196°-FRANCIDE SI RICONCILIA CON RINDELLA

Pervenuti al loro campo, Francide si ritirò direttamente nel suo alloggio, senza neppure farsi vedere da Lucebio. Addirittura quel giorno era intenzionato perfino a saltare il pranzo. Invece Iveonte, alla stessa maniera delle altre volte, per prima cosa, si recò a salutare l’anziano amico nel suo alloggio, dove lo trovò alle prese con le sue pignatte di creta, essendo intento a cucinare. L'uomo, a dire il vero, diversamente dagli altri giorni, manifestava parecchia stizza, che gli si leggeva in volto in maniera visibile. Il giovane allora non dovette fare alcuna fatica per accorgersene, per cui gli venne spontaneo parlargli nel modo seguente:

«Constato, Lucebio, che pure tu quest’oggi sei di malumore, proprio come lo è il nostro Francide. Vorrei proprio sapere cosa vi ha preso questa mattina! Sono portato a credere che vi siate incolleriti per lo stesso motivo, pur restando lontani l'uno dall'altro alcune miglia. Anzi, ne sono certo! Perciò desidero che qualcuno dei due interessati mi metta al corrente di ciò che vi è capitato! Non riesco però a trovare un nesso logico tra la tua arrabbiatura e quella del mio amico fraterno. Eppure la distanza fra di voi era notevole, perché vi facesse adirare la stessa causa! Allora, Lucebio, visto che Francide almeno per il momento si è rifiutato di parlarmene, vuoi essere tu così gentile da rispondermi, in merito alle mie osservazioni fatte su voi due? Sto aspettando che me ne parli.»

«Hai perfettamente ragione, Iveonte! Tu non ti sei sbagliato affatto nel fare la tua diagnosi su di me e sul tuo amico! Nella vita, purtroppo, certe volte succedono cose da considerarsi del tutto inconcepibili! Perciò adesso, dal momento che sei stato tu a chiedermi di parlartene, concedimi un po' del tuo tempo. Così ti informerò della grave imprudenza commessa da quello scriteriato di Francide, quando stamattina è andato a trovare la sua Rindella! Il suo comportamento è stato davvero deplorevole oltre ogni limite. Eppure giammai me lo sarei aspettato proprio da lui, essendo convinto che egli non sarebbe mai caduto in una bassezza del genere! Adesso perciò ti prego di starmi in ascolto.»

«Sono a tua completa disposizione, Lucebio. Stando all'impressione che le tue parole mi hanno dato, la questione allora si direbbe alquanto seria, come invece non avrei mai immaginato! Per questa ragione, tutte le altre mie cose possono anche attendere, comprese le mie funzioni fisiologiche. Quindi, puoi darti a raccontarmi ogni cosa sui fatti che lo hanno riguardato, poiché ti ascolterò con la massima attenzione!»

«Prima, però, lasciami mettere comodo, Iveonte. Solo dopo con calma passerò a riferirti il guaio che ha combinato quell'incosciente del tuo compagno. Te ne farò un resoconto dettagliato, perché tu comprenda meglio il triste episodio che c’è stato presso la dimora delle due donne, la quale, come sai, si trova nel palazzo del mio amico.»

Dopo che entrambi si furono seduti sopra una panca all'aperto, Lucebio subito diede inizio al suo racconto concernente la lite che c'era stata tra i due giovani fidanzati, che il lettore già conosce.

«A metà mattinata, Iveonte,» cominciò a dire il saggio uomo «mi si è presentata Madissa, la quale si è fatta accompagnare da Solcio. Avresti dovuto vederla come era avvilita la mia donna, quando mi ha raggiunto! La poveretta era perturbata che non ti dico! Una volta in mia presenza, ella mi ha narrato che, non appena aveva visto Francide lasciare la casa di Sosimo senza degnare del proprio saluto né lei né gli altri che erano con lei, si era precipitata nella stanza di Rindella per conoscerne il motivo. Ma qui aveva trovato la ragazza in preda ad una prostrazione spaventosa: sembrava quasi intenzionata a commettere qualche gesto inconsulto! Così, dopo averla chetata alla meglio, era venuta a conoscenza di tutto quanto era successo fra lei e il suo amato. Pare che Rindella, mentre lo abbracciava e lo baciava, lo avesse inconsciamente chiamato Godian. A quel nome, Francide si era infuriato ed aveva preteso che la ragazza gli confessasse la verità su quell’uomo. Da parte sua, Rindella gli aveva giurato che era del tutto all'oscuro dell'esistenza di quel nome e non sapeva spiegarsi come esso fosse uscito dalle sue labbra. Per la verità, ella non si ricordava neppure di averlo proferito, mentre si profondeva in carezzevoli moine per lui! Perciò si era data a negarlo con recisione! Né ella poteva comportarsi altrimenti!»

«Ma era vero, Lucebio, che Rindella non aveva mai conosciuto quell'uomo, né aveva mai avuto alcun rapporto con lui? Volendo esserti sincero, devo ammettere che si tratta di un fatto sul serio insolito e difficile da digerirsi. Comunque, vai avanti a raccontarmi il resto, poiché voglio avere sottomano l'intero quadro della vicenda!»

«Certo che la ragazza diceva la verità, Iveonte, non avendo la poveretta mai conosciuto nessun altro uomo, al di fuori del suo Francide. Come suo fidanzato, si intende! Non ricordi che Madissa la teneva perfino lontana dai figli di Stiriana, ogniqualvolta essi facevano ritorno alla loro casa, dopo mesi di assenza per far fronte al loro commercio? Invece Francide non ha voluto credere alle giustificazioni della sua ragazza. Perciò, dopo averla chiamata spudorata bugiarda, di punto in bianco aveva interrotto la discussione con lei e l’aveva lasciata, senza neppure salutarla. In seguito all'atteggiamento assunto dal suo adorato ragazzo, Rindella, temendo di averlo perduto per sempre, era sprofondata in un abbattimento psichico e morale. Anzi, esso, fin dall'inizio, era apparso davvero molto allarmante. Inoltre, aveva fatto balenare nella sua mente il proposito di farla finita per sempre con la propria vita. Ecco quanto c’è stato fra i due innamorati, in seguito ad un banale malinteso!»

«Sto provando compassione per la povera Rindella, Lucebio. Ad ogni modo, sappi che il mio amico si è comportato male anche nei confronti della mia Lerinda. Quando è venuto a chiamarmi alla reggia di suo fratello, non si è presentato a lei per salutarla, mancandole di rispetto. Ma adesso desidero sapere come si è comportata la tua donna, dopo avere appreso quanto era successo tra Francide e la sua ragazza.»

