211°-MENTRE IVEONTE CERCA KRONEL, IL DIO KRON SI MOSTRA INQUIETO

Dopo essersi lanciato alla ricerca della sua prodigiosa spada, che rappresentava la sua diva protettrice, ovviamente guidato dall’anello fatato, Iveonte ben presto si ritrovò in quella parte della selva, la quale ora veniva controllata dall'influsso malefico del dio Furor. In tale circostanza, il giovane era tenuto rigorosamente sott'occhio dal dio negativo. Costui, proprio mentre lo seguiva, si trovava con la diva Kronel. Adesso, avanzando in quella zona pericolosa, Iveonte non poté fare a meno di restarne inorridito, a causa della presenza in quel luogo di tanti corpi animali privati della vita, la cui arcana morte dava da pensare parecchio. Mostrando degli aspetti orribili e traumatizzanti, essi apparivano come se fossero stati mummificati; anzi, erano stati addirittura tramutati in statue di pietra. Per questo sui loro volti vi restavano impresse in modo indelebile le dolorose espressioni di sofferenza e di disperazione. Le quali erano quelle che un tempo erano state provate da tutti loro realmente, mentre in quel momento sembravano racchiuse in immagini espressive refrattarie ad ogni mutevolezza, che di solito deriva alle cose dal tempo. Osservandole, l'impavido giovane si andava domandando chi o che cosa avesse prodotto in quegli esseri una simile trasformazione, dopo avere inflitto ai loro corpi vari atroci tormenti. Ma poi comprese che la risposta poteva essere una sola, oltre che indubitabile. A suo avviso, di sicuro era stata la stessa divinità malefica che stava inseguendo a ridurre i corpi di tanti esseri animali ed umani in uno stato simile. Egli si riferiva al dio negativo, il quale prima aveva tramato contro la sua Kronel e in seguito era passato a rapirgliela vigliaccamente.

Intanto che transitava imperterrito attraverso quella selva, la quale non si presentava illuminata a sufficienza ed era in grado di offrirgli esclusivamente spettacoli terrifici, all'improvviso l’ardito Iveonte si sentì rinchiudere in un campo di forza. Esso, esplicandosi intorno a lui a forma di campana, lo bloccava in modo da evitargli ogni movimento, qualunque veniva ad essere la sua direzione. Perciò, sebbene egli volesse andare avanti con decisione, tale forza non gli consentiva di fare neppure un passo, vietandogli a trecentosessanta gradi qualsiasi spostamento. Anzi, egli aveva la sensazione che le sue gambe fossero paralizzate o saldate al suolo, poiché gli veniva meno la capacità di fare anche pochi passi. Ma si poteva sapere chi lo bloccava? Aveva forse il rapitore della diva Kronel catturato pure lui? Invece un attimo dopo Iveonte si persuase che poteva essere stato solo l'anello a metterlo in quella situazione disagevole, non volendo farlo andare oltre per qualche motivo. Del resto, esso già si era comportato allo stesso modo con i suoi amici Francide e Astoride. Per cui l’attuale suo stato di immobilità non poteva essere spiegato in un modo differente. Con molte probabilità, il prodigioso amuleto si stava comportando in quella maniera nei suoi confronti a scopo cautelativo e a fin di bene per lui. Comunque, l'adirato Iveonte non aveva torto a formulare intorno all'anello una simile ipotesi, che poteva essere soltanto giusta! Difatti esso era intervenuto prontamente a premunirlo contro le perniciose creature del rivale di Kronel, non appena le aveva viste arrivare da lontano assai minacciose. Esse stavano per sopraggiungere in frotta, essendo intenzionate ad assalirlo e ad ucciderlo con i loro poteri letali, solidificanti e pietrificanti. Da parte nostra, invece, possiamo già prevedere che questa volta ai pericolosi Capsi non sarebbe andata bene, poiché non si sarebbe ripetuto il loro successo.

