18-GRAZIE A NURDOK, I BERIESKI SBARAGLIANO GLI SCANUDI INVASORI
Nurdok aveva appena compiuto ventiquattro anni, quando la moglie Enker gli aveva dato il terzo figlio, al quale era stato dato il nome di Zefrus. Perciò la sua felicità era notevolmente accresciuta. In quello stesso periodo, però, nella Berieskania stava per succedere un fatto inatteso. Il quale non sarebbe stato gradito dal popolo beriesko, poiché esso lo avrebbe messo a dura prova. Per fortuna, grazie alle eccellenti capacità logistiche e strategiche del loro inossidabile Nurdok, i Berieski sarebbero riusciti a neutralizzare l'avverso evento e a ridurlo all'impotenza, prima di venirne schiacciati e soffocati. Allora cerchiamo di seguire la vicenda e di renderci conto di quale inopportuno imprevisto si trattava. Così non resteremo privi di qualche episodio appartenente alla vita dell'eroico nipote del superum della regione berieska.
Il confine dei territori nord-occidentali della Berieskania per un terzo si affacciava sul Mare delle Tempeste. Le sue cinquanta miglia di costa, specialmente sul versante nordico, non si presentavano tutte basse e sabbiose. Ma spesso vi si incontravano imponenti falesie costiere, che si alternavano a tratti di litorale roccioso, mediamente alto e frastagliato. La fascia costiera, quindi, presentava dei promontori che si protendevano paurosamente a picco sulle gelide acque del mare. Le quali, quasi per l'intero anno solare, erano rese instabili ed agitate dai volubili marosi, spesso alti cinque metri. Da una parte, non mancavano nelle frastagliature fiordi stretti e profondi, che permettevano la libera navigazione alle barche e alle piccole navi. Dall'altra, invece, si potevano incontrare all'interno delle insenature piccole rade, che consentivano a tali imbarcazioni l'attracco alla terraferma. Un'operazione del genere, se vogliamo essere precisi, era da considerarsi possibile soltanto in quei posti, dove l'uomo preventivamente aveva adattato la costa a molo e a darsena. Comunque, per ovvie ragioni, l'approdo riusciva ancora meglio in quel tratto di mare dove la stessa era stata attrezzata artificialmente in modo da poterla utilizzare senza disagi. Ciò, per permettere tanto il carico e lo scarico delle merci quanto l'ormeggio delle imbarcazioni, tenuto conto che esse erano in grado di operarvi un agevole approdo.
Ogni rada disponeva di un retroterra limitato, il quale al massimo poteva occupare lo spazio di un centinaio di metri quadrati. La piccola insenatura di forma semilunare, se veniva guardata dal mare, appariva come incassata in una parete rocciosa circolare. Essa, essendo di natura porosa, mostrava un aspetto per niente levigato. Infatti, vi si scorgevano sopra diffuse buche e cavità molto difformi tra loro, che a volte somigliavano a tane di animali. Non di rado, in tale parete potevano riscontrarsi qualche lunga galleria, la quale metteva in comunicazione la baia con l'entroterra. A proposito del territorio interno, esso si trovava al di là dell'aggettante barriera rocciosa. In quella parte, la sua estensione era caratterizzata da campi coltivati molto vasti, sui quali, di tanto in tanto, erano presenti numerose fattorie abitate da coloni berieski.
Ebbene, quei fiordi, che erano rimasti per molto tempo tranquilli e frequentati dai pochi pescatori del luogo, stavano per essere invasi da una potente flotta appartenente ad entità straniere ostili. Queste avevano stabilito di invadere la Berieskania e di sottomettere al loro dominio le popolazioni che vi si erano stanziate da secoli. Si trattava degli Scanudi. Essi, non essendo soddisfatti della propria terra stepposa ed arida, da tempo erano alla ricerca di un nuovo territorio che risultasse fertile e ricco di vegetazione rigogliosa. Per il quale motivo, tale popolo aveva guardato alla Berieskania come alla sua terra promessa. Ciò, nonostante fosse a conoscenza che la regione era abitata da genti pugnaci, indomite e non facilmente assoggettabili da genti assetate di conquiste. Ma il loro capo Ulbiot era stato del parere che, se l'invasione fosse avvenuta inaspettata e subitanea, ossia senza dare ai Berieski il tempo di reclutare e di contrapporgli un esercito bene organizzato, essa avrebbe avuto un esito favorevole ed avrebbe dato dei frutti eccellenti.
