freno il suo sdegno. Quando infine era ritornato ad essere un po’ calmo, dopo aver fatto uno sforzo inverosimile per diventarlo, aveva risposto pacatamente all’astioso aristocratico:

«Se è vero che spetta a noi tutelare l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, è altrettanto vero che nessuno di loro può imporcelo con la prepotenza, ossia come stai facendo tu adesso, nobile Adrino. Inoltre, voglio farti presente che, quella volta che il principe Verricio si azzardò a frustarmi impunemente, entrambi riusciste a spuntarla, soltanto perché il principe Godian si trovava assente da Actina. La sua lontananza dalla nostra città facilitò all'illustre tuo zio Chione il compito di convincere il re Nortano a lasciar perdere, poiché era implicato pure il suo secondogenito. Ma non so come voi due ve la sareste cavata, se in quella circostanza si fosse trovato a corte il principe ereditario, che impersona la vera giustizia, per cui neppure il padre avrebbe osato opporglisi!»

«Allora vuoi dirmelo tu, Oldrisio, come ce la saremmo cavata io e il mio amico principe? Sono desideroso di apprenderlo da te, che dimostri di sapere tutto, perfino le cose più inimmaginabili!»

«Certamente, non bene, nobile presuntuoso! Oggi osi minacciarmi di farmi subire lo stesso torto di allora, mentre il principe Godian si trova a corte. Ebbene, vediamo se ne hai il coraggio e se la tua presunzione si azzarderà a sfidare l’integerrimo erede al trono. Egli sì che è la personificazione della giustizia e non la farebbe passare liscia neanche al fratello, a costo di contrariarsi suo padre! Quando ritiene giusto un suo provvedimento, nessuno riesce a dissuaderlo da esso. Neanche il padre re Nortano si azzarderebbe a non avallare un suo provvedimento! Naturalmente, perché egli è al corrente del suo alto senso di giustizia!»

«Adesso basta con le tue inutili chiacchiere, sciacallo!» lo aveva interrotto il protervo Adrino «Bada soltanto a mettere a disposizione del mio Sigrid un drappello di soldati, dal momento che è ciò che sono venuto a pretendere da te, in questa speciale circostanza!»

«Allora, per la cattura di un solo uomo, una decina di gendarmi sono più che bastevoli.» gli aveva fatto presente Oldrisio «Anzi, a mio giudizio, forse essi costituiscono già un numero esagerato! Comunque, facciamo finta che i ladri siano due, per cui li si possono giustificare. Ma non sono disposto a superare tale numero: neppure di una sola unità!»

«Invece gliene metterai a disposizione non meno di cinquanta, considerata l'alta pericolosità del delinquente. Egli deve essere arrestato a qualsiasi costo!» si era opposto energicamente il nobile Adrino, mentre mostrava due occhi che quasi gli uscivano dalle orbite, senza però riuscire ad intimorire in qualche modo Oldrisio.

«Come ti ho detto prima, dieci soldati sono già troppi per arrestare un solo delinquente e perciò mi rifiuto di aggiungerne altri quaranta al suo seguito. Prendere o lasciare, come si suol dire in gergo!» aveva insistito il sovrintendente alle carceri.

A quel punto, il nipote del Sommo dei Sacerdoti, prendendosela a male, era diventato abbastanza furioso. Dopo, guardandolo biecamente, si era messo a gridargli:

«Dimmi, fannullone: Vuoi che mi rivolga al mio amico, il principe Verricio, per ottenere ciò che pretendo da te? Desideri davvero che egli ti faccia passare ancora un altro brutto quarto d'ora, come quel giorno di tanto tempo fa? Perciò smettila di scocciarmi con le tue sciocche considerazioni su futili cose ed esegui all’istante ciò che ti ho ordinato!»

Le nuove parole di minaccia del suo peggior nemico alla fine avevano persuaso l'impaurito Oldrisio ad accondiscendere malvolentieri alla sua richiesta, anche perché non se la sentiva di sfidarlo. Così, dopo avere ottenuto quanto aveva chiesto al soprintendente Oldrisio, il nobile Adrino aveva abbandonato le carceri, all'esterno delle quali si era anche separato dal suo uomo fidato. Prima, però, gli aveva raccomandato di fargli sapere al più presto a casa il risultato dell'avvenuta retata nel palazzo del medico da parte dei gendarmi e il conseguente arresto del fidanzato della ragazza. Quanto al buon Oldrisio, dopo aver raggiunto il suo ufficio e si era ritrovato tutto solo, appariva con l'animo inquieto, poiché in lui si agitava molta pena. Il nuovo maltrattamento, che aveva dovuto subire da parte del nipote del Sommo dei Sacerdoti davanti ad alcuni suoi subalterni, gli aveva portato via la pace interiore, siccome esso lo aveva fatto sentire un'autentica nullità. Per questo il poveretto adesso si andava domandando se era giusto che una persona della sua posizione sociale, soltanto perché non era un aristocratico, dovesse essere umiliato in quel modo da un abietto patrizio. Certo che no! Allora Oldrisio aveva deciso di non lasciar più correre e di ribellarsi a quel sadico ed abominevole essere, il quale gli era causa di continue intossicazioni da crepacuore. Senza meno, questa volta ne avrebbe parlato con l'amico principe Godian. Secondo lui, l’erede al trono della Città Santa sarebbe stato felice di rendergli giustizia, dando una pubblica strigliata al prepotente Adrino e costringendolo a non importunarlo più!


