187°-IVEONTE, FRANCIDE E ASTORIDE SUL TERRITORIO TANGALICO

L'arrivo dei dieci viaggiatori nelle terre dell'estremo nord avvenne nel tempo previsto, cioè al termine dei cinque giorni di viaggio. Puntualmente nella mattinata del sesto giorno, essi giunsero alla fattoria di Siskum. A quel punto, gli altri sei delegati, dopo essersi salutati con i tre preziosi giovani, si separarono dal gruppo. Così, ciascuno per la propria strada, fecero ritorno alle rispettive famiglie, le quali li stavano aspettando con ansia per apprendere le novità che recavano. Invece il padrone di casa volle ospitare coloro che si erano offerti di aiutare la sua gente, trattenendoli presso di sé a colazione e a pranzo. Nel pomeriggio, Siskum accompagnò i tre giovani benefattori alla fattoria di Kasten, desideroso di metterlo al corrente dei risultati ottenuti con il viaggio che aveva intrapreso con gli altri sei delegati. Quando lo ebbe raggiunto e lo ebbe anche messo al corrente del motivo della presenza dei suoi tre accompagnatori, il suo conterraneo, mostrandosi giustamente assai scettico, non si fece scrupolo a palesargli con molta franchezza:

«Siskum, davvero credi che questi tre giovani possano da soli bastare a condurre allo sfascio una organizzazione criminale di vaste proporzioni, quale è quella dei rapitori dei nostri bambini? Devi convincerti che è proprio così che va intesa quella delle bande tangaliche che operano sul nostro territorio e riparano poi indisturbate nella Tangalia! Mi meraviglio di te, che hai riposto fede in una utopia del genere! Eppure ti ho sempre stimato un tipo sveglio e concreto, il quale, alla sua età, giammai si sarebbe fatto convincere da altri a credere nelle favole!»

«Invece, Kasten, i tre baldi giovani che ti sono davanti, i cui nomi sono Iveonte, Francide e Astoride, non sono delle persone comuni, come hai pensato. Essi, da soli, sono in grado di sbaragliare anche un intero esercito! Perciò, che tu lo voglia oppure no, dovrai accompagnarli nella loro missione sterminatrice, poiché essa ha lo scopo di distruggere le bande rapitrici e liberare i nostri bambini che si trovano nelle loro mani! È proprio questa la ragione per cui siamo venuti da te, se vuoi saperlo!»

«Non se ne parli nemmeno, Siskum! Pur rammaricandomi di non poter fare nulla per il mio bambino, non intendo rendere vedova mia moglie ed orfani i restanti miei figli. Seguire questi tre giovani nella Tangalia, a mio avviso, equivale a rimetterci le penne. Ed io non sono così folle, da arrivare a tanto! Penso di essermi spiegato in modo chiaro!»

«Parli così, Kasten, perché non conosci questi giovani, come li conosco io. Di conseguenza, ignori i prodigi che essi riescono a compiere con le armi, ai quali io e gli altri sei nostri conterranei abbiamo assistito esterrefatti! Te lo possono confermare anche gli altri che sono venuti con me a chiedere aiuto al nostro impassibile sovrano. Inoltre, sei all'oscuro dello scontro che, mentre ritornavamo alle nostre fattorie, i medesimi hanno avuto con una banda di sessanta predoni, sgominandola interamente in brevissimo tempo. Come vedi, vecchio amico mio, saresti davvero pazzo, se ti rifiutassi di fargli da guida e non accettassi di lasciarti coinvolgere nell'impresa, che tende pure a liberare tuo figlio!»

«Siskum, mi spieghi allora a cosa dovrebbe servirgli il mio aiuto, se essi sono dei veri portenti e non hanno bisogno di nessuno per sconfiggere i rapitori dei nostri bambini? Oppure mi è sfuggito qualcosa?»

