213°-MATARUM, IL DIO ADORATO NELL’EDELCADIA

Matarum! Ecco un nome, di cui già abbiamo sentito parlare in più di una occasione. Inoltre, ogni volta che esso è stato citato o invocato dalla gente, abbiamo avuto la netta sensazione di trovarci di fronte ad una divinità di grande rilievo. Perciò non a torto abbiamo avvertito nel suo nome la presenza di una prodigiosa forza divina. Più in particolare, ci è stato permesso di ravvisarla come la principale divinità dell’Edelcadia, dove i suoi abitanti le riservavano il massimo rispetto e si beavano, al solo sentire pronunciare il suo nome. Infatti, unitamente alla loro venerazione, i nove popoli edelcadici gli conferivano con deferenza tanti appellativi elogiativi, alcuni dei quali erano i seguenti: "Ristoratore dello Spirito, Fonte di Consolazione, Terrore del Male, Signore indiscusso della Vita e della Morte". Inoltre, con l'attribuzione di tali epiteti positivi, essi gli esprimevano con fervore la loro somma fiducia e la loro gratitudine, la loro adorazione e la loro più sincera devozione. Dopo questi accenni, giustamente ognuno di noi è portato a credere che si stia al cospetto di una illustre divinità. Ebbene, non potrebbe essere altrimenti, come ci renderemo conto tra poco. A volerlo meglio comprendere, Matarum è un dio con tutte le carte in regola, un dio che ha anche una sua meravigliosa leggenda, quella che i popoli dell'Edelcadia da secoli si tramandavano da una generazione all'altra. La quale, almeno sotto certi aspetti, senza dubbio ha del fascinoso, dell'incredibile e dello sbalorditivo.

Dunque, essendoci resi conto che Matarum è una eminente divinità con una propria straordinaria importanza nell'Edelcadia, è doveroso presentarlo nella sua espressione grandiosa, allo scopo di apprenderne la storia e le immense ricchezze di natura spirituale, che gli spettavano di diritto. Per tale motivo, affrettiamoci a conoscere gli episodi salienti della sua leggenda, i quali alla fine coinvolgeranno l’intera nostra sfera emotiva. Soprattutto ci toccheranno in tutti quei sani sentimenti, che non smettiamo di coltivare nel segreto del nostro intimo. Essi, pur nella loro frammentarietà e nella loro compendiosa esposizione, saranno seguiti da noi con passione e con interesse, oltre che con l’intima soddisfazione di essere stati i fortunati conoscitori della storia di un celeberrimo dio.

I primi indizi della leggendaria divinità risalivano ad un tempo così remoto, che non lo si poteva rintracciare in nessuna maniera. Perciò si presentava irreperibile ed irraggiungibile, in qualsiasi modo si tentasse di pervenire ad esso. A quell’epoca, esistevano due forze prime: quella del bene, la quale veniva rappresentata dal dio positivo Matarum, e quella del male, che furoreggiava nel dio negativo Strocton. Entrambe le divinità antagoniste erano parimenti invisibili e spirituali. Se la prima abitava gli smaglianti firmamenti, che si estendevano sopra la superficie terrestre; la seconda dimorava nei profondi abissi del mare e nelle viscere della terra, ritenendo quei luoghi più idonei ad ospitarla degnamente. All’inizio, di comune accordo, esse si erano impegnate a lasciare indisturbati i popoli della terra, senza intervenire nelle loro vicissitudini e nelle loro decisioni, permettendo a tutti loro di fare uso del libero arbitrio. Ma finché era perdurata l'intesa che c’era stata tra le due divinità, la gente era cresciuta buona, devota, timorata degli dèi e riconoscente verso il dio loro creatore. Gli uomini della terra non si erano neppure sognati di peccare in qualche modo. Si poteva affermare che neppure sapevano cosa significasse il termine "peccato", essendo stato esso bandito dal loro comportamento! Un simile fatto, però, non riuscendogli per niente gradito, era andato suscitando una stizza sempre maggiore nel divino Strocton. Egli, alla fine, non ne aveva potuto più e, sbottando in un bollente risentimento, aveva tolto ogni guinzaglio alla sua rabbia. Per cui essa aveva finito per scatenarsi nell'attuazione dei più iniqui disegni.