Secondo il capo degli Scanudi, l'unico modo di poter giocare sul fattore sorpresa era quello di invadere la regione berieska in quella parte, da dove sarebbe stato abbastanza difficile avvistare la sua flotta dalla popolazione rivierasca. Per questo, stando a quel suo ragionamento, se voleva invadere la Berieskania, era da evitarsi nella maniera più assoluta la costa bassa, come pure bisognava cercare un litorale meno frequentato dai pescatori. Esso, oltre a rendere più facile lo sbarco, avrebbe dovuto fare avvicinare la moltitudine delle sue navi da guerra alla terraferma, senza essere tempestivamente scorte dagli abitanti del luogo. Inoltre, egli era stato dell'avviso che, soltanto facendo avvicinare le loro imbarcazioni attraverso i fiordi, dopo aver fatto sterminare i pochi abitanti rivieraschi, la sua flotta sarebbe giunta di soppiatto alla costa berieska. Difatti essa vi sarebbe sbarcata senza che nascessero problemi di qualche tipo. Da quel posto, dopo i suoi numerosi armati avrebbero raggiunto l'entroterra attraverso le gallerie o i calanchi presenti. Dei quali tempo addietro egli era stato messo al corrente dagli emissari che aveva inviati a perlustrare la riviera presa in considerazione.
Alla fine Ulbiot aveva reputato che i tempi erano da reputarsi maturi per quella impresa, che in apparenza si presentava semplice. Anche perché aveva messo su un'armata invincibile ed aveva allestito una flotta ingente per trasportarla. Per questo egli, senza alcuna esitazione, aveva dato ordine di salpare dalla loro isola di Scanudia e di fare rotta per la lussureggiante Berieskania. La navigazione era durata una ventina di giorni e lo sbarco era avvenuto con le modalità previste, essendo state da lui studiate e pianificate. Comunque, gli Scanudi avevano dato inizio alla loro invasione delle terre berieske, dopo che i contingenti sbarcati dalle navi si erano compattati in un unico esercito agguerrito e potente. Avanzando nel nuovo territorio, gli invasori evitavano di distruggere abitazioni e cose, dal momento che essi avrebbero dovuto servirsene a conquista conclusa. Invece si limitavano esclusivamente a recare lo sterminio fra i piccoli insediamenti rurali, che incontravano lungo la loro indisturbata avanzata.
Non a tutti i coloni berieski era capitato di soccombere allo strapotere degli Scanudi, poiché qualcuno più sveglio era riuscito a scamparla. Egli, dopo averla fatta franca, aveva raggiunto Pornuk, il borgo beriesko più avanzato della regione. Una volta in quel luogo, aveva messo al corrente il suo conductor che un grande esercito nemico stava invadendo il loro territorio. Il quale non bruciava le fattorie; ma si dava soltanto ad uccidere i coloni che vi sorprendeva. Venuto a conoscenza dell'invasione in atto della loro terra, allora il conductor Biscon, che era il suocero di Nurdok, aveva inviato un piccione viaggiatore al borgo di Geput con un proprio messaggio al superum Suok. Con esso, egli lo informava che la Berieskania stava venendo invasa da un esercito straniero non bene identificato. Perciò gli chiedeva se avrebbe dovuto tentare di arginare l'avanzata degli invasori, da lui non ritenuta opportuna, oppure sarebbe stato meglio arretrare con la sua gente. Così facendo, le sue milizie avrebbero potuto ricongiungersi a quelle delle altre tribù berieske, allo scopo di preparare insieme una comune difesa più valida ed efficace.
Riguardo ai piccioni viaggiatori, avendo essi un'ottima capacità di orientarsi nello spazio e ritrovare il proprio nido anche se condotti a distanze grandissime, nell'antichità si era soliti usarli come trasportatori di messaggi in volo. Senza dubbio, nel loro servizio di recapito, essi si dimostravano assai più efficienti dei nostri moderni mezzi di comunicazione. Per questo erano da considerarsi garanti al cento per cento della consegna dei messaggi ricevuti, poiché erano assenti gli attuali disguidi. Inoltre, non si correva il reale rischio di sottrazione della corrispondenza, da parte di qualche postino disonesto.
