210-IL DIO FUROR CATTURA LA DIVA KRONEL

Iveonte, Francide e Astoride galoppavano da due ore, da quando si erano separati da Efro e dai suoi tre congiunti, allorché si presentò il tramonto, il quale rese rosseggiante ogni zona a loro circostante. In quell'ora che preannunciava il declino del giorno, essi si trovavano nel punto esatto della scorciatoia che fiancheggiava la Selva del Maleficio. Allora i tre impavidi giovani, senza farsi intimorire dalla malfamata natura della selva, che la presentava come un luogo malefico ed infido, decisero di accamparsi al limitare di essa per trascorrervi la nottata. Intanto che i suoi due amici preparavano il campo ed accendevano il fuoco, Iveonte stabilì di addentrarsi a piedi nella misteriosa selva per qualche miglio. Allora si rese conto che essa contava parecchi alberi secolari, le cui chiome immense la tenevano alla penombra durante l'intera giornata. Invece non vi si avvertiva alcun segno di vita animale, neppure il più piccolo pigolio di qualche uccellino. All'imbrunire, comunque, il giovane fu di ritorno presso i suoi amici, i quali avevano già preparato la cena. Poco dopo, mentre si mangiava con grande appetito, Francide interruppe il silenzio del luogo:

«Amici, credete voi a quanto si dice intorno a questa misteriosa selva? Oppure pensate che le varie notizie su di essa siano unicamente frutto della fantasia popolare, la quale certe volte esagera in maniera spropositata? Secondo me, si tratta di una leggenda, la quale si tramanda da una generazione all'altra, senza esserne stata mai appurata la veridicità. Ma mi piacerebbe avere anche la vostra opinione in merito a questa Selva del Maleficio, se non vi dispiace!»

«Io non so quale risposta darti a questo riguardo, amico mio.» per primo, gli rispose Astoride «Comunque, sono convinto che qualche volta non possiamo escludere che possa esserci un pizzico di verità in ciò che il popolo seguita a trasmettersi nel tempo, di secolo in secolo!»

«Non mi dire, Iveonte, che pure tu sei dello stesso parere di Astoride!» Francide si rivolse poi all'amico fraterno, volendo conoscere anche la sua opinione «Se invece sei di tutt'altro avviso ed hai una tua teoria su tale argomento, sei pregato di farcela conoscere.»

«In verità, Francide, unendomi al nostro amico Astoride, anch'io non so cosa risponderti in merito. Secondo me, però, come è vero che sovente il popolino esagera, così è altrettanto vero che alcune volte c'è della verità in quanto la gente afferma in massa. Avete forse dimenticato ciò che si raccontava sul bosco vicino a Dorinda? Eppure, il mostro Talpok non si è rivelato una falsa credenza popolare, bensì una terribile realtà. Comunque, l'arcana assenza in questa selva di tutte le specie animali, cosa che ho potuto riscontrare personalmente, resta un dato di fatto. Perciò non possiamo non tenerne conto, prima di esprimere il nostro giudizio affrettato. In altre boscaglie, il tramonto è salutato da una gazzarra indiavolata di versi, i quali provengono dalle diverse specie animali, come per disapprovare la decisione del sole, che ha deciso di lasciarli per una intera nottata. In questa selva, invece, tutto è rimasto immoto e senza vita, come se la morte, dopo essere transitata per essa, vi avesse fatto sparire l'intero patrimonio faunistico!»

A quel punto, Francide volle far presente all'amico fraterno:

«Attenendoci a quanto hai affermato su questo misterioso posto e soffermandoci anche sul fatto che esso non fa rilevare la presenza di tutte le specie animali, Iveonte, allora in questa selva il maleficio potrebbe esserci sul serio. Magari da parte di qualche divinità malefica! Per cui esso non andrebbe più inteso come una credenza popolare! Non sembra pure a te, amico mio?»

«Mi pare proprio di sì, Francide, se, a un certo momento, gli animali hanno deciso di abbandonarla tutti insieme, senza farvi più ritorno! A tale proposito, vi faccio presente che per davvero non ho avuto modo di incontrarne almeno qualcuno nella mia breve perlustrazione!»

«Quindi, Iveonte, fino a quando sosteremo ai suoi margini, forse pure a noi potrebbe derivare dalla selva qualche influsso malefico, il quale finirebbe per risultarci addirittura letale! Perciò vuoi farmi sapere se sei della stessa mia idea anche tu? Oppure escludi in modo categorico un fatto del genere? Vorrei che tu me lo confermassi!»

