194-IVEONTE E I SUOI AMICI CONTRO I KATUROS

Dopo che la ragazza ebbe terminato il suo penoso ed agghiacciante racconto, il quale in continuazione aveva fatto sdegnare tantissimo i suoi quattro ascoltatori, Lucebio fu il primo a voler prendere la parola in merito ad esso, incominciando a dirle:

«Liasen, sono davvero inumani i fatti, di cui ci hai messi al corrente, che seguitano a torchiare il tuo sventurato popolo con la massima oppressione! Nel modo più assoluto, non si possono tollerare simili malvagità, poiché sono un insulto alla dignità dell'essere umano. Perciò occorre adoperarsi con ogni mezzo, perché esse cessino al più presto. Solo così ritornerà a regnare tra la tua gente la gaia esistenza di un tempo!»

«Purtroppo, buon Lucebio, un conto è dire una cosa e un altro è farla! Oramai il mio popolo si è rassegnato a subire tali crudeltà dei Katuros, poiché è consapevole che il suo destino non potrà più essere mutato da nessuno. Ecco qual è l'amara realtà dei Durkoiesi, alla quale essi sono costretti a sottostare supinamente, senza potersi illudere che qualcuno un domani possa raggiungerli e salvarli dai loro feroci carnefici!»

«Invece, Liasen, non devi disperare che un giorno ciò possa succedere. Oggi sei capitata proprio tra le persone giuste, le quali sono rappresentate dai giovani che ti sono davanti. Soltanto essi sono in grado di aiutare la tua gente a riscattarsi dal giogo degli odiosi Katuros! Ma tu non dovrai dubitare di quanto ti ho appena assicurato!»

«Ma che dici mai, Lucebio?! Stai forse scherzando oppure farneticando?! Non sarà mai possibile che solamente loro tre riusciranno a farcela contro tutti i nostri nemici. Essi, oltre ad essere quasi un migliaio, dopo che Francide ne ha uccisi dieci, hanno pure una forza immane! Non hai sentito che gli artigli delle loro mani sono in grado di perforare perfino la gabbia toracica di un essere umano? Inoltre, essi possono muoversi con grandissima agilità, come il mio salvatore può confermarti.»

«Non te ne devi preoccupare, Liasen; invece devi avere fiducia in loro. Francide, uccidendone dieci, non ti ha forse già data una dimostrazione del suo valore? Questo dovrebbe rassicurarti, farti smettere di disperare della salvezza del tuo popolo e accendere in te la speranza!»

«Certo che egli mi ha dimostrato di essere eccezionale, Lucebio, e ne sono anche rimasta incredibilmente sbalordita! La differenza tra di loro, però, dal punto di vista numerico, resta spropositata in modo eccessivo. Perciò non potrò mai convincermi in alcuna maniera che il loro esiguo numero avrà ragione dei numerosi Katuros!»

«Ad ogni modo, Liasen, riguardo al tuo popolo, avverrà esattamente come ti ho prospettato. Bisogna soltanto decidere quando dovrà avvenire la vostra partenza per le terre della Durkoia. Sappi che sarai tu ad accompagnarceli, viaggiando insieme con loro. E non voglio sentirti più fare altre considerazioni basate soltanto sullo scetticismo!»

Le cose andarono come aveva annunciato Lucebio, per cui pochi giorni dopo ci fu la partenza dei tre giovani amici accompagnati da Liasen. Essa aveva come meta il villaggio natio della ragazza. Si era evitato di partire subito, solo per fare riposare la giovane durkoiese. Ella aveva bisogno di riprendersi, dopo l'estenuante viaggio da lei affrontato nei giorni precedenti, allo scopo di fuggire spaventata dalle sue terre natali. Prevedendosi che la sua durata sarebbe stata non meno di un mese, Iveonte e Francide avevano ritenuto opportuno metterne al corrente le rispettive innamorate, tranquillizzandole che tutto si sarebbe svolto senza alcun pericolo per loro. Allora esse, pur con un po' di tristezza, avevano compreso il nobile obiettivo della nuova impresa dei rispettivi ragazzi, dovendo la medesima arrecare a migliaia di persone sventurate la serenità, della quale venivano private da oltre un ventennio.