Quindi, era da poco tempo che durava la sua sosta forzata, allorché Iveonte scorse molti strani insetti che si dirigevano verso di lui. Essi, pur non avendo le ali, riuscivano a volare ugualmente, formando un unico gruppo; inoltre, manifestavano l'intenzione di prenderlo d'assalto. Quando poi lo sciame delle inanimate e venefiche bestioline di Furor gli si fu avvicinato abbastanza, furono esse ad avere una sgradita sorpresa. I piccoli volatili inanimati, a mano a mano che giungevano ad una distanza di due metri dalla preda che avevano presa di mira, esplodevano e si trasformavano in piccole nuvolette di fumo niveo. Subito dopo, però, si disintegravano e sparivano nel nulla. Alla fine, la stessa sorte toccò all'intero migliaio di Capsi, che erano stati inviati dal dio contro il pupillo della diva. Soltanto quando ci fu la loro totale distruzione, Iveonte avvertì che i suoi arti inferiori non erano più affetti da paralisi, essendo venuta meno in essi la precedente sintomatologia conclamata. Allora egli, senza perdere tempo, stabilì di rimettersi in cammino, seguendo la direzione che gli veniva indicata dal raggio verde, il quale, provenendo dall'anello, seguitava a fargli strada lungo il percorso.

Anche il dio Furor, strabuzzando gli occhi ed arrovellandosi come non mai, aveva assistito alla miserabile fine toccata a tutti i suoi Capsi ad opera dell'anello. Eppure egli si aspettava esattamente il contrario, se stava facendo assistere alla diva sua prigioniera la fine imminente del suo eroe. Stando alla sua convinzione, il giovane, in seguito alla visita delle sue creature, sarebbe dovuto finire davvero male! Invece quel differente epilogo della vicenda, il quale c'era stato proprio all’inverso di come si attendeva, non era stato da lui gradito per niente, per il fatto che esso lo aveva posto in ridicolo di fronte alla sorridente diva positiva. Perciò, come reazione immediata, si era infuriato al massimo. Ma un istante dopo, rivolgendosi alla sua giovane prigioniera, commentò:

«L'anello del tuo protetto mi ha sorpreso moltissimo, diva positiva. Se si tratta di un dono ricevuto da te, non riesco a spiegarmi come esso abbia potuto sconfiggere i miei Capsi! Il mio potente genitore mi ha sempre dato le più ampie garanzie che le creature di una divinità non possono essere distrutte da un'altra divinità di grado sia inferiore che pari; né tanto meno da creature che risultino dei loro prodotti! Perciò voglio aver chiarito da te perché mai non è avvenuto secondo ciò che mi aveva assicurato mio padre. C'è forse qualcos'altro che in precedenza mi è sfuggito su di te e che, contrariamente a tutte le mie previsioni, ha operato un simile prodigio? Chiariscimi subito questo particolare!»

«Mi fa piacere sentirti dire, Furor, che anch'io sono riuscita a sorprenderti, allo stesso modo che hai fatto tu con me, quando mi hai catturata. Mai nessuno mi aveva informata che esisteva per una divinità un altro modo di avvicinarsi ad un'altra essenza divina, senza venirne intercettata e percepita. Prima d'ora, sapevo che ciò si poteva ottenere, solo ricorrendo alla deicela, espediente che certamente anche tu conosci. Vedo, però, che sei disinformato, almeno per quanto riguarda i prodotti che risultano opere di divinità. Per questo ritengo che tu abbia bisogno di aggiornarti in merito, presuntuoso dio negativo, che, grazie agli ammaestramenti di tuo padre, ti credevi di essere a conoscenza di ogni cosa concernente le divinità! Al contrario, non è stato così!»