«Con il suo pronto intervento, Iveonte, ella ha allontanato Rindella dal suo intento di suicidarsi e le ha portato su il morale alla meglio. La ragazza, però, prima di recedere dalla sua idea di suicidio, come contropartita, ha preteso che la sua tutrice le giurasse che sarebbe venuta al nostro campo a parlare con il suo Francide per convincerlo della sua innocenza. Così la mia Madissa qualche ora fa è venuta qui per parlare con lui e persuaderlo a ritornare sui suoi passi, avendo egli preso una madornale cantonata. Ma non avendovelo trovato, ha voluto riferire a me l'accaduto. Nello stesso tempo, mi ha fatto anche solenne giuramento che la sua Rindella, al di fuori di Francide, non ha mai conosciuto nessun altro uomo. Da parte mia, ho preferito rimandare la mia donna in città, promettendole che me la sarei sbrigata io con il giovane e rassicurandola che senza meno avrei messo le cose a posto. Con questo, credo di averti detto ogni cosa che ha riguardato la lite avvenuta a Dorinda tra Francide e la sua Rindella, sorta dopo un incredibile equivoco.»

Terminato il suo racconto, Lucebio domandò al giovane:

«Tu cosa ne pensi, Iveonte? Riusciremo a far rinsavire quel testone del nostro Francide? Secondo me, il tuo carisma e le mie importanti rivelazioni che intendo fargli, sapranno senz'altro indurlo a riparare al danno che ha fatto stamani all'interno del palazzo del mio amico Sosimo. Vedrai che, alla fine, proverà perfino vergogna e si pentirà, a causa del torto arrecato ingiustamente alla sua amata Rindella!»

«A quali rivelazioni ti sei voluto riferire, Lucebio? Prima che mi rechi a chiamare Francide e lo affrontiamo insieme, mi faresti la cortesia di mettermene a conoscenza?»

«Iveonte, siccome esse concernono esclusivamente il tuo amico fraterno, è giusto che tu le apprenda, nello stesso tempo che le farò presenti a lui. Adesso, perciò, raggiungi quell'impulsivo e conducilo immediatamente qui da me, sperando che la mia ramanzina basterà a raddrizzargli il cervello e a farlo ravvedere del suo grave errore!»

Pochi minuti più tardi, Iveonte ritornò presso il vegliardo insieme con l’amico. Il quale si mostrava ancora terribilmente nero in volto e silenzioso come non mai. Allora Lucebio, mostrandosi molto irritato, prima invitò l'imprudente giovane a sedersi con loro due e poi incominciò a rimproverarlo in questa maniera:

«Francide, ti sembra giusto di avere offeso ignobilmente, oltre che metterlo a dura prova, l'essere che nella tua vita, dopo il tuo amico Iveonte, valeva più di qualunque altra persona e significava tutto per te? Ciò è successo, soltanto perché ti sei lasciato prendere da un attimo di irriflessione e di insulsa gelosia! Da te non me lo sarei mai aspettato, come non me lo aspetterei giammai dal tuo amico fraterno qui presente! Voi siete stati cresciuti ed educati dal magnifico Tio per superare anche difficoltà di questo tipo. Invece, tutto a un tratto, ti sei messo a bistrattare e a calpestare quello che per te, fino ad un istante prima, rappresentava un tesoro inestimabile. Agendo come hai fatto, hai rigettato stolidamente la fiducia che riponevi nell'essere a te più caro. Ci tengo a ripetertelo con certezza: tutto per una futile banalità, visto che non si è trattato di altro! Te lo garantisco!»

«È stato proprio così, Francide.» acconsentì Iveonte «Ma perché, amico mio, hai permesso che in te l'irragionevolezza avesse il sopravvento sul buonsenso e sulla ragione?! Se fosse stato vivo il nostro Babbomeo, ti avrebbe bacchettato e rampognato molto più aspramente di Lucebio! Il tuo agire non è stato quello di una persona ponderata, per cui hai continuato a commettere tanti errori, l'uno dopo l'altro. Approfitto per rinfacciarti che hai sbagliato in modo infantile a fare entrare, nella tua lite privata con Rindella, anche persone che non c'entravano per niente! Così hai mancato di rispetto a molte persone, a cominciare dal generoso Sosimo e a finire con la mia Lerinda e con Lucebio e con la sua Madissa! Il tuo atteggiamento avventato, perciò, mi porta a credere che Rindella sia dalla parte della ragione e che tu ti sia rifiutato di considerare la circostanza, secondo una logica più oggettiva. Ma come poteva condurti alla verità il tuo soggettivo modo di vedere, il quale ti ha fatto stimare giuste ed incontrovertibili soltanto le tue opinioni e ti ha spinto a sconfessare quelle altrui? Esse potevano esclusivamente annebbiarti la vista ed ottunderti l’intelletto, dal momento che poggiavano su basi prive di solidità e pronte a sfaldarsi, al primo soffio di vento!»

«Iveonte, non posso darti torto neppure un poco, quando affermi che sono rimasto accecato dall'ira, sotto l’impulso della quale ho iniziato a non ragionare più e a comportarmi in modo scortese nei confronti anche di ogni altra persona che non aveva nulla a che vedere con la mia lite con Rindella. Quasi fossi stato un bambino capriccioso! Per questo mi riprometto di chiedere personalmente le mie più sentite scuse alle persone da me offese, a cominciare dal qui presente Lucebio. Ma ci tengo a chiarire che il mio accesso d'ira, nella mia lite privata con Rindella, non c'entra per niente; semmai è stato lo stesso episodio che ha dato origine ad esso e lo ha fatto scatenare con tutta la sua virulenza! Quanto alla ragione che mi ha fatto litigare seriamente con la mia ragazza, non credo che essa possa essere definita infantile e futile, né tanto meno sintomatica di gelosia! Mi dici, Iveonte, che opinione ti faresti di una donna, la quale prima proferisce il nome di un uomo ed immediatamente dopo nega di averlo pronunciato? Anzi, ti dichiara perfino che un nome simile non lo ha mai sentito in tutta la sua vita! Ti faccio presente che senza meno avresti reagito come me! Non puoi negarlo!»

«Non lo credo proprio, Francide! Al posto tuo, prima di arrischiare dei giudizi avventati nei confronti di qualcuno, ci avrei pensato più volte. Innanzitutto avrei vagliato tutte le ipotesi possibili concernenti la circostanza. Soprattutto avrei fatto basare le mie conclusioni sull'attendibilità della persona che mi attestava la sua verità nella discussione, poiché sovente essa si dà a vestire l’abito dell'assurdità. In questo caso, viene spontaneo, da parte di chi l'ascolta, dare del folle o del mendace a chi la propugna. Devi sapere che ho già vissuto in prima persona un fatto analogo. Lucebio te lo può confermare! Ciò che agli occhi di tutti non poteva apparire che un paradosso, alla fine si è rivelato un'autentica verità. Perché proprio alla tua Rindella, la persona che hai sempre considerata come la più cara e la più preziosa in tutto il creato, hai voluto poi negare il beneficio del dubbio? Eppure la tua ragazza lo ha accordato a te con fiducia, stando ai fatti accaduti fra voi due, per cui subito ti ha creduto sulla parola, nonostante quanto da te dichiarato, soltanto per lei, risultasse impossibile!»