Così, dopo avere assunto le spoglie umane, il dio del male se n'era andato percorrendo in lungo e in largo tutte le regioni della terra, spargendo in ogni loro contrada semi di odio, di invidia e di cruente guerre fratricide. Quando poi tali semi erano germogliati in ogni animo umano, si erano viste tutte le parti del mondo cambiare totalmente il loro aspetto. La sua primitiva serenità era stata soppiantata da una bolgia infernale, la quale non prevedeva soste nella sua degenere opera di corruzione dilagante. Gli uomini, divorziando dalla loro vita agreste e pastorale, che avevano privilegiato fino a quel momento, si erano dati ad una intensa attività guerresca. Essi non si erano più preoccupati che i loro campi biondeggiassero di messi dorate; bensì avevano badato soltanto ad insozzarli con il loro sangue vermiglio e a disseminarli dei loro innumerevoli cadaveri. Su ciascuno agglomerato urbano, ad un certo punto, erano piombate la devastazione e la desolazione. Infine, quando il caos era subentrato all'armonia, erano andate allignando in ogni angolo della terra le peggiori brutture esistenti.

Oramai l'uomo non si riconosceva più, da quando aveva smarrito la sana ragione e cercava di annaspare esclusivamente nel torbido, attività che adesso gli era diventata congeniale. Per il qual motivo, il suo animo di un tempo, ossia quello laborioso e proclive al bene, aveva smesso di esistere. Anzi, esso si era trasformato in un coacervo dei vizi più pestilenziali, i quali lo spingevano a commettere azioni talmente nefande, da fare inorridire perfino le bestie più feroci! Anche i fratelli non si sentivano più di appartenere allo stesso sangue, perciò non rinunciavano a combattersi l'un l'altro, come nemici di vecchia ruggine e in modo sleale. Per loro era importante soprattutto l’accaparrarsi per primi anche una sola manciata di lenticchie o il persistere nel loro futile orgoglio, che appariva sempre meschino e privo di senso. Non bastando tali cose abominevoli, l'avidità e la sete di conquista erano divenute qualcosa d'irrinunciabile per parecchi uomini. Essi miravano soltanto ad arricchirsi a spese del prossimo oppure ad assoggettare gli altri al proprio dominio. Ma siccome la ricchezza e la conquista non potevano che risultare monopolio di poche persone, quelle che ne erano state escluse avevano iniziato a perpetrare i misfatti più orrendi. Con il loro nuovo atteggiamento, esse contravvenivano alle leggi morali e peccavano in ogni altro modo, senza mostrare alcun pudore nell'agire in quella lercia maniera.

Il comportamento scorretto di Strocton aveva prodotto un'amarezza profonda nel dio Matarum. Perciò, evitando di indugiare oltre, anch'egli si era umanato ed era sceso in campo per competere con foga con l'infido rivale, ricorrendo a tutti i poteri di cui disponeva. A tale sua iniziativa, erano seguiti dei lunghi anni di turbolenza e di burrasca, i quali avevano visto le due divinità impegnate in una lotta senza quartiere, mentre si affrontavano. Così le loro varie operazioni di lotta si erano svolte su larga scala, per cui obbligatoriamente avevano coinvolto tutte le regioni della terra, comprese quelle polari e desertiche, sebbene in queste ultime ci abitasse un numero esiguo di persone. Spesso ai loro dissidi avevano partecipato anche le popolazioni di simili zone; ma esse avevano sempre preferito schierarsi dalla parte di Strocton, che era il dio del male. Costui, mostrandosi più esperto in macchinazioni di ogni tipo, riusciva ad attrarli dalla sua parte più facilmente del proprio rivale. Ciò era dovuto al fatto che egli offriva agli uomini della terra le cose che più gli stavano a cuore, ossia l'effimero godimento dei sensi ed ogni altro benessere costituito di fuoco fatuo. Invece il dio Matarum poteva promettere alla gente la sola serenità spirituale e la salvezza eterna dell'anima. Entrambe le cose, ovviamente, dovevano essere guadagnate, dandosi a percorrere sentieri angusti e spinosi, oltre che ripidi e quasi irraggiungibili. Per cui doveva esserci da parte loro una dura ed estenuante fatica, se intendevano pervenire ad essi al fine di goderseli.