«Kasten, tu non gli occorri per dargli manforte, ma per i seguenti due motivi: primo, sei l’unico a conoscere il luogo che i predoni usano come centro di raccolta dei bambini, per cui dovrai solo accompagnarceli; secondo, essi intendono farne qualcuno prigioniero, al fine di costringerlo a spiattellare ogni cosa sulla loro organizzazione. Naturalmente, la prima cosa che i nostri benefattori vorranno farsi rivelare da lui è ciò che avviene ai bambini rapiti, dopo che essi vengono prelevati dal centro di raccolta. Ma per avere tante informazioni sulla loro situazione, occorre un interprete, il quale prima gli rivolga le domande e poi ne traduca anche le risposte. Ecco quale sarà la tua mansione nella loro delicata missione! Adesso capisci perché gli servi a qualunque costo?»

«Ebbene, Siskum, se mi garantisci che il valore dei tre giovani qui presenti è tale, quale mi hai dichiarato poco fa, sono pronto a mettermi a loro disposizione. Ma spero che la mia decisione dopo non mi farà pentire, per aver messo in guai molto seri gli altri miei familiari, quelli che avrò lasciato a casa con tanto spavento nel cuore!»

«Non preoccuparti di ciò, Kasten, poiché ti do la mia parola d’onore che hai preso la decisione giusta. Inoltre, ci tengo a farti notare che non ti stai mettendo a loro disposizione, bensì a quella delle popolazioni residenti in queste terre di confine, delle quali tu stesso fai parte! Semmai sono loro che, mossi a pietà delle nostre disgrazie, si stanno prestando a nostro favore di loro volontà e gratuitamente! Non è forse vero?»

«Hai proprio ragione, Siskum. Anche mio figlio se ne avvantaggerebbe, se essi dovessero riuscire nell'ardua impresa. Perciò non mi resta che ringraziarli ed offrirgli la mia collaborazione nella missione che essi, con raro altruismo, hanno deciso di intraprendere!»

Rivòltosi poi agli accompagnatori dell'amico, disse a tutti e tre:

«Vi presento le mie scuse, nostri volontari benefattori, per non avere avuto neppure un po’ di fiducia nei vostri riguardi. Ma adesso che il mio carissimo conterraneo mi ha trasmesso la stessa fiducia che egli nutre nei vostri confronti, non mi resta che ringraziarvi ed esservi infinitamente grato! Perciò sono pronto a partire con voi, quando vorrete.»

«Invece, Kasten,» gli rispose Iveonte «non abbiamo bisogno del tuo ringraziamento e della tua gratitudine, dal momento che nel nostro intimo il soccorrere i deboli e gli oppressi viene da noi avvertito come un imperativo categorico. Per cui ogni volta che ci si presenta l'occasione, volentieri corriamo in aiuto di quelli che vengono a trovarsi nella condizione di necessitarne. Credo che adesso ti sia stato chiaro abbastanza!»

«Allora non posso fare a meno di ammirare il vostro raro filantropismo, magnanimi giovanotti. Magari fossero tutti come voi! Adesso, però, mi dite quando partiremo alla volta del territorio tangalico per darci alla nostra opera di recupero dei bambini? Così ne metterò al corrente i miei familiari e cercherò di tranquillizzarli che, durante l'intera mia lontananza da casa, potranno essere certi che starò in mani sicure, le quali sarebbero le vostre!»

«Kasten, ci muoveremo dalle vostre terre domattina, appena spunterà l'alba. Intanto ti rendo noto che il mio nome è Iveonte; mentre quelli dei miei amici sono Francide, che vedi alla mia destra, e Astoride, quello che si trova alla mia sinistra. Per il resto, c'è poco da riferirti, visto che il tuo amico Siskum ti ha già ragguagliato su ogni particolare della missione e quale dovrà essere in essa il tuo compito.»