Quando l'addetto alla piccionaia aveva consegnato l'importante messaggio di Biscon direttamente nelle mani del superum della Berieskania, costui si intratteneva con il suo caro nipote Nurdok. Essi lo avevano letto e commentato insieme; però ognuno di loro aveva dato ad esso una propria valutazione, derivandone così dei giudizi differenti. Quindi, cerchiamo di renderci conto come i due congiunti in linea retta avevano inteso il messaggio del conductor. Suok, dopo essere venuto a conoscenza del contenuto del messaggio, si era infuriato all'istante, imprecando contro gli invasori. Non bastando ciò, li aveva anche minacciati di fargliela pagare al più presto e di farli pentire di aver messo piede sul loro sacro suolo. Quando poi si era calmato in modo ragionevole, il superum si era rivolto al nipote ed aveva aggiunto alquanto rammaricato:
«Ci voleva anche tuo suocero, Nurdok, a farmi adirare ulteriormente! Biscon, a mio avviso, avrebbe dovuto armare subito il suo esercito e condurlo contro il nemico che stava violando i nostri territori, affrontandolo con la massima prontezza. Invece, esitando nell'intervenire, egli gli sta permettendo di avanzare senza intralci e con maggiore facilità. Inoltre, mi viene a chiedere se non sia il caso di scappare davanti all'invasore e cavarsela così con la fuga. Se proprio lo vuoi sapere, nipote mio, lo trovo un bell'esempio di codardia, da parte di un mio conductor, che ho sempre stimato impavido e coraggioso!»
«Nonno,» Nurdok aveva cercato di farlo ragionare «non è giusto che si parli così del padre di mia moglie, poiché sappiamo tutti e due che egli è tutt'altro che un vigliacco, come tu lo stai dipingendo. Anzi, se devo esserti sincero, oggi non capisco per niente il tuo atteggiamento, che non approvo! Mi vuoi dire perché hai voluto travisare il senso del quesito che egli, ritenendolo doveroso, è venuto a sottoporti? Tu avresti potuto anche pensarla diversamente da lui, se mio suocero si fosse comportato in una maniera qualsiasi. Ma egli sa che solo a te compete prendere le decisioni di una certa rilevanza e gravità, come quella che al momento attuale si è trovato a ponderare. Se poi ci tieni a conoscere il mio parere sulla vicenda, Biscon ha visto giusto, quando ha pensato che sarebbe meglio mettere insieme tutte le forze berieske, prima di fare avvenire il nostro confronto con gli invasori. Dei quali, dopotutto, ignoriamo ancora l'esatta entità numerica! Probabilmente, anche il mio ragionamento sarebbe stato lo stesso, trovandomi nella sua situazione.»
«Vorresti asserirmi, Nurdok, che io sto nell'errore e tuo suocero invece è nel giusto? Lo sai che, se questo è il tuo parere e me lo rinfacci pure, mi fai davvero un grande affronto, che non merito da parte tua. Oppure non lo hai preso affatto in considerazione, nipote mio?»
«Invece ne sono cosciente, nonno! Ma a mio giudizio, gli interessi della Berieskania vengono prima di quelli della mia famiglia. E tu dovresti già saperlo come la penso io! Se provi a ragionare almeno un poco, ti convincerai da te stesso che stai sbagliando e che il padre di mia moglie ha agito nella maniera giusta. Dei nostri nemici, sappiamo solo che marciano a piedi e non hanno il supporto della cavalleria, la qual cosa li obbliga ad avanzare lentamente sul nostro territorio. Almeno di ciò dobbiamo essere contenti, poiché la loro lenta avanzata permetterà ai nostri quattro eserciti di ricongiungersi in tempo, prima di marciare organizzati e compatti contro le schiere nemiche. Ne consegue che la tua prima mossa, che reputo la più sensata, dovrà essere quella di ordinare ai conductor delle altre tre regioni di abbandonare immediatamente le loro terre e di ripiegare con le loro tribù sul nostro borgo. Nonno, mi sono spiegato adesso oppure hai ancora dei dubbi in merito al consiglio che ti ho appena dato?»
Suok non aveva avuto più niente da obiettare al ripiegamento tattico che gli aveva proposto l'intelligente nipote, avendolo trovato alla fine abbastanza sensato; anzi, aveva voluto perfino elogiarlo e premiarlo. Per questo egli si era affrettato a fargli presente:
«Nurdok, però, la seconda mossa, che dovrà esserci da parte nostra, non sarai tu a propormela, poiché io l'ho già decisa da me. E tu questa volta non osare contrariarmi neppure un poco, per favore!»
«Mi dici, mio caro nonno, essa quale sarebbe? Ci tengo a conoscerla al più presto, anche se credo già di conoscerla, visto che riguarda me.»
«Certo, Nurdok, che si tratta di una mia decisione riguardante la tua persona! Da questo momento, ti nomino comandante supremo del nostro esercito. Sono sicuro che nessuno meglio di te saprà condurlo alla vittoria sui nostri bastardi nemici! Quindi, inizia a darti da fare, progettando un piano tattico degno del tuo insuperabile genio!»
