220-IL RE FRANCIDE CONTESTA L'INGIUSTA LEGGE DI TUTUANO

Nei giorni successivi, la madre di Francide volle che suo figlio le parlasse sempre di sé, facendosi raccontare ogni cosa che aveva riguardato la sua vita trascorsa. Ella era desiderosa di apprendere quante più cose possibili su di essa. Di fronte all'infinita gamma di episodi, che avevano caratterizzato il passato del figlio Francide, la ex regina Talinda si emozionava, piangeva, fremeva di gioia. Nello stesso tempo, si entusiasmava, si mostrava fiera ed orgogliosa di avere un figlio straordinario in ogni senso. Inoltre, si compiaceva del fatto che il suo unigenito avesse vissuto una vita diametralmente opposta a quella che si sarebbe potuta attendere da una esperienza simile, per fortuna in senso positivo. Perciò la commossa nobildonna si ritrovava davanti una persona oltremodo civile, anziché un rozzo selvaggio, quale si sarebbe potuto aspettare da tutti. Ella vedeva radicate in lui tutte quelle qualità che costituivano l'abito proprio di un uomo completo, per cui se ne stupiva immensamente.

La sovrana avrebbe voluto disobbligarsi con l'eccezionale Babbomeo, l'uomo che, dopo aver salvato il figlio dalla morte fisica, uccidendo la belva feroce che stava per divorarselo, gli aveva evitato anche la morte spirituale, cioè la barbarie. Infatti, egli era riuscito a fare di lui un uomo maturo sotto qualsiasi aspetto della vita. Adesso, siccome l'eclettico maestro del figlio era morto, ella, per l'opera impagabile del loro singolare congiunto, avrebbe voluto ricompensare con munificenza i suoi tre familiari. Ma Francide rassicurò la madre che la vedova di Tio, il cui nome era Luta, e i suoi due figli, i quali erano Zelio ed Ucleo, non avevano bisogno di essere sussidiati da altri per vivere nell'agiatezza. A loro già aveva pensato Murzo, l'ex predone che si era convertito al bene. Egli aveva messo a disposizione dell'indigente famigliola l'intero tesoro, che la feroce banda di Kuercos aveva accumulato nei molti anni di scorrerie e di saccheggi, il quale non era stato poco.

A quel punto, la nobildonna Talinda, volendo essere a ogni costo generosa con qualunque persona, la quale in un qualunque modo era stata di sollievo e di serenità alla vita del figlio, alla fine concluse:

«Vorrà dire, figlio mio, che la ricompensa, non potendo io offrirla alla famiglia di Tio, la daremo a Rindella e alla sua tutrice Madissa. In un certo senso, anche la ragazza ha contribuito a farti vivere un diverso tipo di gioia, essendo stata per te una breve parentesi esistenziale ricca di emozioni e di soavi amorevolezze. Per questo è giusto che anch'ella venga debitamente ripagata e le si permetta di condurre da oggi in avanti una vita più agiata di quella che ha condotto fino adesso! Sei d'accordo con me, figlio mio, oppure hai da farmi qualche obiezione?»

Le parole della madre fecero oscurare il volto di Francide. Inoltre, lo spinsero a chiudersi in un mutismo profondo, come se qualcosa gli avesse troncato la favella, facendogli venir meno la parola. Naturalmente Talinda non ci mise molto ad avvedersi del nuovo stato d'animo del suo unigenito, siccome i suoi occhi si erano velati di una inquietante malinconia, la quale li faceva apparire assenti dalla realtà che lo circondava. Sembrava che essi si fossero tuffati in un mondo diverso, che ora appariva assai remoto, con l'intento di cercarvi ciò di cui abbisognavano per continuare a conservarsi sorridenti e gioiosi, com'erano stati fino allora.