Durante la sua vita nelle vesti di un essere umano, il dio Matarum aveva conosciuto Actina, la quale era una contadina umile e virtuosa. Ella, per le sue amabili doti di semplicità e di bontà, era riuscita ad affascinarlo a prima vista e a farsi anche sposare da lui. In verità, il dio non le aveva nascosto né la sua natura divina né lo scopo della sua missione sulla terra, in qualità di dio incarnato. La caritatevole donna allora si era adoperata per incitare in continuazione il divino consorte e per sostenerlo nella sua indefessa opera di redenzione delle anime. Ella aveva perfino cercato di consolarlo in quei momenti difficili, nei quali egli cominciava a perdere ogni fiducia nel genere umano. Anzi, a causa del loro agire deviante, il dio Matarum si sentiva insoddisfatto ed abbacchiato. Di conseguenza, anche Actina, poiché seguiva ovunque il divino marito, era stata costretta a soffrire le stesse umiliazioni e delusioni, a cui egli andava incontro per colpa del maligno dio suo avversario. Ma era stata quasi sempre lei ad infervorarlo nella lotta e ad invitarlo a non indietreggiare di fronte al diabolico nemico Strocton. Lo aveva perfino incitato con tutte le sue forze a persistere in essa, finché non avesse visto crollare definitivamente il divino macchinatore del male. Inoltre, si poteva affermare senz’ombra di dubbio che l'intera pazienza del dio Matarum era poggiata proprio sull'opera di persuasione della contadinella, dal momento che spesse volte egli si era riproposto di tralasciare l'impresa. Se davvero lo avesse fatto, il dio benefico se ne sarebbe ritornato direttamente nella sua beatitudine celeste, cessando così di curarsi dell'indegna razza umana e di dedicarsi ad essa, allo scopo di salvarla. Ad Actina, dunque, andava il merito, se il divino Matarum non aveva ancora stabilito di mollare la competizione contro il rivale Strocton e di abbandonare la gente della terra a marcire nel peccato e a dannarsi per l’eternità. Per questa ragione, il dio del male non aveva potuto avere campo libero per portare avanti a vele spiegate il suo iniquo progetto. Attraverso il quale, egli intendeva indurre gli uomini della terra al traviamento totale, trascinandolo nella perversione più peccaminosa. Invece aveva dovuto fare i conti con un avversario che, nel combatterlo strenuamente, non gli dava tregua e lo incalzava con determinazione ogni attimo della sua esistenza.

Andando raminghi per il mondo, alla ricerca di anime da redimere dal male e da strappare al suo nemico Strocton, il dio Matarum e la consorte Actina alla fine erano giunti in una zona vastissima e pianeggiante, la quale era situata nella parte più orientale dell'Edelcadia. Il fecondo e lussureggiante bassopiano, ricco di bellezze naturali e di frutteti di ogni specie, aveva calamitato l'interesse dei due coniugi. Perciò essi avevano deciso di costruirvi la loro stabile dimora. Da allora in avanti, però, si sarebbe dedicato il solo dio Matarum all'opera di redenzione della gente dai loro peccati. Invece Actina, essendo apparsa stanca e assai provata negli ultimi tempi, sarebbe rimasta a casa ad accudire alle faccende domestiche. Ma si era presa quella nuova soluzione in seno alla loro coppia, per espresso volere del divino consorte, il quale intendeva far riposare la virtuosa moglie. Per questo, da quel momento in poi, ella ogni sera aveva aspettato con ansia e trepidazione il ritorno dell'amato marito dalle sue lunghe peregrinazioni, quelle che egli dedicava esclusivamente alla salvezza dell'umanità. Nella regione edelcadica, l'opera di conversione portata avanti dal dio del bene era iniziata proprio in quella località, dove essi si erano sistemati stabilmente, i cui abitanti già avevano subito l'influsso malefico di Strocton. Essi, affetti com'erano dalla cancrena del peccato, vivevano nella corruttela dei costumi, oltre che in uno sbandamento morale e religioso. Per questo ignoravano del tutto gli ideali più nobili e le virtù più sacre. Allora, in ogni angolo del posto, il dio Matarum si era dato a fare la sua comparsa giornaliera e vi aveva iniziato una forte attività di purificazione delle coscienze, liberandole da ogni egoismo e da quanto era da considerarsi reprobo e blasfemo. Agendo in quel modo, egli era riuscito alla fine a riscuotere ottimi risultati. Infatti, il dio aveva fatto ritornare negli uomini il gusto del bene, l'amore per il prossimo e la dedizione al lavoro.