Il nipote non si era opposto a tale sua nomina da parte del nonno, in qualità di superum; anzi, l'aveva accettata con orgoglio. Anche i quattro conductor della Berieskania non avevano avuto qualcosa da eccepire sulla decisione del loro superum. Anch'essi erano convinti che nel giovane Nurdok, oltre ad un valore eccezionale, vi erano brillanti capacità di condottiero. Comunque, erano state le giovani reclute ad accogliere con entusiasmo la scelta del loro Superum. Esse avevano inneggiato all'impareggiabile suo nipote, che era stato nominato loro comandante supremo. Quel loro atteggiamento era dovuto al fatto che lo stimavano come la persona più in grado di assolvere un compito così arduo. Secondo il loro giudizio, egli soltanto rappresentava l'àncora di salvezza dei Berieski, nella loro guerra contro gli ignoti invasori in arrivo.
Assunto il comando supremo dell'esercito beriesko, prima di ogni altra cosa, Nurdok aveva inviato una pattuglia di ricognizione nella zona dove stava avanzando l'esercito invasore, con l'incarico di apprendere alcuni importanti dettagli su di esso e sulla sua avanzata. Principalmente, egli voleva essere informato sul numero dei soldati che lo componevano; ma intendeva anche conoscere il percorso che stava seguendo durante la sua marcia sul loro patrio suolo. Al rientro dalla loro esplorazione, i perlustratori gli avevano riferito che il numero degli avversari doveva essere non meno di duecentomila. Inoltre, essi non si davano al saccheggio delle fattorie, ma erano dediti solamente ad uccidere le poche persone che vi sorprendevano. Infine i pattuglianti lo avevano messo al corrente che gli invasori, dopo aver superato il deserto borgo di Pornuk, stavano puntando su quello di Fiuros, che avrebbero raggiunto in una settimana di marcia forzata. Gli stessi erano riusciti perfino ad identificare gli stranieri che stavano calpestando il loro territorio, ma senza devastarlo. Infatti, avevano appreso che si trattava degli Scanudi, i quali erano giunti dal mare per cercarsi una nuova terra.
Da quelle poche informazioni, Nurdok aveva desunto che le forze in campo dei due eserciti, più o meno, si equivalevano. Egli era convinto che gli Scanudi, dopo aver raggiunto il nuovo borgo ed averne constatato con sorpresa l'avvenuta evacuazione, avrebbe senz'altro imboccato la vasta valle che li separava da Geput. In pari tempo, il sagace giovane aveva preso coscienza che l'invasore era intenzionato a stabilirsi permanentemente nella Berieskania, subentrando nella regione al popolo dei Berieski. Perciò avrebbe cercato di massacrarne il più gran numero possibile; invece ne avrebbe risparmiato soltanto una parte per ridurli in stato di schiavitù. A quel punto, bisognava incominciare a studiare tanto un piano tattico quanto uno schieramento strategico. I quali, a un tempo, avrebbero dovuto consentirgli di riportare una facile vittoria sui nemici invasori e di limitare al massimo le perdite tra i propri soldati.
Da parte sua, Ulbiot, pur non incontrando nessuna resistenza nemica sulla sua avanzata e pur avendo trovato sfollati i due borghi già da lui raggiunti, non se ne era dato pensiero. Egli aveva considerato normale il fatto che i Berieski scappassero davanti al suo poderoso esercito e non ardissero scontrarsi con esso. Secondo il suo parere, da un simile scontro potevano derivare ai nemici unicamente la sconfitta e la morte. Alla luce di tali fatti, il capo degli Scanudi aveva incominciato ad essere ottimista, essendo certo che la conquista della Berieskania gli sarebbe risultata assai più facile di quanto aveva previsto. Se poi l'imbelle popolo beriesko aveva deciso addirittura di abbandonare la loro terra e di lasciargliela senza rendere la pariglia, visto che evitava di combattere, per il suo popolo la cosa sarebbe stata indubbiamente migliore! Comunque, gli restava ancora da invadere la metà della regione dei Berieski. La qual cosa lo invitava a non azzardare prematuramente delle congetture che una futura realtà dei fatti avrebbe potuto sfatare, facendolo andare incontro all'amarezza della delusione. Quindi, gli conveniva far basare i suoi giudizi solo su dati concreti e probanti, se non voleva incorrere in una deludente sorpresa.