A quel suo cambiamento, mostrandosi terribilmente preoccupata, la donna si affrettò a chiedere al figlio delle spiegazioni circa quel suo improvviso cambiamento. Il quale aveva cominciato a riempire pure lei di tantissima preoccupazione. Volendo averle a tutti i costi, ella, mostrandosi costernata al massimo, gli si rivolse in questo modo:

«Francide mio, mi dici che cosa ti ha indotto, tutto in una volta, a non essere più la stessa persona di prima? Perché non scorgo più in te l'ilarità che un momento fa brillava sul tuo volto, ma che di repente ha assunto una pietosa espressione di grave turbamento e di amarezza? Addirittura esso mi palesa perfino l'abbattimento psichico e spirituale in cui sei precipitato! Ti prego, figlio mio, spiegami a cosa è dovuta questa tua improvvisa trasformazione, se vuoi che io ripari a qualche errore, da me commesso senza volerlo!»

«Se in questo momento il mio spirito langue in una esistenza inaridita,» si diede a confessarle il figlio «ciò è dovuto al fatto che ho già perduto nuovamente la mia amabile genitrice, quella che avevo appena ritrovata. Una strega detestabile ha preso il suo posto, per cui adesso intende separarmi da quanto ho di più caro al mondo, ossia dalla mia dolce ragazza. Ma tutti devono sapere che mai nessuno potrà allontanare da me la mia Rindella, siccome ella resterà perennemente mia! Invece, solo perché mi ha offerto il suo limpido amore, mi si suggerisce di darle un compenso e di abbandonarla al suo destino. In altre parole, mi si consiglia di trattarla come una dichiarata meretrice! Se questo affronto mi fosse stato arrecato da qualcun altro, già glielo avrei fatto pagare con la vita, madre mia! Si sappia, a tale riguardo, che chiunque oserà osteggiare la mia Rindella, automaticamente verrà a mettersi anche contro di me! Avversando lei, sarà come inimicarsi me. Ecco come stanno le cose nel mio rapporto con la mia ragazza!»

«Francide,» Talinda cercò di chiarire il suo pensiero «se le mie parole ti hanno offeso senza che io me accorgessi, è mio dovere di madre rimediare e chiederti subito perdono. A questo proposito, devi convincerti che, se soltanto avessi sospettato che esse avrebbero potuto arrecarti un torto oppure apportarti anche la minima offesa, piuttosto che dirtele, avrei preferito morire di colpo! Tu sei la mia felicità ritrovata e rappresenti la mia riesumata voglia di vivere. Inoltre, hai trasformato in un radioso giorno di speranza e di ottimismo quella che per me era diventata una disperata notte di sfiducia e di pessimismo. Sono la tua diletta madre, che è bendisposta ad esaudire ogni tuo desiderio, nonché è pronta a fare propri tutti i tuoi problemi e a soddisfare ogni tua esigenza! Ecco cosa devi pensare di me, figlio mio carissimo, se vuoi restare nel giusto e non vuoi che la verità venga travisata nella tua mente.»

«Sono disponibile a credere alle tue parole, madre mia, visto che me ne dai assicurazione! Ma lo stesso voglio farti presente quale valore Rindella è venuta ad assumere nella mia esistenza. Lo comprenderai, dopo che ti avrò fatto un esauriente resoconto della mia amabile ragazza, poiché esso ti metterà al corrente con limpidezza di quanto ella effettivamente conta per me e per la mia vita intera.»

Un istante più tardi, quasi desiderasse fare l'apoteosi di lei, Francide si diede a manifestare alla genitrice tutto ciò che la sua innamorata rappresentava per lui, descrivendo allo stesso tempo le ingenti sue doti speciali, nonché le sue nobili virtù.

