20-IL DESTINO DI ELINNIA, L'ULTIMOGENITA DI NURDOK

Quella di Nurdok e di Enker si era dimostrata, fin dai primi tempi del loro matrimonio, una coppia molto affiatata, per cui essa era da prendersi a modello da tutti. Tra loro due, non era mai sorto un qualsiasi tipo di screzio. Si poteva affermare che il bene, che essi si erano sempre voluto e continuavano a volersi, non era possibile riscontrarlo in nessun'altra coppia del loro borgo. Durante la loro intera vita coniugale, i due consorti, oltre che andare d'amore e d'accordo, non avevano mai smesso di amarsi con grande passione. Riguardo alla loro proverbiale prolificità, essa non aveva conosciuto soste e non aveva accusato alcuna perdita di colpi. Perciò, al tredicesimo anno del loro matrimonio, li aveva fatti ritrovare con una sfilza di pargoletti, i quali erano stati messi al mondo uno all'anno. Dei tredici figli da loro generati, i primi dodici erano nati maschi; mentre il tredicesimo bebè era stata una femminuccia.

A proposito dell'ultimogenita di Nurdok, ella soltanto avrebbe avuto un ruolo importantissimo nella nostra storia, siccome da grande sarebbe diventata la madre di Iveonte, l'insuperabile eroe della nostra epopea. Il parto, però, non era giovato alla sventurata madre, siccome ella ci aveva rimesso le penne, per essere morta mezzora dopo che c'era stata la nascita della figlia. Il suo decesso, che aveva reso vedovo Nurdok, si era avuto durante il secondamento, in seguito ad una improvvisa metrorragia. Essa era sopravvenuta inaspettata, arrecandole una morte lenta e penosa. La dipartita della povera Enker aveva sconvolto ed angosciato il marito a tal punto, che alla fine il dolore gli aveva portato via il lume della ragione per alcuni istanti. A causa di ciò, egli era stato incalzato da una rabbia così tremenda, da provocargli un raptus di follia. Sotto il cui effetto, Nurdok innanzitutto aveva smesso di piangersi la morte della consorte. Dopo, ritenendo la neonata la responsabile della scomparsa della moglie e facendo inorridire l'ostetrica e la balia che erano presenti al fatto, aveva strappato a quest'ultima la bambina e se ne era impadronito. Infine, come se si fosse trattato di un fagotto di nessun valore, egli l'aveva scaraventata fuori dall'abitazione attraverso la porta d'ingresso, facendola volare a cinque metri di altezza.

Per fortuna le divinità benigne avevano deciso che il destino della piccola non venisse troncato né quel giorno né tanto meno in quella maniera disumana. Per questo, nel momento in cui il padre aveva fatto spiccare il volo al suo corpicino, esse si erano adoperate per salvarla. Come? Facendo in modo che, proprio in quell'istante, si trovasse a passare davanti alla sua casa un carro con sopra una grossa bigoncia colma di uva appena vendemmiata. Allora la piccola, anziché andare a rompersi le tenere ossa sulla strada sterrata, la quale era fatta di terra battuta, era caduta nel mezzo del grande recipiente di legno di forma troncoconica, cioè sul morbido strato formato dai grossi grappoli di uva. Nel piombare sui biondeggianti chicchi che riempivano il recipiente di legno fino all'orlo, il corpo della bimba aveva dato origine ad un bel tonfo. Il sordo rumore all'istante aveva richiamato l'attenzione di chi stava alla guida dei cavalli che trainavano il carro. Il conduttore, da parte sua, dopo avere arrestato immediatamente il suo cavallo, si era precipitato a recuperare il nudo corpicino della creaturina nata da poco. L'infante, mentre si dimenava tra la caterva dei biondi acini, si dava ad emettere vagiti a più non posso.