«Non lo credo affatto, diva positiva! Sono sicuro che qui non c’entra una mia disinformazione, in merito a quanto hai detto. Il mio genitore me ne avrebbe parlato senza meno, non potendo esserne all'oscuro! Penso invece che ci sia ben altro sotto. Mi vado anche domandando se sia un uomo il tuo eroe oppure è una divinità di grado superiore al mio, la quale, dopo essersi camuffata da Materiade del genere umano, si è poi cosparsa di essenza di deicela. Ma se così fosse, di certo essa non mi avrebbe permesso di farti prigioniera. Inoltre, con l'artificio della deicela, come sono riuscito a smascherare te, avrei fatto pure con l'ipotetica ignota divinità tua protettrice. Dunque, persistendo in me l'insolubilità del rebus riguardante il tuo misterioso pupillo, non mi resta che arrendermi. Sappi però che, dopo essere penetrato all'interno del mio antro, gli farò smettere per sempre di fare l'intrepido eroe. Anzi, prima di farlo pentire di aver messo piede nella mia dimora, mi divertirò con lui, esattamente come si comporta il gatto con il topo!»


Nel frattempo, in Luxan il dio Kron, stando nella sua dimora, si mostrava agitatissimo, al pensiero che la figlia si trovava in grave pericolo. Ciò, perché non poteva soccorrerla con i suoi iperpoteri primari, frantumando la protervia di quella divinità negativa maggiore, la quale aveva osato asservirla al suo potere. Per questo il dio del tempo trascorreva ogni suo attimo in un continuo andirivieni stizzoso e snervante. Il suo movimento, in verità, lo faceva somigliare ad una tigre che, restando rinchiusa in una gabbia angusta, va avanti e indietro, senza fermarsi un istante. Insieme con lui, c'erano la sua preoccupata moglie Ebla e il dio Osur, i quali seguivano anch'essi l'evolversi degli avvenimenti con grande apprensione. Ma l’una e l’altro, non potendo seguirla direttamente, partecipavano all'allarmante vicenda attraverso la manifesta gestualità dell’eccelsa divinità, che si esprimeva con toni cupi e adirati. Comunque, nemmeno il dio Kron poteva avere sottomano l'intero quadro della situazione, per cui era impossibilitato a seguirlo e a controllarlo. Ma attraverso il suo anello, era in grado di sorvegliare soltanto lo squarcio di selva percorso da Iveonte; ma non riusciva ancora ad ottenere dall'oggetto di propria fattura alcun ragguaglio sulla figlia Kronel e sul suo catturatore oppressore. La qual cosa lo teneva sulle spine e lo rendeva furioso al massimo, fino ad impensierirlo oltre ogni misura.

Nello stesso tempo, il dominatore del tempo si andava chiedendo perché mai la figlia, non appena aveva fiutato l'imminente pericolo, non si era fatta impugnare dal giovane amato. In quel modo, gli avrebbe permesso di seguirla nelle sue vicissitudini e di avere altresì il suo insuperabile appoggio. Infatti, solamente quando la spada si trovava a contatto dell'anello dell'eroe umano, egli poteva sia inquadrare la figlia sia trasmetterle i suoi straordinari poteri. Infine il dio Kron, ponendo fine al suo agitato movimento tigresco, con il quale seguitava a manifestare la sua rabbia e la sua spasmodica attesa, cercò di sfogarsi in qualche modo con qualcuno. Allora si diede a rimbrottare il suo divino messaggero:

«Perché, Osur, non hai informato il protetto di mia figlia che poteva ottenere dall'anello tutto l'aiuto che voleva, a patto però che egli gliene facesse espressa richiesta? Tu lo sapevi che non posso intervenire tramite il mio anello, se non mi viene esplicitamente chiesto da parte del suo possessore l'aiuto di cui necessita! Se invece tu lo avessi informato di ciò, adesso non starei qui a darmi un gran pensiero per mia figlia. Infatti, ci penserebbe lo stesso suo protetto a trarla fuori dai guai, essendo il giovane umano un tipo sveglio ed intraprendente, avendone già dato prova in passato!»