"Rindella, madre mia, con il suo tenero e sincero amore, mi ha reso il più felice degli uomini. Vicino a lei, la mia esistenza ha subito una drastica trasformazione. Gli sguardi del suo volto costituiscono per me ciò che i raggi del sole significano per la terra. Prova ad immaginare un po' cosa succederebbe alla nostra terra, se il sole non la baciasse più con i suoi raggi vivificanti e fecondatori! Se non lo sai, te lo faccio presente io. Dappertutto vedresti inaridire la rigogliosa campagna, per cui essa diventerebbe desolata e squallida; nonché mortale per tutti gli esseri vegetali ed animali, compresi gli esseri umani. La stessa cosa accadrebbe a me, se i palpiti del suo cuore e i sorrisi dei suoi occhi non inondassero più il mio animo e non vi cospargessero più le delizie meravigliose del suo amore. Mi sentirei distrutto, diventerei il più disperato degli uomini. Inoltre, un tenebrore cieco avvolgerebbe la mia anima e le arrecherebbe un tormento atroce, senza più smettere di torturarla e di renderla infelice! Ecco perché mi sento legato alla mia Rindella saldamente, per cui nessuna forza al mondo riuscirà mai a staccarmi da lei.

I miei pensieri oramai hanno perso il freno, vogliono correre solo da lei, siccome ella soltanto sa calmarli, riesce a rasserenarli ed è in grado di addolcirli. Non so quali parole sublimi adoperare per convincerti, madre, che la mia anima è stata rapita dalla sua e che la sua vive nella mia, infervorandola ed accendendola di un amore immenso ed ardente. Ho cercato perfino di dimenticarla, di convincermi di averla incontrata in uno dei miei tanti sogni, di considerare la sua persona una delle visioni irreali, che mi crea la mia fantasia. Ma tale mia iniziativa lo stesso non è servita a niente! L'unica convinzione che può esserci in me è che io l'amo con tutto il mio cuore e con tutta la mia mente. Perciò il solo sogno che voglio realizzare è quello di tenerla per sempre accanto a me, come vessillo di successi e di incoraggiamenti. In lei scorgo la ragazza seria, la ragazza saggia e la ragazza solerte, doti che solo una donna moralmente formata può possedere! La mia non è una folle passione; ma un amore equilibrato ed assennato, poiché mi viene dettato dalla coscienza. Dopo che l'avrò sposata, giammai potrà esserci in me un ripensamento e, quindi, la voglia di rompere con lei. Il mio amore, il quale è nato verso di lei non per motivi economici oppure estetici, si regge su pilastri solidi, che hanno per nomi cieca fiducia, volontà cosciente, fermezza incrollabile, ammirazione illimitata. Dunque, non dovrai mai scordare che Rindella, e non un'altra donna, sarà la mia futura sposa e la regina di Actina dei tempi avvenire. Per la quale ragione, nessuno e niente potranno mai separarci per l'eternità! Con questo, ti ho detto ogni cosa che riguarda la nostra relazione, perché tu un giorno non possa mai dimenticarlo!"

L'afflitta Talinda, visto quanto fervido amore il figlio coltivava per la sua Rindella, accusò molta confusione nelle sue idee e non riusciva più a rassettarle. Dei contrasti forti, anzi resistenti ed ineliminabili, erano sorti all'improvviso fra due realtà concrete ed imprescindibili. Il loro aspro scontro avveniva proprio nella sua anima, pur sorgendo essi all'esterno di lei e pur non potendo ella schierarsi per l'una o per l'altra realtà, allo scopo di diventare arbitra di esse. Una prima realtà concreta noi già la conosciamo, ossia l'amore del figlio Francide per Rindella. Ma l'altra qual era? Ebbene, essa era rappresentata da una legge vigente in Actina, la quale vietava il matrimonio morganatico, ossia quello contratto dal sovrano di Actina con una donna che risultasse priva del titolo di principessa. La classe sacerdotale si mostrava intransigente nei confronti di tale matrimonio, essendo convinta che esso non poteva che arrecare instabilità e debolezza al trono della Città Santa. Per il quale motivo, la ex regina Talinda si sentiva scoraggiata e sconvolta, penava in cuor suo, come non le era mai capitato. A parer suo, ella non sarebbe mai stata capace di sbrogliare quella matassa, che si presentava seriamente ingarbugliata! Se la cosa fosse dipesa soltanto da lei, allora sì che avrebbe accontentato il figlio in tutto e per tutto. A negarle quella facoltà, invece, c'era quell'odiosa Legge di Tutuano, il quale era un lontano antenato del defunto suocero Nortano. Essa si opponeva inoppugnabilmente al desiderio del figlio infelice, come un giorno si era anche opposta vittoriosamente al defunto marito Godian. Tale legge si presentava inattaccabile, per il fatto che il suo legislatore l'aveva data in custodia alla classe sacerdotale. Essa, in nome dell'antica saggezza, in seguito avrebbe dovuto salvaguardarla dagli attacchi di tutti quei presuntuosi sovrani successori di Tutuano che avessero tentato di violarla oppure di abolirla, unicamente per appagare un proprio capriccio.