Nel frattempo il principe Godian aveva raggiunto il medico, poiché costui poco prima aveva chiesto di lui alla sua ragazza, avendo bisogno di fargli una sua ottima proposta. Ma prima egli si era voluto trattenere un'oretta insieme con l’amata Flesia, durante la quale si era dato ad amoreggiare con lei. Entrambi erano abituati ad esprimersi in quel modo, ogni volta che avveniva un loro incontro, poiché lo avvertivano come un’intima esigenza. Adesso che si era presentato al padrone di casa, costui, dopo averlo accolto cordialmente com'era abituato a fare, senza sprecare tempo, aveva iniziato a fargli un tale parlare:

«Ti avevo cercato, mio valoroso Peg, per chiederti se mi permettevi di assumerti al mio servizio. Ma visto che sei qui e conosci pure il motivo per cui andavo in cerca di te, quale risposta mi sai dare a tale riguardo? Sappi che, per il tuo servizio, sono disposto a pagarti qualunque somma vorrai chiedermi, per cui la lascio decidere a te. La mia casa ha bisogno di una persona onesta, la quale, nello stesso tempo, si dimostri anche un indubbio esperto d'armi del tuo valore. Per intenderci meglio, sto cercando proprio un uomo che abbia le tue medesime referenze, dovendo egli proteggere la mia famiglia giorno e notte da visite di malintenzionati. Soltanto tu possiedi quei requisiti, che non potrebbero mai deludere le mie aspettative. Come sai, anche la tua Flesia e i suoi genitori sarebbero lietissimi, se tu accettassi la mia eccellente proposta!»

«Non dubito, mio nobile Ipione, che tanto la mia ragazza quanto la sua famiglia proverebbero una contentezza infinita ad avermi qui insieme con loro, giorno e notte. Ma non posso accettare nel modo più assoluto la tua proposta. Non ti risulta forse che io già trascorro l'intera giornata nella tua casa, senza pretendere alcun salario? Quindi, dovresti essere soddisfatto, se ti servo lo stesso per buona parte del giorno, senza ricevere in cambio alcun corrispettivo in denaro!»

Era stato a quel punto che si era fatto avanti uno degli uomini, che erano di vigilanza al portone di ingresso. Egli era venuto ad annunciare al medico che una cinquantina di soldati del re Nortano insistentemente chiedevano di accedere all'interno del suo edificio, per cui si faceva fatica a trattenerli. A quell'annuncio imprevisto, il principe Godian e il nobile Ipione non avevano avuto nemmeno il tempo di domandarsi di che cosa potesse trattarsi, quando avevano udito alcune voci che provenivano dal piano terraneo. Esse andavano ordinando a tutti di uscire dagli alloggi e di radunarsi celermente nel cortile del palazzo, se non volevano essere tratti in arresto e diventare stabili ospiti di una cella.

In seguito al chiasso provocato dai gendarmi, il medico e il principe, senza perdere tempo, avevano lasciato la sala di ricevimento ed erano accorsi giù dabbasso. Essi intendevano rendersi conto di ciò che in realtà stava succedendo a pianterreno. Allora vi avevano trovato quanti convivevano nel palazzo già ammassati al centro del cortile. Tutti loro si andavano anche chiedendo increduli e trepidanti che cosa significasse quel loro forzato raduno, al quale li avevano obbligati i soldati con modi sgarbati. Ma quelli che ne avevano tremato di più erano stati Flesia e i suoi familiari, avendo riconosciuto in chi disponeva dei soldati il loro persecutore di sempre. Secondo loro, il malvagio di sicuro era venuto a far del male al loro Peg! Anche il principe Godian lo aveva riconosciuto; ma egli, al contrario di loro, ne aveva oltremodo gioito. Finalmente quel verme si era rifatto vivo, cadendo nella trappola da lui stesso preparata. Perciò gli avrebbe fatto pagare tutto il male che aveva arrecato alla sua Flesia! Ma prima gli avrebbe fatto sputare il nome del suo infame padrone, il quale si stava dimostrando un verme più schifoso di lui!

Ipione, invece, si era presentato ai gendarmi con un umore alquanto diverso. Nel vederli operare un accerchiamento, aveva fatto le sue rimostranze ed aveva preteso dagli uomini di Oldrisio delle spiegazioni circa la loro violazione di domicilio. Ma non gli era stata data alcuna risposta da nessuno; anzi, era stato fatto parlare e minacciare invano, quasi fosse stato un cittadino senza nessuna autorevolezza. Quando infine i soldati avevano terminato di accerchiare i presenti, l’uomo che li guidava, indicando senza errori il principe Godian con l'indice della mano destra, aveva gridato:

«Ecco là la persona che dovete arrestare, quella che si trova alla sinistra del medico! È lui che ha derubato il mio nobile padrone Adrino! Presto, dategli addosso e conducetelo celermente nelle carceri!»

Il nobile Ipione, però, non era stato d’accordo con quell’ordine, essendo convinto che si era trattato di una svista bella e buona. Perciò aveva cercato di opporsi ai soldati.