Almeno fino a quando non oltrepassarono i confini occidentali dell'Edelcadia, il tragitto dei quattro viaggiatori si svolse con difficoltà quasi sempre risolvibili. Ma una volta che li ebbero superati, prima ancora di raggiungere le terre durkoiesi, il percorso sovente gli si presentò per niente agevole. Comunque, non mancarono dei tratti di territorio che apparvero ai loro occhi degli stupendi panorami, che non avevano mai avuto la fortuna di ammirare in vita loro. I quattro viaggiatori dovettero costeggiare perfino un vulcano, il quale, durante il loro passaggio, si mostrò in piena fase eruttiva. Per cui dal suo cratere non cessavano di uscire sia la lava magmatica che i vari materiali piroclastici, che erano composti da ceneri, lapilli e bombe vulcaniche. Tali ingredienti endogeni, dopo essere stati divelti dalle pareti del condotto vulcanico, venivano eiettati nell'aria fino ad un'altezza di qualche chilometro, ricadendo poi a diverse distanze dal cratere, dove spesso causavano danni notevoli. In seguito, non mancarono foreste vergini lussureggianti e misteriose, che si dovettero attraversare con non pochi inconvenienti, essendo esse l'habitat preferito di una grande varietà di serpenti velenosi e di belve feroci sempre in cerca di prede, che desideravano farne il proprio cibo e sfamarsi. Infine anche le paludi, che dovettero affrontare di tanto in tanto, resero difficoltosa l'avanzata verso la Durkoia dei tre giovani e della ragazza, i quali furono obbligati ad attraversarle, non volendo allungare di molto il loro cammino. Comunque, l'ultimo tratto del loro viaggio ci fu attraverso una natura compiacente, la quale li mise di fronte a spettacoli naturali inimitabili, che i tre giovani amici non avrebbero mai immaginato che potessero esistere sulla terra.

Il venticinquesimo giorno della loro lunga traversata attraverso terre sconosciute ed arcane segnò il loro arrivo nel territorio durkoiese, con cinque giorni di anticipo rispetto al tempo preventivato. Allora Iveonte e i suoi amici, prima ancora di condursi al villaggio di Liasen, cercarono nelle sue prossimità un nascondiglio sicuro dove tenerla ben nascosta. Così avrebbero evitato che ella venisse scoperta dai Katuros, quando non era stata ancora compiuta la loro totale distruzione. Ovviamente, il loro ingresso nel villaggio durkoiese avvenne di notte, cioè quando tutti dormivano. Poi, seguendo le indicazioni ricevute dalla ragazza, pervennero alla casa di suo padre. In quel luogo, dopo averlo svegliato, si fecero subito ricevere da lui. In un primo momento, il capo del villaggio, nel vedersi destare a quell'ora di notte da tre sconosciuti, rimase di stucco, non sapendo cosa pensare. Ma dopo domandò loro:

«Mi dite chi siete e cosa volete da me? Cercate forse di nascondervi in casa mia, perché i Katuros vi stanno dando la caccia per prendervi e divorare il vostro cuore, come sono soliti fare, quando hanno fame?»

«Capo Esippo,» gli rispose allora Iveonte «nessun Katuros è sulle nostre tracce. Inoltre, non scappiamo mai davanti a nessuno, se ci tieni a saperlo! Anzi, siamo noi a dare la caccia ai prepotenti e a quanti fanno soffrire gli altri, dal momento che siamo insofferenti di tali esseri infami, i quali devono essere considerati dei crudeli carnefici!»