Alla fine, intanto che un mucchio di riflessioni angoscianti le si agitavano nella mente, ella si rivolse al figlio e cercò di chiarirgli la sua posizione sul delicato argomento. Perciò si diede a fargli presente:

«Mio caro Francide, credi tu che io possa desiderare la tua infelicità? Non sai che, se tu sei triste, per legge naturale, vengo ad esserlo anch'io e più di te? Anzi, la mia tristezza si mostra tripla della tua! Tu non puoi immaginare quanto sia atroce il dolore di una madre che soffre per il proprio figlio afflitto e costernato. Specialmente quando le risulta praticamente impossibile liberarlo dalla sua afflizione! Il suo animo entra nel vortice di una terribile esasperazione; perciò viene da essa dilaniato e martoriato con continui morsi spietati. Quindi, rifuggi dal pensiero che, di mia iniziativa, abbia io voluto consigliarti di separarti dalla tua Rindella. Ella adesso, se per te vale un tesoro, per me ne vale due, venendo a rappresentare la tua felicità e, di conseguenza, anche quella mia. Hai compreso finalmente, figlio mio, quanto ho voluto renderti noto?»

«Allora, madre, se è vero ciò che mi hai affermato, non ti resta che acconsentire al matrimonio mio e di Rindella, evitando di contrariarci in qualche modo. Così porrai la parola fine al tuo espresso dolore! Eppure dovrebbe esserti abbastanza semplice farlo! Non ti pare, madre?»

«Magari fosse così facile come affermi, figlio mio! Invece si oppone al vostro matrimonio una legge iniqua, la quale ci vieta di godere della compagnia della tua affettuosa ragazza, a te in qualità di moglie e a me in qualità di nuora. Essa ci sovrasta tirannicamente e ineliminabilmente. Protetta com'è dalla classe sacerdotale, nessun sovrano di Actina è stato mai in grado di abrogarla. Quei re, che fino ad oggi hanno tentato di abolirla, hanno fatto ogni volta un buco nell'acqua. Due di loro ci hanno addirittura rimesso perfino le penne, nel loro tentativo di superare tale maledetto scoglio!»

Dopo che la genitrice gli ebbe espresso le sue pene interiori causate dall'impossibile matrimonio che egli le imponeva, Francide, ad un tratto, si sentì impietosire. Perciò, volendo in qualche modo tirarle su il morale, che in quel momento in lei appariva particolarmente compromesso, con molta franchezza intervenne a parlarle in questa maniera:

«Scusami, madre mia, se prima ho inteso le tue parole sotto un aspetto diverso, per cui sono stato spinto a contraccambiartele con durezza. Per un istante, il forte amore che provo per la mia Rindella mi ha reso cieco ed incapace di giudicare il vero valore di una madre. Ti prometto che ciò non accadrà mai più in avvenire. Adesso, però, devi spiegarmi che cosa dice la legge a cui ti sei riferita prima. Ma se è davvero malvagia come mi asserisci, perché c'è chi si ostina a mantenerla in vigore in Actina? Inoltre, perché il suo sovrano, al quale tutto dovrebbe essere permesso per legge, a parte il reato, non ha alcun potere contro di essa? Trovo un fatto del genere incredibilmente strano!»