Una volta recuperata la piccola disgraziata, il contadino l'aveva riportata nell'onorata casa della persona più famosa e più benvoluta della Berieskania, dove l'aveva riposta tra le mani di Nurdok. Nel porgergliela, mostrandosi molto impacciato, egli aveva evitato nel modo più assoluto di chiedergli come avesse fatto il corpicino della bambina a volare fuori di casa, pur non essendo fornita di un paio di ali. Al cospetto dell'illustre personaggio, invece, aveva provato solo molta soggezione; nonché aveva temuto di urtare la sua suscettibilità con qualche domanda indiscreta fuori luogo. Perciò, come se niente fosse successo, si era limitato a fargli umilmente presente: "Riprenditela, mio illustre Nurdok! Se il mio sesto senso non mi inganna, sono sicuro che questa meravigliosa bambina può appartenere solamente a te!"

Riavuta tra le braccia la figlioletta, Nurdok, mentre la sorreggeva, era stato scosso dai vagiti ininterrotti, che ella seguitava ad emettere acuti e continui. A quegli strilli, l'integerrimo uomo era ritornato in sé e si era reso conto del proprio comportamento da essere meschino, per avere deciso poco prima di condannare ad una fine miseranda la sua innocente bambina. La piccola, infatti, solo per una pura coincidenza, era scampata miracolosamente al suo atto insano e non era andata incontro a delle tragiche conseguenze. Le quali sarebbero potute derivarle dal proprio gesto folle e inqualificabile. Qualche istante più tardi, l'afflitto Nurdok, tenendosi la neonata tra le braccia e rimuginando il suo deplorevole gesto, si era avvicinato profondamente compunto al capezzale della consorte estinta. Lì aveva iniziato a rimproverarsi e a sfogarsi con lei. Perciò, mentre le lacrime gli rigavano le gote, si era messo a dirle:

"Perdonami, mia cara consorte, se ho tentato di ammazzare barbaramente la nostra bambina, quella che avevi incominciato a desiderare dalla tua quarta gravidanza. Tu le avevi perfino scelto il nome, il quale era piaciuto anche a me. Dunque, la nostra bambina si chiamerà Elinnia, proprio come avresti voluto tu, se fossi rimasta in vita. Devi sapere che soltanto un prodigio l'ha salvata dal mio atteggiamento innaturale, che non riuscirò mai a perdonarmi. Ti raccomando di vigilare sempre su di lei dall'aldilà, affinché non le succeda mai alcuna cosa orrenda, come quella che le stava capitando quest'oggi, a causa della mia incoscienza! Siccome da questo giorno in lei scorgerò te, unicamente facendola stare vicino a me, potrò superare i miei difficili momenti, quelli che mi deriveranno dalla tua mancanza. Dedicandomi a lei, sarà come se mi dedicassi a te; accarezzando lei, sarà come se accarezzassi te; ricevendo i sorrisi da lei, sarà come se li ricevessi da te. Ora riposa per sempre in pace, mia adorabile Enker. Ma ogni volta che ti sarà possibile, cerca di lenirmi questo immane dolore, il quale continuerà a schiantarmi il cuore per il resto dei miei giorni! Tieni presente che nella mia mente il tuo ricordo giammai si sfalderà; ma vi rimarrà intatto ed indistruttibile, fino alla consumazione dei secoli! Addio, mia indimenticabile Enker!"

Dopo aver smesso di rivolgersi afflitto al corpo senza vita della moglie, Nurdok aveva affidato la piccola Elinnia alla nutrice Scupta, la quale era anche una fresca puerpera. Nel porgergliela, le aveva raccomandato di allattarla, di prestarle le migliori cure, di colmarla di attenzioni in ogni istante della sua esistenza e di seguirla amorevolmente dalla nascita all'adolescenza, proprio come se fosse sua figlia. Infine egli stava per uscirsene di casa, avendo deciso di distrarsi in qualche modo, allorché vi erano entrati il nonno Suok e l'astrologo Burgior. Essi, che da qualche anno erano divenuti entrambi ultrasettantenni, vi erano irrotti giubilanti. I due amici, non appena erano stati informati che Nurdok ed Enker erano diventati genitori per la tredicesima volta, all'istante si erano precipitati alla loro casa per congratularsi ancora una volta con tutti e due i consorti. Ma nell'abitazione, dove avrebbero dovuto trovare soltanto il sorriso della felicità, essi vi avevano intravisto invece il dolore e lo sconforto. I quali vi provenivano dalla presenza della fredda salma di Enker. Allora i due ospiti, essendosi resi conto della grave perdita di sua moglie, non avevano badato più a congratularsi con Nurdok, per essere diventato di nuovo padre. Invece si erano dati a condolersi con lui per la scomparsa della sua sventurata Enker.