L'indomani Iveonte e i suoi amici, insieme con la loro guida Kasten, erano già in viaggio verso la frontiera, la quale fu da loro raggiunta dopo un paio di ore di sostenuta galoppata. Quando poi la oltrepassarono, il giorno era a metà mattinata. Allora essi rallentarono il ritmo di corsa, volendo evitare di stremare al massimo le loro già stanche bestie. Anzi, prima di riprendere il galoppo, i tre amici e la loro guida fecero pascolare abbondantemente i loro cavalli, lasciandoli liberi tra l'erba guazzosa per una buona mezzoretta. Nel frattempo anch'essi ne approfittarono per permettersi un adeguato riposo, del quale avevano un assoluto bisogno. Infatti, standosene per delle ore in groppa ai loro cavalli lanciati a tutta briglia e restando incollati sulle loro scomode selle, com’era prevedibile, entrambe le cose non gli erano risultate né agevoli né piacevoli. Avvenuta poi la ripresa del viaggio, i quattro viaggiatori lo interruppero dopo solo tre ore, poiché la nuova interruzione coincise con la pausa del pranzo. Ad essa venne dedicata un'ora intera, appunto per ristorarsi, per riposarsi e per soddisfare anche alcuni bisogni fisiologici. Effettuate infine le azioni indicate esclusivamente a beneficio dei loro corpi, i tre giovani e il loro accompagnatore si ridiedero alla loro vertiginosa galoppata, che avveniva attraverso un’ampia distesa stepposa. Ma era già trascorso un quarto d'ora di cammino lungh’essa, quando alle loro orecchie giunse un sordo rumore. Il quale, a loro parere, poteva essere provocato unicamente da molti cavalli che avanzavano a spron battuto.

Allora Iveonte invitò i componenti del loro gruppo ad arrestare le proprie bestie, allo scopo di individuarne sia la provenienza che la consistenza; comunque, intendeva soprattutto scoprire chi erano coloro che davano origine a tale fenomeno rumoroso. Nell'attesa che quelli giungessero, essi si sarebbero tenuti nascosti dietro un cespuglieto di carpini, che si trovava lì vicino. Da quel posto poi, al loro arrivo che si prevedeva imminente, avrebbero cercato di dare una identità agli ignoti cavalieri che stavano sopraggiungendo nelle loro vicinanze. Quando infine gli sconosciuti cavalieri passarono da quelle parti, senza accorgersi della loro presenza, Kasten fece presente ad Iveonte e ai suoi amici che si trattava di una delle bande che rapinavano i bambini nelle loro terre. Secondo lui, essa ritornava appunto da una delle sue incursioni, siccome alcuni cavalieri, stando sulla groppa dei propri cavalli, portavano con loro un bambino ciascuno, tenendoselo seduto davanti. Adesso tali predoni, che operavano in esclusiva nei rapimenti di fanciulli, di sicuro si stavano dirigendo verso il centro di raccolta, come erano abituati a fare ogni volta. In quel luogo, dopo aver effettuato la consegna del carico umano a chi era preposto a riceverlo, ossia al loro consegnatario, essi si sarebbero concesso un ragionevole lasso di tempo per riposarsi e per dedicarsi alle loro famiglie, avvertendone una grande necessità.

Kasten, dopo che i cavalieri furono transitati per di lì ed egli ne ebbe accertato l'identità, chiese ai tre giovani che accompagnava:

«Posso sapere cosa si fa adesso? Affrontiamo subito la banda per liberare i bambini oppure sono altre le vostre intenzioni in questo momento? Desidero saperlo, se non vi dispiace.»

«Almeno per il momento, Kasten,» fu la risposta di Iveonte «non è conveniente attaccare i rapitori. Se lo facessimo e liberassimo le innocenti creature, mi sai dire chi baderebbe poi a loro, visto che noi, tu prima di tutti, saremmo obbligati a proseguire il nostro viaggio? Quindi, è evidente che una decisione del genere non è da prendersi in considerazione neppure un poco! Invece ci toccherà percorrere una differente strada, la quale possa risultare più vantaggiosa per i vostri piccoli rapiti. Non approvi che le cose vadano come ti ho fatto presente?»

«Certo, Iveonte! Ma quale sarebbe l'alternativa, ammesso che tu l'abbia già individuata nel frattempo? Sono ansioso di conoscerla, volendo anch’io dare ad essa una mia valutazione!»

«La cosa migliore per noi e per i bambini, per il momento, è quella di seguire la banda dei predoni fino al centro di raccolta, senza attaccarla. In quel luogo, non appena una parte di loro si adopererà per condurre i piccoli rapiti nell'interno di esso, noi interverremo immediatamente ed accenderemo la zuffa. Per ovvie ragioni, Kasten, tu te ne starai in disparte, ossia fuori della mischia, senza esporti in nessun modo ai rapitori, considerato che non possiamo correre il rischio di perderti durante il nostro combattimento!»