«Dimentichi, Francide, che abbiamo dalla nostra parte la spada e l'anello? L'una e l'altro, come sappiamo, non smettono mai di vegliare sopra di me e, in pari tempo, anche su di voi. Per questo, fino a quando siamo sotto la loro egida, non c'è malia o magia che possa nuocerci! Quindi, preoccupiamocene il meno possibile e dormiamoci sopra con la massima serenità. Così eviteremo di perdere tempo inutilmente. La notte, ormai, è già divenuta fonda ovunque e ci invita a darci al dolce sonno ristoratore. Perciò tra poco accetteremo con serenità il suo saggio invito e ci metteremo subito a dormire!»

Le ore notturne trascorrevano placide, senza essere disturbate né dal bubbolare del gufo e dell'allocco, né dallo stridio della civetta, la quale risultava la cacciatrice notturna per eccellenza. Difatti anche tali volatili rapaci della notte erano assenti, per la ragione che conosciamo. Ma se Francide e Astoride non avevano avuto difficoltà ad immergersi in un sonno profondo, per cui ora se la dormivano come ghiri; invece Iveonte alternava momenti di sonno ad altri di veglia. Un'agitazione inspiegabile si era impossessata di lui e non voleva mollarlo in alcun modo, per cui, a tratti, gli rendeva bianche le ore notturne. Si poteva asserire che esse, in tale circostanza, trascorrevano più lentamente del solito.

Poco dopo, mentre si agitava nel suo snervante dormiveglia, al giovane parve di avvertire, come in un sogno, una voce che gli gridava: "Soccorrimi, Iveonte!" A quel grido di implorazione, il quale gli era sembrato che fosse provenuto da una diversa realtà remota, il nostro eroe si svegliò di soprassalto dal suo debole e disturbato sonno. Ma egli non aveva dovuto fare un grande sforzo, al fine di uscire da esso, visto che l'insonnia stava già predominando in lui! Una volta aperti gli occhi, Iveonte si accorse all'istante che la sua spada non gli era più al fianco; anzi, era letteralmente scomparsa. Inoltre, l'anello, che teneva infilato al dito, per un fatto inspiegabile, aveva iniziato a lampeggiare senza interruzioni; anzi, si mostrava allarmato per qualcosa di preoccupante, che stava per succedere entro breve tempo oppure era già successo qualche attimo prima! A tali fatti, ai quali non riusciva a dare una spiegazione, il giovane fu indotto a mettersi in apprensione per essi. Per questo, senza indugio alcuno, pensò di svegliare anche i suoi due amici, i quali se la dormivano serenamente. Egli voleva metterli al corrente di ciò che stava accadendo oppure era già accaduto. Quando poi li ebbe scossi e sottratti al loro profondo sonno, il giovane mestamente si espresse ad entrambi con le seguenti parole:

«Amici, poco fa c'è stato qualcosa di terribile nel nostro campo. Una divinità malefica molto potente vi si è introdotta ed ha rapito la mia spada. Durante il dormiveglia, l'ho sentita anche che mi chiedeva disperatamente aiuto! Nello stesso momento, si è attivato il lampeggiamento del mio anello, il quale adesso intende manifestare con esso la sua agitazione. Dunque, occorre che io mi metta senza indugio sulle tracce di Kronel e faccia in modo che ella abbia un contatto diretto con il mio anello, se voglio esserle di aiuto e trarla così dai grossi guai nei quali deve essersi cacciata senza volerlo!»

«Ma, Iveonte,» gli si oppose Francide «tu stai parlando di una spada e non di un essere vivente! Perciò come è possibile che essa ti abbia chiesto soccorso? Penso proprio che tu sia ancora immerso nel tuo profondo sonno, se farnetichi così vistosamente! Lo sappiamo che essa è un'arma prodigiosa, però non la possiamo mica considerare un essere vivente! E chi sarebbe poi questa Kronel, alla quale ti sei riferito, quasi fosse una persona o qualche altro essere vivente?»