Da parte sua, Burgior, dopo avergli espresso le sue più sentite condoglianze, gli aveva aggiunto: "Se ciò può farti piacere e consolarti almeno in parte, valoroso Nurdok, sappi che gli astri si mostrano assai favorevoli alla nascita della tua ultimogenita e hanno previsto per lei uno splendido futuro. Un giorno la tua Elinnia sarà regina di una potente città dell'Edelcadia e da lei nascerà l'eroe più celebrato di ogni tempo. La cui gloria supererà perfino la tua, sebbene essa possa essere considerata già leggendaria! Quindi, abbi la massima cura di lei, perché il suo destino si compia secondo i voleri degli astri!" Le parole dell'astrologo avevano scosso Nurdok e gli avevano fatto pronunciare a fior di labbra: "Soltanto adesso comprendo perché il mio insano gesto non ha recato la morte alla mia dolce infante, pur avendola poco fa ingiustamente maltrattata! Ne deduco che Burgior avrà predetto senz'altro il vero, quando si è espresso sul suo destino! Perciò giuro che giammai mancheranno alla mia Elinnia il mio sostegno e il mio bene!" Il giorno dopo c'erano stati i solenni funerali di Enker e i Geputani vi avevano partecipato in massa. Durante le esequie, essi si erano rattristati, a causa del trapasso all'altra vita della consorte del loro impareggiabile eroe. Erano state invitate a prendervi parte tre prefiche, affinché esse con i loro tristi e lugubri lamenti rendessero più commovente la cerimonia funebre. Allora, con il loro, si era levato unanime anche il colossale pianto collettivo di quanti erano intervenuti alle esequie, che versavano fiumi di lacrime.

Sei mesi più tardi, quando in Nurdok persisteva ancora la sofferenza causata dalla morte della moglie, si era spenta pure l'esistenza di suo nonno Suok, avendo subito un attacco di cuore. Allora i Berieski avevano pianto anche la dipartita del loro vecchio superum e, in suo onore, avevano celebrato dei funerali altrettanto solenni. Il rito funebre della prima personalità della Berieskania, la cui salma era stata imbalsamata, si era svolto dieci giorni dopo. Ai suoi funerali erano intervenuti i quattro conductor della regione, i quali rappresentavano le personalità di maggiore spicco dopo il superum. Per dovere di cronaca, si fa presente che anche la moglie Tesda un mese dopo avrebbe seguito il marito nel grande viaggio verso l'ignoto.

Nei giorni successivi, essendo sfumate l'angoscia e l'amarezza prodotte dall'improvviso decesso del loro capo supremo, la gente delle quattro tribù berieske aveva iniziato a chiedersi chi sarebbe stato il nuovo superum della Berieskania. Ma non c'era stato un solo Beriesko che non avesse pensato a Nurdok, essendo egli considerato il personaggio più papabile per quell'alta carica. Nello stesso tempo, dal profondo del cuore, tutti si erano augurati che lo divenisse sul serio, siccome lo stimavano il migliore di tutti loro nelle armi, nella strategia militare, nella saggezza e nel rispetto della giustizia. Alla fine le aspettative della totalità dei Berieski non erano state disattese, poiché il loro eroico beniamino, al termine dei tornei banditi e combattuti nell'intera Berieskania, era risultato il più forte in assoluto. Inoltre, per essersi battuti anch'essi validamente, avevano conquistato la carica di conductor nelle proprie regioni, surrogando quelli vecchi, i seguenti Berieski: Sinkor, in quella della Sandar; Terkonio, in quella della Trasia; Mersuk, in quella della Landez; Durpo, in quella della Pesak. Ma va ricordato che i suoi amici Ircos ed Itmak si erano astenuti dal partecipare ai tornei per due motivi, i quali erano importanti per loro due: primo, giammai essi avrebbero combattuto contro Nurdok, che era cugino del primo e grande amico di entrambi; secondo, non ci tenevano a diventare conductor della Sandar per non avere dei seri impegni. Al contrario, entrambi volevano sentirsi liberi di frequentare il leggendario Beriesko, allo scopo di seguirlo in ogni impresa, che egli avrebbe intrapreso in avvenire.