«Ero convinto, eccelso Kron, che l'anello dovesse servire soltanto a trasmettere alla diva Kronel i tuoi illimitati poteri e giammai avrei pensato che se ne potesse servire pure il suo pupillo! Se non erro, furono questi i tuoi ordini, quando mi inviasti alla ricerca di tua figlia. Allora neanche a te, come è successo a me dopo, balenò nella testa l'ipotesi che la tua ultimogenita, al momento del bisogno, potesse trovarsi nella impossibilità di ricongiungersi all'anello! La quale eventualità, a dispetto di ogni nostra precauzione presa a suo favore, si è verificata proprio oggi a danno di tua figlia. Comunque, allo stesso modo tuo, non riesco a capacitarmi come la sua cattura sia stata possibile!»

«Sì, è vero, mio nobile Osur! Non avevo preso in considerazione una tale casualità e perciò non ti avevo impartito anche un ordine in tal senso. Ti chiedo scusa, per averti assalito un po' bruscamente poco fa, senza neppure un giustificato motivo! Devi comprendere la mia ansia e la mia trepidazione che mi stanno assalendo in questo momento, le quali mi stanno facendo traballare il senso della garbatezza. Speriamo almeno che la spigliatezza della scaltra Kronel e l'intraprendenza dell'eroico giovane alla fine riescano a trovare una perfetta sinergia! Quest'ultima dovrà dimostrarsi atta a fare uscire mia figlia dal punto morto in cui ella si è avventatamente cacciata! Auguriamoci che ciò si avveri al più presto!»

«Secondo me, qui gatta ci cova, mio potentissimo dio del tempo! Conoscendo tua figlia Kronel, ella non si sarebbe mai fatta raggirare da nessuno; ma avrebbe fiutato il pericolo ad un milione di miglia di distanza! Ciò significa che è venuto a sorprenderla qualcosa, di cui si è resa conto nello stesso momento che ne veniva imbrigliata la sua fiera reazione. Lo consideri possibile anche tu un fatto del genere? Ad ogni modo, sono sicuro che la tua sagace figlia saprà cavarsela egregiamente, non appena ne avrà l'occasione. Vedrai che guiderà il suo Iveonte, che è straordinariamente in gamba, a compiere quegli accorti passi finalizzati sia a preservare la sua incolumità sia a liberare lei. Nel frattempo ci resta solo attendere che ciò si verifichi senza meno! Inoltre, siamo certi che nessuna forza maligna potrà aver ragione dell'eroe umano, essendo egli in possesso del tuo anello, il quale lo difenderà da qualunque pericolo che potrebbe minacciarlo!»

«Sai, Osur, stavo riflettendo su quanto prima hai ipotizzato circa la cattura di mia figlia, secondo cui ella si sia potuta trovare di fronte ad un fenomeno strano, che non le ha consentito di intercettare il nemico. Stando alle mie conoscenze, un fatto del genere non dovrebbe essere possibile. Ma se lo ammettiamo come accaduto a mia figlia, per il semplice fatto che ella non era il tipo da farsi incastrare da nessuna divinità, fosse essa pure di natura superiore, allora dobbiamo iniziare a preoccuparcene. In questo caso, dobbiamo ritenerlo un espediente messo a punto dall’unico dio che poteva riuscirci, ossia dal nostro sorvegliato speciale Buziur; però escludo, nella maniera più assoluta, che sia stato proprio lui a catturare mia figlia. Semmai sarà stato il suo quartogenito a farlo al posto del padre, considerato che gli altri suoi figli, dopo la distruzione del loro Impero dell'Ottaedro da parte delle nostre forze, hanno perso la facoltà di vivere in Kosmos, per cui adesso hanno dei seri problemi circa quanto attiene alla loro esistenza cosmica!»