«Rindella lo ha fatto, Iveonte, perché non ha potuto comportarsi altrimenti! Io stavo dalla parte della ragione, mentre lei si trovava nel torto marcio! Quindi, ella non poteva negare l'evidenza!»

«Questo lo asserisci tu, Francide. Ma come puoi asserirlo con certezza e senza errori? Per un motivo qualsiasi non imputabile a lei, prova un po’ a prefigurarti la tua ragazza effettivamente all'oscuro di aver pronunciato il nome di Godian! Allora in quale grande considerazione dovresti averla, se, nonostante ciò, ugualmente non ha mai dubitato che tu dicessi la verità? Te lo dico io, Francide, se non riesci ad immaginarlo da te! Nella considerazione più grande che esiste, poiché in tal caso il suo amore si rivelerebbe quello che già sappiamo che è, ossia assoluto e incondizionato, quasi un sinonimo di abnegazione! Tu invece, con il tuo comportamento puerile, sai cosa avresti fatto? Avresti schiaffeggiato e preso a calci un amore così trasparente e genuino, da potersi considerare un autentico gioiello sommamente pregiato!»

Iveonte ebbe appena finito di dare addosso all'amico e di biasimarlo a dovere, ritenendo il suo duro rimbrotto la cosa più giusta da farsi verso chi era in errore, quando ricominciò l'adirato Lucebio a strapazzare l'indisponente giovane con la seguente paternale:

«Francide, ha detto bene il tuo amico Iveonte, quando ha dichiarato che avrebbe fatto basare le sue conclusioni soprattutto sull'attendibilità della persona, che aveva fatto certe affermazioni. Esattamente in questo modo mi comportai anch'io, alcuni mesi or sono, quando egli mi confidò dei fatti che, a chiunque li avesse raccontati, mai sarebbero stati creduti da lui. Essi gli avrebbero provocato unicamente una bella risata in faccia da parte dell’ascoltatore. Invece, avendo io un'ottima reputazione del tuo amico, neanche lontanamente dubitai delle sue affermazioni, sebbene le considerassi contrarie ad ogni logica umana. È capitato anche ad Astoride di assumere il medesimo atteggiamento nei riguardi dell'amico Iveonte, quando gli ha fatto presente che il forestiero era il dio Osur, solo perché non ha avuto in lui una incrollabile fiducia. Sorvolando il criterio della credibilità e dell’affidabilità della persona, ben presto egli fu costretto a ricredersi e a scusarsene con lui. Hai forse dimenticato come andarono realmente i fatti, che quel giorno ci sbalordirono oltre ogni immaginazione? Invece sarebbe meglio che tu li tenessi a mente!»

«Questo è vero, Lucebio. Ma mi dici cosa hanno a che fare i due episodi, ai quali hai fatto accenno, con il mio atteggiamento assunto stamani nei confronti della mia ragazza? Vuoi chiarirmi a cosa si potrebbe imputare la manifesta mancanza della mia ragazza, che avrebbe pronunciato quel nome nella più completa incoscienza?»

«Francide, credimi che, quanto a credibilità, Rindella e Madissa ne hanno da vendere! Tu stesso potrai giudicare tra poco, cioè non appena ti avrò fatto alcune rivelazioni sul conto delle due donne. Per trattare la tua ragazza nel modo che conosci, infangandola con un epiteto diffamante, di certo avrai scambiato Madissa per una lavandaia e Rindella per una poco di buono! Invece esse sono persone di tutt'altro rango, amico mio! Madissa, anzi è giusto dire la nobildonna Madissa, era la prima damigella d'onore della regina Elinnia. Ella ottenne quel posto meritatamente, siccome le venivano invidiate da tutte le altre cortigiane la bellezza, l'eleganza, la cultura, la facondia, la nobiltà d'animo e la vasta esperienza in tante arti muliebri. Indubbia si presentava la sua serietà, la quale, frammista ad una punta di alterigia, le conferiva un aspetto di eleganza e di signorilità difficile da riscontrarsi nelle altre donne edelcadiche! Perfino il mio amico Sosimo se ne innamorò e la corteggiò per parecchio tempo; ma ella lo respinse, solamente perché nel suo intimo era innamorata di me!»

«Mi fa piacere per la tua donna, Lucebio, venire a conoscenza della sua nobiltà. Ma la mia ragazza che cosa ha a che vedere con la nobildonna Madissa, considerato il fatto che non è neppure sua figlia? Allora me lo vuoi palesare chiaramente?»

«Assolutamente niente, Francide, come tu stesso hai affermato, non essendo ella né sua figlia né una sua parente! Ma devi sapere che Rindella era l'unigenita di un aristocratico di Terdiba, il quale vantava una nobiltà ancestrale non so di quante generazioni. In lei, perciò, risultano atavicamente radicati modi e comportamenti propri dell'aristocrazia. A questo punto, Francide, hai anche conosciuto i giustificati motivi per cui la donna si opponeva al fidanzamento di Rindella con te. Devo confessarti che fui io a convincerla a desistere e ad accettarti come il fidanzato della sua adorabile protetta. Perciò mi auguro che un giorno non debba pentirmene! Inoltre, come hai potuto ipotizzare che la tua Rindella avesse avuto un altro uomo prima di te, se tu l'hai incontrata che era ancora un tenero virgulto? Hai forse dimenticato la sua giovanissima età, la quale può farla considerare senz'altro ancora un'adolescente? Senza volere tener conto del fatto che Madissa ha incessantemente vegliato su di lei, stando più attenta di una tigre che vigila assiduamente sui propri tigrotti, poiché questa è la pura verità!»

«Anche ciò è vero, caro Lucebio. Ma chi può garantirmi con matematica certezza che, durante i viaggi di Madissa, la mia ragazza non ha incontrato un altro giovane? Magari proprio colui, il cui nome corrisponde a Godian? Ciò spiegherebbe la sua distrazione, la quale l'ha spinta a chiamarmi incautamente con il nome dell'altro!»