A quel punto. gli Edelcadi avevano ricominciato a prediligere tali cose e a metterle in pratica nella loro vita quotidiana. Invece in quel luogo dove il dio aveva trovato delle persone di fiducia del rivale, chiamate dalla gente sciamani, non aveva esitato a svergognare la loro abietta opera mistificatoria. La quale, ricorrendo a prodigi mirabolanti, tendeva a trascinare le menti umane verso il peccato. Ma egli aveva ridotto all'impotenza tali stregoni proprio davanti alle folle stupefatte e li aveva poi sfidati a riappropriarsi dei loro poteri perduti, pur ricorrendo all'aiuto del loro protettore. Invece il loro ricorso a quella stessa forza malefica che prima li aveva investiti dei loro poteri, era risultato del tutto vano. Per questo essi, dopo essere stati sbugiardati e ridicolizzati in maniera avvilente dal divino Matarum, all'istante avevano smesso ogni loro empia attività per conto del loro ex protettore divino. Inoltre, avevano iniziato a predicare il bene e la giustizia fra tutta la gente del luogo. Solamente così essa era ridiventata buona, laboriosa e interamente votata al senso etico e religioso. Com'era da prevedersi, la loro conversione al bene e alle opere giuste era venuta a gratificare il benefico dio oltre ogni immaginazione. Egli, a tale radicale cambiamento della gente residente nella regione, se ne era sommamente inorgoglito, oltre che provarne una immensa soddisfazione.


Quel primo successo del suo capace antagonista, il quale aveva riacquistato credibilità proprio in quell'area a lui più cara, aveva fatto andare su tutte le furie il dio Strocton, facendolo diventare simile ad un cane idrofobo. Perciò erano venuti a germinare in lui molto livore per l'avversario e un tremendo desiderio di vendetta nei confronti di tutti coloro che lo avevano assecondato. Così, in una notte illune, quando essi se la dormivano e non se l'aspettavano, il dio malefico aveva deciso di vendicarsi di quegli uomini e di punirli per il loro improvviso voltafaccia. Lo scellerato dio, però, era immemore che il rivale Matarum dimorava proprio fra quella gente che egli intendeva castigare, senza tener conto che la reazione del rivale ci sarebbe stata senz'altro al momento opportuno. Anzi, essa avrebbe controbilanciato la sua furia distruttiva, riportando alla normalità l'ordine naturale che egli aveva deciso di stravolgere. Ciò nonostante, egli non si era lasciato impressionare dalla sua presenza ed ugualmente si era messo ad attuare il proprio infame progetto punitivo, pur di dare sfogo alla sua furiosa smania vendicativa.