«Allora, marito mio,» intervenne pure la consorte dea Ebla, mostrandosi sommamente inquieta «nostra figlia è davvero in grave pericolo nelle mani di un essere così abominevole? Se non vuoi farmi penare, rassicurami che senza meno potrai fare qualcosa contro di lui, salvando la nostra cara Kronel dalle sue grinfie diaboliche! In questo momento, soltanto così riuscirò a tranquillizzarmi almeno in parte!»

«Càlmati, mia dolce consorte! Ti invito a non fasciarti la testa, prima di rompertela! Hai sentito pure tu che non siamo matematicamente certi che si tratti del quartogenito figlio del pestifero dio della superbia. Se poi più avanti dovessimo venire a sapere che è stato lui il catturatore di nostra figlia, stanne certa che si troverà il modo di neutralizzarlo e di farlo pentire della sua azione iniqua. Ma sono convinto che sarà la stessa Kronel, assecondata com'è dall'intraprendente eroe umano, a facilitarmi il compito. Ella farà cascare in una sua trappola ingegnosa Furor, il megalomane dio della perfidia!»

Data la sua veloce risposta alla sconsolata consorte, con la quale aveva inteso risollevarla alquanto dall'ambascia che le arrecava l’attuale triste circostanza, il potente dio Kron, mostrandosi pure lui un po' pensieroso in quel momento, si rivolse di nuovo al dio della saggezza. Così, con tono fermo, si diede a fargli presente:

«Osur, tieniti pronto a partire. Se non sarà mia figlia Kronel a sbarazzarsi del dio malefico che l’ha imprigionata subdolamente e che presumiamo sia il quartogenito di Buziur, andrai tu stesso a liberarla. La cosa importante è che adesso siamo riusciti ad individuare il punto esatto di Kosmos dove egli la tiene sua prigioniera. In possesso dell’anello che ti fornirò, vedrai che l’avrai vinta con lui senza la minima difficoltà! Ci siamo intesi?»

«Dimentichi, esimio Kron, che esiste una considerevole distanza tra noi e il pianeta Geo, per cui non potrò raggiungerlo in quattro e quattr’otto, come hai creduto? Oppure conosci un modo più celere di farmi pervenire sull'astro spento di Elios? A mio avviso, solo se tu lo conosci davvero e puoi metterlo in pratica, considero la cosa più che fattibile!»

«Certo che non lo ignoro, mio messaggero! Io sono il dio del tempo e sovrintendo alla realtà temporale di Kosmos, dalla quale posso ottenere qualsiasi cosa. Tu dovresti già saperlo, per averne io già dato prova in passato, dopo che si concluse la prima Teomachia. Uno degli espedienti fu proprio quello di permettere al dio dell'eroismo di viaggiare all’interno del mio sguardo, al fine di farlo giungere in tempo nelle vicinanze della Deivora. In quel luogo, come sei al corrente, Ukton e la sua compagna Elesia stavano per essere fagocitati dalla mostruosa creatura proveniente dal Parakosm. Dunque, intendo far viaggiare anche te come già feci allora con l'eroico Iveon, ossia in un mio sguardo temporale. Esso ti trasporterà in un attimo nel luogo dove è situata la dimora di Furor sul pianeta Geo! In questo modo, potrai trovarti di fronte al dio della perfidia ed infliggergli senza misericordia la punizione che si merita! Adesso te ne sei convinto?»

«Adesso ricordo, eccelso Kron, quel grandioso espediente che adottasti in quella circostanza! Io stesso e le altre divinità benefiche, a quel tempo ne restammo stupiti al massimo. Tale artificio, avendo funzionato già con il mio amico Iveon, non ci sono dubbi che funzionerà anche con me. Per cui devo già prepararmi a partire, nel caso che sarò obbligato a farlo, dopo che Kronel non sarà riuscita a raggirare il forte avversario!»