«Iveonte, mi dici anche cosa intendete fare, una volta che avrete eliminato tutti i componenti della banda? Te lo chiedo soltanto perché dopo potrò dare un giudizio complessivo all'intera strategia che hai deciso di attuare in merito alle varie bande. Allora me lo spieghi con chiarezza, in modo che io possa comprenderti senza difficoltà?»

«In seguito all'eliminazione del primo gruppo di rapitori e alla liberazione dei piccoli rapiti, noi entreremo all'interno del centro di raccolta. Lì faremo fuori quanti hanno il compito di sorvegliare i bambini, che infamemente sono stati portati via alle loro mamme. Comunque, soltanto quando affronteremo la sesta banda, ne faremo prigionieri almeno un paio. Costoro, alla fine dell'operazione, saranno interrogati da noi separatamente per avere da loro le notizie che ci saranno indispensabili. Ma terremo per buone solo le risposte che corrisponderanno; mentre alle altre non daremo alcun credito!»

«Quindi, Iveonte, se ho inteso bene le tue parole, da quel momento in poi e fino a tutta la durata della nostra missione, i nostri bambini rimarranno nascosti nel centro di raccolta. Così essi vi staranno senz’altro al sicuro, almeno fino a quando noi non vi ritorneremo per portarli via in modo definitivo e per riaccompagnarli alle loro mamme. Non è vero che avverrà come ho immaginato?»

«Quanto hai pensato, Kasten, è tutto esatto! Solo che, quando li lasceremo in quel luogo, per andare a recuperare gli altri bambini già portati via dal centro di raccolta, non potremo fare a meno di ammazzare pure i due prigionieri. Così eviteremo di correre il rischio che essi si liberino e facciano del male alle piccole creature. Adesso, però, badiamo esclusivamente a seguire la banda dei rapitori, la quale poco fa ci è passata sotto il naso. Essa, tra non molto, raggiungerà anche il centro di raccolta che hai già conosciuto!»

«Stando ai miei calcoli, Iveonte, essi vi perverranno verso il tramonto. Perciò dovremo essere al centro di raccolta a quell'ora, se vogliamo che ogni cosa avvenga secondo il tuo piano!»

«A quell'ora, ci saremo pure noi, Kasten. Per questo ci tocca metterci a seguire i rapitori dei vostri bambini, senza farli allontanare troppo.»

A quel punto, montati sui loro cavalli, tutti e quattro si diedero a seguire la banda dei rapitori, cercando di non farsi scorgere da qualcuno dei suoi membri. Quando poi le ombre delle cose iniziarono ad allungarsi in tutta la morente natura, annunciando l'arrivo del tramonto, ebbe termine la galoppata dei malavitosi. Essi oramai erano già davanti al centro di raccolta; però vi entrarono soltanto quelli che avevano i bambini sui loro cavalli. Gli altri, invece, intrapresero la via del ritorno alle rispettive case, proprio com'era successo, quando Kasten si era infiltrato scaltramente in una delle loro bande ed aveva raggiunto il centro di raccolta.

Allora, non appena i predoni con i bambini rapiti sparirono sottoterra e gli altri si furono allontanati di un miglio da quel luogo, Iveonte, Francide ed Astoride fecero irruzione in mezzo alla ciurmaglia avversaria. Essi, infatti, dopo aver raccomandato alla loro guida di tenersi in disparte, senza perdere tempo, avevano voluto prendere la palla al balzo, dando inizio allo scombussolante scontro. A quell’assalto imprevisto, i predoni, che all'inizio erano stati costretti a subire uno sbando non di poco conto, risentendone negativamente, tentarono di riaversi dall'improvviso e furibondo assalto dei loro tre assalitori. La loro reazione, però, non fu per niente in grado di cambiare il quadro della situazione, siccome esso seguitò a restare invariato in quel parapiglia indiavolato e dissestante. Per questo la posizione dei predoni rimase difficile ed insostenibile, senza che essi potessero migliorarla in qualche modo, pur cercando di capovolgere le sorti della battaglia con una tempestiva e dura controffensiva. La quale fu ben tollerata da coloro che li avevano spinti a reagire in quella maniera assai molesta. Così ci fu, da parte dei tre giovani, uno spaventoso sterminio dei tristi nemici, facendoli andare incontro non solo alla morte, ma anche ad impressionanti mutilazioni del corpo. Per cui esse davano origine a rivoli di sangue sul suolo polveroso, il quale si andava tingendo dappertutto di cremisi. Si scorgevano le teste sanguinolente staccarsi dai busti e finire rotolanti nella polvere. Anche gli arti superiori, recisi a varie altezze, subivano lo stesso trattamento, facendo schizzare parecchio sangue sulle bestie, sui loro finimenti e sulle persone che combattevano a qualche metro di distanza da quelli trafitti. Quelli che venivano privati di un arto oppure di una sua parte finivano col morire per dissanguamento, provocato dalle gravi ferite riportate.