Si era nel mezzo dell’estate e la notte era ormai fonda, quando il dio Strocton aveva dato inizio alla sua vendetta. A quell’ora, un buio cieco e un silenzio sepolcrale avvolgevano ogni cosa, mentre un sonno profondo si era insediato da tempo in ogni essere vivente. Di schianto, il perfido dio del male si era messo a scatenare l'inferno dappertutto. Perciò numerosi e continui lampi, con la loro sinistra luce azzurrognola, si erano dati a squarciare il plumbeo cielo e ad abbagliare ogni cosa ad esso sottostante. A ciascun loro lampeggiamento, che guizzava violento ed accecante dalla livida volta celeste, seguiva di risposta un rombo assordante di tuono, che si dava a rimbombare nel buio pesto notturno in modo orrido e rabbioso. Soltanto in seguito avevano fatto la loro apparizione anche una pioggia torrenziale e un vento turbolento. Se la prima seguitava ad affliggere le contrade sottostanti con scrosci abbondanti ed interminabili; il secondo, esprimendosi con raffiche devastatrici, non smetteva di soffiare e di ululare ovunque in modo spaventoso. Agendo in quel modo inconsueto, esso continuava ad atterrire le persone e gli animali della regione, che ne venivano implicati senza poter far nulla per liberarsene. Insomma, la furia degli elementi si mostrava con una ridda e una conflittualità tali, da fare immaginare che dappertutto si fosse scatenato un autentico finimondo. Invece il peggio doveva ancora arrivare, considerato che quell'infuriare senza pausa della natura lo si poteva paragonare ad un nubifragio poco più dell'usuale, pur presentandosi di dimensioni e di intensità parecchio fuori del comune.

La notturna tempesta, quindi, durava già da qualche ora, allorquando ogni corso d'acqua della regione, dopo essersi ingrossato, aveva iniziato a tracimare, inondando i campi e i villaggi che erano situati nella pianura. Inoltre, a mano a mano che i minuti trascorrevano uno dopo l’altro, l'acqua andava aumentando sempre più di livello. A quel punto, la spaurita gente, per evitare di morire annegata, aveva abbandonato le loro abitazioni e si era rifugiata sopra i rami più alti degli alberi. Stando poi lassù zuppa fradicia e tremante, essa sperava che le esondazioni fluviali non le arrecassero problemi ancora più seri di quelli che già avevano. In seguito, prima ancora che il pericolo potesse provenire dalle inondazioni a quelle persone che avevano trovato rifugio sopra le cime arboree, un furioso tornado aveva incominciato a sbatterle e ad agitarle come fuscelli, mettendo a repentaglio le vite di quelle persone che vi avevano trovato rifugio, standovi aggrappate a malapena. Il ciclonico movimento d’aria, come se lo facesse apposta, si dava un gran daffare, anzi ce la metteva tutta, pur di far cadere in acqua quelli che si tenevano avvinghiati alle ramificazioni più alte degli alberi, mediante una stretta disperata. Nel frattempo, i numerosi derelitti, vedendosi in pericolo, rivolgevano varie preghiere al loro dio protettore, affinché intervenisse assai presto in loro soccorso e li tirasse fuori dalla loro fragile situazione, la quale oramai si era fatta pericolosa e non più sostenibile.

Ma si poteva sapere dov'era finito il divino Matarum, intanto che quella specie di diluvio universale si abbatteva sulle terre dove abitava anch’egli? Come mai permetteva che il rivale Strocton, indisturbato e a suo piacimento, tartassasse tante povere anime terrorizzate, le quali avevano confidato tantissimo in lui e nella sua protezione? In verità, egli non si era accorto delle manovre vessatorie dell'avversario, ad esclusivo danno dei suoi devoti fedeli. Riposando nella sua abitazione e tradito da un sonno invincibile, il dio aveva ritenuto che quel temporale fosse nient'altro che la solita espressione naturale di un tempo meteorologico eccessivamente perturbato. Perciò giammai avrebbe immaginato che si potesse trattare di una forzatura operata da Strocton sulle condizioni meteorologiche della loro regione, al fine di punire quanti si erano rimangiata la fiducia che gli avevano accordata. Anche perché l'invadente alluvione non lo aveva messo sul chi va là, sia al suo esordio sia mentre si svolgeva, per il semplice fatto che non aveva investito parimenti la sua dimora. Anzi, quella massa di acqua si era tenuta ad un centinaio di metri di distanza dal luogo in cui egli dormiva placidamente, come per dimostrare il loro rispetto dovuto alla divinità che vi abitava.