«Francide, credimi, sono sveglio con tutti e due gli occhi; perciò non sto affatto vaneggiando! La mia spada è più che una di noi, è una giovane dea, il cui nome è Kronel. Fu il dio Osur a parlarmi di lei. Ricordi quel pomeriggio che egli mi fece la sua visita e mi donò pure il portentoso anello, di cui già abbiamo sperimentato le virtù taumaturgiche? Mi dispiace di non aver messo al corrente di tutto anche te ed Astoride, come già feci con Lucebio; ma ora non c'è tempo di spiegarvi ogni cosa. A questo punto, poiché la diva ha un disperato bisogno di me, devo mettermi a cercarla senza perdere altro tempo. Potrò farlo, solo se mi metterò ad inseguire immediatamente la divinità che l'ha catturata, prima che essa mi sfugga e ci vada di mezzo la mia divina protettrice!»

«Ti chiedo scusa, Iveonte, se un momento fa ti ho giudicato in preda al farnetico. Ad ogni modo, mi domando: Se non ce l'ha fatta la stessa dea a difendersi dalla divinità che l'ha trascinata via con la forza, come puoi pretendere tu di riuscire a soccorrerla e a liberarla, essere umano quale sei? Quindi, amico mio, cerca di ragionare come si deve, ossia da persona logica e consequenziaria, prima di avventurarti in qualcosa di assai pericoloso per te e per noi, che ti accompagniamo!»

«Stanne certo, Francide, che un modo ci sarà senz'altro per tirarla fuori dai guai, se la diva Kronel mi ha chiesto di soccorrerla! Hai dimenticato che c'è anche il mio anello, il quale, con il suo lampeggiamento, pare proprio che frema di raggiungerla e di recarle il proprio soccorso? Ma ricòrdati che, se al momento della sua cattura la spada si fosse trovata nel mio pugno, nessuna divinità sarebbe stata capace di averla vinta contro la diva Kronel. Neanche se, a tentare l'impresa, fosse stato il dio Buziur, che è l'Imperatore delle Tenebre! Questo te lo posso assicurare, amico mio! Perciò lasciami seguire il mio intuito, il quale mi sollecita ad inseguire il catturatore di Kronel!»

«Allora la tua dea tutelare, Iveonte, come mai non ti ha svegliato in tempo e non si è fatta impugnare da te, quando le si è presentato il pericolo? Un attimo prima, ella, come entità divina, avrà pure avvertito in qualche modo la presenza dell'altra potente divinità! Sai dare una giusta spiegazione a quanto adesso ti ho fatto presente?»

«Ciò me lo sono chiesto anch'io, Francide, se lo vuoi sapere; ma non sono stato in grado di rispondere a tale quesito. Sono del parere, però, che la divinità rivale di Kronel sia in possesso di qualcosa di straordinario, che la fa intercettare solo al momento della sua repentina rappresaglia. Ecco perché la giovane dea ne avrà percepito la presenza troppo tardi, cioè quando già era stata travolta dalla forza veemente del dio rivale. Inoltre, sono convinto che è stata una divinità maschia quella che ha aggredito Kronel. Riguardo a questa vicenda, infine, il mio sospetto è che ci abbia messo lo zampino il nostro sconfitto dio Araneo. Probabilmente, egli si sarà voluto vendicare della diva, ricorrendo a qualche divinità malefica maggiore di sua conoscenza, che risiede nella zona. L'uccisione del figlio Korup, la distruzione del suo simulacro e la disgregazione della setta dei suoi adoratori, da parte della diva Kronel, per lui avranno rappresentato uno smacco insopportabile, per voler rinunciare a prendersi la sua rivincita contro di lei!»

«La penso anch'io allo stesso modo tuo, Iveonte!» acconsentì Astoride, alquanto impensierito «Il dio Araneo ha ricevuto batoste alquanto dure per mano della diva, per volersi esimere da propositi vendicativi contro di lei! Così sarà ricorso ad una divinità malefica più potente per attuare la sua vendetta. Adesso, se davvero puoi fare qualcosa di buono per lei, devi sbrigarti a raggiungerla senza perdere altro tempo!»

«Se le cose stanno come voi dite, amici miei, avete la più pallida idea di come dobbiamo comportarci in questa circostanza?» fu la nuova domanda di Francide «Credete che occorra metterci subito alla ricerca della divinità malefica, che ha rapito la diva Kronel? In caso affermativo, mi dite in quale maniera dopo noi tre riusciremo a resistere alla sua immancabile reazione? Essa, come presumo, sarà non di poco conto!»