«Te ne do io assicurazione, Francide, che quanto hai ipotizzato non c'è mai stato, per i motivi che adesso passo a spiegarti! Riguardo all'increscioso episodio accaduto fra te e Rindella, anch'esso andava interpretato in tutt'altra chiave di lettura. Tu invece hai voluto fare il precipitoso e l'irriflessivo, evitando di studiarlo a fondo, ossia secondo la circostanza del momento e il suo vero significato. Così facendo, hai fatto soltanto del male a te stesso e alla tua Rindella. Vuoi sapere in quale chiave esso andava letto? In quella dell'ottimismo, naturalmente! Così un fatto del tutto positivo, ai fini del ritrovamento di tua madre, tu te ne sei ben guardato dal collegarlo con l'attuale tua vicenda personale! Badando unicamente a connetterla con dei sentimenti di gelosia del tutto fuori luogo, subito l'hai interpretata negativamente, dipingendola con le tinte più fosche e pessimistiche. Per ovvie ragioni, ti starai chiedendo come possa entrarci il nome "Godian" con la tua vicenda attuale, la quale ha coinvolto indirettamente pure la tua amabile Rindella.»

«Infatti, Lucebio, non saprei come esso possa entrarci! Anzi, non soltanto su questo permango perplesso; bensì anche sulla positività dell'episodio, come hai voluto farlo apparire tu. Comunque, adesso non riesco a connettere, essendo rimasto intontito dalle tue rivelazioni su Rindella e sulla sua Madissa! Per questo te ne sarei grato, se tu mi volessi schiarire meglio le idee a tale riguardo. Prima, però, permettimi di ringraziarti, per avermi aperto gli occhi sui miei tanti errori, che hanno cagionato molto male sia alla mia ragazza sia a me stesso. A questo punto, spero che al più presto mi sia consentito di porre rimedio ad ognuno di loro!»

«La tua vicenda, Francide, ha preso piede, solo perché abbiamo il convincimento che è stata la spada di Iveonte ad informarti dell'esistenza di tua madre e dei grossi pericoli che ella sta correndo molto lontano da qui. Se non lo avessimo, non ci sarebbe da parte tua neppure il pensiero di liberare la tua genitrice. Al contrario, ignorando che ella esiste, non ti preoccuperesti di lei nel modo più assoluto. Ne convieni?»

«Certo, Lucebio, che è senza dubbio come affermi! È convinzione di noi tutti che la venerabile spada si è mossa, allo scopo di farmi ritrovare mia madre e permettermi di vendicare mio padre. Ma ormai un fatto del genere, essendo stato da noi assodato, è senz'altro fuori discussione! Ecco come la penso io, in questo momento!»

«Perché allora dovremmo rifiutarci di credere che essa ti abbia anche voluto fornire un ulteriore aiuto, attraverso la bocca della tua ragazza, quello che potremmo definire un altro tassello del mosaico? Il nome maschile pronunciato da Rindella a livello inconscio, quindi, potrebbe essere quello del tuo defunto genitore. Ciò scagionerebbe Rindella da ogni tua ingiusta accusa e ti imporrebbe la ritrattazione immediata di ogni tua calunnia diffamatoria nei suoi riguardi. Questa è un’altra verità, la quale è da prendersi in seria considerazione, mio caro Francide, se vogliamo muoverci nella direzione giusta!»

«Un fatto del genere potrebbe essere possibile, amico mio!» Iveonte intervenne ad esprimersi favorevolmente in merito all'ipotesi di Lucebio «Ormai dobbiamo attenderci di tutto dalla mia spada, la quale, venendoci incontro, non smette mai di stupirci! Sono convinto anch'io che, quando conoscerai tua madre, verrai anche a sapere da lei che il nome di tuo padre era appunto Godian! Vedrai che sarà esattamente così!»

Messo alle strette dalle uniche due persone che potevano esercitare un ascendente su di lui, Francide non si sognò nemmeno lontanamente di controbattere le loro affermazioni. E poi perché osare farlo, se esse si palesavano fin troppo belle per lui? Infatti, gli restituivano la serenità e la gioia di prima, quelle che aveva compromesso con il suo atteggiamento scapato ed oltraggioso. All’improvviso, si era ritrovata la sua Rindella di sempre e non più quella che erroneamente si era immaginata qualche ora prima, cioè la donna spregevole che per alcune ore lo aveva fatto quasi impazzire dalla gelosia. La sua ragazza, però, non era un giocattolo e non la si poteva prima offendere nel modo peggiore a proprio piacimento e poi chiederle scusa, dicendole che si era trattato di una banale bufala! Per tale ragione, la sua felicità restava ancora in parte compromessa e vacillante, almeno fino a quando non fosse stato certo della comprensione e del perdono, da parte della sua Rindella. Per questo, in attesa di avere una tale certezza, il giovane non se la sentiva ancora di esultare; invece era costretto a vivere nel frattempo alcuni momenti di timorosa attesa. Anzi, egli si sentiva simile a un bambino che, dopo aver commesso un'altra delle sue marachelle, teme alla fine la giusta punizione della mamma.

A quel punto, Francide non nascose il suo sofferente stato d'animo ai suoi due interlocutori, ai quali si espresse con questi toccanti lamenti:

«Amici, adesso che mi avete convinto che mi sono comportato in modo veramente abietto con la mia Rindella, mi dite voi come farò a liberarmi dai miei rimorsi e dalle mie conseguenti afflizioni? Se lo volete sapere, gli uni e le altre iniziano già a subissarmi a valanga e con una crudezza inflessibile. Ciò che maggiormente mi preoccupa e mi atterrisce è il terribile pensiero che Rindella non voglia avere mai più niente a che fare con me. Dopo averla offesa tanto ingiustamente ed oltraggiosamente, non mi ritengo più degno del suo amore. Se ella avesse deciso di rompere ogni legame con me e di scacciarmi per sempre dalla sua vita, avendo il diritto di farlo, non le darei torto. Vi confesso, però, che ne soffrirei per l'eternità, poiché la mia esistenza non scorgerebbe più davanti a sé il solito orizzonte roseo. Essa non vedrebbe più scorrere le sue ore e i suoi giorni in quella soave delizia, che può provenirle solo dalla rasserenante compagnia di Rindella. Per questo qualcuno di voi due saprebbe suggerirmi la maniera efficace per rappacificarmi con la mia ragazza? Conosce pure il dono più bello che potrei offrirle in questa circostanza di dissidio, in modo che esso mi permetta di riannodare la nostra ottima relazione amorosa? Se c’è questo qualcuno che può farlo, egli si faccia avanti e mi spieghi come io possa porvi il giusto riparo!»