Quindi, solo più tardi, ossia dopo che era stato raggiunto dalle suppliche angosciate di quanti gli erano devoti, il divino Matarum aveva finalmente compreso che quello strano fenomeno atmosferico era da imputarsi alla malvagità di Strocton. Per questo aveva stabilito di recare subito il suo soccorso a tante persone, che erano in preda alla disperazione più folle. Difatti gli sventurati stavano compiendo sforzi sovrumani, pur di resistere e sopravvivere a quella calamità naturale, la quale tentava di sopprimerli ad ogni costo. I loro volti atterriti lo avevano impressionato parecchio, dopo che egli vi aveva letto le crudeli tribolazioni provocate ai derelitti dal macabro spettacolo. Quest'ultimo, in quel momento, si dava ad imporre loro una natura impazzita e dedita ad ogni tipo di violenza e di sconquasso. Così, dopo essersi adirato a causa della loro infelice situazione, senza sciupare altro tempo prezioso, il dio del bene si era messo subito all'opera. Con essa intendeva portare ai suoi devoti il necessario aiuto che li avrebbe risollevati dalle loro innumerevoli disgrazie, le quali da tempo non smettevano di abbattersi su di loro.

Una volta che si era munito del suo scettro divino, il dio Matarum era volato nella parte più alta dell'atmosfera, quella che si trovava al di sopra delle nuvole. Da lassù, poi, aveva iniziato ad impartire i suoi ordini perentori agli eccitatissimi elementi della natura, dimodoché la bonaccia ritornasse a regnare in ogni zona. Per prima cosa, il dio aveva fatto cessare la pioggia scrosciante, obbligando le convulse nubi gravide di bufera a diradarsi e a disperdersi. Successivamente, egli aveva rampognato sia le folgori che i tuoni, invitando le une e gli altri a cessare di sbigottire gli esseri viventi, fossero essi uomini o animali. Aveva ordinato alle prime di non accecarli con i loro abbagliamenti e ai secondi di non assordarli con i loro boati. Alla fine il divino Matarum si era dato ad ammansire il rabbuffante vento, il quale seguitava a rumoreggiare con il suo urlio forsennato. Esso, infatti, persisteva sdegnosamente nel riempire ogni angolo dell'allagata piana di mille frastuoni e clamori.

Dopo aver raggiunto tale obiettivo, il dio si era dedicato a prosciugare le molte terre inondate, squarciando in più punti la crosta terrestre in modo profondo e convogliandovi la totalità delle limacciose acque, le quali si scorgevano sparse dappertutto. A prosciugamento avvenuto, egli non aveva dimenticato di richiudere gli ampi ed estesi crepacci, a cui prima aveva dato origine, appunto per consentire una perfetta bonifica di tutte le zone allagate della regione, liberandole dalle abbondanti acque. Intanto che lavorava di buona lena, al fine di riportare all’ordine originario quei luoghi colpiti dall'imperversante caos naturale, il divino Matarum aveva dovuto anche respingere i vari attacchi che gli erano stati mossi contro dal dio Strocton. Costui aveva cercato di contrastare l'opera di bonifica del rivale, mediante interventi che miravano ad ottenere dei risultati contrari. Si era trattato di obiettivi, i quali si palesavano esattamente l'opposto di quelli che si prefiggeva il dio benefico. Per la quale ragione, ne era scaturita una vera lotta fra le due potenti divinità, che erano impegnate nella contesa con assalti diretti. Quindi, essi si erano dimostrati formidabilmente aggressivi da entrambe le parti, senza che nessuno dei due divini contendenti accennasse a lesinare impegno ed energie oppure a desistere e a farsi da parte.