«No, Francide, aspettiamo ancora un poco, prima di partire! La notte oramai è agli sgoccioli e l'alba presto farà la sua ricomparsa sulla volta celeste, cominciando a cospargere di luce tutte le cose sottostanti. Soltanto dopo ci metteremo in cammino alla volta della dimora del dio che ha rapito la diva Kronel. Essa, con ogni probabilità, sarà ubicata al centro di questa Selva del Maleficio, se ha potuto trasformarla in un luogo dove pare che il tempo si sia fermato e la morte l'abbia visitata con la sua falce sterminatrice. Così ha fatto andare la totalità degli animali che vi vivevano incontro alla loro estinzione!»

Si era alle prime luci dell'alba, quando i tre giovani amici levarono subito il campo. Poi, montati sui propri cavalli, i quali a quell'ora erano ben riposati ed abbiadati, li spronarono a lanciarsi verso l'interno della tetra selva. Ma le bestie, anziché eseguire il loro comando e darsi ad un rapido galoppo, impennandosi paurosamente ed opponendosi ad esso, cominciarono ad emettere dei nervosi nitriti di spavento, apparendo alquanto terrorizzate. Iveonte, scorgendo gli animali in preda ad un terrore folle che non intendeva venir meno, parlò così ai propri compagni:

«Amici miei, risulta vano ogni nostro sforzo rivolto a spronare le bestie dentro questa selva invasa dal maleficio. Lì ci sarà davvero qualcosa di terrificante, che non smette di infondere spavento sia nei cavalli che nei muli. Allora ci tocca legarli a degli alberi e fare a meno di loro nella nostra intensa ricerca. Così dopo penetreremo a piedi questo fitto groviglio, il quale è formato da lunghi rami attorcigliati tra loro!»

Anche Francide e Astoride ne convennero. Perciò si adoperarono all'istante per mettere in pratica il consiglio del loro amico, però non senza andare incontro a nuove complicazioni. Infatti, essi avevano fatto appena pochi passi, quando due raggi di colore arancione partirono dall'anello di Iveonte e andarono a colpire l'uno Francide e l'altro Astoride. Dopo essersi espressi in quel modo, entrambi i raggi sparirono. Allora, una volta che furono investiti dai segmenti arancioni, i due giovani accusarono uno strano disturbo nella deambulazione. Ne conseguì che essi, quando cercavano di inoltrarsi nella selva con l'amico, si sentivano immobilizzati. All'inverso, non avevano difficoltà a muoversi, quando provavano a voltarsi indietro per dirigersi verso le loro bestie, che adesso si trovavano legate ad alcuni alberi.

A quel fenomeno arcano, i tre giovani compresero che l'anello aveva voluto trasmettere ai destinatari dei suoi due raggi un chiaro messaggio. A parere dell'amuleto, per loro due era rischioso avventurarsi in una selva, che si era già dimostrata molto perniciosa verso tutte le varie specie animali. Senza dubbio, perciò, lì c'era appostato un pericolo reale di natura soprannaturale, al quale difficilmente essi sarebbero scampati. Per tale motivo, Francide e Astoride si arresero e lasciarono andare soltanto il loro protetto amico incontro al mistero. Il quale senza dubbio doveva celarsi al centro di quella selva stregata e faceva tremare di paura ogni essere umano ed animale.

Intanto che Iveonte è lanciato anima e corpo alla ricerca della divinità che aveva fatto prigioniera Kronel, essendo sicuro che la diva era in pericolo, noi non ce ne staremo qui a far niente, ovvero a poltrire gaudenti. Cercheremo invece di ripercorrere le varie fasi dell'operazione, che aveva consentito al divino Furor e al dio Araneo la cattura lampo della diva, facendola diventare loro prigioniera.


Erano trascorse circa tre ore dalla mezzanotte, allorquando la figlia del dio Kron aveva intercettato l'avvicinarsi di una divinità negativa. A tale apparizione, la diva subito era passata ad identificarla e a stabilirne pure il grado, nel caso che le fosse stato possibile. Così aveva rilevato che si trattava del dio minore Araneo, il quale era la sua vecchia conoscenza. Anche se la presenza del dio del sesso non l'aveva per nulla allarmata, era però venuta ad accendersi in lei una certa curiosità. Perché mai, nel giro di poche ore, per la seconda volta il dio da lei umiliato ed offeso le si stava avvicinando ad una distanza inusuale? Di certo, egli non stava andando a sfidarla, avendo Araneo già saggiato da poco la sua superiorità. Ma pur avendola stupita il fatto che questa volta inspiegabilmente il dio riusciva a vederla, la diva non si era scomposta per niente all'approssimarsi del rivale, il quale adesso procedeva con una certa disinvoltura.