Dopo essere divenuto il nuovo superum della Berieskania, Nurdok aveva voluto impegnarsi formalmente nella costituzione di un grande esercito bene armato ed organizzato, in grado di difendere efficacemente le popolazioni berieske da qualunque invasione straniera. Ma le sue truppe regolari non avrebbero dovuto superare le quarantamila unità sull'intero territorio nazionale. Suddivise in quattro contingenti, ciascuno costituito da diecimila soldati, esse sarebbero dovute essere di stanza presso i conductorati delle quattro regioni berieske e alle dirette dipendenze del rispettivo conductor. I riservisti, invece, che costituivano il nerbo dell'esercito in tempo di guerra, sebbene fossero assegnati fino ai sessant'anni a un proprio reggimento, avrebbero dovuto condurre una vita civile. Essi, però, sarebbero stati obbligati a partecipare alle varie esercitazioni paramilitari. Le quali avrebbero avuto una durata di tre giorni e si sarebbero dovute tenere con periodicità mensile sulla piazza d'armi, di cui ciascun borgo si sarebbe dovuto dotare nella sua periferia.

Così, in cinque anni di preparazione specifica condotta con indiscussa professionalità, Nurdok era riuscito ad avere a sua disposizione un esercito potenziale, quale già abbiamo conosciuto in precedenza. Esso, in qualsiasi momento che la necessità lo avesse richiesto, sarebbe stato in grado di diventare effettivo e pronto in brevissimo tempo, per essere utilizzato in qualche guerra improvvisa. Ma il nipote di Suok, durante il suo primo quinquennio da superum, non si era preoccupato solo di disporre di un grande e potente esercito virtuale. Egli aveva voluto anche ficcare il becco nelle faccende degli altri paesi esistenti oltrefrontiera. In particolar modo, egli si era voluto impicciare in quelle inerenti alla regione edelcadica. Di essa, il magnanimo eroe della Berieskania aveva mirato ad avere quante più notizie possibili, al fine di vagliare l'eventualità di una sua invasione, da parte del suo potentissimo esercito.

Il figlio dell'estinto Icondo era ancora molto giovane, quando ne aveva sentito parlare dal suo educatore Userto, il quale ormai era pure morto da tempo. Da quel giorno, il nuovo superum aveva sempre vagheggiato la conquista della fertile e civilissima Edelcadia, sul cui territorio sorgevano città da sogno, le quali permettevano una vita da mille e una notte. Per questo Nurdok aveva inviato una ventina di emissari nella regione edelcadica, con l'intento di visitare le sue nove città e di raccogliere su di esse il maggior numero possibile di informazioni. Ma più di tutte le altre, a lui interessavano quelle che erano attinenti ai loro eserciti e alle persone di maggior prestigio che ne erano a capo. Comunque, soltanto al loro ritorno, dopo aver avuto dai suoi emissari quelle informazioni che gli interessavano, avrebbe valutato con ponderazione una eventuale invasione della regione edelcadica.

Ebbene, quando erano ritornate dalla meravigliosa regione edelcadica, le persone, che egli vi aveva inviate, gli avevano fornito un resoconto dettagliato di ciascuna sua città, soprattutto della novella Dorinda, il cui re Kodrun non era affatto da sottovalutare, sotto ogni aspetto della vita. Glielo avevano descritto come un uomo dalle capacità e dalle risorse illimitate, si poteva affermare identiche a quelle sue. Oltre a ciò, gli avevano riferito che l'illustre Dorindano, sia perché aveva subito dei gravi torti dagli altri sovrani edelcadici sia perché essi non volevano riconoscerlo re, si stava preparando ad invadere le loro terre e a punirli. Se all'inizio Nurdok aveva temuto che il re Kodrun avrebbe potuto rappresentare un indiscusso ostacolo alla sua conquista dell'Edelcadia, invece dopo si era convinto che sarebbe stato proprio lui a servirgliela sopra un piatto d'argento. Il re dorindano, a suo parere, gli avrebbe facilitato il compito, se avesse provocato nella regione edelcadica una serie di guerre intestine. Esse ben presto avrebbero snervato i loro eserciti, consentendogli di invadere e di assoggettare la loro fiorente regione con minore fatica. Così alla fine, sotto quel favorevole auspicio, Nurdok aveva sciolto le ultime riserve ed aveva decretato la conquista delle opulente città edelcadiche.