«Fermi dove siete, gendarmi!» era intervenuto a minacciarli «Prima voglio sapere che tipo di colpa gli si addebita, per meritarsi l'arresto da parte vostra. Riferitemi, quindi, quale reato siete venuti a contestargli, prima di trarlo in arresto! Badate che ho la mia grande influenza a corte, presso il re Nortano! Ma questo voi già lo sapete, senza essere io a farvelo presente. Perciò un vostro abuso di potere, nei suoi confronti, ve lo farei pagare così salatamente, che neppure immaginate! Vi rammento che già c'è stato da parte vostra un abuso, nel violare la mia proprietà senza un regolare permesso del principe Godian, il quale è la persona preposta all’amministrazione della giustizia in Actina!»

La minaccia del medico di corte aveva trattenuto i soldati dall'agire come stavano facendo. Conoscendo la sua indiscussa notorietà e la sua amicizia con il loro superiore, essi avevano avuto paura di recargli qualche torto ingiustificato. Nello stesso tempo, con i loro sguardi indecisi fissavano Sigrid. Costui, da parte sua, riprendendo a parlare, si era dato a rispondere con la solita insolenza al padrone di casa:

«Egli è un ladro! Stamani ha derubato il nobilissimo Adrino. Tu, invece, medico da strapazzo, prepàrati a rendere conto al re Nortano della tua sporca abitudine di prendere a tuo servizio sia ladri che delinquenti. Voglio vedere come farai a cavartela, quando il mio illustre padrone ti dipingerà a corte, quale veramente sei! Sono certo che tra poco ci saranno molti guai anche per te, esattamente quando si saprà che assumi al tuo servizio delle persone, le cui referenze sono più che negative!»

Le parole del mentitore Sigrid avevano raffreddato un po' il medico Ipione, rendendo più debole la sua reazione. Egli, non sapendo che pesci pigliare di fronte a quell'accusa così ignominiosa, si era rivolto a Godian, che per lui era soltanto l'intrepido Peg e il fidanzato di Flesia, e lo aveva pregato di chiarire la sua posizione ai gendarmi.

«Diglielo anche tu, mio buon amico,» lo aveva invitato a difendersi «che quanto egli sostiene nei tuoi confronti è del tutto falso! Deve esserci di sicuro un complotto contro di te, se si continua a perseguitarti, soltanto perché difendi la tua ragazza a spada tratta da chi vorrebbe rapirla ed abusare di lei, contravvenendo alla legge! Anzi, adesso finalmente sappiamo anche di quale sporco nobile si tratta! Ma egli non riuscirà ad averla vinta, come crede: te lo prometto!»

«Certo che è falso, nobile Ipione! La sua è una spudorata menzogna. Egli, infatti, è l’uomo che ha tentato di rapire diverse volte la mia Flesia, rendendole la vita tribolata sotto diversi aspetti! Ma sono io a garantirti che da oggi il delinquente, insieme con il suo padrone, smetterà di farle del male, poiché non ne avrà più la possibilità!»

«Adesso capisco il suo gioco, Peg. Egli è alle dipendenze del nostro comune nemico, il quale sta cercando ciò che ha desiderato in questi giorni, cioè riuscire a prendere due piccioni con una fava. Invece noi, per come si sono messe le cose, non possiamo più accusare l'ignobile Adrino di tentato rapimento, siccome nessuno crederà alla nostra parola. Anzi, si convinceranno che la nostra intenzione è quella di diffamarlo con l'unico scopo di evitarti la galera e di non perdere l’ottima reputazione che godo a corte. Non è giusto, però, che la vicenda prenda alla fine questa piega erronea, la quale non è conforme al vero!»

«Invece non abbiamo nulla da temere, mio nobile Ipione.» Godian aveva tentato di rassicurare l'abbattuto medico «Il pestifero Adrino ignora che uno dei piccioni non è cibo per i suoi denti. Esso lo farà crepare, nel momento stesso che deciderà di assestargli il primo morso. Ecco come la vedo io, in questa turpe vicenda, che sta per giungere alla fase conclusiva! Ti giuro che sarà esattamente così!»

«In verità, Peg, non ho capito a chi ti sei voluto riferire, quando hai parlato del piccione che gli risulterà sgradito. Oso pensare che dovrei essere io ad operare un simile miracolo! Al contrario, per come si sono messe le cose, se prima potevo rappresentare per lui il piccione dannoso, come mi hai definito, adesso non mi sarà possibile reagire in qualche modo contro quel porco, al fine di aiutarti. Anzi, è in gioco la mia stessa reputazione, se ci tieni a saperlo!»

«Aspetta e vedrai, illustre medico!» gli aveva risposto il giovane «Tra poco farò intervenire il mio amico Oldrisio, il quale è il sovrintendente alle carceri. Così gli farò arrestare il mio falso calunniatore, che è davanti a noi. Vedrai come egli accorrerà senza indugio a casa tua, quando lo manderò a chiamare perché giustizia sia fatta in questo stesso luogo!»