Solo più tardi ella aveva avuto la certezza che l'iniziativa del malefico dio non aveva come conseguenza una semplice perlustrazione, uguale a quella operata in precedenza. Essa, al contrario, mirava ad un vero confronto diretto, dai toni che si lasciavano prevedere senza meno acri e assai surriscaldati. Alla fine, essendo stata sfidata dal dio negativo, Kronel si era scagliata contro di lui con una foga battagliera, cercando di investirlo con una scarica di energia contraente. La quale, dopo avergli scombussolato la psiche, avrebbe dovuto provocare sul dio ricevente l'effetto combinato di vertigini e di nausea, mettendolo in uno stato di disagio abbastanza grave. Invece era stato a quel punto che il dio Furor, simultaneamente alla forte scarica della diva, aveva abbandonato il suo immobilismo contemplativo ed era venuto fuori dalla sua compenetrazione con Araneo. Subito dopo, egli aveva rinchiuso la rivale dell'amico in un campo di forze avviluppanti e bloccanti, le quali, rendendo la diva positiva impotente a qualsiasi reazione, la tenevano prigioniera in una sfera di pura energia. Agendo in quella maniera, esse l'avevano fatta divenire vittima della sua stessa scarica energetica, siccome vi era rimasta impigliata insieme con lei, aggravando la sua precaria situazione. Era avvenuto come se ella, senza averne coscienza, si fosse ad un tratto autocolpita con le proprie stesse forze improntate a potenti energie.

Kronel si era resa conto troppo tardi di essere caduta nella trappola che le avevano tesa il dio Araneo e il dio Furor. Per cui non poteva più tentare di uscirne. Ma era sua convinzione che era stata incastrata da una divinità maggiore, per essere riuscito a conciarla in quel modo. Del resto, tale diavoleria dell'avversario le era risultata completamente nuova, poiché non l'aveva mai sentita menzionare neppure dal suo potente genitore. Comunque, nonostante la precarietà della sua situazione, la diva lo stesso si era opposta al dio che l'aveva catturata a gran fatica. Infatti, ella aveva tentato con tutte le sue forze e con tutta la sua tenace volontà di vanificare i suoi tentativi di soggiogarla e di ridurla alla sua obbedienza. Nel medesimo tempo, era ricorsa ad ogni sua risorsa, pur di opporsi con vigore alla forza preponderante del suo catturatore. Il quale aveva cercato di assediare e di opprimere l'intera sua sfera psichica per cercare di costringerla alla resa. Kronel, da parte sua, sebbene il dio Furor insistesse nel tempestarla di sevizie psichiche irreali, aveva seguitato a non farsi dominare da lui e a non lasciarsi accasciare dagli stati allucinogeni che le venivano propinati a livello sia della psiche che del subconscio. Perciò l'inattesa e fiera resistenza della diva aveva messo a dura prova il prepotente figlio del dio Buziur. Egli, infatti, aveva riscontrato in lei una tempra ben differente da quella trovata nelle altre dieci divinità positive, che erano state catturate prima di lei. Quest'ultima gli riusciva meno duttile e più indocile, per cui prevedeva che non sarebbe stata domata facilmente. Alla fine, però, in seguito ad una lotta spossante, la diva, sentendosi psichicamente del tutto collassata, si era lasciata travolgere dalla preponderanza energetica del dio malefico rivale. Allora, implorandolo di soccorrerla, aveva rivolto al proprio pupillo il suo ultimo pensiero. Il quale, a sua volta, simultaneamente era stato tradotto dall'anello in una concreta percezione uditiva, facendolo così giungere al giovane. Così, soltanto dopo averle stremato le totali forze oppositive, fiaccandola psichicamente e costitutivamente, il vigliacco dio della perfidia aveva deciso di portarsi via la giovane diva. Ma ella continuava a non smettere di reagirgli lungo l'intero tragitto. Il dio malefico Furor, mentre si affrettava a raggiungere la sua dimora con il dio del sesso, traendosi dietro la sua preziosa preda, aveva dichiarato all'amico:

«È stata per me davvero un osso duro questa diva, Araneo! Per riuscire a domarla, ho dovuto sudare le proverbiali sette camicie, alle quali si riferiscono gli esseri umani. Ella chissà quante me ne farà ancora sudare, quando deciderò di costringerla a compenetrarsi con me per possederla! A ogni modo, il più è fatto e molto presto ella dovrà convincersi che, fintantoché si troverà in mia balia, sarà meglio per lei accondiscendere ad ogni mia voglia. In caso contrario, l'attenderà una esistenza molto burrascosa, ossia quella che non le è mai capitata di sperimentare nella sua esistenza passata!»