«Figlio mio, la legge in causa vieta categoricamente nella nostra città il matrimonio morganatico. Perciò essa si oppone alla tua decisione di volere sposare Rindella, siccome ella non è una principessa. Solamente se rinunci al trono, ti è permesso di sposarla. Ma io non voglio che tu arrivi a tanto, come pure non desidero che diventi infelice, per non aver sposato Rindella. Per questo motivo, soffro più di te nello scorgerti in questa tremenda alternativa, poiché essa si prospetta per me senza sbocchi e, quindi, senza speranze. Come vedi, qualunque sarà la tua scelta, per me essa risulterà una pugnalata al cuore. Difatti, o ti vedrò un re infelice oppure scorgerò in te un uomo felice, ma privo dello scettro regale. Invece io ti voglio vedere, oltre che un marito beato, anche il sovrano di Actina! Ecco come stanno realmente le cose, Francide mio!»

«Allora, madre, ti prometto che farò fiamme e fuoco, pur di riuscire ad ottenere entrambe le felicità, ossia quella tua e quella mia. Adesso vuoi farmi la cortesia di spiegarmi perché mai in Actina, come in nessun'altra città, c'è tale legge infame e da quando ha iniziato ad esserci? Dopo avermi riferito ogni cosa su di essa, ne riparleremo.»

«L'ideatore di questa legge, mio caro Francide, fu Tutuano, un tuo lontano progenitore. Egli, dopo averla ideata e promossa, volle dare ad essa il sigillo della durevolezza, affinché sfidasse la prepotenza e la perennità del tempo, sovrastando così tutti i sovrani che gli sarebbero succeduti. Per questo il sovrano legislatore, anziché farla ascrivere nel Codice delle Leggi del Regno, richiese che quella da lui varata venisse inclusa nella Raccolta delle Leggi di natura religiosa, la quale è tenuta in custodia dalla classe sacerdotale. Inoltre, egli fece un'avvertenza marcata a tale classe, cioè che essa si sarebbe dovuta adoperare in ogni tempo per difenderla, come se fosse una legge promulgata dai sacerdoti. Ecco perché quanti sovrani hanno tentato di opporsi alla Legge di Tutuano non hanno mai approdato a niente. Il motivo? Ogni volta essi hanno trovato schierata contro di loro una classe sacerdotale severa, agguerrita ed irremovibile; ma mai accondiscendente alle loro pretese.»

«Madre, adesso mi dici perché il mio progenitore Tutuano decise di ideare una legge così ingiusta per i suoi successori? Non credo proprio che egli un bel giorno, dopo essersi svegliato, di punto in bianco, abbia stabilito di mettersi a legiferare, promulgando una legge così antipatica. Qualcosa, se non erro, dovette pur spingerlo a prendere un simile provvedimento! A mio avviso, essa fu una legge ad hoc, con la quale egli intese ottenere un beneficio o raggiungere qualche scopo personale!»

«Fu proprio come hai sospettato, figlio mio! Ma le cose lo stesso non andarono come egli avrebbe voluto, poiché la sua legge finì per mietere la prima vittima proprio in seno alla sua famiglia. Perché tu te ne renda conto in modo esauriente, occorre che io ti parli ampiamente della vicenda, come tra poco farò, allo scopo di fartela conoscere.»

Così seguì il racconto della madre di Francide, il quale viene qui appresso riportato integralmente.