«Mi dite, quindi, perché mai voi tre siete finiti nella mia capanna? Volete anche spiegarmi come fate a conoscere il mio nome e a sapere che sono il capo del villaggio? Io non ho mai avuto il piacere e l'onore di fare la vostra conoscenza, se la memoria non mi inganna, a causa della mia tarda età! Perciò volete chiarirmi meglio ogni cosa che vi ho appena chiesta, dicendomi nello stesso tempo pure chi siete? Se non vi dispiace, attendo le vostre risposte. Comunque, sempre per favore!»

«Non sei poi mica tanto vecchio, come affermi, Esippo! Ma prima di rispondere alle tue domande, preferisco riferirti i nostri nomi. Il mio è Iveonte, mentre quelli dei miei amici sono Francide, il quale è alla mia destra, e Astoride, che è alla mia sinistra. Adesso abbiamo da darti tre notizie, due buone e una cattiva. Vuoi apprendere prima le due buone e poi la cattiva oppure viceversa? Sta a te decidere come dobbiamo comportarci a tale riguardo! Allora ce lo comunichi, capo durkoiese, affinché noi iniziamo a dartele, senza indugiare oltre?»

«Vuoi proprio saperlo, Iveonte? Secondo me, è meglio incominciare da quella cattiva. In questo modo, le notizie buone dopo mi faranno sentire meno amara quella cattiva e mi permetteranno anche di digerirla con minore difficoltà! Ne sono sicuro!»

«In un certo senso, non ti sbagli, Esippo. Allora eccomi a riferirti per prima la notizia cattiva. Ebbene, durante la sua fuga dal vostro villaggio, la tua consorte Aunusa andò incontro a morte rapida, dopo che il suo cavallo, in seguito ad una violenta sgroppata, la ebbe scaraventata a terra, causandole un incidente mortale. Perciò accetta le nostre più sentite condoglianze, le quali ti giungono molto sincere da parte di noi tre!»

«Povera la mia consorte! Se ho cercato di farle evitare il tipo di morte che non approvavo, invece la sorte poco dopo gliene ha procurato un altro, facendola perire ugualmente! Ma è stato meglio così, perché quest'ultimo modo di morire le è risultato subitaneo ed indolore, evitandole di soffrire sopra uno spiedo, sul quale sarebbe bruciata a fuoco lento, con sua grandissima sofferenza. Adesso aspetto di conoscere da voi le due notizie buone, poiché sono sicuro che almeno una di loro riguarderà mia figlia! Soltanto lei poteva mettervi al corrente della loro fuga nascosta e del nome della mia sventurata consorte! Iveonte, non è forse come ti sto dicendo adesso?»

«Certo che è così, Esippo! Sulle tracce delle tue due congiunte furono inviati una decina di Katuros. Essi la raggiunsero, poco dopo che Liasen aveva incontrato il mio amico Francide, che li affrontò e li uccise tutti, senza permettergli di far prigioniera tua figlia e ricondurla al vostro villaggio. Adesso tua figlia si trova nascosta non lontano da qui, in attesa che gli eventi cessino di essere pericolosi per lei, permettendole il ritorno al suo villaggio e facendola beare nella sua casa con gli altri familiari.»

«Invece avete sbagliato, Iveonte, a ricondurla nelle nostre terre, mettendola di nuovo in serio pericolo! Anzi, vi siete messi pure voi in grossi guai! Ma perché vi siete comportati tanto follemente e non avete lasciato invece Liasen lontano dalla Durkoia, dopo averla salvata?»

«Ma di quali guai parli, Esippo? Forse della presenza dei Katuros nel vostro villaggio? Allora sappi che siamo venuti appositamente per loro, poiché vogliamo liberarvene per sempre! Devi sapere che questa è la seconda buona notizia che avevo da darti, anche se non sei disposto a crederci, non conoscendo il nostro grande valore!»