Eliminato in gran fretta il gruppo esterno dei rapitori, i tre amici ritornarono all'imbocco del centro di raccolta ed attesero che ne uscissero quelli che avevano condotto i bambini rapiti nel suo interno, i quali non superavano la dozzina. Perciò, quando i Tangali ne vennero fuori, essi non indugiarono e fecero fare a tutti loro la medesima orrenda fine subita dai loro compagni. Difatti li lasciarono morti stecchiti sopra un suolo, il quale adesso appariva in varie parti impiastrato del vermiglio liquido ematico. Dopo averli massacrati totalmente, senza graziarne neppure uno, essi non esitarono ad intrufolarsi nel covo sotterraneo, volendo rendersi conto come esso fosse fatto. Ma a loro tre premeva anche venire a conoscenza del tipo di prigionia che veniva riservato in quel luogo sotterraneo ai bambini, dopo essere stati rapiti. Esso, però, già a giudicarlo dall'esterno, non prometteva nulla di buono.

Al termine del suo breve tratto a cielo aperto, il quale si presentò abbastanza ripido, il sentiero continuò il suo percorso sottoterra; ma questa volta procedeva con una lieve pendenza. Esso, che era alto circa tre metri e largo due, era illuminato da diverse fiaccole murali, che sporgevano singolarmente dalla parete. Comunque, pur scorgendosi una torcia ogni dieci metri, esse non risultavano sistemate sulla stessa parete. Infatti, alternativamente, cambiavano il loro lato di posizione, per cui si presentava a volte sinistro altre volte destro. La galleria terminò dopo un centinaio di metri e confluì in un vasto antro, la cui superficie non riproduceva alcuna figura geometrica. Si notavano in esso varie rientranze informi ed interamente lasciate al buio. In queste, come essi si rendevano conto, non arrivava la luce delle fiaccole, che potevano intravedersi qua e là pure nella sua parte centrale. La quale occupava una superficie di oltre duecento metri quadrati.

Non appena Iveonte e i suoi amici posero piede nella spaziosa caverna, vennero scorti dai cinque predoni che erano di guardia ai bambini. Allora essi all'istante si infuriarono e cercarono di far pentire i tre intrusi di essere pervenuti nell'interno della grotta. Invece toccò a loro pentirsi, per aver preso una decisione simile nei confronti dei tre giovani. Infatti, costoro se ne liberarono in un battibaleno e con infinito piacere. Dopo la loro uccisione, i tre amici si misero alla ricerca dei bambini, allo scopo di liberarli e toglierli dalla sofferenza fisica e psichica in cui versavano, mentre stavano in quel luogo. Per fortuna, pochi attimi più tardi li attrassero i loro lamenti, che provenivano da una specie di stia ottenuta con parecchie traverse di legno orizzontali e verticali. Essa, che era alta al massimo sessanta centimetri, li obbligava a stare ininterrottamente in posizione seduta. La sua capienza, almeno per il momento, si mostrava ancora ampia e consentiva ai suoi coatti abitatori di non starvi ammassati gli uni sugli altri. Ma una volta che vi fossero entrati anche gli altri bambini portati dai restanti cinque gruppi in arrivo, essa sarebbe risultata alquanto angusta e non adatta a contenere tutti quanti. Nello scorgere la gabbia con i bambini piangenti e spaventati, i tre giovani si precipitarono a soccorrerli. In poco tempo, li fecero uscire da essa e cercarono in vari modi di tranquillizzarli, promettendogli che presto avrebbero rivisto e riabbracciato i loro genitori. Allora Astoride andò a chiamare Kasten, annunciandogli che nell'interno tutto era andato liscio come l'olio, ma che bisognava rasserenare i piccoli prigionieri con le parole più appropriate.