«Francide, fra te e Rindella» gli rispose per primo Lucebio «non c'è stata mai nessuna frattura insanabile, per cui non c'è bisogno di alcuna rappacificazione. Unicamente da parte tua e ai danni della tua ragazza, c'è stata una insinuazione denigratoria; nonostante la quale, Rindella ha continuato a dispensarti il suo candido amore. Al pensiero che potesse perderti, si è solo spaventata e ha tremato; mentre non ha dato per niente peso al grave vilipendio con cui l'hai moralmente ferita. Se è di questo che vuoi convincerti, ella non ha mai smesso di spasimare per te, perciò ti sta ancora aspettando a braccia aperte. Infatti, non desidera altro che riabbracciarti e rivederti interamente dedito a lei. Quindi, non ti resta che correre dalla tua ragazza e chiederle perdono con compunzione, per averla ferita ingiustificatamente e per averla fatta soffrire a tal punto, da condurla sull'orlo della follia e del suicidio. Ed è quello che farai, subito dopo che avremo pranzato! Ci siamo intesi?»

«Con le tue parole, mi hai risollevato, Lucebio. Credevo di aver perduto per sempre la mia Rindella e che potessi iniziare a guardare al mio avvenire come ad un qualcosa di fosco e di tempestoso. Ma adesso, grazie a voi due, amici miei carissimi, un fatto del genere non ci sarà più per la mia esistenza ed avverto già che la gioia si fa di nuovo strada nel mio animo, il quale era divenuto abbattuto ed angosciato!»

«Quanto al dono che dovresti farle, Francide,» gli aggiunse l'amico Iveonte «te lo posso suggerire io. Ne conosco uno che le risulterà molto gradito e prezioso, siccome con esso riuscirai a farla immensamente felice. Devi sapere che si tratta dello stesso regalo che ho già fatto alla mia Lerinda, allietandola come non mai! Allora, dopo che te lo avrò fatto presente, sarai tu disposto a farglielo, senza "se" e senza "ma"?»

«Dimmi subito, Iveonte, quale regalo hai fatto alla tua Lerinda, siccome ho intenzione di farne anch’io uno uguale alla mia Rindella! Specialmente se mi garantisci che la tua ragazza lo ha gradito con sommo piacere, dopo che glielo hai fatto! Dunque, affréttati a dirmi di cosa si tratta e ti giuro che ti imiterò senza meno!»

«In verità, non si è trattato proprio di un dono, Francide; ma di una pura e semplice concessione. Siccome Lerinda mi ha espresso la volontà di accompagnarmi fino a Casunna, ho accolto subito la sua richiesta, permettendole di viaggiare insieme con noi fino alla città del fratello Raco. È quanto ti consiglio di accordare anche alla tua ragazza. Con la sua luminosa idea, la mia ragazza ha inteso accorciare i tempi della nostra separazione e del nostro mal d'amore. Insieme con lei verrà anche la sua nutrice Telda. A Casunna, le tre donne resteranno ospiti del fratello di Lerinda, il viceré Raco, fino al nostro ritorno dalla Città Santa. Dopo esse si uniranno di nuovo a noi durante il viaggio che ci riporterà a Dorinda. In questo modo, non dovremo neppure sovraccaricarci per il lunghissimo tragitto fino ad Actina, visto che a Casunna il fratello di Lerinda sarà lui a fornirci quanto ci occorrerà per proseguire il viaggio fino alla Città Santa. Inoltre, suggerirei di metterci in cammino già domani, quando il sole inizierà a sorgere.»

«Se tu hai già permesso alla tua ragazza di venire con te, amico mio, perché non dovrei concederlo pure io alla mia Rindella? Sono sicuro che anch'ella ne sarà felicissima, proprio come mi hai assicurato tu. Concordo con te sul fatto che Lerinda ha avuto un'ottima idea, la quale ci favorirà moltissimo! In questa maniera, trascorreremo insieme almeno il tempo di andata per Casunna e di ritorno da essa, obbligando la noia e la malinconia a praticarci uno sconto sull'intero nostro viaggio!»

Quando il giovane ebbe finito di parlare, apparendo adesso assai rincuorato, Lucebio lo mandò a controllare se Astoride si trovasse nelle vicinanze, visto che il pranzo era da considerarsi quasi pronto. Dopo, mentre Francide era alla ricerca dell'amico terdibano, dovendo avvisarlo che il pasto stava per essere servito a tavola, Lucebio approfittò della sua assenza per fare al suo amico di infanzia il seguente avvertimento:

«Iveonte, dopo che sarete giunti ad Actina, tu e Astoride dovrete stare sempre vicini a Francide, senza mai perderlo di vista. Egli potrebbe trovarsi in serio pericolo, quando meno ve lo aspettate! Perciò voi due non lasciatelo mai da solo in qualunque circostanza. Ti sono stato abbastanza chiaro? Ma vorrei che tu non mi chiedessi il motivo.»

«Invece te lo chiedo, Lucebio. Lo sai anche tu che Francide è in gamba quanto me nel difendersi da persone malintenzionate! Pensi forse di sapere già chi sono sua madre e l'assassino di suo padre, per preoccuparti tanto per lui? Se hai già una mezza idea in merito, ti prego di palesarla anche a me! In questa maniera farai una cosa giusta e mi metterai nella condizione di poter meglio vigilare sul mio amico!»

«Dopo quanto è accaduto a Rindella stamani, posso azzardare solo qualche ipotesi che rivelo a te solo, Iveonte. Secondo me, il tuo amico potrebbe essere il figlio di Talinda, la regina di Actina. Il marito di lei, che era il sovrano della città e si chiamava appunto Godian, fu ucciso nel suo letto, pochi mesi dopo il suo matrimonio. Allora si vociferò che il mandante dell'assassinio del sovrano fosse stato il fratello Verricio e che questi subito dopo avesse incaricato qualcuno di eliminare anche il piccolo nipote. Da allora, il fratricida ha approfittato della debolezza e dell'inerzia della cognata, la quale lo ha sempre lasciato fare come voleva, senza intromettersi negli affari di stato. Perciò, benché egli fosse privo dell'investitura di re, nella Città Santa si è sempre comportato come un vero monarca plenipotenziario, grazie anche al solido appoggio dell'esercito e della classe sacerdotale. Ad ogni modo, Francide non dovrà venire a conoscenza dei vari fatti che ti ho appena raccontato e delle mie ardite supposizioni. Sai, non vorrei illuderlo, nel caso che le mie informazioni non dovessero risultare fondate! Adesso mi comprendi?»

«Stanne certo, Lucebio, che Francide non sarà messo al corrente da me di quanto mi hai accennato sui possibili suoi genitori. Essendo pienamente d'accordo con te, anch'io ritengo che la cosa migliore è sottacerglielo, almeno fino a quando la verità non verrà interamente a galla da sé! Anzi, ho deciso di non rivelarlo neppure ad Astoride.»