«Al vostro posto, Iveonte, non ci farei alcun affidamento! A quanto pare, questa è un'altra brutta notizia, anziché bella, come mi avevi fatto credere! Infatti, oltre a giocarvi la vostra pelle, cosa che avverrà senz'altro tra poco, voi state mettendo di nuovo a rischio anche la vita di mia figlia. Ecco come stanno realmente le cose, illusi forestieri! Perciò vi consiglio, ammesso che il tempo ve lo consenta, di ritornarvene nell'Edelcadia insieme con la mia Liasen, considerato che essa sarebbe la decisione più saggia. Ma come avete potuto immaginare che voi tre soltanto sareste riusciti ad affrontare e ad uccidere un migliaio di Katuros? Se uno di voi ha affrontato dieci di loro e li ha uccisi, dimostrando che voi siete infinitamente in gamba, non è la stessa cosa volerlo rifare solo in tre contro quasi un migliaio di loro! Volete comprenderlo oppure no?»

«Di questo non devi preoccuparti, Esippo. Noi siamo coscienti delle nostre azioni e dei nostri limiti. Quindi, se abbiamo stabilito di affrontarli, è perché abbiamo la sicurezza matematica di poterli sconfiggere e di farli sparire dal vostro villaggio. L'unico aiuto che ti chiediamo è quello di farci conoscere alcune cose, che dovranno consentirci di intraprendere le nostre ostilità contro di loro. Si tratta precisamente del loro luogo di soggiorno e delle loro abitudini giornaliere. Per il resto, non ci occorre nient'altro. Allora sei disposto ad aiutarci come ti ho chiesto? Oppure anche in ciò dobbiamo vedercela da soli, senza il tuo aiuto?»

«Come non potrei essere disposto a darvi tali notizie, Iveonte? Di vostra spontanea volontà, avete deciso di intraprendere una lotta che è a tutto nostro vantaggio; mentre voi state correndo dei grossi rischi. Spero soltanto che voi sappiate in quale brutta faccenda vi state cacciando e che siate sicuri di farcela contro i nostri prepotenti invasori! I Katuros si sono stanziati a qualche miglio dal nostro villaggio, ossia sulle rive di un piccolo lago. Ogni giorno partono da qui, con meta il loro campo, una cinquantina dei nostri carri colmi di alimenti, i quali comprendono carni fresche, focacce e frutta. Essi servono per sfamarli per l'intera giornata. In verità, i Katuros non hanno abitudini particolari, poiché preferiscono starsene in panciolle e vivere nell'ozio per l'intera giornata. A ogni decade, però, una ventina di loro si presentano al villaggio, unicamente per assistere al sorteggio della donna che dovranno portarsi via e svagarsi con lei. Lo fanno senza pietà e senza alcuno scrupolo!»

Appresi quei due particolari dal capo del villaggio Esippo, i tre giovani amici ritornarono dalla ragazza. Così la informarono dell'incontro avuto con il padre e di come intendevano agire contro i circa mille Katuros. Oltre a metterla al corrente di ciò, la rassicurarono che tutto si sarebbe svolto secondo il piano da loro architettato.


Il mattino seguente, Iveonte e i suoi amici, dopo aver invitato la ragazza a non muoversi dal suo nascondiglio, montarono a cavallo e si diressero verso la località dove si era stabilita la totalità dei Katuros. Essa distava poco più di un miglio dal villaggio. Una volta che vi furono pervenuti, li trovarono che erano tutti già desti. Allora i tre giovani, quando furono ad un centinaio di metri da loro, immediatamente si fecero notare da quelli che erano svegli, dandosi a provocarli con degli atteggiamenti inequivocabilmente beffardi. Alle loro provocazioni, un centinaio di Katuros, con l'intenzione di punirli, si scagliarono contro i tre giovani. Costoro, invece, fingendo una fuga, si diedero a farsi inseguire, fino a quando non li attirarono in un posto isolato. In quel luogo, essi li affrontarono con le spade, potendo solamente tali armi perforare i loro corpi, come avevano appreso. La violenta zuffa, che ne derivò, fu terribile e cruenta; ma alla fine tutti i cavalieri nemici soccombettero sotto i loro colpi tremendi, finendo nella polvere con varie ferite mortali.