«Per amore del cielo, Peg, non tirare in ballo pure il sovrintendente alle carceri! Sappi che Oldrisio non potrebbe nulla contro il nostro comune nemico! Anzi, sono sicuro che lo metteresti soltanto nei guai, dal momento che anch'egli è molto antipatico al nobile Adrino e al suo amico principe Verricio! Perciò astieniti dal tirarlo in ballo, per favore!»

Ma prima che il medico terminasse di scongiurarlo di non coinvolgere anche il sovrintendente in quella faccenda, per non danneggiare la sua carriera, Godian aveva già iniziato a svelare ai gendarmi, che avevano acconsentito che egli parlasse:

«Non sapete, guardie carcerarie, che il vostro superiore Oldrisio mi conosce? Dovete sapere che sono il suo carissimo amico Peg. Un giorno egli mi disse che, se qualcuno dei gendarmi alle sue dipendenze si fosse azzardato a mettermi anche un solo dito addosso, avrebbe dovuto fare i conti con lui. Io non vi obbligo a credermi sulla parola, dato che chiunque potrebbe vantarsi di essere amico del sovrintendente alle carceri di Actina. Ma con il solo scopo di tranquillizzarvi, voglio darvi delle prove certe. Perciò vi prego di controllare immediatamente se le mie affermazioni sono veritiere. Anzi, vi sarei grato, se lo faceste intervenire qui di persona, prima di arrestarmi e di mettervi nei guai! Allora me lo fate questo favore, che vi impedirebbe di aggravare la vostra posizione?»

La proposta di Godian era stata accettata, oltre che dai gendarmi titubanti, perfino dal malizioso Sigrid. Quest'ultimo, però, l'aveva accolta per un fine prettamente perfido, siccome mirava ad implicare anche il buon Oldrisio nel loro pantano di intrighi, pur di vederlo esonerato dalla sua alta carica. In questo modo, a suo giudizio, con una sola fava si sarebbero potuti prendere non due piccioni, ma addirittura tre!

Allora il soldato, che aveva avuto l’incarico da Sigrid di andare a chiamare il sovrintendente alle carceri, era partito di corsa alla volta dei reparti carcerari. In quel luogo, infatti, avrebbe dovuto invitare il suo superiore ad intervenire presso la casa del nobile medico, dovendo egli identificarvi il suo grandissimo amico Peg.


Non appena era giunto nei reparti carcerari, in seguito ad una galoppata di dieci minuti, il gendarme incaricato si era dato a riferire al suo autorevole comandante:

«Illustrissimo Oldrisio, sei atteso con urgenza nel palazzo del nobile Ipione, dove c'è bisogno della tua presenza. Devi sapere che il ladro, che aveva derubato il nobile Adrino, essendo al servizio presso la casa dell’illustre medico di corte, davvero vi si era rifugiato. A Sigrid è bastato un colpo d'occhio per identificarlo tra i domestici che servono in quella famiglia. E senza avere il minimo dubbio! Allora cosa intendi fare?»

«Con quale autorizzazione, Siorp, siete entrati nel palazzo del rispettabile nobile?! Siete forse impazziti, per arrivare a fare una cosa del genere?! Preparatevi, dunque, a rispondere della violazione di domicilio! Come avete fatto a dimenticare che il preclaro medico appartiene alle alte sfere di Actina e vanta prestigiose amicizie, quali il principe ereditario Godian e lo stesso nostro sovrano Nortano? Inoltre, non credo nel modo più assoluto che dei ladri possano frequentare la casa dell'illustre patrizio! Le persone, che vi prestano servizio, percepiscono già una paga molto profumata, per avvertire anche l'esigenza di darsi al borseggio nelle loro ore libere! In questa vicenda, qualcuno ha preso un grosso abbaglio oppure appositamente cerca di pescare nel torbido!»

«Ma noi non volevamo entrare nella casa del nobile Ipione, illustre Oldrisio, senza avere prima la sua autorizzazione. Invece Sigrid, garantendoci che si sarebbe presa lui tutta la responsabilità dell'illegale irruzione, ha voluto ad ogni costo forzarci la mano. Ci ha fatto perfino pressione, perché invadessimo il palazzo del medico contro la nostra volontà. Oramai la violazione c'è stata e non possiamo più farci niente! Non lo credi anche tu?»

«Se le cose stanno come mi hai spiegato, in seguito si accerteranno senz'altro le responsabilità di questa invasione fuorilegge! Adesso però, Siorp, vuoi dirmi cosa vi ha impedito di procedere all'arresto del ladro e perché non lo avete tradotto nelle carceri, dopo che Sigrid lo ha riconosciuto? In verità, non comprendo il suo mancato arresto!»

«Perché c'è stato un contrattempo imprevisto, illustre Oldrisio. L'accusato afferma di essere un tuo intimo amico e vuole che tu corra lì a garantire per lui, a discolparlo e a toglierlo dai guai nei quali si vuole per forza farlo trovare. Io sono stato mandato apposta a fartelo sapere, prima di procedere al suo arresto! Perciò come dobbiamo regolarci?»

«La tua nuova notizia mi giunge peggiore della prima, Siorp! Secondo la quale, sarei diventato addirittura anche amico di ladri! Ci voleva anche questo a fare ingrassare di più, a mie spese, quel porco di Adrino! A meno che non si tratti di un vero e proprio complotto contro di me, da parte sua! Ma prima egli dovrà dimostrarlo con i fatti!»