Sotto la guida dell'anello, nel contempo Iveonte continuava le sue serrate ricerche, penetrando sempre di più nella fitta selva. Dappertutto il senso dell'orrore seguitava ad attanagliargli l'animo, fino a raggelarglielo, a causa del ribrezzo che gli procuravano le avvenute orribili morti di tantissimi animali, a volte anche di persone. Esse mettevano in mostra un qualcosa di talmente raccapricciante e ripulsivo, da fargli accapponare la pelle. Ora il giovane si stava avvicinando alla meta infernale, ossia al colle maledetto che racchiudeva nel suo ventre la diabolica dimora dello scellerato dio negativo. Vi si dirigeva con ostinazione, con rabbiosa foga e con fermi propositi di vendetta. Egli era bramoso di liberare la sua diva tutelare dalle grinfie della perfida divinità che gliel'aveva carpita con la frode e con l'inganno. A quella canaglia di un dio malefico intendeva fargliela pagare come si meritava! Per questo era desideroso di punirlo, per colpa di tutti i maltrattamenti che egli stava facendo subire alla sua venerabile Kronel. Naturalmente, il giovane era ben conscio che c'era il reale pericolo che le sue buone intenzioni finissero col naufragare nel mare dell'impotenza umana. Ciò, perché aveva come controparte delle forze occulte dotate di poteri soprannaturali, i quali si erano rivelati superiori perfino a quelli della figlia del dio Kron. Benché fosse di tale idea, non potendo essere altrimenti, egli non smetteva di perseverare in quanto si proponeva di fare, poiché era spinto da una fede incrollabile nell'anello divino. Per cui nessuno lo avrebbe smosso dal suo proposito, anche se si prevedeva rischioso per lui. L'ardire e la fierezza combattiva erano in lui al massimo livello, quando l'irrefrenabile giovane giunse all'imbocco dell'antro del suo rivale divino. Allora, senza alcuna esitazione, vi si riversò con l'impetuosità di un torrente in piena e con la furia di un devastante ciclone nella sua fase culminante.

Non appena Iveonte ebbe fatto irruzione nella dimora del dio Furor, lo accolse una sghignazzata sardonica e provocatoria, da parte del divino padrone di casa. La quale dilagò per l'intero antro e vi rimbombò con un timbro cavernoso, finché non vi si disperse fino all'ultimo suo strascico. Comunque, essa non spaventò per niente il giovane ardimentoso, come pure non riuscì in qualche modo a farlo recedere dalla sua ferma intenzione. Viceversa, lo spronò ad andare avanti più intrepidamente in quella verdastra grotta, nella quale si era dato ad effettuare un’attenta e minuziosa esplorazione. Allora l'imperturbabilità dimostrata dall'umano suo avversario stizzì ed incattivì ulteriormente il dio Furor, il quale, intanto che faceva il cipiglio, smaniò di punire l'arroganza e la superbia del violatore del suo domicilio. Anzi, a tale proposito, il dio malefico decretò di far pregustare in anticipo all'intruso umano la punizione che intendeva infliggergli. Per tale ragione, manifestando molta ira, si diede ad inveire contro di lui con le seguenti minacce:

«Materiade umano, vedo che ti dai l'aria dell'invincibile eroe e ti ostini a sfidare il soprannaturale, mostrando di non aver paura di niente e di nessuno. Ma io ti farò pentire di aver messo piede nella mia dimora e di averla profanata con quell'aria di sfida! Ti farò sentire un vero tapino, prima di passare a schiacciarti come un verme e a ridurti in una nullità assoluta! Ti farò strisciare come una serpe, ti farò dimenare come un ossesso, ti farò implorare pietà con grida disperate, ti farò infine avvertire lo schianto del cuore e lo scombussolamento della psiche. Le quali cose ti infonderanno una immane sofferenza e ti faranno urlare fino all'esasperazione, facendoti maledire il giorno che i tuoi genitori ti fecero dono dell’esistenza. Ecco quale fine il dio Furor, il quartogenito figlio dell'Imperatore delle Tenebre, è abituato ad assegnare a quelli che osano contrapporglisi e sfidarlo senza timore!»