"Tutuano, il quale si trovava ad essere il terzo re della sua dinastia, aveva tre figli maschi, dei quali il primogenito si chiamava Riope. Costui, una volta giunto alla maggiore età, si invaghì perdutamente della bella cortigiana Gesia. Così, avendo deciso di sposarla, manifestò al padre quella che considerava una sua legittima aspirazione. Ma costui si oppose energicamente al matrimonio del figlio con l'avvenente cortigiana e pensò di fargli mutare idea, prima con le buone e in seguito con le cattive. Il re Tutuano, ritenendo il suo primogenito l'unico idoneo a governare la sua città dopo la sua morte, si fidava ciecamente solo di lui. Quella sua stima privilegiata a favore di Riope gli proveniva dal fatto che, degli altri due figli legittimi, il terzogenito Furco era gobbo dalla nascita e il secondogenito Prameno si dimostrava un poco di buono. Ad ogni modo, tutti i suoi tentativi di volere riportare alla ragione il suo rampollo reale fecero cilecca. Inoltre, il re Tutuano non ottenne un risultato differente, quando lo minacciò di delegittimare la sua successione al trono. Difatti il suo primogenito gli rinfacciò che quel posto, alla sua morte, gli sarebbe spettato di diritto. Secondo il suo modo di vedere, per quanto riguardava la successione, nessun sovrano, il padre compreso, di propria iniziativa poteva predisporre altrimenti prima di morire, visto che la legge non glielo consentiva nel modo più assoluto.

Fu a quel punto che il monarca concepì la stramba legge, a cui ti ho fatto riferimento prima. Nell'emanarla, egli fece in modo che essa venisse ascritta nella Raccolta delle Leggi in custodia della classe sacerdotale. Inoltre, obbligò quest'ultima a battersi per essa, difendendola in ogni tempo contro quei futuri sovrani, che dopo di lui avessero tentato di farla abrogare. Con l'entrata in vigore della sua legge, il re Tutuano credette di far rinsavire il proprio primogenito. Inoltre, era convinto che la messa al bando del matrimonio morganatico dal suo regno avrebbe assicurato in pari tempo una maggiore stabilità politica e militare ad Actina. Secondo lui, con il matrimonio imposto dalla sua legge, il principe ereditario sarebbe stato costretto a rinsaldare i rapporti con un altro regno, ossia quello del padre della sua consorte, che obbligatoriamente sarebbe stato pure un sovrano. Ma anche dopo l'entrata in vigore della nuova legge paterna, il legittimo erede al trono, pur bramando di diventare sovrano della Città Santa, non volle piegarsi alla volontà paterna. Invece cercò di fargliela pagare a modo suo, ossia con il sacrificio proprio e quello della sua amata. Infatti, un bel mattino, i loro corpi nudi furono trovati morti ai piedi del trono. Essendosi essi svenati durante la trascorsa notte, i due giovani giacevano senza vita in un lago di sangue. Si era anche compreso che essi, prima di suicidarsi a dispetto del padre di lui, si erano posseduti carnalmente proprio ai piedi del seggio regale. Essi di proposito avevano voluto consumare il loro primo rapporto intimo nella sala del trono, nel posto che ti ho indicato.

Il re Tutuano accolse la notizia con vivo dolore, ma anche con grande sdegno contro il figlio ribelle. Ma poi il secondo sentimento ebbe il sopravvento sul primo, per la qual cosa dentro di lui non rimase neppure una briciola di sofferenza e di compassione; invece vi restò solo molta rabbia fino alla morte. Anzi, egli seguitò ad utilizzarla esclusivamente allo scopo di rendere la legge che portava il suo nome sempre più inattaccabile da quei suoi folli successori, che con dissennatezza avrebbero cercato di farla abolire dai sacerdoti. Così da allora mai nessuno dei re che gli sono succeduti nei secoli è stato capace di fare abrogare la dura Legge di Tutuano dai sacerdoti del tempio. Il loro insuccesso è dipeso dal fatto che quei pochi sovrani, i quali un tempo hanno tentato di farlo, hanno sempre avuto contraria un'agguerrita classe sacerdotale, che ha continuato a mostrarsi rigidamente avversa alla sua radiazione."