Dopo una prima sensazione di insofferenza, la quale non lo aveva di certo rallegrato, il sovrintendente alle carceri aveva voluto approfondire ulteriormente la vicenda, che lo stava coinvolgendo suo malgrado. Perciò aveva domandato al suo subalterno:

«Siorp, come l'ha presa Sigrid, dopo che il ladro si è dichiarato mio amico? Non si è opposto alla vostra decisione di volermi avvertire, prima di condurlo nelle carceri?»

«Egli non si è opposto per niente, illustre Oldrisio! L’uomo del nobile Adrino all'inizio si è mostrato poco interessato alla cosa. In seguito, non si sa per quale motivo, ha cambiato idea ed ha insistito che venissi a chiamarti a tutti i costi. Perciò eccomi qui da te ad invitarti a casa del medico, dietro sua imposizione!»

Una volta ricevuta la risposta dal suo subalterno, Oldrisio si era messo a pensare tra sé: "Adesso comincio a capire il loro gioco! Quelle sordide canaglie desiderano proprio la mia completa rovina; vogliono dare ad intendere a tutti che me la faccio pure con i ladri e li proteggo!" Ma poi, non sapendo come sbrogliare quella matassa intricata, per caso gli era uscita di bocca la seguente domanda:

«Siorp, il sedicente mio amico, che sarà senz’altro un lestofante, vi ha almeno riferito il suo nome oppure a bella posta ha evitato di farlo?»

«Certo che ci ha detto il suo nome, mio illustre superiore! Se non ho sentito male, egli si chiama Peg. Allora lo conosci per davvero, come egli asserisce, oppure non hai mai sentito parlare di lui?»

Quel nome all'istante aveva fatto illuminare il volto di Oldrisio di una gioia incontenibile. Perciò, dopo essere ritornato a rianimarsi del tutto, egli gli aveva risposto:

«Oh, certo che lo conosco! Peg è un mio carissimo amico! Guai a chi oserà toccarlo e fargli del male! Benedetto sia il dio Matarum, il quale mi offre finalmente l'opportunità di riprendermi la rivincita! Sciocco, non sai chi è la persona che Sigrid voleva farvi arrestare? Te lo dico io, se non lo sai! Il mentitore intendeva farvi incarcerare addirittura il principe Godian, l’erede al trono di Actina! Adesso non vorrei trovarmi nei panni di quelli che lo hanno tacciato di ladro. Ma i maledetti se la meritano una punizione esemplare da lui! Corriamo alla casa del nobile Ipione a fare giustizia e a punire il colpevole!»

Prima di andare avanti nel nostro avvincente ed elettrizzante episodio, bisogna venire a conoscenza che Godian, fin da quando era adolescente, era stato cresciuto dal buon Oldrisio. Costui, soltanto quando erano da soli, era abituato a chiamarlo Peg. Si trattava dell'acronimo formato dalle lettere iniziali delle seguenti tre parole: principe ereditario Godian. Inoltre, il suo significato era noto unicamente al suo coniatore, che era stato Oldrisio, e alla persona per la quale era stato appositamente coniato.

Una volta raggiunto il palazzo del medico di corte, il sovrintendente alle carceri, dopo esservi entrato, si era avvicinato ai suoi soldati che accerchiavano Godian, il medico Ipione e tutti gli altri che vi abitavano. Dopo aver dato un‘occhiata accurata al gruppo delle persone circondate dai suoi uomini, egli, mostrando una certa flemma e scrutandolo con un sogghigno, aveva domandato a Sigrid:

«Dunque, chi sarebbe il ladro che avrebbe derubato il tuo nobile padrone? Per favore, uomo del nobile Adrino, me lo vuoi indicare senza errore? A scanso di equivoci, ti raccomando di essere assai preciso nell'indicarmelo con l'indice della tua mano!»

«È quel ladro del tuo compare, Oldrisio!» gli aveva risposto Sigrid, manifestando una certa supponenza. «E non tentare di convincerci che non lo conosci per niente, poiché qui nessuno ti crederà, per avercelo affermato lui stesso! Anzi, è stata la sua affermazione ad invitarti qui, affinché tu possa udirla con le tue stesse orecchie!»

«Non ho inteso bene chi è di preciso il ladro, che si dichiara mio amico. Vuoi spiegarti ancora meglio nel dirmi chi è?» il ringalluzzito Oldrisio lo aveva invitato di nuovo ad indicarglielo.

Alla nuova richiesta del sovrintendente alle carceri, l'uomo di Adrino, mostrandosi esageratamente tronfio, si era offerto di soddisfare ancora una volta la sua richiesta. In quel momento, il principe Godian si trovava accanto al medico Ipione. Allora Sigrid gli aveva confermato:

«È proprio lui, pelandrone, che non sei altro! Neghi forse che quel briccone è tuo intimo amico? Sappi che tutti i presenti lo hanno sentito dichiarare la sua grande amicizia con te! Egli, considerandoti un personaggio autorevole, ha insistito che ti mandassimo a chiamare, per essere tolto dalle grane da te, per cui non puoi negarlo! Allora mi dici come farai adesso a salvarlo dalle grinfie dei tuoi soldati?»