Iveonte, non essendo stato intimorito per niente dalla furiosa ed insolente divinità malefica ed avendo intenzione di rendergli la pariglia, si affrettò a rispondergli gagliardamente. Un attimo dopo, perciò, il suo tagliente linguaggio offensivo fu il seguente:

«Puoi anche essere costituito di sovrumano e possedere una essenza divina, dio della malora; a parer mio, però, resti pur sempre un emerito villanzone. Anzi, sei una vigliacca divinità della specie peggiore, la quale si serve dei suoi superpoteri per fare prigioniere delle divinità positive di grado inferiore o per prendersela con esseri viventi di natura materiale. Perché non sei andato a fare il gradasso con il dio Matarum? Perché lo sapevi benissimo che egli ti avrebbe reso pan per focaccia e che le cose perciò si sarebbero messe male per te! Un imbelle di dio, quale tu sei, sa a menadito come evitare i rischi e come salvaguardarsi da possibili pericoli. Perciò destina la propria tirannia, oltre che a divinità impotenti a resistergli, a tutti gli altri esseri di natura inferiore. Mi hai pure tacciato di voler sfidare il soprannaturale. Ebbene, è vero; ma solo la parte peggiore di esso, ossia la feccia degli dèi, dei quali una divinità meschina come te non può che far parte di diritto! Dio infame, questa è la mia risposta alle tue minacce e alle tue insulse insinuazioni!»

Dal proprio Semiempireo, anche il dio Kron aveva udito le frasi minatorie del dio Furor indirizzate al giovane. Perciò si era adirato e stupito allo stesso tempo nell'apprendere che il figlio di Buziur, eludendo la loro sorveglianza e giocando sia lui che il fratello Locus, era entrato furtivamente in Kosmos. Inoltre, si era chiesto come avesse fatto a sfuggire a tutti i loro rigorosi controlli e ad entrarvi da clandestino. Non aveva creduto ai suoi occhi che il figlio fosse riuscito là dove il padre aveva sempre fallito! Secondo lui, di certo glielo aveva consentito il genitore, dopo avere escogitato un'altra delle sue diaboliche trovate. Per questo doveva darne immediatamente notizia al gemello Locus. Così avrebbe concertato insieme con lui un rimedio efficace, che permettesse a loro due di neutralizzare l'espediente che l'inarrendevole Imperatore delle Tenebre aveva elaborato e messo a punto per favorire al figlio l’accesso alla realtà di Kosmos. Ma poi il dio Kron aveva concluso che per il momento non c'era il tempo di occuparsi dell'accorgimento di Buziur e di approfondirlo. Infatti, egli era impegnato a seguire la travagliosa vicenda della sua sfortunata figliola, la quale incredibilmente era caduta nelle mani dell'odioso dio della perfidia. Comunque, aveva confidato che la sua Kronel avrebbe giocato ogni carta in mano sua, pur di riuscire a congiungersi con il suo anello che restava infilato al dito del suo protetto.

Nello stesso tempo, il dio del tempo non aveva ritenuto opportuno potenziare ulteriormente i poteri divini dell'anello per garantire al giovane una maggiore e più valida difesa contro l'imminente attacco del quartogenito del dio Buziur. Anche perché i suoi poteri, come aveva avuto modo di constatare, rappresentavano già il massimo di quanto avevano potuto ottenere congiuntamente la sua potenza e quella del fratello Locus. In verità, al dio Kron non era neppure sfuggito il rimbrotto fatto dall'eroe umano al tracotante figlio di Buziur. Egli, mentre lo ascoltava, aveva provato un gusto matto; inoltre, aveva preso coscienza che il pupillo della sua Kronel era senza dubbio un Materiade della specie umana straordinario sotto ogni punto di vista e degno dell'ammirazione di sua figlia. La qual cosa gli faceva comprendere le ragioni per cui ella si era lasciata avvincere dal suo charme, poiché esso si presentava ammirevole ed avvincente oltre ogni immaginazione.