«Ne sono più che sicuro anch'io, Furor.» gli aveva dato ragione l'amico «Quando la riottosa diva si sarà convinta che tu sei il suo padrone e lei è la tua schiava, allora vedrai che diventerà arrendevole e mansueta come una gazzella. Perciò non si comporterà in modo diverso dalle altre divinità che hai catturato finora. A quel punto, ella docilmente si piegherà anche a qualsivoglia tuo capriccio! Ne sono certo, amico mio!»

Kronel, benché fosse estremamente spossata nello spirito, intanto che veniva trascinata via dall'intransigente antagonista, era andata riconsiderando la sua attuale situazione. Si rendeva conto di aver commesso un grosso errore a non aver voluto dare ascolto al dio Osur, l'inviato del padre. Se non fosse stato per il suo stato di latenza, ella avrebbe goduto della totale copertura paterna e non si sarebbe ritrovata a subire la prepotenza dell'ignoto dio negativo di grado superiore al suo. Invece sarebbe intervenuto il padre Kron, il quale lo avrebbe schiacciato come un lurido pidocchio. Per sua fortuna, c'era ancora l'anello, che il messaggero del dio Kron aveva consegnato ad Iveonte, ad opera del quale poteva ancora sperare di venir fuori da quella situazione tremenda. Ella era convinta che esso presto avrebbe allarmato il suo pupillo e lo avrebbe spinto all'inseguimento del suo sporco aguzzino, per fargli tentare una sortita. Ma di che genere essa sarebbe stata?

Nel frattempo il dio Furor, giunto nella sua dimora, aveva voluto concedersi un po' di riposo, dopo la snervante lotta affrontata contro la diva; però prima aveva condotto la giovane dea catturata da poco nel reparto dei prigionieri. Lì l'aveva lasciata in compagnia delle altre demoralizzate divinità, le quali vi restavano già recluse da tempo. A suo parere, in quel luogo il loro stato di prostrazione le avrebbero infuso una maggiore arrendevolezza, capacitandola che non sarebbe servita nessuna sua reazione a oltranza contro di lui.


Una volta in mezzo alle altre divine prigioniere, che risultavano sventurate come lei, per ritrovarsi a subire da secoli una simile malasorte, Kronel si era resa conto che già altre divinità minori positive erano cadute prima di lei nella trappola del potente dio negativo. La diva, fin dal primo momento che era stata in loro compagnia, aveva badato a dialogare con i suoi compagni di sventura. Ella intendeva ottenere dagli altri dieci divini reclusi più informazioni possibili sul loro dio persecutore. Per tale motivo, nascondendosi sotto l'anonimato, era stata lei stessa ad aprire la conversazione poco allegra, mettendosi a chiedere loro:

«Chi siete e da quanto tempo vi trovate sotto il dominio del prepotente dio negativo, che quest'oggi è riuscito a catturare pure me? Sapete dirmi anche di quale divinità si tratta e a quale espediente ricorre per non lasciarsi intercettare, fino al momento in cui attua l'improvvisa aggressione contro la sua vittima, dopo averla presa alla sprovvista?»

Alle richieste della diva, la quale era stata appena catturata, immediatamente si era fatto portavoce di tutte le altre divinità positive il dio più anziano. Egli, intanto che palesava di provare una grande pietà per la giovane dea, prefigurandosi i futuri sviluppi che ci sarebbero stati molto presto a suo danno, aveva cominciato a parlarle così:

«Io sono Alcus, il dio dell'arte, con seicento anni di prigionia. Invece gli altri, a cominciare dalla mia destra, sono: Leram, dea della pace, con cinquecento anni di prigionia; Tucon, dio del matrimonio, prigioniero da centocinquant'anni; Imen, ex dea della verginità, con trecento anni di prigionia; Urbus, dio dei boschi, prigioniero da cinquecentocinquanta anni; Silpo, dio dei banchetti, prigioniero da centotrenta anni; Cerzia, dea delle nozze, prigioniera da quattrocento anni; Gugios, dio dei campi, prigioniero da duecento anni; Lumbo, dio del mare, prigioniero da duecentocinquanta anni; Epun, dio dei fiumi, prigioniero da trecentocinquanta anni. Quanto alla divinità malefica che ci soggioga e ci domina sadicamente, si tratta di Furor, il dio della perfidia. Si tratta del quartogenito di Buziur. Ecco: ora hai appreso da me chi siamo e chi è il dio che ci soggioga e ci tortura, ogni volta che ne ha voglia!»