«Oh, certo che si tratta del mio caro amico! Non sai, Sigrid, che i veri amici non si abbandonano mai a sé stessi? Anzi, si difendono sempre, se lo vuoi sapere, specialmente quando li si vogliono fare trovare nei guai! Perciò quelli che lo hanno accusato di borseggio con falsità si preparino a pagarmela cara! Giuro che non farò sconti a nessuno!»

Rivolgendosi poi ai suoi numerosi subalterni ed indicandogli Sigrid, con sua immensa soddisfazione, si era affrettato ad ordinare:

«Presto, gendarmi, arrestate immediatamente quell’essere esecrabile e traetevelo nelle carceri. Una volta in quel luogo, sbattetelo in una cella frequentata soltanto da scarafaggi e da ragni, poiché nessuno più di lui se lo merita, per le sue ingenti prevaricazioni! Adesso andate, senza alcun indugio e privatelo della libertà che si è sempre goduta senza meritarselo!»

I gendarmi, per niente meravigliati nel ricevere quell'ordine dal loro superiore, siccome il loro commilitone Siorp li aveva già informati sull'identità dell'accusato, si erano mostrati solleciti nell’assalire Sigrid e nel legargli le mani dietro la schiena. Dopo, intanto che i suoi uomini se lo trascinavano via con la forza, il loro sovrintendente, con manifesta spavalderia, aveva continuato a dire loro:

«Quel verme addirittura voleva farvi imprigionare la persona più illustre di Actina, dopo il re Nortano, ossia il principe ereditario Godian! Ma da oggi in avanti, egli e il suo padrone smetteranno di maltrattare me ed altre loro vittime innocenti da loro perseguitate! Vi posso garantire che così sarà senza meno nella nostra città!»

Una volta che i suoi soldati avevano portato via l'uomo di Adrino, il sovrintendente alle carceri, in preda alla massima gioia, si era avvicinato al principe Godian e lo aveva abbracciato molto emozionato. Dopo, mostrando gli occhi palesemente colmi di giubilo, gli aveva domandato:

«Desideri qualcos'altro, mio illustre principe? Non sai come mi renderesti felice, se tu mi ordinassi un certo lavoretto! Anzi, mi faresti il più bel regalo! Così ci libereremmo anche di un altro schifoso scarafaggio, il quale è indegno di vivere nella società delle persone perbene! Che ne dici? Posso procedere in tal senso, con il tuo favorevole consenso?»

«Ebbene, sia, buon Oldrisio! Una volta raggiunte le carceri, prendi con te cento soldati e affréttati ad arrestare l'ignobile Adrino, provato oppressore di molti innocenti. Dopo che lo avrai tratto in cella, ti raccomando di non lasciarlo uscire per nessuna ragione. Da questo momento, ubbidirai solo ai miei ordini e ti opporrai a quanti tenteranno di fartelo scarcerare. Ti prego di avvisare anche mio padre degli ordini che ti ho appena impartiti. Per ultima cosa, ti chiedo di tenere segreto l'arresto di Sigrid. A quanti ti chiederanno di lui risponderai che egli è rimasto ucciso dalla reazione del delinquente che voleva fare arrestare. A questo punto, puoi congedarti, amico mio, invitandoti a fare un ottimo lavoro nei confronti della persona che conosci, perché essa non merita alcuna pietà!»

«Non temere, mio nobile principe, che ogni cosa sarà eseguita alla perfezione! Con questo incarico, mi hai fatto diventare l'uomo più soddisfatto del mondo, poiché esso mi dà il modo di prendermi una rivalsa su quel lurido verme, che è l'ignobile Adrino. Egli non ha mai smesso di tempestarmi di insulti vituperosi e lo ha fatto anche stamattina nelle carceri. Perciò te ne sarò infinitamente grato per l'intera mia esistenza!»

Prima di lasciare la sua casa, il lieto Oldrisio si era rivolto al medico e gli aveva detto:

«A te invece, nobile Ipione, devo fare le mie scuse, per averti raccontato un mucchio di frottole sulla ferita del principe Godian! Comunque, sono sicuro che mi avrai già compreso e scusato, intelligente quale tu sei! Inoltre, soltanto in questa maniera potevamo stanare un sudicio e viscido verme, come è esattamente avvenuto!»

«Non preoccuparti, mio buon Oldrisio!» gli aveva risposto il medico «Gli affari di stato vengono prima di ogni altra cosa! Se mi hai mentito, lo hai fatto unicamente perché ci sei stato costretto dalle circostanze e dalla necessità di tener segreta la doppia identità del principe Godian. Perciò non solo ti giustifico; ma non appena puoi, sei anche invitato a casa mia per una bisboccia, la quale ci terrà un po' di tempo a chiacchierare in compagnia!»