Facendo volteggiare la sua mente su simili argomentazioni, alla fine Ulbiot aveva dato ordine al suo esercito di lasciare il borgo di Fiuros e di intraprendere la lunga strada che portava a Geput, il quale era il borgo di residenza del superum. Come Nurdok aveva già pronosticato, il percorso seguito dagli Scanudi era stato quello che gli faceva attraversare la valle, la quale si estendeva per molte miglia fino al remoto borgo fuocheso. Ma poiché la distesa valliva sul lato occidentale era lambita dal fiume Sundro per l'intera sua lunghezza, il capo degli Scanudi aveva voluto che il suo esercito avanzasse lungo la sua sponda interna. Scorrendo il corso d'acqua in direzione nord con un alveo del tutto sinuoso, essa risultava quella di destra. In questo modo, il suo esercito, oltre a proteggersi un'ala, neppure avrebbe avuto problemi di sorta nell'approvvigionarsi del suo prezioso liquido, che era appunto l'acqua.
Un particolare, che Ulbiot non conosceva ed era ben noto a Nurdok, era il fatto che a volte il sacro fiume della Berieskania formava dei meandri profondi ed ampi, capaci di accogliere perfino il suo intero esercito. Per l'esattezza, erano tre le anse a presentare un'ampiezza ed una profondità di tali dimensioni, la terza delle quali sarebbe stata incontrata dagli Scanudi a dieci miglia da Geput. Essa era profonda due miglia e la distanza esistente tra l'inizio e la fine della sua rientranza superava le cinque miglia. In tutta la sua lunghezza, quindi, poteva ospitare un intero esercito, anche se la sua consistenza fosse risultata uguale a quella degli Scanudi. Nurdok aveva deciso di servirsi proprio della citata ansa fluviale per imbottigliare e sbaragliare il corposo esercito avversario, dopo che esso si fosse trovato a percorrerla per l'intera sua lunghezza. Innanzitutto, però, occorreva progettare un efficace piano di attacco, il quale fosse il risultato dell'azione combinata delle varie componenti logistiche. Per questo un avveduto schieramento dei frombolieri, degli arcieri e degli opliti, i quali appartenevano tutti alla fanteria, aveva una grande importanza. Ma si mostrava rilevante anche il giusto posizionamento dei lancieri, che facevano parte della cavalleria.
A suo avviso, sul campo doveva funzionare soprattutto il dinamico coordinamento tra le varie forze operative suddette. Esse, secondo il suo competente parere, avevano necessità di combinarsi con perfetto tempismo, se si volevano ottenere degli eccellenti risultati da uno scontro campale. Era appunto quanto andava pianificando l'illustre stratega beriesko, dopo essersi ritirato nel proprio padiglione. Dopo che si era ritirato solo al suo interno, per privarsi di ogni distrazione, egli vi era rimasto per qualche oretta ad abbozzare vari piani di attacco. Intanto che ne metteva giù diversi, a volte li modificava e altre volte li rifaceva interamente daccapo. Spesso finiva col dare una nuova impostazione ad alcuni di loro, i quali erano stati già progettati in una certa maniera. Alla fine, Nurdok era riuscito a ricavare dalla sua intensa progettualità un piano che lo soddisfaceva appieno, poiché si sentiva di riporre in esso la massima fiducia. Anche i suoi generali, rappresentati dai quattro conductor regionali, si erano stupiti moltissimo del piano logistico da lui elaborato. Ciò era avvenuto, quando il giovane nipote del superum lo aveva presentato allo stato maggiore dell'esercito. Senza dubbio, essi lo avevano stimato degno della più alta strategia militare che veniva applicata ad una battaglia campale vera e propria.
Ma come Nurdok intendeva prima affrontare e poi sconfiggere gli invasori della Berieskania? Si potrà conoscerne i vari dettagli, interessandoci al piano strategico da lui approntato ed apprendendolo in ogni suo particolare. Considerato però che avremo modo di venirne a conoscenza durante la sua fase attuativa, adesso ci basterà soltanto conoscerlo nelle sue linee generali. Ed è quello che faremo, senza perdere un attimo di tempo! Ebbene, nei suoi punti essenziali, il piano di attacco prevedeva:
1) Un distaccamento di diecimila arcieri sulla sponda sinistra del fiume, il quale, in verità, avrebbe dovuto tenersi nascosto fino al momento della battaglia. Il suo compito sarebbe stato quello di tenerla sotto stretta sorveglianza per l'intera lunghezza della sua ansa e per tutta la durata della battaglia. Così avrebbe impedito di attraversarlo a nuoto agli Scanudi che avessero tentato di sfuggire al loro attacco.
2) Un ampio schieramento della fanteria, il cui fronte sarebbe dovuto essere lungo quanto la distanza in linea d'aria esistente tra l'inizio e la fine della lunga insenatura. In tale dispiegamento di forze, i frombolieri si sarebbero trovati in prima linea; nell'ordine, sarebbero dovuti poi seguire gli arcieri e gli opliti. A ogni modo, anche gli arcieri e i frombolieri avrebbero dovuto munirsi di spada, alla quale arma essi sarebbero ricorsi, nel caso che le sorti della battaglia li avessero costretti, per qualsiasi motivo, ad un combattimento corpo a corpo.