«Invece cosa mi sai dire di più preciso, che riguarda il figlio di Buziur, gentile Alcus?» gli aveva chiesto poi la diva «Possibile che egli abbia tanto potere, da essere riuscito a sorprendervi e a farvi suoi prigionieri, pur essendo voi delle divinità latenti? Non ci posso credere che il perfido dio sia stato in grado di farlo facilmente, sorprendendovi di repente!»

«Graziosa diva, devi sapere che Furor, il quale è un dio tanto crudele quanto scaltro, ha appreso dall'esperienza paterna una ingente quantità di espedienti, con cui riesce a frustrare i vari stratagemmi che adottano le divinità positive per sfuggirgli. Il suo artificio, che si presenta davvero fenomenale, è quello che a volte lo rende inesistente alle altre divinità cosmiche. Per cui esse non possono a captare la sua essenza, nemmeno se egli si mette loro addosso. Secondo quanto ho potuto capire, il dio negativo di grado maggiore riesce a condurre nel cosmo due esistenze: la prima è quella attiva, la quale è intercettabile; mentre la seconda è quella inerte e contemplativa, la quale non è captabile neppure dai nostri eccelsi gemelli Kron e Locus. Altrimenti, egli non sarebbe mai riuscito a varcare il confine di Kosmos, eludendo la loro rigorosa sorveglianza. Ma ciò che ci stupisce maggiormente è il fatto che Furor, nella normalità, può passare in un attimo da una esistenza all'altra, scomparendo ed apparendo alle altre divinità, a seconda della necessità!»

«Deve essere esattamente come hai detto tu, Alcus, se il quartogenito di Buziur è stato in grado di farla in barba alle potenti divinità che hai citate! Sono convinta che qui in Kosmos non sarà sempre così per il nostro dispotico Furor. Vedrai che quanto prima giungerà anche per lui il momento della resa dei conti e pagherà tutti i suoi misfatti! Ve lo garantisco! Per questo vi esorto a credere che ciò avverrà senza meno.»

«Adesso che ho soddisfatto le tue richieste, simpatica diva, è possibile conoscere anche il tuo nome? Inoltre, giovane come sei, ci vuoi dire cosa ti ha spinto ad attraversare la Nube Nera, dimostrandoti del tutto irresponsabile e malaccorta, non differentemente da noi tutti qui presenti? Solo ora che ci troviamo in questa condizione disagiata, ci rammarichiamo e ci pentiamo di esserci privati di ogni identificazione. Perciò vorremmo che non lo avessimo mai fatto! Nel luogo in cui siamo, oltre ad avvertire con amarezza la mancanza dei nostri congiunti, siamo costretti a subire impotenti i supplizi del figlio di Buziur. Il dio malefico ci va sistematicamente sottoponendo ad essi con una perfidia tracotante!»

Kronel, dopo avere ascoltato il dio Alcus, il consorte della sua genitrice, aveva deciso sia di astenersi dal palesargli la sua identità sia di simulare di non conoscerlo, quale consorte della dea Lux. Per la riuscita del piano che aveva in mente, ella aveva stabilito che era meglio restarsene nell'anonimato. In quel modo, Furor non sarebbe diventato sospettoso e non le avrebbe impedito di attuarlo appieno. Secondo la diva, come l'improvvisa apparizione del perfido dio negativo era risultata una incredibile sorpresa a lei e alle altre divinità positive da lui catturate; così anche l'intervento del padre Kron si sarebbe dovuto rivelarsi a lui una sorpresa inaspettata e sgradevole. Al momento opportuno, infatti, esso non gli avrebbe dovuto dare il tempo di rifugiarsi nell'impercettibilità della sua esistenza contemplativa ed inerte. Ma prima di quel momento, ella doveva ottenere dal dio Furor la sua trasformazione in spada, per farsi impugnare dal suo Iveonte, il quale presto si sarebbe fatto vivo in quel luogo! Così, tergiversando apposta alle varie domande del dio dell'arte, l'ultimogenita del dio Kron aveva preferito fare alle divinità prigioniere il seguente parlare:

«Non serve che io vi dica chi sono, siccome il mio nome vi risulterebbe di nessuna importanza. Inoltre, non vale neppure la pena che passi ad illustrarvi i fatti e le circostanze che mi spinsero a lanciarmi così giovane nell'avventura cosmica nelle vesti di divinità latente. In questo momento, nutro solo la speranza che io possa ritornare libera al più presto possibile, magari oggi stesso. Esorto anche voi a fare la medesima cosa. Essendo ancora una diva, finora non mi ero posta per niente il problema di che cosa intendessi diventare la protettrice, quando sarò una divinità adulta. Ebbene, quest'oggi, stando insieme con voi tutti, avverto la necessità di farlo. Io voglio dare una mano a tutti i Materiadi speranzosi: a quelli che soffrono e sperano, a quelli che non hanno niente e sperano, a quelli che non sono riamati e sperano, nonché a quelli che fanno progetti e sperano. Infatti, desidero proteggerli durante l'intera loro esistenza, in qualità di dea della speranza. Anzi, farò in modo che in loro la speranza non venga mai a morire, fino alla morte!»

Sul principio, le parole di Kronel avevano fatto accendere negli occhi delle divinità ascoltatrici un sorriso di calda e commovente speranza. Ma poi esso si era smorzato in loro, al triste pensiero che presto il dio Furor si sarebbe presentato a lei per infliggerle la sua violenza psichica. Il cui scopo sarebbe stato quello di indurla ad accondiscendere alle sue voglie libidinose, come era abituato a fare con le altre tre dee del loro gruppo.

L'alba appena spuntata ci riporta al presente della nostra storia. A quell'ora del giorno, seguiamo il figlio dell'Imperatore delle Tenebre, il quale, insieme con il dio Araneo, sta andando a prelevare la diva Kronel nel reclusorio con l'intenzione di condurla nel suo abaton. Questo era l'inaccessibile luogo dove egli trascorreva la sua esistenza inattiva e contemplativa, appunto per ricaricarsi delle energie spese nella sua esistenza attiva. Ma esso, come abbiamo già appreso, era anche il sito appartato dove il dio della perfidia infliggeva alle divinità positive sue prigioniere ogni sorta di tortura psichica, divertendosi a fare da carnefice nei suoi diabolici e sadici giochi. Inoltre, costringeva le sole divinità di sesso femminile a compenetrarsi con lui, naturalmente obbligandole con la forza. Giunto poi con l'amico in quel posto intimo, egli incominciò a dire alla diva Kronel:

«Prima di obbligarti ad avere un rapporto di tipo sessuale con me, cosa che vado facendo da secoli con le altre tre dee della tua stessa natura, è mia intenzione farti assistere alla fine miseranda dell'umano eroe, quello che tu proteggi in modo particolare. Così dopo non potrai più averlo sotto la tua fervida protezione. Vedrai come sapranno conciartelo per bene i miei Capsi, i quali sono delle creature speciali che riescono a pietrificare la materia vivente di tipo animale! Ma bisognerà attendere che egli entri nella zona controllata dalle mie formidabili bestioline, cosa che avverrà tra breve. In attesa del suo arrivo, passo a farti vedere in quale stato i miei Capsi hanno già ridotto quanti lo hanno preceduto nella mia tenuta. In tal modo, già da questo momento, potrai farti una idea esatta dell'orribile fine che attende il tuo protetto. Egli, non potendo in nessun modo difendersi dalle mie creature feroci e indistruttibili, ti garantisco che non avrà alcuna possibilità di cavarsela; ma perirà come gli esseri animali, che un tempo vivevano in questa selva!»

L'annuncio fatto alla diva Kronel dal dio Furor di sicuro ci ha messo addosso una certa tremarella. Per cui essa, già da questo istante, ha iniziato a tenerci tesi e nevrotici, essendo sommamente preoccupati per la sorte del nostro eroe. Il quale sta per sopraggiungere in quella parte della selva gestita direttamente dal dio Furor, la crudele divinità negativa di grado maggiore. In attesa, quindi, possiamo soltanto sperare che le sue promesse fatte alla giovane figlia del dio Kron non si avverino concretamente e che, al contrario, l'anello posseduto dal giovane riesca a tenere testa ai mostriciattoli del dio malefico, facendole pentire di avere assalito l'eroe da esso protetto!