In quell'occasione, la brutalità e la perfidia del dio malefico si erano dimostrate talmente provocatorie, che alla fine il dio Matarum non aveva potuto fare a meno di ricorrere ai suoi superpoteri straordinari per impartirgli una lezione coi fiocchi. Subito dopo, perciò, lo aveva investito con una scarica energetica di altissimo potenziale. Essa, oltre che neutralizzargli ogni potere che era in suo possesso, lo aveva perfino fatto sentire come inebetito, poiché lo aveva privato della facoltà di intendere e di volere. Quando poi il dio del male si era ripreso da quella pesante batosta, lo si era scorto battere in ritirata alla svelta e con la coda fra le gambe! I suoi pensieri furenti, però, in quel momento di sdegno e di sconforto, già avevano badato a meditare ben altro, che si sarebbe rivelato molto brutto! Si era trattato di qualcosa che aveva l'inequivocabile sapore di una nuova e più tremenda vendetta. Infatti, il dio Strocton, manifestandosi tutto fremente d’ira, per essere stato costretto dal rivale a ritirarsi dalla contesa, si era riproposto di vendicarsi contro la sua consorte. Ma la sua rivalsa, senza dubbio, sarebbe risultata troppo meschina ed ignobile, per cui essa lo avrebbe anche trascinato direttamente verso il proprio annientamento, visto che in tal modo avrebbe finalmente deciso lo spazientito suo avversario giustiziere!


Una sera, quando il suo divino consorte non era ancora rientrato dalla sua opera di conversione delle genti, il dio negativo aveva deciso di approfittarne per compiere la sua bastarda vendetta trasversale contro la povera Actina, per essere ella l’umana moglie del suo divino nemico. Con essa, egli si era proposto di punire per via indiretta il divino Matarum, dal momento che il dio positivo l'amava immensamente. In quella parte del giorno, Actina si trovava sola in casa e stava preparando la cena per il dio suo marito, quando la porta di casa si era aperta all’improvviso e con la massima violenza. Subito dopo, un uomo vi aveva fatto la sua comparsa, la quale si era dimostrata quasi una invasione. Egli, sia nei modi che nei gesti, manifestava una sfrontatezza riluttante. Allora la giovane donna, a quella apparizione truce e repentina, si era ritirata abbastanza scossa nel fondo della stanza. Ma poi la padrona di casa, facendosi un po' animo, aveva domandato all'intruso sconosciuto:

«Chi sei e cosa vuoi?! Sappi che non è questo il modo di presentarti in casa di gente che non conosci! Non hai bussato alla porta e neppure hai chiesto il permesso di entrare! Si può sapere a cosa è dovuta la tua irruzione improvvisa in casa mia? Comunque, sappi che mio marito sta per rincasare e non devi farti trovare qui a quest’ora di notte! Se poi hai da chiedere qualcosa a lui, ti tocca tornare domattina per parlargli!»

Lo sconosciuto, invece, mostrando il volto terreo di un energumeno e non tenendo conto delle parole della disorientata donna, le aveva risposto senza mezzi termini:

«Possibile che tu non abbia riconosciuto in me chi è venuto a recarti la morte proprio nella tua casa? Come ti ho appena palesato, sono il tuo assassino! Se poi ignori lo scopo della mia visita, sappi che molto presto ti assalirò, ti strangolerò, ti ucciderò, ti farò sparire per sempre dalla faccia della terra! Comunque, non può essere che tu non conosca il vero motivo per il quale lo farò, stolta contadina!»

L'uomo aveva pronunciato le sue parole, tra ridacchiamenti sadici e malvagi, i quali subito avevano iniziato a far sudare freddo colei che per sfortuna era costretta a subirli. Inoltre, un senso di gelido terrore aveva attraversato da capo a piedi la disgraziata donna. La quale nel contempo era rimasta allibita e stravolta, a causa delle frasi minacciose dell'ignoto forestiero. Ma costui, poco dopo, facendo schizzare da sé molto sarcasmo e ferocia in quantità eccessiva, alla sua spaventata interlocutrice, che continuava a mostrarsi scioccata e senza parole, aveva ripigliato ad esprimersi in questa maniera:

«Non avevo mai visto un topo talmente illuso, da volere arrestare addirittura la rapida cavalcata di un focoso destriero. Perciò quel minuscolo ratto, per averci provato con sfrontatezza, si prepari adesso a pagare con la vita la sua utopistica idea! Sappi che saranno queste mie mani punitrici a versare in te, una goccia per volta e in modo assai tremendo, quello che sarà il tuo sonno eterno della morte!»