Poco dopo, Iveonte, Francide ed Astoride si ripresentarono dai Katuros per ripetere la medesima strategia. Quelli non li delusero, poiché un altro centinaio di quei bestioni si lanciarono ancora al loro inseguimento. Esso, però, durò ancora, fino a quando lo decisero i tre giovani. I quali, ad un certo punto, si voltarono e li costrinsero a subire la loro furia incontrollabile. Essa venne meno, solo quando li sgominarono tutti dal primo all'ultimo, trafiggendoli in volo, mentre cercavano invano con lunghi balzi di raggiungerli e di ghermirli con i loro possenti artigli. Quel loro ottimo espediente tattico andò avanti per sette volte consecutive e in ognuna di esse i tre giovani abbatterono un numero uguale di Katuros. I quali, alla fine, si ritrovarono ad essere meno di trecento unità, ovviamente del tutto inconsapevoli di avere perso per sempre i loro compagni assenti. Al contrario, erano sicuri che essi, prima o poi, sarebbero ritornati alla base ed avrebbero ripreso la loro vita oziosa e dedita a mangiare e a bere a più non posso. Invece, anziché rifarsi vivi i loro compagni mancanti, si presentarono di nuovo alla loro vista i tre sconosciuti cavalieri; ma questa volta non per farsi inseguire. Infatti, essi spronarono i rispettivi cavalli direttamente verso il loro campo, poiché avevano preso la decisione di trasformarlo, in breve tempo e con i loro corpi, in un grande carnaio putrescente e puzzolente. Lo scontro fu totale ed efferato al massimo. I versacci di quelle bestie si mostravano numerosi e fastidiosi, mentre circondavano ed assalivano da ogni parte Iveonte e i suoi amici. I quali, invece, erano dediti soltanto a farne carne da mattatoio. Lo spirito combattivo che li contraddistingueva e la loro straordinaria abilità nello scansarli, nonostante i salti acrobatici dei nemici, facevano in modo che essi avessero la meglio sugli spietati Katuros. Il cui numero si andava continuamente assottigliando, fino a diventare alla fine uno sparuto gruppo di scimmioni, i quali oramai non potevano impressionare più nessuno. Ma poi i tre giovani valorosi, senza provare alcuna pietà, eliminarono in un battibaleno pure quei pochi rimasti, ultimando così la loro gigantesca e tremenda ecatombe.

Completata la strage dei Katuros, Iveonte e i suoi amici si affrettarono ad andare ad annunciare ai Durkoiesi che le loro disgrazie erano terminate, siccome i loro persecutori erano stati eliminati totalmente. Allora l'intero popolo durkoiese si radunò intorno ai loro tre salvatori e li osannò per l'intera mattinata. Soltanto nel pomeriggio, per i festeggiati e celebrati eroi, arrivò l'ora di abbandonare il villaggio. Perciò essi si rimisero celermente sulla strada che li avrebbe riportati prima al loro campo e poi a Dorinda.

L'arrivo di Iveonte e dei suoi amici al campo di Lucebio infuse molto buonumore nel loro anziano amico e nei ribelli loro allievi che vi si trovavano, i quali superavano il centinaio di unità. Com'era da prevedersi, il sapiente uomo pretese, punto per punto, il racconto della loro nuova interessante impresa; né i tre giovani si rifiutarono di raccontargliela, non volendo fargli alcun torto. Piuttosto avrebbero preferito digiunare per una dozzina di giorni, anziché disubbidirgli! Ma dopo il pasto di mezzogiorno, però, Iveonte e Francide volarono direttamente a Dorinda, desiderando incontrarsi quanto prima con le rispettive innamorate. Anch'esse, com'era logico, ne gioirono immensamente e fecero tramutare la loro intensa gioia in una pioggia di abbracci e di baci. I quali, con la loro dolcezza, li tennero impegnati fino a sera, ossia quando essi fecero di nuovo ritorno al campo di Lucebio per consumarvi la cena, che era prossima ad essere servita a tavola.