Quando il superum della Berieskania aveva intrapreso il viaggio verso la regione edelcadica per invaderla e sottometterla, Elinnia aveva poco meno di sei anni. Egli aveva voluto condurre con sé sua figlia esclusivamente per necessità e non per un suo capriccio personale. La piccola aveva vissuto alcuni mesi prima una traumatica esperienza. Secondo lui, il solo modo di fargliela dimenticare sarebbe stato quello di non tenerla separata da sé per un tempo molto lungo. Adesso, perciò, apprenderemo i fatti che avevano scosso la bambina e l'avevano turbata abbastanza duramente. I quali continuavano a perseguitarla e a procurarle ogni notte dei feroci incubi che la terrorizzavano quasi a morte, fino a spossare la bambina fisicamente, psichicamente e spiritualmente.

La nutrice Scupta aveva cominciato a prendersi cura di Elinnia, fin dal giorno della sua nascita, siccome la bambina, come già abbiamo visto, era rimasta orfana di madre, immediatamente dopo essere stata da lei partorita. Per questo motivo, la figlia ultimogenita di Nurdok, la quale rappresentava il tredicesimo rampollo della sua casa, si era affezionata a lei come se fosse stata la sua vera genitrice. Insomma, ella divideva il proprio affetto e il proprio amore tra il padre e la sua tata. Quasi volesse ricambiare l'uno e l'altra di quei sentimenti che essi nutrivano fortemente nei suoi confronti! Ma anche i suoi fratelli, che erano molto più grandi di lei, godevano della sua simpatia; però ella non era riuscita ad attaccarsi a nessuno di loro in maniera intensa, come avveniva con le due persone a lei più care, che erano il padre e la sua nutrice Scupta. Probabilmente, il suo minore attaccamento ai germani era dovuto al fatto che essi stavano sempre fuori di casa. Ciò, perché alcuni erano già sposati e altri preferivano bighellonare, anziché farle da balia.

Procedendo così le cose, alla fine Elinnia si era affezionata alla sua nutrice in modo talmente morboso, da non volersene più separare. Se le brevi assenze del padre da casa non le creavano alcun problema, sebbene gli volesse un bene da morire, Scupta invece non poteva fare neppure un passo senza di lei, quasi fosse la sua ombra. In qualunque posto ella andasse, la bimba desiderava seguirla; anzi, pretendeva di starle attaccata alla veste, senza mollarla nemmeno per un attimo.

Un giorno ricorreva il quinto compleanno di Elinnia. Allora Nurdok, per festeggiarlo, aveva stabilito di condurre la figlioletta e la sua nutrice a fare una bella scampagnata. Lo avevano accompagnato anche i suoi affezionati cugini Ircos e Pluo. In quella stagione primaverile, i campi si mostravano a festa, grazie ai fiori che li arricchivano di una immensa moltitudine di colori vivaci. Essi, essendo primavera, presentavano una gran varietà di sfumature incantevoli e spettacolari. Una volta in campagna, naturalmente la donna e la bambina se ne erano volute andare per i fatti loro, allo scopo di godersi meglio la natura in rinascita e divertirsi un mondo a rincorrersi. Invece la componente maschile aveva cercato e trovato, solo per loro tre, un posto tranquillo per chiacchierare. In quel luogo, subito era stato intrapreso un discorso molto importante, il quale calamitava il loro interesse. Era stato Ircos ad aprirlo e a parlare per primo. Egli aveva domandato all'autorevole cugino:

«Allora, Nurdok, ci dici quando hai deciso di invadere l'opulenta Edelcadia, la quale dovrà essere la nostra prima terra di conquista? Non immagini quanto io stia aspettando tale momento! Spero che l'invasione ci sia al più presto, siccome ho una grande voglia di farmi valere sul campo di battaglia! Lo sai anche tu che è come dico!»