Una volta ritornati Francide e il Terdibano da fuori, tutti e quattro si sedettero subito a tavola per pranzare, essendo le pietanze già cucinate e pronte per essere mangiate e gustate dai vari commensali, come avvenne poco dopo. Quando poi il pranzo era agli sgoccioli, Iveonte si diede a parlare a Lucebio e ai suoi compagni, dicendo loro:

«Amici, avrei da sottoporvi un caso di umanità e vorrei che vi esprimeste in merito, dando il vostro parere favorevole o contrario. Tutti sapete che Croscione, l'ex braccio destro di Cotuldo, è rimasto cieco per colpa del semidio Korup. Stamattina gli ho fatto una visita, siccome egli più volte aveva invitato la nutrice di Lerinda a farmi tale richiesta, avvertendo un gran bisogno di parlarmi. Una volta al suo cospetto, il miserabile uomo mi ha giurato che la sua vita è radicalmente cambiata. Oggi disdegna tutto il male che ha arrecato in passato a tanti poveretti Dorindani, fino a quando Korup non lo ha privato degli occhi. Inoltre, disprezza la stessa condotta del suo sovrano, dal quale mi ha esortato a guardarmi senza sosta. Egli vorrebbe trasferirsi presso il nostro campo, reputandoci delle persone dall'animo nobile e generoso. Lì, dove si trova adesso, si sente come soffocato, quasi un sepolto vivo. Invece, presso di noi, secondo lui, avrebbe modo di respirare aria pura, quella che gli manca nell'angusta ed ammuffita stanzetta, che gli è stata messa a disposizione dal suo sovrano. Croscione, inoltre, è al corrente della nostra attività clandestina contro il re Cotuldo e della vera identità del nostro Celubio. Per questo la sua presenza nel nostro campo non ci creerebbe alcun imbarazzo; anzi, vuole anch'egli abbracciare la nostra causa. Io gli ho risposto che per me non c'erano problemi ad accoglierlo nella nostra comunità; ma prima avrei dovuto sentire i pareri dei miei amici. Allora cosa pensate della sua richiesta? Siete o non siete pure voi propensi ad accettarla?»

Mossi a pietà dello sventurato cieco, in considerazione anche del fatto che egli aveva palesato un sentito e sincero ravvedimento, Lucebio e i due amici di Iveonte, senza la minima esitazione, all'istante decisero di appagare il desiderio, che gli era stato espresso da Croscione. Inoltre, essendo tutti d'accordo, essi stabilirono altresì che il suo trasferimento al loro campo poteva avvenire già a cominciare dal giorno successivo.

Il primo ad alzarsi da tavola fu Francide. Egli, dato un veloce saluto agli amici ancora seduti, volò come una saetta nel proprio alloggio. Mezz'ora dopo ne uscì con un piccolo rotolo di papiro. Avendo poi scorto Astoride, il quale in quel momento stava pure lui uscendo dalla dimora di Lucebio, lo chiamò e lo pregò di accompagnarlo in città, dove avrebbe avuto un gran bisogno di lui. Il suo amico subito accolse la sua richiesta, senza fare domande su di essa. Così, montati in sella ai loro cavalli, essi si diressero alla volta di Dorinda. Strada facendo, Francide chiarì ad Astoride in che modo intendeva servirsi di lui in città. Precisamente, il compagno avrebbe dovuto fare da latore di una sua missiva diretta a Rindella. Intanto lui sarebbe rimasto fuori del palazzo di Sosimo ad aspettare il suo ritorno per essere messo al corrente della reazione che la sua lettera aveva suscitato in lei. Astoride non esitò a mettersi a disposizione di Francide e si adoperò, perché l'incarico da lui ricevuto venisse espletato appunto com’era nelle intenzioni del carissimo amico.


Quando Astoride fece il suo ingresso nell'abitazione delle due donne, egli trovò Rindella molto disperata ed avvilita in tutti i sensi. Proprio in quell'istante, ella era perfino decisa a digiunare a oltranza. Difatti, il suo pranzo restava sul desco ancora intatto, nonostante Madissa non avesse smesso di invitarla a mangiare. Allo scopo di stuzzicarle l'appetito, le aveva perfino promesso che il suo ragazzo sarebbe andato a trovarla molto presto per farle le proprie scuse sincere, chiederle perdono e rappacificarsi con lei. Allora il giovane, dopo averle salutate cordialmente, facendole presente che glielo inviava il suo Francide, consegnò il rotolo di papiro a Rindella, la quale versava ancora in uno stato miserevole. Ella, non appena ebbe ricevuto il rotolo dell’amato nelle mani, tremando per la forte ansia e per la grande commozione, si affrettò a svolgerlo. Di lì a poco, apparendo visibilmente molto emozionata e alquanto rasserenata, si diede a leggervi:


"Rindella mia dolcissima, mio eterno amore, il pensiero che tu possa aver dato il massimo peso al mio atteggiamento di geloso e alle conseguenti gravi offese che ignobilmente ti ho arrecato, mi infonde nel cuore un lancinante dolore. Anche se sono consapevole che il mio folle gesto ti ha irritata come non avrei mai dovuto, lo stesso confido nel tuo cieco amore per me. Sono convinto che mi avrai già perdonato e non hai intenzione di affossare, con una follia maggiore di quella mia, il dolce idillio che stavamo vivendo noi due insieme. Esso, come sai, ci estasiava in modo davvero incantevole. Se così non fosse, Rindella mia cara, ti chiedo di non estromettermi per sempre dalla tua vita e di scacciare da te l’idea di condannarmi alla tua noncuranza e al tuo disprezzo inappellabili. Ammesso che in te ci siano, spero che la tua rabbia e il tuo proposito di non considerarmi più il tuo amore si limiteranno ad un temporaneo risentimento e non si dimostreranno un atto di rivalsa irreversibile nei miei confronti. Altrimenti, ahimè, non immagini a quale inferno condanneresti la mia anima, di quale drammaticità colmeresti la mia vita e quale tormento arrecheresti al mio cuore!

Al contrario, sono favorevole a credere che la tua nobiltà d'animo, la quale è difficilmente rinvenibile in altre donne, non ti farà cedere al rancore perenne; ma che alla fine essa ti consiglierà di concedermi generosamente il tuo ragionevole perdono. Ti imploro, mia diletta, di restare per sempre mia. Te ne prego, non considerare una circostanza duratura e un danno irreparabile la tempesta che ti ha investita per un attimo, a causa del mio assurdo errore! Il quale, oltretutto, è da imputarsi ad un mio atto inconsulto, a cui sono stato spinto da un momentaneo cedimento all’ira. Per questo ti invito a considerare il solo fatto che ci attendono un’infinità di giorni beati, quelli che il nostro amore ci regalerà in futuro tra gioiosi sospiri ed intense emozioni. Gli uni e le altre, poi, ci risulteranno abbondanti di travolgente passionalità! Avresti, quindi, un tale barbaro coraggio, da lasciarmi solo a piangere in compagnia del mio dolore e a disperarmi, mentre sono rintanato nella mia angoscia? Non lo posso affatto credere!