Lasciata la casa del nobile Ipione, il soprintendente alle carceri aveva innanzitutto provveduto ad assegnare all'antipatico Sigrid l'angolo più appartato che ci fosse nelle sue carceri. Poco dopo, presi con sé un centinaio di gendarmi, si era condotto alla casa dell’amico del principe Verricio per arrestarlo e tradurlo nelle carceri della città. Una volta al palazzo del nobile Adrino, Oldrisio aveva chiesto di lui alla sua servitù. Ricevuta conferma della presenza in casa del loro padrone, l’aveva mandata a chiamarlo con urgenza, per importanti comunicazioni da trasmettergli da parte sua. Quando poi il nipote del Sommo dei Sacerdoti era venuto fuori dalla sua abitazione, il nobile gli aveva domandato con la solita aria da strafottente:

«Allora, mio buono a nulla, i tuoi gendarmi ce l’hanno fatta sì o no ad arrestare il bastardo ladro, che mi aveva derubato? Oppure devo farti punire dal mio illustre amico con una nuova sfilza di frustate, per non essere riusciti a prenderlo? Su, sbrìgati a darmi le notizie che ti ho appena chieste, essere insignificante quale sei!»

«Invece non sono dispiaciuto di farti apprendere che il tuo ladro è sfuggito ai miei gendarmi. Prima di scappare e farla franca, egli ha pure ucciso il tuo fido Sigrid!»

«E i tuoi soldati cosa stavano facendo, quei maledetti fannulloni?! Ti garantisco che la farò pagare a te e a quanti hanno partecipato all'operazione nella casa del medico Ipione!»

«A dire la verità, i miei soldati non si ricordano di preciso ciò che stavano facendo, mentre il tuo Sigrid veniva assassinato per mano di colui che ti aveva derubato nella mattinata. In compenso, però, rammentano benissimo l'ordine che hanno ricevuto dal nobile principe Godian, poiché esso risulta assai chiaro nella loro mente!»

«Quale sarebbe l'ordine dell’erede al trono, Oldrisio? E riguardo a chi o a che cosa? Voglio conoscerlo anch'io, prima che io perda la pazienza!»

«Esso riguarda il tuo arresto, schifoso nobiluccio! Ed è ciò che essi faranno subito!»

Dopo tali parole, Oldrisio aveva ordinato ai gendarmi, che erano al suo comando:

«Arrestatelo e conducetevelo alle carceri, senza perdere tempo! I malavitosi non possono stare liberi all’aria aperta; ma vanno tenuti in ambienti putridi!»

I soldati allora in un attimo erano saltati addosso al nobile Adrino e gli avevano legato le mani, senza curarsi dei suoi sbraiti e delle sue minacce, che seguitavano ad uscire abbondanti dalle sue labbra. Ma oltre a sbraitare e a minacciare, egli invitava la servitù ad avvertire subito lo zio Chione del torto che gli stava arrecando il principe Godian. Alla fine l'irascibile nobile, intanto che le sue parole restavano inascoltate, era stato trascinato in prigione in fretta e furia. Raggiunte infine le carceri, il sovrintendente Oldrisio aveva potuto prendersi la soddisfazione di esclamare ai suoi subalterni: "Schiaffatelo nella cella più lercia e ripugnante che ci sia in questo luogo, cioè dove i sozzi vermiciattoli si trovano più a loro agio a condurre la loro sudicia esistenza!"


Nel pomeriggio, Oldrisio aveva ricevuto nel reparto carcerario la visita del principe Verricio. Costui, essendo andato a trovare l’amico, era venuto a sapere dai suoi domestici che il loro padrone era stato arrestato nella tarda mattinata dai soldati di Oldrisio. A quella notizia, si era infuriato come un ossesso. Dopo si era precipitato alle carceri, dove, aveva iniziato ad aggredire con modi iracondi colui che vi sovrintendeva.

«Come hai osato arrestare il mio amico, Oldrisio?!» si era messo ad urlargli contro «Chi ti ha autorizzato a farlo, sciacallo della malora?! Ti ordino di scarcerarlo all’istante, se non vuoi che io perda la pazienza e passi a trattarti come ti meriti! Avanti, fallo condurre subito in mia presenza dai tuoi ignoranti gendarmi!»

Il sovrintendente alle carceri, invece, non lasciandosi minimamente intimidire dalle sue minacce, si era voluto opporre in maniera energica all’ordine del secondogenito del re Nortano. Perciò non aveva esitato a rispondergli con queste parole:

«Mi dispiace, nobile principe, ma non posso accontentarti. Devi sapere che l'ordine di arrestare il nobile Adrino è partito dal principe Godian, il quale è l'erede al trono di Actina. Egli mi ha anche raccomandato di non rimetterlo in libertà per nessun motivo, se l'ordine di scarcerazione non fosse provenuto direttamente da lui. Per la quale ragione, ho il sacrosanto dovere di oppormi a quanto adesso mi stai ordinando!»

«Una bella presunzione è stata quella di mio fratello, se fra le persone prive del potere di scarcerare il mio amico ha voluto includere anche mio padre, che è il sovrano di Actina! Vedrai la reazione del mio genitore, dopo che verrà a conoscenza di una cosa simile! Sono certo che a mio fratello passerà finalmente la voglia di atteggiarsi da suddito superiore al proprio re! Ti garantisco che sarà esattamente come ti ho detto!»

«Invece, se il principe Godian si è espresso in questa maniera, è solo perché il sovrano tuo padre è stato messo al corrente da me personalmente dell'iniziativa del suo primogenito. Egli, avendola reputata giusta, ha voluto avallarla senza obiezione alcuna! Perciò non accusare il tuo esimio germano ingiustamente!»