Appresi dalle labbra materne gli antecedenti che avevano portato alla nascita della Legge di Tutuano, Francide si adirò non poco contro il suo lontano antenato, la cui condotta si era dimostrata ingiusta e vendicativa. Perciò, immediatamente dopo che ne venne a conoscenza, dimostrandosi alquanto adirato, si espresse così alla genitrice:

«Si vede, madre mia, che nessuno dei re succeduti a Tutuano ha mai assalito la classe sacerdotale con il suo potere sovrano, costringendola a rinunciare ad un diritto, che si è sempre arrogata abusivamente. Il matrimonio morganatico, essendo un fatto di natura temporale e non spirituale, deve essere oggetto di una questione politica e non oggetto di una questione religiosa, anche se tale il mio antenato Tutuano stabilì che fosse. La classe sacerdotale, come sbagliò allora, accettando di far suo un diritto che non le competeva; così continua ad errare oggi, ogniqualvolta essa se ne avvale. A mio avviso, è evidente che il mio antenato Tutuano commise un grande abuso, quando pretese ed ottenne la repressione della libera iniziativa dei sovrani che sarebbero dovuti succedergli in futuro, vincolandoli alla pessima legge da lui ideata.»

«Lo penso anch'io, figlio mio. Invece, nonostante ciò, le cose sono procedute sempre come la sua legge ha voluto che andassero. Ma non ci possiamo fare niente, purtroppo!»

«Secondo me, madre mia, un re è sempre liberissimo di rivedere le leggi dei suoi antenati, per una loro revisione. Stupida ed iniqua, poi, è quella legge che mira a soffocare la libertà di amare del sovrano e ad insidiare la sua felicità. Perciò, lotterò a oltranza e con tutte le mie forze, affinché tale legge venga bandita dal reame di Actina. La mia convinzione è che un sovrano, in qualunque città governi, debba potersi sposare con chi vuole e come meglio gli aggrada, senza farsi porre il bastone tra le ruote dalla classe sacerdotale, magari scavalcandola!»

«Figlio mio, ho paura che non conseguirai nessun risultato positivo nel tuo nobile intento. Altri sovrani, pur godendo la massima stima presso la classe sacerdotale, non sono stati ascoltati da essa, quando hanno chiesto la cancellazione della legge in questione dal Registro delle Leggi religiose. Più difficile sarà specialmente per te, che sei stimato presso tale casta un re trovatello, degno di nessuna considerazione. Sono sicura che il tono della risposta dei sacerdoti sarà molto caustico nei tuoi confronti. Essi coglieranno l'occasione per colpirti duramente dove ritengono che sia il tuo punto vulnerabile. Cioè, si metteranno a rinfacciarti la tua inesperienza governativa, nonché ti richiameranno ai tuoi doveri di sovrano. Infine concluderanno che, anziché darti a rivoluzionare le leggi già esistenti, frutto dell'antica sapienza, sarà utile, per la comunità e per te, che tu ti erudisca in esse e ne faccia gran tesoro. Non sappiamo neppure quant'altro ancora essi saranno capaci di mettere in mezzo, pur di farti sentire a disagio! Adesso, con il solo scopo di convincerti che il tuo tentativo risulterà indubbiamente vano, passo a raccontarti quanto già accadde tanti anni fa al tuo esemplare genitore, a causa sempre della dura legge di Tutuano.»

Così la principessa Talinda, già regina della Città Santa, si mise a narrare al figlio Francide una storia, la quale si sarebbe presentata allo stesso tempo affascinante e drammatica. Ne erano stati i protagonisti infelici il suo defunto consorte Godian e la sua amata Flesia, i quali erano stati bersagliati tragicamente dalla Legge di Tutuano. Da parte nostra, l'apprenderemo non come narrata dalla madre di Francide; ma andremo a rinvenirla nel suo recente passato, ossia quando essa si era svolta. Per la quale ragione, ci toccherà ascoltarla dal narratore come fatto antecedente al presente della nostra storia principale.