Subito dopo, il dio Strocton si era scagliato con veemenza belluina contro la disgraziata donna, ghermendola con le sue manacce assassine. Di lì a poco, si era dato a tempestarla di calci e di pugni selvaggi, arrecandole un mare di dolorose ferite. Infine egli era passato a maltrattarla con la brutalità più abominevole. Prendendole il collo con le mani, aveva cominciato ad esercitare intorno ad esso una pressione sempre più forte e più soffocante. Intanto che lo faceva, egli provava un piacere sadico.

Actina, da parte sua, mentre si opponeva con sforzi inefficienti alla stretta strangolatoria dello sconosciuto, si era messa ad urlare disperatamente. Ma ella indarno aveva strepitato, si era dimenata ed aveva cercato di divincolarsi dal suo feroce carnefice. Invece nei suoi occhi sbarrati si potevano già leggere un agghiacciante sgomento ed una forte opposizione all'idea di venir meno per sempre al suo amato marito. Oramai anche la sua voce era cominciata ad affiochire sempre di più; anzi, ad un tratto, essa era sembrata che si stesse calando lentamente nel cieco cunicolo di un pozzo profondo. Al termine del suo martirio, la vita era apparsa quasi spenta nei suoi occhi smarriti, i quali non si erano mai voluti allontanare dalla porta di ingresso, poiché da essa desideravano vedere apparire il divino consorte. Invece, quando alla fine essi erano riusciti a scorgerlo, la morte li aveva appena chiusi per sempre, trascinandoli nell'oblio di ogni cosa. Difatti il dio Matarum era comparso sull'uscio di casa, simultaneamente al decesso della sventurata moglie, divenuta vittima del suo carnefice.

Nello scorgere la sua amata Actina così barbaramente brutalizzata e accasciata per terra strozzata, un immane dolore era venuto a prodursi nel dio del bene. Inoltre, la collera aveva fatto dileguare in lui ogni traccia di umanazione, per cui egli aveva riacquistato la sua divinità. Stavolta, però, essa si era mostrata propensa non solo a largire la bontà, bensì anche ad amministrare la giustizia. Ma quest'ultima si sarebbe dovuta incaricare di punire severamente il colpevole dell’atroce efferatezza a cui aveva assistito. Allora, con voce sdegnosa oltre che imperiosa, il divino Matarum aveva esclamato al suo irriducibile avversario: "Che cessi qui la tua empietà, maligno Strocton! Vigliaccamente hai superato ogni limite nell'abusare della mia pazienza, che ho sempre cercato di non perdere. Adesso, però, prepàrati a pagare il tuo bastardo abuso per sempre. Quindi, il baratro più profondo della terra ti ingoi e ti consegni alle sue tenebre il più a lungo possibile!" Un attimo dopo che il dio Matarum si era espresso in quel modo, una ridda sfrenata di fragorosi tuoni e di sinistri lampeggiamenti, scatenando ovunque un panico incontrollato, aveva fatto tremare tanto gli uomini quanto gli animali e le cose. Nello stesso tempo, si era vista la terra squarciarsi sotto i piedi del dio Strocton, formando una voragine immensa e senza fondo. Così essa lo aveva inghiottito rapidamente con voracità infernale.

Dopo aver punito il dio malefico suo rivale, il divino Matarum, data una degna sepoltura ad Actina, era asceso al cielo. Accanto al dio benefico, era apparsa pure lo spirito immortale della sua consorte. Perciò gli abitanti della regione erano stati testimoni dell'evento prodigioso ed avevano scorto lo spettro sorridente della contadina, mentre volava in sua compagnia. Allora, in suo onore, essi avevano fondato in quel luogo una città, alla quale era stato dato il nome della donna amata dal dio, cioè Actina. Dentro le sue mura, avevano anche edificato un maestoso tempio e lo avevano dedicato al dio Matarum, dove tutti gli Edelcadi avevano iniziato ad adorarlo con grande umiltà e con accesa devozione.