«Tra un mese, Ircos, darò l'ordine di iniziare i preparativi, poiché non possiamo attendere oltre. Così, essendo entrati già nell'estate, il nostro esercito si muoverà dalla Berieskania ed intraprenderà il suo lungo viaggio verso l'Edelcadia. Perciò, cugino, puoi stare tranquillo che entrambe le cose ci saranno senza meno; anzi, è questione solo di tempo! A ogni modo, assolutamente non intendo procurare alle città edelcadiche alcuna distruzione o rovina, dal momento che esse, a guerra finita, dovranno diventare nostre. Difatti, una volta conquistate, noi le abiteremo in modo definitivo con le nostre famiglie.»

«Vuoi dire, Nurdok, che abbandoneremo per sempre i nostri attuali territori?» il cugino Pluo era intervenuto a chiedergli «Se non mi sbaglio, ciò significa che, nella nostra imminente partenza, dovranno seguirci pure le donne, i vecchi e i bambini? Ma se ho capito male, correggimi, caro cugino, poiché così comprenderò meglio le tue parole!»

«Invece, Pluo, non sarà come hai pensato. Per adesso, gli altri Berieski continueranno a restare nella nostra terra. Solamente dopo che sarà avvenuta la conquista dei territori edelcadici, li faremo trasferire nella loro nuova patria, dove inizieranno a vivere una esistenza migliore di quella attuale. Adesso ti ho chiarito bene ogni cosa!»

Il discorso dei tre uomini, avendo poi toccato altri temi interessanti, si era protratto per oltre due ore. Dopo averli conclusi, Nurdok aveva deciso di comunicare ai due cugini che era giunta l'ora di consumare la refezione, che avevano portata con loro. Era stato proprio in quel momento che si erano uditi all'improvviso prima un urlo della nutrice e poi un forte strillo della piccola Elinnia. L'uno e l'altro all'istante avevano messo in grande apprensione i tre parenti, in particolar modo il padre della bambina. Perciò essi li avevano fatti lanciare in un batter d'occhio verso quella direzione, dalla quale erano provenute le acute grida della matura donna e quelle della piccola minorenne. Naturalmente, era loro intenzione liberarle senza alcuna perdita di tempo dal pericolo, che in quella evenienza stava incombendo sulle due persone indifese.

Quando erano giunti sul posto, essi si erano trovati davanti ad uno spettacolo truculento. Una tigre, dopo aver già ucciso e dilaniato Scupta, in quell'istante si stava dirigendo verso Elinnia, la quale le gridava ripetutamente a voce alta: "Vai via, brutta bestiaccia!" Il felino allora, prima ancora che potessero intervenire i soccorritori di lei, dei quali neppure si era accorto, aveva ubbidito alla bambina e non aveva osato assalirla. Così si era allontanato di corsa da quel luogo. La qual cosa aveva lasciato stupefatti Nurdok e i suoi cugini, che non volevano credere a quanto di cui erano stati testimoni. Ma se Ircos e Pluo non erano riusciti a spiegarsi quel prodigioso fenomeno in nessuna maniera, il loro cugino superum lo aveva giustificato nell'unico modo possibile. Essendo la sua Elinnia destinata a diventare la madre del più grande eroe di tutti i tempi, ella non poteva di certo finire sbranata da una belva. Per la seconda volta, quindi, la piccola era stata salvata dalle generose divinità benefiche. Le quali, come egli constatava di nuovo, non smettevano di vegliare su di lei, visto che il generoso destino l'aveva prescelta per portare nel suo grembo il più eccezionale degli eroi. Il quale probabilmente sarebbe stato anche lui protetto dagli dèi.

Dopo i primi attimi di sgomento, Nurdok si era affrettato a togliere la figlia alla vista di quella scena cruenta e rivoltante. Egli aveva voluto evitare che ella si impressionasse in modo traumatico e ne venisse ferita psicologicamente, pregiudicando anche la sua parte fisica e spirituale. Perciò, essendo intenzionato ad allontanarla prima possibile da quel luogo nocivo per lei, non aveva perso tempo a ricondurla a casa sua, perché si riappropriasse della serenità di prima. Il suo provvedimento, però, non era servito a nulla, siccome lo stato di salute di Elinnia già si presentava seriamente compromesso. Per l'intera giornata, la poveretta si era rifiutata di toccare cibo e non aveva permesso al padre di allontanarsi da lei nemmeno per un attimo. Nei giorni che erano seguiti, inoltre, non aveva accondisceso a trasferirsi presso la casa dello zio paterno Feron. Infatti, la cui moglie Lussen, dopo la sua disgrazia, si era dichiarata disponibile ad accoglierla nella propria casa e a prendersi amorevolmente cura di lei.