3) Il dislocamento dei lancieri sulle due ali della fanteria, poiché essi avrebbero dovuto proteggerla lungo tutto il suo dispiegamento.
4) I due tronconi della cavalleria, uno su ciascun lato dell'esercito, avrebbero occupato una posizione molto avanzata rispetto ad esso. In questo modo, i cavalieri avrebbero impedito ai nemici della prima linea e a quelli della retroguardia di sottrarsi allo scontro già in svolgimento, con la chiara intenzione di salvare la pelle con una precipitosa fuga, senza conseguire il loro obiettivo tendente a tale scopo.
Qualche lettore si starà chiedendo cosa mai avesse dato a Nurdok la certezza che il rivale Ulbiot, una volta all'inizio dell'ansa suddetta, non avrebbe proseguito diritto; ma si sarebbe messo a fiancheggiare la sponda del fiume, senza allontanarsene neppure di un metro. Di sicuro non si era trattato di mere supposizioni; bensì della sua magnifica intuizione e della constatazione di due fatti concreti. Il primo dei quali riguardava la strada che conduceva a Geput. Essa, all'interno della valle, non procedeva in linea retta, ma si addossava al fiume lungo tutto il suo percorso, seguendone il lungo tragitto. Il secondo, invece, ci fa rendere conto che l'ansa sopracitata, essendo così ampia, poteva essere rilevata come tale, solamente se scrutata da un'altura e non seguendo semplicemente a piedi o a cavallo il corso d'acqua. Il quale la formava, senza permettere a chi la percorreva di accorgersi di essa in qualche modo.
In riferimento alla sua geniale intuizione, Nurdok aveva immaginato che Ulbiot, prima di intraprendere l'invasione della Berieskania, di sicuro vi aveva inviato degli emissari, al fine di attingervi moltissime informazioni su di essa, tra cui le vie che mettevano in comunicazione i vari borghi. Così essi lo avevano messo al corrente che, tenendosi sempre accosto al fiume, il suo esercito non avrebbe corso il rischio di marciare a zonzo, con il pericolo anche di perdersi. La cascata, inoltre, trovandosi il borgo sul lato sinistro e a poche miglia da essa sulla medesima linea retta, gli sarebbe risultata una utile indicazione per svoltare e marciare direttamente su Geput.
Quando Ulbiot era arrivato con il suo esercito all'inizio della terza ansa fluviale, che era da considerarsi la più notevole del Sundro, Nurdok aveva già piazzato il suo esercito, secondo lo schema prestabilito del suo piano strategico. Per l'esattezza, una parte degli arcieri era stata sistemata al di là del fiume, in corrispondenza della gobba dell'ansa. L'altra parte dei medesimi, con le restanti forze, aveva trovato ricetto al di qua del corso d'acqua, di fronte all'intera rientranza da esso formata. Logicamente, tutti i reparti operativi si tenevano ben defilati nella parte boschiva più vicina alla zona che era sul punto di diventare il grande teatro del colossale e sanguinoso scontro armato. Allo stesso tempo, si mostravano pronti ad intervenire, non appena avessero ricevuto il segnale di attacco, secondo le disposizioni già impartite loro in precedenza dai rispettivi conductor. Nurdok, dal canto suo, si era condotto sul cocuzzolo del vicino colle, da dove poteva seguire meglio l'avanzata dell'esercito nemico e dirigere da lassù le operazioni belliche mediante i suoi cornisti. Non tutti i suonatori di corno erano stati collocati presso il comandante supremo, ma solamente alcuni di loro. All'opposto, gli altri avevano preso posizione in posti distanziati fra loro, i quali via via risultavano sempre più vicini al luogo in cui si trovava l'esercito in attesa di dare l'assalto. Essi, cioè, erano stati intervallati appositamente, risultando ciascuno a cinquanta metri dall'altro per ritrasmettere e far giungere ai quattro generali i vari ordini, ossia quelli che sarebbero stati inviati ad ognuno dal loro comandante in capo.
Così, una volta che l'esercito scanudiano aveva incominciato a snodarsi lungo la sponda curvilinea del fiume che procedeva formando una marcata rientranza, coloro che lo costituivano si sentivano tranquilli. Essi non sospettavano che qualcuno a loro insaputa si stesse adoperando per arrestare per sempre in quella zona la loro avanzata. Il misterioso nemico ne aveva decretato addirittura il totale sterminio e l'abbandono delle loro salme nelle fluide acque del sacro Sundro. Alla fine tutti i contingenti dell'esercito scanudiano, che si ritrovavano a marciare lungo la ripa appartenente all'ansa, l'avevano quasi occupata interamente. Anzi, dietro e davanti a loro, ne rimanevano liberi non più di cento metri per parte, quando l'offensiva berieska era scattata improvvisa ed inattesa, oltre che violenta, sanguinosa e massacratrice.