Amore mio soave, sappi che, se tu prendessi una simile decisione, saresti in eterno bersagliata da terribili sensi di colpa, i quali ti frastornerebbero l'esistenza e te la racchiuderebbero nel più esacerbante dei rimorsi. Anche la mia vita non trascorrerebbe il suo tempo diversamente dalla tua; anch'essa si vedrebbe trascinare nel baratro tormentoso dell'accidia totale e del suicidio sentimentale. Inoltre, sarebbe sopraffatta dal collasso di tutte le sue energie intellettive, fino a rovinare spaventosamente nello spegnimento definitivo del proprio io volitivo. Una sorte analoga toccherebbe al mio afflitto cuore, dal quale si leverebbero gli strazianti lamenti della mia disperazione e della mia costernazione. Nello stesso tempo, in esso andrebbero ad ammassarsi le ambasce più profonde e le amarezze più crudeli, quelle che giammai potrei sopportare nella mia vita. Fiamma inestinguibile del mio cuore, unico motivo del mio esistere in questo mondo, salvami da questa prospettiva infernale. La quale già mi si va delineando davanti burrascosa e tremenda, travolgente ed annientatrice della mia persona. Devi convincerti che, se essa dovesse diventare per me una cruda realtà, ti giuro che mi traumatizzerebbe lo spirito, fino a sopprimerlo per sempre!

Un abbraccio e un bacio passionali dal tuo Francide, che non smette mai di amarti."


Quando Rindella ebbe finito di leggere la lettera del suo amato ragazzo, il suo volto fu visto irraggiarsi di un giubilo infinito, come se una luce fulgida e repentina se ne fosse impadronita. Ella oramai era divenuta preda dell’emozione più viva e palpabile, la quale la teneva inchiodata ad una specie di atmosfera ultraterrena. Quando infine si riebbe da tale stato meraviglioso, la ragazza si rivolse al giovane, dicendogli:

«In questo momento dove si trova l’amore mio?! Sono sicura che è nelle vicinanze! Perciò per favore corri subito a chiamarlo! Te ne prego, Astoride, non farmi penare oltre! Avanti, precìpitati da lui, raggiungilo presto, digli che lo desidero e lo sto aspettando con ansia in casa. Sì, fai in modo che egli sia presso di me prima possibile!»

Il Terdibano uscì rapidamente dall'abitazione delle due donne. Ma esse, pochi attimi dopo, videro comparire Francide da quella stessa porta che un momento prima aveva inghiottito il latore della missiva, che in un attimo aveva guarito Rindella. Così, non appena scorse il suo amore, istantaneamente la fanciulla si ravvivò nel viso; mentre i suoi occhi si illuminarono di una gioia incredibilmente paradisiaca. Madissa, che era presente, assistette allora a dei momenti incantevoli e sublimi, poiché vide i due giovani lanciarsi l'una nelle braccia dell'altro e viceversa. Essi lo fecero con un impeto e con un ardore travolgenti, che esprimevano la massima esaltazione e il massimo delirio! L’incantata e stupita donna li vide comportarsi come se non si vedessero da un tempo infinito, così incontenibile si mostrava il loro entusiasmo, mentre si abbracciavano, si baciavano ed erano in preda ad una passione fantastica fervidamente avvertita! Intanto che l'avvinceva a sé e la riempiva di baci ardenti, dimostrandosi un ciclone di passione, Francide le diceva:

«Perdonami, dolce amore mio, per tutto il male che ti ho cagionato stamattina, per il grande dolore e per la grande disperazione che ti ho causato! Ti faccio solenne promessa che mai più mi comporterò con te così avventatamente, come ho fatto quest’oggi. Mai più ti arrecherò offesa alcuna e mai più penserò male di te! Piuttosto vengano tutte le forze della natura ad abbattermi, a distruggermi, a disintegrarmi e a disperdere ai quattro venti ciò che è ancora rimasto del mio corpo! Rindella mia, per me rappresenti l'essere più caro al mondo; ma anche occupi nel mio animo il posto più di rilievo. Nella mia esistenza, sei diventata insostituibile, siccome sei colei che appaga ogni desiderio del mio cuore e placa ogni furore amoroso del mio spirito. Perciò, per tutto quello che costituisci per la mia anima e significhi per il mio cuore, ti faccio presente che non mi basterà il tempo di una vita intera per ringraziarti come ti meriti ed essertene molto grato!»

Anche Rindella, nella sua valanga di abbracci e di baci, non se n'era restata taciturna. A volte aveva risposto al suo moroso; altre volte gli aveva parlato di propria iniziativa. Quando poi si era normalizzata abbastanza, ella volle esprimersi a lui nel modo seguente:

«Francide mio, non c'è bisogno che tu mi chieda perdono del torto che ingiustamente mi hai arrecato. Ciò che è stato deve sparire per sempre dal nostro presente. L'acqua passata non può più causare alluvioni ed irrorare i campi, al fine di farli rinverdire e prosperare. L'importante è che siamo di nuovo abbracciati l'uno all'altra, esclusivamente intenti ad esprimerci il nostro ardente amore. Se tu non fossi ritornato da me, amore mio, sarei morta dalla disperazione e dal dolore, poiché mi sarebbe venuta a mancare l'essenza vitale che mi proviene dal sentirmi tua e dal sentirti mio!»

Dopo quelle reciproche effusioni amorose, nei due giovani si ripristinò l'equilibrio emotivo, il quale per un breve momento era andato in dissesto e non li aveva più fatti ragionare nella piena normalità. Fu a quel punto che Rindella, dopo essersi riappropriata della sua equilibratezza interiore e della riflessione, domandò all'amato:

«Allora, Francide, amore mio, avete già stabilito il giorno della vostra partenza? Oppure, per il momento state ancora decidendo come equipaggiarvi per affrontare il lungo viaggio? Su, mettimi al corrente di ogni cosa riguardante la vostra andata ad Actina, siccome voglio esserne informata per rassegnarmi al tuo allontanamento!»

«Certo che abbiamo già stabilito il giorno della nostra partenza, mia carissima Rindella! Partiremo esattamente domani mattina, non appena sarà spuntata l'alba. Oramai è tutto pronto per poterci dare ad essa e non intendiamo procrastinarla oltre, a meno che non sopravvenga un valido motivo che ci obblighi a rimandarla!»