Allora Nurdok le aveva procurato un'altra balia, al fine di farle seguitare l'impagabile opera di Scupta e di tenere la figlia in un clima di serenità e di spensieratezza. Invece la nuova nutrice Lasten non era riuscita ad ottenere quei risultati positivi che il suo padrone si era augurato. Il motivo? Lo stato psichico della bambina, essendo ormai gravemente leso, non le aveva dato modo di conseguirli. Ciò nonostante, Nurdok non l'aveva licenziata, perché la donna, bene o male, risultava almeno di compagnia alla figlia. Perciò non la faceva sentire del tutto sola, durante le sue assenze da casa, alle quali egli veniva costretto per adempiere i suoi doveri di superum. I quali, poiché ci si stava preparando per l'invasione dell'Edelcadia, non risultavano pochi per lui. C'era stato anche chi, come il suo secondogenito Londes, gli aveva consigliato di risposarsi, perché così avrebbe permesso alla bambina di avere una madre adottiva. Ma Nurdok non aveva voluto seguire il consiglio filiale, dichiarandogli che mai avrebbe tradito la scomparsa consorte Enker. A lei aveva giurato che le sarebbe appartenuto fino all'ultimo giorno della sua vita.

Nel frattempo, Elinnia trascorreva dei brutti momenti, soprattutto durante le ore notturne, quando veniva assalita da vari incubi spaventosi. Essi la mettevano a dura prova e la facevano svegliare di soprassalto nel pieno della notte, urlando ogni volta: "Lascia la mia Scupta, tigre cattiva!" La qual cosa dimostrava che la poveretta riviveva ancora nei suoi sogni la tremenda esperienza di quel brutto giorno, il quale era coinciso con il suo quinto genetliaco. Al suo risveglio, la poveretta si mostrava tutta tremante, psichicamente scombussolata, nonché in preda ad un carattere scontroso, che le faceva rifiutare ogni proposta del padre e della balia. Esso la rendeva perfino intollerante delle loro coccole e delle loro attenzioni, che continuavano ad essere copiose. Per questo si faceva una immensa fatica anche nel farle toccare cibo, considerato che la bambina si opponeva con tutte le sue forze alla richiesta di consumare il pasto, che le si proponeva a pranzo e a cena.

Un giorno Nurdok aveva voluto escogitare un espediente, al fine di costringere la figlia a nutrirsi. Siccome ella rifiutava il cibo per l'ennesima volta, egli aveva estratto il suo pugnale dal fodero. Poi, mentre lo teneva con la punta rivolta contro il proprio petto, le aveva asserito:

«Se continui a digiunare come hai fatto fino adesso, Elinnia, ti garantisco che mi uccido. Così dopo resterai senza di me e per sempre tutta sola! È questo che vuoi? Se sì, devi essere tu a dirmelo!»

Alle parole paterne, scoppiando in lacrime, ella si era data a gridare:

«Per favore non farlo, babbo, e non privarmi della tua compagnia! Se non ti uccidi, ti prometto che dopo riprenderò a mangiare ogni cosa!»

Da quel giorno, come promesso, Elinnia aveva ricominciato a nutrirsi regolarmente, anche se all'inizio con una certa fatica. Inoltre, aveva assunto un atteggiamento più docile verso coloro che con cura amorevole badavano alla sua crescita, senza mai smettere di coccolarla.

Scandagliati i tratti biografici del leggendario Nurdok, ora bisogna passare a trattare quelli dell'eroico Kodrun. Essi, come vedremo, si presenteranno con uguale valenza sia nel campo combattivo e bellico sia in quello della morale e della giustizia. Inoltre, ci convinceranno che le loro vite parallele, benché fossero distanti, si erano svolte con la medesima integrità di uomo e di eroe.