«Ma io non intendo sottostare all'ordine dato da mio fratello, non essendo partito personalmente da mio padre. Perciò scarcererò con le mie mani il mio amico, il nobile Adrino! E tu non osare intervenire ad impedirmelo, se non vuoi passare dei guai molto seri! Sono stato abbastanza chiaro oppure devo ripetertelo ancora una volta?»

«Sei padronissimo di farlo, principe Verricio. Prima, però, dovrai affrontare me e tutti i miei uomini presenti nel carcere, se vuoi raggiungere la cella del nobile Adrino. Sappi che sono pronto a morire, pur di non vedere violato da qualcuno l'ordine che mi ha impartito il principe Godian! Tienilo presente, prima di decidere di fare una pazzia del genere, la quale ti costerebbe molto cara, nonostante tu sia un principe!»

«Anch'io, che sono un ottimo spadaccino, ho la mia scorta personale, la quale è formata da una trentina di soldati. Essi saranno senz’altro disponibili a darmi una mano, nel caso che tra poco tale evento si dovesse rivelare indispensabile! Dunque, dovresti aver compreso come stanno le cose, per continuare a metterti scioccamente contro di me!»

«Certo che l'ho capito, principe! Vorrà dire che qui tra poco ci sarà una zuffa. Ma ricòrdati che, di fronte all’illustre tuo genitore, il re Nortano, tu sarai l'unico responsabile di uno spargimento di sangue tra i suoi soldati, dal momento che pure quelli che ti scortano devono obbedienza al loro sovrano, prima di ubbidire alla tua persona!»

«Chi ti garantisce che i gendarmi alle tue dipendenze oseranno mettersi contro di me, che sono un principe, e schierarsi al tuo fianco, che sei una nullità? Io ho forti dubbi che essi si metteranno a combattere contro i miei soldati! Perciò, se non vorrai pentirtene amaramente, esegui il mio ordine senza opporti ad esso, prima che sia troppo tardi!»

Oldrisio, poiché la situazione non trovava sbocco alcuno, al contrario si surriscaldava maggiormente, aveva deciso di rendersi conto per chi parteggiavano i suoi uomini in quel loro battibecco sorto fra lui e il principe. Così, volendo invitarli a fare una scelta e a schierarsi con uno di loro, era intervenuto a chiederglielo direttamente:

«Tutti i miei gendarmi, che sono disposti a non fare violare l'ordine del principe ereditario Godian, sguainino immediatamente le loro spade e si preparino a combattere al mio fianco, poiché è ciò che farò io tra poco, pur di difendere la giustizia!»

All’invito del loro diretto superiore, tutti i soldati che si trovavano in servizio ed erano più di duecento, sguainando le loro spade anche loro, si erano uniti al bravo Oldrisio, facendo quadrato intorno a lui. Con il loro atteggiamento, essi avevano convinto il principe Verricio a desistere dal suo tentativo di aggressione e lo avevano obbligato a ricorrere direttamente al proprio genitore.

Il giusto sovrano di Actina, ossia il re Nortano, dopo avere udito le lagnanze del suo secondogenito, che lo pregava con tutto sé stesso di ordinare la scarcerazione del suo amico Adrino, che era anche il nipote del Sommo dei Sacerdoti, anziché accontentarlo, gli aveva risposto:

«Figlio mio, nel modo più assoluto mi è negato di esaudire la tua richiesta, dal momento che il mandato di arresto è stato spiccato da tuo fratello Godian, il quale, per mio conferimento, in Actina è preposto all'amministrazione della giustizia. Perciò esclusivamente lui può decidere della sorte del tuo amico. Inoltre, egli dovrà ancora farmi pervenire un rapporto dettagliato con i vari capi di accusa, quelli che lo hanno spinto ad incriminarlo e a farlo arrestare. Ma stanne certo che, se il tuo germano maggiore ha ordinato che Adrino venisse incarcerato, vuol dire che egli sa il fatto suo e possiede delle prove inconfutabili che lo inchiodano senz'altro! Inoltre, posso anticiparti che il tuo amico l'avrà combinata grossa e che Godian, poiché lo conosco abbastanza bene, non sarà disponibile a trattare e a perdonargliela, usandogli la sua clemenza.»

«Con la tua autorità, padre, puoi invece piegarlo e farlo ragionare! Ed è proprio ciò che ti chiedo, per favore! Tu non puoi rifiutarmi quanto sono venuto ad implorare presso di te!»

«Certo, Verricio, che potrei piegare tuo fratello! Invece non mi avvarrò di tale mia facoltà, non reputandolo giusto. Già un'altra volta tu e il tuo amico Adrino vi metteste nei guai, esagerando nei confronti dell'onesto Oldrisio. A quel tempo, voi due riusciste a passarla liscia, solo perché tuo fratello era in missione diplomatica presso la città di Dorinda. La qual cosa mi permise di chiudere un occhio a vostro favore. Con lui a corte, invece, sarei stato costretto a punirvi senza remissione di colpe! Per questo attendiamo prima il ritorno di tuo fratello Godian e poi si potrà ragionare meglio sul caso. Vedremo così se e in quale misura potremo venire incontro al nipote del Sommo dei Sacerdoti. Ma per adesso ci tocca soltanto aspettare, non essendoci possibile fare altro!»