All'inizio si era udito un prolungato suono di corno, il quale, mentre si espandeva per la vallata cupo ed incitante alla battaglia, a mano a mano era sembrato avvicinarsi sempre di più. Dopo le sorde ed aspre note dello strumento a fiato, si era levato un fremente coro di grida guerresche. Esse, pur diffondendosi in ogni angolo della zona, erano sembrate provenire dal nulla. Si aveva tale sensazione, per il semplice fatto che non si scorgeva ancora la moltitudine dei soldati che le emettevano e davano ad esse grande vigore, facendole diffondere ovunque. Poco dopo, era trascorso appena qualche minuto, allorquando si erano viste fiumane di armati sbucare dalla folta vegetazione e dilagare per la valle con cieco furore. Le medesime, avanzando protette dalla cavalleria sui due fianchi, in brevissimo tempo avevano occupato le posizioni strategiche, che erano state stabilite in precedenza dal loro comandante in capo. Soltanto a quel punto l'esercito scanudiano si era reso conto del reale pericolo che lo sovrastava, per la quale ragione i soldati del centro subito avevano tentato di compattarsi, formando un fronte unico che risultasse più massiccio nella sua parte mediana. Agendo in quella maniera, essi avevano tentato di contrapporre al nemico una resistenza più organica e tenace. Invece i contingenti laterali, ossia quelli che rappresentavano la testa e la coda dell'esercito, avevano cercato di trarsi fuori dalla difficile situazione e scampare al pericolo con la prevista fuga.
L'accerchiamento da parte dei Berieski, però, era stato ormai completato e non si intravedeva più per loro alcuna possibilità di trovare una via di scampo. Perciò, non essendo riuscito il loro tentativo di evitare la battaglia, palesemente improntato a vigliaccheria e a mancanza di onore, i soldati, che avevano tentato la loro azione da fuggiaschi, ugualmente erano stati obbligati a combattere. In seguito, prima che gli Scanudi facessero del loro meglio per organizzarsi il meglio possibile, appunto per cercare di far partire da loro l'iniziativa di attacco, c'era stato un secondo suono di corno. Esso aveva spinto i Berieski ad assaltarli, con sollecitudine e con furia, sulla loro unica ala possibile, che era quella sinistra. Allora in breve li avevano inchiodati in quell'ansa che stava per diventare la loro rovina e la loro morte, a causa dell'imbottigliamento.
Così, in prima linea, si erano mossi i frombolieri. Essi con le loro fionde si erano dati a mettere in atto delle fitte sassaiole contro i reparti scanudiani. Perciò si era assistito a delle vere grandinate di sassi, i quali sfrecciavano contro i loro destinatari ed arrecavano ai loro corpi danni mortali oppure menomazioni fisiche di una certa gravità. Potevano dichiararsi fortunati coloro che venivano colpiti al tronco e agli arti, poiché soltanto essi se la cavavano con qualche botta dolorosa e con qualche ematoma poco rilevante. Mentre quelli che venivano raggiunti alla testa dalle pietre andavano incontro a lesioni più serie ed irreparabili, rimettendoci addirittura la pelle. Quando poi le loro bisacce erano rimaste vuote, i lanciatori di sassi si erano dovuti ritirare sui due lati per andare a raggiungere la posizione retrostante agli opliti. Così facendo, avevano ceduto il loro posto agli arcieri.
In verità, anche se i veri attori della seconda fase dell'assalto dovevano essere i tiratori con l'arco, questi però non si erano presentati da soli sul campo di battaglia. Infatti, essi erano stati visti avanzare in simbiosi con gli opliti per un semplice motivo. Gli arcieri, mentre erano dediti al lancio delle micidiali frecce, trovavano riparo dietro i grandi scudi rettangolari dei numerosi fanti schierati a loro protezione. Si era trattato di un espediente di Nurdok dell'ultima ora, poiché all'inizio gli arcieri e gli opliti erano stati assegnati ad operazioni belliche distinte e separate, ossia l'una successiva all'altra. Di invariato c'era solamente il fatto che gli opliti avrebbero potuto ancora contare sull'appoggio logistico del folto numero dei frombolieri e degli arcieri. La qual cosa, però, sarebbe avvenuta al termine delle prime due fasi dell'attacco, ossia dopo che essi si fossero resi disponibili per le successive operazioni belliche.