Dopo la liberazione dei piccoli, avendovi dato un'occhiata più approfondita, Iveonte e i due amici si resero conto che in una delle rientranze dell'antro si trovava anche un baratro molto profondo. Allora essi decisero di buttarvi dentro le salme sia di quelli che avevano ammazzati dentro l'antro sia i rapitori che avevano sterminato all'esterno di esso. Comunque, la loro missione non si era ancora conclusa, poiché restavano da sgominare altre cinque bande congeneri. Alla fine, però, pure ad esse, l'una dopo l'altra e nel giro di una giornata, che era stata quella successiva, riservarono l'identico trattamento con cui avevano accolto la prima di loro. Nel darsi ad annientare la sesta banda, essi stettero attenti a fare prigionieri almeno una coppia dei suoi membri. Il motivo? Era loro intenzione farli cantare sull’intera loro vasta operazione, il cui scopo principale era quello di rapire numerosi bambini dorindani senza una ragione apparente. I tre giovani, se volevano salvare quelli che già erano stati portati via da quel luogo, dovevano scoprirla a qualunque costo. Per loro era importante venire a sapere a quale crudele destino i bimbi andavano incontro, dopo essere stati prelevati e portati via da quell'antro. Naturalmente, se i piccoli non andavano incontro alla morte, essi si sarebbero senz'altro adoperati per liberarli, qualunque fosse stato il loro attuale destino. Così, pur di raggiungere tale obiettivo, Iveonte e i suoi amici non esitarono a mettere sotto torchio i loro due prigionieri, volendo costringerli a rispondere ad una fitta serie di domande. Dalle quali ricavarono ben poco; ma solo perché gli interrogati non erano in grado di rispondere alla totalità delle loro richieste verbali. In compenso, appresero da loro il nome di colui che provvedeva poi, tramite i suoi uomini, al ritiro dei bambini dal centro di raccolta. Si trattava esattamente di Bulsot, il Tangalo che risiedeva nel villaggio di Nuskuf.

Una volta in possesso di quella preziosa notizia, i tre amici stabilirono di fare la conoscenza dell'uomo al più presto; però non per congratularsi con lui e stringergli la mano per il suo alto prestigio in quella operazione, visto che erano ben altre le loro intenzioni nei suoi confronti. Prima di lasciare quel posto sotterraneo, essi furono obbligati a sbarazzarsi dei due rapitori, facendoli precipitare nella profonda voragine, che era situata nella caverna. Inoltre, resero sereni i bambini, rassicurandoli che senza meno sarebbero ritornati in quel luogo per riportarli dai loro disperati genitori; però avrebbero dovuto ancora pazientare.

Iveonte, Francide, Astoride e Kasten, quando pervennero nel villaggio tangalico, non ebbero difficoltà a trovare l'abitazione di Bulsot, poiché tutti i suoi abitanti lo conoscevano benissimo e sapevano pure dove era situata la sua casa. Presso la sua confortevole abitazione, prima di poter contattare il Tangalo che risultava un personaggio di spicco, dovettero fargli fuori una ventina di scherani, i quali avevano tentato con le maniere forti di non farli incontrare con il loro padrone. Quando poi lo ebbero raggiunto, essi pretesero da lui il racconto di ogni cosa concernente i bambini dorindani, se non voleva fare la stessa fine toccata ai tanti suoi uomini. Allora Bulsot iniziò a spiattellare ai tre giovani l'intera vicenda che riguardava il ratto dei piccoli d'oltrefrontiera, quella che anche noi tra poco apprenderemo dettagliatamente dal Tangalo in essa coinvolto. Ma prima va chiarito che, poiché Bulsot conosceva la lingua edelcadica, i tre amici rimandarono indietro Kasten, avendo ritenuto più utile che egli andasse a far compagnia ai bambini lasciati nel centro di raccolta.