«Come mai, Francide, tu e i tuoi amici avete intenzione di partire tanto presto?! Ma forse è meglio così, poiché prima si parte e prima si ritorna. Infatti, mi toccherà penare ugualmente in tutto il tempo che non ci sarai e mi mancherai molto. Comunque, prima o dopo, per me fa lo stesso, visto che sarò condannata a soffrire a causa della tua assenza, la quale mi priverà senza pietà del tuo amore!»

«Hai ragione, Rindella, su quanto hai asserito circa la nostra prossima partenza per Actina. Ma ciò che non sai ancora in riferimento ad essa, è una cosa che ti risulterà abbastanza piacevole. A tale riguardo, devi sapere che ho in serbo una bella sorpresa per te, quella che tra poco ti rivelerò, facendoti immensamente felice!»

«Davvero dici, Francide?! Mi chiedo che cos'altro dovrei ancora sapere sul vostro viaggio, oltre al fatto che partirete per recare soccorso a tua madre e che la partenza è fissata per domani all’alba! Perché poi la cosa dovrebbe risultarmi gradita, come hai affermato poco fa? Allora ti affretti a riferirmi ogni cosa in merito?»

«Iveonte ed io abbiamo stabilito che tu e Lerinda ci accompagnerete fino a Casunna, dove sarete ospiti del viceré Raco fino al nostro ritorno da Actina. Così dopo ce ne ritorneremo felicemente tutti insieme alla nostra bella Dorinda! Questa idea magnifica è venuta a Lerinda, non volendo ella stare separata da lui un tempo talmente lungo, da stimarsi esorbitante. Con tale sua trovata, si accorcerà la durata della nostra separazione e quella di loro due! Non risulta anche a te che quella della ragazza di Iveonte è stata una magnifica idea?»

A quella notizia, che trovò pure lei senz'altro stupenda, Rindella si ributtò al collo del giovane amato, schioccandogli un grosso bacio sulla fronte. Un attimo dopo, allo scopo di dimostrargli la sua totale riconoscenza, la ragazza gli ebbe ad esclamare:

«Grazie, amore mio, per avermi permesso di venire con te fino a Casunna! Se l'idea è stata di Lerinda, siete stati tu ed Iveonte, con il vostro consenso, a renderla attuabile e a fare in modo che anche noi ne godessimo. Di Telda, la nutrice di Lerinda, che cosa mi sai dire? Scommetto che verrà pure lei insieme con noi, dovendoci fare da ottima cuoca! Non è vero, Francide, che sarà come ho pensato?»

«Certo che verrà pure lei, Rindella! Naturalmente, sarà meglio per tutti noi, considerato che quella donna è veramente brava nell’arte culinaria. Ella, come già hai immaginato, durante il viaggio fino a Casunna ci preparerà degli ottimi pranzi, come quelli di Lucebio!»

«Mi dispiace lasciare sola la mia Madissa, Francide. Ma sono sicura che, se l'avessimo invitata, ella lo stesso non ci avrebbe seguiti a Casunna, non volendo separarsi dal suo carissimo Lucebio, che adesso ama e ne viene riamata. Anzi, lo ha sempre amato più della sua vita, da quando serviva a corte la sua regina Elinnia!»

Nel frattempo, intanto che si riferiva a lei, la ragazza era corsa ad abbracciarsi la donna che l'aveva cresciuta dalla nascita, come se fosse stata la propria figliola. Dopo averla raggiunta, ella si diede a colmarla di coccole e di carezze, proprio come faceva da bambina. Poi, quasi volesse scusarsi con la sua tutrice, cominciò a dirle:

«Sono convinta che non ti sei adombrata, tata mia bella, se ho deciso di partire con il mio Francide! Ad esserti sincera, Madissa, non potevo fare altrimenti. Mi dispiace per la sola ragione che ne dovrai soffrire un poco, poiché sono consapevole che non riuscirai a darti pace e ti verrò a mancare moltissimo. Non è forse vero? Comunque, mi rassicura il fatto che ti lascio in compagnia di un’amabilissima persona, qual è il tuo saggio Lucebio. Ehi, Madissa, mi dici perché adesso sei arrossita?»

Infatti, nel sentire pronunciare da Rindella il nome del suo amato uomo, la donna all'istante si era fatta rossa in viso come un peperone, essendo stata colta da una emozione repentina di una certa intensità. Poco dopo, però, senza nascondere neppure un poco la sua grandissima soddisfazione, si affrettò a replicare alla sua ragazza:

«Rindella, smettila di fare la stupidina, siccome non sono affatto rossa, per il motivo che hai detto tu! Se ho avuto le caldane, è stato perché in casa c’è molto caldo quest’oggi! Riguardo poi al viaggio che tra poco intraprenderai con il tuo ragazzo, puoi partire tranquilla, dal momento che non mi lascerai a consumarmi in lacrime per te. Te lo prometto! Giustamente come hai affermato, durante la tua assenza, avrò il tempo di dedicarmi solo al mio Lucebio e mi darò da fare per renderlo felice, come sono solita fare da un po' di tempo! Adesso ti senti tranquilla?»

Dopo che Madissa si fu sfogata con la sua pupilla, logicamente con tono scherzoso, anche Francide intervenne a riprendere Rindella in un certo qual modo, però per un giustificato motivo ben diverso. Per questo, pur mostrando il sorriso sulle labbra, egli, facendosi serioso in volto, aggiunse alla sua innamorata:

«Neanche tu, Rindella, potrai venire a Casunna, se non ti metti a divorare in un attimo la tua pietanza, la quale è da molto tempo che ti aspetta sulla tavola! A proposito, voglio vedere il piatto completamente vuoto in brevissimo tempo! Mi sono spiegato?»

Essendo stata ripresa da Francide, la ragazza fu vista tuffarsi sul suo pasto ed ingollarlo in pochi bocconi, facendo sgranare tanto di occhi alla sua meravigliata tutrice. Perfino al giovane venne da ridere, quando la scorse divorare il suo pasto di mezzogiorno con una voracità incredibile. Dopo Francide, essendoci stata ormai la rappacificazione con la sua Rindella, se ne ritornò al suo campo insieme con Astoride, dovendo anch’essi dare una mano a preparare quanto occorreva per il loro viaggio fino a Casunna. Ma sulla via del ritorno, si videro raggiungere da Iveonte, il quale era stato da Lerinda per metterla al corrente che la partenza era stata fissata per l'indomani e che ci sarebbe stata anche Rindella con loro. Così, cavalcando insieme, i tre amici se ne ritornarono lestamente al loro campo, dove Lucebio già stava faticando di buona lena. Egli era intento a sbrigare i preparativi per la partenza, la quale ci sarebbe stata l'indomani, alle prime luci del giorno.