Senza dubbio, l'originale trovata di Nurdok, quella di abbinare ogni arciere ad un oplita, era risultata eccellente e vincente. Difatti, quando le gragnole di dardi erano iniziate a piovere da entrambi gli schieramenti, esclusivamente tra le file dell'esercito scanudiano si erano registrate delle perdite considerevoli. Al contrario, tra gli arcieri berieski, il numero dei morti era risultato addirittura insignificante. Non molto tempo dopo, però, quando gli arcieri avevano svuotato le loro faretre ed erano andati a ricongiungersi ai frombolieri, i quali adesso costituivano la retroguardia, gli opliti erano diventati dei combattenti attivi e non più passivi. A quel punto, l'urlo della battaglia si era ingigantito ed inferocito aspramente fra i due schieramenti. Per cui il fragore delle armi lampeggianti e lo schianto rumoroso degli scudi che venivano fracassati si erano dati a dominare sul campo dello scontro in modo tremendo ed assoluto. Come si poteva notare, in quella battaglia le animose schiere berieske avevano cominciato ad infilzare e a travolgere i numerosi soldati nemici. Esse agivano come falce che andava mietendo le infinite spighe di un campo di grano, senza che esse potessero opporre la minima resistenza.
L'esercito scanudiano, d'altra parte, malmesso com'era, non aveva avuto neppure la possibilità di indietreggiare e di cercare spazi più ampi altrove, con l'obiettivo di organizzarsi e di riprendere la lotta con determinazione. Invece era rimasto schiacciato oppure era stato speronato lungo l'intera sua ala scoperta. Per cui era stato costretto a soffrire quell'angustia e quell'immobilità che gli erano state imposte dal nemico, rendendogli impossibile ogni tipo di controffensiva. Allora, da parte di alcuni soldati scanudiani, si era tentato di varcare il fiume a nuoto, avendo deciso di raggiungere la sua riva opposta. Ma la loro iniziativa lo stesso non aveva avuto successo, poiché essa, loro malgrado, era stata vanificata dagli altri numerosi nemici, i quali si trovavano appostati nella boscaglia a poca distanza dalla sponda sinistra del Sundro. Essi si mostravano impassibili, mentre li colpivano e li trucidavano con grande spietatezza. Perciò gli Scanudi disertori, prima ancora di riuscire a mettere piede sul greto, erano rimasti trafitti ed uccisi da coloro che li stavano aspettando al varco con l'intento di farli sistematicamente fuori.
Non era andata meglio ai soldati che costituivano l'avanguardia e la retroguardia dell'esercito. Infatti, era fallito anche il loro tentativo di staccarsi dal grosso dell'esercito, con la evidente intenzione di defezionare. I lancieri berieski, dopo averli intercettati, li avevano raggiunti e circondati. Avvenuto poi l'accerchiamento, li avevano trapassati con le loro lance con una tempestività impressionante, senza risparmiarne nessuno. Ma in seguito era toccato al grosso dell'esercito soccombere miseramente all'incalzante assalto beriesko, il quale si era abbattuto su di esso devastante e funesto. In tale circostanza, le tre componenti della fanteria berieska, rappresentate dai frombolieri, dagli arcieri e dagli opliti, avevano iniziato a combattere unite e di concerto con la cavalleria. Combattendo insieme, essi erano riusciti a scompigliare le residue sacche di combattenti facenti parte dell'esercito scanudiano. Il quale così era stato travolto e distrutto, lasciando sul campo decine e decine di migliaia di vittime.
A guerra finita, Nurdok, che aveva anche provveduto ad eliminare fisicamente il rivale Ulbiot, senza indugio era stato circondato da tutti i suoi soldati esultanti, dai quali si erano levate verso di lui grida di gioia e di riconoscenza. Contestualmente, essi lo avevano acclamato come lo stratega che si era dimostrato più in gamba nell'intera storia berieska. Dopo le loro effusioni di giubilo, i Berieski, ubbidendo ad un ordine del loro comandante supremo, avevano gettato le numerose salme dei loro nemici uccisi nelle acque impetuose del fiume sacro. Secondo loro, esse le avrebbero trascinate via, fino a condurle nell'immenso mare, dove sarebbero diventate ottimo nutrimento per gli innumerevoli pesci. Così, dopo essersi liberati dell'enorme quantità di cadaveri nel modo appreso, i soldati berieski avevano fatto ritorno alle loro case. Dove ciascuno di loro aveva qualche caro familiare che lo stava aspettando con animo trepido ed amorevole.